Meccanica quantistica a tutte le scale di grandezza

Meccanica quantistica a tutte le scale
di grandezza
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Introduzione
La misura di una proprietà fisica (osservabile) presuppone l’esistenza di un
apparato di misura (osservatore) che rileva i dati (osservati) relativi alla
proprietà del sistema in esame interagendo con esso solo a tempi definiti.
La teoria classica della misura è costruita sulla concezione che questa
interazione tra il sistema di interesse e l’apparato di misura può essere resa
arbitrariamente piccola, o per lo meno esattamente compensata, in modo
tale che sia possibile parlare ragionevolmente di una misura idealizzata che
non disturba alcuna proprietà del sistema.
È però caratteristica dei fenomeni atomici che l’interazione tra sistema
ed apparato di misura non è arbitrariamente piccola, nè la perturbazione
prodotta durante l’interazione può essere compensata esattamente in quanto
essa è incontrollabile ed imprevedibile. Di conseguenza, una misura di una
proprietà può produrre cambiamenti inevitabili nel valore precedentemente
assegnato ad un’altra proprietà, ed è quindi senza significato parlare di un
sistema microscopico che possiede valori precisi di tutti i suoi attributi.
Questo fatto contraddice la rappresentazione classica di tutte le quantità
fisiche mediante valori numerici esatti. Le leggi della fisica atomica devono
essere riformulate in un linguaggio matematico diverso da quello usato per
descrivere i sistemi macroscopici, il quale costituisce un’espressione simbolica delle proprietà della misura dei sistemi microscopici. Questo linguaggio è
basato su un’interpretazione probabilistica della teoria che è stata originariamente sviluppata per descrivere il comportamento dei sistemi microscopici e
che si chiama meccanica quantistica. I risultati sperimentali mostrano che
la meccanica quantistica, e non la fisica classica, è la corretta descrizione
della Natura, e che essa è di gran lunga la teoria fisica più accurata a nostra
disposizione.
La meccanica quantistica è nata in modo fortuito il 14 dicembre 1900, da
un’idea di Planck che riguardava la termodinamica dell’irraggiamento, pro1
blema considerato all’epoca come uno degli ultimi da risolvere per completare
la costruzione della fisica. Si tratta di un fenomeno che si manifesta chiaramente alla scala umana, per esempio attraverso la distribuzione in frequenze
dell’irraggiamento solare ed il fatto che quest’ultimo ci invia una luce bianca.
La teoria di Planck ed Einstein ha mostrato che lo spettro luminoso emesso
da un corpo incandescente dipende in modo fondamentale dall’esistenza e
dal valore della costante fondamentale di Planck.
Durante una trentina di anni successivi, gli sviluppi considerevoli della
meccanica quantistica si sono focalizzati sulla fisica atomica; i suoi progressi più importanti hanno in seguito riguardato la fisica molecolare e la fisica
nucleare. È per questo che si ha, ancora oggi, la tendenza a considerare la
meccanica quantistica una scienza che riguarda soltanto la scala microscopica, cioè distanze della dimensione degli atomi o dei nuclei. Questo pregiudizio
è avallato dal contenuto degli insegnamenti tradizionali, dove la meccanica
quantistica appare nel contesto dello studio di oggetti microscopici aventi un
piccolo numero di costituenti, mentre gli oggetti macroscopici, alla nostra
scala, sono generalmente descritti in termini dei loro costituenti elementari
soltanto per mezzo della meccanica statistica classica. Tale presentazione
è ingannevole, poichè quest’ultima non rende conto che di alcune proprietà
importanti, per esempio, dei gas e dei liquidi.
In realtà, come vedremo, la meccanica quantistica è essenziale per spiegare
un certo numero di fenomeni macroscopici, e la costante di Planck governa
in modo nascosto numerose proprietà che possiamo osservare ogni giorno.
Per questo, passeremo in rassegna, seppure in modo qualitativo, molti degli
ambiti nei quali la meccanica quantistica (e la meccanica quantistica statistica, che interviene nella descrizione dei sistemi complessi a molte particelle)
risulta rilevante. Come si vedrà, essa rappresenta la teoria fisica più accurata che noi possediamo per la descrizione dei fenomeni oggetto della nostra
osservazione, ad ogni scala di grandezza.
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Radioattività
Fra i fenomeni quantistici che si manifestano alla nostra scala, la radioattività
occupa una posizione singolare. Nonostante la dimensione straordinaremente
piccola dei nuclei atomici (miliardesimo di micrometro), sappiamo facilmente
individuare, per mezzo di contatori macroscopici, l’irraggiamento emesso dal
un solo centro radioattivo che trasmuta. Tale osservazione è eccezionale per
una doppia ragione.
Da un lato, se i nostri sensi ci permettono di percepire quasi direttamente
un fenomeno cosı̀ microscopico come la trasmutazione di un semplice nucleo
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è perchè questa trasformazione si accompagna ad un’emissione d’energia considerevole, di un milione di volte superiore all’energia luminosa emessa da un
atomo termicamente stimolato; le forze nucleari messe in gioco hanno, infatti, un’intensità enorme paragonata a quelle delle forze elettromagnetiche
che governano l’emissione della luce. È grazie alla forte concentrazione dell’energia nucleare che una quantità di calore di 1 kWh è liberata nelle nostre
centrali a partire da 10 mg d’uranio e nel sole a partire da 5 µg d’idrogeno,
mentre lo stesso effetto richiede la combustione di 100 g di petrolio; come ogni
reazione chimica, quest’ultimo processo fa intervenire su scala microscopica
un’energia di natura elettrica, molto meno intensa dell’energia nucleare.
D’altra parte, la radioattività è il solo fenomeno osservabile alla nostra
scala che mette in evidenza un aspetto notevole di meccanica quantistca,
il suo carattere intrinsecamente probabilistico: un campione di materia radioattiva dà origine nei nostri contatori a segnali aleatori, emessi successivamente in modo imprevedibile da questo o quel nucleo al momento della
sua disintegrazione. Questo carattere probabilistico della fisica quantistca
è, per qualsiasi altro fenomeno, mascherato alla nostra scala dalla legge dei
grandi numeri, cosı̀ come lo è il carattere discontinuo della materia (occorre
molta immaginazione per concepire che un millimetro cubico d’aria è costituito da 3 × 1016 molecole disposte a caso). Per la radioattività, il carattere
casuale che regna su scala microscopica è percepito direttamente attraverso
il conteggio delle particelle emesse.
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Alcuni aspetti fondamentali della meccanica quantistica
Ci limiteremo d’ora in poi ai fenomeni che non fanno intervenire le forze
nucleari, e lasceremo da parte gli effetti della gravità. Tutti i corpi che ci circondano sono allora disciplinati sulla scala microscopica dalle seguenti leggi
semplici ed unificate. I loro costituenti elementari sono elettroni e nuclei atomici; questi costituenti interagiscono mediante un’interazione a due corpi con
forze elettromagnetiche, soprattutto con la forza di Coulomb proporzionale
alla loro carica; essi obbediscono ai principi della meccanica quantistca, di
cui ricordiamo più avanti alcune delle proprietà più importanti. Queste leggi
permettono di spiegare come gli elettroni e i nuclei si organizzano su scala
microscopica in atomi, in molecole elettricamente neutre o in ioni carichi.
È notevole che esse siano anche sufficienti a fondare la teoria dei materiali
macroscopici, e che governino in linea di principio gli oggetti più complessi ed
anche gli organismi viventi. Questa concezione riduzionista degli oggetti ma-
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croscopici si è affermata gradualmente nel corso del XX secolo. Certamente,
proprietà nuove, completamente inattese, imprevedibili a priori e spesso difficili da spiegare anche a posteriori, possono emergere alla nostra scala quando
un numero molto grande di costituenti elementari sono messi in gioco. Ma
le leggi fondamentali restano le stesse per tutti gli oggetti, qualunque sia la
loro dimensione.
In particolare, il fatto che sia la meccanica quantistica e non la meccanica classica che disciplina le strutture ed i comportamenti di tutti i corpi
fa emergere l’importanza di tre proprietà poco intuitive ma essenziali, la
quantizzazione, la delocalizzazione e l’indistinguibilità, che ora passeremo in
rassegna e di cui scopriremo in seguito le conseguenze notevoli.
3.1
Quantizzazione
Planck aveva scoperto nel 1900 che l’energia di un campo elettromagnetico può variare soltanto per quanti, cioè per valori discreti e non in modo
continuo. Per un’onda di frequenza uguale a ν, questa sola variazione possibile d’energia vale hν, dove h = 6.62 × 10−34 Js è la costante di Planck.
Questa è apparsa successivamente come una costante universale e non come
costante di quantizzazione delle sole onde elettromagnetiche. Infatti, mentre
la meccanica classica autorizza l’energia di un sistema a prendere qualsiasi
valore superiore al minimo dell’energia potenziale, la meccanica quantistica,
in accordo con l’esperienza, implica che l’energia di ogni oggetto finito, come
una molecola costituita di elettroni e dei nuclei legati tra loro, può prendere
soltanto alcuni valori discreti. Le energie possibili sono determinate soltanto
dal numero e dalla massa dei costituenti e la loro espressione fa intervenire la
costante di Planck. La loro distribuzione ha la tendenza ad infittirsi quando
la dimensione del sistema aumenta. Per ciascuna di esse, il sistema si trova
in un certo stato quantico caratterizzato dalla configurazione degli elettroni
e dei nuclei. Questi stati quantici possono essere contati sistemando i livelli
d’energia per valori crescenti a partire dalla energia più bassa. La quantizzazione delle energie e degli stati degli atomi e delle molecole è osservata
direttamente grazie allo studio del loro spettro d’emissione o d’assorbimento
ottico o infrarosso: il loro cambiamento d’energia ∆E per il passaggio da
uno stato quantico ad un altro si accompagna all’emissione o all’assorbimento di un quanto hν = ∆E d’energia luminosa; l’osservazione della frequenza
ben definita ν di questo irragiamento ci fornisce informazioni sulla differenza
d’energia tra due stati.
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3.2
Delocalizzazione
Come hanno mostrato Louis de Broglie nel 1923 ed Erwin Schrödinger nel
1926, tutte le particelle elementari possono essere rappresentate per mezzo di
onde, che sono per loro natura delocalizzate. Questo aspetto della meccanica
quantistica le ha valso anche la denominazione di “meccanica ondulatoria”.
Cosı̀ tutti i costituenti elementari hanno un doppio aspetto di particelle
e di onde. Per quanto riguarda il campo elettromagnetico, questa dualità
deriva dalla quantizzazione, che permette di interpretare il quanto d’energia
di un’onda di frequenza ν come una particella, il fotone, in cui hν è l’energia
cinetica, c è la velocità della luce nel vuoto, e hν/c è la quantità di moto.
Simmetricamente, gli elettroni ed i nuclei, che si propagano come particelle,
possono anche presentare comportamenti ondulatori. Ad esempio, nell’atomo d’idrogeno, costituito da un solo elettrone legato ad un protone (il nucleo
dell’atomo), l’elettrone non occupa una posizione ben definita. Si comporta,
in ciascuno dei suoi stati quantici possibili, come un’onda stazionaria delocalizzata entro una certa regione dello spazio attorno al nucleo. È lo stesso per
gli elettroni di qualsiasi atomo o di qualsiasi molecola, nei quali ciascuno di
essi si muove nel potenziale elettrico creato dai nuclei e dagli altri elettroni
(come l’elettrone dell’atomo d’idrogeno si muove nel potenziale coulombiano del protone). È perchè le particelle sono descritte da onde, d’estensione
finita, che, anche nell’atomo d’idrogeno dove è solo, un elettrone è descritto
da una distribuzione di probabilità e non come un oggetto con una posizione
definita.
3.3
Indistinguibilità
Infine, quando un sistema fisico comprende molte particelle identiche, l’indistinguibilità di queste ha, in meccanica quantistica, conseguenze espresse dal
principio di Pauli (1925). Secondo questo principio, esistono due categorie
di particelle, i fermioni e i bosoni. I fermioni hanno tendenza ad escludersi
reciprocamente. È, ad esempio, il caso degli elettroni, che, anche se si fa
astrazione della loro repulsione coulombiana, si evitano: è vietato a due elettroni trovarsi nello stesso punto, o anche trovarsi nello stesso stato quantico
o nella stessa configurazione. Al contrario, i bosoni, di cui i fotoni o gli atomi
d’elio forniscono due esempi, hanno un comportamento gregario: tendono
ad accumularsi in un unico stato quantico. L’effetto dell’indistinguibilità, di
tipo repulsivo per i fermioni e attrattivo per i bosoni, si sovrappone alle forze
propriamente dette tra particelle.
Come vedremo, il formalismo matematico della meccanica quantistica
permette di enunciare con rigore ed in un quadro unificato queste tre pro5
prietà, quantizzazione, delocalizzazione ed indistinguibilità, di dedurre numericamente le conseguenze, e cosı̀ di verificare sperimentalmente la teoria
con una precisione considerevole in moltissime circostanze. Ci limiteremo
qui a mostrare che esse permettono di spiegare qualitativamente un grande
numero di fenomeni macroscopici, a volte inattesi.
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Ordini di grandezza atomici
Negli atomi e nelle molecole, gli elettroni sono sottoposti ad effetti antagonisti. Da un lato, la forza di Coulomb da sola avrebbe tendenza a far precipitare questi elettroni (carichi negativamente) sui nuclei (carichi positivamente).
Dall’altro, la nuvola di probabilità formata dagli elettroni tende a dispiegarsi, in ragione non soltanto della loro repulsione coulombiana reciproca, ma
anche di due effetti quantistici, il loro carattere ondulatorio ed il principio di
Pauli. A temperatura non troppa elevata, la struttura di un atomo o di una
molecola è determinata dal fatto che la sua energia deve essere minima in
questa circostanza. Si realizza cosı̀ un equilibrio dove tale oggetto microscopico ha una dimensione ed un’energia ben definite. Senza che sia necessario
scrivere le equazioni che disciplinano questo equilibrio, si può trovare, con
la semplice analisi dimensionale, l’ordine di grandezza della dimensione degli
atomi. Infatti è facile identificare i soli dati o costanti fondamentali messe in
gioco nel calcolo: la carica elettrica elementare e = 1.6 × 10−19 C che caratterizza le interazioni reciproche tra particelle (con la costante dielettrica del
vuoto 0 = 107 /4πc2 = 8.85 × 10−12 C2 /Jm), la massa me = 9.1 × 10−31 kg
dell’elettrone che caratterizza la sua dinamica, e la costante di Planck h che
interviene negli effetti quantistici che tendono a dispiegare la nuvola elettronica. A partire da queste costanti non si può formare che una lunghezza, il
raggio di Bohr definito come a0 = 0 h2 /πme e2 = 0, 5 × 10−10 m = 0.5 Å.
A meno di un fattore numerico, che ci si attende dal calcolo dettagliato, le
dimensioni caratteristiche degli atomi o le distanze tra i nuclei nelle molecole sono dunque dell’ordine di grandezza dell’angstrom, un milionesimo di
millimetro, previsione della microfisica in accordo con l’esperienza.
Inoltre la sola energia che si possa formare con le costanti fondamentali
e, me ed h che controllono le strutture atomiche è, a meno di un fattore
numerico, l’energia di legame dell’atomo d’idrogeno che vale me e4 /820 h2 =
2.2 × 10−18 J. Un’unità comoda per misurare queste energie che appaiono su
scala atomica è l’elettronvolt (eV) che vale 1.6 × 10−19 J e che rappresenta
l’aumento d’energia cinetica di un elettrone accelerato da una differenza di
potenziale di 1 V. Le energie caratteristiche degli atomi sono cosı̀ dell’ordine
di grandezza dell’elettronvolt. Quindi l’energia di legame di un elettrone
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con un protone, necessaria per formare un atomo d’idrogeno nel suo livello
d’energia più basso, è di 2.2 × 10−18 J = 13.6 eV. In una molecola, i livelli
d’energia sono più vicini perchè la massa dei nuclei, molto più grande di
quella dell’elettrone, interviene nella loro determinazione: in questo caso i
loro scarti sono di una piccola frazione d’elettronvolt.
Le dimensioni e le energie degli atomi o delle molecole sono ovviamente
troppo piccole per essere direttamente osservabili. Ma, come mostreremo, i
loro effetti possono essere amplificati e resi visibili grazie al numero colossale
di atomi che costituiscono gli oggetti alla nostra scala. Per esempio, una mole
di materia, come 18 g d’acqua (1 H2 16 O) o 56 g di ferro (56 F e), comprendono
un numero di molecole uguale al numero di Avogadro NA = 6 × 1023 .
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Fisica quantistica e Chimica
Un primo esempio d’intervento della costante di Planck nella nostra scala
macroscopica è fornito dal valore del calore di reazione chimica. È sotto forma
di reazione chimica che a noi si manifesta una trasformazione di molecole.
A livello microscopico si tratta di un cambiamento dello stato quantistico di
oggetti formati da nuclei circondati di nuvole elettroniche, elementi che si
riordinano differentemente con trasferimento di nuclei e di elettroni da una
molecola all’altra. Questo cambiamento si accompagna ad una variazione
d’energia di un valore ben definito, poichè si passa da uno stato quantistico
ad un altro, dell’ordine dell’elettronvolt per ogni trasformazione elementare
microscopica. Essendo il numero di queste trasformazioni grande quanto il
numero di Avogadro, possiamo osservare variazioni corrispondenti d’energia
sotto l’aspetto di un ben definito calore di reazione assorbito o rilasciato, il cui
ordine di grandezza è di NA elettronvolt per mole, cioè 105 J mol−1 o anche
20 kcal per mole, nella unità di solito utilizzata in chimica. Questo numero,
che abbiamo appena ottenuto a partire dal valore delle costanti fondamentali
e, me ed h, è conforme al valore sperimentale osservato.
Cosı̀, il calore di combustione dell’idrogeno è di circa 60 kcal per mole,
quantità formata da 18 g d’acqua; questo numero è comparabile al calore
di combustione del petrolio che, in unità da economisti, vale per definizione
1 tep = 11000 kWh per tonnellata (abbiamo segnalato più su che 100 g di
combustibile equivalgono circa a 1 kWh).
In realtà, non soltanto per la nozione di calore di reazione ma nella sua
totalità, la chimica deve le sue diverse caratteristiche alla fisica quantistica.
Infatti l’esistenza di specie chimiche ben caratterizzate è, come mostreremo,
un effetto della quantizzazione.
Consideriamo inizialmente un atomo. Ogni elettrone è sottoposto al po7
tenziale elettrico creato dal nucleo centrale e dalla nuvola circostante degli
altri elettroni. In questo potenziale, l’elettrone considerato non può, come
abbiamo indicato, occupare che stati quantici ben definiti, ben distinti gli
uni degli altri. Ciascuno di questi stati è delocalizzato e costituisce un’onda
stazionaria chiamata orbitale. Tuttavia, l’isotropia del potenziale visto dall’elettrone, cioè la sua invarianza per rotazione attorno al nucleo, permette
di classificare gli orbitali. Quelli che non sono essi stessi isotropi si raggruppano in famiglie, all’interno di ciascuna delle quali gli orbitali si deducono gli
uni dagli altri per rotazione. Gli orbitali di una stessa famiglia hanno ovviamente proprietà simili, ed in particolare la stessa energia. Cosı̀, per ragioni
geometriche, gli stati quantici che fornisce la meccanica quantistica per ogni
elettrone non sono distribuiti a caso, ma si raggruppano in pacchetti, chiamati gusci, nei quali le energie degli stati sono uguali o, più generalmente,
molto vicine. Il numero di stati dei gusci atomici successivi, di energie crescenti, è, partendo dallo stato fondamentale, di 2, quindi 8, quindi ancora 8,
quindi 18, ecc., numeri “magici” derivati dalla meccanica quantistica e dalla
geometria.
Tutti gli elettroni di un atomo formano una nuvola (di probabilità), costruita distribuendo gli elettroni fra gli stati quantici descritti sopra in modo
tale che l’energia totale sia la più bassa possibile. Tuttavia, in ottemperanza
al principio di Pauli, gli elettroni si escludono reciprocamente: devono tutti
occupare stati distinti. Per uno atomo a N elettroni, questi elettroni riempiono dunque gli N livelli d’energia più bassa. Differenze qualitative appaiono
allora a causa della disposizione in gusci di questi livelli.
Per i valori di N uguali a 2 (elio), o 10 (neon), o 18 (l’argon), o 36 (cripton), ecc., si formano delle configurazioni in cui tutti i gusci sono completi,
configurazioni particolarmente stabili poichè possono essere modificate soltanto con trasferimento di un elettrone verso uno guscio più esterno. Gli elementi formati da questi atomi sono i gas inerti, che non hanno praticamente
nessuna reattività chimica a causa di questa stabilità.
Gli atomi per i quali N vale 3 (litio), o 11 (sodio), o 19 (potassio), ecc.,
sono caratterizzati dalla presenza di gusci completi più un solo elettrone
esterno; è quest’ultimo elettrone, meno legato degli altri e che può facilmente
cambiare stato nel suo guscio, che governa le interazioni di questi atomi con
altri atomi. Questi atomi hanno proprietà chimiche simili: si tratta dei
metalli alcalini.
Sono pure simili i metalli aventi due elettroni, oltre ai gusci completi, il
berillio 4 Be, il magnesio 12 Mg, il calcio 20 Ca, ecc.
Un’altra possibilità è che il guscio esterno sia quasi completo. Per esempio, se manca un elettrone nell’ultimo guscio occupato, si ottiene la famiglia
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degli alogeni, il fluoro 9 F , il cloro 17 Cl, il bromo 35 Br, ecc., elementi che pure
possiedono proprietà chimiche simili.
Tutti gli elementi si classificano cosı̀ in funzione del numero di elettroni
situati nello guscio più esterno. Questo classificazione, scoperta da Mendeleev
nel 1869, ha potuto essere compresa soltanto dopo la scoperta della meccanica
quantistica.
Gli stessi principi si applicano anche alle molecole: essi possono spiegare la
natura e le proprietà dei legami chimici tra elementi, le valenze di questi, cosı̀
come i meccanismi di reazione. La chimica si basa cosı̀ sulla fisica molecolare,
a sua volta un risultato della meccanica quantistica. Si trova l’ordine di
grandezza del raggio di Bohr per le distanze interatomiche all’interno delle
molecole; ad esempio, gli atomi di carbonio nelle molecole organiche in catena
sono distanti di 1.54 Å. I tipi di legami nelle molecole, la loro forza, i loro
angoli sono governati, cosı̀ come le proprietà degli atomi, dalla congiunzione
della meccanica quantistica, della geometria e dell’interazione di Coulomb
tra i nuclei e gli elettroni. La forma cosı̀ determinata delle molecole è in
particolare determinante per le proteine poichè condiziona le loro funzioni
biologiche, in modo che in ultima analisi i meccanismi degli esseri viventi
sono regolati dalla fisica quantistica.
L’identificazione tra elemento chimico ed atomo, tra specie chimica e costruzione molecolare, ci sembra oggi ovvia. Già, alla fine del XVIII secolo,
i creatori della chimica quantitativa ne avevano avuto l’intuizione. L’osservazione di proporzioni definite per i reagenti messi in gioco in una reazione
chimica si spiega infatti semplicemente appena si ammette che i corpi puri
sono costituiti di molecole identiche e che queste sono combinazioni di atomi. Tuttavia, quest’idea ha avuto molto difficoltà ad imporsi tra i chimici
nella prima metà del secolo scorso nonostante la chimica quantistica fosse
già molto elaborata. Infatti, Heitler e London avevano chiarito con la fisica
quantistica, fin dal 1927, come la nuvola elettronica riusciva a legare due
atomi d’idrogeno in una molecola e, al loro seguito, Pauling e Slater avevano
successivamente elaborato la teoria del legame covalente basato sugli orbitali
elettronici.
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Gas e Liquidi
Un gas o un liquido si presenta su scala microscopica come un insieme di
molecole, i cui movimenti disordinati sono ben descritti dalle leggi della meccanica statistica classica: queste particelle subiscono urti reciproci, nell’intervallo tra i quali esse si muovono ad una velocità di alcune centinaia di
metri al secondo. Un effetto come la pressione, conseguenza degli urti di mo9
lecole sulle pareti, come aveva già capito Daniel Bernoulli nel 1738, si spiega
dunque senza ricorso alla meccanica quantistica.
Questa interviene tuttavia indirettamente, poichè è essa che determina
le dimensioni delle molecole. Queste dimensioni, che abbiamo visto sono
di alcuni angstrom, caratterizzano l’efficacia delle collisioni e condizionano
dunque i fenomeni che da esse dipendono. In particolare, la dimensione
delle molecole si riflette alla nostra scala nella viscosità e nella conducibilità
termica dei fluidi, conseguenze delle collisioni in un fluido in movimento
non uniforme o a temperatura non uniforme. Inoltre per i gas Maxwell ha
mostrato che queste quantità sono proporzionali al quadrato della dimensione
delle molecole (e proporzionali alla radice quadrata della temperatura).
Un altro fenomeno, direttamente osservabile, dove si manifesta la dimensione delle molecole, è la diffusione della luce. È la dimensione delle molecole
d’azoto e d’ossigeno, che costituiscono l’atmosfera, come pure il valore dei
loro livelli d’energia, che determinano il modo in cui essi diffondono la luce
del sole. La radiazione di lunghezza d’onda più breve è più fortemente diffusa
di quella di lunghezza d’onda più grande, e questo determina il colore blu del
il cielo, manifestazione alla nostra scala della fisica molecolare.
I livelli d’energia delle molecole influiscono sulle proprietà termodinamiche dei gas che costituiscono. Il riscaldamento di un gas, caratterizzato dal
suo calore specifico, traduce alla nostra scala non soltanto l’aumento dell’energia cinetica delle sue molecole, ma anche un fenomeno quantistico, il loro
passaggio da un livello d’energia ad un altro più elevato.
Anche per la termodinamica dei gas rari, i cui atomi si comportano come punti materiali senza struttura, la meccanica quantistica gioca un ruolo.
Il terzo principio della termodinamica, o principio di Nernst, permette di
fissare la costante additiva dell’entropia (questa è definita a meno di una
costante additiva dal secondo principio, essendo una proprietà del sistema).
Ogni sistema macroscopico possiede cosı̀ un’entropia assoluta, che si annulla
quando la temperatura assoluta tende verso lo zero. Per un gas raro, la fisica statistica quantistica permette di calcolare l’entropia assoluta in funzione
della temperatura e della pressione. La sua espressione contiene la costante
di Planck ed è in accordo con le esperienze di calorimetria.
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Solidi
Ad una temperatura sufficientemente bassa o ad una pressione sufficientemente alta, i materiali diventano solidi. Le distanze tra i costituenti elementari sono allora dell’ordine dell’angstrom. Si deduce ad esempio dalla densità
del ferro (56 Fe), 7.8 g/cm3 , che il volume medio occupato da ogni atomo è
10
(2.3 Å)3 . Siccome queste distanze sono tipiche delle dimensioni atomiche, gli
atomi o le molecole di un solido sono fortemente perturbati dai loro vicini
– dai loro “troppo” vicini – e possono anche perdere la loro individualità.
Quando il solido deriva dalla cristallizzazione di un gas costituito di molecole, queste sono non soltanto deformate ma spesso dissociate. Un cristallo di
sale, ad esempio, non contiene molecole di cloruro di sodio NaCl, ma degli
ioni Na+ e Cl− alternativamente diposti ai nodi di un reticolo cubico senza
essere appaiati.
D’altra parte, i movimenti delle molecole, che nei gas e nei liquidi erano
disciplinati dalla meccanica classica, non esistono praticamente più nei solidi,
in cui i nuclei si allontanano poco dalle loro posizioni d’equilibrio.
La descrizione microscopica di un solido si basa dunque interamente sulla
meccanica quantistica. In realtà, si può considerare un pezzo di materiale
solido come una molecola gigantesca di dimensione macroscopica, comportando migliaia di miliardi di miliardi dei nuclei atomici e di elettroni. Questa
costruzione, come in un atomo o una molecola, è disciplinata dalla competizione dell’interazione coulombiana, che tende a legare gli elettroni ai nuclei
evitando le particelle della stessa carica, con i principi della meccanica quantica, secondo i quali gli elettroni tendono a dispiegarsi per formare una nuvola
e inoltre si escludono reciprocamente: un solido è un oggetto quantistico
macroscopico.
Anche in questo caso, i soli parametri in gioco sono la carica elementare,
la costante di Planck e la massa dell’elettrone (e le masse dei nuclei). Non
è dunque sorprendente trovare, in fisica dei solidi, ordini di grandezza delle
dimensioni atomiche. Cosı̀ come nelle molecole, le distanze tra i nuclei sono di
alcuni angstrom, cosa che spiega perchè le densità dei solidi non differiscono
considerevolmente le une delle altre. Le loro discrepanze riflettono in generale
più la variazione delle masse atomiche che quella delle distanze interatomiche.
L’energia di legame di un atomo o di una molecola è sostituita qui dall’energia di coesione del solido, il cui ordine di grandezza è ancora una frazione
di elettronvolt per atomo. Prendiamo ad esempio il ghiaccio. Per liberare
questa energia per una massa di 1 kg di ghiaccio, occorre farla fondere (e
questo richiede 80 kcal), quindi portarla a 100 ◦ C (100 kcal), infine farla
bollire (550 kcal); occorre togliere da questa quantità di calore totale la differenza d’energia cinetica delle molecole tra le fasi vapore e solido (50 kcal).
In accordo con l’esperienza, si trova in definitiva 2.8 × 106 J/kg, cioè 0.5 eV
per molecola d’acqua, ordine di grandezza che conferma l’origine quantistica
dell’energia di coesione.
In un solido, come in una molecola, i nuclei occupano posizioni quasi
fisse, disposte più o meno irregolarmente per i solidi amorfi come i vetri, o
all’opposto in un reticolo regolare per i solidi cristallini. Forme geometriche
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regolari apparivano già nelle molecole: tetraedro per il metano CH4 , esagono per il benzene C6 H6 . Nei cristalli, la regolarità è estrema, al punto da
diventare ovvia alla nostra scala: la loro forma stessa riflette quella del reticolo microscopico. Un cristallo cubico di sale da cucina di 1 mm di lato
non è infatti null’altro che una successione di maglie cubiche elementari di
2,9 angstrom di lato alle cui estremità sono posti alternativamente gli ioni
sodio e cloro. Benchè tra le due facce opposte del cristallo si accumulino 3.5
milioni di piani equidistanti, l’ordine di questa configurazione è notevole in
quanto essi ripetono sempre lo stesso motivo con periodicità quasi perfetta.
Questa manifestazione macroscopica della fisica quantistica merita di essere
tanto più sottolineata in quanto la banalità dell’osservazione di un cristallo
non incita ad immaginare l’origine microscopica della sua struttura.
Gli atomi di un solido possono vibrare attorno alle loro posizioni d’equilibrio situate ai nodi del reticolo cristallino. Tuttavia, il fatto che queste
oscillazioni siano disciplinate dalla meccanica quantistica e non dalla meccanica classica implica che le energie corrispondenti sono quantizzate, potendo
variare soltanto per valori discreti (o per quanti). La propagazione del suono
in un solido costituisce cosı̀ un processo quantistico. Come le onde elettromagnetiche nel vuoto, le onde acustiche nei solidi presentano uno doppio
carattere ondulatorio e corpuscolare: i quanti d’energia, denominati fononi
(in analogia con i fotoni), si comportano come particelle che si propagano
alla velocità del suono ed hanno (come per il campo elettromagnetico) un’energia hν dove ν è la frequenza della vibrazione. L’energia di un’onda sonora
trasportata da n fononi allora uguale a nhν. Una conseguenza macroscopica di questa quantizzazione delle vibrazioni atomiche è la forma del calore
specifico dei solidi in funzione della temperatura. L’aumento di temperatura
stimola onde acustiche, in altre parole crea fononi, e fa cosı̀ crescere l’energia
assorbendo del calore. Tuttavia, questo processo è ostacolato dalla necessità
di fornire un’energia minima hν per fare vibrare il cristallo, contributo tanto
più difficile da soddisfare quanto più la temperatura è bassa. La teoria dei
fononi, elaborata da Einstein fin dal 1907, permette di spiegare a partire
da quest’idea perchè il calore specifico si annulla a bassa temperatura, primo successo della teoria quantistica dei solidi ancora agli albori all’epoca; la
meccanica statistica classica infatti prevedeva che dovesse essere costante.
Citiamo anche, fra i fenomeni macroscopici spiegati dalla teoria quantistica dei solidi, la loro dilatazione quando vengono riscaldati e la loro elasticità
o la loro deformazione quando si applicano degli sforzi. Questi fenomeni sono associati alla variazione dell’energia di coesione, sia quando la dimensione
dei legami cristallini aumenta perchè un aumento di temperatura amplifica
le vibrazioni degli atomi, sia quando alcune forze negano a questi legami la
loro forma d’equilibrio.
12
8
Metalli e Isolanti
Abbiamo appena esaminato alcune proprietà macroscopiche dei solidi associate alla posizione ed al movimento dei loro nuclei atomici. Altre proprietà
quantistiche importanti sono associate ai loro elettroni, più leggeri e mobili.
Per spiegare questo punto, riprendiamo l’analogia tra la teoria dei solidi e
quella degli atomi e molecole. Per tutti questi sistemi, ogni elettrone si muove in un potenziale coulombiano creato dai nuclei ed dalla nuvola formata
dagli altri elettroni. In un atomo, gli stati quantici di un elettrone sottoposto
a questo potenziale erano orbitali, onde più o meno delocalizzate attorno al
nucleo. Ad essi corrispondevano energie che formano uno spettro discreto
ma i cui valori erano raggruppati in pacchetti: i gusci atomici. In un solido
cristallino, i nuclei sono disposti in un reticolo regolare, in modo che il potenziale visto da ogni elettrone sia periodico nello spazio. Questa proprietà
geometrica sostituisce l’invarianza per rotazione degli atomi, che permetteva
di spiegare l’esistenza dei gusci, ed ha essa pure conseguenze fisiche notevoli. Infatti, essa semplifica il problema e permette di risolverlo nonostante il
numero grandissimo di particelle con le quali l’elettrone interagisce nel cristallo. Si trovano cosı̀ caratteristiche un po’ simili a quelle di un elettrone
in un atomo. Gli orbitali, stati quantici nei quali si possono mettere tutti
gli elettroni dell’atomo, sono sostituiti da onde, le onde di Bloch, delocalizzate in tutto il cristallo e modulate dal reticolo dei nuclei atomici. Come le
energie degli orbitali erano organizzate in gusci, quelle delle onde di Bloch
sono raggruppate in intervalli, denominati bande permesse, separati da altri
intervalli, denominati bande vietate, all’interno dei quali non esiste nessun
valore possibile per le energie dell’elettrone. Tuttavia, mentre ogni guscio
raccoglieva un piccolo numero di orbitali, ogni banda permessa include un
numero considerevole di livelli di energia, comparabile con il numero di atomi
nel cristallo. Bande permesse e bande vietate hanno larghezze che vanno da
una frazione di elettronvolt ad alcuni elettronvolt.
Le proprietà elettroniche sono condizionate da questa struttura dello spettro d’energia delle onde di Bloch che ogni elettrone può occupare, struttura
caratterizzata dall’alternanza di bande permesse, che raccoglie in modo denso i livelli d’energia possibili, e di bande vietate, a cui nessun elettrone può
accedere. Il carattere ondulatorio della fisica quantistica si manifesta attraverso le onde di Bloch delle bande permesse, la cui lunghezza d’onda può
variare quasi continumente; il suo carattere discreto si manifesta attraverso
l’esistenza di bande vietate. Come in un atomo, se la temperatura non è
troppo elevata, N elettroni del cristallo si dispongono in modo che la loro
energia totale sia minima. Tuttavia, in accordo con il principio d’esclusione
di Pauli, ogni onda di Bloch non può accogliere più di un elettrone. Gli N
13
elettroni riempiono dunque gli N livelli d’energia più bassa, dal valore più
basso possibile, al fondo della banda più bassa, fino ad un valore massimo
denominato livello di Fermi. I livelli d’energia situati sotto al livello di Fermi sono dunque tutti occupati, quelli situati sopra sono tutti vuoti. Due
situazioni, qualitativamente diverse, possono allora presentarsi.
(i) Se gli N elettroni riempiono completamente alcune bande più profonde,
il livello di Fermi è situato nella banda vietata immediatamente seguente.
Questa situazione caratterizza gli isolanti. Si designa in questo caso sotto
il nome di banda di valenza l’ultima banda piena al di sotto del livello di
Fermi, e col nome di banda di conduzione la prima banda permessa vuota al
di sopra di esso. La banda di valenza e la banda di conduzione sono separate
da una banda vietata, la cui larghezza ∆ misura un intervallo (un “gap”)
nelle energie possibili di uno elettrone. Questa situazione somiglia a quella
di un atomo di gas raro, i cui gusci più profondi sono completamente occupati
da elettroni. D’altra parte, la meccanica quantistica implica che gli elettroni
di una banda piena si comportino come quando uno di loro era situato in
vicinanza di un nucleo o tra due nuclei vicini. Un isolante può dunque essere
descritto come un materiale di cui tutti gli elettroni sono localizzati (entro
la dimensione del loro atomo).
(ii) Il caso contrario, quando sopra un certo numero di bande completamente piene di elettroni ne esiste una occupata soltanto parzialmente, caratterizza i metalli. Il livello di Fermi è allora situato in questa banda permessa,
che si denomina ancora banda di conduzione; essa occupa una parte densa
dello spettro d’energia di una bada permessa. Cosı̀, mentre gli elettroni delle bande piene sono situati come in un isolante, gli elettroni della banda di
conduzione di un metallo occupano onde di Bloch simili ad onde piane. Si
comportano, tenuto conto delle costrizioni imposte per la loro natura di fermioni, come un gas che occupa tutto il volume del materiale e che si muove
liberamente in esso.
Questa distinzione tra metalli ed isolanti fa intervenire i tre aspetti della
fisica quantistica che abbiamo sottolineato più sopra: la quantizzazione dei
livelli d’energia, il comportamento ondulatorio degli elettroni, ed il principio
di Pauli che proibisce a più di un elettrone di occupare ogni stato quantico. Il
contrasto tra metalli e isolanti è, di fatto, una delle manifestazioni più spettacolari della meccanica quantistica alla nostra scala. Infatti, la resistività
elettrica è la proprietà dei materiali che può variare di più, di un fattore 1023 ,
quando si passa da un buon conduttore, come il rame, ad un buono isolante.
Questa differenza è più grande della differenza che c’è la distanza terra-sole
e la dimensione di un atomo!
Per spiegare questa differenza fondamentale, notiamo che la produzione
di una corrente elettrica, che è la messa in movimento di elettroni median14
te un campo elettrico, suppone ovviamente una modifica dello stato della
nuvola elettronica. Ma, secondo il principio di Pauli, tale modifica implica
l’eccitazione di elettroni, portati da livelli occupati, sotto al livello di Fermi,
verso livelli vuoti, al di sopra di esso. In un conduttore, questo trasferimento
è facile: basta fornire un’energia infinitesimale ad un elettrone della banda di
conduzione situato immediatamente sotto al livello di Fermi per farlo passare
appena sopra (ricordiamo che, per uno metallo, il livello di Fermi è immerso
in una parte quasi continua dello spettro di una banda permessa). La resistività è dunque nulla, in questo modello teorico. In realtà i metalli presentano
una debole resistività dovuta alla presenza di impurezze o di difetti del reticolo cristallino, con i quali gli elettroni possono collidere, cosa che rallenta
il loro trasporto. È notevole che un elettrone possa attraversare liberamente
un metallo perfettamente cristallino, senza essere impedito dagli innumerevoli nuclei che incontra. Questo è ancora una conseguenza della meccanica
quantistica, dove gli elettroni di conduzione sono descritti come un gas in cui
ogni particella occupa un’onda di Bloch che si estende su tutto il cristallo.
Al contrario, in un isolante qualsiasi modifica della nuvola elettronica richiede il contributo di una quantità di energia almeno uguale a ∆ poichè è
necessario al minimo trasferire un elettrone dal vertice della banda di valenza
fino al fondo della banda di conduzione. In questo modello ideale, gli elettroni sono dunque insensibili ad un campo elettrico non abbastanza intenso
per comunicare loro l’energia ∆, per cui la conducibilità è nulla. Il campo
deve superare una certa soglia, funzione crescente di ∆, perchè una corrente significativa riesca ad attraversare l’isolante, cosa che corrisponde “alla
rottura dielettrica” di quest’ultimo. All’impossibilità di trasportare una corrente in un campo debole corrisponde l’immagine fornita precedentemente
per un isolante, cioè di un materiale in cui tutti gli elettroni sono solidificati in stati quantistici localizzati. La debole conducibilità presente in realtà
in un isolante a temperatura ordinaria proviene dal fatto che l’energia totale non prende il valore più basso possibile. Un piccolo numero di elettroni
infatti è termicamente eccitato dalla banda di valenza a quella di conduzione. Questi elettroni sono suscettibili di cambiare stato quantico all’interno
di questa banda grazie al contributo di un’energia infinitesimale, e possono
dunque essere messi in movimento sotto l’effetto di un debole campo.
Anche l’aspetto esterno dei cristalli isolanti, diverso da quello dei conduttori, ha la stessa spiegazione. Tali cristalli, ad esempio il quarzo o il diamante,
sono trasparenti. La luce non può infatti interagire con i loro elettroni, dal
momento che i fotoni che la costituiscono non hanno un’energia sufficiente
per essere assorbiti dagli elettroni; questo assorbimento è possibile soltanto
se l’energia hν di un fotone (dove ν è la sua frequenza) supera la larghezza ∆
della banda proibita. Ma l’energia dei fotoni della luce visibile va da 1.5 eV
15
(rosso) a 3 eV (blu). Dal momento che negli isolanti ∆ è superiore a 3 eV,
tutte le radiazioni luminose attraversano liberamente il cristallo. Al contrario, il luccichio metallico dell’oro o del rame è dovuto alla facilità con la quale
gli elettroni della banda di conduzione possono assorbire o emettere fotoni
della luce visibile. Ciò impedisce a quest’ultima di penetrare nel materiale,
di modo che la luce risulta completamente riflessa.
Un metallo ed un isolante sono tutti e due degli oggetti quantistici macroscopici, ma in essi sono aspetti complementari di meccanica quantistica che
si manifestano. Nei metalli, è il carattere ondulatorio e delocalizzato degli
elettroni della banda di conduzione che domina; si comportano come un gas
di elettroni liberi. Ma si tratta di un gas quantistico dove il principio di Pauli
e la nozione di livello di Fermi svolgono un ruolo essenziale. Ad esempio, l’energia degli elettroni è un centinaio di volte più elevata di quella di particelle
a temperatura ordinaria che obbediscono alle leggi della meccanica classica.
Negli isolanti, le proprietà sono governate dall’esistenza della banda vietata
che rende difficile l’eccitazione degli elettroni. Questo intervallo nello spettro
è una manifestazione macroscopica della quantizzazione dei livelli di energia,
distinti come negli oggetti microscopici, con intervalli di alcuni elettronvolt.
La rigidità della nuvola di elettroni di un isolante è analoga, come si è visto, a
quella degli elettroni di un atomo di gas raro; la nuvola, solidificata, reagisce
poco agli sforzi esterni, elettrici o luminosi da un lato e chimici dall’altro.
9
Elettronica
Tutta la fisica contemporanea dei materiali, le cui applicazioni hanno invaso
la nostra vita quotidiana, si basano sulla fisica quantistica. In particolare, la
possibilità di controllare il comportamento degli elettroni nei solidi, descritti
in prima approssimazione dalla teoria delle bande che abbiamo appena descritto, ha permesso di sviluppare le tecnologie dell’elettronica. I materiali
di base di questa sono (accanto a metalli conduttori ed a ossidi isolanti) i
semiconduttori come il silicio.
Si tratta di isolanti la cui larghezza ∆ della banda vietata è abbastanza
piccola (∆ = 1.12 eV per il silicio) e nei quali è stato incorporato in modo
controllato un “drogante”, cioè, con migrazione calda, una debole percentuale
di impurezze attive. La presenza, ad esempio, di tracce di fosforo, donatore di
elettroni, nel silicio, modifica radicalmente le proprietà di quest’ultimo; essa
permette infatti di iniettare in fondo alla banda di conduzione del silicio,
che sarebbe altrimenti praticamente vuota allo stato puro, degli elettroni
suscettibili di essere messi in movimento da un debole campo elettrico. Tale
materiale è chiamato semiconduttore di tipo n (poichè gli elettroni mobili
16
hanno una carica negativa). Nei semiconduttori di tipo p, come il silicio
drogato con un po’ di alluminio, accettore di elettroni, il vertice della banda
di valenza , normalmente piena per il silicio puro, è al contrario mancante di
elettroni; gli stati quantici diventati liberi in questa banda permettono agli
elettroni restanti di diventare mobili.
I componenti elettronici sono assemblaggi di materiali diversi, in particolare di semiconduttori dei due tipi p e n, sistemati in modo da poter svolgere
determinate funzioni. Ad esempio, un diodo, costituito da una giunzione
di due semiconduttori di tipo p e n, lascia passare di preferenza la corrente
da p verso n. Un diodo elettoluminescente è un dispositivo che permette di
emettere segnali nell’infrarosso o di produrre otticamente informazione: si
tratta ancora di una giunzione dove il passaggio di una corrente da p verso
n comporta una diseccitazione di elettroni di conduzione che arrivano al lato
n e cadono su stati della banda di valenza del lato p; questa diseccitazione
si accompagna all’emissione di un’energia hν sotto forma di fotone di frequenza ν uguale a ∆/h, nell’infrarosso o nel visibile. Un transistor (doppia
giunzione, n-p-n oppure p-n-p) permette sia di amplificare una corrente, sia
di controllare il passaggio di una corrente in un circuito grazie all’applicazione di un debole potenziale. È notevole che Bardeen, Brattain e Schockley
abbiano potuto inventare questo dispositivo nel 1947 dopo avere chiarito la
struttura microscopica quantistica dei semiconduttori.
10
Elettrotecnica
Non soltanto l’elettronica, ma anche la maggioranza delle tecnologie dell’energia sono, in modo nascosto, debitori della fisica quantistica. Abbiamo
segnalato questo punto a proposito dell’energia nucleare, come pure dei combustibili (attraverso la chimica). La fisica quantistica dei solidi interviene in
un grande numero di altre questioni di energetica. La produzione di elettricità a partire dall’irraggiamento solare utilizza fotopile, altri dispositivi
basati sui semiconduttori. Una pila solare è costituita da due lame sottili
di semiconduttori di tipo n e p messe in contatto e collegate da un circuito
esterno. I fotoni provenendo dal sole possono essere assorbiti all’interfaccia
stimolando elettroni dalla banda di valenza del lato p verso la banda di conduzione del lato n. Grazie alle proprietà della giunzione, ciò invia nel circuito
una corrente diretta dalla lama p verso la lama n. Questo processo è l’inverso
di quello che è attuato nei diodi elettoluminescenti.
La produzione d’elettricità a partire dall’energia meccanica si basa sull’uso di alternatori. Il trasporto dell’elettricità su grandi distanze al prezzo
di perdite d’energia per effetto Joule accettabili (circa il 20%) è possibile
17
soltanto grazie all’impiego di linee ad alta tensione alternata, in modo che i
trasformatori sono indispensabili al trasporto dell’energia. Infine, abbiamo
anche bisogno di motori per produrre energia meccanica a partire dall’elettricità. Il funzionamento degli alternatori, dei trasformatori e dei motori
richiede flussi magnetici elevati, prodotti da avvolgimenti attorno a nuclei
di ferro. È il ferromagnetismo di quest’ultimo che rafforza flusso magnetico.
Tutto lo sviluppo dell’elettrotecnica realizzato nel XIX e XX secolo si sostiene
dunque sull’esistenza del ferromagnetismo. Ma anche l’esistenza di materiali
magnetici, la cui magnetizzazione si interpreta su scala microscopica come
una circolazione di piccole correnti in circuiti chiusi, è una nuova manifestazione macroscopica notevole della meccanica quantistica. Infatti, secondo
il teorema di Bohr e Van Leeuwen, nessuna proprietà magnetica potrebbe
esistere se i costituenti elementari della materia obbedissero alle leggi della
fisica classica, poichè la distribuzione di posizioni e velocità di questi costituenti all’equilibrio termico sarebbe indipendente da ogni campo magnetico
applicato. La meccanica quantistica permette al contrario ai campi magnetici di generare una magnetizzazione. Inoltre, essa impone agli elettroni e ai
nuclei atomici di manifestare una forma particolare di rotazione su essi stessi
e, conseguentemente, un momento magnetico intrinseco suscettibile di orientarsi. Tuttavia, la spiegazione di ferromagnetismo dei metalli come il ferro
non ha nulla di intuitivo. Essa combina il momento magnetico intrinseco
dell’elettrone con altri effetti quantistici, in particolare il principio di Pauli e
teoria delle bande, e deve anche tenere conto delle interazioni tra elettroni.
Abbiamo visto che la fisica quantistica spiega l’esistenza e le proprietà dei
metalli, buoni conduttori nei quali l’energia elettrica si trasporta facilmente.
Essa è anche basilare per spiegare, tramite l’elettrochimica, l’immagazzinamento dell’energia elettrica in pile o accumulatori. Quando una pila è nuova
o un accumulatore è caricato, questo sistema contiene alla scala microscopica
degli ioni che si mantengono in uno stato eccitato metastabile a condizione
che il circuito elettrico che collega i due morsetti sia aperto. La chiusura
di questo circuito, permettendo agli elettroni di circolarvi da un morsetto
all’altro, causa all’interno del generatore una reazione chimica che arriva alla
diseccitazione degli ioni verso uno stato più stabile. L’energia liberata da
questa diseccitazione è portata via dagli elettroni nel circuito, che si osserva
cosı̀ alla nostra scala sotto forma di energia elettrica. L’origine quantistica
del fenomeno è confermata dal valore della forza elettromotrice di un elemento di batteria, il cui ordine di grandezza è il volt: come per molti fenomeni
esaminati precedentemente, la differenza d’energia tra lo stato stabile e lo
stato metastabile è quella di un processo microscopico elementare dell’ordine dell’elettronvolt, il che implica che la variazione del potenziale elettrico
di un elettrone sia dell’ordine del volt quando esso passa da un terminale
18
all’altro (secondo la definizione dell’elettronvolt come unità d’energia). La
stessa argomentazione permette anche di comprendere l’ordine di grandezza
della capacità delle batterie in commercio, notando che per ogni ione l’energia immagazzinata non è diversa dalla differenza tra livelli d’energia stabile
e metastabile.
11
Laser, Superfluidità e Superconduttività
Abbiamo finora esaminato le conseguenze macroscopiche del principio di Pauli per gli elettroni, particelle che si escludono reciprocamente poichè sono fermioni. Avevamo segnalato prima l’esistenza di un altro tipo di particelle, i
bosoni, che, secondo il principio di Pauli, tendono al contrario ad accumularsi
nello stesso stato. I fotoni sono dei bosoni, e la loro tendenza ad aggregarsi
è messa a profitto per costruire i laser. In un fascio laser, tutti fotoni hanno
stessa direzione, stessa frequenza ν e dunque anche stessa energia E = hν: si
trovano in uno stesso stato quantico, caratterizzato dall’onda elettromagnetica che si propaga lungo il fascio. La loro produzione collettiva è facilitata dal
meccanismo d’emissione stimolata, scoperto da Einstein. Quando un elettrone scende da un livello d’energia ad un altro perdendo l’energia E, un fotone
di frequenza ν = E/h è creato. Il carattere bosonico del fotone si traduce
con il fatto paradossale che la sua probabilità di essere emessa in uno stato
quantico dato è tanto più grande quanto più questo stato è occupato da altri fotoni; essa è proporzionale al numero dei fotoni presenti. Quest’effetto
permette cosı̀ di accumulare un numero macroscopico di fotoni nello stesso
stato, e dunque di concentrare una forte energia nel fascio laser.
Anche gli atomi di elio 4 He sono bosoni che si comportano, a causa della
loro grande stabilità, come corpuscoli puntiformi senza struttura interna. Se
si ignorano le loro interazioni mutue, i parametri in gioco sono la temperatura T del fluido, la suo densità (caratterizzata dal numero n di atomi per
unità di volume) e la massa M di ogni atomo (si tratta della massa atomica, 4 g mol−1 per l’elio). Combinando queste dimensioni con le costanti
fondamentali in gioco, la costante di Planck h e la costante di Boltzmann
k = 1.38 × 10−23 J/ K, si può costruire soltanto una quantità senza dimensione, h2 n3/2 /M kT . Questo numero cresce con h, cioè con il carattere
quantistico del fluido. Finchè è piccolo, cioè quando la temperatura supera
alcuni Kelvin, l’elio si comporta come un fluido classico. Tuttavia, si osserva
che a 2.18 K si passa attraverso una nuova fase, l’elio II, un liquido quantistico
avente proprietà singolari che riflettono alla nostra scala la natura bosonica
dei suoi atomi. L’elio II è superfluido, cioè scorre con una viscosità nulla e la
sua conducibilità termica è 1000 volte superiore a quella del rame a tempe19
ratura ordinaria. Si possono cosı̀ mettere in evidenza effetti di interferenza,
come se il fluido si propagasse come un’onda. Questo fenomeni provengono
dal fatto che gli atomi d’elio sono bosoni e hanno la tendenza ad accumularsi
a temperatura bassa negli stati quantici d’energia minima, rappresentati da
onde delocalizzate in tutto il volume offerto dal fluido. La viscosità nulla e la
forte conducibilità traduce alla nostra scala la delocalizzazione degli atomi in
questi stati quantici. Quindi ancora una volta, due aspetti della meccanica
quantistica si combinano, la natura ondulatoria degli atomi d’elio ed il loro
carattere bosonico.
Un fenomeno analogo alla superfluidità dell’elio è la comparsa della superconduttività in diversi materiali al di sotto di una certa temperatura critica,
ad esempio 7.2 K per il piombo e 1.2 K per l’alluminio. In queste condizioni, nei metalli superconduttori l’esistenza della superficie di Fermi rafforza
le interazioni tra elettroni, in modo che questi si legano in coppie. Queste
coppie di elettroni hanno un comportamento simile a quello bosonico (in
quanto gli elettroni che le costituiscono sono fermioni), e quindi si osservano nei superconduttori degli effetti quantistici macroscopici notevoli, simili
a quelli manifestati nell’elio II. La resistività si annulla bruscamente quando
la temperatura scende al di sotto della temperatura critica, in modo che una
corrente lanciata in un circuito chiuso può restarvi intrappolata per ore. Il
campo magnetico non penetra all’interno di un campione superconduttore,
a meno che non superi una certa soglia oltre la quale la superconduttività
scompare. Possono essere prodotti effetti ondulatori, come l’interferenza di
due correnti o la creazione di correnti alternate sotto l’effetto di una tensione
continua. La teoria della superconduttività è difficile: mentre il fenomeno è
stato scoperto sperimentalmente nei metalli da Kamerlingh Onnes nel 1911,
esso è stato spiegato da Bardeen, Cooper e Schrieffer soltanto nel 1957; più
recentemente, Bednortz e Müller hanno trovato che alcuni ossidi diventavano
superconduttori a temperature decisamente più alte che nei metalli, nuovo
fenomeno quantistico macroscopico non ancora completamente delucidato.
12
Carattere estensivo della materia
La meccanica quantistica svolge un ruolo essenziale ma nascosto in una proprietà fisica di cui non siamo cosı̀ tanto coscienti quanto vi siamo abituati: la
materia è a livello macroscopico continua ed omogenea all’equilibrio termodinamico e, nonostante l’esistenza di forze attrattive tra i suoi costituenti,
essa non collassa su se stessa. Consideriamo ad esempio un semplice atomo d’idrogeno. In meccanica classica, la sua energia non sarebbe limitata
inferiormente poichè l’elettrone potrebbe avvicinarsi indefinitamente al pro20
tone. Ciò impedirebbe lo stabilirsi di un equilibrio termico per l’atomo. La
meccanica quantistica impone una certa distribuzione ondulatoria formata
dall’elettrone, cosa che implica che l’energia sia sempre superiore o uguale a
−13.6 eV.
Inoltre, la materia alla nostra scala è estensiva: in condizioni stabilite
di temperatura e di pressione, il volume, l’energia interna e l’entropia di un
campione di materia di 2 kg sono due volte più grandi di quelli di un campione di 1 kg e non dipendono dalla forma del campione. È un problema
teorico importante quello di dimostrare questa proprietà sulla base della nostra conoscenza della costituzione microscopica del materiale, un insieme di
elettroni e di nuclei atomici in interazione colombiana. La risoluzione di questo problema è difficile, come suggerisce anche il fatto che un materiale non
neutro elettricamente non è affatto estensivo. Inoltre l’esistenza delle forze di
gravitazione impediscono alla materia stellare di essere estensiva: il volume
di stelle dello stesso tipo non è proporzionale alla loro massa. La spiegazione del carattere estensivo della materia utilizza due aspetti della meccanica
quantistica. L’estensione della nuvola elettronica garantisce, sia in un atomo,
in una molecola o in uno ione, che il materiale non possa contrarsi oltre un
certo limite e che la sua energia sia superiore ad un certo valore minimo.
Ma resta da comprendere, almeno per un materiale elettricamente neutro,
perchè questo valore è proporzionale al numero dei costituenti elementari
quando il campione è macroscopico. Infatti, questa proprietà non sarebbe
vera se questi costituenti elementari, i nuclei atomici ed elettroni, fossero
bosoni. Fortunatamente, almeno gli elettroni sono fermioni. (I nuclei sono
bosoni o fermioni a seconda che il numero dei protoni e neutroni costituenti
sia pari o dispari.) Pertanto, essi hanno tendenza ad evitarsi, la proprietà
determinante che permette al materiale di essere estensivo. In ultima analisi,
la materia è estensiva soltanto grazie al principio di Pauli per gli elettroni.
13
Geofisica e Astrofisica
La meccanica quantistica, base della microfisica e onnipresente anche alla
nostra scala sebbene in modo spesso nascosta, si manifesta anche alle scale
(decisamente più grandi) geofisica e astrofisica.
Una domanda interessante in ambito geofisico è la seguente: perchè le
montagne hanno al massimo (sulla terra) un’altezza dell’ordine di una decina
di km e non, per esempio, 50 volte di più? Questo valore è una conseguenza
della natura dello stato solido della roccia – granito, quarzo, silicio – di cui
sono fatte le montagne (quindi, del numero atomico medio A ≈ 60 e della
massa del protone mp ), è connesso con l’accelerazione di gravità g e anche
21
all’energia di liquefazione (cioè il calore latente di fusione) per atomo della
roccia Eliq .
La fisica è la seguente: se la montagna è troppo alta, la forza dovuta
al peso della montagna è sufficiente a rompere la direzionalità dei legami
tra gli atomi nella roccia alla base, cioè essa si liquefa e fluisce a lato della
montagna mentre questa sprofonda. L’energia necessaria per la liquefazione
viene fornita dalla perdita di energia potenziale della montagna quando essa
sprofonda nel terreno.
Se H è l’altezza della montagna e δM = Amp δN è la massa persa dalla
montagna quando sprofonda (δN è il numero di protoni che partecipano in
questo processo), l’energia potenziale persa δM Hg deve almeno uguagliare
l’energia necessaria per liquefare la stessa quantità di massa, Eliq δN . Se
diventa inferiore, la montagna cessa di sprofondare e raggiunge l’altezza di
equilibrio.
Eliq è a sua volta una quantità molto minore dell’energia di ionizzazione
EI (≈ 0.2×13.6 eV) degli atomi della roccia in quanto nel liquido fuso, essendo esso uno stato ancora abbastanza ben strutturato, non si rompono il legami atomici, ma solo le loro direzionalità. Si stima Eliq ≈ 5 × 10−2 EI . Anche
in questo caso è la meccanica quantistica che determina il valore dell’energia
di ionizzazione, e quindi di Eliq .
Eguagliando ora le due energie, Amp δN Hg = Eliq δN ≈ 5 × 10−2 EI δN ,
e risolvendo per H si trova proprio un valore minore di 25 km, che come
ordine di grandezza si accorda bene con il valore osservato, considerando il
modello molto semplice utilizzato. In realtà il limite è minore in quanto la
roccia è calda e quindi occorre meno energia per liquefarla. Sugli altri pianeti
l’altezza critica è differente in quanto l’accelerazione di gravità è differente,
ed inoltre i pianeti possono essere composti di un materiale differente.
Passiamo ora ad una scala decisamente più grande. Le quattro interazioni fondamentali, gravitazionale, elettromagnetica, nucleare forte e nucleare
debole, sono all’opera in una stella, oggetto fuori d’equilibrio termico, non
foss’altro che per il fatto che essa irraggia perdendo dell’energia. Il sole e le
stelle dello stesso tipo restano tuttavia in un regime quasi stazionario durante
molti miliardi di anni, sotto l’effetto di due fenomeni antagonisti.
Infatti esse sono degli enormi ammassi di gas, principalmente idrogeno,
che sono fortemente compressi dal loro stesso peso. La loro auto-gravitazione
tende a farli contrarre e quindi a portarli ad alta temperatura, il che è l’origine del loro irraggiamento. Quindi il sole (e le altre stelle) brilla perchè è
incandescente, ed esso è incandescente a causa della sua auto-gravitazione.
Quando un corpo caldo irraggia perde energia e si raffredda. La cosa
singolare delle stelle è che esse si contraggono quando perdono energia ma
la loro temperatura cresce! Questo si può capire considerando il fatto che
22
quando una stella perde energia e si contrae, per mantenersi in equilibrio
deve aumentare la sua forza centrifuga, quindi i costituenti devono ruotare
più rapidamente. Poichè la temperatura riflette il moto (l’energia cinetica)
dei costituenti del gas stellare, la temperatura cresce; se la temperatura cresce
il tasso di perdita dell’energia cresce ancor di più, innescando una retroazione
positiva nel processo.
In questo caso il sole avrebbe una vita relativamente breve (si stima circa
10 milioni di anni, quindi i dinosauri non avrebbero mai potuto esistere visto
che si pensa che essi siano vissuti 200 milioni di anni fa). Contrariamente alla
stima riportata, si pensa che il sole si sia formato circa 4.5 miliardi di anni
fa e si stima che esso potrà continuare a brillare per un tempo altrettanto
lungo. Il meccanismo che permette che ciò avvenga è il seguente.
Se un gas soggetto alla sua gravitazione perde energia, la sua temperatura
aumenta; se guadagna energia, la sua temperatura diminuisce. Esso possiede
un calore specifico negativo. Questo è meraviglioso: una combustione può
stabilizzare la temperatura del gas, in quanto un eccesso di combustione (un
aumento di energia) raffredda il gas, mentre una insufficiente combustione riscalda il gas. L’energia di combustione viene quindi dissipata a temperatura
costante ed il sistema risulta auto-regolato. La materia resiste tutto sommato allo schiacciamento auto-gravitazionale grazie all’esistenza nel cuore
della stella di una caldaia nucleare, che si mantiene dentro una temperatura e quindi una pressione elevate. Quando la temperatura è troppo elevata
la combustione aumenta producendo energia e quindi il gas si raffredda, e
viceversa. La meccanica quantistica interviene per regolare le reazioni nucleari di fusione dell’idrogeno nel cuore della stella, cosa che permette alla
stella di irraggiare in modo stabile per un lunghissimo periodo. Ed è ancora
la fisica quantistica che determina la forma dell’irraggiamento; è del resto
la ricerca della spiegazione di questa forma che, come abbiamo accennato
nell’introduzione, è all’origine della scoperta della meccanica quantistica.
Quando la stella invecchia, il combustibile nucleare (i nuclei che si trasformano in nuclei d’elio ed eventualmente quest’ultimi che si fondono se la
temperatura è sufficientemente elevata) si esaurisce. La pressione dovuta all’agitazione termica della materia della stella (elettroni, protoni ed i nuclei
come quelli da elio, di carbonio e d’ossigeno formati nella fusione) non basta
allora più a controbilanciare le forze di gravità esercitate dagli strati esterni
della stella; questa collassa su essa stessa. Le stelle aventi masse paragonabili
a quella del sole diventano allora nane bianche, oggetti stellari molto densi
poichè la loro dimensione è quella della terra. Le nane bianche sono oggetti
quantistici macroscopici. Infatti, ciò che impedisce loro di contrarsi indefinitamente, è (ancora!) il principio di Pauli per gli elettroni, che, con i protoni
restanti ed i nuclei leggeri formati, costituiscono la materia di questo tipo di
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stelle. Il fatto che gli elettroni si escludano reciprocamente nello spazio genera una pressione quantistica sufficientemente forte per equilibrare la gravità;
il contributo di agitazione termica alla pressione è trascurabile.
L’effetto della gravitazione è ancora molto più rilevante nelle stelle aventi
masse superiori a dieci volte quella del sole. Quando il combustibile nucleare
è esaurito, la pressione dovuta all’alta temperatura e la pressione quantistica
dovuta al carattere fermionico degli elettroni non bastano più ad impedire
l’implosione generata dalla gravità. Mentre gli strati esterni, considerevolmente surriscaldati da questa liberazione dell’energia gravitazionale, sono
violentemente espulsi, fenomeno che si osserva in una gigantesca esplosione
chiamata supernova, la parte interna è brutalmente compressa al punto da
raggiungere una densità comparabile a quella del nucleo atomico: una massa
comparabile a quella del sole si concentra in una sfera di 10 chilometri di
raggio. Gli elettroni e protoni si fondono allora per formare neutroni, in modo che questi oggetti diventano stelle di neutroni. È nuovamente il principio
di Pauli che limita la contrazione gravitazionale in queste stelle, ma questa
volta, i fermioni che producono la pressione quantistica sono neutroni.
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