Cieli Dolomitici n°13

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Giornalino dell’
Associazione Astrofili Agordini “Cieli Dolomitici”
2010
Una foto incredibilmente fortunata. E’ il minimo che si possa dire dell’ immagine di copertina di questo giornalino.
L’intento era quello di riprendere il pianeta Marte (il puntino più luminoso) vicino all’ammasso aperto M 44, più noto
come Presepe o Alveare (il gruppetto di stelle sotto Marte). Negli otto secondi serviti a realizzare l’immagine però, una
brillante meteora si è intrufolata proprio al centro della scena. Davvero incredibile… (foto Claudio Pra)
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SOMMARIO
EDITORIALE pag. 3
TUTTO IN UNA NOTTE di Claudio Pra pag. 4
LA MIA PRIMA MARATONA MESSIER di Vittorio De Nardin pag.7
Due racconti su un incredibile maratona celeste con risvolti...alpinistici
“PERCHE’ LE PERSONE AL POLO SUD NON CADONO?” di Alvise Tomaselli pag. 10
Esperienze divulgative di un astrofilo
ATTIVITA’ DELL’ASSOCIAZIONE pag. 12
Un corso per astrofili e...
DOMANDE DEI LETTORI pag. 12
Perché…?
LO SPAZIO DEL SORRISO di Claudio Pra pag. 13
Per non prendere la nostra passione troppo sul serio
CURIOSITA’ CELESTI pag. 13
Su Giove saresti un “ciccione”
IL SISTEMA SOLARE IN SCALA adattamento di Tomaso Avoscan pag. 14
Il nostro giardino celeste miniaturizzato
INTERVISTA A UN ASTRONAUTA di Claudio Pra pag. 15
Quattro chiacchiere con Umberto Guidoni, il primo italiano a volare nello spazio
SUPERNOVA di Maristella Leandrin pag. 16
C’è qualcosa che all’uomo non è dato sapere ma solo contemplare...
GLI ASTROFILI DI CIELI DOLOMITICI pag. 18
Conosciamo un altro Associato
ATTIVITA’ DELL’ ASSOCIAZIONE
Mercoledì 31 marzo e mercoledì 7 aprile si sono svolte le prime due serate di un corso base per astrofili in
Sala della Biblioteca di S. Tomaso. La terza serata, in programma sotto il cielo di Passo Duran, causa il meteo
sfavorevole non è stata ancora portata a termine al momento della stampa del giornalino. Le iscrizioni raccolte
sono state davvero molte, sicuramente oltre ogni più rosea aspettativa. Il corso, gratuito per gli Associati, era
aperto anche ai non soci che pagavano però una quota di 20,00 euro. Quasi una trentina i partecipanti che
hanno ricevuto, oltre che delle nozioni fondamentali per cominciare ad osservare con consapevolezza, anche
una utilissima guida astronomica e un attestato di partecipazione. Sicuramente una bella e utile esperienza per
“studenti” ma anche “insegnanti”, volta a ingrandire la platea di cultori del cielo.
Mercoledì 21 aprile ad Agordo, serata osservativa dedicata agli studenti (e familiari) delle classi quarta della
scuola elementare di Agordo. Nutrita la partecipazione (quasi un centinaio i presenti). Deus ex machina
dell’evento è stato Vittorio De Nardin, da poco entrato in Associazione ma già attivissimo (è diventato tra
l’altro Segretario di Cieli Dolomitici e divulgatore al Planetario) bravo a proporre e a organizzare
l’appuntamento. La Luna al primo quarto, Saturno, Venere e qualche stella doppia sono stati gli oggetti
mostrati in una serata davvero soddisfacente.
Giovedì 29 aprile a Belluno abbiamo proposto agli “Amici dell’Istituto Bellunese di Ricerche Sociali e
Culturali” una conferenza di Tomaso Avoscan sulle scoperte di Galileo Galilei e la proiezione di Dreams, la
ormai nota suggestiva carrellata di immagini di Claudio Pra, con protagoniste le nostre montagne e le stelle.
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EDITORIALE
E’ notte e il vecchio mare
E’ cieco senza le lampare
Che vanno su e giù
Però nel cielo tante stelle da star male
Una cade e non la vedo più
Bella come te, o Notte non ce n’è
Raffaello e Michelangelo
Un cielo così bello
Non l’hanno visto mai
Sarebbe bello cadere dal cielo
forse anche morire
Se come una stella che cade
morire fosse solo sparire
Finire spento nell’acqua
di questo notturno d’aprile
Pensando che
Vorrei sapere chi è
Che muove il mondo e dov’è
E cosa resta di me
Poi con la notte che finisce
Tutto quanto è più banale
Anche te
Tu che esci dal mio mare
E ti sdrai proprio qui vicino a me
Perché i sogni e le stelle di giorno
Ritornano indietro
Perché di notte è tutto più bello
Sembra tutto più vero
E’ che di giorno i pensieri
son stupidi pezzi di vetro
Vorrei sapere chi è
Che muove il mondo e dov’è
Che cosa resta di me
Vorrei sapere chi è
Che muove il mondo e dov’è
E cosa resta di me, di noi....
Testo della canzone di Lucio Dalla “Vorrei sapere chi è”
“Angoli di cielo”.
inserita nel suo ultimo album
Per contattare il responsabile del giornalino
Claudio Pra:
Sito internet dell’Associazione:
www.cielidolomitici.it
e-mail : [email protected]
e-mail
[email protected]
Telefono: 0437/523186
Indirizzo: via Saviner Di Calloneghe 22
32020 Rocca Pietore (Bl)
WEBMASTER Andrea Cibien
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Proponiamo uno di seguito all’altro due racconti sulla stessa esperienza. Ci è sembrato giusto non
tagliare qualche passaggio molto simile per entrambi, per non snaturarne il contenuto.
TUTTO IN UNA NOTTE di Claudio Pra
Il deep-sky dei neofiti si chiama Catalogo Messier, questo lo sanno tutti. Alzi la mano chi frequenta il cielo da
almeno un po’ di tempo e non ha cominciato da lì. Alzi poi la mano chi ha completato quella collezione di 110
gemme, osservate e catalogate dal famoso astronomo francese e collaboratori. Secondo me, a molti osservatori
anche esperti manca qualche oggetto, vuoi perché scomodo da osservare oppure tralasciato dopo i primi tempi
passati a cacciare ammassi, nebulose e galassie targate M, per passare oltre, a qualcosa di più difficile e meno
appariscente, ma magari più prestigioso.
Ricordo bene i miei primi tempi e i primi Messier, l’emozione di trovarli con le mie mani e le poche
conoscenze che avevo. Ricordo bene anche la serata in cui portai a termine la missione dopo tre anni di
“caccia”, osservando alcuni oggetti del Sagittario, per ultimo il globulare M 55. Fu un momento formidabile,
un obbiettivo prestigioso raggiunto passando molte ore sotto il cielo. Naturalmente di tanto in tanto osservo
ancora quegli oggetti, specie i più belli. Ne vale sempre la pena. Chiaramente le emozioni sono diverse rispetto
alla prima volta e quel brivido perduto cerco di recuperarlo altrove, su altri oggetti molto meno luminosi e
spettacolari alla vista, che però danno quel senso di scoperta e appagamento che è adrenalina pura per un
osservatore visuale.
Anni fa sentii parlare di una maratona del cielo, la Maratona Messier, che aveva come obbiettivo l’osservazione
in una notte di quanti più oggetti possibile dei 110 catalogati. La maratona si svolge in un ben determinato
periodo dell’anno, a cavallo dell’equinozio di primavera, momento in cui teoricamente tutti gli oggetti risultano
visibili in una notte. Teoricamente, perché alle nostre latitudini è praticamente impossibile riuscire a coglierli
tutti. Naturalmente il momento per affrontare la maratona deve anche tener conto della fase lunare. Sarebbe
dura scovare gli obbiettivi più deboli tra l’ intensa luce del nostro satellite naturale. Il cielo poi deve essere buio
e pulito fino all’orizzonte, in modo da poter cogliere anche gli oggetti molto bassi e il luogo scelto come
osservatorio necessita di un apertura a 360°.
Trovare luogo e condizioni ideali non è semplice quindi e in ogni caso la finestra temporale è molto limitata. Se
il meteo fa le bizze proprio in quel periodo la finestra si chiude e…arrivederci fino all’anno seguente.
Tempo fa la Maratona Messier non mi attirava, forse perché mi sembrava qualcosa simile a una gara che mal si
conciliava con la serenità di stare sotto alle stelle. Con il tempo ho cambiato idea. Certo è una sfida, ma non
diversa da tante altre che si intraprendono quando si osserva. Tutti i 110 Messier sparsi su quattro stagioni da
osservare in una sola notte! Bisognava fare una simile esperienza.
Dove trovare però un luogo adatto quassù in montagna? Bisognava per forza salire su una cima per spianarsi
l’orizzonte. Già, ma verso metà marzo, in cima a una montagna si muore dal freddo se non si può usufruire
almeno di un bivacco e bivacchi in posti adatti e accessibili a fine inverno non ne abbondano. Avevo
individuato un paio di posti: Col di Lana e Nuvolau. Il primo però era pericoloso da raggiungere in quel
periodo e comunque bisognava percorrere un lunghissimo itinerario. Il secondo sarebbe stato l’ideale, ma il
bivacco era chiuso. Così nel 2007 e poi nel 2008 il progetto rimase tale.
Nel 2009 riuscii a convincere il gestore del rifugio Nuvolau a darmi le chiavi per aprire una stanza del rifugio.
Finalmente era fatta! Con me sarebbe salito lassù Vittorio De Nardin, astrofilo alle prime armi ma pieno di
entusiasmo. I giorni che precedettero la data fatidica furono frenetici e faticosi. Infatti la Maratona inizia ben
prima della nottata scelta per osservare, con una precisa pianificazione e preparazione. La settimana prima
della grande sfida, in una serata dal cielo fantastico, decisi di allenarmi “correndo” mezza maratona da casa
(osservai poco meno di una cinquantina di oggetti). Sette giorni dopo il meteo decise che anche il 2009 non
sarebbe stato l’anno della mia prima Maratona Messier: nubi e tempo inclemente per più di una settimana.
Addio sogni di gloria! Ci rimasi davvero male.
Siamo così al 2010. Stesso luogo scelto e stessi protagonisti, io e Vittorio. Stavolta niente illusioni, ma la
consapevolezza che nei pochi giorni in cui si aprirà la finestra osservativa, nubi permettendo, bisognerà essere
pronti, che sia sabato, lunedì o mercoledì (anche se solitamente viene scelto il week end per comodità). Così,
incoraggiati dalle previsioni meteo, decidiamo di tentare nella nottata tra il 13 e il 14 marzo e questa è la storia
della mia prima Maratona Messier…
Venerdì 13 marzo 2010 ore 17.00. Il primo e il secondo lucchetto si sono aperti ma la serratura della porta non
ne vuole sapere. Provo ad aprirla più volte io, ci prova Vittorio, l’amico che con me ha deciso di vivere questa
avventura dai 2575 metri del Nuvolau, magnifico balcone sul cielo sopra Passo Giau, immerso tra le Dolomiti
Bellunesi. Siamo riusciti a convincere il gestore del rifugio, chiuso in inverno, a darci le chiavi per poterci
riparare di tanto in tanto durante la lunga notte dedicata alla Maratona Messier. Impensabile poter stare
all’aperto tutto il tempo quassù, con il vento e il freddo intenso di fine inverno. Ma la porta non si apre e la
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vece il cielo è favoloso un
malefico banale inghippo rischia
di mandare nuovamente all’aria i
nostri piani. Interpellando il
gestore del rifugio al telefonino
non ne caviamo un ragno dal
buco. Ci dice di provare a scaldare
la chiave nel caso la serratura si
fosse ghiacciata ma il risultato,
una volta eseguita l’operazione, è
misero. Ci dice allora di forzare
un po’ la porta nel momento di
girare la chiave ma anche così
rimane inesorabilmente chiusa in
faccia ai due disperati maratoneti.
Cosa fare? Siamo arrivati quassù
salendo fino alla Forcella Nuvolau
con la seggiovia, affrontando poi
l’ultimo pezzo di montagna con ai
L’ascesa al Nuvolau, l’osservatorio scelto per la Maratona Messier
piedi le racchette da neve, caricati di zaini pesantissimi (camminavamo talmente lenti e impediti da sembrare
alpinisti su una vetta Himalayana). Ormai sono le 18.00 e abbiamo a disposizione una buona oretta di luce per
scendere. Poi il crepuscolo avanzerà deciso. Ma guardando il cielo limpidissimo fino all’orizzonte il solo
pensiero di abbandonare mi pesa più della voglia di provarci, pur in condizioni estreme. Vittorio, pur
rammaricato, è deciso a scendere. Io invece sono per restare e comincio a scavare un buco nella neve che possa
servire da riparo. Vittorio cerca di convincermi, lui non ha esperienza in montagna a differenza del sottoscritto
ed è giustamente spaventato dal dover passare sedici ore all’addiaccio a questa quota. Io capisco e lo libero: Tu scendi Vittorio, in un oretta dovresti essere al passo-. Vittorio cerca di convincermi a seguirlo ma ormai la
decisione di restare è presa. Ci tengo troppo. La Maratona è un esperienza che mi manca e che sogno da anni.
Gli rispondo che in tutti i casi, dovesse mettersi male, c’è la possibilità di scendere con la pila frontale. La
discesa non è difficile e arrivati alla forcella basta seguire la pista da sci. Continuiamo a scambiarci pareri e
intanto il Sole tramonta. Alla fine Vittorio, non so come, decide di rimanere (mettendomi nei suoi panni devo
dire che ha avuto coraggio). Così, finita la buca nella neve è ormai ora di preparare strumenti, atlanti e
accessori vari.
Cala il buio e i colori del tramonto a ovest, dove spicca Venere, sono incantevoli. Per fortuna non c’è vento. Ci
fosse, credo che non ci sarebbero possibilità di resistere (mai sentito parlare dell’effetto wind chill?). Tutto è
pronto ma alle 19.00 il chiarore è ancora troppo intenso per cominciare e in ogni caso abbiamo bisogno di
mettere qualcosa sotto i denti. Qualche barretta di cioccolato, un paio di bicchieri di tè tenuto caldo dal thermos
e soprattutto una battuta di Vittorio alzano il morale: -M 45 a occhio nudo, primo oggetto della serata!-. Infatti,
alzando gli occhi, le Pleiadi sono già ben visibili senza strumenti. Sono le 19.13. Gran risata! Sposto lo sguardo
e a mia volta affermo. –M 44 a occhio nudo, secondo oggetto della serata!-. Anche il “Presepe”o “Alveare”,
che dir si voglia, è già osservabile con facilità. Il cielo è davvero incredibile quassù e la trasparenza massima.
La Maratona quasi senza accorgercene, è partita. Incoraggiati dalle condizioni perfette decidiamo di cominciare
a fare sul serio ben prima del previsto. Infatti il Sole ai fatidici meno diciotto gradi arriverà alle 19.55 e sono
solo le 19.30 scarse. I miei strumenti sono tre binocoli: un 20x90, un 10x50 e un 7x50. Vittorio si è portato su
un rifrattore corto da 8 cm. e un binocolo 20x80. Chiaramente, visto il luogo, non potevamo pensare a
strumenti più impegnativi. Alle 19.28 vedo facili nel 20x90 montato sul cavalletto fotografico le nebulose di
Orione M 42 e 43 e alle 19.31 mi sono già sbarazzato di uno degli oggetti iniziali più bassi, il globulare della
Lepre M 79, facilissimo batuffolo brillante nel cielo non ancora buio. Ora però ci sono i due bersagli più temuti
di inizio Maratona: le galassie M 77 e M 74. Ho molte difficoltà a puntare M 77 che ricordo facile ma non
riesco a scorgere. Per forza! Dopo una decina di minuti mi accorgo che la Balena è almeno una ventina di gradi
più in là. Sono stato ingannato da un asterismo molto somigliante. Puntata la zona giusta M 77 è perfino banale
da scorgere. Ci siamo, il Sole è sceso sotto l’orizzonte di diciotto gradi e posso provare M 74, uno spauracchio.
Quest’anno la non banale galassia dei Pesci è ancora discretamente alta sull’orizzonte e spero proprio di poterla
scovare. La vedo, ma non è certamente molto facile estrarla dal fondo cielo. E vai!
Vittorio, astrofilo da non molto tempo, sa di non poter aspirare a una Maratona fatta al massimo, come un
maratoneta che giunge alle olimpiadi non fisicamente al massimo e a corto di esperienza. Ma ha molto
entusiasmo e passione e questo per lui sarà un appuntamento per farsi le ossa. Proprio l’esperienza, acquisita in
anni di osservazioni, è quella che chiaramente ci vuole per il puntamento veloce e per riuscire a “vedere”
oggetti difficili. Così lui “becca” M 77 dopo parecchi minuti e ciò gli costa la perdita di M 74, ormai troppo
bassa quando viene puntata. Da parte mia dopo M 74 vado sul velluto con la magnifica Grande Galassia di
Andromeda e i suoi due satelliti e poi con la galassia del Triangolo M 33. Poi i due ammassi aperti di Cassiopea
e la nebulosa planetaria M 76, la Piccola Dumbell, nel Perseo. Il binocolone 20x90 si conferma un grande
strumento. Tre gradi di cam-
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po sono comodissimi per il puntamento e anche oggetti di piccole dimensioni, come quest’ultimo, a soli venti
ingrandimenti mostrano comunque il dischetto senza fatica. E il freddo? Al momento lo sentiamo
relativamente, tutti presi dal gran lavoro di puntamento e osservazione. Vado avanti velocemente fino alle
21.14 quando punto M 67,ventottesimo oggetto della serata, undici dei quali osservati con il piccolo 10x50 che
in seguito non userò più. Di tanto in tanto mi devo alzare per sgranchirmi e per riattivare la circolazione nei
piedi, camminando intorno al rifugio, operazione che mi permette anche di scaldarli. Le mani, coperte da
guantoni, sono invece in perfetta efficienza. La posizione tenuta è scomodissima visto che devo osservare
costantemente inginocchiato. Il freddo è intenso ma continua a esserci calma di vento per fortuna. Posati nella
neve, vicino allo strumento, ho un atlante che arriva alla settima magnitudine e i due volumi de l’Uranometria,
con cui posso arrivare alla mag. 10,5. Nella lista dei Messier ho indicato la pagina dell’atlante in cui è
contenuto l’oggetto, cerchiato a matita. Questo mi aiuta a non perdere tempo. Per gli oggetti più facili mi basta
l’atlante più semplice, mentre per i più ostici faccio ricorso a entrambi.
Dopo la pausa riprendo con le cinque galassie del Leone e poi con gli oggetti dell’Orsa Maggiore (escluso M
101 che osserverò un po’ dopo). Magnifica la galassia M 108 e la Nebulosa Gufo nello stesso campo, facili e
Alba sul Nuvolau. La lunga Maratona è finita
così differenti: sottile lama di luce la prima, bella bolla la seconda. La serata è fortunatamente molto secca,
scongiurando problemi di appannamento per gli strumenti. Sarebbe la fine della Maratona visto che non
potremmo fare niente per asciugarli, ed era una delle cose che più mi preoccupavano. Vado avanti che è una
meraviglia, osservando tutto quel che finora avevo in lista abbastanza facilmente se non proprio facilmente.
Vittorio chiaramente è più in difficoltà anche per il cavalletto che gli da qualche problema di stabilità, ma con
pazienza e volontà va avanti per la sua strada. Di tanto in tanto ci scambiamo qualche parere. A volte uno dei
due sparisce per la classica passeggiata anti freddo e per bere tè o mangiare qualcosa. Alle 22.40 comincio
l’ammasso Coma-Virgo, quell’intrico incredibile di galassie. La prima che osservo è M 98, una delle più
deboli, alle 23.26, M 49. Una mezz’ora dopo punto M 83, galassia dell’Idra che trovo dopo qualche difficoltà.
Un minuto prima della mezzanotte ecco lo splendido globulare del Serpente M 5, settantesimo oggetto
osservato, seguito da altri due globulari, quelli dell’Ercole, re M 13, e M 92, una sua copia in miniatura. Poi la
arcinota planetaria M 57, alias Ring Nebula. Ora devo fermarmi per…mancanza di oggetti. Infatti non c’è nulla
a tiro sopra l’orizzonte. Riprendo a mezzanotte e mezza con M 56 e poi con i primi globulari dell’Ofiuco e i
due ammassi aperti del Cigno. L’ottima trasparenza mi permette di anticipare parecchi oggetti molto bassi,
riesco a distinguere. Tra questi M 27, la grandiosa Dumbell nebula, alta appena sei gradi scarsi, M 71, alto
cinque gradi e il facile globulare dello Scorpione M 4, accanto alla supergigante Antares, alto quattro gradi.
Alle 2.17, dopo aver visto M 19, altra pausa forzata per mancanza obbiettivi a portata. Così punto la cometa
2009/K5 Mc Naught che avevo segnato sull’atlante come obbiettivo extra. Ora però il freddo si fa sentire e il
vento da un po’ di tempo ha preso vigore. Per fortuna osserviamo dal lato del rifugio meno battuto, ma come si
svolta l’angolo la situazione è critica. Non abbiamo però intenzione di mollare, anche se i piedi a momenti non
li sento più, specialmente uno. Sbatto gli scarponi contro il muro, passeggio, salto. Tutto fa brodo per scaldarli.
Arriva l’estate…! No, non mi sono bevuto il cervello, laggiù basse ecco le nubi della Via Lattea con incastonati
gli ammassi aperti M11 e M 26, la Nebulosa Laguna, la Omega, tanti altri ammassi e la nube stellare M 24.
Vittorio scambia le condensazioni della nostra galassia per nubi…terrestri. Lo tranquillizzo.
Si va verso lo sprint finale! Alle 4.27 osservo l’ammasso aperto M 6, il centesimo oggetto della Maratona!
Obbiettivo minimo raggiunto. Non lontano M 7. Poi si fa dura… Il globulare M 69 alle 4.46 alto meno di
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gradi, ancora più basso un altro globulare, M 70 alle 4.50 e poi ancora un altro, M 54, più o meno nelle
medesime condizioni, tre obbiettivi davvero ostici. Anche una montagna, il “Caregon del Signor” il massiccio
Pelmo, 3168 metri, ci si è messo di mezzo rendendo difficili le cose, non bastassero le condizioni critiche di
altezza degli oggetti, nascondendoli fino quasi all’ultimo dietro la sua mole. Infatti è cominciato il crepuscolo
astronomico. Mi metto a caccia, con poche speranze, di un altro ammasso globulare, M 75, ma riesco invece a
individuarlo alle 5.05, visibile come una tenuissima nebulosità appena accennata in un cielo non più buio. Mi
accorgo ora che M 2, un luminoso globulare dell’Acquario è teoricamente alla portata e cerco riferimenti per
puntarlo. Ma giù in basso il chiarore è intenso e le stelle non si vedono. Muovo il binocolo partendo da un astro
di Pegaso più in alto, ma appena sotto mi perdo nel chiarore. Mi muovo allora a casaccio ma niente. Mi
arrendo. Anche M 72, M 73, M 55 e M 30 non sono alla portata vista la loro altezza ancora più scarsa.
Centocinque oggetti è il mio bottino finale. Vittorio chiude con una settantina di prede in carniere. Sono le
5.20.
Sapendo che la seggiovia si metterà in moto alle 9.00 e che il rifugio giù alla forcella aprirà non molto tempo
prima, decidiamo di fermarci quassù ancora per qualche ora. Ne vale la pena perché prima vediamo sorgere una
falcetta di Luna sottile che sfiora cime lontane e tempo dopo ecco il Sole, che ci riscalda appena. Siamo
immersi nel gelo da 14 ore. Naturalmente la soddisfazione è tanta , sia per l’esito della nottata che per aver
saputo resistere quassù in condizioni quasi impossibili. Il buco nella neve non è servito, ci è bastato muoverci
di tanto in tanto per sconfiggere il gelo. La Maratona è incredibile. Si, va bene la sfida, ma anche molto altro. Il
Sole che tramonta e poi sorge, le stagioni che ti passano sopra la testa in poche ore, la paura che arrivino anche
solo poche nubi a rovinarti tutto, tanti oggetti meravigliosi sotto gli occhi. Grande esperienza! Intanto il vento è
cresciuto ancora e ci scarica rabbiosamente addosso della neve. La tregua che ha voluto concederci è finita ma
ormai è fatta! Alle 8.00 abbondanti comincia la discesa. Con i pesantissimi zaini, intirizziti, indolenziti e
stanchi arriviamo alla forcella dove constatiamo con piacere che il rifugio è aperto. Un caffè è un toccasana
dopo tanto tè. Ho le ginocchia a pezzi e cammino come un ottantenne. Alle 9.00 la seggiovia si avvia e noi con
lei. Dieci minuti e siamo alla macchina. Guardiamo lassù il rifugio, in cima alla montagna, rendendoci conto di
aver vissuto un esperienza incredibile. Come Dorando Pietri, maratoneta alle olimpiadi di Londra del 1908,
LA MIA PRIMA MARATONA MESSIER di Vittorio De Nardin
La prima volta che ho sentito parlare della Maratona Messier è stato due anni fa, alla cena della
nostra Associazione. Quando sentii pronunciare dal mio amico Claudio le parole " Maratona Messier
", pur non sapendo di che cosa si trattasse, mi si accese qualcosa dentro, che mi spinse ad
approfondire l'argomento. A dire la verità avevo già una mezza idea di cosa potesse essere, ma
chiedendo spiegazioni in merito mi feci un quadro ben preciso della cosa: un'impresa intrisa di
fascino e magia che volevo vivere in prima persona. Misi sotto pressione il mio amico
tempestandolo con mille domande; lui era un po' di anni che stava cercando di aggiungere al suo
palmares questa esperienza.
Così nel marzo del 2009 decidemmo di viverla insieme e dopo aver pianificato tutto nei minimi
dettagli, vedemmo fallire miseramente il progetto causa…le nubi. Mestamente dovemmo dire addio
alla Maratona. La speranza fu quella di poterci provare l’anno successivo.
Dodici mesi dopo eccoci di nuovo in “pista”, consultando giornalmente le previsioni del tempo per
trovare la serata giusta nella “finestra”senza disturbo lunare. l'evoluzione sembra promettere bene.
Fissiamo il primo tentativo per venerdì 12 marzo; quel giorno, alla mattina, il cielo è nuvoloso ma le
previsioni indicano schiarite al pomeriggio. Decidiamo di buttarci! Un pranzo veloce nella mensa
aziendale e subito dopo a casa per gli ultimi preparativi: alcuni panini imbottiti trovano posto
nell'ultimo spazio libero esistente in uno dei due zaini. Per il resto è tutto ok: porterò con me un
treppiede fotografico sul quale alternerò un binocolone 20 x 80 e un rifrattore da 80 mm.
Complessivamente avrò sulle spalle 20 chilogrammi di peso : ce la farò ad arrivare fino alla cima del
Nuvolau?
Sono le 14,30 quando esco di casa e in cielo c'è ancora qualche nuvola. Raggiungo Claudio ad
Alleghe dove trasferisco tutto il materiale nella sua macchina e poco dopo le 15 partiamo alla volta
del Rifugio Fedare, nei pressi del Passo Giau. Minuto dopo minuto la situazione metereologica si fa
sempre più rassicurante: ormai la percentuale di azzurro è nettamente predominante. Siamo arrivati :
scendiamo dall'auto e non senza qualche difficoltà ci carichiamo gli zaini in spalla salendo sulla
seggiovia che ci porterà a forcella Nuvolau. In poco più di cinque minuti siamo su. Gettiamo lo
sguardo verso il Nuvolau: la salita non è impegnativa ma con tutti quei chili da portarci dietro non è
neanche uno scherzo! Inforchiamo le racchette da neve e procediamo lungo il pendio che ci porterà
verso questa fantastica avventura. E qui iniziano per me le prime difficoltà: dopo neanche un minuto
di ascensione il mio cuore batte all'impazzata. Non sono un grande sportivo, anzi, non lo sono per
nulla! Claudio mi chiede se va tutto bene e con un filo di voce gli sussurro di sì. Procedo lentamente
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domina la sommità del Nuvolau; il cielo ora è completamente sgombro dalle nubi! Siamo veramente
entusiasti, questa notte si preannuncia come la "notte perfetta".
Posiamo gli zaini con qualche impaccio e togliamo le racchette da neve. Ora va molto meglio, mi
sembra di essere rinato...Ci guardiamo attorno, in qualsiasi direzione si posi lo sguardo, non si può
non rimanere rapiti dalla visione della moltitudine di cime innevate che dominano il paesaggio.
Fantastico! Adesso è ora di prepararci per la lunga notte, dobbiamo sistemare un po' di roba al riparo
all'interno del rifugio. Claudio prende le chiavi e incomincia ad armeggiare attorno alla porta: due
lucchetti si aprono senza difficoltà poi, quando è ora di aprire la serratura principale, abbiamo
un'amara sorpresa: La chiave non gira… Proviamo in tutti i modi ma non c'è nulla da fare: la porta
resta desolatamente chiusa. Dentro di me comincia ad insinuarsi una sottile angoscia: pensare di
dover passare tutta la notte fuori senza nessun riparo, con il rischio di congelare, beh ....lo
confesso , mi vien voglia di gettare la spugna e fare dietro front. Manifesto a Claudio questa mia
intenzione ma lui mi rassicura dicendomi che se le cose dovessero proprio mettersi male possiamo
ritornare giù al passo in qualsiasi momento grazie alla pila frontale. Ora mi sento più sereno, posso
affrontare questa maratona con una certa tranquillità. Se avessi rinunciato avrei commesso il
resta
che
preparare
gli
strumenti:
tiriamo fuori dagli
zaini i treppiede
e i binocoli che
sistemiamo
d a va n t i
alla
f a c ci a t a
del
rifugio
che
guarda ad ovest.
C'è tempo per
mangiare
un
panino, dovremo
stare in piedi
parecchie ore ed
è fondamentale
mantenere
in
peggior sbaglio
della mia vita!
Non ci
Vittorio nel buco scavato nella neve, preparato per ripararsi dal freddo ma non utilizzato Il sole ormai è
tramontato e mi
godo una bella visione di Venere che splende poco sopra l'orizzonte ovest; il cielo è di una
limpidezza da sogno, le nuvolette fantozziane sono un lontano ricordo. Poi le prime stelle cominciano
a fare la loro apparizione: sono pronto per la mia prima Maratona , armato di atlante astronomico ,
elenco degli oggetti Messier in sequenza, pila con luce rossa e una matita per spuntare man mano
quello che andrò a rintracciare nel firmamento. Non verrà utilizzato nessun sistema di puntamento
automatico go-to, tutto quello che riuscirò a vedere sarà grazie alle mie capacità. La prima nota viene
scritta accanto ad M45 alle 19.13: il famosissimo ammasso delle Pleiadi è visibile ad occhio nudo. E
uno! Ora inizia la sfida vera e propria perché ci sono alcune galassie molto basse sull'orizzonte che
richiedono particolare destrezza. Infatti riesco a beccare M77 ma mi sfugge M74...pazienza !
D'altronde si sa, le fasi più delicate sono al tramonto e all'alba , quando il tempo per rintracciare gli
oggetti è molto limitato. Adesso me la prendo con più calma: quasi ad occhi chiusi rintraccio la
grande nebulosa di Orione, gli ammassi dell'Auriga, le galassie di Andromeda e quella del Triangolo.
Questi oggetti li vedo con il rifrattore che ho montato sul treppiede fotografico: scelta non molto
azzeccata visto che il peso dello strumento incide negativamente sul cavalletto che, muovendosi,
non tiene il puntamento. Decido così di riporre nello zaino il mio Sky Watcher 80 ED che viene
sostituito dal binocolone di pari diametro ma più leggero. Quest'ultimo strumento è veramente
efficace offrendo una visione raddrizzata delle immagini, al contrario dei telescopi che le
capovolgono in tutti i modi possibili ; per non parlare poi del fatto che, poter guardare con entrambi
gli occhi, è molto rilassante. Rintraccio Cassiopea, dove mi aspettano M52 e M103. C'è qualcosa che
non quadra:
ho grosse difficoltà nell'individuare i due ammassi aperti...Ma...sto prendendo un
grosso abbaglio! Quella che osservo non è la leggendaria madre di Andromeda, ma semplicemente
un simpatico allineamento tra Castore, Polluce e Marte che, con altre deboli stelline, mi fa prendere
una cantonata colossale!! Forse sarà stata l'aria un po' rarefatta di queste quote o la stan-
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chezza accumulata nelle ore precedenti, fatto sta che decido di mettere una mezza stecca di
cioccolato sotto i denti. A seguire un bel sorso di te' caldo e via di nuovo con la maratona. Ogni tanto
mi soffermo ad osservare l'orizzonte: nelle valli lontane si intravedono delle nebbie che non ci
impensieriscono. Dalla parte opposta c'è la perla delle Dolomiti, Cortina D'Ampezzo, che pare quasi
Las Vegas con tutto quello sfarzo di luci che un pochino mi infastidisce.
La prima parte della notte se n'è andata ed ora mi sposto sull'altro lato del rifugio; scelta obbligata
e… azzeccata perche' inizia a soffiare un venticello tagliente proprio dove ero posizionato qualche
minuto prima. Nonostante il freddo sia discretamente fastidioso, penso di aver fatto una buona scelta
di abbigliamento. Infatti finora non ho patito minimamente il clima di fine inverno. Questo è quello che
indosso: due magliette, un pile ,un maglione di pura lana , una giacca tecnica, due sciarpe (pile e
lana), due berretti, calzamaglia, pantaloni in pile, pantaloni da sci, due paia di calzini tecnici in pura
lana, moon boot, guanti tecnici con dentro degli scaldamani.....alla fine ho sentito solo qualche
brivido verso mattina, quando un po' di sano sfinimento ha incominciato a impossessarsi del mio
corpo.
Ma ritorniamo alla parte centrale di questa memorabile nottata. Le costellazioni della Vergine e
Chioma di Berenice sono ben alte sopra la mia testa, in posizione ottimale per tentare
l’individuazione di quel fenomenale gruppo di galassie che qui trova dimora. Purtroppo però la mia
inesperienza e l'incompatibilità tra me e il treppiede, che fa di tutto tranne che restare fermo dove io
lo punto, mi costringono ad issare bandiera bianca. In questa zona gli oggetti sono molto fitti e
francamente non riesco a riconoscere alcuna galassia. A malincuore mi vedo costretto a cambiare
zona; punto allora M104 che non tarda a deliziare i miei occhi. La mezzanotte è passata da poco.
L'atmosfera è surreale, il silenzio è interrotto ogni tanto dal vento che sibila infrangendosi sul rifugio.
Sorgono alcune costellazioni del cielo estivo: la Lira, il Cigno, l'Aquila. Prosegue la mia caccia a
nebulose e ammassi di varia natura. Le mie ginocchia sono messe a dura prova perché l'altezza del
treppiede non mi permette di stare in posizione eretta, ma non mi lamento. Dopotutto sto facendo
una maratona! Ogni tanto mi sgranchisco le gambe andando sull'altro lato del rifugio, dove c'è il mio
zaino : dentro trovo un prezioso thermos che mi offre l'ultimo sorso di tè, ormai tiepido, ma sempre
ben accetto. Provo a sgranocchiare anche un po' di cioccolata, impresa non facile : infatti è quasi
ghiacciata! Ritorno al binocolone per la carrellata finale che comprende gli oggetti dell'Ofiuco , del
Sagittario e dello Scorpione : in prevalenza si tratta di ammassi globulari ma ci sono anche alcune
nebulose tipo M20 o M8. Consulto il mio fido atlante stellare che mi ha fatto compagnia per tutta la
notte : devo essere veloce ora, perché tra non molto le prime luci dell'alba decreteranno la fine di
questa Maratona Messier.
Sono le 5 e 15: registro l'ultimo oggetto ,che porta la sigla M23. Ora è veramente finita: quel che è
fatto è fatto! Non voglio sapere a quanto ammonta il mio bottino, lo farò più tardi con calma a casa
(saranno 69 gli oggetti individuati). Intanto mi gusto un'alba meravigliosa con i suoi mille colori,
arricchiti da una sottilissima falce di luna che, come un artiglio, emerge lentamente da una cima
dolomitica. Sono stanco ma felice. Mi rendo conto di essere stato il protagonista, assieme al caro
amico Claudio, di un'esperienza veramente incredibile e indimenticabile, ambientata in uno scenario
da favola.
Ora non mi resta che rifare lo zaino, controllare di non aver perso nulla in questa lunga notte e
mettermi le racchette ai piedi per il ritorno alla seggiovia. Un ultimo sguardo al rifugio e poi giù verso
forcella Nuvolau. Arrivederci alla prossima Maratona!
Le due riviste astronomiche che consigliamo caldamente
sono Nuovo Orione e Coelum.
La prima esce ogni ultimo giovedì del mese mentre la
seconda è in edicola i primi giorni del mese.
Entrambe costano 6 euro.
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“PERCHE’ LE PERSONE AL POLO SUD NON CADONO?”
di Alvise Tomaselli
PREMESSA
Divulgare l’astronomia non è semplice. La materia spazia infatti tra un insieme di argomenti più o
meno tecnici, generalmente di difficile interpretazione. Nella gran parte dei casi si tratta di aspetti
tecnico-scientifici che non hanno alcun riscontro nella vita di tutti giorni, talvolta vengono trattati
argomenti che possono sembrare astrusi, teorici e lontani dalla realtà.
In più, l’interlocutore lontano da queste tematiche, nella maggior parte dei casi ignora quasi
completamente le materie scientifiche e vede l’astronomia come qualcosa di “distante”, difficile.
Al massimo esiste un’associazione con “l’astrologia”, quindi la conoscenza si limita alle costellazioni
che fanno riferimento ai segni dello zodiaco.
In qualche caso il cielo è associato ai riti legati alle attività agricole (semina, raccolta dei prodotti,
taglio della legna, travaso e imbottigliamento del vino etc).
In questo marasma di limitate e talvolta “false informazioni”, si colloca la divulgazione
dell’astronomia.
IL DIVULGATORE
L’esperienza del divulgatore varia ovviamente da soggetto a soggetto. Ognuno immagino, ha
esperienze del tutto personali. La mia deriva dall’attività che svolgo presso il planetario di San
Tomaso Agordino e dalle lezioni che tengo già da qualche anno presso scuole dell’Agordino nonché
da qualche serata in occasione di incontri a tema.
Innanzitutto: perchè divulgatore? L’accezione “divulgatore” si può inquadrare come “attività di
comunicazione rivolta al grande pubblico che concorre a diffondere la cultura scientifica
senza specifiche intenzioni formative”. Altri attributi come, insegnante, docente etc fanno
riferimento a qualifiche ben definite ed inquadrate che comportano attività praticate da persone
giuridicamente qualificate e preparate per poterlo fare, in genere, come attività professionale.
Divulgare l’astronomia comporta un buon livello di preparazione generale (pratica e teorica) ma non
necessità la conoscenza approfondita delle innumerevoli materie che la compongono (matematica,
fisica, chimica, meccanica celeste etc).
L’impegno del divulgatore consiste nel trattare gli elementi base dell’astronomia in forma
possibilmente semplificata ad un pubblico che per il 99% dei casi è completamente a digiuno della
materia.
Trattazione semplice quindi, che possa soddisfare la curiosità e i dubbi elementari del pubblico.
A prima vista potrebbe sembrare facile. Spiegare con semplicità concetti astrusi è invece piuttosto
impegnativo perchè esiste sempre il pericolo di annoiare, di non farsi capire e soprattutto di dare
tutto per scontato, quando scontato non lo è.
LA PREPARAZIONE
Il livello di preparazione del divulgatore, secondo il mio modo di vedere, è basato sulle conoscenze
generali in campo astronomico ma non può prescindere dal continuo aggiornamento sulle attività di
ricerca principali come l’astronautica, la conoscenza dei principali fenomeni celesti del periodo etc.
L’aggiornamento dovrebbe essere continuo.
Le fonti più classiche dove poter attingere informazioni sono sicuramente la lettura di riviste
scientifiche specializzate, libri a tema, consultazione di siti web dedicati. La bibliografia esistente nel
campo astronomico è un ginepraio. Testi e pubblicazioni spaziano su un vasta gamma di argomenti,
dai più semplici ai più complessi. Entrare in libreria e vistare il settore solitamente dedicato
all’astronomia rende subito l’idea della confusione che regna sovrana nel campo specifico. I testi
dedicati all’astronomia, in genere, vengono esposti nel settore dedicato all’astrologia, in qualche
caso vicino alle “scienze esoteriche”! Se chiedi al personale dov’è il comparto “astronomia” ti
indirizzano subito verso il settore astrologia!
RAGAZZI O ADULTI?
Uno dei primi parametri che vanno calibrati deve tenere conto delle fasce d’età del pubblico. Con
pubblico giovane (es. scuola elementare) deve prevalere la curiosità con esempi semplici. Non
bisogna dimenticare che a quest’età i bambini non possiedono i concetti di spazio, di distanze e
tempi astronomici. La loro vita è generalmente semplice e si svolge con le esperienze e le necessità
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Il Planetario di S. Tomaso, luogo validissimo per una
efficace e suggestiva divulgazione dell’astronomia
interessante. Gli studenti delle scuole
medie hanno già
qualche nozione
generale, in qualche caso l’argomento è
stato trattato a scuola perché incluso nel
programma scolastico. Per contro, nell’età
“critica” adolescenziale gli studenti
possono presentare una limitata capacità
nel mantenere il livello d’ attenzione e in
qualche situazione basta un elemento
che disturbi per rendere tutto più difficile.
Il pubblico adulto pur non conoscendo
quasi nulla del cielo, generalmente è
molto più predisposto all’ascolto (o
perlomeno se colto da sonnolenza non lo
dà a vedere!).
GLI STRUMENTI
Gli strumenti utilizzati per divulgare l’astronomia sono dipendenti dall’ambiente dove si opera. Se si
tratta di scuola e/o sede esterna è utile portare computer e proiettore per un contributo di immagini o
filmati che oltre ad aiutare la comprensione della materia, la rendono un attimo meno pesante.
Esistono, comunque in commercio dei “kit” dedicati all’astronomia che comprendono sfere che
riproducono i movimenti della Terra, della Luna, del Sole, prismi e materiale elettrico per i concetti
della diffusione luminosa. Alcune di queste strumentazioni da “laboratorio” sono state acquistate
dalla nostra Associazione e vengono utilizzate proprio per lezioni presso le scuole.
Se si opera al planetario la gestione è funzione della dotazione del planetario e dai sui accessori.
IL METODO
Personalmente cerco di dare una serie di informazioni piuttosto semplici alternate a nozioni curiose.
Cerco inoltre, di coinvolgere il pubblico con un rapporto fatto di brevi domande con le quali riesco a
capire il livello di conoscenza dei presenti e tengo nel contempo sveglia l’attenzione. Non bisogna
dimenticare che le lezioni vengono svolte, nella quasi totale generalità dei casi, a luci soffuse (al buio
se al planetario) quindi “l’abbiocco” è una trappola sempre in agguato.
Al planetario la divulgazione è il frutto di una “scaletta” di argomenti che secondo il mio modo di
operare, dovrebbe fare da guida per dare una struttura organica alla serata e nel contempo, evitare
che la sovrapposizioni e frammentazione degli argomenti portino ad un pericoloso allungamento e
appesantimento della serata.
Ho notato che gli argomenti che alzano il livello di attenzione sono, per esempio, la spiegazione delle
costellazioni zodiacali, l’ascendente, meteoriti, le fasi lunari e la influenza della Luna sulle attività di
tutti i giorni....poi i classici argomenti sugli UFO, la probabilità di caduta di asteroidi, le comete e
“dulcis in fundo”, cosa succederà nel dicembre del 2012! (qui Giacobbo, il conduttore del programma
televisivo “Voyager”, ha fatto proseliti!). In certi casi si accendono delle discussioni piuttosto animate,
ma tant’è, come disse un noto politico, “l’importante è che se ne parli”.
LE DOMANDE
Le domande che vengono rivolte al divulgatore durante la conduzione di un incontro, sono un altro
aspetto curioso. Alcune possono essere veramente particolari e talora una risposta adeguata,
succinta ed esaustiva può risultare molto difficile.
Un esempio è il titolo che ho voluto dare al pezzo. Come si può spiegare ad un bambino che la Terra
è sferica e che gli abitanti delle zone australi come l’Australia, l’Africa del Sud non cadono? E’ difficile
concepire che nello spazio non c’è un posto dove cadere. Il concetto di spazio, massa e gravità, in
un bambino (ma anche in molti adulti) non esiste.
Ecco alcune “classiche” domande:
“Come si muovono i pianeti? Perchè si muovono? Perchè le stelle sono fisse? Perchè la Luna
si vede a spicchi? Come si chiama la stella luminosa che si vede sempre la sera nello stesso
posto? E la stella che si vede prima? Qual’è l’ultima stella che scompare al mattino?
(probabilmente si tratta del pianeta Venere). Una sera ho visto una luce verso sud, una specie
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di sfera luminosa, poteva essere un stella? La stella Polare è fredda? È grande? Esistono gli
U.F.O.? Perchè la Luna mostra sempre la stessa faccia? Perchè le stelle non cadono? Perchè
i corpi celesti sono rotondi? Perchè le stelle emettono una luce scintillante? Qual’è la stella
più grande? Cos’è un buco nero? Cosa succede se si cade in buco nero?...”
LA SODDISFAZIONE
Chiedo sempre a chi è presente agli incontri di fare tutte le domande che ritengono senza problemi.
Nel limite delle mie conoscenze, cerco di dare una risposta a tutte.
La soddisfazione più grande che ripaga delle fatiche e dell’impegno sono i sorrisi, gli apprezzamenti
misti a stupore, i ringraziamenti e in particolare, la presenza di quelle persone che fanno domande e
espongono quesiti e curiosità anche ad incontro terminato, largamente “fuori tempo massimo”.
La mia speranza è di poter aggiungere una goccia d’acqua alla grande sete di conoscenza che
dovrebbe albergare dentro ognuno di noi...
DOMANDE DEI LETTORI
Mi potreste spiegare cos'è il minimo di Algol? So che è una stella variabile, ma vorrei sapere qualcosa in
più sul suo minimo, che ho sentito nominare spesso sulle riviste astronomiche.
Grazie.
Nadine De Biasio
Ciao Nadine.
Algol, chiamata in antichità "La stella del diavolo" per le sue inspiegabili variazioni di luminosità (ora invece
spiegate), è una stella variabile del tipo “binaria ad eclisse”. Le stelle variabili sono astri che variano la propria
luminosità. In alcuni casi ciò si può apprezzare addirittura a occhio nudo come nel caso di questa stella. La
frequente netta diminuzione di splendore di Algol è dovuta all’interposizione fra noi osservatori e questo astro
di una stella meno luminosa gravitazionalmente legata ad Algol. Le due compagne orbitano intorno a un centro
comune di gravità compiendo quindi una specie di danza che le porta ad eclissarsi a vicenda (da qui il termine
di binaria ad eclisse). La stella meno luminosa (invisibile per noi osservatori), quando eclissa parzialmente
Algol fa diminuire la luminosità di quest’ultima che passa dalla magnitudine 2,12 alla magnitudine 3,39. Il
momento in cui la caduta di luce raggiunge il suo apice è detto minimo, in questo caso minimo di Algol. Tutto
questo succede ogni 2,87 giorni. Si possono conoscere gli istanti del minimo leggendo le riviste astronomiche.
Basterà quindi osservare la stella quando è al massimo della sua luminosità e fare poi il confronto negli istanti
del minimo. Per fare ciò ci serviremo di stelle vicine di confronto. Per Algol puoi benissimo usare come
riferimento Rho Persei, la stella che le sta di fianco. Quando è al massimo Algol sarà nettamente più brillante,
mentre al minimo sarà quasi identica.
Ci sono poi altri tipi di stelle variabili ma al momento fermiamoci qui, rinviando il discorso ad un futuro
articolo.
Ciao e fammi sapere come è andata con Algol.
Claudio Pra
LA BIBLIOTECA DELL’ASSOCIAZIONE
Tra le opportunità offerte agli Associati c’è quella di poter accedere alla biblioteca dell’Associazione.
La biblioteca è ben fornita (oltre a molti libri e riviste ci sono anche videocassette e DVD) ed è
auspicabile che un buon numero di persone se ne servano. Ricordiamo che per accedere alla biblioteca
bisogna contattare Claudio al 3493278611 per fissare un appuntamento.
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LO SPAZIO... DEL SORRISO di claudio Pra
Gossip:
Ricovero in un centro di disintossicazione dall’alcool per la Luna. Prima di entrare in clinica, il satellite
naturale della Terra, sorseggiando un bicchiere di Merlot, ha assicurato –sono all’ultimo quarto-.
Cronaca:
Ancora accuse di oscurantismo scientifico alla Chiesa. In un allegato dedicato all’osservazione del cielo uscito
su Avvenire, noto quotidiano di ispirazione cattolica, si consiglia tra l’altro come mettere a fuoco il
telescopio…
Televisione:
Durante la nota trasmissione di Rai 2 Voyager, il conduttore Roberto Giacobbo ha ipotizzato che le comete,
definite dagli studiosi anche “palle di neve sporca”, nient altro sarebbero che il frutto della voglia di scherzare
degli alieni, che ci prenderebbero a pallate dalla Nube di Oort.
Alpinismo:
Venuto a sapere della presenza su Marte di una montagna alta 25.000 metri, il Monte Olimpo, Reinhold
Messner ha annunciato di voler provare a scalarla senza bombole di ossigeno.
Astronautica:
Nel corso di una trasmissione dedicata alla conquista della Luna, Neil Armstrong ha negato per l’ennesima
volta l’ipotesi di una messa in scena. -Ricordo ancora benissimo come fosse oggi- ha affermato – il memorabile
momento della discesa dalla scaletta, il piede appoggiato sul suolo lunare e la famosa frase…del regista:
-Buona la prima!-.
Gossip:
Dopo aver sentito Alan Sorrenti cantare Figli delle Stelle, le stelle hanno chiesto la prova del DNA...
CURIOSITA’ CELESTI
Il nostro peso non rimarrebbe uguale se ci trasferissimo sugli altri corpi del sistema solare. Infatti esso
cambierebbe in base alla massa del corpo su cui ci troviamo:
La Massa di un corpo è una misura di "quanta materia" sia contenuta al suo interno. Un oggetto dotato di
massa possiede una caratteristica denominata "inerzia". Se cioè proviamo a muovere un oggetto, come ad
esempio un masso poggiato a terra, ci accorgiamo che è necessario imprimere una "forza" iniziale per muoverlo
ed un'altra "forza" per fermarlo. Dunque la massa di un oggetto è una misura di quanta inerzia esso possiede.
Il peso è invece qualcosa di molto diverso. Nell'universo ogni oggetto dotato di massa attrae ogni altro oggetto
con massa non nulla. La "forza" di attrazione dipende dalle dimensioni delle masse dei due oggetti interagenti e
dalla distanza che li separa. Se ci riferiamo ad oggetti di piccole dimensioni, questa forza di attrazione risulta
quasi insignificante, ma la forza di attrazione esercitata ad esempio dalla Terra rispetto a te ha sicuramente un
valore considerevole e quindi misurabile. Come si fa a misurarlo? Tutto ciò che bisogna fare è salire su una
bilancia! Le bilance infatti misurano la forza di attrazione o "gravità" tra te e la Terra o il corpo su cui hai scelto
di pesarti. Questa forza è appunto chiamata peso.
Sotto alcuni esempi. Se volete provare voi: http://www.na.astro.it/~brescia/virtual/index_frameall.htm
Se sulla Terra pesi 50 kg
sulla Luna 8,3 kg.
su Mercurio 18,9 kg.
su Venere 45,3 kg.
su Marte 18,8 kg.
su Giove 118,2 kg.
su Saturno 45,8 kg.
su Urano 44,4 kg.
su Nettuno 56,2 kg.
su Plutone 3,3 kg.
sul Sole 1353,6 kg.
Se sulla Terra pesi 80 kg
sulla Luna 13,2 kg.
. su Mercurio 30,2 kg.
su Venere 72,5 kg.
su Marte 30,1 kg.
su Giove 189,1 kg.
su Saturno 73,2 kg.
su Urano 71,1 kg.
su Nettuno 90 kg.
su Plutone 5,3 kg.
sul Sole 2165,7 kg.
Se sulla Terra pesi 100 kg
sulla Luna 16,6 kg.
su Mercurio 37,8 kg.
su Venere 90,7 kg.
su Marte 37,7 kg.
su Giove 136,4 kg.
su Saturno 91,6 kg.
su Urano 88,9 kg.
su Nettuno 112,5 kg.
su Plutone 6,7 kg.
sul Sole 2707,2 kg.
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IL SISTEMA SOLARE IN SCALA adattamento di Tomaso Avoscan
Il sole ha un diametro equatoriale di 1.392.000 km. Portiamolo a 139 cm.
Con la stessa scala la Terra sarà una sfera del diametro di 1,27 cm. (una bellissima biglia di vetro azzurro).
Il nostro pianeta poi, dista mediamente dal Sole 150 milioni di km. Con lo stesso criterio di sopra, riduciamoli a
150 metri. Quindi la Terra percorre in un anno un'orbita che si trova a 150 metri di distanza dal Sole.
Attorno alla Terra ruota, alla distanza di 38,4 cm. una sfera del diametro di 3,47 mm. (la testa di un
fiammifero): questa è la Luna.
Ma vediamo tutti i pianeti del Sistema Solare ridotti in scala:
corpo
Sole
Mercurio
Venere
Terra
Marte
Giove
Saturno
Urano
Nettuno
Plutone
diametro
distanza
cm
139
0.49
1.21
1.27
0.68
14.2
12
5.1
4.9
0.27
m
58
108
150
228
778
1427
2870
4496
5946
Il Sole contiene il 99,9%
della materia presente nel
sistema solare
Giove, il pianeta più
grande del sistema solare
Tutta questa materia (con esclusione di Plutone la cui inclinazione dell'orbita rispetto all'eclittica è di 17°) si
trova in un sottile disco con un diametro (in scala) di 12 chilometri.
Sopra e sotto questo disco nulla di rilevabile, ovvero il vuoto.
L'oggetto visibile più vicino a noi, escludendo i pianeti, i satelliti, gli asteroidi, le comete ed altra polvere che
ruota attorno al Sole, è Proxima Centauri, una stellina che si trova a 4,3 anni luce dal Sole.
Nella scala appena esaminata un anno luce equivale a 9.460,5 chilometri, poco meno di nove volte la lunghezza
dell'Italia.
Moltiplicando questo valore per 4,3 troveremo che, su questa scala, Proxima Centauri si trova a 40.680,15
chilometri da noi.
Se osserviamo una cartina geografica che rappresenta tutta la superficie terrestre, il planisfero, scopriremo che
la lunghezza dell'equatore terrestre, la dimensione della carta in orizzontale, equivale a poco meno di questa
distanza.
Dopo i dodici chilometri di sistema solare nulla è quindi rilevabile e rilevante per oltre 40.000 chilometri!!!
Una sfera di vuoto enorme, se paragonata al pur grande e vuoto sistema solare!
Una curiosità: se moltiplicate per un miliardo i valori dei diametri e delle distanze che si trovano nella
descrizione avrete le dimensioni e le distanze reali.
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INTERVISTA A UN ASTRONAUTA di Claudio Pra
Novembre 2009. Arriva ad Agordo per una conferenza Umberto
Guidoni, uno dei cinque italiani che a tutt’oggi possono fregiarsi del
titolo di astronauta. Guidoni ha partecipato a due missioni spaziali,
volando a bordo dello Space Shuttle Columbia (quello poi
disintegratasi con 7 uomini a bordo qualche tempo dopo) nel 1996 e
della navetta spaziale Endeavour nel 2001, attraccando alla Stazione
Spaziale Internazionale e diventando il primo astronauta europeo che
vi è salito a bordo. Naturalmente non ci siamo fatti sfuggire la ghiotta
occasione di fare due chiacchiere con il noto personaggio, complice la
sua grande disponibilità.
L’astronomia è una scienza piuttosto bistrattata in Italia. Cosa ne
pensa?
In realtà è un po’ tutta la scienza e tutta la ricerca che è bistrattata in
Italia. Alla fin fine l’astronomia forse riesce a sopravvivere meglio di
altre materie perché ci sono tantissimi astrofili che danno una mano
sia nel campo della ricerca che nella divulgazione e nella didattica.
Per questo in un certo senso si mantiene quindi in piedi da sola ed è più autonoma rispetto ai finanziamenti.
Però è vero che il problema della ricerca in Italia è un problema serio e grave a cui dovremo dare una priorità
perché rischiamo rimanere fuori rispetto al resto dell’Europa che ha altri obbiettivi e investe molto di più.
Al di là della freddezza del professionista, una volta in orbita cosa si prova a guardare quel pallone
azzurro e bianco lì sotto e si torna cambiati dopo un esperienza simile?
Certamente la vista della Terra è una grande emozione che si rinnova man mano che ci giriamo attorno
completando un orbita in un ora e mezza. E l’emozione è data sia dai tanti colori, dalle tante immagini e dai
tanti luoghi che si possono osservare da una posizione privilegiata, sia dal vedere la fragilità, la singolarità di
quest’oasi affidataci circondata dal vuoto dello spazio. E quindi certo, si torna cambiati perché più coscienti di
quanto questo equilibrio sia delicato e di quanto l’uomo possa contribuire da un lato a mantenerlo e dall’altro
ad alterarlo significativamente. Questa è la scelta che abbiamo di fronte, una scelta su cui dovremo meditare.
Qual è il momento di maggior tensione quando si vola a bordo dello Space Shuttle?
Beh! Il lancio è il momento di maggior tensione. Da un lato si spera che non ci sia nessun problema, anche
banale, che farebbero rinviare il decollo. Dopo mesi, anni di preparazione uno vorrebbe partire. Vorrebbe
partire anche perché, e questo è un altro aspetto più familiare, ogni astronauta può portate a vedere il volo
cinquanta persone che, per quanto mi riguarda, provenivano quasi tutte dall’Italia. Rimandare il decollo anche
solo di una settimana avrebbe significato perdere il lancio. Non ho invece pensato al pericolo anche perché lo si
mette in conto.
La Stazione Spaziale Internazionale è quasi completata. Sarà l’ avamposto per future conquiste umane o
resterà fine a se stessa?
Mi auguro che sia la prima di una serie di infrastrutture che l’uomo costruirà nello spazio. Ma non è scontato
perché i costi sono enormi e ad oggi non c’è una grande spinta per tenere in vita la Stazione Spaziale per molto
tempo. L’Europa deve giocare il suo ruolo visto che è quella che ha più interesse perché il complesso resti in
vita il più a lungo possibile. Che possa essere poi usata per altri scopi non lo so . Però un ruolo principale già ce
l’ha avuto ed è quello di insegnarci quanto sia complicato lavorare e vivere nello spazio. E’ la prima volta che
ci cimentiamo in un opera di questo genere. Abbiamo acquisito un sacco di informazioni sul lavorare nello
spazio in assenza di peso e fare esperimenti di lunga durata. E’ stata una grande palestra che sicuramente
servirà per altre missioni.
Andare nello spazio, oltre che per l’innato bisogno di esplorare dell’uomo, a che cosa è utile? Qualcuno
dice che siano soldi buttati
Io non credo che siano soldi buttati così come non credo che i soldi spesi per la ricerca e per aumentare le
nostre conoscenze siano soldi spesi male. E’ vero che qualcuno oggi pensa che la ricerca serva soprattutto a
produrre risultati immediati, economici, di competitività eccetera. E’ anche vero però che dalla ricerca ne
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l’applicazione, come diceva Einstein, ma se non c’è la conoscenza non c’è neppure l’ applicazione. Quindi il
problema di dirigere nell’immediato la ricerca è un problema mal posto perché ci devono essere entrambe le
cose. Nel senso che se non c’è la ricerca di base, quella cioè che ci da le nuove teorie, le nuove conoscenze, non
c’ è neanche l’applicazione. Per fare un esempio, quando all’inizio del secolo scorso Einstein sviluppò la teoria
della relatività generale credo che nessuno avrebbe scommesso che potesse servire a qualcosa, al di là della
costruzione ideale della teoria. Oggi invece usiamo il navigatore satellitare, che non ci sarebbe senza
l’equazione di Einstein. A distanza di cento anni quindi, le equazioni di Einstein sono assolutamente
indispensabili per una cosa tecnologica applicata . Noi oggi non possiamo sapere cosa servirà fra cento anni.
Certo se non cominciamo a cercare difficilmente lo troveremo.
Lei Guidoni ha volato sullo Shuttle Columbia, quello poi disintegratosi al rientro da una missione
provocando la morte di sette astronauti a bordo. Cosa ha pensato il giorno del disastro e tornerebbe a
volare nello spazio?
Io tornerei a volare ma certo quella tragedia mi ha toccato personalmente. Questo perché ci ho appunto volato
con quella navetta e chiaramente il pensiero che potesse succedere un po’ prima e toccare a me c’è stato. Ma
mi ha anche toccato molto perché le persone coinvolte le conoscevo e alcune erano colleghi di corso. Quindi
non solo dei nomi ma persone in “carne ed ossa”.
SUPERNOVA di Maristella Leandrin
So che anche voi, come me, un giorno particolare e speciale della vostra vita avete alzato gli occhi al cielo… e
nulla è stato più lo stesso. All’inizio vi avranno affascinato le costellazioni, le comete, i buchi neri… come a
me hanno affascinata per prime le supernovae. Così è iniziato il mio viaggio, più di un anno fa, un viaggio dalla
filosofia… all’astronomia. Forse perché – stanca di troppe domande e persino di risposte – ho trovato che
l’Universo stesso avesse una domanda per me alla quale non potevo rispondere: cos’è l’Universo?
Io ho trovato che in questa domanda vi era il segreto del significato della nostra esistenza.
E l’impossibilità certa di dare una risposta a questa domanda mi ha affascinata: c’era solo ciò che si può
ammirare nelle notti serene; nessuna risposta. Questo pensiero stesso fu la mia “supernova”, quella al cospetto
della quale mi trovai dopo un lungo viaggio e la cui luce mi avvolse per sempre.
… Meraviglia! C’era qualcosa che all’uomo non era dato sapere ma solo contemplare.
“Supernova”
Ho viaggiato lungo la scia luminosa della Via Lattea,
dilatandomi con essa nel cielo.
Di stella in stella,
di costellazione in costellazione,
ho vagato in mezzo alle Pleiadi perdendomi in centinaia di luci;
nulla mi apparteneva e tutto era mio.
Arturo splendeva nel cielo boreale,
Sirio illuminava quello australe.
Meteoroidi di varia specie sfrecciavano al mio fianco;
a volte una roccia s’incendiava nell’atmosfera terrestre:
gli uomini meravigliati la fissavano.
Qualcuno esprimeva un desiderio.
Mi chiedevo:
dove sei?
Fatti vedere…
E continuavo ad osservare ogni minimo frammento di luce.
Le costellazioni mi rapirono.
L’aria intorno a me era assente: nulla.
Le comete erano come palle di neve nello spazio,
la loro coda ghermiva il mio viso lasciandomi addosso brezza leggera e polvere.
Le vedevo sparire all’orizzonte,
roccia e ghiaccio.
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E continuavo a chiedermi:
dove sei?
Dov’era Dio?
Si facevano strada in me nuove sensazioni
che nemmeno l’oceano aveva provocato mai:
sperimentavo l’Infinito;
dov’era la fine, dove l’inizio?
Ai confini del Sistema Solare,
poi di nuovo in mezzo ad esso.
Ho visto la cometa di Halley
che gli esseri umani vedono solo ogni settantasei anni;
ho toccato la cometa di Encke
e infine ho seguito l’orbita della cometa Humason,
mettendoci forse migliaia di anni:
quando l’ho incontrata mi sono chiesta quando mai la Terra l’avrebbe vista
… così bella nel suo viaggiare,
così grandiosa nel suo invecchiare nell’universo,
così affascinante nel suo
- forse farsi toccare da Dio quando Gli passava vicino.
Ho percorso il cammino di una stella,
l’ho vista nascere da una nebulosa,
l’ho sfiorata incessantemente con lo sguardo nella sua fase stazionaria;
era meravigliosa, particolarmente bella.
L’ho vista trasformarsi in una supergigante…
Infine…
Un’esplosione.
Luce,
luce in ogni luogo,
luce!
Ho sentito il mio corpo essere sbalzato via
da un’energia prorompente,
un’energia come sopita per lungo tempo,
esplosa,
frantumata in migliaia di schegge proiettate nello spazio
e su di me.
Eccola lì,
dinnanzi a me,
più luminosa di ogni altro momento,
con un’energia mai avuta nel corso di tutta la sua vita:
Supernova;
una supernova aveva squarciato lo spazio.
“Supernova” sussurrai,
le lacrime agli occhi per la meraviglia.
E la luce mi avvolse.
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GLI ASTROFILI DI CIELI DOLOMITICI
Conosciamo un altro Associato: stavolta rivolgiamo alcune domande a Nevio De Col, entrato a far parte della
nostra Associazione da non molto tempo ma molto interessato e già collaboratore attivo in una serata
organizzata da “Cieli Dolomitici”.
1) Cosa ti attrae del cielo stellato?
Mi attrae maggiormente la sua maestosità, il fatto che sia una grande “matrioska”. Infatti, credendo di guardare
una sola stella, si scopre che nelle vicinanze ce ne sono molte altre ... e così all'infinito, almeno credo!
2) Che rapporto hai con la volta celeste?
Fino a un paio di anni fa l'ho sempre guardato con disattenzione e sufficienza, come una cosa statica che sei
stato abituato a vedere così da bambino...Ora lo guardo con un po' più di rispetto e consapevolezza.
3) Cosa ti colpisce di più osservando il cielo?
Mi sconvolge maggiormente il fatto che lo stiamo perdendo a pezzi senza accorgercene...Quando alla sera vado
a San Donato di Lamon, paese natale della madre della mia fidanzata, vedo il cielo e la Via Lattea in un modo
così definito e "pieno" come dal bellunese, dall’Agordino e forse neanche dai passi dolomitici l'ho mai visto.
Sarà che il posto in questione è sperduto, incastonato nel Trentino, ma mi ricorda il cielo che vedevo da
bambino da casa mia, a La Valle Agordina, che purtroppo ora è perso...
4) Potessi fare un viaggio nello spazio che destinazione sceglieresti?
Banalmente andrei sulla Luna, per percepire appieno la bellezza del nostro pianeta da lassù.
5) Ci racconti un episodio legato al cielo che ti è rimasto impresso?
Grazie alla mia passione per la robotica, Ho seguito con molto interesse l'esplorazione dei due rover Spirit ed
Opportunity sul suolo di Marte e ancora prima quella del Mars Pathfinder.
6) Sei soddisfatto dell'attività dell'Associazione e hai eventuali suggerimenti?
Sono molto soddisfatto, sopratutto del recente corso che a causa delle condizioni meteo deve ancora finire.
L’unica cosa che posso suggerire è a livello organizzativo e riguarda le serate di osservazione aperte al
pubblico. Avendo una discreta esperienza in fatto di serate o giornate dimostrative in campi tecnici (elettronica,
robotica ed elettrotecnica) ed in campo fitness, una cosa che risulta essere sempre presente è un tavolino con tre
elementi:
A-Manifesto o stendardo con ben visibile il nome dell'associazione organizzatrice e suo recapito internet.
B-Una specie di guestbook dove un partecipante alla serata può lasciare i propri dati per essere contattato nel
caso di altre manifestazioni.
C-Angolo con documentazione sull'attività dell'associazione e moduli prestampati per l'iscrizione.
PLANETARIO DI S. TOMASO
Le serate si tengono ogni venerdì con inizio alle 20.30. Per
partecipare occorre prenotarsi telefonando al Comune di S.
Tomaso in mattinata allo 0437/598004 oppure passare
direttamente in Municipio. Il costo delle lezioni è fissato per
tutti in 5 euro. Al raggiungimento del tetto massimo di
prenotazioni per una serata, si sarà dirottati alla successiva o
alla prima dove ci sia posto (se d' accordo).
Ho visto cose che voi
umani
nemmeno immaginate...
Per le scolaresche sono due le giornate di apertura
settimanale, il mercoledì e il giovedì con lezioni alle 9.00 e
alle 10.30. La prenotazione va effettuata sempre ai numeri
del Municipio e il pagamento (anticipato) è possibile tramite
bollettino di c/c Il costo va dai 2,50 euro a persona per le
scuole dell' obbligo ai 3,00 euro per le superiori. Il numero
massimo di studenti per lezione non può superare i 25 per le
scuole dell' obbligo e i 20 per le superiori (nel numero
rientrano gli accompagnatori).
Per gli Associati a “Cieli Dolomitici” l’ingresso è gratuito.
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