M E N S I L E D E L L A CA R I TA S I TA L I A N A - O R G A N I S M O PA S T O R A L E D E L L A C E I - A N N O X L - N U M E RO 1 0 - W W W. CA R I TA S I TA L I A N A . I T POSTE ITALIANE S.P.A. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1 COMMA 2 DCB - ROMA dicembre 2007 / gennaio 2008 Italia Caritas SOMALIA, BANGLADESH, TSUNAMI: NON DIMENTICHIAMO GLI SFOLLATI NATALE PER TUTTI POVERTÀ UNA CONDANNA A VITA? STORIE E SVOLTE DI CHI NE È USCITO MUTUI LA CRISI E GLI ITALIANI, SIAMO UN POPOLO DI INDEBITATI? ALGERIA L’AFRICA CHE NON RAGGIUNGE IL MIRAGGIO D’OLTREMARE sommario ANNO XL NUMERO 10 IN COPERTINA Organismo Pastorale della Cei via Aurelia, 796 00165 Roma www.caritasitaliana.it email: [email protected] M E N S I L E D E L L A CA R I TA S I TA L I A N A - O R G A N I S M O PA S T O R A L E D E L L A C E I - A N N O X L - N U M E RO 1 0 - W W W. CA R I TA S I TA L I A N A . I T dicembre 2007 / gennaio 2008 POSTE ITALIANE S.P.A. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1 COMMA 2 DCB - ROMA Bambini somali, rifugiati nei campi spontanei sorti a poche decine di chilometri dalla capitale Mogadiscio, da cui in autunno sono fuggite centinaia di migliaia di persone foto Davide Bernocchi Mensile della Caritas Italiana Italia Caritas Italia Caritas direttore Vittorio Nozza direttore responsabile Ferruccio Ferrante SOMALIA, BANGLADESH, TSUNAMI: NON DIMENTICHIAMO GLI SFOLLATI NATALE PER TUTTI coordinatore di redazione POVERTÀ UNA CONDANNA A VITA? STORIE E SVOLTE DI CHI NE È USCITO MUTUI LA CRISI E GLI ITALIANI, SIAMO UN POPOLO DI INDEBITATI? ALGERIA L’AFRICA CHE NON RAGGIUNGE IL MIRAGGIO D’OLTREMARE editoriale di Vittorio Nozza UN DOPPIO CORAGGIO VINCE LE VITTORIE DEL MALE Paolo Brivio in redazione Danilo Angelelli, Paolo Beccegato, Livio Corazza, Salvatore Ferdinandi, Andrea La Regina, Renato Marinaro, Francesco Marsico, Walter Nanni, Giancarlo Perego, Domenico Rosati editoriale di Vittorio Nozza UN DOPPIO CORAGGIO VINCE LE VITTORIE DEL MALE parola e parole di Giovanni Nicolini LA STELLA CHE PREVIENE I VIAGGIATORI DELLA NOTTE paese caritas di Flavio Ricci LE SBARRE E LA RETE, COSÌ SI BATTE IL PREGIUDIZIO 3 progetto grafico e impaginazione Francesco Camagna ([email protected]) Simona Corvaia ([email protected]) 5 stampa Omnimedia via Lucrezia Romana, 58 - 00043 Ciampino (Rm) Tel. 06 7989111 - Fax 06 798911408 6 sede legale nazionale CONDANNA A VITA? COSÌ SI BATTE LA POVERTÀ di Walter Nanni BUONE NUOVE IN FINANZIARIA, RESTA LA LOGICA DELL’EMERGENZA di Francesco Marsico database di Walter Nanni I MUTUI CHE RIVELANO UN POPOLO DI INDEBITATI di Andrea La Regina dall’altro mondo di Antonio Ricci CREARE CULTURA E RETI PER VINCERE IL LAMENTO di Liberato Canadà contrappunto di Domenico Rosati gli appelli GUERRA IN SOMALIA, CICLONE IN BANGLADESH panoramacaritas MARCIA, SERVIZIO CIVILE, COOPERAZIONE progetti PROMOZIONE DEI DIRITTI UMANI via Aurelia, 796 - 00165 Roma 8 redazione tel. 06 66177226-503 offerte 10 [email protected] tel. 06 66177205-249-287-505 inserimenti e modifiche nominativi richiesta copie arretrate 13 14 [email protected] tel. 06 66177202 spedizione 18 19 in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n.46) art.1 comma 2 DCB - Roma Autorizzazione numero 12478 del 26/11/1968 Tribunale di Roma Chiuso in redazione il 30/11/2007 21 22 22 24 AVVISO AI LETTORI Per ricevere Italia Caritas per un anno occorre versare un contributo alle spese di realizzazione di almeno 15 euro: causale contributo Italia Caritas. internazionale ALGERIA, L’AFRICA CHE NON ARRIVA AL MIRAGGIO D’OLTREMARE 26 servizi di Umberta Fabris, Anna Pozzi e Francesco Spagnolo foto di Hamza Bahri guerre alla finestra di Francesco Meneghetti 32 casa comune di Gianni Borsa 33 L'ONDA E LE GUERRE, UNA VITA DA SFOLLATI 34 di Giovanna Federici e Gianluca Ranzato TSUNAMI: DOPO LA CATASTROFE, PROGETTI IN SETTE PAESI 36 di Maria Chiara Cremona contrappunto di Alberto Bobbio 39 agenda territori villaggio globale 40 44 storie di speranza di Danilo Angelelli LENTI NUOVE VITA NUOVA E UNA CADUTA CHE CAMBIA LA VITA 47 La Caritas Italiana, su autorizzazione della Cei, può trattenere fino al 5% sulle offerte per coprire i costi di organizzazione, funzionamento e sensibilizzazione. Le offerte vanno inoltrate a Caritas Italiana tramite: ● Versamento su c/c postale n. 347013 ● Bonifico una tantum o permanente a: - Intesa Sanpaolo, piazzale Gregorio VII, Roma Cin: D - Abi: 03069 - Cab: 05032 conto corrente 10080707 Iban: IT20 D030 6905 0320 0001 0080 707 Bic: BCITITMM700 - Banca Popolare Etica, via N. Tommaseo 7, Padova Cin: S - Abi: 05018 - Cab: 12100 conto corrente 11113 Iban: IT23 S050 1812 1000 0000 0011 113 Bic: CCRTIT2T84A ● Donazione con Cartasì e Diners, telefonando a Caritas Italiana 06 66177001 Cartasì anche on line, sul sito www.caritasitaliana.it (Come contribuire) 5 PER MILLE Per destinarlo a Caritas Italiana, firmare il primo dei quattro riquadri sulla dichiarazione dei redditi e indicare il codice fiscale 80102590587 i sono volte in cui le notizie si accavallano sotto i nostri occhi, instillando un sovrappiù di tristezza e desolazione. È successo di nuovo tra ottobre e novembre. La morte della donna aggredita selvaggiamente a Roma, il suicidio dell’adolescente di Ischia vittima di isolamento e dileggio, la scomparsa di don Oreste Benzi si sono rincorsi sui mass media nel giro di pochissime ore. Quasi a suggellare nell’immaginario pubblico l’eclissi della speranza: il male che inanella nuove vittorie, C te già gonfia di odio, è stata la scintilla, quasi il pretesto che attendevano per sfogare la loro violenza, sentendosi “giustizieri”. Il timore è che gesti simili, in un momento di braci accese sotto un filo di cenere, possano generare facile e diffusa emulazione. Che altre bande possano trovare attraente l’idea di “farla pagare” a qualche malcapitato straniero, fornendo alle proprie frustrazioni e idee xenofobe l’alibi di una “supplenza” dello stato. È uno scenario di paura, che trova eco nelle parole di badanti e operai rumeni intervistati da radio e tv: l’ansia evidente di sopprimere l’accento dell’est, di precisare che i rom sono altro da loro. L’ansia di trovarsi in un paese dove ora la gente ti scruta, apertamente o impercettibilmente ostile. il bene che perde un araldo impareggiabile come don Oreste. Nella cronaca certe volte Crediamo, sappiamo per certo sembra manifestarsi che non è così. Ma siamo pure consal’eclissi della speranza. pevoli che non basta contrapporre Ma non è vero che allo scoramento montante la risorsa i conflitti sono inevitabili. di una fede soltanto proclamata, o Che esistono persone declinata in astratto. Una fede incanon integrabili.Verso pace di tradursi, come proprio il fonla culla di Betlemme, datore della comunità Papa Giovanni tutelando la vita, XXIII ha insegnato per quarant’anni, Regredisce, inaridisce in opere efficaci, costruite sui terreni L’hanno definita una decisa “risposta praticando la solidarietà dove molto ci si sporca le mani e più alla paura” e, persino, un vaccino si gioca la maturazione umana. contro il dilagare delle ronde, espresMa è il delitto di Tor di Quinto, in particolare, a imporre sione di un rischiosissimo fai-da-te della sicurezza pubun supplemento di riflessione. L’Italia ha pianto, si è indi- blica. C’è del vero in entrambe le definizioni, a proposito gnata, ha sofferto, per l’efferato omicidio compiuto da un del “decreto espulsioni” varato dal governo sull’onda delimmigrato rumeno. Il pianto, la sofferenza, l’indignazione le tragiche emozioni suscitate da una violenza assassina. sono sentimenti giusti e comprensibili per l’enormità di C’è del vero, perché quando lo stato mostra di voler agire quanto è accaduto. Così come è giusto ricordare che delitti d’urgenza fa sempre impressione. Ora, aspettando e chiee fatti egualmente gravi avvengono anche in altre città, pas- dendo una politica per la sicurezza ragionata, non ridesando a volte inosservati. La squadraccia che a Tor Bella stata come in un sussulto dal corpo massacrato di una Monaca ha massacrato un gruppo di rumeni colpevoli so- donna, cerchiamo almeno di non lasciarci stordire dall’olo di essere tali è il segno più vistoso, e terribile, di quei mec- dore ferino della paura, che avvelena i cuori. Di provare canismi oscuri che scattano in un territorio, quando la con- per quello sconosciuto rumeno colpito con un machete a vivenza civile non sembra più del tutto garantita. Certa- Tor Bella Monaca da un plotone di falsa e bestiale “giustimente i picchiatori di Roma erano già pronti con le loro zia”, la stessa pietà destinata alla signora Reggiani (e “mespranghe da tempo, e vogliosi di “dare una lezione” agli ritata” anche dall’esemplare, umanissimo comportamenstranieri. L’omicidio di Giovanna Reggiani, per questa gen- to dei familiari). Apparteniamo allo stesso popolo, certi I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 3 editoriale parola e parole di Giovanni Nicolini che il male non è “straniero”, ma è invece da sempre vicino come la nostra ombra, insediato nel profondo di noi. Per l’Italia, ora, è il momento della riflessione sui due grandi temi che sono all’ordine del giorno per il prossimo futuro: sicurezza e solidarietà. Senza la sicurezza la nostra società regredisce, si riempie di istinti negativi al limite del razzismo, si colora di facili paure. Senza la solidarietà l’Italia si inaridisce, perde il senso di accoglienza che ha coltivato da sempre, svilisce lo spirito di umanità, di attenzione alla dignità di ogni persona che è alla base di tante iniziative per l’integrazione di genti e popoli che vengono da lontano. Unire solidarietà e sicurezza può sembrare difficile, ma è l’impresa per la quale dobbiamo tutti impegnarci. Per realizzarla sarebbe auspicabile, e possibile, un accordo tra le principali forze politiche, perché da essa dipende il futuro del paese. Rendere sicura la vita quotidiana delle persone vuol dire rispettare il contratto sociale minimo che è alla base della convivenza civile; vuol dire evitare la guerra di tutti contro tutti, nella quale si corre davvero il rischio che l’uomo diventi nemico per l’altro uomo. Sicurezza e solidarietà o crescono insieme, o insieme naufragano. Radici cristiane, principi costituzionali Ma la sicurezza può diventare una realtà stabile soltanto se accompagnata da un’opera di integrazione che chiede a tutti, cittadini e immigrati, il rispetto dei doveri di solidarietà che rendono coesa una compagine sociale. Su questo spesso si sente in giro un forte pessimismo: l’integrazione è quasi impossibile, occorrono anni, c’è chi non si integra veramente, i conflitti ideologici e religiosi sono inevitabili, e via di seguito. Ciò non è vero. Non è vero che è impossibile realizzare l’integrazione, perché moltissimi immigrati già si sono integrati e trovano in Italia un’accoglienza che non ricevono in altri paesi. Non è vero che i conflitti ideologici e religiosi sono inevitabili, perché la nostra identità storica e spirituale è stata tante volte il presupposto dell’accoglienza degli altri, e di una positiva convivenza. Non è vero che esistono persone che per definizione non possono integrarsi nella società, perché la nostra Costituzione e le nostre leggi prevedono gli strumenti idonei a fermare chi delinque e favorire chi agisce nel rispetto degli altri. A seconda delle situazioni che si presentano, alcune di queste affermazioni possono apparire ottimistiche o pessimistiche. Eppure occorre tener saldi ragione e sentimenti, anche andando controcorrente. Bisogna avere due volte coraggio: il coraggio di tutelare sempre la vita e la sicurezza di tutti (non solo quando sentiamo che esse sono in grave pericolo) e il coraggio di praticare la solidarietà in ogni momento (non solo quando avvertiamo di averla dimenticata). Le radici cristiane e i principi democratici della Costituzione sono oggi chiamati in causa e costituiscono la fonte più sicura per scelte coraggiose, che affrontino le sfide delle società multiculturali. Poiché è il senso del “bene comune” che risulta appannato, non perdiamo l’occasione di augurarci un buon Natale, ritrovando tutti insieme, come un unico popolo, il sentiero che porta alla culla di Betlemme. ‘‘ Aspettando una politica per la sicurezza ragionata, cerchiamo di non lasciarci stordire dall’odore ferino della paura, che finisce per avvelenare i cuori ’’ 4 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 LA STELLA CHE PREVIENE I VIAGGIATORI DELLA NOTTE Con il lume celeste, Signore, previenici sempre e dovunque, affinché contempliamo con sguardo puro e accogliamo con degno affetto il mistero di cui Tu ci hai voluto partecipi questa un’antica preghiera della liturgia latina, che viene proclamata nell’“Orazione dopo la Comunione” il giorno dell’Epifania. Purtroppo la versione italiana perde alcune preziosità, che qui ho mantenuto, dal testo latino. Specialmente quel “previenici”, così bello e prezioso in questa grande invocazione dello Spirito Santo. Il “lume celeste” domandato in questa preghiera è infatti l’evocazione della stella che ha condotto i Magi fino a Betlemme. Ma la stella è a sua volta immagine dello Spirito Santo, che conduce tutti e tutto verso il Figlio di Dio. questo amico: «Sai, la mia compagna aspetta un bambino... Lo aspettiamo tutti e due... Io lo aspetto con una gran gioia e una grande ansia». Il mistero! “Affinchè contempliamo con sguardo puro e accogliamo con degno affetto il mistero”. Sono tentato di reagire con ironia, ma per grazia di Dio mi fermo in tempo. Quanto basta per cedere al fatto che Dio il suo mistero lo regala come vuole. Magari in un bambino che sta naNell’icona natalizia delle Chiese scendo e che sconvolge il cuore e la vid’Oriente, sullo sfondo, sono sempre Verso il Natale con ta di suo padre. rappresentati i Magi che viaggiano veri “Santi da lontano”. Allora tutto ritorna a Nazaret, also il Bambino, e con grande slancio Coloro che cercano, l’annuncio primordiale: “Ti saluto, avanzano, fissando la stella che li guida. nella vicenda della loro piena di grazia, il Signore è con te!”. Sì, Mi piace unirmi a questi “Santi da incredulità. Il Mistero il primo annuncio è sempre così: la lontano” e invitare allo stesso viaggio si regala e sorprende. meraviglia di un dono da contemplamolti miei amici che cercano la stella Il Vangelo è atteso. re e accogliere: “Ecco la serva del Sinella notte della loro incredulità, e ai E la fede non si possiede, gnore. Avvenga a me secondo la tua quali cerco di star vicino con emozioma ci “viene” in dono. parola”. Spero e prego per un Natale ne e speranza. La fede è, come dice la che sia contento di far precedere, a preghiera antica, un dono da contemPer accogliere il Bambino tutte le leggi, il dono! Come gli antichi plare e accogliere. Bisogna consentire, Magi, i miei amici hanno grandi regali anzi favorire, un grande ingresso nella possibilità di contemplare il dono di Dio. Ma lo si può con- da portare al Bambino: lasciamoli viaggiare e arrivare! Non templare se questo dono viene alla vita di una persona sen- confondiamoli con le paure e gli inganni di Erode. za condizioni, necessità di passaporti, barriere etiche. Provate a “dire” il Vangelo: scoprirete che è atteso! ScoQuando Gesù è entrato nella casa di Zaccheo, quando prirete che piacerà! Non chiedetevi subito se il vostro interla salvezza è entrata nella casa di Zaccheo, Zaccheo era an- locutotre “ha la fede”. Nessuno, propriamente, ce l’ha. La fecora... quello che era! Ma, così com'era – un mascalzone – de “viene”. Insieme al dono, viene il gran dono di accoglierha potuto contemplare il dono di Dio. E l’ha potuto acco- lo. Nasce il Bambino. Lasciamo spazio e consenso alla Stelgliere con gioia! “Lo accolse pieno di gioia”: così il Vangelo la che conduce i nostri amici lontani – anche i nostri figli? – dice di Zaccheo che accoglie Gesù in casa sua. verso il dono di Dio, il Bambino che nasce, Colui che solo può far nuove tutte le cose. Lo aspetto con gioia e ansia Sento dire che la gente “cammina male”, cioè si comE così anche un mio sciagurato amico può accogliere il Si- porta male. Non è il vero problema. Il problema oggi è non gnore nella casa della sua vita e della sua storia. Mi dice impedire ai viaggiatori della notte di vedere la Stella. È I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 5 paese caritas di Flavio Ricci direttore Caritas Ancona LE SBARRE E LA RETE, COSÌ SI BATTE IL PREGIUDIZIO I 6 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 Italia Caritas le notizie che contano un anno con Italia Caritas Nel 2004 abbiamo cambiato veste. Da allora abbiamo migliorato sempre. Contenuti incisivi. Opinioni qualificate. Dati capaci di sondare i fenomeni sociali. Storie che raccontano l’Italia e il mondo. Un anno a 15 euro, causale “Italia Caritas” M E N S I L E D E L L A CA R I TA S I TA L I A N A - O R G A N I S M O PA S T O R A L E D E L L A C E I - A N N O X L - N U M E RO 1 0 - W W W. CA R I TA S I TA L I A N A . I T dicembre 2007 / gennaio 2008 POSTE ITALIANE S.P.A. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1 COMMA 2 DCB - ROMA di autorizzazione per svolgere attività di volontariato dentro il penitenziario; l’ingresso ufficiale dei primi volontari Caritas è avvenuto a gennaio 2003 e ha fatto comprendere quanto sia importante adoperarsi per modificare la cultura del pregiudizio, spendendo maggiori energie nel settore della prevenzione. Intanto nel 2002 si erano costituiti la Conferenza regionale marchigiana “Volontariato e giustizia”, cui adeAnche il viaggio dei volontari Cariscono undici associazioni, e il Coritas, nella realtà di Montacuto, è staIl carcere spesso mitato carcere-territorio, voluto dal to in salita. Ma dopo sette anni si può è concepito come comune di Ancona e aperto a tutti i dire che la separazione fisica e natuun mondo a parte. soggetti (pubblici, privati e del terzo rale tra i problemi di chi vive dietro le Ma i detenuti non vanno settore) impegnati in ambito penisbarre e la società civile si è in parte considerati un corpo tenziario. Il comitato ha rappresentacolmata. Gli operatori della Caritas estraneo al territorio. to il tentativo, in una logica di coordidiocesana sono entrati a Montacuto namento, di superare il muro di indifspinti dalle parole di Giovanni Paolo Il coordinamento tra forze ferenza e peggio di pregiudizio che II, che in occasione del Giubileo disse sociali e istituzionali da sempre circonda il mondo recluche bisognava visitare anche le “basiè la chiave per superare liche del dolore”: ospedali, carceri, so, per far sorgere attorno al carcere paure e discriminazioni luoghi dove si vive quotidianamente una significativa rete di solidarietà. Un ulteriore frutto della collaboraziol’emarginazione e la sofferenza. Il primo passo è stato fatto proprio nel 2000, con il ne con il comune sarà Casa Orizzonte, struttura di accocoordinamento di vari soggetti: insieme si è programma- glienza per detenuti in semilibertà o in permesso-premio, to un corso di formazione, che ha costituito un primo mo- cui è consentito lavorare all’esterno o assaggiare spazi di mento di sensibilizzazione per il territorio. Il corso è stato libertà piccoli, ma preziosi e necessari per riprendere un infatti ospitato dalla parrocchia di Santa Maria delle Gra- contatto positivo con il territorio. I carcerati, insomma, non vanno relegati tra le quattro zie di Ancona, dove il parroco ha messo a disposizione anche un piccolo appartamento per l’accoglienza. Ricerca e mura che li rinchiudono, quasi fossero un corpo estraneo offerta si sono incontrate: l’anno successivo è stato il con- alla società, un bubbone che sarebbe bello eliminare, se siglio pastorale a dare via libera e nel settembre 2001 è sta- fosse possibile. Il carcere racchiude persone, problemi, ta inaugurata casa “Le Grazie”, che accoglie le famiglie in difficoltà, che solo incontrandosi con il “fuori” diventando condivise, possono trovare spiragli di soluzione. Fare rete, visita ai detenuti. attorno a un carcere, significa proporre progetti di accoglienza più incisivi. Ma anche costruire cultura, contro il Incontrarsi con il “fuori” Ma la storia dell’attenzione al carcere non si è esaurita nel- pregiudizio. Che imprigiona la dignità delle persone e della nuova casa. A Natale 2002 sono arrivate le prime lettere le relazioni, e non contribuisce a creare sicurezza. l carcere di Montacuto è immerso nel verde, ma è come una ferita di cemento che deturpa, con i suoi cancelli e le sue sbarre, il suggestivo parco del Conero. La città – Ancona – è lontana, se ne intravede una parte dalla collina di fronte: anche la natura sembra sancire la separazione tra il mondo civile e quello di chi delinque. Tanto più che parlare di carcere oggi non è facile, perché la gente vive in un clima in cui la percezione dell’insicurezza e della precarietà della giustizia sono sempre più forti, anche a causa di un’informazione mediatica che suggestiona e condiziona. Italia Caritas + SOMALIA, BANGLADESH, TSUNAMI: NON DIMENTICHIAMO GLI SFOLLATI NATALE PER TUTTI POVERTÀ UNA CONDANNA A VITA? STORIE E SVOLTE DI CHI NE È USCITO MUTUI LA CRISI E GLI ITALIANI, SIAMO UN POPOLO DI INDEBITATI? ALGERIA L’AFRICA CHE NON RAGGIUNGE IL MIRAGGIO D’OLTREMARE Occasione 2008 ABBONAMENTO CUMULATIVO CON VALORI È un mensile di economia sociale e finanza etica promosso da Banca Etica. Dieci numeri annui dei due mensili a 40 euro. Per fruire dell’offerta • versamento su c/c postale n. 28027324 intestato a Soc. Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1, 20125 Milano • bonifico bancario: c/c n. 108836 intestato a Soc. Cooperativa Editoriale Etica presso Banca Popolare Etica - Abi 05018 - Cab 12100 - Cin A Indicare la causale “Valori + Italia Caritas” e inviare copia dell’avvenuto pagamento al fax 02.67.49.16.91 L E G G I L A S O L I DA R I E T À , S C E G L I I TA L I A CA R I TA S Per ricevere il nuovo Italia Caritas per un anno occorre versare un contributo alle spese di realizzazione, che ammonti ad almeno 15 euro. A partire dalla data di ricevimento del contributo (causale ITALIA CARITAS) sarà inviata un’annualità del mensile. Per contribuire • Versamento su c/c postale n. 347013 • Bonifico una tantum o permanente a: - Banca Intesa Sanpaolo, piazzale Gregorio VII, Roma Cin: D - Abi: 03069 - Cab: 05032 conto corrente 10080707 - Iban: IT20 D030 6905 0320 0001 0080 707 Bic: BCITITMM700 - Banca Popolare Etica, via N. Tommaseo 7, Padova Cin: S - Abi: 05018 - Cab: 12100 conto corrente 11113 - Iban: IT23 S050 1812 1000 0000 0011 113 Bic: CCRTIT2T84A • Donazione con Cartasì e Diners, telefonando a Caritas Italiana 06.66.17.70.01 (orario d’ufficio) Cartasì anche on-line, sui siti www.caritasitaliana.it (Come contribuire) www.cartasi.it (Solidarietà) Per informazioni Caritas Italiana via Aurelia 796, 00165 Roma tel 06.66.17.70.01 - fax 06.66.17.76.02 e-mail [email protected] nazionale lotta all’esclusione Il settimo Rapporto sull’esclusione sociale Caritas-Zancan propone oltre cento storie di chi ce l’ha fatta, a rovesciare le sorti del proprio disagio. Conta l’aiuto materiale e assistenziale. Ma anche vicinanza e amicizia NON DI SOLI EURO Gli aiuti economici segnano spesso una svolta nelle storie di povertà. Ma per gli ex utenti dei centri d’ascolto valgono anzitutto le relazioni di Walter Nanni a povertà è una condanna a vita? Per molti, non per tutti. Dal tunnel si può uscire. Con le proprie forze, reggendosi sulla stampella dell’aiuto e dell’accompagnamento altrui. Che la qualifica di escluso non sia irreversibile, anche se le condizioni reddituali, relazionali e psicologiche e i meccanismi sociali ed economici che la giustificano tendono spesso ad autoperpetuarsi e cronicizzarsi, lo dimostrano molte storie di vita. A cominciare da quelle che oggi, per fortuna, possono raccontare molte persone accolte e seguite dai centri di ascolto Caritas sparsi in tutta Italia. La recente, settima edizione del Rapporto sulla povertà e l’esclusione sociale di Caritas Italiana e Fondazione Zancan, significativamente siglata da un titolo interrogativo (Rassegnarsi alla povertà?), evidenzia che esistono percorsi possibili di uscita dalla povertà. Lo dimostrano le 124 interviste ri- L 8 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 volte a ex utenti delle Caritas diocesane in tutta Italia (53 italiani e 71 stranieri), persone uscite “definitivamente” da situazioni acute di disagio, che non presentano più necessità urgente di intervento da parte delle Caritas o di altri enti assistenziali o caritativi. Due costanti emergono dai racconti: nella storia personale esiste sempre un “punto di svolta”; per uscire dallo stato di povertà è importante poter contare (anche) su un aiuto assistenziale. Il momento della svolta Non sempre il momento di svolta è connotato in termini positivi. In alcuni casi gli avvenimenti-chiave si riferiscono ad eventi negativi: lutti, licenziamenti, malattie. In virtù del forte impatto sul soggetto, questi eventi determinano però in qualche modo una “inversione di rotta” nella biografia personale. Per gli stranieri il “punto di svolta” più frequente si riferisce al tema del lavoro. La copertina di Rassegnarsi alla povertà? Il settimo Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia di Caritas Italiana e Fondazione Zancan (Il Mulino, Bologna, ottobre 2007, euro 20) non si limita ad analizzare gli squilibri del nostro sistema di welfare, ma illustra i percorsi di uscita dalla povertà compiuti da ex utenti dei centri d’ascolto Caritas Conta molto il riuscire ad “avviare un’attività imprenditoriale in proprio”: la possibilità di sviluppare una professionalità autonoma è una risposta efficace, che migliora l’autostima della persona e mitiga alcuni degli effetti negativi determinati dall’inserimento degli immigrati in ambienti lavorativi potenzialmente respingenti. Segue la risoluzione dei problemi alloggiativi, che consente di accogliere le famiglie e sviluppare una dimensione personale di vita. Importante è anche la dimensione familiare: i punti di svolta possono essere legati a eventi lieti (l’arrivo in Italia dei figli per ricongiungimento familiare) ma anche negativi (il distacco dalla famiglia o dalla patria di origine). Per alcuni immigrati, il momento di svolta è avvenuto in occasione di un viaggio nel proprio paese: il confronto tra le dure condizioni di vita in patria e la situazione italiana ha determinato la decisione di rimanere nel nostro paese e impe- ROMANO SICILIANI CONDANNA A VITA? COSÌ SI BATTE LA POVERTÀ DENUNCIA SENZA RASSEGNAZIONE gnarsi più a fondo nel processo di integrazione e inserimento sociale. Per gli ex utenti italiani, il punto di svolta non è mai rappresentato dal miglioramento della propria condizione economica: più che l’aiuto in denaro risulta strategico il riuscire a trovare un lavoro o ad avviare un’attività produttiva o lavorativa autonoma. Nell’ambito degli eventi familiari, alcuni fattori di svolta sono costituiti da episodi negativi, ma segnati da un forte impatto emotivo: la fuga da casa, la separazione dal partner, la morte di un genitore o di un altro familiare. Significativi sono inoltre gli aspetti psicologici e motivazionali: l’inversione di rotta dalla povertà scatta nel momento in cui il soggetto matura una capacità di discernimento e forti motivazioni di cambiamento; importante, in proposito, sono il “sostegno morale” e la “fiducia ricevuta” dagli operatori Caritas. Anche la questione abitativa si rivela importante, sia in casi negativi, come la perdita della casa o lo sfratto, sia in relazione a eventi drammatici, che hanno in qualche modo avviato una maggiore determinazione nel voler risolvere i propri problemi e un più elevato livello di coinvolgimento di parenti e amici. Non sentirsi abbandonati Quali sono gli interventi che hanno favorito, tra i 124 intervistati, l’uscita dalla povertà? Il sostegno ricevuto dalla Caritas è giudicato importante, con particolare riguardo agli aiuti alimentari ed economici e alla ricerca di una sistemazione lavorativa. Ma gli ex utenti segnalano soprattutto l’importanza del “rapporto di amicizia” venutosi a creare con alcune figure Caritas: un sacerdote, un operatore, un volontario. La possibilità di sviluppare un rapporto affettivo, il “non sentirsi abbandonati”, “non essere lasciati soli”, si confermano aspetti essenziali del percorso di rinascita, elementi che caratterizzano in senso positivo il modello di aiuto Caritas rispetto a quello di I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 9 nazionale lotta all’esclusione altre organizzazioni o servizi socio-assistenziali. Nel complesso, il valore aggiunto individuabile nel modello di intervento Caritas risiede nell’approccio complessivo che viene offerto, all’interno del quale si tenta di coniugare l’aspetto concreto dell’aiuto al sostegno psicologico e affettivo. Va inoltre rilevata l’importanza degli aspetti motivazionali e psicologici: accanto ad alcuni tipi di aiuto materiale, si evidenziano una serie di momenti ed eventi biografici (anche drammatici) che possono determinare di per sé un cambiamento di rotta. Tale peculiarità evidenzia la necessità di accostare ai tradizionali interventi materiali di contrasto alla povertà economica anche azioni di rimotivazione, ri-socializzazione e di ricerca del senso della vita, come già avviene da parte di alcune Caritas diocesane della nostra penisola. Oltre alla canna, per tornare a pescare, è importante la fiducia in chi la porge, e la cura che costui dimostra nell’insegnare ad usarla. Buone nuove in Finanziaria, ma resta la logica dell’emergenza Il “pacchetto welfare” guarda solo alla previdenza. E nella manovra 2008 troppe misure una tantum. Le politiche sociali necessitano di visione strategica iflettere sulla legge finanziaria, in particolare per quanto riguarda gli specifici strumenti di contrasto alla povertà, mentre nelle aule parlamentari si è già sviluppata la consueta straziante guerriglia che ne costella l’iter di approvazione, può apparire un vuoto esercizio di stile. Però è necessario sviluppare una riflessione critica in materia. Partendo da un dato essenziale: il nostro paese non offre ai cittadini risposte, in termini di servizi e risorse economiche, efficaci e uniformi a livello nazionale. A differenza della grande maggioranza dei paesi dell’Unione europea, non si è costruito un sistema organico di risposte sociali adeguato ai rischi di povertà, esclusione o disagio. Le politiche sociali non possono risolversi in interventi isolati, di carattere solo previdenziale, rivolti a categorie specifiche, costituiti solo da trasferimenti monetari. In Italia si è discusso per settimane sul cosiddetto “pacchetto welfare”, in realtà un mero “pacchetto previdenza”, che riguarda il tema – fondamentale, non esclusivo – del futuro pensionistico. Di vere e proprie politiche di contrasto alla povertà nessuno ha parlato in maniera altrettanto esplicita. Questi limiti culturali si mischiano al risanamento dei conti pubblici: poche risorse e idee confuse creano un mix micidiale, al quale si aggiunge l’instabilità politica, che erode capacità progettuale e visione strategica. La principale conseguenza è l’immobilità del dato sulla povertà assoluta e relativa, che l’Istat offre ogni anno alla riflessione del paese. Nel 2006 il 13% della popolazione, ovvero l’11% delle famiglie italiane, viveva in condizioni di povertà: il dato non varia da anni, se non per impercetti- R 10 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 bili scostamenti decimali. Senza demagogia: non sarebbe degno di essere assunto come priorità politica, invece di procedere secondo una perenne logica di emergenza e con provvedimenti una tantum? ROMANO SICILIANI di Francesco Marsico PASSAGGI PERICOLOSI E chi non è neanche incapiente? Venendo allo specifico della manovra finanziaria per il 2008, le linee di investimento sociale prescelte sono essenzialmente quattro: sostegno al reddito delle famiglie meno abbienti; contrasto del disagio abitativo; emanazione di livelli essenziali di assistenza, progressivamente esigibili, nel campo della non autosufficienza; consolidamento senza arretramenti dei principali fondi dedicati ai servizi socio-assistenziali e socio-educativi. Entrando nel dettaglio, il governo aveva già stabilito che 1.900 milioni di euro, provenienti dal cosiddetto “tesoretto”, fossero destinati per il 2007 al sostegno dei contribuenti a basso reddito, detti “incapienti”. Si tratta di una misura una tantum, che dovrebbe portare già a dicembre 2007 a un’erogazione di 150 euro come rimborso forfettario, per i contribuenti che, pur avendovi titolo, non hanno potuto beneficiare nel 2006 di esenzioni fiscali Irpef, in quanto titolari di redditi così bassi da non essere stati assoggettati all’imposta. La somma aumenterà di 150 euro per ciascun familiare a carico. È significativo che per la prima volta si prendano in considerazione gli “incapienti”. È quanto Caritas, tra gli altri, va chiedendo da anni. L’impatto effettivo della misura è tuttavia reso poco più che simbolico da due fattori: si tratta di una misura una tantum (la cui ripetizione non è prevista dal disegno di Palazzo Madama, sede del Senato. Qui si gioca la sorte di Finanziaria e pacchetto welfare legge finanziaria per il 2008); sono escluse le persone in condizioni di povertà estrema, le quali, non presentando denunce dei redditi (e spesso neppure essendo iscritte all’anagrafe fiscale), non beneficeranno di contributi. Cosa ben diversa sarebbe stata la previsione, per un certo periodo parsa possibile, di un fondo nazionale contro la povertà, da distribuirsi secondo un apposito piano strategico. Il governo lancia poi, grazie a 550 milioni di euro per il 2008, un piano straordinario di edilizia residenziale pubblica, con destinazione prioritaria per gli sfrattati, e prevede, sempre per il 2008, un fondo di 150 milioni per costituire una società pubblica che agevoli e stimoli i proprietari ad affittare i propri appartamenti nei comuni a più alta densità abitativa; inoltre è prevista la costituzione di osservatori nazionale e regionali sul disagio abitativo. Si tratta di misure di cosiddetto housing sociale, ossia destinate ad affrontare il grave problema del disagio abitativo: anche in questo caso la strada intrapresa appare corretta, sebbene il fatto che si tratti di interventi straordinari, per quanto non irrilevanti, rischia di vanificare l’obiettivo, cioè il varo di una politica abitativa degna di tal nome, fino a oggi quasi del tutto assente. La destinazione prioritaria agli sfrattati, per quanto comprensibile, rischia inoltre Sara, che fa ballare la figlia «Mangio poco, sono una regina» Sara ha 37 anni, da quando ne aveva 14 soffre di anoressia nervosa. «Mia madre è rimasta incinta molto giovane, ma alle prime botte di mio padre… lei da una parte, lui dall’altra. Lui l’ho conosciuto solo qualche anno fa: è sempre stato un poco di buono; entra ed esce dal carcere, non si contano i soldi che ha, tutti guadagnati con i suoi traffici. Ma io quei soldi non li ho mai voluti». A un certo punto, Sara ha una relazione affettiva. Ma scopre che l’amore può essere una sfortuna. Lui è un tossicodipendente, lei comincia a drogarsi. E rimane incinta. «Speravo che mi salvasse, mi portasse via da tutto lo schifo. Invece mi sono ritrovata con un delinquente. Quando ho saputo di essere incinta sono andata fuori di testa: mi sono precipitata al Sert, volevo aiuto, volevo smettere. Mia figlia è nata al sesto mese, perché il mio ex voleva che abortissi: una sera, dopo una lite furibonda, mi ha preso a calci nella pancia e stavo per partorire a casa. Hanno fatto appena in tempo a tirarmi fuori la bimba e me l’hanno subito portata via. Mi hanno portato in una casa di accoglienza Caritas, la bambina è arrivata tre mesi dopo. Doveva arrivare più tardi, ma l’assistente sociale ha visto che ero pelle e ossa, se non la vedevo morivo». Il percorso di uscita dalla povertà è cominciato grazie a un lavoro e al completamento degli studi. «Sono diventata infermiera professionale e ho vinto il concorso. Intanto la Caritas mi aveva messa in contatto con la parrocchia vicina: abbiamo trovato una famiglia che ci ha un po’ adottate, me e la bambina. La svolta è venuta quando ho comprato la casa e ci siamo legate a questa famiglia. Sono brave persone, hanno una figlia che ha quasi l’età di mia figlia, è come se fosse una sorellina, no? Oggi la mia bimba ha 8 anni, ma delle volte mi fa da mamma, sembra che ne abbia 18! A scuola è bravissima, quando vado a parlare con le maestre sono solo complimenti, l’ho iscritta a danza, faccio gli straordinari per mandarcela, le piace tanto. Adesso stiamo bene, abbiamo la nostra casa, nessuno ci manda via. A fine mese è dura, io mangio poco ma a lei non manca nulla. A volte prendo i vestiti dalla Caritas, non mi vergogno. Ma rispetto a qualche anno fa, mi sento una regina…». I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 11 nazionale nazionale database esclusione politiche sociale sociali lotta all’esclusione Fatima ha una tavola calda «Ce l’ho fatta grazie ai volontari» Fatima proviene dall’Iraq. Ha 37 anni ed è dovuta fuggire verso la Germania, insieme al marito, nel 2002. Da sola, con il figlio di 12 anni, è arrivata a Roma, dove si sono dichiarati rifugiati politici. «Con i soldi che mi mandava mio marito pagavo l’affitto di una casa in via Inghilterra e compravo il necessario. Ho il diploma di scuola alberghiera e ho cercato lavoro, ma dopo due mesi in una pizzeria non mi pagavano e sono andata via. Poi, un’estate, sono stata due mesi in Germania, ma quando sono tornata avevo lo sfratto. Non stavo bene, ero in difficoltà. Mio marito non poteva più mandarmi soldi». Fatima trova il coraggio di rivolgersi al centro d’ascolto Caritas. «Avevo paura che mi facessero delle domande, ma sapevo che ci andava altra gente… Sono stata ospitata per 23 giorni in un centro di accoglienza parrocchiale, poi sono andata ad abitare con mio figlio presso un’anziana che si era rivolta al centro di ascolto, offrendo vitto e alloggio in cambio di compagnia e piccoli servizi. Un mese dopo sono stata ricoverata per un intervento chirurgico e le volontarie della Caritas si sono occupate della mia assistenza e di mio figlio. Lo hanno ospitato, accompagnato a scuola e seguito nei compiti, lo hanno portato in ospedale per farci incontrare. Faceva freddo, gli hanno dato dei vestiti pesanti, lo hanno fatto dormire da una famiglia che avevamo conosciuto al centro di accoglienza…». Il punto di svolta arriva con la possibilità di avviare un’attività. «Quando sono guarita, insieme a una volontaria mi sono informata su cosa dovevo fare per aprire una tavola calda, quali pratiche dovevo fare, se c’erano aiuti per le donne. Ce l’ho fatta: oggi cucino cibo del mio paese. Non è stato importante solo poter contare su un aiuto materiale. Certo, il cibo, i vestiti, i libri e lo zaino per il ragazzo... Ma soprattutto i volontari mi hanno spiegato cosa dovevo fare per aprire l’attività, dove dovevo andare per le carte. Hanno garantito per me con il padrone del locale. La tavola calda è andata subito abbastanza bene, poi è venuto mio marito. Un mese fa abbiamo avuto una bambina. Lavoriamo e il fratello più grande la guarda. Oggi viviamo tutti insieme. E ci sentiamo abbastanza tranquilli». 12 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 CURARSI È IMPOVERIRSI LA SALUTE CI COSTA CARA di Walter Nanni e spese sanitarie? Salvano la vita. Ma possono impoverire. Il quinto Rapporto Ceis Sanità 2007, realizzato dal Centro di ricerca della facoltà di economia dell’Università di Roma Tor Vergata, mette in evidenza alcuni dati relativi agli effetti negativi che le spese sanitarie possono avere sui bilanci delle famiglie italiane. Dal rapporto emerge che è in crescita il rischio di impoverimento di chi deve sostenere spese sanitarie non coperte dal Servizio sanitario nazionale, in particolare per le cure odontoiatriche e l’assistenza alle persone non autosufficienti. L ASCOLTARE, SVOLTARE Colloquio in un centro d’ascolto a Genova. La relazione è cruciale per aiutare a superare il disagio di trasformarsi in un boomerang, in termini di tensioni sociali, nelle realtà ove vi siano lunghe liste di attesa, che bisognerà stravolgere per seguire tale priorità. In terzo luogo, viene portato da 100 e 400 milioni il fondo nazionale per la non autosufficienza, con la dichiarata intenzione di fissare, con decreto collegato alla Finanziaria, i Livelli essenziali, da rendere esigibili nell’arco di un triennio, aumentando progressivamente il fondo sino al punto necessario (circa 2 miliardi di euro l’anno di fonte statale, da aggiungere ai fondi regionali). L’incremento è significativo, e si spera rivelatore di un’effettiva volontà politica di fissare, almeno in questo ambito, i Liveas-Lea previsti dall’articolo 117 della Costituzione e sinora inattuati. Infine, vengono incrementati di 25 milioni per il 2008 il fondo nazionale per le politiche sociali e i fondi destinati al piano straordinario per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi per la prima infanzia, previsti dalla Finanziaria 2007. Anche in questo caso si tratta di un segnale apprezzabile nelle intenzioni e sotto il profilo culturale, ma insufficiente dal punto di vista quantitativo. Prospettive per una “grande opera” Segnalare mancanze è sempre più facile che fornire prospettive. Caritas Italiana e Fondazione Zancan hanno però provato a porre la questione di una graduale definizione di un piano di contrasto organico delle povertà (vedi IC 7/2007). In concreto, bisognerebbe chiarire durata o progressività delle misure adottate, gli strumenti per valutarle, lo scenario complessivo in cui si collocano. E coordinare le misure della Finanziaria a livello nazionale, accordandole anche agli strumenti che regioni ed enti locali mettono in atto. Sarebbe una “grande opera”, capace di dare dignità, futuro e diritti a ogni cittadino di questo paese. 2,9% e 2,3%). Ma l’impoverimento colpisce sempre più anche le coppie con figli: la percentuale di famiglie impoverite è passata dallo 0,6% all’1,2% per le coppie con un figlio, dall’1,1% all’1,9% per quelle con tre o più figli. Una situazione che si accompagna peraltro a una crescita dell’incidenza della povertà (dal 22,4% al 24,1%). Una maggiore qualità? Sono sempre di più, ben 948.253 L’indagine Ceis si sofferma anche (il 4,1% del totale), le famiglie gravate sulla de-ospedalizzazione. Dal 2000 Aumenta il numero da spese definite “catastrofiche” soal 2005 si è realizzata in Italia (con di famiglie italiane stenute per la salute. Notevoli le diffeeccezione di Molise, Abruzzo e Siciche vedono dissestato renze regionali: rischio massimo in lia) una drastica riduzione dei posti il proprio bilancio Calabria, dove il fenomeno colpisce letto ospedalieri: si è passati da una dalle spese sanitarie l’11,2% delle famiglie, minimo in disponibilità di 5,1 posti letto per sostenute in strutture Emilia Romagna (1,2%). Le spese “camille abitanti a una del 4,6; inoltre si private. Intanto negli tastrofiche” sono più frequenti tra i è ridotta la quota di spesa per ospedali meno posti letto meno abbienti (lo sono per il 14,1% di l’assistenza ospedaliera (il 47% della e più personale: quanti stanno nel primo quintile di spesa sanitaria nel 2005). la spesa ospedaliera ricchezza, per il 2,2% di chi sta nel seAlla contrazione dei posti letto non è razionale condo quintile), ma il fenomeno incinon è corrisposta però una riduziode anche sui cosiddetti ceti medi (nel ne degli organici. Ciò sembra preluterzo quintile le famiglie colpite sono l’1,2%). Nonostante dere a una maggiore qualità dell’assistenza, ma suscita sia riservato al settore privato quasi il 25% della spesa sa- preoccupazioni per la razionalizzazione complessiva nitaria, i dati disponibili confermano che solo il 6,1% delle dell’assistenza ospedaliera. I medici delle strutture di rifamiglie (prevalentemente abbienti) hanno coperture as- covero sono infatti aumentati, a livello nazionale, del sicurative. E fra queste c’è una bassa incidenza di polizze 7,7%, mentre gli infermieri, nonostante sia aumentata la che coprono l’intero nucleo familiare (il 31,3%). loro disponibilità per posto letto, si sono ridotti del 2,3%: Il fenomeno dell’impoverimento dovuto in gran par- in particolare si è passati, per quanto riguarda i medici, te alle spese sanitarie private è in costante crescita: le fa- da 0,36 per posto letto nel 2000 a 0,43 nel 2005, mentre miglie già concretamente impoverite per motivi sanita- per quanto riguarda gli infermieri si è passati da 0,88 a 1 ri sono 346.069 (1,5% della popolazione italiana). Forti, unità di personale per posto letto. anche in questo caso, le differenze regionali: si va dallo A livello regionale i dati disegnano una situazione 0,3% della Toscana al 4,9% della Calabria. estremamente differenziata: si passa da 0,31 medici per Più a rischio di impoverimento sono gli anziani, in par- posto letto nella provincia autonoma di Trento a 0,62 in ticolare le persone sole over 65 e le coppie senza figli con Valle d’Aosta; quanto agli infermieri, si va dallo 0,78 in uno dei due coniugi anziano (il rischio è, nei due casi, del Calabria all’1,34 in Liguria. I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 13 nazionale finanza e famiglie ATTENTI AL TASSO Giovane coppia alla ricerca di una casa. Ma i mutui più recenti hanno riservato cattive sorprese La crisi “importata” dagli Stati Uniti. E il sovraindebitamento dovuto allo scriteriato accesso al credito al consumo. Gli italiani non sono più risparmiatori? Servono maggiore trasparenza e nuovi strumenti da parte di banche e finanziarie strumenti innovativi. Ciò vale soprattutto per molte famiglie di lavoratori atipici, che nonostante la garanzia reale costituita dal bene immobile, non trovano accesso al credito a causa della instabilità del rapporto di lavoro. ROMANO SICILIANI Sviluppo positivo, impatto letale I MUTUI CHE RIVELANO UN POPOLO DI INDEBITATI di Andrea La Regina e famiglie italiane si trovano ogni giorno di fronte a complesse emergenze sociali ed economiche, che creano un clima di insicurezza. Le istituzioni, non solo finanziarie, non riescono a monitorare queste emergenze se non dopo la loro insorgenza e non approntano gli ammortizzatori sociali, né adottano le misure strutturali che sarebbero di vero e concreto aiuto alle famiglie. Ultima emergenza in ordine di tempo, la crisi dei mutui americani. Nonostante le rassicurazioni manifestate da più parti, essa ha avuto conseguenze almeno indirette sulla L 14 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 realtà italiana: l’aumento del tasso di interesse variabile ha colpito molte persone e famiglie, perché il ritocco dei tassi ha innescato aumenti anche considerevoli delle rate dei mutui sottoscritti (soprattutto per l’acquisto della casa) con tasso variabile. Le associazioni dei consumatori accusano le banche di avere preferito e “spinto” il tasso variabile, proponendolo ai cittadini consumatori pur in previsione di un futuro rialzo dei tassi. Questo fenomeno pone in evidenza il tema più generale dell’accesso al credito in Italia: molte famiglie vivono nell’esclusione “finanziaria” per varie cause e le istituzioni bancarie non sono in grado di proporre In passato l’esclusione dall’accesso al credito, da parte delle banche, riguardava soprattutto chi non poteva offrire garanzie reali o non era “sicuro”, perché protestato o inaffidabile, senza che si procedesse a un accurato esame delle potenzialità reali di restituzione del denaro. In seguito questo spazio d’accesso al credito è stato occupato dalle finanziarie, la cui propaganda punta a intercettare la domanda dei soggetti più fragili ed esclusi. Molte famiglie hanno così incrementato l’uso di un nuovo strumento, il credito al consumo, senza tener conto delle spesse fisse molto alte che comporta e del tasso di interesse che le finanziarie, legalmente, possono praticare fino al 24%. Tutto ciò si è sommato, negli ultimi mesi, alla crisi dei mutui: molte famiglie si sono così trovate in condizione di sovraindebitamento. Gli esperti del settore ricordano che in Italia il ricorso al credito al consumo era molto basso e che il recente incremento rappresenta uno sviluppo positivo del mercato. Ma l’impatto su molte famiglie è stato letale: una propaganda ossessiva e a portata di mano, senza consulenza responsabile, può ingannare il cittadino consumatore, che si vede offrire su un piatto d’argento un accesso al credito certamente non a buon mercato e che ben presto può rivelarsi insostenibile. Così oggi i centri di ascolto Caritas e i soggetti antiusura e di microcredito si trovano a dover affrontare incombenze non specifiche: da un lato la tutela sociale di ha “acceso” fino a dieci finanziamenti (e in assenza di una giurisdizione chiara spesso deve fronteggiare contemporaneamente il peso del mutuo casa su cui incombe il pignoramento e il procedimento di vendita all’asta a causa della pressione smodata dei processi di recupe- ro credito); d’altro canto, la ricerca di soluzioni tramite fideiussioni, così che associazioni e fondazioni finiscono per assumersi rischi economici, per conto dell’indebitato, a causa del mancato intervento delle istituzioni. Ma non è possibile continuare a proporre soluzioni assistenzialistiche. Bisogna varare misure promozionali, anche tramite interventi legislativi ad hoc, capaci di andare oltre le emergenze e le proclamazioni di principio, che lasciano nell’abbandono le famiglie. Il fenomeno del sovraindebitamento viene spiegato da diverse tesi: c’è chi parla di decisioni sbagliate da parte del consumatore dovute alla carenza di informazioni; chi mette l’accento sulla irresponsabilità di consumatori, che finiscono per far gravare i propri problemi sull’intero sistema finanziario e sociale; chi accenna alla dipendenza indotta da una propaganda ossessiva che incoraggia il consumo; chi punta il dito contro la mancanza di un’educazione finanziaria diffusa. Ma l’eccessivo ricorso al credito non è solo un dinamismo del mercato economico, è segno delle difficoltà generalizzate di un sistema, che minacciano soprattutto le famiglie. Intermedi e sperimentali Di recente la Banca d’Italia ha fatto notare che la percentuale di famiglie che ha visto peggiorata la propria situazione reddituale è gradualmente ma notevolmente aumentata negli ultimi anni. Ci possono dunque essere state forme di irresponsabilità. Ma molti mutui casa sono stati contratti perché il costo degli affitti è elevatissimo, oltre che per assicurarsi abitazioni decenti e confortevoli. E così oggi ci si trova di fronte a casi molto frequenti di vendita all’asta, da parte delle banche, di case appartenute a famiglie in sofferenza economica. In campo nazionale, il numero di pignoramenti ed esecuzioni immobiliari interessa tantissime famiglie, come si può evincere dal numero elevato di procedimenti in corso presso i tribunali. Occorrerebbe che banche e finanziarie, in nome della propria responsabilità sociale d’impresa, affrontassero la crisi con strumenti intermedi e sperimentali, ai quali il legislatore – ove si dimostrassero funzionanti – potrebbe dare poi il placet istituzionale. In qualche paese europeo si prevedono già tre passaggi (tesi a verificare la possibilità di solvenza finanziaria del debitore) prima di arrivare alla vendita degli immobili, ma anche la possibilità di concordati successivi, in presenza di un terzo soggetto, non di tipo giurisdizionale ma capaci di realizzare tecnicamente un riordino delle pendenze, I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 15 nazionale finanza e famiglie dando un’ulteriore possibilità a chi, per un motivo grave, si è trovato in una difficoltà imprevista. Le istituzioni finanziarie devono tenere conto delle esigenze di diversi “portatori di interessi”: bisogna rendere conto agli azionisti della banca e a chi ha affidato il denaro per l’investimento, ma occorre anche affinare la procedura di intermediazione finanziaria per consentire un responsabile accesso al credito da parte dei cittadini. Molte cose devono migliorare in Italia; la chiarezza dei patti iniziali, perché nonostante le iniziative attuate si può fare molto meglio; la consulenza, che dev’essere corretta e professionale; la possibilità e le procedure di concordato o rinegoziazione in presenza di situazioni non prevedibili; il costo, ancora alto, dei servizi bancari; l’applicazione delle recenti direttive Bersani sulla portabilità dei mutui; la sostenibilità del prestito, che va certificata e non affidata alla discrezionalità delle banche. La crisi dei mutui ha rappresentato un inquietante campanello d’allarme: occorre che tutti (istituzioni legislative e di controllo, imprese bancarie e finanziarie, associazioni dei risparmiatori, strumenti di informazione, agenzie educative) facciano la propria parte, perché gli italiani tornino a essere un popolo di risparmiatori. E non di indebitati. CONSIGLI PER GLI ACQUISTI Funzionaria di banca con un cliente. Dopo la crisi dei mutui a tasso variabile, gli istituti di credito stanno consigliando il tasso fisso. Ma anche questa strada può rivelarsi pericolosa ROMANO SICILIANI «Le banche sbagliano ancora, ma i consumatori si informino» Fabio Picciolini, segretario nazionale di Adiconsum, analizza gli effetti della crisi dei mutui sulle famiglie italiane. E indica gli strumenti per evitare nuovi problemi di Ettore Sutti ent’anni a difesa dei cittadini consumatori. Adiconsum, associazione promossa dalla Cisl, li festeggia proprio nel momento in cui molti italiani sono alle prese con l’inasprimento dei mutui per l’acquisto della casa. Fabio Picciolini, segretario nazionale di Adiconsum, chiarisce meccanismi ed effetti, in Italia, della crisi importata dall’America. E ragiona su come evitarne altre. V Crisi dei mutui cosiddetti subprime. Negli Stati Uniti migliaia di famiglie sono rimaste senza una casa. Da noi qual è la situazione reale? Se da un lato possiamo stare tranquilli (le banche italiane non accendono mutui a chi non è effettivamente è in grado di rimborsarli), d’altro canto la crisi si sta facendo sentire, e pesantemente, sui tassi d’interesse a livello globale. Euribor (l’indice europeo di riferimento per i tassi variabili) risente non poco della crisi dei subprime. E in Italia lo spread (in pratica il guadagno della banca) in molti casi è al 2%, percentuale altissima, che incide non poco sull’entità della rata. Così, se tra 2002 e 2004 i tassi di interesse erano compresi tra il 2 e il 3% e un mutuo costava 3,5-4% al massimo, oggi è al 5,5-6%. Le rate sono aumentate dal 30 al 50% rispetto a quando si è ac16 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 ceso il mutuo. Invece i redditi non sono aumentati: secondo una ricerca di Nomisma, circa 400 mila famiglie italiane hanno difficoltà a rimborsare i mutui. Quali sono gli interventi da mettere in campo? Penso essenzialmente a tre cose: un intervento normativo chiaro e inappellabile; un’effettiva entrata in vigore della legge 40 (che parla di surrogazione del mutuo a costo zero); la possibilità per i cittadini di avere un rapporto più vantaggioso con i gruppi bancari. Neanche tanto… Stiamo aspettando il decreto “Bersani 3”, quantomeno per aggiustare il tiro su alcune norme poco chiare contenute dal precedente a proposito di penali e portabilità del mutuo. Inoltre le 16 maggiori associazioni di consumatori italiane (tra cui Adiconsum) hanno portato avanti una battaglia con le banche sui costi della portabilità del mutuo. Finalmente, il 21 novembre, l’esecutivo dell’Abi (associazione di categoria degli istituti bancari) ha accolto la richiesta e ha raccomandato alle banche di non applicare spese o commissioni. A noi non interessano gli accordi stipulati tra le banche, l’importante è che il consumatore non debba pagare un euro per trasportare il mutuo da una banca all’altra. E in tema di rapporti più vantaggiosi? Oggi la possibilità di rinegoziare un mutuo è lasciata alla buona volontà di un’agenzia o del direttore. Non è più accettabile. Adiconsum si è attivata con i principali gruppi bancari italiani per raggiungere una soluzione: l’obiettivo è fissare regole certe, chiare e convenienti per tutti. Anche le banche, nonostante possano contare sulle ipoteche, sono interessate al fatto che i propri clienti siano solvibili. La soluzione più semplice sarebbe allungare la scadenza del mutuo, oppure abbassare lo spread a livelli accettabili. Nessuno pretende di non pagare, ma si chiede di poter affrontare rate sostenibili. La situazione attuale è tutta imputabile alle banche? Le banche hanno le loro responsabilità. La maggior parte degli istituti, anche se non bisogna generalizzare, fino a qualche anno fa vendeva e consigliava solo mutui a tasso variabile. In quel periodo il consumatore ha pagato meno, ma in prospettiva non si è rivelata la scelta migliore. E le banche continuano a sbagliare anche oggi (anche se qualcuno lo chiama scelta commerciale) perché consigliano di accendere mutui a tasso fisso, obbli- gando le persone a sopportare per 30 o 40 anni un tasso ai livelli massimi. Ma spesso anche i consumatori ci mettono del loro. È vero che la bolla immobiliare degli ultimi anni ha più che raddoppiato i prezzi delle case, ma è altrettanto vero che talvolta le rate di mutuo superano la soglia del 70% del reddito di una famiglia. In casi simili, prima o poi, in 25 o più anni di mutuo, si è destinati ad andare in sofferenza. È difficile, ma bisognerebbe sempre accantonare una riserva, almeno 50-100 euro al mese, per affrontare con serenità i momenti duri. Che consigli dare a chi accende un mutuo? Bisogna informarsi. Girando più sportelli bancari e richiedendo il contratto di mutuo comprensivo delle condizioni economiche. È un documento poco pubblicizzato; le banche sono obbligate a rilasciarlo, ma solo su richiesta del consumatore. Sul prospetto c’è scritto tutto: tasso, durata, condizioni, Isc (Indice sintetico di costo, la vecchia Taeg), spese. Così è possibile confrontare le proposte e scegliere la banca che offre le condizioni migliori. In caso di difficoltà ci si può rivolgere alle associazioni di consumatori. Non costano nulla, spesso hanno già affrontato la questione e offrono ottimi servizi di consulenza. I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 17 nazionale nazionale dall’altro mondo DAVID E I SUOI FRATELLI I ROMENI, NOSTRO SPECCHIO di Antonio Ricci Dossier statistico immigrazione Caritas-Migrantes l primo nato a Roma nel 2007 è stato un bimbo romeno (lo stes- limbo della clandestinità. Nelle società di accoglienza, però, a più ripreso è avvenuto nell’altra capitale dei romeni in Italia, Torino): si se si è paventata un’invasione di lavochiama David, i suoi genitori sono un fabbro e una badante. La ratori romeni. In realtà la Romania è presenza romena in Italia è un fenomeno recente, ma ricco di signi- un piccolo paese di 22 milioni di abificati e suggestioni. Caritas approfondirà l’argomento all’inizio del tanti, di cui il 10% già ora vive all’este2008 in uno studio monografico. Ma già ora si può affermare che i ro. Diversi fattori dovrebbero dunque contribuire in breve a smorzare le cauromeni rappresentano il gruppo maggioritario tra gli stranieri in Ita- se di partenza: il vivace ritmo di crescilia: 556 mila persone all’inizio del 2007. ta odierno dell’economia, gli investiLa maggioranza proviene dai villaggi rurali della Moldavia, regione menti diretti esteri, l’afflusso dei finanziamenti europei, l’innalzamento dei orientale, una delle più povere della salari medi, l’apporto delle rimesse e Romania. Il livello di istruzione è Sono il gruppo dei capitali dei migranti di ritorno, comunque medio-alto per 6 immimaggioritario tra non ultimo l’invecchiamento della grati romeni ogni 10 (molto supegli stranieri in Italia. popolazione e il conseguente declino riore rispetto al 40% del totale degli Si scontrano con gravi demografico. stranieri e al 33% degli italiani), anproblemi di accoglienza Per i migranti, la prima fase di sogche se i laureati sono uno ogni 10. Il e integrazione. Sono nel giorno in Italia resta comunque se75% dei romeni in Italia è titolare di mirino di media e politici. gnata da fattori negativi: alloggi inapermesso di soggiorno per lavoro e Eppure, la loro vicenda deguati, caporalato e lavoro nero, nespesso ha alle spalle una pregressa migratoria potrebbe gazione dei diritti sindacali, morti esperienza migratoria. Facilità dei aiutarci a rileggere bianche nei cantieri, mancato accestrasporti e abolizione del visto turila nostra storia… so ai servizi, discriminazioni e violenstico all’interno della Ue hanno faze, tratta dei minori e delle ragazze a vorito l’affermarsi in Italia di un fini di sfruttamento. Ma informazione e mondo politico modello migratorio pendolare. Le premesse storiche e sociali dei flussi attuali vanno sembrano preferire un approccio sicuritario alla questiocercate nel trasferimento forzato di migliaia di contadini ne, per dare sfogo alle ansie dell’opinione pubblica, ferita nelle periferie delle città romene, voluto da Ceauses˛cu e da esecrabili fatti di cronaca. La sindrome da invasione attuato negli anni Settanta e Ottanta tramite un piano di conduce a rappresentare l’immigrato romeno come il cacancellazione di 7 mila villaggi rurali. Dopo il 1989 e la pro espiatorio dei mali della vita quotidiana, come avvenchiusura delle fabbriche dove lavoravano, molti si sono ne per i polacchi negli anni Ottanta e gli albanesi nei primi trovati a scegliere tra un mesto ritorno nelle campagne o anni Novanta. I media sono lo specchio deformato di una società incapace di contemplare prospettive concrete di la trasformazione in pendolari transnazionali. convivenza interculturale. Invece basterebbe pensare che la Romania, un secolo fa, accoglieva 60 mila emigranti itaImmagine riflessa L’ingresso nella Ue dal 1° gennaio 2007 ha comportato per liani, per considerare che i flussi migratori attuali rapprei migranti romeni non solo l’emancipazione dal poco fun- sentano l’immagine riflessa della nostra storia. E la migliozionale sistema della programmazione delle quote di in- re occasione dal basso per superare i pregiudizi, aprirsi algresso, ma soprattutto l’occasione definitiva per uscire dal l’accoglienza e riscattare le sofferenze del passato. I 18 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 viaggio al sud CREARE CULTURA E RETI PER VINCERE IL LAMENTO di Liberato Canadà S viluppo locale? Per parlarne, a proposito della Basilicata, così come del mezzogiorno d’Italia, cuore del Mediterraneo, bisogna partire da un semplice ma radicale rovesciamento. E cioè smettere di chiedere cosa l’Italia e l’Europa possono fare per il sud e la Basilicata, per chiedersi invece cosa la Basilicata e il mezzogiorno possono fare per l’Italia e per l’Europa. Sul mezzogiorno d’Italia (compresa la Basilicata) esercitano ancora una forte influenza alcune dinamiche storiche, in primo luogo quel processo di emarginazione del Mediterraneo, iniziato con lo spostamento del cuore della storia moderna prima verso il nord Europa, poi verso l’ovest lungo le grandi rotte oceaniche. Bisogna pertanto partire dal presupposto che se non si investe sul Mediterraneo non ci potrà essere sviluppo nel mezzogiorno, e neanche in Basilicata. Senza una politica estera coraggiosa, senza colpire al cuore quell’antica marginalità, sarà molto difficile rimuovere le barriere tra il sud dell’Italia e la normalità del paese, per poi moltiplicare tutte le buone esperienze esistenti nel mezzogiorno e in Basilicata, che sono tante, numerose e significative. Il settentrione d’Italia è composto da regioni che si sentono nel cuore dell’Europa. Si può pensare davvero di affrontare con successo quella che una volta veniva definita “questione meri- Come fare sviluppo in Basilicata, dionale”, se non si costruisce una grande area terra lontana dal cuore d’Europa? Servono di sviluppo euromediterranea, in territori segnati da una distanza ben superiore dal cen- coraggiose politiche di valorizzazione tro del continente? del Mediterraneo. Ma soprattutto Il “sudditoso” vive e vegeta connessioni tra i soggetti locali attivi, per cancellare la parola “sud”… La Basilicata e i mezzogiorni d’Italia erano meno lontani dal resto d’Europa con i Borboni, nel Settecento e nel primo Ottocento. Eppure non si tratta di dipingere un quadro a tinte fosche della Basilicata; piuttosto, occorre esaltarne l’irrimediabile diversità, pur confrontandosi con le patologie e la durezza dei problemi, ma evitando di alimentare una brutta malattia che perdura nel mezzogiorno d’Italia, quindi anche in Basilicata. Occorre, in altri termini, cancellare la parola “sud”, perché evoca sudditanza e subalternità. E il subalterno non fa, ma aspetta che si faccia; non è causa del suo bene e del suo male, ma solo effetto dell’azione e del pensiero altrui; non decide, ma è deciso. Il “sudditoso”, sia in maniera individuale che in forma collettiva, vive e vegeta nella comunità dei sudditi: sconta su di sé il peso antico di dominazioni, di un colonialismo politico e religioso, economico e tecnologico. Di alibi giustificativi ce ne sarebbero a bizzeffe: l’emigrazione degli anni Sessanta e quella più recente del 2006, la povertà, le dinamiche del processo unitario dell’Italia (e poi di quello europeo), l’assenza di infrastrutture sociali e materiali... Ma l’atteggiamento di sudditanza è un sonnifero, produce paralisi, quantomeno lentezza. In Basilicata alcune iniziative, amministrative ed economiche, sono state rese possibili dalle emergenze (sisma, alluvioni, frane), che spesso diventano condizione strutturata, modalità sociale di comportamento, incapace di progettare e programmare azioni di sviluppo. La lentezza, stancante e asfissiante, produce depressione e accidia, generando il lamento. Una delle principali manifestazioni della sudditanza; un atteggiamento che ha contaminato parti sociali, economiche, religiose e politiche, persino educative; una posa che contraddistingue i professionisti del meridionalismo, il quale arI TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 19 nazionale nazionale contrappunto viaggio al sud OLTRE LA GRANDE INDUSTRIA Interno degli stabilimenti Fiat a Melfi (Potenza). I grandi progetti industriali sono importanti, ma non bastano a garantire lo sviluppo della Basilicata, come delle altre regioni meridionali ruola quanti giustificano l’inerzia dolente e fatalista, attribuendola a fattori esterni. Arginare l’inclinazione alla lagna, stimolando e promuovendo iniziativa, creatività, scelte educative e culturali capaci di far emergere un pensiero aperto al Mediterraneo, all’Italia, all’Europa: è questa la leva strategica per poter parlare di sviluppo, non nelle intenzioni ma in azioni prive di ambiguità e di demagogia. Paninoteche, non librerie Gli ostacoli allo sviluppo sono insomma anzitutto culturali. Ma la Basilicata è culturalmente arretrata? Guardando alla fioritura delle idee e al fervore delle intelligenze, alle forme di espressione vitale costituite dalla cultura locale e dalla tradizione popolare e folcloristica, si può dire che la regione non è spenta. C’è vivacità, magari meno cultura civica, ma certo un vivo reticolo di solidarietà familiare e comunitaria, che deriva anche da 20 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 valori e radici cristiane. Si può dire che esista un familismo virtuoso, che consente di ammortizzare disoccupazione, miseria e squilibri sociali dove esistono. Permane inoltre una memoria condivisa, fatta di linguaggi, retaggi e paesaggi comuni. Se per cultura invece si intende l’elaborazione intellettuale dei dotti e l’azione di una classe dirigente, allora si notano le arretratezze. Invece di teatri, librerie, circoli culturali e sociali, quasi ovunque sono nate negli ultimi anni banche, gioiellerie, paninoteche. A riprova del fatto che i soldi (in Basilicata nelle banche sono depositate ingenti somme di denaro) dove ci sono non portano automaticamente cultura. Inoltre nel mezzogiorno d’Italia, e soprattutto in Basilicata, non esistono media (tv e giornali) di dimensione nazionale che parlino all’Italia; la Basilicata non è vista, non è letta. Come l’intero mezzogiorno d’Italia, è sottorappresentata; il baricentro della politica, dell’economia e dei media è spostato nel settentrione d’Italia, cuore d’Europa. Con altre parole, si può dire che in Basilicata si è seccato l’albero delle élite, la pianta che produce classe dirigente. In passato erano i notabili, il clero, gli agrari; poi è arrivata la borghesia statale, decorosa e rispettabile: la maestra, il maresciallo, il segretario comunale, l’impiegato alle poste o alle ferrovie. Oggi, declinate le precedenti classi dirigenti e tramontato il ceto cresciuto all’ombra dei partiti, chi emerge lo fa per proprio conto, indipendentemente e individualmente. Il tessuto delle relazioni sociali è sfilacciato, quello civico è debole, e all’orizzonte non si vede una classe dirigente in formazione, impiantata in un terreno culturale originale e meridionale. Parlare di sviluppo, in Basilicata oggi, significa dunque promuovere e favorire le connessioni (che mancano) tra soggetti (della cultura, della società, dell’imprenditoria) attivi e creativi; ovvero favorire e promuovere connessioni per dare vita a reti fatte non di rapporti subalterni, ma virtuosi. Fatte anche da una buona politica, oltre che da una libera mediazione culturale, da una sana e competente imprenditoria. In Basilicata, come nel resto del mezzogiorno, chi riuscirà a riconnettere questi rapporti virtuosi potrà guidare processi di sviluppo locale autentici, duraturi e rispettosi delle persone e delle comunità locali. Non c’è altra strada, per voltare la pagina della sudditanza e del lamento. MAFIA, IMPRESA ANTICA IL PIZZO È UN MALE INCURABILE? di Domenico Rosati ntroduzione leggera. Leggerlo in francese fa un certo effetto. “Usure, racket, fraude: la mafia, première entreprise d'Italie”. Ma suscita un amaro compiacimento. Dopotutto è sempre esportazione d’immagine. Che parlino di noi, anche male, purché ne parlino. Non è la prima regola della comunicazione pubblicitaria? La recente inchiesta della Confesercenti, che segnala il volume degli affari mafiosi, è stata ampiamente divulgata in Italia. Ma pure all’estero, per esempio dal compassato Le Figaro, pronto a evidenziare che les italiens dopotutto non devono essere così pigri e fannulloni, se mettono in campo un volume annuo di più di 90 miliardi I dei collegi elettorali”. Pure in Sicilia “non è possibile a un candidato vincere un’elezione politica o amministrativa se (la mafia) non assicura la sua protezione”; vi sono “patroni” della mafia in parlamento e “il governo ha le sue bene intese relazioni coi grandi elettori mafiosi”. Rafforzamento delle strutture Vicenda immutabile? Priva di segni di speranza? Se il presente rivela non un di euro di profitti, pari al 7% del Pil indebolimento, ma un rafforzamento peninsulare (senza contare i proventi delle strutture mafiose e camorriste (e Un sistema economico dei traffici di armi e droga), in un quaciò rinvia anche alla connivenza grandioso, una vicenda dro di economia diffusa che coinvolesplicita o tacita con il potere di turdi intrecci perversi ge, secondo l’indagine, 160 mila comno), vi sono tuttavia recenti episodi e con la politica. mercianti, puntuali pagatori del piztestimonianze che, prima delle leggi e Le notizie di oggi zo, import mafieux corrisposto a Madopo le leggi, lasciano immaginare non si discostano dalle fia Spa, impresa agile e capillare. una possibile evoluzione, della cultuanalisi di un secolo fa. Dopo l’introduzione leggera, inra prima che delle abitudini. Il primo Ma ci sono segni episodio è il gesto del vescovo (uscentermezzo archeologico (in inglese). di evoluzione te) di Locri, Giancarlo Bregantini, che Quando si discute dei mali d’Italia, della cultura. Che consulto un’altra inchiesta, L’Italia va a Duisburg a chiedere perdono per alimentano la speranza di oggi, datata 1904 e curata dai una sanguinaria vendetta di ‘ndrangiornalisti inglesi Bolton King e gheta e nel contempo invita al perdoThomas Okey. Cosa si pensava un secolo fa del crimine no reciproco, chiedendolo in primo luogo alle donne calaorganizzato in Italia? L’impressione è quella di un bene- bresi, delle quali, lui trentino, ha compreso il ruolo di cuvolo ottimismo. Intanto si parlava solo di camorra na- stodi delle regole d’onore che includono la morte per chi poletana e mafia siciliana, senza citare la ‘ndrangheta abbia fatto sgarbo alla famiglia. Il secondo è l’annuncio decalabrese. Inoltre ci si sbilanciava alquanto nel descri- gli industriali di Agrigento, che intendono espellere dall’asvere in negativo la camorra e nel concedere alla mafia sociazione gli imprenditori che pagano il pizzo. (da intendersi persino come “forma degenerata di caPoca cosa, anche considerando i recenti arresti ecvalleria”, “aristocrazia criminale”) addirittura un velato cellenti in Sicilia, a fronte del “sistema economico” deapprezzamento dei metodi praticati. scritto e delle sue capacità di riproduzione in un conteUn punto di sovrapposizione tra camorra e mafia ve- sto di disoccupazione e di precariato sovrabbondante; e niva comunque rintracciato nella comune propensione anche di fronte al triste teatro dei conflitti tra figure istia usare la politica per proteggere traffici e affari illeciti. A tuzionali pagate per stroncare la criminalità organizzaNapoli e dintorni “il governo dà il suo tacito appoggio a ta. Ma i segni restano e, spesso, sostengono la pazienza, un sistema che a sua volta gli assicura la maggioranza contrastano l’indifferenza e alimentano la speranza. I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 21 panoramacaritas L’APPELLO L’APPELLO Sidr sconvolge il Bangladesh, bisogna pensare a ricostruire Somalia verso la catastrofe, gli sfollati sono un milione I a crisi in atto in Somalia? Una “catastrofe umanitaria”. Per la quale il 21 novembre anche papa Benedetto XVI ha lanciato un appello “affinchè si trovino soluzioni pacifiche e si rechi sollievo a quella cara popolazione”. Il conflitto tra milizie islamiste antigovernative e truppe occupanti etiopi (intervenute nel paese a inizio anno a supporto del governo transitorio) ha l’epicentro a Mogadiscio, ma lacera l’intero paese. Il totale di sfollati e rifugiati, a causa dei combattimenti, è ormai di un milione di persone, compresi 400 mila sfollati di vecchia data. Ma tra ottobre e novembre, in sole tre settimane da Mogadiscio sono scappate almeno 200 mila persone. Quaranta ong attive nel paese (tra cui Caritas Somalia) hanno sottoscritto una dichiarazione comune, denunciando di non poter “rispondere efficacemente alla crisi, perché l’accesso e la sicurezza si deteriorano in modo drammatico, mentre i bisogni aumentano. La comunità internazionale e le parti coinvolte nel conflitto hanno la responsabilità di proteggere i civili, consentire l’azione di aiuto, rispettare lo spazio umanitario”. Le Nazioni Unite, che hanno dichiarato che la Somalia è la peggior crisi in atto in Africa, calcolano che nella sola prima metà di novembre gli sfollati da Mogadiscio verso le campagne, dove non trovano sostentamento, siano stati circa 173 mila. Cosa sta accadendo? Abbandonata l’azione politica, il governo somalo e l’alleata Etiopia puntano sul pugno di ferro per schiacciare le resistenze di Mogadiscio; senza troppi scrupoli per la sorte dei civili, stando ai rapporti di Human Rights Watch. Monsignor Giorgio Bertin, amministratore apostolico di Mogadiscio e presidente di Caritas Somalia, ha riconosciuto a metà novembre che «al momento è difficile intravedere una soluzione. Il dramma somalo va però inserito nel contesto regionale e internazionale. Le crisi dell’Africa orientale, un arco che va dalla Somalia al Sudan, hanno almeno due elementi comuni: il diffondersi di un certo estremismo, che usa in maniera irresponsabile la religione per perseguire i propri scopi politici, e la lotta di diverse potenze per il controllo delle risorse locali». Caritas Somalia, con altre organizzazioni, tra cui Islamic Relief (organizzazione umanitaria islamica basata in Inghilterra), ha promosso il progetto “Aiuto d’urgenza agli sfollati”: prevede la distribuzione di viveri, acqua potabile, teli di plastica per rifugi e beni non alimentari in un campo spontaneo di sfollati a una ventina chilometri da Mogadiscio. Permetterà di assistere 1.080 famiglie per tre mesi; Caritas Italiana intende contribuire con 30 mila euro e per farlo si rivolge alla solidarietà degli italiani. l ciclone Sidr, abbattutosi sulle coste meridionali del Bangladesh a metà novembre, ha lasciato dietro di sé cifre impressionanti, specchio di una distruzione radicale e diffusa. Migliaia le vittime (forse diecimila, o più: a fine novembre non erano ancora noti i dati ufficiali), circa 5 milioni le persone interessate dal fenomeno, oltre un milione di esse rimaste senza tetto, per aver visto spazzata via o fortemente danneggiata la propria abitazione. Di fronte a un’emergenza tanto acuta, la Caritas locale si è subito messa all’opera, con il supporto della rete internazionale Caritas. Caritas Bangladesh ha potenziato la distribuzione di aiuti di emergenza avviata già in estate, dopo le alluvioni che avevano preceduto Sidr, e intensificato l’attività dei 35 dispensari medici che coordina nel paese. Caritas Italiana ha lanciato un appello a fedeli, cittadini, gruppi e istituzioni perché sostengano l’intervento d’emergenza, ma soprattutto il Programma di ricostruzione che Caritas Bangladesh e il network internazionale Caritas hanno delineato. Esso prevede aiuti per circa 6,5 milioni di euro e si articola in tre fasi, di breve, medio e lungo periodo, in nove distretti (Khulna, Bagerhat, Satkhira, Barguna, Potuakhali, Barisal, Gopalganj, Madaripur, Chittagong). La prima fase durerà per 3-4 mesi: verranno distribuiti a 51 mila famiglie aiuti alimentari e generi di prima necessità non alimentari (teli di plastica, utensili per cucina, zanzariere, vestiario, coperte, lenzuola, saponi); inoltre a 18 mila famiglie sarà data l’opportunità di lavorare nei progetti in atto e si provvederà alla distribuzione di sementi e utensili agricoli, per la piscicoltura e l’allevamento di pollame a circa 4.500 famiglie. Nella seconda fase, di ricostruzione e riabilitazione, oltre 24 mila famiglie riceveranno generi di conforto essenziali alla ripresa delle normali attività quotidiane, verranno ricostruite o ristrutturate abitazioni e servizi igienici per 10.100 famiglie, saranno riparate o ricostruite 57 scuole. Infine la terza fase riguarda un piano di prevenzione di futuri disastri, con la costruzione di altri 50 rifugi anticiclone (che si aggiungono ai 200 già esistenti costruiti negli anni grazie al contributo, tra gli altri, di tante Caritas e anche di Caritas Italiana), di cui potranno beneficiare 100 mila persone, utilizzabili anche come centri comunitari, nei periodi non di emergenza. Caritas Italiana ha stanziato, per i primi aiuti, 200 mila euro; le realtà Caritas attive nel paese faranno da riferimento anche per l’impiego dei 2 milioni di euro, stanziati per l’emergenza dalla Conferenza episcopale italiana. INFO www.caritasitaliana.it 22 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 L MARCIA SERVIZIO CIVILE Papa Giovanni “guida” i passi per la pace Bando speciale, Napoli investe sulla legalità La Marcia della pace di fine anno (la 40ª organizzata da Caritas Italiana, Pax Christi, Commissione episcopale per problemi sociali, giustizia e pace, con il concorso della diocesi locale) si svolgerà il 31 dicembre tra Sotto il Monte e Bergamo, “Sulle orme del beato Papa Giovanni XXIII”. Il 2008 sarà infatti l’Anno giovanneo: la marcia rivisiterà l’insegnamento sulla pace del pontefice nato a Sotto il Monte, approfondendo nel contempo il Messaggio dell’attuale papa, Benedetto XVI, per la celebrazione della 41ª Giornata mondiale della pace (in programma il 1° gennaio 2008), dedicato al tema “Famiglia umana: comunità di pace”. L’appuntamento è per il pomeriggio del 31 dicembre a Sotto il Monte e Seriate, alle porte di Bergamo, verso cui si snoderà la marcia. Annunciato nel novembre 2006, nel periodo “caldo” dell’emergenza criminalità in Campania, il Bando speciale di servizio civile per Napoli sulla legalità è stato pubblicato il 25 settembre, dopo una lunga preparazione. L’obiettivo era coinvolgere duemila giovani residenti in Campania in progetti di utilità sociale, in particolare iniziative a sostegno della legalità. Per la prima volta una quota di posti, il 20%, è stata riservata a ragazzi provenienti da situazioni disagiate e con bassa scolarità. Caritas Italiana, attraverso le Caritas diocesane campane (Napoli, Pozzuoli, Pompei e Acerra), ha proposto sette progetti (tre a Napoli, quattro in provincia), che vedranno in servizio ben 176 giovani. Tutti i progetti partono agli inizi di dicembre. INFO www.caritasitaliana.it www.chiesacattolica.it/lavoro Giornate di intense relazioni e approfondito confronto. CONVEGNO CARITAS Il cuore vede, ecco gli atti di Montecatini Con un filo conduttore: la riflessione sul ruolo di animazione alla carità nei territori, alla luce dell’enciclica papale Deus Caritas est. Il 31° Convegno nazionale delle Caritas diocesane, svoltosi a Montecatini nello scorso giugno, aveva per titolo Al di sopra di tutto. “Un cuore che vede” per educare alla carità. Ora gli atti dell’assise nazionale sono raccolti in un volume, pubblicato da Caritas Italiana, che reca lo stesso titolo e ricostruisce con fedeltà i contenuti del confronto di Montecatini. INFO Caritas Italiana, tel. 06.66.17.70.01 COOPERAZIONE Sviluppo, iscrizioni a Spices 2008 Scade sabato 22 dicembre il termine per iscriversi a Spices 2008. La Scuola di Politica internazionale Cooperazione e Sviluppo, che inaugura il suo 17° anno di lezioni, è promossa da Volontari nel mondo-Focsiv, in collaborazione con Caritas Italiana e Ucsei (Ufficio centrale studenti esteri in italia), con il patrocinio della Pontificia Università Gregoriana. Spices è una scuola di perfezionamento, la cui offerta formativa è strutturata in due percorsi: area politicogiuridica internazionale e area socio-economica internazionale, introdotti da un ciclo propedeutico. La Scuola ha nella dottrina sociale della Chiesa uno dei riferimenti fondamentali e si avvale della collaborazione di docenti universitari, funzionari governativi e personale di organizzazioni internazionali e ong. I corsi sono destinati a persone in possesso di diploma di laurea e a chi è impegnato nel mondo dell’associazionismo, delle istituzioni, della scuola, delle ong o a chi, pur lavorando in altri settori, voglia approfondire tematiche legate alla solidarietà internazionale e alla cooperazione allo sviluppo. I corsi hanno durata annuale e prevedono 160 ore di lezione da gennaio a giugno, seminari su temi di attualità, stage in Italia o all’estero; esame finale tra novembre e dicembre. INFO [email protected] www.focsiv.it INFO www.caritasitaliana.it I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 23 internazionale progetti > promozione dei diritti umani MICROPROGETTI La sanguinosa repressione delle manifestazioni per la democrazia in Myanmar ci ricorda che ancora oggi – nel 2007, Anno europeo delle pari opportunità per tutti, a quasi 50 anni dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo – nel mondo vengono sistematicamente violati i diritti umani. Che sono un concetto in continua evoluzione e comprendono i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali, ma anche i diritti di solidarietà per i popoli, come il diritto alla pace o allo sviluppo. E riguardano anche gli aspetti legati al rispetto dell’esistenza umana, al cospetto delle nuove tecnologie e della manipolazione genetica. Un campo d’azione vastissimo per chi, come Caritas Italiana, cerca di farsi paladina della dignità di ogni uomo. [ 24 MODALITÀ OFFERTE E 5 PER MILLE A PAGINA 2 LISTA COMPLETA MICROREALIZZAZIONI, TEL. 06.66.17.72.28 COSTA D’AVORIO Contro la mutilazione femminile Marahandallah è una zona di savana erbosa. La gente (circa duemila abitanti nei villaggi) è stremata a causa della lunga guerra civile e delle malattie, in particolare l’Aids. La povertà diffusa si accompagna spesso a una progressiva emarginazione delle donne. Con l’aiuto di alcuni missionari, il programma prevede l’acquisto di materiali utili ad avviare attività agricole e di allevamento domestico che consentano, contestualmente, il varo di un progetto di sensibilizzazione contro la mutilazione genitale femminile. > Costo 4.618 euro > Causale MP 327/07 Costa d’Avorio Bosnia Erzegovina Nicaragua Costa d’Avorio ] Bangladesh CAMERUN Un minimo di dignità per i detenuti La prigione di Bafoussam è stata costruita agli inizi degli anni Cinquanta. I detenuti sono 1.300: in condizioni di estremo disagio vivono insieme minori, donne e adulti; ognuno ha a disposizione poco meno di 2 metri quadrati di spazio. Ogni cella è abitata da più di 80 detenuti ed è solitamente priva di servizi sanitari. In questa situazione, si registra in media un morto a settimana a causa di periodiche epidemie. Il progetto prevede l’installazione di servizi igienici, per prevenire la diffusione di infezioni e restituire un minimo di dignità ai prigionieri. > Costo 4 mila euro > Causale MP 319/07 Camerun NICARAGUA BOSNIA ERZEGOVINA Partecipazione comunitaria attorno al lago Sostegno alle associazioni dei familiari Le parrocchie tutelano i “fuori casta” In Nicaragua, in un clima di insicurezza, corruzione e violenza, si segnalano quotidiane violazioni dei diritti umani, specie dei più poveri ed emarginati. In questo scenario la Caritas si impegna per promuovere valori di solidarietà, fratellanza e tolleranza, tramite iniziative che consentano alla popolazione di prendere coscienza e mobilitarsi in difesa dei propri diritti. Nelle diocesi di Juigalpa e Granada, intorno al lago Nicaragua, Caritas conduce il progetto pilota (che potrà essere utile anche per altre diocesi) di durata triennale “Diritti umani e partecipazione comunitaria”. Esso prevede l’elaborazione di materiale didattico, la qualificazione di persone che, a loro volta, saranno formatori nelle comunità, l’attivazione di tavoli di lavoro e agende sociali sui temi della cultura democratica e dei diritti umani. > Costo 22 mila euro > Causale America centrale / Nicaragua In Bosnia Erzegovina il “Progetto per il supporto alle vittime di violenza attraverso il rafforzamento delle associazioni dei familiari” è rivolto a diverse comunità (croate, serbe, musulmane) ed è mirato a potenziare le capacità di associazioni nate spontaneamente, che riuniscono i genitori e familiari degli scomparsi e più in generale delle vittime di violenza della guerra. Lo scopo finale è offrire sostegno qualificato alle famiglie che hanno subito sofferenze e promuovere È la parrocchia l’unità chiave per la promozione dei diritti umani che Caritas Bangladesh valorizza nel suo “Programma di educazione ai diritti umani”: i parroci e i ministri di giustizia e pace operanti nelle parrocchie diventano strumenti di educazione per le comunità vittime di abusi e ingiustizie, legati in particolare alla proprietà della terra, al lavoro e subiti soprattutto dai “fuori casta”. Caritas Italiana dal 2001 supporta questo progetto, che nelle fasi precedenti ha visto la formazione degli operatori di giustizia e pace a livello diocesano e parrocchiale. La prossima fase vedrà la realizzazione di programmi di educazione ai diritti umani e supporto legale nelle parrocchie e la creazione di diversi strumenti di sensibilizzazione (newsletter, poster, ecc). > Costo 11 mila euro (contributo Caritas Italiana) > Causale Bangladesh / diritti umani I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 BANGLADESH azioni di denuncia e protesta per la tutela dei loro diritti, svolgendo un’azione di pressione anche nei confronti delle autorità internazionali. L’azione della chiesa, a sostegno delle associazioni di familiari, serve anche a ritessere legami, dentro le comunità e tra le comunità, danneggiati da anni di conflitti e divisioni. > Costo 15 mila euro > Causale Bosnia Erzegovina /associazioni famiglie I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 25 internazionale algeria RETATE TRA LE PIETRE L’AFRICA CHE NON ARRIVA AL MIRAGGIO D’OLTREMARE La polizia algerina blocca nel deserto del Sahara gruppi di migranti provenienti dai paesi centrafricani di Umberta Fabris fotoservizio di Hamza Bahri L’Algeria, come gli altri paesi del Maghreb, sempre più spesso diventa terminale dei flussi di migranti in fuga dai paesi subsahariani verso l’Europa. Partiti con grandi attese, si arenano nel deserto. In una vita di paura e stenti… amanrasset è una città di recente costruzione, dominata dal massiccio dell’Hoggar, che incombe su di essa con i suoi fiabeschi paesaggi lunari di deserto di pietra. Nel 1966 contava meno di tremila abitanti, oggi ne ha quasi centomila. È città commerciale e meta irresistibile per i turisti. È soprattutto un punto di incontro, nel sud dell’Algeria, delle piste che arrivano da Mali e Niger: qui si dà appuntamento l’Africa del Sahel, nell’attesa e nella speranza che si apra una porta verso il nord. Poco visibili, migliaia di camerunesi e malesi, congolesi e ivoriani, sopravvivono trovando rifugio nelle rocce vicino alla città algerina. Il deserto è attraversato e vinto, l’Europa sembra più vicina e a portata di mano. Molti dei migranti sperano in un lavoro che permetta poi di proseguire il viaggio verso la frontiera marocchina seguendo l’asse sud-nord (cioè passando per Algeri, via In Salah e Ghardaia) o il meno frequentato sudnord-ovest (attraverso Orano, passando per Adrar e Béchar). Poi, una volta in Marocco, non resta che attraversare lo stretto di Gibilterra. Questi sventurati cominciano a esistere per i governi e T 26 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 l’opinione pubblica europei quando sbarcano sulle coste italiane o spagnole, o quando i loro “barconi della morte” spariscono nel mare; prima, però, uomini e donne e bambini affrontano autentici itinerari della disperazione, percorsi irti di ostacoli e di difficoltà inenarrabili, in cui il sogno si trasforma spesso in fallimento, in incubo, in tragedia. Una trentina di nazionalità Quando giungono in Algeria, hanno già percorso migliaia e migliaia di chilometri e attraversato fino a otto paesi diversi via terra, utilizzando vari mezzi di trasporto: barca o piroga, autobus, taxi, camion. Gli itinerari variano a seconda del paese di provenienza, ma tutte le strade, prima di entrare nel grande paese del Maghreb, convergono verso due città: Gao in Mali e Arlit in Niger. Da qui il passaggio verso Tamanrasset. I viaggi durano da un minimo di quindici giorni a più anni, e non è solo la distanza a determinarne la durata: l’elemento decisivo è quello economico. Sono rari i casi di chi parte con i mezzi sufficienti per coprire la distanza in una sola volta, e quando si viaggia in famiglia le cose si complicano ancora di più. Il popolo dei migranti subsahariani convoglia in Algeria una trentina di nazionalità: i più numerosi sono nigerini, maliani, camerunesi, nigeriani. Ma quanti sono? Difficile dirlo: le stime ufficiali sono approssimative e di accesso pressoché impossibile, anche se il fenomeno è sempre più oggetto di studio. Secondo il Cisp (Comitato internazionale per lo sviluppo dei popoli), ong che lavora in Algeria dal 1996 a un progetto in questo settore, sarebbero più di centomila all’anno le persone che arrivano nel Maghreb dai paesi a sud del Sahara. Il vecchio continente rimane l’eldorado, ma le frontiere europee sono sempre più invalicabili e tanti emigrati finiscono per scegliere di rimanere in Algeria, che non è più soltanto uno scalo (così come a est Libia e Tunisia e a ovest le Isole Canarie) in direzione Marocco e poi Spagna. Sono i giovani sotto i 30 anni che non rinunciano alla traversata del Mediterraneo, mentre le incognite e i rischi del viaggio dissuadono i più adulti, che spesso hanno con sé moglie e figli. Nei confronti dei migranti, poco a poco si è operato un cambiamento di attitudine da parte delle autorità algerine, passate da una sorta di passività poco amica a una repres- sione poliziesca più o meno dura a seconda del periodo. Il cambiamento non è estraneo alle ferme sollecitazioni dell’Unione europea, che sembra decisa a fare dei paesi del Maghreb il terreno di repressione di ogni tentativo di passaggio dall’altra parte del Mediterraneo. Così il flusso migratorio risulta ulteriormente rallentato, a causa dei controlli più severi, e ciò spinge a cercare sempre nuove piste clandestine, meno esposte, ma più pericolose e costose. Anche rastrellamenti e rimpatri forzati sono sempre più frequenti: per i migranti che raggiungono Algeri, spesso dopo diversi mesi dal loro arrivo nel paese, è aumentato sensibilmente il rischio di essere rimandati al punto di partenza. Il rallentamento del flusso migratorio, inoltre, lo rende più visibile e concorre a dare l’impressione di un aumento del numero dei migranti clandestini subsahariani in transito. Tale quadro può essere applicato, con qualche distinzione, anche agli altri paesi del Maghreb, che si sono poco a poco trasformati in paesi di immigrazione. Tutto ciò aggrava le difficoltà della popolazione migrante: sfruttamento dei pochi uomini che trovano un lavoro per sopravvivere; precario stato di salute fisico e molte volte psichico; ricorso a espedienti e illeciti per garantirsi la soI TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 27 internazionale algeria pravvivenza (traffici e falsificazioni di documenti e biglietti, prostituzione, spaccio e consumo di droghe, ecc); gravi difficoltà di integrazione con la popolazione locale a causa di relazioni spesso conflittuali e atteggiamenti razzisti. Il desiderio di rientrare Tra coloro che si occupano dei migranti, ci sono anche la chiesa protestante e la chiesa cattolica (in essa la Caritas) algerine, che hanno dato vita all’associazione ecumenica Rencontre et Developpement (“Incontro e sviluppo”), presieduta da un Padre bianco olandese, Jan Heuft, con presidenti onorari monsignor Henri Teissier, arcivescovo di Algeri, e il reverendo Hugh Johnson, pastore delle Chiese protestanti d’Algeria. L’obiettivo dell’associazione è aiutare i molti clandestini che arrivano con mille bisogni, talvolta in condizioni fisiche o con situazioni familiari compromesse, che richiedono interventi tempestivi. Un giovane padre bianco italiano, Paolo Maccario, per conto dell’associazione ha realizzato nel 2003 un rapporto-inchiesta sulle migrazioni clandestine subsahariane attraverso l’Algeria. Si è trattato di una prima base di studio di un fenomeno la cui evoluzione va verso l’aggravamento. “All’origine – vi si legge – ci sono fattori di ordine economico, legati alla povertà, e di ordine politico, legati ai conflitti armati interet- nici, alle persecuzioni etniche e religiose. (...) Il sistema dei visti per accedere in Europa e la creazione dello spazio Schengen hanno contribuito allo sviluppo di organizzazioni migratorie clandestine, soprattutto in Algeria e Marocco. Esse rappresentano ormai, per i candidati all’emigrazione, la sola possibilità di realizzare il loro progetto”. A Tamanrasset molti migranti incrociano i Piccoli Fratelli di Gesù, minuscola presenza cristiana stabile, composta da una comunità di religiose e una manciata di laici, che vegliano sui luoghi dove visse e morì Charles de Foucauld. Martine, Piccola Sorella del Sacro Cuore, racconta di incontri quotidiani, in un clima che sembra di permanente emergenza: «Continuiamo a incontrare persone che arrivano dal sud: alcuni prendono coscienza di essere stati truffati da reti di “passatori” nei loro paesi di origine, arrivano da noi perché non sanno più come andare avanti. Soprattutto, continuiamo a incrociare quelli che sono rispediti indietro. Magari dopo essere stati in prigione per anni in Marocco o in Algeria, o essere stati abbandonati al confine con il Mali, alla frontiera di Tinzaouaten, che ha reputazione di inferno: alcuni, che non sanno dove andare e non hanno i soldi per tornare a Tamanrasset, disperati saltano sui camion, a volte a prezzo della vita. Quelli che hanno i soldi viaggiano in 25 in media su una jeep, sfidando le piste clandestine e gli imbrogli dell’autista. A volte cadono dalle macchine e devono farsi a piedi fino a trenta chilometri, prima di arrivare qui…». A Tamanrasset, l’incubo dei migranti continua. Le condizioni di vita sono di estrema insicurezza. La prima, grande paura è farsi prendere dalla polizia: così ci si rende sempre più invisibili. «Basta che nei rifugi sul limitare del deserto uno di loro gridi nella notte, per paura di un animale – prosegue Sorella Martine –, che tutti fuggono allarmati, credendo che arrivi la polizia, e molti si feriscono sulle pietre. A piccoli gruppi alcuni vengono a pregare con noi, se la messa è celebrata in pieno giorno, ma la sera non rischiano. Oppure li vediamo vicino a un muretto, dove si radunano sperando che qualcuno li ingaggi per un nuovo lavoro, ma di colpo si sparpagliano, VIVERE INSABBIATI Vincent, tredici anni in fuga ha deciso che è meglio tornare Migranti africani a Tamanrasset. In molti restano bloccati nei paesi del Maghreb, senza risorse e permessi per proseguire Era scappato dal Ruanda. Porta con sé la figlia di tre anni, ma ha perso la moglie. Chiede aiuto a un centro d’ascolto di Algeri: vuole fare rotta di nuovo verso sud di Anna Pozzi incent dimostra almeno 45 anni, forse qualcuno in più. Dal 1994 vaga per l’Africa, da quando il genocidio che ha devastato il suo popolo lo ha costretto a lasciare il Ruanda. Racconta di un periplo infinito, attraverso Tanzania, Centrafrica, Mali, sino ad arrivare ad Algeri. Da qui, dalla capitale algerina, vuole ripartire. Questa volta per tornare indietro. Mali, forse. O forse più a sud. «On verra… Inshallah! Si vedrà… se Dio vuole!». È l’unica parola di arabo che ha imparato nei pochi giorni trascorsi ad Algeri; l’unica, inevitabile parola, in un contesto in cui la vita di un migrante è appesa veramente alla volontà di Dio. V 28 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 Vincent si presenta, una mattina di ottobre, al centro d’ascolto di Rencontre et Développement. C’è molta gente, come tutte le mattine. Quasi tutti migranti subsahariani, qualche anziano algerino. Tutti con un problema. Molti sono habitué del luogo. Alcuni vivono qui da diversi anni, sono sopravvissuti al deserto, alla sete, alla polizia… Hanno rischiato la loro vita per arrivare sin qui e non tornano indietro. Ma non vanno neppure avanti. Il sogno di tutti è l’Europa. Ma sono pochi ad ammetterlo. Molti sono senza documenti, alcuni hanno passaporti falsi, una buona parte ha un foglio dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Acnur), che li classifica come “richiedenti asilo”. Po- quando passa la macchina della polizia…». Da affrontare, poi, c’è una realtà quotidiana ai limiti della sopravvivenza. Per mesi, talvolta per anni: «Una volta in pieno inverno, nel corso di un’uscita nel deserto, ho scoperto una dozzina di senegalesi. Ero sconvolta: uomini persi come su un’isola, che da un anno si trovavano in quel posto, senza potere né proseguire né tornare indietro. Qualche tempo dopo la polizia è passata a distruggere e a bruciare il loro accampamento di miseria». Di fronte a tante immani difficoltà, alcuni migranti manifestano il desiderio di rientrare in patria. Rencontre e Développement favorisce questi ritorni (176 nel 2006). Tamanrasset è l’ultima tappa in terra d’Algeria. Nel dicembre 2006 l’associazione vi ha organizzato un incontro, invitando diversi gruppi che operano a favore dei migranti. È stata un’occasione di dialogo, in vista di una migliore collaborazione, con realtà associative e missionarie operanti anche nei paesi di provenienza dei migranti. Così Rencontre et Développement ha cominciato a progettare l’erogazione di piccoli finanziamenti, a cui possono accedere i rimpatriati in Congo, Ciad, Togo e Camerun, per realizzare microprogetti di sviluppo. La strada che conduceva verso il miraggio Europa può concludersi dove era partita. E non è detto, dopo tanto soffrire, che sia una sconfitta. do qualche poliziotto poco clemente non lo straccia senza ritegno, sbattendo con un pretesto il malcapitato in prigione. Da queste parti, gli africani non trovano accoglienza calorosa. Specialmente presso le forze dell’ordine. Neppure uno spicciolo chissimi lo otterranno: il governo algerino non li favorisce per nulla; alcuni attendono anni, anche cinque o sei, senza ottenere risultati. Quel foglio di carta, però, garantisce loro un’identità e una “protezione”. Per lo meno, sin quan- Vincent è stufo di tutto questo. Ha dormito dentro alcuni scatoloni in un palazzo in costruzione ed è stato maltrattato dalla polizia. In pochi giorni si è reso conto che non può farsi una nuova vita ad Algeri. Tanto più con la figlia di tre anni che si porta appresso. Princesse, Principessa, è I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 29 internazionale algeria dolce e gentile, parla un ottimo francese per la sua età, si vede che è beneducata… Sta incollata al papà senza un lamento o una protesta. Chissà cosa ha già visto e passato. La storia che Vincent racconta non è del tutto convincente. Ma come molti immigrati, si è abituato a raccontare storie. È un modo per proteggersi, non potendo fidarsi di nessuno. Ci vuole molto tempo e molta confidenza per conoscere tutta la verità. Lui dice di essere partito dal Mali insieme alla moglie, che però si è persa chissà dove nel deserto: è sicuro che, non avendo potuto passare la frontiera, sia rientrata a Bamako, ma da qualche settimana non ha sue notizie. Spera di incontrarla di nuovo laggiù. Ed è là che, ad ogni modo, vuole andare. Per questo si è rivolto a Rencontre et Développement. Come molti migranti, ha saputo dell’associazione attraverso il passaparola. Non c’è bisogno di farsi pubblicità, in questi casi. La serietà del lavoro, la capacità di accogliere e ascoltare, oltre che di aiutare, hanno fatto dell’associazione un punto di riferimento obbligato per moltissimi migranti subsahariani. Vincent chiede di ripartire. Non sono in molti a farlo, ma neppure pochissimi: una media di due-tre alla settimana. Ci vuole coraggio per tornare indietro, tanto quanto quello richiesto dal viaggio di andata. Almeno alla partenza c’era speranza, oltre che disperazione, a spingere verso un viaggio di settimane in condizioni aberranti, at- traverso il Sahara, con mezzi a dir poco di fortuna… Ma al ritorno c’è solo la sconfitta. C’è la vergogna di non essere riusciti a raggiungere l’agognato “paradiso”, di tornare a mani vuote, di un sogno infranto che la famiglia non potrà fino in fondo capire e accettare. Vincent pensa forse di essere troppo vecchio per andare avanti e che Princesse è troppo piccola per sopportare altri viaggi e altre difficoltà. Eppure è pronto ad affrontare di nuovo il deserto. Perché quello che offre Rencontre et Développement è un viaggio via terra, a tappe. Ad ognuna, c’è qualcuno che accoglie e che paga il biglietto per la tratta successiva: Algeri-Ghardaia, di qui verso Tamanrasset o Adrar, poi Gao e Bamako, in Mali, per proseguire Le esistenze che si perdono nel “mare asciutto” della Libia eventualmente sino ad Abidjan, in Costa d’Avorio, o addirittura a Cotonou, in Benin, e magari in Camerun o persino nella Repubblica democratica del Congo. Vincent sente di potercela fare. O forse non ha scelta. Non ha nulla: solo gli abiti che porta addosso, nessun documento, neppure uno spicciolo in tasca. Ma non osa chiedere niente, solo un po’ di cibo e d’acqua per la bambina. L’incaricato di Rencontre et Développement prepara un modulo che dovrebbe garantirli dai soprusi della polizia. Dovrebbe… Vincent e Princesse mettono qualche pezzo di pane e una bottiglia d’acqua in un sacchetto di plastica. Sono pronti. Viaggio di ritorno verso l’Africa. Forse – finalmente – verso una casa. Inshallah! VIAGGIO A OSTACOLI Clandestini intercettati di notte nel deserto algerino, passaggio verso le coste iberiche. I transiti verso l’Italia avvengono invece soprattutto tramite la Libia, dove i migranti africani ricevono talvolta un trattamento assai duro La nostra ex colonia è terra di passaggio dei migranti, spesso alle prese con il deserto. Ma anche approdo finale per molti stranieri, aiutati dalla Chiesa cattolica di Francesco Spagnolo er l’Italia, la Libia è generalmente intesa come l’altra sponda di uno stesso mare, il “casello d’ingresso” di un flusso immigratorio costante e incontrollabile, che ha nelle nostre coste il punto di arrivo. Nelle parole di monsignor Giovanni Martinelli, vescovo di Tripoli, la Libia torna invece ad essere descritta con una luce diversa. Forse perché il vescovo in quella terra c’è pure nato... Monsignor Martinelli descrive una Libia che è molto di più di quello che normalmente si conosce. A partire dal suo ruolo di importante partner commerciale per l’Italia, tramite la presenza della compagnia petrolifera Eni. Ma apre uno squarcio anche sui fenomemi di oggi: immigrazione incontrollata da altri paesi e droga tra i giovani, problemi simili a quelli che deve affrontare un paese sviluppato. La Chiesa cattolica libica, anche tramite la sua Caritas, è impegnata in questi due ambiti con altrettanti progetti. Lavora sul problema della tossicodipendenza tra i giovani, in crescita negli ultimi anni per via di una certa agiatezza delle ultime generazioni, che spesso sconfina nella noia. L’obiettivo, in questo caso, è far prendere coscienza alla società libica di questa realtà, per poterla prevenire. P 30 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 L’altro progetto riguarda la questione dell’accoglienza dei tanti immigrati che, provenienti dall’Africa subsahariana, passano le frontiere libiche. Frontiere, a dire il vero, invisibili, ben marcate solo sulle carte geografiche, ma che nella realtà del deserto del Sahara hanno la definitezza che possono avere le dune di sabbia. Un “mare asciutto”, in cui non si sa bene quanti congolesi, eritrei o nigeriani sono morti, nel tentativo di arrivare nelle città o sulle coste libiche, per cercare un lavoro o una sistemazione, oppure (ma non necessariamente) per proseguire il viaggio verso l’Europa. Statistiche precise purtroppo non esistono, anche a causa dell’atteggiamento del governo libico, che su questo argomento tende a essere elusivo. Si sa comunque che in Libia molti immigrati (principalmente pakistani e filippini) arrivano come regolari per lavorare. Altri invece rimangono clandestini, più o meno tollerati dalle autorità locali, che chiudono un occhio se la presenza rimane discreta e non pone problemi di ordine pubblico. Convertirsi a un amore È con questi, soprattutto, che la Chiesa cattolica lavora, insieme agli operatori di altre confessioni religiose, soprat- tutto delle chiese protestanti, nell’offrire accoglienza e uno sbocco regolare. Si opera innanzitutto cercando di insegnare un lavoro ai clandestini, che in alcuni casi tendono o a stabilirsi in Libia o a tornare nei paesi d’origine, se le condizioni lo permettono. «L’immigrazione è una preoccupazione che sta nel mio cuore e desidero che anche la Chiesa Italiana sia attenta a questa realtà, per la quale comunque fa già tanto – dichiara monsignore Martinelli –. Mi auguro che dall’Italia si guardi alla Libia in positivo, perché quello che già c’è di buono possa crescere, attraverso le cooperazioni economiche, ma anche tramite piccoli segni di amicizia e solidarietà». Ma tutto questo come si intreccia con il tema del dialogo tra le religioni, che in un paese arabo e musulmano come la Libia è all’ordine del giorno? Monsignor Martinelli spiega di una presenza cristiana, e cattolica in particolare, assolutamente minoritaria nel paese nordafricano, il quale tuttavia è anche esente da forme religiose integraliste. Anzi, a livello di istituzioni pubbliche e spirituali il dialogo con le piccole chiese cristiane è cercato e incentivato, soprattutto per quanto riguarda un certo confronto dottrinale e la collaborazione concreta su alcuni problemi comuni. «Guardo con una certa positività – conclude il vescovo – il popolo libico. Nello spiegare la mia presenza in quel territorio a maggioranza musulmana, richiamo sempre l’immagine dell’incontro di San Francesco con il sultano. Vorrei sempre vivere questa dimensione di apertura, di amicizia, di convivialità con il mondo arabo, perché più che il convertirci a una fede, conta il convertirci tutti a un amore. Ecco, dovremmo essere capaci di aiutare anche la Libia a crescere in questa testimonianza dell’amore». I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 31 internazionale internazionale casa comune guerre alla finestra FRONTIERE SENZA PACE KIVU, LA PROVINCIA INSTABILE FINALMENTE IL TRATTATO MA L’EUROPA AVANZA DIVISA di Francesco Meneghetti di Gianni Borsa e guerre nella Repubblica democratica del Congo hanno causato, nell’ultimo decennio, 4 milioni di morti. Ma la lunga transizione e le elezioni della seconda metà 2006 hanno diffuso la pace in quasi tutto il paese. Anche il golpe tentato a marzo dall’ex capo ribelle Jean-Pierre Bemba è un ricordo lontano. Democrazia e sviluppo del paese guidato dal presidente Joseph Kabila sono sostenuti a livello internazionale dai governi dei paesi avanzati (accordi per investimenti economici e commerciali) e dall’Onu (la missione cui L ro diventare migliaia. Intanto i campi profughi di Mugugna, Rutshuru e Kiwanga e quelli in Uganda contano decine di migliaia di nuovi sfollati interni, assistiti anche da Caritas. Omicidi di carattere etnico Il quadro del conflitto è complesso e mutevole. Difficile fare previsioni, a causa delle controverse alleanze internazionali e locali. Per esempio si Monuc contribuisce alla transazione registra nuovamente l’attivismo miverso l’unità nazionale, monitoranlitare di gruppi armati stranieri (tra Posta al confine do la restituzione delle armi da parte essi il Fdlr, Forze democratiche di licon il Ruanda, la regione della popolazione e dei gruppi ribelberazione del Ruanda), mentre il 27 orientale del Congo li, l’inserimento sociale degli ex bamottobre si è arreso ai caschi blu Onu da mesi è tornata teatro bini e adulti soldato, l’integrazione Kibamba Kasereka, capo delle forze di combattimenti, dei miliziani nell’esercito regolare). patriottiche Mayi Mayi (partigiani violenze, arruolamenti filo-Kinshasa, tornati protagonisti L’unica delle undici province coatti (anche di minori). dei combattimenti contro le milizie congolesi in cui si vivono ancora forLo scenario di Nkunda). I segnali positivi e neti tensioni è il Nord-Kivu, anticaè imprevedibile. gativi si alternano: oggi fonti ufficiamente indipendente, ricchissima di Ma intanto le armi risorse minerarie e molto fertile, con li segnalano la deposizione delle araffluiscono… una composizione etnica e un’orgami e il processo di integrazione di nizzazione socio-economica molto centinaia di ribelli di Nkunda, dosimile a quella del piccolo e limitrofo Ruanda, col quale le mani l’arruolamento di altrettanti uomini e bambini. relazioni politiche e commerciali sono forti. Nel Nord-KiIntanto i fatti di cronaca locale a Goma, capoluogo del vu da qualche mese si assiste nuovamente a combatti- Kivu, fanno registrare un’escalation di omicidi di carattere menti pesanti tra i circa 5 mila miliziani fedeli al generale etnico ai danni di persone con ruoli sociali ed economici dissidente e filo ruandese Laurent Nkunda e l’esercito re- di rilievo (compreso, sembra, il tentato omicidio ai danni golare (Fardc), che ha dispiegato circa 30 mila militari con del vescovo, monsignor Faustin Ngabu, a fine ottobre) e il il sostegno logistico dell’Onu. Indipendentemente dalle diffuso brigantaggio notturno, che impone ogni sera il coragioni politiche, la presenza di militari nei villaggi pro- prifuoco alle 18. Si teme inoltre che l’ingente ingresso di voca insicurezza tra la popolazione: abbandono dei cam- armi pesanti, via terra e via aerea, contribuisca a inasprire pi, estorsioni di alimentari e animali, violenze sessuali su il conflitto. Non va dimenticato che il Nord-Kivu rappreragazze e arruolamento forzato di ragazzini. Circa que- senta una zona cuscinetto di fondamentale importanza st’ultimo tema – prioritario per l’azione di Caritas Italiana per il vicino e popolatissimo Ruanda, che guarda al Kivu in Africa – il rappresentante speciale per i conflitti armati per le sue risorse minerarie e alimentari, oltre che come dell’Onu, signora Radhika Coomaraswamy, riferisce che sbocco residenziale per la sua popolazione. La pace, in sono già centinaia i bambini arruolati e presto potrebbe- Congo, rimane una missione impossibile? 32 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 sona fino alle essenziali libertà e protezioni sociali, potranno essere tutelati dalla Corte di giustizia nella stragrande maggioranza dei paesi dell’Unione europea, ma non su tutto il territorio comunitario. Da Lisbona emerge così una strana Europa, che estende la “doppia velocità”, oltre che all’euro e al Trattato di Schengen, anche ai diritti basilari. Ancora una osservazione dal sapore amaro. Il Trattato che porta il Il Trattato di Lisbona, in realtà, rinome della capitale portoghese non calca buona parte del testo costituDopo lo stop di tre anni fa comprende i “simboli” dell’Ue, già zionale maturato nella Convenzione alla Costituzione, inseriti nella Costituzione: bandiera, e nella successiva Conferenza interfinalmente l’Ue inno, motto… Poco male, si potrebgovernativa. Restano alcune imporsi è dotata, a Lisbona, be superficialmente osservare; in tanti acquisizioni, come l’istituzione del testo fondamentale realtà, quando si intende costruire di un presidente “stabile” del Consiper le sue istituzioni. una “unità nella diversità” fra popoli glio Ue, il rafforzamento dell’Alto rapÈ un progresso storico. e stati differenti, e fino a ieri fierapresentante per la politica estera (che Che però sconta mente distinti (se non nemici), i simsarà anche vicepresidente della Comevidenti limitazioni boli servono, eccome. L’opinione missione), l’introduzione di un nuovo e lascia aperti pubblica ha bisogno di segni distintisistema di voto in sede di Consiglio, rilevanti interrogativi vi per “vedere” l’Europa e per un recil’estensione del voto a maggioranza e proco riconoscimento. dunque l’imbrigliamento del diritto Infine il Trattato – che pure consente all’Ue di superadi veto. Ma, fra le tante novità, spiccano i molti limiti del corposo articolato (256 pagine): primo fra tutti il permane- re l’impasse istituzionale, per occuparsi finalmente dei re dello stesso diritto di veto su poche ma essenziali mate- problemi e degli interessi concreti dei cittadini – lascia irrie, a cominciare dalla politica estera. È facile prevedere risolti alcuni interrogativi emersi negli ultimi anni sul fuche l’Ue continuerà a non avere una propria, univoca, ca- turo dell’integrazione. Il primo di essi riguarda l’identità stessa dell’Europa comunitaria: quali i valori e gli obiettivi pacità d’azione sulla scena mondiale. Non è poco! comuni, quali l’identità e i confini ultimi dell’Ue? Con quale velocità procedere verso nuovi allargamenti? Come La bandiera dov’è? Un’altra innovazione di rilievo è il valore vincolante che costruire una politica estera comune, al di là dell’aver daviene assegnato alla Carta dei diritti fondamentali, varata to vita a un Alto rappresentante che, non a caso, non si da quasi un decennio e che solo ora ottiene potere cogen- chiamerà “ministro degli esteri”? Come rafforzare le aziote in 24 stati; gli altri tre, ossia Regno Unito, Irlanda e Polo- ni e le politiche che possono portare giovamento alla vita nia, hanno ottenuto, per ragioni diverse, speciali deroghe dei cittadini? E, ultimo ma non per importanza, come far (“clausole opt-out”). Di fatto, diritti e principi fondamenta- pesare di più la volontà dei cittadini nella democrazia coli, individuali e comunitari, a partire dalla dignità della per- munitaria che si snoda tra Bruxelles e Strasburgo? pprovazione al summit di Lisbona del 19 ottobre scorso, firma ufficiale il 13 dicembre. Poi, nel 2008, le ratifiche nazionali, per entrare in vigore (salvo sorprese) il 1° gennaio 2009. Giusto in tempo per le elezioni dell’Europarlamento, fissate nel giugno successivo. Sono le tappe del nuovo Trattato Ue, che prenderà il posto dell’abortita Costituzione, siglata a Roma tre anni or sono e mai entrata in vigore, a causa dell’opposizione palese degli elettori francesi e olandesi e di altri ostacoli subentrati durante l’iter di ratifica. A I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 33 internazionale tsunami tre anni dopo L’ONDA E LE GUERRE, UNA VITA DA SFOLLATI MANODOPERA A BASSO COSTO Un campo di emigrati birmani in Tailandia. Lo tsunami non ha fatto che peggiorare la loro condizione di “invisibili” precari e sfruttati di Giovanna Federici e Gianluca Ranzato P rofughi, sfollati. Vite sradicate dalla propria casa (molto spesso, insieme alla propria casa) e dalla terra dei propri avi, per effetto dell’inclemenza degli elementi. O dell’insensatezza degli uomini. Esistenze stratificatesi nella precarietà, ondate successive di smarrimento, depositate sulla spiaggia del disagio da catastrofi naturali e conflitti armati interminabili. Lo tsunami è stato solo l’ultima, anche se la più spettacolare e atroce, di quelle ondate. Tutti ricordano le crudeli sofferenze e la terribile contabilità delle vittime generate dal disastro del 26 dicembre 2004, innescato da un terremoto tra i più violenti degli ultimi decenni. Il sud-est asiatico ha cambiato panorama fisico, dopo quella scossa e quell’onda. Ma soprattutto ha visto sconvolto, in molti paesi e lungo migliaia di chilometri di coste, il suo panorama sociale. Il disordine ancora non è ricomposto: a tre anni dalla tragedia, migliaia di persone soffrono una quotidianità irrisolta, costrette a vivere in campi o rifugi provvisori. E il maremoto non ha fatto che sovrapporsi, in molte località, a emergenze e povertà presenti da anni. Popolazione di rifugiati o di sfollati interni che, in alcuni paesi dell’area, vivono in condizioni disumane. Per loro lo tsunami non ha fatto che peggiorare condizioni di vita già gravi. E il panorama non si rischiara, nonostante il notevole dispiegamento di aiuti umanitari verificatosi dopo la catastrofe. I malesseri dello Sri Lanka A tre anni dallo tsunami, nel sud-est asiatico I paesi dove più intricato è il groviglio tra sfollati molti attendono di poter fare ritorno alle terre da tsunami e per effetto di conflitti militari sono Sri Lanka e Tailandia. Nel primo paese, secondo i d’origine. La precarietà cui sono costretti dati ufficiali del governo, il numero complessivo si sovrappone a quella di altri gruppi. Provati degli sfollati interni raggiunge quota 200 mila. La da conflitti, armati e sociali, che durano da anni cifra comprende le persone che ancora non hanno riavuto un’abitazione, dopo che l’onda anomala aveva occupano di distribuire razioni di cibo e acqua, di costruire spazzato le loro case nelle aree costiere. Ma moltissimi so- abitazioni temporanee, latrine e pozzi, di offrire supporto no coloro che hanno dovuto abbandonare il proprio luogo economico e psicologico. Ma ci sono anche sfollati che non d’origine a causa del conflitto. La maggior parte degli sfolla- vivono nei campi o nei centri di accoglienza e hanno trovati è tamil o musulmana, perché i confini del conflitto sono to accoglienza presso parenti o amici o, se hanno disponisempre stati nel nord-est dell’isola, dove queste comunità bilità economiche, hanno affittato un’altra abitazione. sono maggioritarie. Una parte si è ristabilita in altre zone del Gli standard di vita nei centri di accoglienza e nei campaese, dove i rifugi temporanei sono diventati abitazioni pi sono insufficienti, nonostante gli sforzi delle agenzie inpermanenti. Una buona percentuale è stata invece sfollata ternazionali. La dimensione della temporaneità provoca a ripetizione: sono piuttosto comuni i casi di famiglie che diverse forme di disagio sociale: alcolismo, violenze, abusi domestici. Si registrano anche parecchi suicidi. Molti sfolhanno cambiato il proprio rifugio più di dieci volte. In realtà la cifra fornita dal governo non è del tutto at- lati hanno vissuto per anni nei centri; in casi non rari, per i tendibile, perché si riferisce a persone che ricevono cibo, giovani i campi sono stati l’unico orizzonte di vita. Anche l’emigrazione verso l’estero (India, ma anche acqua e altri aiuti per soddisfare i bisogni di base. Un discreto numero di costoro si trova in centri di accoglienza Europa e Canada) resta un fenomeno massiccio. È un’opgestiti dal governo stesso. Altri risiedono nei campi organiz- zione valida soprattutto per le famiglie con maggiori dispozati e supportati dalle organizzazioni internazionali, che si nibilità economiche, anche se spesso avviene illegalmente. 34 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 Da quando (agosto 2006) il conflitto è tornato cruento nella regione del nord-est, i movimenti degli sfollati sono diventati un’emergenza nazionale. E il panorama non promette di rasserenarsi: le agenzie delle Nazioni Unite si preparano a supportare, nel 2008, altri 150 mila sfollati. Zingari e birmani in Tailandia Anche in Tailandia gli sfollati da tsunami si sono aggiunti ad altre generazioni di sradicati. Il governo tailandese, dopo il disastro di fine 2004, si è concentrato nel portare aiuti ai propri cittadini. Tale sforzo non ha raggiunto le molte migliaia di persone non in grado di dimostrare la propria cittadinanza, perché prive dei documenti necessari. Fra costoro ci sono anzitutto i membri delle popolazioni cosiddette sea gipsies (“zingari del mare”: etnie Moklen, Moken e Ulaklavoi), gruppi di pescatori nomadi e semistanziali. I sea gipsies sono tendenzialmente privi di identità legale e tradizionalmente trascurati dal flusso convenzionale degli aiuti. Gli interventi di emergenza e riabilitazione, nel loro caso, sono di fatto delegati alla cooperazione internazionale. Un secondo problema, storicamente una delle gravi contraddizioni della società tailandese, è rappresentato dagli immigrati birmani. In Tailandia ne risiedono moltissimi da molti anni; una delle aree di maggior concentrazione è proprio il sud, colpito dallo tsunami, dove i birmani hanno la possibilità di proporsi come manodopera a basso costo per il mercato del turismo o della pesca. Una situazione in ogni caso migliore della vita sotto il regime della giunta militare, che da decenni domina il loro paese. Oggi gli immigrati legalmente registrati in Tailandia sono oltre 700 mila; di essi, oltre 500 mila sono birmani. Ma il dato può essere realisticamente raddoppiato stimando il numero dei residenti illegali. Lo status di illegalità rende impossibile il loro accesso agli aiuti governativi, anche se le condizioni precarie delle loro vite fanno di loro uno dei gruppi sociali più emarginati e più colpiti dall’emergenza tsunami. Limitatissimo accesso ai servizi sanitari ed educativi, costretti a condizioni di precarietà cronica, vulnerabili allo sfruttamento da parte dell’industria del sesso: i birmani vivono perdipiù nel continuo incubo del rimpatrio forzato, in un paese in cui sono contemporaneamente sfruttati e considerati criminali per essere espatriati illegalmente. Lo tsunami, per loro, è stato solo un grano del pesantissimo rosario di dolori che vivono ogni giorno. I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 35 internazionale tsunami tre anni dopo Jaffna, carcere a cielo aperto nell’isola che non conosce tregua Nella città alla punta nord dello Sri Lanka, la popolazione convive, a causa della guerra, con precarietà e paura. E c’è chi si fa imprigionare per stare sicuro… n Sri Lanka le vittime dello tsunami ricostruiscono le loro vite fianco a fianco degli sfollati e delle vittime di un conflitto che dura dal 1983. Sino a oggi si stima che la guerra abbia causato 100 mila morti civili e 30 mila militari. Caritas Sri Lanka afferma che sono 55 mila le famiglie di sfollati a causa della guerra; il numero è cresciuto notevolmente negli ultimi mesi. Secondo un rapporto di Amnesty International del 5 aprile, gli sfollati nel paese sarebbero in totale 290 mila. Jaffna, capitale dello Sri Lanka settentrionale, punta peninsulare a nord del paese, è il cuore dell’area contesa, la regione che il movimento Ltte (Liberation Tigers of Tamil Eelam, più noto come Tigri Tamil) rivendica come patria indipendente. Jaffna è sotto il controllo del governo, ma è separata dal resto dell’isola perché circondata da zone controllate dalle Tigri. Il conflitto armato tra governativi, Ltte e altri gruppi armati si è ulteriormente intensificato nei primi mesi del 2007, soprattutto nel nord e nell’est del paese. Per raggiungerla, bisogna affrontare controlli arcigni all’aeroporto della capitale Colombo e attese interminabili: dieci ore per un volo di 45 minuti. Ma finalmente si arriva in quella che molte tra le persone che vi si incontrano definiscono “prigione a cielo aperto”. Il rettore del semina- I rio maggiore aggiunge con amarezza che un po’ alla volta diventa anche un “cimitero a cielo aperto”... Jaffna è un emblema di quanto accade dietro le quinte di tutti i conflitti cruenti: uccisioni sommarie, sparizioni (nel paese ammontano, dall’inizio del 2006, a 5.750), agguati ai danni dei militari o dei civili sospettati di essere favorevoli a una fazione o all’altra. Per non parlare dei reclutamenti forzati: sembra che l’Ltte stia conducendo una grande campagna di reclutamento; si valuta che più di 10 mila persone siano state reclutate negli ultimi otto mesi. La regola comune è che ogni famiglia deve “consegnare” almeno una persona per la causa tamil. Fortunati i profughi A Jaffna la paura è palpabile e serpeggia in ogni dialogo: con il governatore, i leader comunitari, gli esponenti della società civile, i profughi nei campi di accoglienza. Ne sono segno visibile i posti di blocco, ogni poche centinaia di metri, dove i militari sanno di essere il principale bersaglio delle Tigri e vivono con l’arma in pugno, nervosi e ostili, controllando meticolosamente passeggeri dei bus e passanti. Le carceri sono un mondo a parte. Si dice che sia in crescita il numero dei civili che chiedono di venire incarcera- Sviluppo dopo la catastrofe, progetti Caritas in sette paesi di Maria Chiara Cremona Dopo la fase dell’emergenza post-tsunami, l’azione si concentra sull’aiuto alle categorie vulnerabili, la ripresa socio-economica e il rafforzamento delle Caritas locali 36 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 tre anni dalla più grande catastrofe naturale della storia recente, Caritas Italiana continua la sua presenza nei paesi colpiti dallo tsunami, lavorando a fianco delle chiese locali. L’impegno si alimenta di un budget di oltre 33 milioni di euro (in buona parte già spesi) e dell’azione 9 operatori presenti in 4 paesi: Indonesia, Sri Lanka, India e Tailandia. Altri interventi sono in corso nelle Maldive, in Myanmar e Somalia. In tutti i casi, l’approccio combina la strategia A ti per sfuggire al rischio di venire assassinati. Forse hanno detto qualcosa di troppo o ospitato la persona sbagliata. In una stanza squallida e sovraffollata della prigione di Jaffna sfilano decine di uomini logori e rassegnati; dalla rete che separa una cella attigua e scura affiorano decine di sguardi. Come facciano a dormire tutti contemporaneamente sdraiati, in spazi angusti, rimane un mistero. La paura li ha spinti a rinunciare alla dignità e a una quotidianità che la loro terra sembra non riuscire più a proteggere. E poi ci sono i campi profughi. Sempre più affollati. Tanto che diventa sempre più difficile mantenere le condizioni di vita entro standard minimamente accettabili. Gli sfollati vengono prevalentemente dalle zone della costa, ormai quasi interamente occupate dai militari, perché sono territorio di scontro fra le due fazioni. Gli sfollati attendono, non si sa bene cosa: l’ipotesi del ritorno ai villaggi di origine è fuori discussione e non esistono prospetti- ve di miglioramento della situazione. Nel frattempo l’economia di Jaffna, formale e informale, sta collassando a causa della chiusura dell’unica strada di accesso alla penisola dal resto dell’isola. Procurarsi le materie prime è diventato molto caro; contemporaneamente i commerci si sono ristretti al solo mercato locale, dove i prezzi sono bassi a causa dell’abbondante offerta. Un ulteriore simbolo del precarizzarsi della situazione è costituito dall’obbligo di portare sempre con sé un documento d’identità aggiuntivo, rilasciato dall’esercito. Tipo e numero delle foto richieste obbligano le famiglie, specie quelle numerose, a spese intollerabili per i già esigui budget familiari, sprofondandole ancor di più nell’indigenza. L’entità dei danni provocati da questa sorta di blocco che attanaglia Jaffna la si può misurare dall’impatto sulla vita dei bambini. I dati della frequenza scolastica peggiorano, perché i genitori hanno paura a mandare i figli a scuola. Una madre, in un campo profughi, confessa la (paradossale) fortuna di avere la scuola molto vicina a casa: si può accompagnare il figlio e non temere per la sua sorte. Chi sta lontano dalla scuola, al contrario, il figlio preferisce averlo sotto gli occhi, tra le mura domestiche, per non correre il rischio di saperlo scomparso. Magari rapito dalle Tigri, per farne un bambino soldato. Con il calare della sera la gente, in grande maggioranza di religione hindu, abbandona i templi in cui si era recata per una festività religiosa. Sulle biciclette si affrettano verso casa, per raggiungerla prima che scatti il coprifuoco. In lontananza un paio di colpi di granata. Non è un combattimento, sono le fazioni contrapposte che si ricordano l’un l’altra che ci sono. E sono pronte a fare sul serio. RICOSTRUIRE, SVILUPPARE Una casa edificata in Sri Lanka grazie a Caritas. I progetti del post-tsunami ora puntano allo sviluppo dei territori colpiti dall’onda. Sopra, guerriglieri tamil si addestrano nel nord dello Sri Lanka dell’intervento di emergenza e post-emergenza, proprio del network Caritas Internationalis, con lo stile di affiancamento socio-pastorale delle chiese locali, peculiare di Caritas Italiana. In Indonesia, oltre a contribuire all’intervento d’emergenza, Caritas Italiana si è impegnata con un bud- get di circa 5,5 milioni di euro ed è riferimento per il network Caritas delle attività di riabilitazione nell’isola di Nias, diocesi di Sibolga. Alle attività di ricostruzione si sono accompagnati diversi programmi: realizzazione di una radio comunitaria per l’educazione e la promozione dei diritti umani; un progetto di prevenzione e lotta alla malnutrizione e percorsi di promozione sanitaria e igiene; attività generanti reddito anche per categorie vulnerabili (disabili e orfani). Infine, un grande lavoro è stato realizzaI TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 37 internazionale internazionale contrappunto tsunami tre anni dopo Tsunami, gli interventi di Caritas Italiana venti in due aree particolarmente colpite dallo tsunami: le isole Andamane e la diocesi di Tuticorin, in Tamil Nadu. Interventi minori Sri Lanka 8.571.430 Emergenza; animazione; pace; ricostruzione e riabilitazione; sono stati realizzati anche in altri vittime di guerra; potenziamento Caritas locale territori, a fronte di specifiche riIndia 8.976.190 Emergenza; ricostruzione; potenziamento Caritas locale; chieste, in particolare in Kerala. Gli promozione socio-economica; formazione giovani ambiti di intervento sono capacity Tailandia 3.485.562 Emergenza; strutture socio-pastorali; microfinanza; building, ricostruzione, promopotenziamento Caritas locale; sanità; minori; tratta e zione socioeconomica, educazioprostituzione; rifugiati e migranti; pace e riconciliazione ne e formazione giovanile. Maldive 3.282.131 Sostegno al sistema socio-sanitario; acquisto di barcheIn Tailandia Caritas Italiana è ambulanza e attrezzature mediche; personale sanitario partner accompagnatore della specializzato; formazione personale locale Caritas nazionale, a supporto delMyanmar 1.500.000 Sviluppo rurale e promozione della donna; sanità; la realizzazione dell’intervento di approvvigionamento idrico; accompagnamento chiesa locale emergenza e di nuovi progetti, Somalia 250.000 Emergenza; assistenza profughi; sanità nati dall’incontro con le povertà del territorio. Il budget dedicato è Prevenzione disastri 500.000 Formazione operatori Caritas locali e cittadini su prevenzione e gestione delle emergenze (in tutti i paesi) di quasi 3,5 milioni di euro, impiegati anche in questo caso in parte Spese di gestione 1.703.532 all’interno del programma di inTOTALE 33.845.035 terventi della rete Caritas, in parte * in euro, in buona parte spesa, comunque già destinata ai progetti in programmi sviluppati e finanziati direttamente da Caritas Itato per rafforzare Caritas Indonesia, realizzare attività di ca- liana, che si è impegnata a sostenere la diocesi di Supacity building e programmi per la promozione della ratthani nel rispondere alle povertà del suo territorio. Ciò avviene anche oltre la prospettiva dell’emergenza, in didonna a livello locale. In Sri Lanka il percorso di ripresa dall’enorme tragedia versi ambiti di lavoro: sostegno e accompagnamento per è stato complicato da una nuova escalation di violenza gli interventi sociali e d’emergenza a livello diocesano; un tra truppe governative e ribelli delle Tigri Tamil. Oltre ad progetto di microcredito che garantisce ai villaggi aiutati aver partecipato ai programmi d’aiuto d’emergenza del- durante l’emergenza prospettive di sostenibilità sociola rete internazionale con circa 3,8 milioni di euro, Cari- economica di lungo periodo; risposta alle criticità sociali e tas Italiana è presente in Sri Lanka con cinque operatori e sanitarie (campi di profughi birmani, Hiv-Aids) della produe volontari in servizio civile in tre diocesi: a Colombo è vincia di Ranong; attenzione al tema della disabilità; avvio in corso un programma di riabilitazione socio-economi- di un programma di riabilitazione socio-sanitaria. co; a Jaffna viene condotto un programma per i minori, Nelle Maldive l’impegno di Caritas Italiana, con un vittime dello tsunami e del conflitto; a Chilaw viene rea- budget di 3,2 milioni di euro, si concentra nel settore salizzato un percorso di capacity building e un programma nitario, in particolare a supporto di quattro ospedali lodi educazione, formazione tecnica e supporto psico-so- cali, attraverso la fornitura di attrezzature sanitarie e perciale, rivolto alle fasce povere della popolazione. All’inter- sonale medico specializzato. In Myanmar, grazie a un budno del Programma di animazione sociale di Caritas Sri get di 1,5 milioni di euro, si opera in vari settori: capacity Lanka, sono state promosse attività di riabilitazione per building della Caritas locale (Karuna), educazione, svidisabili. Infine un’operatrice Caritas è consulente del Pro- luppo rurale e socioeconomico, sanità, approvvigionagramma nazionale di educazione alla pace. mento idrico, prevenzione della diffusione dell’Aids. Infine in Somalia, insieme alla Caritas locale e con un budget Dal dispensario al microcredito di 250 mila euro, vengono erogati aiuti d’urgenza (distriIn India Caritas Italiana ha investito in questi anni un bud- buzione alimentare e assistenza sanitaria) e si sostiene get di circa 8.5 milioni di euro, concentrando i suoi inter- un dispensario a Baidoa. PAESE Indonesia 38 CIFRA ALLOCATA* 5.576.190 I TA L I A C A R I TA S | SETTORI DI INTERVENTO Emergenza; ricostruzione; salute, nutrizione, donne, minori; potenziamento Caritas locale DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 E IL MONDO SI RIAVVICINA ALLA MEZZANOTTE NUCLEARE di Alberto Bobbio conda metà del Novecento di quanto non fosse mai avvenuto prima. E anche oggi, con la corsa al nucleare riproposta come punto centrale delle strategie militari, si rischia di registrare un aumento dei conflitti locali. Alcune analisi sostengono che la guerra all’Iraq è stata possibile proprio perché non c’erano le armi di distruzione di massa, anche se l’opinione pubblica era stata indotta a credere al contrario. La questione è decisiva: un paese dotato di bomba atomica sarebbe più al riparo da un di produzione) che gli Usa stanno Le nuove armi di Putin, conflitto, anche locale, di uno che la studiando. Inoltre c’è la preoccupalo scudo Usa, le rincorse bomba non ce l’ha. Ecco quindi la rinzione per un uso più massiccio del e le scelte di altri paesi. corsa dell’Iran, le scelta fatta e mai dinucleare civile, che ha sempre riLe lancette dell’orologio chiarata di Israele, le ammissioni di Insvolti militari, almeno nella ricerca. della paura tornano dia e Pakistan. Solo la Corea del Nord Dal 1947, quando erano ferme sula correre. C’è chi sembra aver capito che, da altri punti la mezzanotte meno sette, le lancette sostiene sia un modo di vista, soprattutto economici, le tesono state spostate 17 volte. Ora la corper controllare i conflitti. state nucleari non servono e si avvia sa potrebbe ripartire, dopo un disgelo L’epoca della almeno a uno stop della produzione, nucleare durato quasi vent’anni. L’idea non proliferazione controllato a livello internazionale. della non proliferazione s’affacciò susta andando in archivio? Ma non può essere la Corea a tebito dopo il lancio delle bombe su Hinere in piedi lo sfilacciato Trattato di roshima e Nagasaki, primo atto della “guerra fredda”, oltre che ultimo di una terribile “guerra cal- non proliferazione nucleare, mandato di fatto in penda”. L’Unione Sovietica dichiarò guerra al Giappone l’8 ago- sione dagli annunci di Putin e dall’agitarsi americano. sto, ma gli Stati Uniti sganciarono la prima atomica il 6 ago- L’anno scorso Mosca ha proceduto a ben 16 sperimensto: messaggio preciso ai sovietici circa il futuro della con- tazioni di missili con testata atomica. Poi c’è la nuova duzione dei conflitti. Gli Usa avevano la bomba, e funzio- Francia di Sarkozy, che rivendica la potenza della Force de frappe, la forza di dissuasione nucleare francese, nava, Mosca era ancora al palo. concetto inventato da De Gaulle nel 1958. E anche la Nato si regge sull’idea del nuclear sharing, cioè sulla Solo la Corea ha capito I sovietici, però, si sbrigarono nella ricerca. La loro prima condivisione delle armi nucleari, imposta durante la esplosione nucleare avvenne nel 1949. Da allora il mondo guerra fredda agli alleati non nucleari. In Italia ci sono entrò nella fase del Mad: Mutually assured destruction, di- testate atomiche, così come in Germania e nei paesi struzione mutua assicurata. È per questo, forse, che la guer- membri del Patto atlantico. Insomma, l’orizzonte non è ra fredda non cambiò mai temperatura. L’equilibrio nu- sereno. E le lancette dell’orologio della paura tornano cleare ha prodotto tuttavia più conflitti e più morti nella se- ad avvicinarsi pericolosamente alla mezzanotte. rmai è un concetto per lo meno traballante. Chi crede ancora alla non proliferazione nucleare, dopo l’annuncio di Putin sullo sviluppo di nuovi armi atomiche e il progetto americano dello scudo antimissile in Europa orientale? L’orologio che misura quanto manca alla simbolica mezzanotte della catastrofe nucleare, che gli scienziati del Bulletin of atomic scientists dell’Università di Chicago hanno realizzato per mettere in guardia il mondo, ha le lancette ferme su cinque minuti alla mezzanotte. Recentemente sono state spostate in avanti di due minuti, per via delle ambizioni nucleari iraniane, delle dichiarazioni di Putin, delle nuove bombe atomiche “pulite” (nel senso che non lasciano scorie O I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 39 agenda territori ottoxmille CATANIA Un centro giovanile a Librino, relazioni nuove per ragazzi e adulti Un nuovo centro giovanile, che reca un nome evangelico, impegnativo ma denso di speranza. “Talità kum” (“Fanciulla, alzati”) è uno spazio promosso dalla Caritas di Catania nel quartiere di Librino, periferia del capoluogo etneo. È stato inaugurato venerdì 16 novembre (nella foto, la festa) e «vuole essere – ha dichiarato, padre Valerio Di Trapani, direttore della Caritas diocesana – una realtà che favorisce l’incontro e la relazione, nonché una risposta all’emergenza educativa della città». Vi si svolgeranno attività sportive, ricreative e di sostegno scolastico. Educatori e volontari aiuteranno bambini e adolescenti a impostare su basi serene le relazioni di reciprocità con i coetanei, il mondo degli adulti e soprattutto i familiari. Quanto agli adulti, di mattina potranno partecipare a laboratori e a spazi di socializzazione, pensati soprattutto per accompagnare le donne nella definizione di un proprio progetto di vita e responsabilizzarle nei confronti dell’educazione dei figli. «Librino – ha affermato padre Di Trapani – spesso a torto è stato dipinto a tinte fosche. Noi vogliamo portare colori, gioco e festa. Talità kum vuole restituire alla gioia la vita di tanti ragazzi ed essere segno che la Chiesa sta bene in strada: è il posto che le compete». 40 SANREMO-VENTIMIGLIA MILANO Preghiera e raccolte, una domenica per battere la povertà Donaphone, il telefonino solidale amplia gli orizzonti La Caritas diocesana ha aderito con convinzione alla campagna “Prima che sia troppo tardi”, che rilancia un’iniziativa internazionale ed è promossa in Italia da Caritas Italiana e Focsiv. Così in diocesi la quarta domenica di Avvento (“Domenica di fraternità, in programma il 23 dicembre) sarà dedicata proprio alla campagna e al suo sforzo di sensibilizzazione riguardo alla necessità di centrare, su scala globale, gli Obiettivi di sviluppo del millennio, fissati in sede Onu nel 2000 in vista del 2015. I proventi delle raccolte (parrocchiali e pubbliche) saranno devoluti a favore dei progetti della diocesi di Kindu, in Congo. I cellulari, al pari di indumenti e scarpe, sono fra gli accessori che vengono sostituiti con maggiore frequenza. Abitudine particolarmente in voga in Italia, paese che vanta il primato della diffusione dei cellulari (1,34 ogni abitante). Caritas Ambrosiana e il consorzio di cooperative Farsi Prossimo si sono chiesti come trasformare un tale evidente spreco in un’opportunità e hanno lanciato in estate un’innovativa campagna (“Donaphone, il telefonino solidale”) per il riutilizzo a fini sociali dei cellulari usati. I buoni risultati (diecimila apparecchi raccolti in un mese e mezzo, nella fase sperimentale) hanno I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 incoraggiato ad ampliare l’iniziativa, prendendo contatti con enti pubblici anche al di fuori della diocesi ambrosiana, proprio mentre il comune di Milano ha concesso il proprio patrocinio e sostegno alla campagna. I telefonini vengono raccolti nei box esposti in parrocchie, scuole, biblioteche, palestre, luoghi pubblici, imprese private. I cellulari raccolti dalla cooperativa Vesti Solidale, che impiega personale svantaggiato, vengono testati, riparati e ricommercializzati; il ricavato viene utilizzato per finanziare una casa di accoglienza per madri in difficoltà, nell’ambito del progetto sociale di Caritas “Famiglie in marcia”. VERONA Mensa e relazioni, “Il samaritano” intensifica i servizi È stato festeggiato a metà novembre il primo anniversario di apertura della casa di accoglienza “Il Samaritano”, promossa dalla Caritas di Verona. La struttura ospita almeno una cinquantina di ospiti, persone senza dimora o con gravi problemi abitativi e sociali, cui dà accoglienza notturna. Ora sono sulla rampa di lancio due nuove iniziative, che completano il quadro dell’offerta dei servizi, anche grazie all’opera di 130 volontari. Il centro diurno pomeridiano servirà ad approfondire le relazioni con gli ospiti, per definire percorsi personalizzati di reinclusione sociale. La mensa serale offrirà pasti “fragranti”, grazie a un moderno sistema di conservazione del cibo, che ogni giorno viene recuperato, grazie anche alla collaborazione delle Acli locali, dalle mense delle scuole primarie e superiori della città. di Giuseppe Paruzzo TRENTO Non discriminare, i ragazzi del campo premiati dalla Ue I giovani partecipanti al campo estivo “Il vento e la vela”, proposto dalla Caritas diocesana di Trento, sono stati premiati il 20 novembre, Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia, dalla Rappresentanza italiana della Commissione europea nell’ambito del concorso “L’Unione Europea e la non discriminazione”, rivolto a ragazzi tra i 12 e i 18 anni dei 27 stati Ue. Il concorso riguardava il principio di non discriminazione, sancito nell’ articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali della Ue, e prevedeva la realizzazione di un poster. In Italia hanno partecipato alla selezione più di 700 gruppi, cioè circa 4 mila giovani: il gruppo della Caritas diocesana trentina è risultato vincitore nella categoria 15-18 anni e ora parteciperanno alla selezione europea, il 17 dicembre. I ragazzi premiati, guidati da Anita Scolz, sono Daniela Cunial, Emma Franceschi, Alex Depedri, Chiara Pellegrini, Giulia Detassis, Karen Stenico, Giulia Pardi e Lorenzo Imoscopi. FIRENZE Un poliambulatorio per emarginati e senza dimora È stato inaugurato il 19 novembre il poliambulatorio per persone emarginate gravi o senza dimora, italiane e straniere, realizzato in una nuova ala dell’Albergo Popolare Come valutarsi con un bollino, la “Città dei Ragazzi” raddoppia Come intervenire per arginare il fenomeno del disagio minorile? Se lo è chiesto, più di due anni fa, la Caritas diocesana di Caltanissetta. Così, a luglio 2005, con il progetto “Ragazzi di strada, una risorsa” è stato avviato un primo intervento rivolto ai minori a rischio, che considerava la strada come luogo in cui era possibile intessere o ritessere relazioni. Gli operatori di strada hanno raggiunto luoghi che i servizi sociali pubblici non riescono a (o non possono) raggiungere. Il lavoro compiuto ha evidenziato la necessità di ideare un progetto complementare e continuativo, una proposta educativa e di prevenzione. È nato così il progetto “Città dei Ragazzi”, che opera in favore di minori residenti in due quartieri del centro storico. Il progetto prevede principalmente il supporto didattico a minori tra i 6 e i 14 anni. L’intenzione è anche quella di avviarli a un percorso di crescita e formazione consono al loro sviluppo. Diversa condotta, diverso colore La giornata tipo alla “Città dei Ragazzi” incomincia alle 15. Appena entrati, i ragazzi si dispongono in cerchio e si raccontano: il confronto e la condivisione del proprio vissuto sono fondamentali. Segue la divisione in gruppi per il doposcuola, almeno due ore, durante le quali i ragazzi vengono aiutati nello studio e nello svolgimento dei compiti. Poi, dopo un altro momento di ricreazione, si dà inizio alle attività di laboratorio e ricreative, durante le quali i ragazzi condividono altri momenti di socializzazione e sfruttare le loro potenzialità e capacità cognitive. Alla fine del pomeriggio c’è il “bollino time”: ogni ragazzo racconta la sua giornata e valuta il proprio comportamento attribuendosi un bollino, di colore diverso in relazione alla condotta tenuta durante la giornata. Chi accumula tanti bollini “buoni” partecipa ad attività premio, organizzate periodicamente. I buoni risultati raggiunti hanno suggerito di estendere il progetto ad altri due quartieri del centro storico. A marzo 2007, grazie ai fondi otto per mille, è nato così il progetto “Città dei Ragazzi 2”: le “Città” accolgono in totale 60 minori, seguiti da 7 volontari in servizio civile e 6 operatori Caritas, una psicologa e un’assistente sociale. Il modello educativo si distingue da altri soprattutto perchè al centro di ogni attività vi è il benessere dei ragazzi, garantito dalla passione e dall’entusiasmo degli operatori e dei volontari. Una strategia dell’attenzione nel presente, che è anche un investimento sul futuro. I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 41 agenda territori sto in campagna di Roberta Dragonetti Verso Doha, per non tradire Monterrey: è il momento di attivare misure per lo sviluppo L’appuntamento Review Conference for the Monterrey Consensus: è il nuovo appuntamento, a Doha, nel Qatar, che nel 2008 valuterà risultati e fallimenti del vertice svoltosi a Monterrey, in Messico, nel 2002. In quella sede l’Onu chiamò a discutere governi e capi di stato sugli strumenti e gli impegni da adottare per reperire risorse per combattere la povertà e facilitare lo sviluppo economico dei paesi svantaggiati. La 62ª sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, tenutasi a fine ottobre a New York, ha dato il via alla preparazione della Conferenza di Doha, mettendo a confronto i governi e i rappresentanti della società civile sullo stato di attuazione degli impegni per gli Obiettivi di sviluppo del millennio. Caritas Internationalis e Cidse, promotori della campagna internazionale di lotta alla povertà Make Aid Work (in Italia, “Prima che sia troppo tardi”) hanno colto l’importante occasione per sottoporre una dichiarazione congiunta, dal titolo “Da Monterrey a Doha: il processo di avanzamento”, al Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite. “A cinque anni da Monterrey – si legge nel documento – le sfide richiamate da quell’accordo non sono diminuite e la verifica di medio termine degli Obiettivi dice che occorrono maggiori sforzi da parte di tutti. Occorre che i leader mandino un segnale alla comunità internazionale, per sottolineare la gravità della situazione. (…) Caritas Internationalis e Cidse apprezzano molto il grande valore del processo e della conseguente Conferenza di aggiornamento di Doha. Quale seguito di Monterrey, essa dovrebbe avere il mandato di accordarsi su misure coerenti in ambiti fondamentali (imposte, investimenti, commercio, debito, riforme strutturali per accelerare lo sviluppo), allo scopo finale di sradicare la povertà. Le discussioni, nel processo preparatorio, e la Conferenza stessa, perderebbero dinamismo se fossero solo retrospettive”. I risultati attesi Le due grandi reti internazionali si attendono alcuni risultati fondamentali: la mobilitazione delle risorse locali, che preveda una cooperazione internazionale più efficace, in materia fiscale e di imposte, come già indicato nella Dichiarazione dell’Accordo di Monterrey, inclusi la lotta ai paradisi fiscali e alla fuga di capitali e il finanziamento di servizi pubblici, quali sanità ed educazione; l’attivazione di fonti innovative di finanziamento, per un accesso più equo ai beni pubblici globali e alla loro distribuzione. Nella Dichiarazione si evidenzia inoltre una forte preoccupazione sulla questione della sostenibilità del debito, che (secondo l’Accordo di Monterrey) va collegata con i finanziamenti richiesti per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo del millennio. “In risposta a questo mandato – afferma il documento Caritas-Cidse –, le istituzioni finanziarie internazionali hanno prodotto un Quadro per la Sostenibilità del Debito. Le nostre reti ritengono che questo quadro sia tuttora inadeguato”. La campagna “Prima che sia troppo tardi”, condotta in Italia da Caritas Italiana e Volontari nel Mondo - Focsiv, insieme ad altre 16 realtà cattoliche, seguirà con attenzione i lavori di preparazione della prossima Conferenza di Doha, perché il processo di avanzamento auspicato rappresenti, per 980 milioni di persone che vivono nel mondo con meno di un dollaro al giorno, una concreta inversione di rotta. INFO www.primachesiatroppotardi.it 42 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 dall’associazione di medici cristiani “Niccolò Stenone”. Evoluzione di alcuni servizi medici già operanti, si tratta di un ambulatorio di medicina generale e odontoiatria, in cui opereranno circa 100 medici e 20 odontoiatri volontari. Sostenuto dal comune di Firenze, il poliambulatorio è intitolato al dottor Vittorio Trancanelli; sarà aperto il pomeriggio da lunedì a venerdì e accoglierà anche persone non iscritte al servizio sanitario nazionale, anche se entrerà a far parte della rete dei servizi dell’Azienda sanitaria di Firenze. La Caritas diocesana di Firenze collaborerà strettamente con il nuovo servizio, nell’ambito della cooperazione organica che ha in atto con l’associazione “Stenone”. CROTONE Arte oltre confine, dopo lo sbarco i migranti dipingono Una mostra di pittura. Ma con artisti che hanno alle spalle una storia speciale. I dipinti realizzati dagli ospiti del centro di accoglienza Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto sono confluiti nella mostra “Prove d’arte oltre confine”, aperta il 7 novembre (nella foto, la locandina). Il centro Sant’Anna accoglie migranti e richiedenti asilo approdati sulle coste calabresi: la pittura dà sfogo alla loro creatività, tradottasi in opere di grande espressività, “figlie” di diverse culture. Nel Cpt, la Caritas diocesana di Crotone - Santa Severina, che ha promosso la mostra, cura attività culturali, di animazione (in primis l’insegnamento dell’italiano), di orientamento legale, psicologico e sociale. di Daniele Di Pompeo I GIOVANI CHE SERVONO Il sole sorge a Casa Nostra, così lo schifo diventa lavoro All’inizio c’è pura e semplice necessità, non è il caso di tirare fuori motivazioni profonde: un po’ di euro e la boa dei 25 anni doppiata da tempo. Poi c’è una struttura che è sempre stata un riferimento, per il po’ di volontariato fatto, per le tante amicizie e conoscenze che le ruotano intorno. Quando questi due elementi si sommano in quello che viene chiamato Servizio civile volontario, beh, decido di farmi avanti. E mi dirigo al Monastero, collettore di cuori e teste della Caritas genovese. Cosa cerco esattamente, mentre percorro una salita interminabile, non lo so bene; sono obiettore di coscienza, la Croce Rossa mi ha tenuto con sé quando non ho voluto entrare in una caserma, ma immagino che questo servizio sia un po’ diverso dal precedente. Colloqui, incontri. E la scoperta che a Genova esiste un luogo di cui non conoscevo l’esistenza, e che mentre mi viene proposto mi mette addosso paura, ansia, schifo (schifo? Schifo, schifo…): è Casa Nostra, struttura in cui alloggiano persone malate di Aids. Io non so niente di Aids, l’ignoranza mi schiaccia, il timore pure, ma il Servizio civile, questo lo ricordo dall’avventura precedente, è vero servizio se mette alla prova da subito. Così accetto. La fortuna va dai forti Iniziano allora mesi intensi, emozionanti, strani. Un periodo con attorno persone così ultime che più ultime non si può. Spesso senza casa, senza famiglia, a volte con una pena da scontare, quasi sempre con percorsi decisi dalla droga. Tutti, con la compagnia di un virus infame, marchio perpetuo, condanna a vita per errori magari piccoli, comunque lontani nel tempo. Non credo sia l’etimologia giusta, ma ho sempre pensato che la fortuna sia quella cosa che va dai forti. Bene, io mi trovo a confrontarmi con persone schiacciate dalla debolezza. La fortuna è davvero la cosa più lontana. E a causa della sua assenza, anche la speranza non ha molta voglia di passare da queste parti. Ma tutte le mattine, più o meno visibile, il sole sorge e porta con sé la necessità di vivere le ore che verranno. A Casa Nostra la gente debole, senza fortuna e senza niente, ci si attacca, a queste ore. E insegna come la semplice voglia di vedere il giorno dopo, spesso identico al precedente, sia un motivo per resistere tanto grande, da riempire tutta una vita. Non so se questo insegnamento l’ho appreso fino in fondo. Ma so che quando il Servizio civile è finito, e ho avuto la possibilità di fermarmi ancora in questo luogo, dubbi ne ho avuti pochi. E ancora adesso non ne ho su ciò che faccio ogni volta che esco di casa per andare a Casa Nostra. Dove ormai lavoro da due anni. I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 43 villaggio globale a tu per tu PUBBLICITÀ TV A Spot School la malattia mentale e un tema dettato da una tv nigeriana L’Occidente in crisi nel giro del mondo di “C’era una volta” Spot School Award (Premio internazionale del Mediterraneo) è un premio dedicato a studenti di corsi di scienze della comunicazione, pubblicità e materie affini, iscritti a università e scuole in Italia e all’estero. Nato nel 2001 e giunto alla settima edizione, è promosso dall’associazione salernitana CreativisinascE e gode della collaborazione delle più importanti associazioni di categoria dei pubblicitari e del patrocinio di molte istituzioni. Caritas Italiana, come sempre dalla seconda edizione in poi, propone il brief (tema) di carattere sociale, solitamente il più frequentato dagli studenti partecipanti (nella foto, uno dei lavori vincitori dell’edizione 2007), che possono sviluppare un messaggio pubblicitario sotto forma di manifesto, spot tv, radio, direct mail o annuncio web. Il tema dettato da Caritas per il 2008 è “Malattia mentale: un dolore disabitato. La necessità assoluta di una corretta informazione”. A questo brief si aggiungono quello di Legambiente sull’attivismo ambientale e, novità della settima edizione, il primo brief internazionale, proposto dal network nigeriano BrandWorld Tv, sul tema della condizione femminile e della discriminazione delle donne. Termine per la consegna dei lavori, il 7 aprile 2008. INFO www.spotschoolaward.it CINEMA Rosso Malpelo, tragedia senza tempo, aiuti ai baby minatori L’ispirazione viene da una delle più belle novelle di Giovanni Verga. Ma il tema è senza tempo. Tanto che gli utili dell’operazione verranno destinati a un progetto per aiutare alcun tra i tanti Rosso Malpelo che anche oggi, in alcune parti del mondo, sono costretti a sacrificare la propria infanzia al durissimo lavoro in miniera. Il regista Pasquale Scimeca ha voluto girare in Sicilia, nei luoghi dove una volta c’era il più grande bacino minerario d’Europa per l’estrazione dello zolfo e oggi c’è il parco minerario di Floristella-Grottacalda, l’adattamento cinematografico del commovente racconto verghiano. 44 I TA L I A C A R I TA S | La dimensione verista della novella viene superata da una lettura tragica, che in quanto tale non ha tempo e non ha storia: lo sfruttamento e la solitudine dei bambini, infatti, sono di ogni tempo e di ogni storia. Il coraggioso film è uscito nelle sale il 19 novembre, ma prima ancora è stato visto e dibattuto in centinaia di scuole italiane. I suoi profitti andranno a un articolato programma nutrizionale e di scolarizzazione dei bambini del Potosì, regione mineraria della Bolivia andina. Il sito internet dedicato al film dà molte informazioni, comprese quelle su come richiederlo e utilizzarlo per scopi didattici e sulla destinazione umanitaria degli utili. INFO www.rossomalpelofilm.it DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 Un ciclo cominciato con un prologo a fine settembre, poi sviluppatosi a novembre e dicembre. La trasmissione Rai C’era una volta, ideata e condotta da Silvestro Montanaro, ha cominciato il suo ideale giro del mondo nel 1999. Da allora ha scandagliato in maniera coraggiosa, affidandosi a temi e immagini inediti per gli schermi italiani, i temi sociali e politici più spinosi della contemporaneità, denunciando gli inaccettabili squilibri sociali che dividono le diverse aree del mondo ai tempi della globalizzazione. Così la nuova serie di puntate non poteva che mettere a fuoco una questione cruciale dei nostri giorni: la crisi nel rapporto tra l’Occidente e il resto del pianeta. “Perché non ci amano più?” è la domanda che echeggia nelle puntate dedicate al turismo di massa, al problema della fame, alle sperimentazioni farmaceutiche e al turismo dei trapianti, al mercato del sesso e ad altri temi, che dopo essere andate in onda il mercoledì in tarda serata su RaiTre possono essere riviste dal sito internet della trasmissione. INFO www.ceraunavolta.rai.it INTERNET Il sociale in rete, poco giovanile e accessibile ai disabili Il mondo del volontariato on line è stato analizzato da un team di esperti dell’Università di Udine. Il monitoraggio è giunto alla quarta edizione e nel 2007 ha riguardato 23 siti. Hanno superato di Danilo Angelelli Citto Maselli rimette insieme film e documentario: «Racconto un mondo diviso tra uomini, donne e schiavi» Ogni film che si proiettava nelle sale doveva essere abbinato a un documentario di dieci minuti, cui spettava il 3% dell’incasso totale del film. Erano gli anni Quaranta e una generazione di cineasti nasceva con quella legge. Alcuni nomi: Antonioni, Risi, Comencini, Lizzani. E Francesco (Citto) Maselli, classe 1930, che si fece alfiere del realismo lirico con documentari su ambulanti, “stracciaroli”, bambini di strada. Dopo 60 anni di documentari e film come Gli indifferenti, Storia d’amore e Codice privato, Maselli torna nelle sale con… un documentario e un film. Propone cioè una contaminazione dei generi, un ibrido tra fiction e realtà, con ricostruzioni narrative di tre storie vere. Il lungometraggio si intitola Civico 0 e inquadra in primissimo piano la povertà urbana del nostro tempo, attraverso le voci narranti dei tre reali protagonisti, cui danno volto gli attori Ornella Muti, Massimo Ranieri e Letizia Sedrick. SENZA DOMICILIO Il regista Citto Maselli con Massimo Ranieri; sotto, i tre protagonisti dei racconti di Civico 0 Quali differenze ci sono tra i diseredati di Civico 0 e quelli dei suoi primi documentari? Ieri come oggi la situazione di chi vive ai margini è atroce, ma allora c’era l’idea diffusa che qualcosa si era riavviato dopo la guerra. Oggi manca la speranza. Le tre storie del film sono ambientate a Roma, ma rappresentano le planetarie disperazioni messe in moto da una globalizzazione motivata dalle ragioni esclusive dell’economia e del profitto. Sembra di essere tornati alla barbarie, a una logica precristiana, a quando Aristotele diceva che il mondo è diviso in uomini, donne e schiavi. Sono state cento le storie di povertà raccolte. Per il film ne avete scelte tre… Sì, insieme costituiscono un quadro rappresentativo della povertà di qualsiasi città e sono caratterizzate da significativi dati materiali, storici e sociali, oltre che psicologici ed esistenziali. Stella è una giovane etiope che, appena arrivata in Italia, dorme alla Caritas: dopo varie traversie, il comune assegna a lei e all’uomo di cui nel frattempo si è innamorata un container in un campo all’estrema periferia della città. Nina è una badante romena che cade in depressione per le difficili condizioni della casa-prigione in cui lavora. Giuliano è un fruttivendolo di 60 anni che, alla morte della madre, con la quale abita, arriva quasi a perdere la ragione e va a vivere in strada. Come recita il titolo del film, si tratta di persone senza tetto, non rintracciabili a un domicilio. I suoi film fanno sempre “meno sconti”, soprattutto oggi che, per età ed esperienza, non teme di scontentare pubblico, critica e addetti ai lavori… Tempo ed esperienza rendono più sicuri, danno la convinzione che non si ha poi tanto da perdere, che si è già dato buona parte di quel che si poteva. Per questo continuo a fare il cinema che voglio, un cinema sociale aderente alla realtà. E a favorire, con quel poco che può fare un film, la conoscenza e la denuncia della povertà che abbiamo intorno. Io rifiuto nella maniera più drastica la povertà come condizione fatale. Keynes ci aveva spiegato che uno sviluppo intelligente di una società moderna si basa sull’eliminazione graduale e sistematica delle povertà e Hobsbawm ci ha illuminato sulla natura dei processi mortali in corso. Io parto dai risultati visibili di questi processi: la tragedia di un’immigrazione senza sbocchi, il sempre più frequente nutrirsi dai cassonetti, le nuove povertà, i lavavetri, i vecchi senza rifugio e senza speranza. I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 45 storie di speranza villaggio globale la selezione, tra gli altri, Emergency, Altromercato, Wwf e Greenpeace, ma in generale è emerso che la grafica è sempre penalizzata, c’è scarsa interazione con gli utenti, prevale la tendenza a creare prodotti istituzionali difficilmente fruibili dai navigatori, in molti casi manca la funzione del motore di ricerca interno. Non solo: il volontariato in internet non sa parlare ai giovani, maggioranza tra gli internauti. Né va meglio sul fronte dell’accessibilità per i disabili: solo 6 dei 23 siti hanno le caratteristiche necessarie per essere navigabili da tutti. [redattore sociale] pagine altre pagine SEGNALAZIONI Sfide per la Chiesa e un cardinale color speranza Giovanni Filoramo, La Chiesa e le sfide della modernità (Laterza, pagine 208). Viviamo in Italia un rinnovato “scontro” tra Chiesa cattolica e modernità, che sembrava appartenere al passato, “impensabile” in una società postsecolare e incentrato su temi cruciali, come la famiglia, la questione sessuale, il relativismo etico, il rapporto con la politica, il lavoro, la guerra. Michele Ferrero, Il cardinale Zen. Rosso speranza (Elledici, pagine 231). Ritratto del coraggioso impegno ecclesiale, pastorale e sociale di uno dei personaggi più rispettati e influenti di Hong Kong. Non per nulla il cardinale Zen è stato identificato da molti come la “coscienza morale” della ex colonia, tornata nel 1997 sotto la sovranità della Repubblica Popolare di Cina. 46 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 di Francesco Dragonetti Il mondo che guarda “oltre”, pagine dalle altre religioni per aprire spazi di dialogo Regalare un libro di tema religioso? Natale è tempo di approfondimento della nostra fede. Ma può essere anche il momento per parlare di altre religioni, per approfondirne la conoscenza e il dialogo senza pregiudizi né ingenuità. Dunque per accostarsi a testi che aiutino a scoprire il patrimonio di spiritualità che è insito nelle varie tradizioni religiose del mondo, anche quelle più lontane dalla nostra cultura e dalla fede cristiana. Dalai Lama. L’abbraccio del mondo. Quando scienza e spiritualità si incontrano (Sperling 2007, pagine 224) è opera di Tenzin Gyatso: il quattordicesimo Dalai Lama buddista offre al lettore, tramite parole ponderate, la possibilità di una crescita spirituale, in grado di far dialogare le risposte “quantitative” della scienza con quelle “qualitative” della religione. Sempre in Oriente, i Kami (termine comunemente tradotto con “divinità”, ma più accuratamente “essenze spirituali”) sono i mille volti del divino presente nella natura secondo lo shintoismo giapponese. Di questa religione e del suo ruolo politico nel Sol Levante tratta Lo shintoismo di Stefano Vecchia (Xenia 2007, pagine 126): il testo illustra la religione ancestrale del Giappone, con le sue credenze, i suoi testi sacri e i suoi culti (la mitologia shinto e la venerazione degli antenati). Capire il confucianesimo di Jennifer Oldstone-Moore (Feltrinelli 2007, pagine 120) costituisce una succinta e autorevole introduzione a una delle grandi tradizioni religiose e culturali del mondo. Il libro è organizzato intorno a nove temi-chiave: origini e sviluppo storico, aspetti del divino, testi sacri, persone sacre, principi etici, spazi sacri, tempo sacro, morte e aldilà, società e religione. Ciascuno di questi temi è arricchito con citazioni o con riassunti di testi storici, accompagnati da un commento d’autore che spiega il significato di ciascun testo o lo colloca nel suo contesto. Infine Islam. Conoscere e capire la religione musulmana di Augusto Negri (Utet Università 2007, pagine 160) è un libro agile, che però contiene tutto quello che serve per avvicinarsi alla religione musulmana. È un testo per chi ha veramente voglia di capire un mondo apparentemente così lontano, eppure così vicino non solo geograficamente, ma anche storicamente. Un piccolo contributo verso la conoscenza di una delle religioni più diffuse nel mondo. a cura di Danilo Angelelli LENTI NUOVE VITA NUOVA E UNA CADUTA CHE CAMBIA LA VITA ono appassionata di fotografia. Recentemente, pur restando nella mia città, ho fotografato donne indiane con i loro caratteristici abiti, gruppi di ivoriani in preghiera durante il Ramadan, famiglie srilankesi in pellegrinaggio al santuario di Santa Rosalia. Ho incrociato sguardi di dolore, di tristezza, di nostalgia per il paese lasciato. Ma anche di speranza e voglia di costruire nel nostro territorio un pezzo delle proprie tradizioni, del proprio mondo. Spero che l’obiettivo della mia macchina fotografica abbia colto tutto questo. E quanto, a volte, questi nostri fratelli desiderano venirci incontro. È il mondo che entra nelle nostre case. E non può che arricchirle. (Erminia Scaglia, Caritas diocesana di Palermo) Da tre anni promuoviamo un progetto che vuole offrire ai ragazzi delle scuole superiori la possibilità di sperimentarsi nel servizio, a diretto contatto con persone in difficoltà. E sono stati molti i giovani che ci hanno manifestato la loro sorpresa nel rendersi conto che appena dietro l’angolo c’è una realtà di forte disagio. Molti anche quelli che poi “insistono” nel contatto con questa realtà, facendola diventare parte della propria vita. In quei casi l’adesione al nostro progetto ha rappresentato solo l’inizio di un personale cammino, a contatto con il mondo del disagio e del volontariato. (Roberto Calzà, vicedirettore Caritas diocesana di Trento) Ho sentito alcuni rappresentanti dell’associazione del quartiere Isolotto-Torri Cintoia, periferia di Firenze, parlare con normalità delle famiglie rom loro vicine di casa, assegnatarie di alloggi popolari. È la prova tangibile di uno sforzo fatto dalle istituzioni di integrare una componente della popolazione difficile Il mondo che ci entra come quella dei rom (che altrove ha creato grandi problemi, all’interno in casa. Studenti del tessuto sociale), ma soprattutto della capacità di accoglienza e accettazione che si avvicinano da parte di persone che guardano l’altro per ciò che è umanamente, con i suoi al volontariato. problemi e le sue risorse, e non per lo stigma che si può portare dietro. Un quartiere che accoglie (Annalisa Tonarelli, Caritas diocesana di Firenze) senza pregiudizi Alla fine di uno dei corsi di formazione per un approccio nonviolento famiglie rom. alle relazioni, una persona che viveva un grande disagio, sia a livello lavorativo La quotidianità sa che familiare, ha raccontato che aveva provato a mettere in atto gli strumenti ancora sorprendere: di cui avevamo parlato nel corso. Da quel momento ha avuto l’impressione non è detto che debbano di “cambiare le lenti dei propri occhiali”: le stesse vicende adesso cercava prevalere paure e ostilità di viverle non come minaccia, ma in maniera propositiva. Parlava di lenti capaci di ricreare in maniera nuova il contesto che lo circondava... (Paolo Chiavaroli, Caritas diocesana di Pescara-Penne) Un uomo tunisino, a causa di una caduta da un’impalcatura mentre era sul posto di lavoro, ha dovuto portare per un certo periodo le stampelle. Improvvisamente si è trovato senza lavoro e di conseguenza senza casa. Uno straniero con le stampelle: si prevedeva una difficile integrazione. Invece, per merito della sua onestà e voglia di fare, ha trovato dopo poco un posto di lavoro da custode. Ce l’ha fatta, nonostante tutto: è uscito dal dormitorio dove nel frattempo era stato ospitato, ha trovato una casa propria e uno spazio di socializzazione non dipendente dai nostri servizi. (don Valerio Di Trapani, direttore Caritas diocesana di Catania). S I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2007 / GENNAIO 2008 47 NATIVITÀ CON SAN GIORGIO E SAN VINCENZO FERRER FILIPPO LIPPI (1450 - 1475), MUSEO CIVICO, PRATO Vieni di notte, ma nel nostro cuore è sempre notte: e dunque vieni sempre, Signore. Vieni in silenzio, noi non sappiamo più cosa dirci: e dunque vieni sempre, Signore. Vieni in solitudine, ma ognuno di noi è sempre più solo: e dunque vieni sempre, Signore. Vieni, Figlio della pace, noi ignoriamo cosa sia la pace: e dunque vieni sempre, Signore. Vieni a liberarci, noi siamo sempre più schiavi: e dunque vieni sempre, Signore. Vieni a consolarci, noi siamo sempre più tristi: e dunque vieni sempre, Signore. Vieni a cercarci, noi siamo sempre più perduti: e dunque vieni sempre, Signore. Vieni, tu che ci ami: nessuno è in comunione col fratello se prima non lo è con te, o Signore. Noi siamo tutti lontani, smarriti, né sappiamo chi siamo, cosa vogliamo. Vieni, Signore. Vieni sempre, Signore. David Maria Turoldo, Vieni di notte ITALIA CARITAS AUGURA AI SUOI LETTORI UN NATALE E UN ANNO NUOVO RISCHIARATI DALLA VENUTA DI GESÙ I lettori, utilizzando il c.c.p. allegato e specificandolo nella causale, possono contribuire ai costi di realizzazione, stampa e spedizione di Italia Caritas, come pure a progetti e interventi di solidarietà, con offerte da far pervenire a: Caritas Italiana - c.c.p. 347013 - via Aurelia, 796 - 00165 Roma - www.caritasitaliana.it