Il multimetro digitale Scienze Tecniche per l`Immagine I Modulo

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Il multimetro digitale
Scienze Tecniche per l’Immagine I
Modulo Misure Elettriche
Antonio Moschitta
A.A. 2011-2012
Fig. 1 - Architettura di uno strumento di misura a campionamento
1. Introduzione e tipologie di misura
Il multimetro digitale (Digital Multi Meter, DMM) è uno strumento concepito per effettuare la misurazione
di tensioni e correnti continue, di tensioni e correnti alternate, e di resistenze elettriche. In particolare lo
strumento è concepito per misurare in modo molto accurato grandezze costanti nel tempo o lentamente
variabili (tipicamente con frequenze inferiori a 1 MHz). Alcune varianti, non trattate in questa sede,
possono misurare anche capacità e induttanze, o il periodo e la frequenza del segnale misurando. Il DMM è
un tipico strumento a campionamento, la cui struttura rispetta quella generale riportata in Fig. 1, che
identifica un blocco di condizionamento del segnale, un convertitore analogico-digitale (convertitore A/D,
ADC), e una sezione di elaborazione dei campioni acquisiti. Dal momento che il convertitore A/D misura
tensioni elettriche (risultando quindi, insieme alla successiva sezione di elaborazione, assimilabile a un
voltmetro digitale), il blocco di condizionamento dello strumento ha due funzioni principali:
1) Trasdurre in tensioni elettriche le altre grandezze misurande;
2) Trasformare opportunamente il segnale di tensione in modo ma utilizzare in modo ottimale il
convertitore A/D;
La trasduzione di correnti e resistenze in tensioni è effettuata sfruttando la legge di Ohm. Di conseguenza,
una corrente elettrica Ix verrà fatta scorrere in una resistenza campione nota RI, tipicamente non superiore
a 10 , misurando la tensione VRI ai suoi capi e stimando la corrente come:
Vˆ
Iˆx  RI ,
Rˆ I
(1)
in cui il simbolo ^ indica gli stimatori delle grandezze a cui è associato.
Similmente, una resistenza Rx potrebbe essere misurata in linea di principio (la tecnica utilizzata negli
strumenti reali è leggermente più complessa, per ragioni che saranno chiarite nel seguito) facendo scorrere
in essa una corrente nota Ic, misurando la caduta di potenziale VXM ai capi della resistenza, e stimando la
resistenza come:
Vˆ
Rˆ x  XM .
Iˆc
(2)
La prima parte del blocco di condizionamento è quindi quella di Fig. 2a, in cui sono riportati i morsetti di
ingresso tipicamente presenti in un DMM. Le tensioni sono misurate ricorrendo ai morsetti H e L, lo
correnti ricorrendo alla coppia di morsetti I e L, le resistenze ricorrendo ai morsetti H e L, e, opzionalmente,
utilizzando una coppia di morsetti ausiliari H ed L " Sense" (utile per resistenze di valore ridotto,
dell’ordine dell’Ohm o della frazione di Ohm). A seconda del tipo di misurazione selezionato, le connessioni
saranno quindi quelle riportate in Fig. 2b,2c, 2d, e 2e. A valle dei selettori che determinano l'eventuale
trasduzione del segnale è situato un blocco di attenuatori e amplificatori a guadagno programmabile, il cui
scopo è quello di adattare l'ampiezza del segnale a quella del convertitore A/D situato a valle. Il DMM
tipicamente è in grado di determinare il fattore di normalizzazione ottimo da imporre al segnale in ingresso,
Fig. 2a: morsetti di ingresso di un DMM
Fig. 2b: connessione utilizzata per misurazioni di tensione
Fig. 2d: connessione utilizzata per misurazioni di
resistenze a due fili (2-wire).
Fig. 2c: connessione utilizzata per misurazioni di corrente
Fig. 2e: connessione utilizzata per misurazioni di
resistenze a quattro fili (4-wire).
attraverso una serie di misurazioni preliminari. Variare la portata dello strumento equivale in effetti a
variare il fattore di normalizzazione. Va inoltre osservato che in alcuni casi potrebbe essere di interesse la
caratterizzazione della sola parte alternata di un segnale, affetto anche da una componente continua
rilevante. A tal fine, è possibile inviare il segnale a un apposito filtro, riportato in Fig. 3 insieme al blocco di
normalizzazione, che blocca il valor medio del segnale e fa passare la sola parte alternata, posto a monte
degli amplificatori/attenuatori programmabili.
2. Misurazione di grandezze alternate
La misurazione di tensioni e correnti alternate può essere ottenuta ricorrendo a vari accorgimenti
progettuali, di seguito discussi. Si osservi che il multimetro è progettato per stimare un parametro sintetico,
il valore efficace, che caratterizza il segnale alternato misurando (l’ispezione diretta delle variazioni
temporali del segnale è poco agevole per l’operatore, non appena la frequenza supera qualche Hertz). Tale
valore è costante nel tempo per segnali stazionari, e fornisce informazioni sulla potenza del segnale.
L’estrazione del valore efficace può essere effettuata in due modi: la prima soluzione, presente nei
multimetri meno recenti, consiste nell’inserire tra i blocchi di condizionamento un convertitore AC/DC:
quest’ultimo è un circuito il cui scopo è di ricevere in ingresso un segnale alternato e fornire in uscita un
segnale costante x, di ampiezza proporzionale al valore efficace, a meno di una costante  nota allo
strumento. Una volta misurata x, lo strumento stimerà il valore efficace Veff dividendo il risultato per tale
costante. L’architettura di questo tipo di DMM è quindi quella di Fig. 4. Tale schema evidenzia anche la
presenza di un riferimento di tensione, utilizzato sia per pilotare il generatore di corrente utilizzato nelle
Fig. 3: ingresso e blocchi di condizionamento di un DMM.
misurazioni di resistenza, sia come riferimento per il convertitore A/D, e un riferimento temporale, che
fornisce il segnale di clock al convertitore A/D.
Fig. 4: Architettura di un DMM che utilizza un convertitore AC/DC per la misurazione di grandezze alternate.
La realizzazione del blocco AC/DC consente diversi compromessi realizzativi. Ad esempio, è possibile
realizzare versioni semplici e poco costose di tale sottosistema, che forniscono la corretta prestazione in
presenza di segnali sinusoidali, ma non in presenza di altri segnali alternati. I multimetri così ottenuti sono
detti “a valore efficace”.
Es. 1: DMM a valore efficace basato su un rivelatore di picco
Lo schema circuitale di Fig. 5a realizza un DMM a valore di picco, al cui ingresso è inviato un segnale
1
0.8
Vout
0.6
Vin
0.2
in
V (t), V
out
(t)
0.4
0
-0.2
-0.4
-0.6
-0.8
Fig. 5a: rivelatore di picco.
-1
0
0.01
0.02
0.03
0.04
0.05
t
0.06
0.07
0.08
0.09
0.1
Fig. 5b: segnali in ingresso e in uscita al rivelatore di picco, in
presenza di un ingresso sinusoidale.
sinusoidale. Il diodo D consente il passaggio di corrente solo in un verso, consentendo il caricamento del
condensatore C allo stesso valore del segnale misurando. Idealmente, entro un periodo del segnale
misurando, la tensione Vout ai capi del condensatore, rappresentata dalla curva rossa in Fig. 5b, raggiunge il
valore di picco Vpk del segnale in ingresso Vin, rappresentato dalla curva blu di Fig. 5b, e rimane costante in
quanto il diodo impedisce la scarica del condensatore. Il convertitore A/D misura tale tensione, e la sezione
di elaborazione stima il valore efficace del segnale utilizzando la relazione che lo lega al valore di picco di
una sinusoide, data da
Veff 
V pk
2
.
(3)
Se si inviasse in ingresso allo strumento un segnale rettangolare, il DMM a valore di picco introdurrebbe
tuttavia una forte deviazione di misura, in quanto applicherebbe la costante di conversione sin= 2 ,
mentre per un segnale rettangolare la costante corretta è rect=1.
E' possibile realizzare il blocco AC/DC ricorrendo a circuiti più sofisticati (e costosi), per i quali la costante di
conversione che lega la tensione di uscita del blocco AC/DC al valore efficace del segnale non dipende dalla
forma del segnale medesimo. Tale strumento, detto “a vero valore efficace”, fornirà pertanto una misura
corretta del valore efficace indipendentemente dal tipo di segnale in ingresso.
Fig. 6: DMM a vero valore efficace, basato sul campionamento del segnale alternato misurando seguito dal calcolo della
deviazione standard campionaria.
Una soluzione alternativa alla realizzazione di multimetri a vero valore efficace è stata resa possibile dallo
sviluppo tecnologico, che ha reso disponibili convertitori A/D sempre più veloci ed accurati, in grado di
acquisire direttamente il segnale alternato, memorizzando una sequenza di campioni consecutivi (detta
“record”), tali da coprire un numero intero di periodi del segnale. Una volta acquisito un record, lo
strumento ne calcola la deviazione standard campionaria, che è uno stimatore del valore efficace del
segnale. In tal caso, il blocco AC/DC non è più necessario, e l'architettura del DMM diviene quella riportata
in Fig. 6.
3. Effetto di carico nelle misurazioni di tensioni e correnti
La misurazione di tensioni e correnti è soggetta a varie sorgenti di incertezza; una di queste, l’effetto di
carico, è legata all’incertezza di interazione, legata allo scambio energetico tra sistema misurando e il
sistema di misura, cui corrisponde un contributo di tipo B. In particolare, la misurazione di tensione può
essere analizzata utilizzando il modello equivalente di Thevenin per la sorgente di tensione, riportato in Fig.
7a, che rappresenta tale sorgente come la serie tra un generatore di tensione di valore pari alla tensione
incognita Vx e la resistenza di uscita Rs associata alla sorgente. Tale circuito può essere connesso a quello
che modella il voltmetro, riportato in Fig. 7b, che consiste nel parallelo tra la resistenza di ingresso Rin del
voltmetro (tipicamente molto elevata, pari ad almeno 1 M) e un voltmetro “ideale” con resistenza di
Fig. 7a: circuito equivalente di
Thevenin di una sorgente di
tensione
Fig. 7b: circuito equivalente del
voltmetro
Fig. 7c: circuito di misura
ingresso infinita. Il circuito risultante è quello di Fig. 7c, che mostra come la tensione misurata Vxm non sia
quella incognita Vx. Analizzando il circuito, si ottiene infatti
Vxm 
Rin
Vx ,
Rs  Rin
(4)
da cui la deviazione di misura relativa si ottiene come
vV 
Vx  Vxm
Rs
.

Vx
Rs  Rin
(5)
L’eq. (5) mostra che, per misurazioni di tensione, l’effetto di carico diviene trascurabile se Rin>>Rs, in quanto
sotto tale condizione la deviazione di misura relativa tende a ridursi (NB: un voltmetro ideale non è
soggetto a effetti di carico, in quanto ha una resistenza di ingresso infinita!).
Fig. 8a: modello di Norton di un generatore di
corrente.
Fig. 8b: circuito di misura.
Per quanto riguarda le misure di corrente, è possibile effettuare una analisi analoga, ricorrendo a un
circuito equivalente per la sorgente di corrente Ix, detto modello di Norton, riportato in Fig. 8a. Il DMM
opera attraverso la resistenza di trasduzione RI, cui il voltmetro è connesso in parallelo. In questo caso
tuttavia il voltmetro può essere considerato ideale (cioè con una resistenza di ingresso infinita), in quanto,
essendo la resistenza di ingresso Rin dell'ordine del M, molto maggiore di RI (pari a circa 10 ), la corrente
scorrerà quasi tutta in RI. Si ottiene quindi il circuito di misura di Fig. 8b, analizzando il quale si ottiene la
corrente Ixm che effettivamente scorre in RI (misurata indirettamente in funzione della tensione misurata
Vxm) pari a
I xm 
Rs
Ix ,
Rs  RI
(6)
cui corrisponde una deviazione di misura relativa pari a
vI 
I x  I xm
RI

Ix ,
Ix
Rs  RI
(7)
Fig. 9: misurazione di resistenze a due fili.
da cui si conclude che, contrariamente a quanto accade per le misure di tensione, l'effetto di carico è
trascurabile se RI<<Rs.
4. Misure di resistenza a due e a quattro fili
La misurazione di resistenza avviene attraverso un meccanismo di trasduzione, come già illustrato nella
sezione 1. Tuttavia, la misurazione indiretta basata sulla misurazione della caduta di potenziale indotta sulla
resistenza incognita da una corrente impressa I non è una soluzione desiderabile, in quanto il valore della
corrente non è in genere noto con buona accuratezza. Di conseguenza, si preferisce lo schema circuitale di
Fig. 9, in cui è presente anche una resistenza campione Rc, interna allo strumento e nota con buona
accuratezza. In tal modo, la resistenza incognita Rx può essere stimata senza conoscere il valore di I,
misurando sia la caduta di potenziale VRx su Rx sia la caduta di potenziale Vc su Rc. In tal modo, utilizzando la
legge di Ohm per le due resistenze, si ottiene il seguente sistema di equazioni
VRx  I  Rx
Vc  I  Rc
,
(8)
che può essere semplificato eliminando I, ottenendo
V
Rˆ x  Rc Rx ,
Vc
(9)
Fig. 10: effetto dei cavi di connessione e delle resistenze di contatto nella misurazione di resistenze a due fili.
che consente appunto di stimare la resistenza incognita Rx in funzione del valore di Rc (noto a priori) e delle
cadute di potenziale su entrambe le resistenze (misurate dallo strumento).
La procedura di misura appena descritta, detta "a due fili" (in Inglese: 2-wire), è accurata per resistenze di
valore ragionevolmente superiore a quelle dei cavi di collegamento e a quelle associate ai contatti tra i vari
conduttori. Queste resistenze parassite, in una misurazione a due fili, dal punto di vista dello strumento
sono infatti indistinguibili da quella incognita, a cui si sommano in quanto connesse in serie. Modellando
tali resistenze come in Fig. 10, lo strumento misura in effetti la resistenza Rxm=Rx+Rp1+Rp2, in quanto il
voltmetro interno misura la caduta di potenziale ai capi di tale serie. La deviazione di misura relativa così
introdotta è quindi pari a
v Rx 
Rxm  Rx R p1  R p 2

Rx
Rx
(10)
L'eq. (10) consente di stabilire se le resistenze dei cavi, di norma pari a qualche decimo di , introducono
una deviazione di misura significativa.
Es. 2: supponiamo di misurare una resistenza Rx pari a 10 k, utilizzando cavi di connessione che
introducono due resistenze parassite Rp1=Rp2=0.5 . La deviazione di misura relativa è in questo caso pari a
circa 10-4, che può essere considerata trascurabile.
Fig. 11: misurazione di resistenze a quattro fili.
Es. 3: supponiamo di utilizzare gli stessi cavi di connessione dell'Es. 2 per misurare una resistenza Rx pari a
2. In questo caso, la deviazione di misura relativa è del 25%, un valore molto elevato.
Le misurazioni di resistenze piccole, cioè di valore confrontabile con quelle dei contatti elettrici e dei cavi di
collegamento, possono essere effettuate in modo accurato ricorrendo allo schema circuitale di Fig. 11, che
prevede l'utilizzo dei due morsetti aggiuntivi "-sense" (i nodi corrispondenti ai morsetti dello strumento
sono riportati in rosso). Si osservi che nello schema di Fig. 11 il voltmetro è modellato come il parallelo tra
la resistenza di ingresso Rin del voltmetro stesso (che assume tipicamente valori elevati, dell'ordine del
M), e un voltmetro ideale, con resistenza di ingresso infinita, mentre la corrente impressa I viene addotta
attraverso due cavi di resistenza Rp,i1 e Rp,i2. Tali resistenze non influenzano il risultato di misura, in quanto il
voltmetro non misura la caduta di potenziale ai loro capi (in altri termini, le resistenze Rp,i1 e Rp,i2 non fanno
parte del circuito di misura). La tensione misurata dal voltmetro include invece la caduta di potenziale sulle
resistenze Rp,v1 e Rp,v2, che modellano i cavi di connessione tra la resistenza incognita e i morsetti "-sense".
Tale caduta di potenziale tuttavia è trascurabile. Infatti, la resistenza incognita Rx e i cavi non sono percorsi
dalla stessa corrente! In particolare, la corrente I si biforca nel nodo A e si richiude nel nodo B, inviando una
corrente Ix nella resistenza incognita e una corrente Ip nella serie tra le resistenze parassite, la resistenza
campione, e la resistenza di ingresso del voltmetro. Essendo la resistenza della serie tra le resistenze
parassite e la resistenza di ingresso del voltmetro molto maggiore della resistenza incognita, la corrente che
scorre nei cavi di collegamento sarà molto minore di quella che scorre nella resistenza incognita, inducendo
cadute di potenziale trascurabili sulle resistenze parassite (e deviazioni di misura trascurabili). Risolvendo il
circuito, e tenendo presente che lo strumento stima la resistenza come
Rxm  Rc
Vxm
,
Vc
(11)
la resistenza stimata risulta in effetti legata alla resistenza incognita dalla seguente relazione
Rxm  Rx
1
1
,
Rx  R p ,v1  R p ,v 2
(12)
Rin
cui corrisponde una deviazione di misura relativa pari a
v Rx 
Rx  R p ,v1  R p ,v 2
Rxm  Rx
.

Rx
Rin  Rx  R p ,v1  R p ,v 2
(13)
Si può osservare che per resistenze incognite piccole (Rx<<Rin) la deviazione di misura relativa tende a
ridursi, rendendo trascurabile l’effetto dei cavi di connessione.
Es. 4: sotto le stesse condizioni dell'esempio 3, lo strumento, il cui voltmetro interno ha una resistenza di
ingresso Rin=1 M viene utilizzato in modalità “4-wire”, con Rp,i1=Rp,i2=Rp,v1=Rp,v2=0.5 . Utilizzando la (13),
si ottiene una deviazione di misura relativa pari a 310-6, molto inferiore al 25% dell'esempio 3, in cui la
misurazione era effettuata in modalità “2-wire”.
4. Caratteristiche metrologiche del multimetro digitale
Prestazioni tipiche, numero di cifre significative, espressione dell'incertezza di misura
Il multimetro digitale è uno strumento pensato per misurare grandezze elettriche con elevata accuratezza,
operando in una banda piuttosto limitata, tipicamente non superiore a qualche centinaio di kHz. La
prestazione è caratterizzata principalmente dal numero di cifre significative, che varia da 3 ½-4 ½ cifre per i
DMM palmari fino alle 7 ½ cifre per i migliori DMM da banco. Il numero di cifre significative è determinato
principalmente dalle prestazioni del convertitore A/D (Analog to Digital Converter, ADC) interno, la cui
risoluzione consente di quantizzare l’intervallo di tensioni corrispondente alla portata selezionata in N
sotto-intervalli. L’ADC è realizzato in logica binaria, per cui N=2b, in cui b è la risoluzione in bit (cifre binarie)
del convertitore. Tuttavia, il display del DMM riporta cifre decimali! Di conseguenza, non tutte le cifre del
display potranno assumere tutti i valori possibili in quanto potenze a base diversa non sono in genere
commensurabili. Ad esempio, un convertitore A/D a 8 bit può fornire in uscita N=28=256 livelli distinti, che
non possono essere rappresentate da 2 cifre decimali (102=100 livelli diversi). Sono necessarie 3 cifre
decimali, che però non assumeranno tutti i valori possibili (256 valori su 103=1000). Un DMM basato su un
ADC a 8 bit sarebbe quindi un DMM a 2 ½ cifre, intendendo che le 2 cifre meno significative del risultato del
conteggio potrebbero assumere qualunque valore da 0 a 9, mentre la cifra più significativa può assumere
solo un numero limitato di valori (nel nostro caso i valori 0, 1, e 2). Si osservi che è possibile stimare
approssimativamente la risoluzione dell’ADC interno di un multimetro digitale, osservando che una cifra
decimale corrisponde a circa 3 cifre binarie.
L’incertezza di misura dello strumento è riportata nel manuale, che tipicamente riporta l’incertezza estesa
associata alla misurazione di una grandezza x nel formato
U ( x)  k1 xˆ  k2 FS ,
(14)
in cui x̂ è il valore di misura e FS è la portata selezionata, oppure nel formato
U ( x)  k3 xˆ  k4  count
(15)
in cui il “count” è il peso della cifra meno significativa del risultato di misura fornito dallo strumento. Le due
notazioni sono in realtà equivalenti, in quanto il count è riconducibile alla portata attraverso le
caratteristiche del convertitore A/D. Il manuale dello strumento riporta delle apposite tabelle, in cui i valori
delle costanti k1, k2, k3, e k4 sono riportati in funzione del tipo di misura, della portata selezionata, del
tempo trascorso dall’ultima operazione di taratura, e della temperatura di esercizio. Si osservi che
l’incertezza di misura dello strumento è prevalentemente di tipo B, situazione tipica per gli strumenti di
misura elettronici (Osservazione: tanto l'effetto di carico quanto le deviazioni di misura associate alle
misurazioni di resistenze sono contributi di incertezza di tipo B, avendo carattere sistematico). Il fattore di
copertura da utilizzare per riportare l’incertezza estesa delle relazioni (14) e (15) all’incertezza standard è
tipicamente
3 , corrispondente all’ipotizzare una distribuzione uniforme per le deviazioni di misura.
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