PARTE V ARTE ROMANICA Il termine Romanico rimanda a Roma/modello ideale o anche a una ritrovata misura romana. In tutto il Medioevo si conservò una sorta di nostalgia per il passato che di continuò sfociò in ritorni, rinascenza, riflussi, riprese ecc.. ma in sostanza il fenomeno resta unico imitazione di un antico modello. In questo il romanico si differenzia per una sua nostalgia che è quanto di più lontano e diverso dall’ imitazione, in quanto si basa su un elemento espressivo di origine recentissima: LA LINEA STRUMENTO DI ANALISI, MISURA E SINTESI; LA LINEA ASTRATTIVA E COSTRUTTIVA NATA NEL MEDIOEVO. Cantiere: nel periodo romanico quello del cantiere è un fenomeno di grande importanza storica è rappresentativo della società medievale. Dimostra come fu soprattutto la cittadinanza a promuovere la realizzazione di nuove chiese e cattedrali. Interessanti, per il cantiere, sono i metodi: escogitati sui ponteggi, sperimentali, in rapporto diretto con la quotidiana prova di stabilità di pilastri, cornici ecc.. ma ciò non vuol dire assolutamente che la costruzione degli edifici non avesse come base una summa di conoscenza tecniche, filosofiche, iconografiche ecc.. L’edificio di culto nel Medioevo non solo un luogo di culto e preghiera, ma anche uno strumento di promozione culturale. La vita “politica” del cantiere si svolge su base assemblare ma a conduzione elitaria, fondata sul dialogo tra architetto(o più architetti) e il direttore(o più direttori) della “fabbrica”. Il lavoro dell’architetto era condizionato da norme invalicabili: per esempio non si potevano modificare o rimuovere parti innalzate precedentemente. Lo spazio degli edifici romanici è dinamico ed eloquente. DUOMO DI PIACENZA costruito dal 1122. Tra il 1122 e il 1160 vennero costruite l'area absidale, con la cripta, il transetto e le navate laterali. La facciata e la cupola, invece, furono terminati successivamente. La costruzione del campanile si protrasse sino al1333. La facciata a capanna è in marmo rosa veronese e arenaria. Verticalmente è tripartita da due pilastri. In basso i portali sono tre, sormontati da protiri e ornati da capitelli, architravi, formelle e cariatidi. Orizzontalmente la facciata è partita da un galleria, con sottili colonnine, che sovrasta i due protiri laterali. Al centro un rosone. Il portale di destra è la prima opera firmata di Niccolò del 1122. Vi sono raffigurate le Storie di Cristo sull'architrave, mentre l'archivolto presenta complessi motivi vegetali e geometrici (non è scolpita la lunetta, secondo lo stile italiano più arcaico). Il suo stile ebbe un largo seguito a Piacenza, come negli anonimi artisti delle formelle dei Paratici, presenti all'interno. Il campanile, alto 71 m, in laterizio, è del 1330 e la cella campanaria si apre verso l'esterno con quattro quadrifore, una per lato. Sul campanile è posta la statua di un angelo che gira al soffiare del vento. L'interno è a croce latina, in tre navate, divise tra loro da venticinque massicci pilastri cilindrici. Il transetto è anch'esso suddiviso in tre navate. All'incrocio c'è il tiburio ottagonale, decorato con affreschi secenteschi. Alcuni dei pilastri furono costruiti a carico dei paratici, le corporazioni di mestiere, o di singoli cittadini. Sette di questi presentano, come firma, delle formelle con la rappresentazione dell'attività dell'associazione. È anche scritto in latino il nome del paratico, quasi a mo' di proprietario del pilastro: Haec est columna furnariorum. In alcuni casi la firma scritta riporta il nome di persone: Hugo pictor, magister Johannes, costruttore, quest'ultimo, di carri. La cripta ha la forma a croce greca con 108 colonnine romaniche e raccoglie le reliquie di Santa Giustina, santa alla quale era dedicata la prima cattedrale cittadina, crollata in seguito ad un terremoto nel 1117. Il duomo fu proprio costruito sulle macerie del preesistente luogo di culto. Per il duomo, i PARATICI, una delle più importanti corporazioni delle arti (mercanti di stoffa, tintori, calzolai, ciabattini….) pagarono le spese per i sette pilastri della cattedrale su cui vollero che figurassero della targhe coi loro nomi e ritratti1. In questo modo i Paratici “prendono possesso” della cattedrale; le iscrizioni poste sui pilastri li nominano infatti come committenti e proprietari, almeno per la parte da loro pagata. L’episodio è importante poiché getta luce sul nuovo sistema di committenza; non mancano documenti che attestano come dei privati cittadini o gruppi di essi prendessero parte alla costruzione delle chiese (ES: a SAN SAVINO un gruppo di mandriani aveva commissionato un capitello). In sostanza nell’arte medievale entra in scena la CITTA’ come committente, con le sue corporazioni. Una committenza mercantile significa, almeno a Piacenza, un’arte che rappresenti un’ immagine all’avanguardia e nello stesso tempo nobilmente tradizionale (uso colonna). I Paratici avevano posto le loro targhe su pilastri circolari elementi che acquistano un certo significato simbolico l’abate Sugger di Saint Denis aveva affermato che le colonne sono la “figura” profetica della chiesa e della sua auctoritas terrena e celeste; sono simbolo della forza con cui Apostoli e Profeti reggono la Chiesa. Nel Duomo di Piacenza i Paratici intervennero anche in materia di scelte stilistiche si deve a loro la scelta della nuovissima forma dei pilastri/colonna, una forma che deriva da modelli della Normandia e Inghilterra. Dagli stessi luoghi deriva anche il modello per la facciata a doppia torre e di “triforii” aperti in spessore di muro. Nell’ultima fase di lavori avvennero dei cambiamenti a livello tecnico e stilistico attraverso esempi desunti dalla Champagne e dall’Ile de France (Es: volte della navata sei partite, montate su archi a sezione acuta). SANT’AMBROGIO a MILANO (1080 ca- inizio XII secolo) Concetti base: 1 Basilica a tre navate priva di transetto costruita nel IV secolo per volontà di S. Ambrogio. Utilizzo rigoroso del modulo della campata quadrata. Sistema di archi, volte, pilastri a fascio che scaricano il peso dell’edificio sul perimetro esterno. Luce che crea effetti di monumentalità, prospettiva e ritmo. Atrio a quadriportico raccordato alla chiesa da una facciata a capanna (uno dei pochi atri romanici conservati intatti. SPAZIO RITROVATO: lo spazio romanico, di cui quello di S. Ambrogio è un esempio eccelso, è una prospettiva centrica, modellata a misura d’uomo. Avviene una sorta di fenomeno SI TRATTA DEI COSIDDETTI “RILIEVI DI MESTIERI”. Grandi formelle scolpite a forte sbalzo con grande contrasto ombra/luce. contrario a quello che era accaduto con l’Arco di Costantino e con la sua perdita di centro prospettico; ora sembra che quel “centro” sia stato ritrovato. La caratteristica più interessante del suo sistema di copertura è costituito dalla volta “a crociera costolonata”, una volta a pianta quadrangolare basata sull’incrocio diagonale di due archi di uguale raggio, serrati al centro da una “chiave di volta”. Questi archi sono la nervatura alla quale si appoggia la volta gonfiandosi a forma di quattro vele. La volta è detta costolonata perché lungo le nervature corrono i rinforzi, appunti i costoloni. Il peso della volta cade ai piedi degli archi, alleggerendo il peso del muro perimetrale che potrà così essere traforato da finestre più ampie e vantaggio della luminosità. Altra caratteristica di S. Ambrogio e in genere della chiesa romanica è il PILASTRO A FASCIO. Ogni campata che si determina vale come una cellula omogenea alla altre a cui è collegata. Anche il MATRONEO è caratteristico del S. Ambrogio e delle chiese in genere di periodo romanico: una sorta di navatella più bassa sovrapposta all’altra, su entrambi i lati della navata e completa di volte con sistema di pilastri e semipilastri di sostegno, interni ed esterni. In S. Ambrogio cambia il rapporto tra struttura e decorazione. Sinora si conoscevano due esempi emblematici di questo rapporto S. Maria Maggiore con le sue pareti concepite come supporto a un racconto sacro a tema unico e il Sacello di Galla Placidia in cui lo spazio e un’illusione e il racconto figurato è un’apparizione irreale che appunto nega lo spazio. Ora è lo stesso spazio che diventa racconto. L’ornato plastico enuclea le linee forza del sistema portante. SAN MINIATO AL MONTE a Firenze dimostra che non è la copertura l’essenza costitutiva dell’architettura romanica coperto da tetto a vista. DUOMO DI MODENA (1099-1117 ca) dedicato a San Geminiano. Concetti base: Stretta corrispondenza fra struttura interna e aspetto esterno Impianto basilicale a tre navate scandito da pilastri e colonne senza transetto ma con un pontile decorato a rilievi Facciata tripartita con protiro con leoni stilofori Ricco apparato decorativo realizzato da WILIGELMO2 e collaboratori LANFRANCO architetto. La scansione parietale è basata sull’arco a pieno centro, segue un andamento ritmico analogo a quello del S. Ambrogio scansione a isole reciprocamente connesse. Il progetto dell’edificio è dovuto all’architetto Lanfranco che elabora una struttura a impianto basilicale, senza transetto(che nelle forme attuali è del Duecento). Rielabora i modelli lombardi di XI secolo conferendo all’esterno innovativi caratteri stilistici che si avvertono nel sistema delle 2 Linguaggio drammatico, di forte plasticità e attenzione alla realtà, influenzato da modelli di età classica. Linguaggio sintetico che trasmette il messaggio con la minima elaborazione delle forme. Il suo nome appare su un’epigrafe collocata in facciata retta da due figure da lui stesso scolpite: il patriarca Enoch e il profeta Elia(entrambi rapiti in cielo e quindi immortali sembravano adatti a garantire simbolicamente l’immortalità dell’artista) archeggia ture tripartite. Si produce un effetto visivo ricco di chiaroscuro e fortemente dinamico. Nella facciata si legge la distribuzione dello spazio interno a tre navate3 . Alla base della scultura del Duomo e del rapporto che la lega alle pareti e alla loro modulazione strutturale sta la stessa identificazione forma/nodo strutturale che abbiamo visto in S. Ambrogio. Concezione innovativa della forma: forte plasticismo e attenzione per la rappresentazione della realtà. A Wiligelmo sono attribuiti i quattro grandi rilievi della facciata Storie della Genesi e la grandi solenni figure di Profeti nella parte interna dell’arco del portale maggiore. Inoltre W. realizza i simboli degli Evangelisti, i rilievi dei Genietti funebri e gran parte dei capitelli in facciata. Risulta insoddisfacente la ricerca di punti di riferimento per definire le origini della cultura plastica di W. l’opera di W. fu molto importante per la formazione di molti scultori che collaborarono con lui come il MAESTRO DELLE METOPE, autore delle 8 sculture che decorano i contrafforti del cleristorio classicismo di W. rielaborato in chiave lineare. La decisione di costruire il Duomo venne presa dai maggiori enti della città per dimostrare al papa il superamento di un episodio scismatico e ottenere così un vescovo che fosse espressione delle loro esigenze. La scelta dell’architetto Lanfranco è da imputare al clero e ai maggiorenti nel momento in cui decisero di costruire la nuova chiesa, invece W. dovette subentrare successivamente poiché nella chiesa ci sono segni dell’attività di una bottega precedente. SAN MICHELE a Pavia è importante perché offre un importante contributo alla diffusione e allo sviluppo del sistema strutturale del S. Ambrogio. Si differenzia dal modello milanese per il suo impianto a croce latina, ma ci si avvicina per il corpo basilicale(matronei). All’esterno la grandiosa facciata a capanna presenta un forte slancio verticale. L’intera facciata è attraversata da fasce orizzontali di rilievi con figurazioni allegoriche e ornamentali. Novità: sistema di illuminazione qui la navata centrale è illuminata direttamente perché il punto di innesto dei costoloni delle volte centrale è posto più alto(e non alla base delle arcate del matroneo come in S. Ambrogio) in modo da rialzare le coperture e ricavare coppie di monofore nella parte alta delle pareti. SAN PIETRO AL MONTE a Civate. Nel corso della seconda metà dell’XI secolo viene sviluppato, nel contesto di una navata unica, il tema carolingio testimoniato dal progetto dell’Abbazia di San Gallo, delle sue absidi contrapposte una con funzione liturgica e una che funge da ingresso monumentale. Tra 1093 e 1097 all’edificio furono aggiunte la decorazione in stucco e quella pittorica. Il ciborio ricorda quello ottoniano di S. Ambrogio; l’associarsi di pittura e stucco invece rimanda al gusto compositivo proprie di opere alto medievali come il S. Salvatore a Brescia o il Tempietto di Cividale. Queste riprese spiegano l’isolamento stilistico rispetto ad altre opere dell’epoca. Morbidezza del modellato, senso armonico della figura e dello spazio. Carnosità della materia pittorica e rinnovata intensità della luce; recupero di moduli bizantini aggiornati al classicismo comneno4. SAN FEDELE a COMO realizzata al passaggio dall’XI al XII secolo. È la costruzione più elaborata degli architetti comaschi. Deriva da una precedente chiesa paleocristiana risalente al VII secolo 3 4 E’ tipica del romanico la corrispondenza tra esterno e interno. La famiglia dei Comneni (in greco: Κομνηνός, Κομνηνοί, noti anche come Comnenus o Komnenos) ebbe un ruolo importante nella storia dell'Impero bizantino. Costituì una dinastia che ne resse le sorti fra XI e XII secolo guidandolo a riacquistare vigore e potenza, tanto che gli storici hanno definito il loro periodo la "Rinascita dell'Impero". dedicata a Santa Eufemia. Importante opera del romanico lombardo è il coro, ispirato alla Cappella Palatina di Aquisgrana, con un'importante decorazione scultorea dei Magistri cumacini5 con figure zoomorfe, mostri, grifoni, ecc. L'attuale chiesa risale al 1120; l'originale impianto a tre navate irregolari innestate su un impianto centrale, pure irregolare per la minor dimensione dell'abside principale rispetto alle due del transetto, percorse da ambulacri coperti dai matronei. La facciata neoromanica di San Fedele, rifatta ex novo nel 1914, presenta un rosone centrale. Interessante all'esterno sono l'abside centrale poligonale a tre piani coronata da loggetta del XIII sec. e fiancheggiata dall'antico portale cuspidato databile tra i secoli XI e XII, detto anche portale del drago con bassorilievi medievali soggetti a diverse interpretazioni. Secondo l’ipotesi più comune è rappresentato profeta Abacuc con i cestelli dei viveri per san Daniele; sotto, si trova un rilievo scolpito di età romanica raffigurante "Daniele in trono nella fossa dei leoni". Le sculture del portale posteriore manifestano una propensione monumentale e risultano particolarmente importanti poiché fanno da preludio a quella che nel corso del XII secolo è l’opera più significativa dell’ambiente PULPITO DELLA CHIESA DI SAN GIULIO sull’Isola di San Giulio sul lago d’Orta monumento di pianta quadrata con lunette sporgenti che propone un rapporto con la scultura in bronzo della Bassa Sassonia. CATTEDRALE DI FERRARA Riprende il linguaggio lanfranchiano del Duomo di Modena. La cattedrale fu costruita a partire dal XII secolo, con il contributo di Guglielmo degli Adelardi, quando la città si stava allargando sulla riva sinistra del Po e di conseguenza il centro della città si spostava verso Nord. La cattedrale fu consacrata nel 1135 e dedicata a san Giorgio, come si legge nell'iscrizione in volgare, nell'atrio della chiesa. Lo stile romanico del progetto iniziale è testimoniato dalla facciata. Si scelse l’impianto a cinque navate(elemento fortemente romano) per sottolineare l’abbandono della città di una posizione scismatica a favore dell’antipapa Anacleto II e quindi il passaggio della diocesi alla diretta dipendenza dalla Santa Sede. La tradizione vuole che sia Niccolò6 l’architetto della facciata; è da chiarire che questa tradizione nasce da una falsificazione settecentesca. Fatto sta che Niccolò, con l’aiuto di una bottega, firmò il portale di facciata. La novità del portale ferrarese consiste nella qualità organica del programma che svolge in relazione alla forma strombata. SAN ZENO a VERONA Costruita tra 1120 e 1138. Concetti base: Interpretazione raffinata del modello modenese. Impianto basilicale a tre navate con presbiterio rialzato. 5 Erano dei costruttori, muratori, stuccatori ed artisti, raggruppati in una corporazione di imprese edili itineranti composte da professionisti specializzati, attive fin dal VII-VIII secolo nella zona tra il Comasco, il Canton Ticino e in generale la Lombardia. 6 E’ stato uno scultore italiano attivo tra il 1122 e il 1139 e fu tra i principali maestri italiani in epoca romanica. Allievo o comunque conoscitore di Wiligelmo, è il primo maestro del quale si conosca un corpus di opere firmate, ben cinque, che permettono di ricostruire i suoi spostamenti attraverso l'Italia settentrionale. Nel 1135 Niccolò si trovava al Duomo di Ferrara per lavorare di nuovo a un protiro, dove per la prima volta venne scolpito anche il timpano, come si faceva già da un paio di decenni in Francia. Di sua mano sono la Statua di san Giorgio, protettore di Ferrara, e le Scene del Nuovo Testamento. Nel 1138 era nel cantiere della Basilica di San Zeno a Verona, ancora a lavoro a un timpano, del quale resta anche la policromia. All'interno, nella lunetta alcune scene dedicate alla storia cittadina di quei tempi. In breve: egli fu attivo in Piemonte e in molti centri della pianura padana. Attenzione al dato reale che rivela l’apertura dell’artista verso la plastica francese. Finezza nel disegno, vivacità narrativa. Facciata a salienti con protiro e grande porta con formelle bronzee San Zeno mostra l’applicazione dell’ esempio modenese in area veneta vi ritorna l’impianto basilicale a tre navate e la rispondenza della facciata a salienti alla distribuzione dell’interno. Si tratta comunque di un' interpretazione particolarmente raffinata del modello modenese, probabilmente per suggestioni veneziane come San Marco gli effetti di modulazione plastica e pittorica della facciata sono sottili, prodotti dalla leggerezza degli aggetti e dalla contenuta policromia dei materiali di rivestimento. Al centro della facciata si apre un grande rosone, noto come Ruota Della Fortuna. In San Zeno Niccolò mostra la sua maniera più tipica e matura nella decorazione scultorea ai lati del portale e nella lunetta compone le forme in maniera morbida, articolando una narrazione vivace e ricca di dettagli e accenti naturalistici. I rilievi della facciata sono collegati da un programma unitario incentrato sul tema della salvezza. COMPLESSO EPISCOPALE DI PARMA Concetti base: DUOMO: 1090 ca – 1130 Corpo longitudinale a tre ampie navate con abside e transetto. Ispirazione a modelli architettonici romanici borgognoni, normanni e lombardi. Esterno: complesso incastro di volumi nimato da sequestnze di loggette su più livelli. Intreccio di narrazione e valore simbolico nel capolavoro scultoreo del duomo, la Deposizione di Antelami. BATTISTERO: 1196-1260 ca. Edificio a pianta centrale progettato e in parte realizzato da Antelami. Equilibrato rapporto tra elementi orizzontali e direttrici verticali. Grandioso complesso scultoreo interno ed esterno a opera di Antelami. Caratteri già gotici nella decorazione dei portali. Importanti cicli di Mesi e Stagioni dal valore simbolico. BENEDETTO ANTELAMI (1150 ca-1230 ca) Svolse un ruolo chiave nella definizione di un ostile nuovo, in cui il sostrato della tradizione figurativa romanica diffusa nell’Italia settentrionale si apre a suggestioni del Gotico Francese. Poco ci è noto della sua vita. Forse originario della Lombardia, in particolare della Val d'Intelvi (come sembra suggerire il cognome), dove sono documentati alcuni Magistri Antelami (pronuncia Antèlami), fu comunque attivo solo nell'area di Parma dal 1178 a poco dopo il 1200. La ricostruzione dei suoi dati biografici prende infatti le mosse esclusivamente dalle due iscrizioni datate che l'artista ha lasciato: quella del 1178 sulla Deposizione della cattedrale di Parma (Benedictus Antelami dictus) e quella del 1196 sullo stipite del portale del battistero della stessa città (Benedictus). Da questi dati e dal confronto critico delle opere parmensi autografe con altre sculture di area padana e francese, gli studiosi hanno provato a ricostruire più o meno credibilmente la sua origine, la formazione artistica e le vicende professionali che lo avrebbero visto operare come scultore e come architetto. Egli doveva essere a conoscenza, oltre che della scultura e dell'architettura romanica dell'Italia settentrionale, anche degli sviluppi artistici contemporanei di area provenzale. Al cantiere del Battistero egli lavora sia come scultore che come architetto. La lezione di Antelami apre la strada a un rinnovamento in direzione del gotico francese. Inoltre la sua influenza si può riscontrare nel ciclo dei Mesi del Duomo di Ferrara, nelle personificazioni delle Virtù e nei Profeti del portale centrale di San Marco a Venezia. Antelami era autore anche del tramezzo, oggi scomparso, che separava navate e presbiterio. Dovette eseguire la maggior parte della decorazione scultorea, oggi difficile da ricostruire nella sua originaria distribuzione. A lui è attribuita la cattedra episcopale del vescovo di Parma e antipapa Cadalo, scolpita tra il 1178 e 1196 che evidenzia la sua maestria nell’integrare scultura e architettura. Ma la sua opera più famosa nel Duomo è la lastra con la Deposizione(nel braccio destro del transetto) , opera firmata e datata 1178. Lo schema compositivo è di tradizione bizantina, simmetrico, con croce al centro tra due gruppi di figure, sormontati ciascuno da un angelo in volo. Malgrado lo schema bizantino e il persistere di componenti romaniche come l’impostazione schematica, abbiamo notevoli novità stilistiche ispirate al gotico francese si avvertono soprattutto nel corteo delle pie donne dalla solida compostezza, combinata alla finezza del trattamento di vesti e panneggi, solcati da pieghe lineari(rimando alle sculture del portale maggiore di Chartres), la Deposizione mostra un rinnovato interesse per elementi desunti dal repertorio classico come i tondi col sole e la luna, le rosette e i motivi floreali sul fondo. L’Antelami raggiunge una solennità cerimoniale che ha come presupposti lo sbalzo delle figure rispetto al fondo e l’aggregazione dei personaggi secondo schemi dettati dalla sintetica semplicità della geometria lineare. Tornando al Duomo; il progetto originario prevedeva due torri di cui ne fu costruita solo una successivamente(1284-94). Lo spunto è transalpino, riprende infatti modelli della Normandia e della Borgogna, ma la fronte dell’edificio si presenta con caratteri tipici del romanico lombardopadano, in particolare per il suo impianto a capanna e per la sequenza di loggette che scavano la muratura conferendole un nitido movimento plastico, evidenziato anche dal protiro davanti al portale. La pianta è a croce latina, con 3 navate. Transetto e 3 absidi rialzati. Dall’esterno si presenta come un complesso di masse architettoniche cubiche e cilindriche innestate le une sulle altre. Il Battistero accanto al Duomo. Pianta ottagonale all’esterno e 16 lati all’interno. Antelami ideò sia la struttura che la decorazione scultorea, così da costituire un’opera organizza e aperta agli influssi gotici. All’esterno la struttura è scandita da un equilibrato rapporto di direttrici verticali. 3 portali dall’unità esecutiva. 4 logge architravate. Forte matrice classicheggiante responsabile dell’aspetto originale assunto dall’edificio. La novità qui non sta tanto nella sovrapposizione di loggiati architravati sia all’interno che all’esterno, ma dal diverso rapporto che la cupola ha con le pareti all’esterno la mascherano completamente dando alla struttura una spazialità del tutto diversa rispetto all’interno. Novità anche nel modo di decorare i portali: le scene delle lunette sono in stretto rapporto con quanto è rappresentato sia nell’architrave, sia nell’archivolto. Il portale della Vergine presenta la Madonna col Bambino al centro della lunetta, affiancata dall’Adorazione dei Magi e dall’episodio di Giuseppe che riceve l’ordine di partire per l’ Egitto. Nell’architrave vicende del Battista e Profeti nell’archivolto. Dunque tematiche inerenti all’incarnazione di Cristo e alla manifestazione della sua divinità. Nel Portale Del Redentore o Del Giudizio ieratica figura di Cristo giudice circondato da angeli con i simboli della passione. Nell’archivolto sono raffigurati gli Apostoli, mentre l’architrave mostra la chiamata degli eletti. Il tema del terso portale, cioè Il Portale Della Vita è quello della brevità dell’esistenza degli uomini, minacciata dal demonio. Novitàconnessione delle figure dell’architrave e della lunetta in un’unica sequenza narrativa. Nuova umanizzazione delle figure di ascendenza gotica. Ciclo dei mesi: CATTEDRALE DI FIDENZA già in costruzione nel 1179, questo edificio presenta delle fasi nettamente distinte. La più arcaica è costituita dall’impianto a 3 navate sul quale viene realizzato un sistema di copertura a crociere e costoloni dal sapore ormai gotico. Presenza del matroneo che si affaccia sulla navata centrale attraverso due quadrifore. Nell’arco dei primi del XIII secolo è da porre una nuova fase di intervento che comportò il completamento delle coperture e il rifacimento della zona presbiteriale. Esternamente appare abbastanza esplicito il rimando al Battistero di Parma con la decorazione delle colonne che reggono delle arcate, a inquadrare le finestre. La parte più bassa della facciata è ricoperta di marmo finemente scolpito, quella più alta è in arenaria. Vi sono tre portoni: quelli laterali sono detti: “portone della Vita” affiancato da colonne sorrette da arieti “portone della Morte” affiancato da colonne sorrette datelamoni. Il portone centrale è “sorvegliato” da due leoni stilofori. Sopra questo portone abbiamo un prezioso bassorilievo raffigurante la vita di san Donnino, santo protettore della città. Nello spazio tra i due portoni minori e quello maggiore vi sono due nicchie nelle quali sono posti due figure bibliche: Ezechiele e Davide. A fianco di queste nicchie troviamo due colonne. Una di queste sorregge la statua a tutto tondo dell’apostolo Simone, che tiene tra le mani una pergamena che indica la via per andare a Roma; poiché Fidenza è una delle tante città dove passa la via Francigena. Lungo i lati della cattedrale abbiamo dei bassorilievi raffiguranti passi della Bibbia, storie di santi o semplici raffigurazioni religiose. In un angolo della facciata è stata notata una scanalatura che serviva ai mercanti che allestivano le proprie bancarelle nei paraggi per misurare le stoffe che vendevano. E’ molto improbabile la presenza dell’Antelami a Fidenza visto che non esiste un rapporto diretto tra le sculture parmigiane a lui riferibili e quelle della facciata di Fidenza. Qui è attiva una vasta bottega dominata dallo scultore che realizza le figure di Ezechiele e David, la Madonna col Bambino e i rilievi di Ercole che atterra il leone nemeo. E un Grifone che artiglia un cervo. Lo scultore di Fidenza apre un campo di possibilità espressive parallelo a quello dell’Antelami. Lo scultore che più di tutti accoglie lo spirito delle opere di Fidenza è lo scultore che realizza il Ciclo Dei mesi7 nella CATTEDRALE DI FERRARA. SAN MARCO a VENEZIA la vicenda creativa si inquadra a partire dal tempo del doge Domenico Contarini (1042-1071) per proseguire sotto il doge Domenico Selvo (1071-1084) e concludersi sotto Vitale Falier (1086-1096). La fondazione è altomedievale, risale a quando, nell’829, vennero traslate a Venezia le reliquie di San Marco; si trattava di un edificio che era sia basilica martiriale che cappella palatina. L’iniziativa di dare forme nuove all’edificio si ebbe in un periodo in cui la 7 Il ciclo dei Mesi, proveniente dalla Porta dei Mesi della cattedrale (distrutta nel Settecento). I vari altorilievi con le personificazioni e le attività agricole legate ai mesi sono opera dell'anonimo Maestro dei Mesi (attivo tra il 1220 e il 1230 circa), tra le più importanti figure nella scultura italiana del XIII secolo, anello di congiunzione tra Benedetto Antelami e Nicola Pisano. Chiesa stava programmando un ritorno all’antichità cristiana in campo artistico recupero di una dimensione basilicale con precisi intenti simbolici, ovvero strumento per rivendicare antichità e prerogative risalenti alle origini cristiane. Un esempio di questo filone è il restauro della CATTEDRALE DI TORCELLO. L’intervento costruttivo fu promosso dal patriarca Poppone (tra 1008 e 1031). Il complesso basilicale presenta il tipico schema paleocristiano: il nucleo centrale è costituito dalla basilica, preceduta da un nartece, sul quale si innestava un tempo il battistero, del quale rimangono oggi solo le tracce, mentre sul fianco si erge tutt'oggi il martyrion, dedicato a Santa Fosca. Connesso al complesso, doveva infine un tempo sorgere il Palazzo Vescovile. La facciata è composta di 12 lesene collegate in alto da archetti a tutto sesto: il nartece del secolo XI, è stato ampliato e modificato nel secolo XIII. Al centro, è il portale di marmo con stipiti del Mille. Il campanile è nel prato, con canna a lesene e cella campanaria a quadrifore. Il piccolo oratorio poco distante sorge sul luogo della chiesa di San Marco, eretta, secondo la tradizione, da Rustico da Torcello, uno dei due mercanti veneziani responsabili del trafugamento delle spoglie di San Marco da Alessandria d'Egitto. Si accede per la porta laterale destra. L’interno è diviso in tre navate da 18 colonne di marmo greco, con capitelli in stile corinzio. La controfacciata è interamente occupata da un mosaico in stile veneto-bizantino raffigurante il Giudizio Universale: le schiere delle anime sono sovrastate in alto dalla figura di Gesù tra Maria e Giovanni. Il presbiterio è separato dalle navate attraverso un’iconostasi formata nella parte alta da sottili colonne marmoree con capitelli bizantini e, in basso, da bassorilievi di pavoni e leoni e da una serie di tavole lignee con immagini sacre. Per molti anni fra la seconda metà del XI secolo e la metà del XII la chiesa di Santa Maria Assunta accolse il più importante ciclo di mosaici dell'Italia settentrionale, e senz'altro fra i più imponenti in Italia insieme a quelli di Santa Maria Maggiore a Roma. Oggi restano i mosaici del catino e del semicilindro absidale principale, dell'arco trionfale, di catino e volta absidale destri e della controfacciata, mentre è perduta la decorazione del timpano dell'arco trionfale. L'abside centrale ospita nel catino una Vergine Odighitria immersa su sfondo oro, e al di sotto, sul semicilindro absidale, gli Apostoli presentati su un prato fiorito nella serie latina (cioè con Giacomo minore e Taddeo al posto di Marco e Luca). La Vergine, slanciata in un maphorion di un blu intenso e scuro, dalla potente forza lineare che la avvicina alle imprese musive veneziane come la cupola dell'Ascensione nella Basilica di San Marco, è realizzazione di una maestranza bizantina della seconda metà del XII secolo, mentre gli Apostoli spettano in gran parte a un'équipe di mosaicisti veneti ben istruiti ai modelli bizantini di provincia, probabilmente nell'ambito della prima decorazione della Basilica di San Marco stessa: una certa fissità espressiva li avvicina ai mosaici del monastero di Hosios Loukas nella Focide, mentre i panneggi con pieghe legnose e a zig-zag che li attraversano ricordano i mosaici del Palazzo del Patriarca di Costantinopoli. Per queste ragioni sono da datare alla fine dell'XI secolo. Spettano agli stessi mosaicisti dell'Odighitria anche l'Annunciazione sull'arco trionfale, dalle linee dinamiche tipiche dello stile comneno maturo e molto vicina alle figure della cupola dell'Ascensione in San Marco a Venezia, e la scomparsa Ascensione con Cristo in clipeo portato in Cielo da angeli sul timpano, di cui restano frammenti con i volti dei due angeli e del Cristo. Le parti realizzate nel XII secolo sostituirono soggetti analoghi del XI secolo nel frattempo rovinati. Nel catino dell'abside destra il Cristo Pantocrator, in trono accanto a due angeli, sovrasta le figure di quattro Dottori della Chiesa (Ambrogio, Agostino, Martino di Tours e San Gregorio Taumaturgo: il Cristo, molto vicino allo stile dei mosaici della Chiesa della Vergine dei Calderari a Salonicco (Panaghìa ton Chalkeon), spetta senz'altro a mosaicisti costantinopolitani o comunque bizantini, mentre a maestranze italiane vanno senz'altro attribuiti i quattro Dottori. Tutti i mosaici dell'abside destra vanno assegnati alla fine dell'XI secolo. A questo periodo appartiene anche la volta a crociera, decorata con un motivo di ascendenza ravennate: l'Agnus Dei entro un clipeo, da cui partono quattro festoni fitomorfi lungo le diagonali, sostenuto negli spazi di risulta da quattro angeli, di cui due tronchi al busto nei lati più lunghi (la sezione della volta è rettangolare). Il soggetto ha fatto credere a lungo che il mosaico potesse risalire addirittura alla prima fase architettonica della basilica, nel IX secolo: si tratta invece di uno dei non rari revival tematici e di gusto paleocristiani tipici dell'età comnena. La controfacciata presenta uno dei più imponenti mosaici d'area veneta. La parete è divisa in sei livelli, corrispondenti a soggetti diversi, di cui gli ultimi quattro riguardanti il Giudizio Finale. 1. In alto, nel timpano, la Crocifissione, semplice con la sola presenza della Vergine e di San Giovanni Evangelista. 2. Anastasis, con un Cristo imponente ai cui fianchi si snoda il corteo dei salvati dal Limbo, scortati ai lati da due imponenti angeli, quasi totalmente di restauro moderno 3. Deesis, con il Cristo entro mandorla (sorretta dalla ruote del Carro di fuoco da cui promana il Fiume di fuoco apocalittico, che si snoda fino al fondo della parete) affiancato da Battista e dalla Vergine, e dal consesso di Apostoli e, dietro, Angeli. 4. Etimasia, con ai fianchi i morti che risorgono dal mare e dalla terra, vomitati dagli animali 5. Psicostasis, in cui un angelo è alle prese con due demoni per la pesa di un'anima, mentre a sinistra è una schiera di Eletti, e a destra corpi mozzi di dannati che si dilaniano nei fuoco infernale spinti da due angeli e torturati da Satana. 6. Giudizio Finale vero e proprio, con sulla sinistra la Madonna e alcuni santi, e sulla destra i dannati. 7. Una lunetta sulla porta della chiesa, sullo stesso livello del Giudizio, accoglie la protome di una Madonna orante. La decorazione spetta in gran parte a maestranze veneziane della fine dell'XI secolo o al massimo dell'inizio del XII. Alcune parti furono ricomposte da mosaicisti bixantini e veneziani alla fine del XII secolo, e fra queste parte del consesso apostolico, l'angelo della Psicostasi e la Vergineentro la lunetta (quest'ultima con caratteri decisamente più occidentali). Purtroppo molte parti del mosaico sono state arbitrariamente restaurate nel XIX secolo, alterando irreparabilmente la loro qualità. La decorazione musiva del complesso del Duomo di Torcello è dunque da assegnare per una prima fase alla fine dell'XI secolo ad opera di maestranze bizantine (Pantocrator abside destra) e italiane (Apostoli nell'abside centrale, Dottori della Chiesa e volta dell'abside destra, controfacciata), che si sovrapposero peraltro, per quanto concerne l'abside centrale, ad alcune figure, forse di apostoli o di vescovi altinato-torcellesi, dipinte a fresco nella prima metà dell'XI secolo e di cui restano alcuni frammenti nella parte bassa dell'abside. Dopo la costruzione del synthronon e alcuni riattamenti, l'abside fu perciò ridecorata a mosaico nell'ultimo quarto dell'XI secolo. Successivamente, forse a seguito di un terremoto del 1117 che causò il crollo di alcune parti della chiesa, alcuni mosaici rimasero danneggiati, e furono risarciti nella seconda metà del XII secolo (Odighitria nell'abside centrale, Annunciazione nell'arco trionfale,Ascensione nel timpano e alcune parti della controfacciata), grazie a maestranze bizantine che parlano ormai un maturo linguaggio visivo d'età comnena. Un altro esempio di come in questo periodo la Chiesa promuovesse un programmatico ritorno alle origini cristiane sta nella decorazione absidale della CATTEDRALE DI AQUILEIA incentrata sulla rappresentazione della Vergine e il Bambino in maestà all’interno di una mandorla retta dai simboli degli Evangelisti. L’affresco tende a recuperare il classicismo monumentale proprio della cultura ottoniana. La ricostruzione di San Marco si distacca da questo contesto aderendo al perduto Apostoleion8 di Costantinopoli (edificio cruciforme con cupola centrale e cupole sui 4 bracci). Il modello viene riletto e si giunge a una struttura autonoma: l’Apostoleion è caratterizzato dalla totale simmetria fra i 4 bracci, invece a San Marco uno aveva la tripartizione tipica di una zona presbiteriale. Presenza del matroneo. All’esterno paramento in laterizio, grandi pareti a terminazione arcuata, aperte da molteplici finestre, cornici a dentelli, i pilastri multipli, le nicchie e gli archetti: tutti elementi che dispiegano il linguaggio costruttivo e decorativo dell’età medio bizantina. La chiesa del doge Contarini ci è giunta sostanzialmente integra nelle sue strutture ma molto modificata per quanto riguarda l’aspetto decorativo. Nel 1094 si concludono i lavori architettonici, vengono sistemate le reliquie e inizia la campagna decorativa rigorosamente a mosaico. Si tratta della prima fase decorativa che probabilmente non occupava tutta la superficie a disposizione. Ci sono giunti due frammeti relativi a questa prima fase. Sono caratterizzati da una grande intensità cromatica che esprime una forte carica patetica. Dopo l’incendio del 1106 nuova campagna decorativa. Si discute sul ruolo avuto in questa fase da maestranze bizantine. In ogni caso la matrice bizantina è forte, sia sul piano iconografico che stilistico. Rispetto alle cadenze aggraziate del momento iniziale, lo stile dei mosaicisti veneziani ha ormai raggiunto la durezza lineare dei contorni e la insita evidenza geometrica dei percorsi delle lumeggiature. E’ difficile distinguere le diverse botteghe attive nel cantiere, anche se è stato possibile individuarne alcune fra le principali. A quella del Maestro Emanuele si attribuiscono la cupola sul presbiterio, rimaneggiata dopo il 1419, forse le storie dei diversi santi, i miracoli di Gesù. A quella del Mestreo dell’Ascensione si attribuiscono la cupola centrale, quelle sui bracci laterali e le Storie Della Passione. Alla bottega del Maestro della Pentecoste la cupola sulla campata longitudinale raffigurante appunto la Pentecoste. La prima bottega è legata a modelli del secolo precedente come Hosios Lukas e Kiev in Russiamonumentali ma rigidi, improntati a un rigoroso classicismo dalle nobili forme da un cromatismo raffinato ma limitato. La seconda adotta invece uno stile agitato che enfatizza il movimento delle figure. La gamma cromatica è più ricca e sontuosa, i contorni sono più sottolineati. La terza bottega sembra seguire una via intermedia tra le altre due incline però a un certo decorativismo. Nell’atrio la campagna decorativa duecentesca inizia dalla prima cupoletta davanti alla cappella Zen, dove sono raffigurate le Storie della Genesi. Lo stile è occidentale e contemporaneo ma il loro modello iconografico è antiquario. Il grande pannello con l’orazione nell’orto è uno degli esempi artistici meglio riusciti del periodo. Cristo compare sei volte in una scansione tripartita della narrazione. Nel ‘200 la basilica subisce anche modifiche strutturali. Vengono innalzate le grandi cupole a bulbo. Dopo la IV crociata giungono molte opere d’oreficeria, marmi, sculture da 8 Fondato da Costantino e ristrutturato poi da Giustiniano.Il Mango dice che San Marco rivela un gusto antiquario nell’ispirazione all’antica architettura dell’Apostoleion. Costantinopoli. L’iconostasi di XI secolo viene smontata e trasferita a Torcello e sostituita da una nuova. Nasce una scuola locale di marmorari, prima fedeli imitatori di modelli bizantini, poi originali artisti. La pala d’oro. Prezioso oggetto di origini bizantine. Tra gli smalti che raffigurano la vita di San Marco si trovavano i ritratti dell’imperatrice Irene, consorte di Alessio I Comneno e del doge Falier. La pala fu sistemata nel 1345 conferendole un aspetto goticheggiante. L’ITALIA CENTRALE Prima metà XI secolo in Toscana cultura figurativa antichizzante legata a esigenze della Chiesa riformata. Si diffonde l’ impianto a navata unica, legata a un transetto emergente tripartito, che resterà uno dei più caratteristici della regione, per tutto il periodo romanico. Grande importanza del vescovo Gerardo a Firenze nel 1045, il quale sarebbe poi diventato papa Nicola II. E’ a questo periodo che risale l’impianto finale raggiunto dall’antica Cattedrale di Santa Reparata al di sotto dell’ attuale Santa Maria Del Fiore. L’idea centrica come principio generatore comincia a diffondersi anche in edifici di altre regioni, come SAN CIRIACO ad ANCONA Fusione di stile Romanico e di pianta e decorazioni bizantine. Già dal III secolo a.C. era presente nella zona un tempio dorico probabilmente dedicato ad Afrodite. Sopra questo tempio è stata costruita, nel VI secolo una basilica paleocristiana dedicata a San Lorenzo, Tra il 996 e il 1015 si provvede alla ricostruzione della nuova chiesa, ampliando l'edificio ma mantenendo le tre navate. Nel 1017i corpi di San Marcellino di Ancona e di San Ciriaco vengono trasferiti all'interno della Basilica. Importanti lavori di ampliamento vengono eseguiti tra la fine del XII secolo e la prima metà del XIII secolo, scegliendo di aggiungere un corpo trasversale a formare uno croce col basilicale primitivo e di aprire un ingresso verso sud-ovest. Con questa nuova geniale composizione la pianta della chiesa viene resa a croce greca, con transetti absidati e sopraelevati, e la rivolse al porto e alla nuova strada d'accesso alla città. Tra il XIII e il XIV secolo la basilica viene dedicata a San Ciriaco patrono di Ancona, martire e, secondo la tradizione, vescovo della città. BATTISTERO FIORENTINO Consacrato da Nicola II nel 1059. Ispirazione antichizzante nel suo impianto ottagonale legato a esigenze di riforma. Anche se solo agli inizi del XII secolo raggiunse quella scansione interna su due piani con quello inferiore architravato e quello superiore loggiato, al di sotto della cupola a spicchi, chiusa con la lanterna nel 1150 che rimanda al Pantheon. E’ in questi anni che il Battistero viene affidato all’Arte di Calimala e in cui viene realizzato il ricco apparato a tarsie marmoree, secondo il gusto geometrico e coloristico che caratterizza il tardo romanico fiorentino. Limpida articolazione di volumi e ricerca di effetti di superficie. Il Battistero è dedicato a San Giovanni. Sui piani esterni il paramento si organizza in una sequenza di motivi suddivisi in tre ordini sovrapposti, ciascuno dei quali è a sua volta articolato secondo un ritmo ternario. All’interno ripresa della scansione ritmica esterna in due ordini sovrapposti. ABBAZIA DI SAN MINIATO AL MONTE La costruzione dell'attuale chiesa iniziò nel 1013 sotto il vescovo Alibrando e proseguì sotto l'imperatore Enrico II. Espressione più nota del romanico fiorentino. All’interno: innesto del tema delle arcate trasverse che scandiscono il percorso basilicale. La facciata di San Miniato è uno dei capolavori dell'architettura romanica fiorentina, ispirata a un classicismo solido e geometrico ripreso dalle tarsie marmoree degli edifici monumentali romani. Venne iniziata nell'XI secolo ed è divisa in due fasce principali: quella inferiore è caratterizzata da cinque archi a tutto sesto sorretti da colonne in serpentino verde con basi e capitelli corinzi in marmo bianco, richiamo alle prime basiliche paleocristiane a cinque navate (in realtà la chiesa fiorentina di navate ne ha solo tre); la parte superiore mette in evidenza la vera geometria della chiesa, con le due falde simmetriche delle navate laterali ci fanno percepire la presenza delle tre navate. I due frontoni simmetrici delle navate laterali sono decorati con una bicromia di marmo bianco e serpentino verde di Prato, che tramite forme geometriche ricostruiscono l'opus reticulatum romano. La parte centrale del secondo livello è caratterizzata da un pronao tetrastilo sorretto da quattro pilastri, che la dividono in tre parti. IL CAMPO DEI MIRACOLI A PISA Concetti base: Grande complesso monumentale di concezione e stile unitari. Volontà di creare un equivalente simbolico della “città santa”. Duomo: fusione di elementi classici, paleocristiani, arabi e romanici nella struttura e nella decorazione ideata da Buscheto. Pianta a croce latina con tre aule basilicali e cupole a base ellittica. Ampliamento e nuova facciata a salienti che raccorda interno ed esterno(Rainaldo) Battistero: pianta circolare, sviluppo interno su due livelli, cupola conica; l’esterno riprende i motivi del Duomo. Torre campanaria cilindrica dal ritmo rotatorio continuo. Caratteri gotici del linguaggio pisano nel Camposanto. Pisa in questo periodo si stava affermando come una delle potenze egemoni nelle rotte marittime e nei traffici commerciali. Il Campo Dei Miracoli viene collocato in un’area periferica, iniziato nel 1064 con la costruzione del Duomo promosso sia dal vescovo Guido sia dalle maggiori istituzioni cittadine. Viene dedicato alla Vergine Assunta e realizzato dall’architetto Buscheto. E’ un caso unico per la grandiosità della concezione e per l’originalità e la qualità delle soluzioni formali. Buscheto vi fonde elementi dalla tradizione classica e paleocristiana, elementi tratti dall’architettura araba e formule del romanico lombardo. Il riferimento a una matrice classica è evidente soprattutto nella struttura e nella decorazione della chiesa. Croce latina, coro absidato, 5 navate scandite da colonne monolitiche. Il corpo longitudinale è costituito da 3 navate con 2 absidi alle estremità. All’incrocio dei due corpi una cupola ovoidale. La scelta di impostare la cupola all’incrocio dei bracci è tipicamente romanica e di derivazione lombarda. La cupola tuttavia riecheggia motivi desunti dalla cultura araba. Le pareti sono rivestite da fasce bicrome. Consacrato nel 1118 da papa Gelasio II, dopo la morte di Buscheto il Duomo viene proseguito da RAINALDO. Modifiche per renderlo più monumentale senza però alterare l’unità formale ampliamento del corpo longitudinale e disegno di una nuova facciata a salienti. Nella parte bassa, con le arcate cieche, Rainaldo si attiene allo schema ideato dal suo predecessore. Invece nella parte superiore recupera il motivo lombardo delle loggette pensili e le sviluppa in una sequenza di quattro ordini sovrapposti. Il Battistero. Negli stessi anni dell’erezione della facciata venne avviata davanti a essa la costruzione del Battistero nel 1153 su progetto dell’architetto DIOTISALVI, ma completato solo tra XIII e XIV da Nicola e Giovanni Pisano. Il suo assetto ripropone il prospetto della facciata antistante ordine di arcate cieche e il paramento a fasce bicrome di estrazione orientale, il tutto alleggerito negli ordini superiori da Nicola e Giovanni Pisano che reinterpretano in chiave gotica il motivo delle loggette caratteristico della fronte di Rainaldo. Pianta circolare con cupola conica nascosta da una più ampia calotta emisferica. All’interno ampio vano centrale circondato da un deambulatorio su due piani. Campanile tradizionalmente attribuito a BONANNO PISANO, viene eretto in posizione isolata. Ha la forma di una torre cilindrica scandita da un ordine basale di arcate cieche su colonne cui sono sovrapposte sei snelle loggette che alleggeriscono la struttura e le conferiscono il ritmo rotatorio continuo. Costruzione avviata nel 1173, terminata solo nel XIV secolo. Allo stesso Bonanno, autore del portale di Monreale, spetta anche l’esecuzione della porta del transetto del Duomo, detta Porta di San Ranieri. Bonanno è partecipe di quel processo di trasformazione che comporta una maggiore attenzione rivolta alla costruzione dello spazio con esiti di ampio respiro. La vicenda stilistica che coinvolge la scultura pisana sul finire del XII secolo si focalizza ancora intorno al nodo del rinvio antichizzante, colto come un riflesso delle esigenze espresse dall’ambiente e dalla committenza. SAN FREDIANO A LUCCA Fin dal VI secolo esisteva in questo luogo un edificio religioso dedicato ai tre santi leviti Vincenzo, Stefano e Lorenzo. La costruzione di questa prima chiesa si fa risalire allo stesso San Frediano, vescovo di Lucca tra il 560 e il 588. Gli scavi effettuati sotto l'attuale basilica hanno confermato la presenza dell'antico edificio. Alla fine dell'VIII secolo questa chiesa fu dotata di una cripta che accolse il corpo di San Frediano. Nel 1112 iniziò la riedificazione dell’edificio che fu consacrato nel 1147. Il progetto prevedeva una chiesa a tre navate con abside, priva di transetti e anche di cripta, secondo le nuove tendenze connesse alla riforma gregoriana, con la facciata posta a oriente, diversamente dalla regola che voleva l'abside orientata verso est. La chiesa era più bassa di quella che oggi vediamo; il rialzamento data al XIII secolo e venne concluso con l'ornamentazione a mosaico della parte superiore della facciata. Il mosaico rappresenta l'Ascensione di Cristo in una mandorla sostenuta da angeli, alla presenza degli Apostoli, in origine posti ai lati della Madonna la cui immagine è andata distrutta per l'apertura della monofora centrale. La parte superiore mostra il segno di un artefice colto e aggiornato su recenti esperienze bizantine, da collocare in ambiente romano, mentre la zona inferiore sembra dovuta ad un artefice locale della bottega dei pittori Berlinghieri. L'architettura della Basilica di San Frediano ben rappresenta le caratteristiche del romanico lucchese prima che le influenze della vicina Pisa, in particolare del Duomo di Buscheto, e le maestranze provenienti dal nord dell'Italia ne cambino i caratteri tradizionali. La chiesa presenta ancora una semplice pianta basilicale di tipo paleocristiano, con cortine murarie lisce, senza aggetti o complesse articolazioni di arcate, e gli elementi architettonici sono ancora tutti di tradizione romana, come i colonnati architravati della facciata e dell'abside, le finestre a nicchia, i capitelli compositi appositamente scolpiti. A PISTOIA l’influenza pisana si traduce in una vivacità coloristica che esalta la bicromia dei marmi arricchita da una più intensa tessitura della tarsie geometriche, soprattutto nei pennacchi sopra le arcatelle SAN GIOVANNI FUORI CIVITAS. L’influenza pisana si riscontra ancora nella chiesa della SS. TRINITA’ A SACCARGIA Fu completata nel 1116 sulle rovine di un monastero preesistente per volontà di Costantino I giudice di Torres In seguito furono eseguiti, da architetti e maestranze di scuola pisana, lavori di ampliamento databili dal 1118 al 1120: l'allungamento dell'aula, l'innalzamento delle pareti, una nuova facciata e la costruzione dell'altissimo campanile. Il portico sulla facciata fu probabilmente aggiunto in seguito, quando la chiesa era già ultimata, ed è attribuito a maestranze lucchesi. Alla fine del XII secolo l'abside centrale fu affrescata da un ignoto artista proveniente dall'Italia centrale, ancora oggi quest'opera può essere considerata l'unico esempio in Sardegna di pittura murale romanica in ottimo stato di conservazione. L'impianto è ad aula unica con transetto sul quale si affacciano tre absidi. La facciata è preceduta da un portico che ha un tetto a capanna intervallato da sette archi a tutto sesto poggianti sui pilastri, al centro sulle bianche colonne ci sono dei capitelli decorati da quattro figure alate da quattro figure mostruose. A nordovest si erge il campanile quadrangolare comunicante all'interno con il transetto. Nella parte posteriore della chiesa si aprono 3 absidi, fra cui il centrale è il più alto e ampio; inoltre quest’ ultimo è interamente decorato da un affresco in cui risalta la figura del Cristo in mandorla. All’ interno della chiesa mediante archi a tutto sesto si accede ai due bracci del transetto, dove si aprono 2 cappelle coperte da volte a crociera. La chiesa ha due fasi costruttive: a quella originaria risale il transetto e buona parte dell'aula coperta con tetto ligneo a capriate. I muri sono costruiti utilizzando conci in calcare bianco e basalto nero, secondo la tecnica propria delle maestranze pisane attive nel giudicato turritano alla fine dell'XI secolo. Alla seconda fase invece appartengono la sopraelevazione dell'aula e il suo prolungamento verso occidente, nonché l'attuale facciata, demolita e poi parzialmente ricostruita agli inizi del 1900. Nella parte interna dell'abside è conservato in modo completo un ciclo di affreschi (seconda metà XII sec.) che rappresenta il Cristo nella parte centrale della calotta , la Madonna fra gli apostoli nella fascia mediana e diverse scene della vita del Cristo nella porzione inferiore, alla base è rappresentato un finto velario. S. ANTIMO A CASTELNUOVO DELL’ABATE Chiesa originaria di IV secolo sul luogo del martirio di S.Antimo; in seguito l’edificio subì varie ricostruzioni. A noi interessa l’ampliamento che subì nel 1118 sotto la guida dell'abate Guidone. Il punto di riferimento più importante per il progetto della nuova chiesa è la grande abbazia benedettina di Cluny. Verso la metà del secolo XII la costruzione della nuova abbazia è quasi completata, solamente la facciata non è ancora terminata. SANTA MARIA DI CASTELLO A TARQUINIA Edificio che propone come punto d’arrivo un sistema di copertura a volte a crociera costolonata. E’ doveroso citare la figura del cosiddetto MAESTRO GUGLIELMO9 che ci fa comprendere come i linguaggi artistici si trasmettessero da un a regione all’altra. Sappiamo che il maestro collaborò nel Duomo di Pisa. Proprio per la cattedrale pisana Guglielmo scolpì, tra il 1159 e il 1162, il monumentale pulpito, che restò al suo posto sino al 1310, quando venne sostituito con il nuovo pulpito, opera di Giovanni Pisano. Il pulpito di Guglielmo venne dunque smontato e trasferito a Cagliari, città allora sotto il dominio pisano, dove arrivò nel 1312. L'opera venne rimontata nella cattedrale della città sarda, una chiesa del XIII secolo in stile romanico pisano, dove il pulpito trovò posto nella navata centrale, all'altezza della terza colonna a destra. Durante i restauri del XVII secolo, che dotarono la cattedrale di una nuova veste barocca, il pergamo di Guglielmo venne smembrato e le varie parti collocate nelle attuali posizioni. In seguito a tali manomissioni, il pulpito perse l'epigrafe in cui era indicato il nome dell'autore e gli anni in cui venne realizzato. Il Maestro Guglielmo introduce l’iconografia del Cristo morto (Es: Croce nel Museo di S. Martino a Pisa). Assistiamo allo sviluppo di una corrente che vuole superare la tradizione pisana SAN PIETRO A SPOLETO la facciata di questo edificio appare come un tutto omogeneo con prevalenza assegnata al settore centrale. La fronte è solenne in stretto rapporto con la scultura. Rimandi a questa facciata si possono fare con la facciata di SAN PIETRO IN TUSCANIA. 9 Era, insieme a Biduino, uno dei più illustri e famosi scultori che operarono al duomo di Pisa nel XII secolo. SAN RUFINO AD ASSISI cantiere avviato nel 1134; la facciata invece è più tarda. A livello plastico è determinante per i futuri sviluppi dell’architettura umbra che abbandonano i modi antichizzanti(propri ad esempio del duomo di Spoleto) e si orientano verso masse compatte, forme ritagliate sul piano, robuste emergenze cariche di tensioni luministiche. Mimetizzazione della scansione interna a tre navate. LA RINASCITA PALEOCRISTIANA Roma XI secolo periodo di scarse e controverse testimonianze. Una serie di interventi sul finire del secolo precedente sembrano indicare un indirizzo di ritorno all’antico, in particolare al periodo paleocristiano. SAN CLEMENTE Concetti base: Rifacimento di una basilica del IV secolo Maggiore tensione longitudinale rispetto alla basilica paleocristiana Interruzione della continuità dello spazio paleocristiano: divisione tra clero e fedeli Tra i primi esempi di decorazione marmorea a motivi geometrici, detta cosmatesca10. Pavimentazione influenzata da quella di Montecassino. Nuova concezione del riuso dei materiali classici di spoglio. Narrazione vivace degli affreschi inseriti in partiti architettonici. Rinnovo paleocristiano filtrato dalla sensibilità romanica nel mosaico del catino absidale; maggiore monumentalità in quello dell’arco trionfale. Le vicende architettoniche della chiesa si svolgono tra la fine dell’XI secolo e il XII e coincidono con alcuni importanti eventi storici Dictatus Papae11, la riforma ecclesiastica che impone una più rigida organizzazione del clero, la lotta per le investiture12. Probabilmente tra 1080 e 1099, quando il cardinale titolare della chiesa è il monaco benedettino Raniero di Bieda, iniziano i lavori di trasformazione dell’antica basilica di IV secolo occlusione degli archi di collegamento fra navata e nartece, inserimento di due pilastri di sostegno tra la navata principale e quella meridionale. Questi interventi consentono di circoscrivere la cronologia degli affreschi romanici nella chiesa inferiore poiché furono realizzati proprio su queste pareti di rinforzo. Dopo il 1099 la chiesa paleocristiana viene abbandonata e riempita di detriti che innalzano il livello del terreno alla quota attuale. Viene così costruita la nuova basilica, compresa la decorazione musiva. Poi ci fu una seconda ondata di lavori dal 1125 in cui vengono edificati l’atrio, il portico e l’ingresso monumentale. La pianta della chiesa attuale nasce da una trasformazione in senso romanico di uno spazio basilicale paleocristiano. Forte tensione longitudinale. L’abside ha una funzione 10 I Cosmati erano marmorari romani che formarono varie botteghe, di cui si ricordano sette membri, appartenuti a quattro diverse generazioni vissute tra il XII e il XIII secolo, famosi per i loro lavori architettonici, per le loro sculture, ma soprattutto per i loro mosaici e le loro decorazioni realizzate prevalentemente in luoghi ecclesiastici. 11 12 Fondamenti del potere papale, 1075. Tra il Papato e l'Impero ebbe per oggetto la concessione dell'investitura imperiale delle regalie (i diritti pertinenti al regno o pubblici) agli ecclesiastici. Si conclude con il concordato di Worms. diversa: non è più concepita come una grande esedra ma come cavità terminale nella fuga verso il presbiterio. Il sistema di colonne non è più continua e modulare ma interrotta a metà da un solido pilastro che divide la zona destinata ai laici e al clero. Gli affreschi della chiesa inferiore storie dei SS Alessio e Clemente. Il ciclo si articola in 4 sezioni. Coerenza e unitarietà. Caratteri nuovi vivacità e immediatezza narrativa, deformazione espressiva nel sottolineare gli affetti, inserti di colorito naturalismo, presenza di iscrizioni in volgare. Sembrano quasi una ripresa della pittura catacombale. Gli affreschi della zona absidale ripresa di una tecnica che era caduta in oblio per quasi tre secoli. Esprimono quel rinnovamento di linguaggio definito come “rinnovamento paleocristiano”; paleocristiana è infatti l’ispirazione iconografica e tipologica. Ma si tratta di un revival filtrato attraverso l’occhio medievale. La trascendenza della tarda antichità cede il passo alla concretezza dell’immagine romanica. Il vigoroso linearismo individua le figurette e gli animali che popolano le volute. I tralci esprimono il sacrificio di Cristo da cui germoglia la chiesa. Il Crocifisso è al centro. SANTA MARIA IN TRASTEVERE Fondata nel III secolo da papa Callisto I, la chiesa fu poi rinnovata sotto papa Innocenzo II (1130-1143). La facciata conserva nella parte superiore un mosaico del XIII secolo, raffigurante Maria in trono che allatta il Bambino: è affiancata da dieci donne recanti lampade. La facciata è preceduta dal portico progettato da Carlo Fontana (1702). Si tratta di uno degli edifici più interessanti del XII secolo a Roma; presenta soluzioni già adottate un secolo prima a Montecassino come il transetto passante e sopraelevato. Oltre al modello architettonico anche l’utilizzo dei pezzi di spoglio conferisce all’insieme un tono classicheggiante del tutto nuovo e diverso dal revival paleocristiano di San Clemente Sulla sommità del campanile romanico, si vede un mosaico raffigurante la Madonna col Bambino, in una nicchia. All'interno, a tre navate su colonne ioniche e corinzie architravate. Nella conca dell'abside si può ammirare un mosaico raffigurante la Vergine e Cristo assisi sullo stesso trono (XII secolo), ornato, nella parte inferiore, da Storie della Vergine, sempre a mosaico, opera di Pietro Cavallini13 (1291). Il ciclo decorativo dei mosaici di Santa Maria in Trastevere viene tradizionalmente datato al 1291 (sulla base di una strana data MCCLCIletta in passato, ma oggi perduta), anche se alcuni storici tendono a spostarlo più avanti nel tempo, al 1296 circa[3]. Di certo il committente fu Bertoldo Stafaneschi (qui sepolto), figlio del senatore Pietro Stefaneschi e di Perna Orsini e fratello del futuro cardinaleJacopo Stefaneschi: a quest'ultimo si devono i versi poetici che accompagnano gli episodi della Vita della Vergine Maria raffigurati: 13 Natività della Vergine Annunciazione Natività Madonna con Bambino in clipeo e i Santi Paolo, Pietro e il donatore Bertoldo Stefaneschi (pannello centrale) Adorazione dei Magi Presentazione al tempio I dati biografici di Pietro Cavallini si limitano a notizie tra il 1273 e il 1321. La presunta data di nascita dovrebbe essere intorno al 1240 o 1250. Ciò che sappiamo per certo è la provenienza romana di Cavallini che in alcuni documenti viene definito pictor romanus. Anche la data e il luogo della morte sono sconosciuti, ma generalmente viene indicata dopo il suo ritorno a Roma dalla corte angioina napoletana, quindi verso il1325-1330. Dormitio Virginis Questa opera mostra appieno le capacità tecniche di Cavallini che rompeva con le forme ieratiche bizantine e adattava i modelli stilistici dei suoi mosaici alle novità che provenivano dalla pittura e dalla scultura toscane, affiancando la scuola romana al clima gotico della pittura di Cimabue e alle prime esperienze di Giotto. La nuova sensibilità si può vedere nelle citazioni naturalistiche della Nascita di Gesù, ma meglio ancora nella tridimensionalità del trono che appare dietro la Madonna spaventata dall'improvvisa apparizione dell'Arcangelo annunciante. Queste architetture sono state messe in relazione con le opere di Giotto, ma in questo confronto Cavallini si dimostra diverso: le sue quinte architettoniche infatti sono dei semplici sfondi irreali, che, tranne rari casi (l'altare della Presentazione al tempio o il trono di Maria) non dialogano con i personaggi, che anzi sono decisamente sproporzionati. Inoltre la presenza di punti di vista diversi dà a queste prospettive intuitive un aspetto arcaico e impreciso. Secondo un'accreditata ipotesi (Ernst Kitzinger) l'iconografia del catino absidale è probabilmente allusiva alla grande processione che nel medioevo si teneva a Roma la notte dell'Assunta. In questa occasione l'icona acheropita del Salvatore dal Laterano veniva solennemente condotta a Santa Maria Maggiore (maggiore chiesa mariana di Roma), al cospetto della celebre icona della Salus populi romani. Quasi un abbraccio tra Madre e Figlio. La processione peraltro prevedeva una tappa intermedia presso un'altra importante chiesa mariana, Santa Maria Nova presso il Foro romano (attuale Santa Francesca Romana). Anche qui vi era un incontro tra icone, custodendo anche questa chiesa una venerata immagine della Vergine. Ed è forse proprio questa seconda icona che fa da modello alla raffigurazione della Vergine nel mosaico trasteverino. La tesi di Kitzinger è basata, oltre che su assonanze stilistiche tra la decorazione musiva e le citate icone (specie tra il volto di Cristo del mosaico e l'acheropita lateranense), sul fatto che entrambe le figure centrali del mosaico hanno in mano dei cartigli con passi del Cantico dei Cantici. È documentato che durante la processione dell'Assunta venisse recitato questo salmo. Tra le altre opere d'arte si segnala l'icona della Madonna della Clemenza o Madonna Theotókos, preziosissimo esemplare risalente forse al VI secolo (ma alcuni storici suppongono all'VIII), dalla rigida frontalità e i colori smaglianti messi in relazione con il primo strato di affreschi della chiesa di Santa Maria Antiqua. La cappella Altemps risale alla fine XVI secolo. CATTEDRALE DI ANAGNI La costruzione della Cattedrale risale agli anni 1072-1104 ad opera del vescovo Pietro da Salerno e per la munificenza dell'imperatore d'oriente Michele VII Ducas. La Cattedrale è di stile romanico mentre, nell'interno, si presenta in gotico lombardo dopo il restauro del1250 da parte del vescovo Pandolfo che fece sostituire le capriate in legno della navata centrale e del transetto con archi gotici. La frequente presenza dei pontefici in Anagni spiega perché la Cattedrale fu sede di importanti fatti storici come il "pactum anagninum"(trattativa tra il Papato e l'Impero) e la canonizzazione di San Bernardo di Chiaravalle, Santa Chiara d'Assisi, Edoardo il Confessore re d'Inghilterra e San Pietro eremita vescovo di Trevi. In essa furono anche comminate le scomuniche contro l'antipapa Ottaviano Monticelli e contro gli imperatori Federico Barbarossa (24 marzo 1160), Federico II e Manfredi. La facciata ben piantata esprime forza e semplicità in un muro crudo, sul quale si aprono tre ingressi ad oriente. Accanto all'ingresso di sinistra, dietro una grata, c'è un affresco diMadonna in trono tra S.Caterina della Rota e S.Antonio Abate (sec.XIV). La parte occidentale dell'edificio sacro presenta tre bellissime absidi e una scalinata, che dà un tono solenne all'insieme. Il campanile, alto 30 m e in stile romanico, presenta monofore, bifore e trifore. Venne restaurato nel 1938 quando all'interno è stato installato un castello di ferro, che sopporta il peso di cinque campate. L'edificio sacro è a tre navate costruito dai maestri comacini. Caratteristico il pregevole pavimento a mosaico eseguito nel 1231 dalla celebre famiglia di marmorari romani, i Cosmati (da qui l'aggettivo cosmatesco). La lunetta interna sopra la porta centrale raffigura laMadonna con bambino tra S. Magno e S. Secondina (fine sec. XIII). Sullo sfondo dell'abside centrale, sopra il panneggio del Cisterna, campeggiano le figure degli Apostoli, ognuno caratterizzato dal proprio attributo, opera del Borgogna (sec. XVII), in alto le figure dei santi venerati ad Anagni, l'Annunciazione e l'Eterno Padre opera dei pittori Pietro e Giovanni Gagliardi. Nell'abside di sinistra i discepoli di Emmaus e gli angeli adoranti. In quella di destra il matrimonio tra S.Giuseppe e la Vergine ed il Transito di S.Giuseppe. Nell'abside maggiore possiamo ancora ammirare tre pregiate opere del Vassalletto (1263): una bellissima colonna tortile mosaicata per il candelabro del cero pasquale, la cattedra episcopale e il ciborio che copre l'altare, tutte opere volute dal vescovo Landone. Si affacciano sul vano della chiesa il battistero e le cappelle Lauri, Caetani, Raoli (detta anche cappella di S. Carlo) con il quadro della Madonna della Misericordia opera del Frenguelli donato da Papa Leone XIII. Ai lati due tele dei fratelli Gagliardi. La Cripta della Cattedrale di Anagni, dedicata a San Magno, patrono della Città, è una delle più belle e importanti di Italia e d'Europa. Fu costruita contemporaneamente alla chiesa superiore. Conosciuta come "La Cappella Sistina del Medioevo", il suo pregio consiste nell'armonia di un mirabile intreccio di archi romanici, nel pavimento cosmatesco originale e negli splendidi affreschi che ricoprono una superficie di 540 m². Il ciclo pittorico è opera di tre botteghe di artisti ignoti, meglio noti come Primo Maestro o Maestro delle traslazioni, Secondo Maestro o Maestro Ornatista e Terzo Maestro o Maestro di Anagni (riconosciuto anche come l'autore degli affreschi dell'Aula Gotica della chiesa romana dei Santi Quattro Coronati). Esso rappresenta la storia della salvezza dell'uomo dalla sua origine al suo giudizio. Sulle ventuno volte, infatti, si trovano raffigurate scene dell'Antico e Nuovo Testamento (storia dell'Arca dell'Alleanza e Apocalisse) e un raro e importante ciclo scientifico sulla creazione del mondo e dell'uomo, in cui la concezione del microcosmo nel macrocosmo è accompagnata dalla figure dei medici Ippocrate e Galeno e dalla Teoria degli Elementi di derivazione platonica. Sulle pareti, invece, sono affrescate le storie dei miracoli attribuiti a S. Magno e le agiografie dei santi sepolti negli altari, nei quali riposano i corpi di S. Magno, patrono della città, SS. Aurelia e Noemisia, S. Secondina e reliquie di S. Oliva, S. Sebastiano, S. Cesareo e altri martiri. SS. QUATTRO CORONATI I nomi dei quattro santi titolari, secondo la Pontificia Academia Cultorum Martyrum, che vi pone una stazione al Lunedì della IV settimana di Quaresima, sono: Castorio, Sinfroniano, Claudio e Nicostrato[1], commemorati l'8 novembre. La leggenda parla di quattro marmorari cristiani messi a morte sotto Diocleziano per essersi rifiutati di scolpire idoli pagani, ma anche di quattro (o cinque) militari, ugualmente martirizzati e sepolti presso le tombe dei martiri precedenti. Gli scalpellini martiri nel Medioevo divennero patroni delle corporazioni edili e ancora adesso lo sono delle arti murarie (come a Bologna o a Firenze). l sito si presenta ancora come un complesso monastico fortificato, di modesta apparenza esterna ma di massiccia consistenza muraria, ed è costituito da una basilica e da una serie di altri spazi sacri e residenziali (cripta, cortili, convento, antico palazzo cardinalizio). Esso occupa, dal IV secolo, i luoghi di una ricca residenza aristocratica di età tardoantica che era collocata lungo l'antica via Tuscolana (nel percorso corrispondente all'attuale via dei Santi Quattro) e nei secoli fu ripetutamente e radicalmente modificato. La primitiva aula absidata fu convertita in luogo di culto cristiano prima del 499, data a cui risale la prima attestazione del "titulus Aemilianae", più volte identificato, dalle fonti altomedioevali, con la chiesa dei Santi Quattro. La posizione della chiesa era rilevante, per essere in alto e per la sua vicinanza al Laterano, sede allora del papato. La fortificazione del complesso (cripta, torre d'ingresso all'epoca decorata all'interno e all'esterno, primo cortile con i primi edifici destinati al clero) è di epoca carolingia, attribuita al papa Leone IV (fine VIII secolo). Dopo l'incendio di Roberto il Guiscardo nel 1084, papa Pasquale II provvide alla ricostruzione, riducendo però la basilica alla sola metà ovest della ex navata centrale e trasformando il precedente spazio nell'attuale secondo cortile, mentre quelle che erano state le navate laterali furono inglobate, la destra nel palazzo del cardinale titolare, la sinistra nelmonastero fondato dallo stesso Pasquale II, che dal 1138 divenne un priorato dell'abbaziabenedettina di S. Croce di Sassovivo presso Foligno. Importanti restauri (testimoniati dall'iscrizione con lo stemma del cardinale murata nel primo cortile, sotto la torre) furono fatti eseguire nel XV secolo dal cardinale Carillo dopo la cattività avignonese, quando il complesso fu dichiarato sede pontificia da papa Martino V. Con lo spostamento della sede papale in Vaticano, tuttavia, l'importanza del complesso decadde. Dal XVI secolo l'insieme fu affidato alle monache di clausura Agostiniane e adibito ad orfanotrofio, trasformando tutti gli ambienti che affacciano sul cortile in dormitori per le orfane. È ancora oggi un convento delle Agostiniane. Alcuni elementi di rilievo del complesso: i capitelli della chiesa attuale sono di spoglio, provenienti da altre costruzioni antiche; l'abside, esempio unico a Roma, abbraccia tutte e tre le navate; i matronei della chiesa, edificati nella ricostruzione di Pasquale II, sono gli ultimi matronei costruiti in Roma; l'oratorio di San Silvestro: decorato da notevoli affreschi duecenteschi in stile bizantineggiante con "Storie di papa Silvestro e dell'imperatoreCostantino I", tratte dalla leggenda narrata negli Actus Silvestri, testimonia anche nel programma iconografico la rilevanza politica del complesso nel contesto del potere temporale del papato; il ciclo di affreschi dell' Aula Gotica, recentemente riscoperti, fondamentale testimonianza dell'arte gotica nella città di Roma (è stato fatto il nome diJacopo Torriti). Negli affreschi compaiono figure umane che si stagliano su un prezioso sfondo blu realizzato in azzurrite e che rappresentano i dodici mesi; al di sopra dei mesi sono raffigurate le Arti, nei costoloni della volta le quattro stagioni e sulla vela i segni zodiacali, oggi in parte perduti. nel reliquiario si conserva la testa di san Sebastiano (il resto del corpo è deposto nella basilica delle catacombe omonime). di notevole interesse storico-artistico, le due cappelle interne al monastero, a cui si accede dal chiostro, l'oratorio di Santa Barbara e l'oratorio di San Nicola. SAN PAOLO FUORI LE MURA Storia lunga e complessa della basilica costantiniana che nei secoli subì moltissime modifiche. Sappiamo che papa Onorio III aveva chiamato degli artisti veneziani per realizzare il mosaico del catino absidale. La qualità stilistica si può valutare in base alla testa di Pietro (oggi murata nell’antisacrestia della basilica) che mostra un bizantinismo che sta superando il dinamismo tardocomneno a favore di una rinnovata monumentalità. A San Paolo è conservato anche il candelabro del cero pasquale opera di notevoli dimensioni e dall’inedito repertorio iconografico. L’attribuzione è controversa(2 diversi artisti). Vengono ripresi temi e forme paleocristiane aggiornati su testi della scultura romanica. E’ datata alla fine del XII secolo. Le correnti antiquarie che si manifestano alla metà del XII secolo nell’uso di pezzi di spoglio(come a Santa Maria in Trastevere) approdano a un maturo classicismo che si manifesta soprattutto attraverso la famiglia dei Vassalletto. Nel candelabro si manifesta una plastica inedita nel panorama scultoreo romano. Stando all’iscrizione sull’opera, il lavoro si deve a Nicola D’Angelo con la collaborazione di Pietro Vassalletto. Ripresa temi e tecniche paleocristiane. Uso del trapano. CHIOSTRO DI SAN GIOVANNI IN LATERANO Costruzione tra 1215 e 1232. Il cantiere è controllato interamente dalla famiglia Vassalletto. E’ possibile notale un’evoluzione stilistica. Al “padre”, Pietro Vassalletto, vanno ascritti l’intera zona basamentale e il compimento del chiostro nei lati settentrionale e orientale, mentre il resto sarebbe da attribuire a una generazione più giovane. La prima generazione è caratterizzata da una scultura ad angoli vivi, dagli intagli e dai volumi risentiti. Invece la seconda generazione si caratterizza per l’intaglio morbido e meno vigoroso. DUOMO DI CIVITA CASTELLANA Il duomo fu costruito a partire dal 1185 circa, edificato sopra un precedente edificio sacro, e fu completato con la costruzione del portico nel 1210: in esso aveva lavorato la valente famiglia di architetti e marmorari romani dei Cosmati. Diventata fatiscente nel corso dei secoli, nel Settecento la chiesa fu completamente ristrutturata al suo interno in forme barocche: è di quest’epoca la trasformazione da chiesa a tre navate a chiesa ad un’unica navata con cappelle laterali comunicanti tra loro. La facciata dell’edificio è preceduta da un portico duecentesco. Nell’architrave era inserita una fascia mosaicata con scritta in oro, di cui restano solo pochi frammenti. Sui due pilastri dell’arco e su quelli alle estremità del portico sono riportati, scolpiti nel marmo, i simboli dei quattro evangelisti, mentre al centro dell’arco è la figura dell’Agnello, simbolo di Gesù Cristo. Jacopo di Lorenzo e suo figlio Cosma lasciano i loro nomi scritti sulla facciata artisti legati alle riprese dal mondo paleocristiano. ABBAZIA DI MONTECASSINO Fondata nel 529 da san Benedetto da Norcia sul luogo di un'antica torre e di untempio dedicato ad Apollo. Per tutto il medioevo, l'abbazia fu un centro vivissimo di cultura attraverso i suoi abati, le suebiblioteche, i suoi archivi, le scuole scrittorie e miniaturistiche, che trascrissero e conservarono molte opere dell'antichità. Testimonianze storiche del più alto interesse e di sicura validità sono state raccolte e tramandate a Montecassino: dai primi preziosi documenti in lingua volgare ai famosi codici miniati cassinesi, ai preziosi e rarissimi incunaboli. Il più illustre dei suoi abati fu forse Desiderio - il futuro Papa Vittore III (sepolto nell'abbazia stessa) - che alla fine dell'XI secolo fece ricostruire completamente l'abbazia ed ornò la chiesa di preziosissimi affreschi e mosaici, il cui riflesso si può ancora oggi scorgere in quelli che lo stesso abate fece eseguire in Sant'Angelo in Formis. Dalla Chronica Monasterii Casinensis sappiamo che l'abate Desiderio impiegò sforzi e capitali notevoli per la ricostruzione della chiesa abbaziale, compiuta nei soli cinque anni dal 1066 al 1071, utilizzando materiali lapidei provenienti da Roma e facendo venire da Bisanzio anche mosaicisti e artefici vari. La maggior parte delle decorazioni - della chiesa e dei nuovi ambienti del monastero successivamente riedificati - erano costituite da pitture, oggi in maggior parte perdute e delle cui conosciamo soltanto alcuni soggetti, come le Storie dell'Antico e Nuovo Testamento nell'atrio, di cui si conservano interamente i tituli scritti dall'arcivescovo di Salerno Alfano. Il ricorso a mosaicisti bizantini era motivato, come si legge nella Chronica, poiché: «da più di cinquecento anni i maestri latini avevano tralasciato la pratica di tali arti e per l'impegno di quest'uomo ispirato ed aiutato da Dio esse furono rimesse in vigore in questo nostro tempo», inoltre, «affinché la loro conoscenza non cadesse ancora oltre in oblio in Italia, quell'uomo pieno di sapienza decise che molti giovani del monastero fossero con ogni diligenza iniziati in tali arti. Tuttavia non solo in questo campo, ma anche per tutti i lavori artistici che si possono compiere con oro, argento, bronzo, ferro, vetro, avorio, legno, gesso o pietra, fece venire i migliori artisti selezionati dai suoi monaci». Distrutta da un terremoto nel 1349 e nuovamente ricostruita nel 1366, l'abbazia assunse nel XVII secolo l'aspetto tipico di un monumento barocco napoletano. SANT’ANGELO IN FORMIS (1066-1078) Vi si può cogliere un eco dell’abbazia di Montecassino. La chiesa, situata vicino Capua, appare ancora sostanzialmente integra. Fu commissionata da Desiderio, ritratto nell’abside in veste di offerente. L’edificio fu costruito su un precedente tempio di Diana ed è parte di quanto resta di un monastero. Coniuga la tradizione classica con forme artistiche d’importazione bizantina, cioè pianta basilicale a 3 navate e decorazione interna affidata a maestranze educate sulla cultura greca. La decorazione pittorica fu realizzata tra 1072 e 1078. Nel catino absidale c’è Cristo in maestà su un trono gemmato circondato dai simboli degli Evangelisti. Nel registro sottostante 3 arcangeli e ai lati Desiderio e San Benedetto. Lungo la navata centrale sono raffigurati episodi della vita di Cristo e in controfacciata è raffigurato il Giudizio Universale. Stilisticamente prevalgono i caratteri bizantini Grandi occhi, bocche carnose e piccole, figure nobili e solenni allungate, incarnati verdognoli, panneggi naturalistici ma in maniera rigida e tagliente. Intonazione aulica si è pensato di attribuire l’esecuzione alle maestranze greche attive a Montecassino. CATTEDRALE DI SALERNO duomo di Salerno fu costruito tra il 1080 ed il 1085 dopo la conquista della città da parte di Roberto il Guiscardo, mentre era arcivescovo Alfano I. Costruito su un'omonima chiesa paleocristiana dedicata a santa Maria degli Angeli, sorta a sua volta sulle rovine di un tempio romano, i lavori iniziali erano di ben più modesta fattura. I progetti furono ampliati successivamente con il ritrovamento delle spoglie del santoevangelista, tumulate nell'antica chiesa il 4 maggio 954 e venute alla luce con la progressiva demolizione di questa. A causa dell'eccessiva celerità con cui fu costruita e a cedimenti di terreno dovuti a numerosi sismi, subì nei secoli vari rifacimenti. La forma della chiesa, come doveva essere, non fu scelta dal Guiscardo ma, certamente, da Alfano I, arcivescovo di Salerno e monaco benedettino, assiduo frequentatore dell'Abbazia di Montecassino per la quale elaborò i versi dei tituli che accompagnavano la decorazione delle pareti. Alfano ispirò la forma e la pianta proprio alla chiesa cassinese fatta edificare da Desiderio fra il 1066 e il 1071. Quest'ultimo, nell'ambito di un recupero della tradizione cristiana, aveva preso a modello la basilica del suo predecessore aggiornata sulle novità carolingie, per cui inserì il transetto triabsidato, che nell'architettura altomedievale dell'Italia centroMeridionale era assolutamente inesistente. I rapporti tra Salerno e Montecassino furono individuati con i restauri degli anni prima della guerra. Come l'edificio desideriano anche la cattedrale di San Matteo presenta una pianta articolata in un corpo longitudinale a tre navate con uno orizzontale, il transetto, con tre absidi, e quadriportico. Ma un'analisi più approfondita dello spazio indica che la chiesa di Alfano si colloca nel panorama regionale come un elemento di assoluta novità, nonostante la forma tradizionale. Il primo elemento di novità è dato dalla forma della cripta ad aula con lo spazio scandito da colonne e con le absidi in corrispondenza con quelle del transetto superiore. Questo tipo di cripta, ben conosciuto nell'Europa ed in Italia Settentrionale, era assolutamente inusuale in Italia centro-Meridionale. In San Pietro come a Montecassino, la cripta era un vano angusto, corrispondente ad un martirium, la sepoltura del santo. Da Salerno questo tipo di ipogeo si diffonde negli altri centri: prima a Ravello, poi ad Otranto e quindi a Sant'Agata dei Goti. Se allarghiamo il raggio dell'analisi alle misure dello spazio, viene fuori una concatenazione di numeri che lasciano intravedere una corrispondenza armonica, che si potrebbe definire di tipo modulare. Il portale della facciata immette ad un ampio atrio, unico esempio italiano, insieme a quello della basilica di Sant'Ambrogio, di quadriportico romanico. L'atrio è circondato da un colonnato (che era un'ideale continuazione verso l'esterno delle navate interne) le cui colonne provengono dal vicino Foro Romano di piazza Conforti, sormontate da archi a tutto sesto decorati con intarsi di pietra vulcanica sulle lesene e ai pennacchi. Sull'atrio si apre inoltre la Porta in Bronzo delle chiesa, fusa a Costantinopoli nel 1099 e donata alla città dai due coniugi Landolfo e Guisana Butrumile. Formata da 54 formelle in gran parte raffiguranti croci bizantine, presenta al centro una teoria di santi (tra i quali spicca san Matteo), la raffigurazione simbolica di due grifi che s'abbeverano ad un fonte battesimale (il grifo, oltre che dell'immortalità dell'anima, è anche simbolo della famiglia normanna degli Altavilla, ai quali apparteneva il fondatore Guiscardo). Anche se attualmente la porta ha un colorito verdastro tipico del bronzo antico, una volta era ricoperta in oro ed argento. CATTEDRALE DI CANOSA La Puglia nell’ XI secolo appare attraversata da un grande fervore artistico. A Canosa si sono conservati due interessanti opere di arredo liturgico un pulpito e una cattedra che mostrano la preferenza per uno stile geometrico e lineare. Le opere sono state fatte risalire a un David Magister a testimonianza del fatto che ci doveva essere una bottega ben organizzata. Inizialmente la pianta della basilica era (ed è tuttora) a croce latina, coperta da cinque cupole basse a vela e un'abside (illuminata da tre finestre, la cui centrale è ricoperta da una vetrata raffigurante il patrono), chiaro esempio di stile romanico-bizantino: al di sotto del presbiterio si accedeva alla cripta, reliquiario del Santo. Le cinque volte poggiano su arcate sorrette da complessive diciotto colonne di marmi persichino, granito e cipollino: queste ultime (sei), con capitelli corinzi, furono recuperate da monumenti ormai devastati. Priva di affreschi e pavimentata con marmo bianco, la Cattedrale giace a tre metri al di sotto della piazza dalla quale si accede. SAN CORRADO A MOLFETTA La chiesa venne costruita fra il 1150 e la fine del Duecento e dedicata a Santa Maria Assunta. La chiesa di San Corrado costituisce un singolare esempio dell'architettura romanico-pugliese. Essa è infatti la maggiore delle chiese romaniche con la navata centrale coperta a cupole in asse (tre, nel caso specifico) impostate su tamburo a pianta esagonale, rispetto alle altre (comprese le quattro Basiliche Palatine) aventi la copertura del tipo a capriate e tegole sovrapposte. La costruzione, a pianta basilicale asimmetrica, è divisa in tre navate da pilastri cruciformi con colonne addossate e la navata centrale presenta una copertura a tre cupole in asse, come già riportato, di altezza variabile (quella centrale è considerevolmente più alta delle due di estremità), mentre le navate laterali sono coperte con tetti spioventi, a una falda ciascuna. SAN NICOLA DI BARI Concetti base: svolta rispetto all’architettura pugliese Pianta a T con ampia cripta estesa all’interno del transetto Presbiterio di matrice bizantina, influenza di modelli lombardi e normanni nel corpo longitudinale Aspetto esterno massiccio per l’incastro di possenti volumi geometrici Facciata di ispirazione lombarda 1087-1197 Abate Elia Pochi e ben evidenziati elementi decorativi Fianchi scanditi da profonde arcate invenzione di grande forza espressiva CATTEDRALE DI TRANI Eretta tra 1097 e il XIII secolo. La presenza di una cripta estesa all’intero edificio ne fa una chiesa doppia, con quella superiore vicinissima nell’impostazione della navate al modello di S. Nicola, ma dotata di sostegni costituiti da colonne binate. SS NICCOLO’ E CATALDO A LECCE La chiesa dei Santi Niccolò e Cataldo è una chiesa medievale di Lecce. Insieme all'attiguo monastero fu fondata nel 1180 dal normanno Tancredi d'Altavilla. Tancredi donò il complesso ai monaci Benedettini La facciata mostra sia la severità del romanico pugliese che l'esuberanza del barocco. La facciata venne rifatta da Giuseppe Cino in puro Barocco leccese conservando, di quella originaria, solamente il pregevole portale e il rosone. CAPPELLA PALATINA DI PALERMO Concetti base: Costruita dal 1130 Pianta a 3 navate che si apre in un santuario triabsidato e cupolato Struttura ispirata ai coevi edifici sacri greco-orientali Ciclo musivo dal linguaggio aulico e orientale nel santuario Anomala disposizione iconografica, imperniata sul trono del sovrano. Corpo longitudinale dal soffitto ligneo decorato con un’iconografia profana da maestranze islamiche Successiva decorazione musiva della navata in un linguaggio già di spirito romanico Sintesi di stili diversi negli altri apparati decorativi. La Cappella Palatina è una basilica a tre navate dedicata ai santi Pietro e Paolo. Fu fatta costruire per volere di Ruggero II e venne consacrata il 28 aprile 1140come chiesa della famiglia reale. Le tre navate sono separate da colonne in granito e marmo cipollino a capitelli compositi che sorreggono una struttura di archi ad ogiva. Completa la costruzione la cupola, eretta sopra le tre absidi del santuario. La cupola e il campanile originariamente erano visibili dall'esterno prima di venire inglobate nel Palazzo Reale in seguito alle costruzioni successive. La cupola, il transetto e le absidi sono interamente decorate nella parte superiore da mosaici bizantini, tra i più importanti della Sicilia, raffiguranti il Cristo Pantocratore benedicente, gli evangelisti e scene bibliche varie. I mosaici di datazione più antica sono quelli della cupola, risalenti alla costruzione originaria del 1143. Il soffitto in legno della navata centrale e le travature delle altre navate sono decorate con intagli e dipinti di stile arabo. In ogni spicchio sono presenti stelle lignee con rappresentazioni di animali, danzatori e scene di vita della corte islamica. CATTEDRALE DI CEFALU’ Concetti base: 1131-48 (santuario) 1240 (facciata) 1267 ? (navata) Datazione incerta Netto contrasto tra l’originale progetto magniloquente e quello successivo, più modesto. Decorazione interna limitata all’abside e a parte del presbiterio Disposizione non canonica delle figure sacre dovuta alla struttura della chiesa Mosaici realizzati da mani diverse, in parte di stile comneno aulico. La decorazione musiva, forse prevista per tutto l’interno, fu realizzata solamente nel presbiterio e ricopre attualmente l’abside e circa la metà delle pareti laterali. Per la sua realizzazione, Ruggero II chiamò maestri bizantini, di Costantinopoli, che adattarono ad uno spazio architettonico per loro anomalo, di tradizione nordica, cicli decorativi di matrice orientale. La figura dominante è quella del Cristo Pantocratore che, dall’alto dell’abside, mostra i suoi attributi cristologici con la destra alzata che tiene uniti indice e medio, indicanti le due nature del Cristo, divina e umana, unite insieme e con il pollice, mignolo e anulare congiunti indicanti il mistero della Trinità, mentre con la sinistra regge il Vangelo aperto sulle cui pagine si legge, in greco e latino: “Io sono la luce del mondo, chi segue me non vagherà nelle tenebre ma avrà la luce della vita” (Giovanni 8, 12). Al centro, nel registro inferiore, è la Vergine orante elegantemente panneggiata e scortata dai quattro arcangeli. Nel secondo e terzo registro, ai lati del finestrone centrale, sono figure di apostoli ed evangelisti, distribuite secondo un preciso programma teologico. Nelle pareti laterali sono invece figure di profeti e santi. Nella decorazione della crociera sono raffigurati quattro cherubini e quattro serafini. Sui due lati si contrappongono figure regali (parete destra, opposta al trono reale) e figure sacerdotali (parete sinistra, opposta al seggio episcopale. Tutte le figure sono accompagnate da scritte, in greco o in latino, che indicano il nome del personaggio. La decorazione musiva fu realizzata entro il 1170, ma nella parte inferiore e sulla metà anteriore delle pareti del presbiterio venne completata nel Seicento, al di sopra di precedenti decorazioni pittoriche di cui restano scarse tracce. I mosaici riguardanti Cefalù interessano esclusivamente quelli che campiscono la superficie absidale. Distinti in quattro zone orizzontali, rappresentano il sublime Pantocratore nel catino, la Vergine orante fiancheggiata dai quattro arcangeli Raffaele, Michele, Gabriele e Uriele nella zona sottostante, i santi Pietro e Paolo, gli evangelisti Marco, Matteo, Giovanni e Luca nella terza fascia e, infine, nella quarta gli apostoli Filippo, Giacomo, Andrea, Simone, Bartolomeo e Tommaso. Ciascuna figura è accompagnata dal proprio titulus in greco che ne permette l’esatta identificazione. Cristo, con la mano sinistra, tiene il Vangelo aperto al versetto 8,12 di Giovanni: «Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita», nella duplice iscrizione greca e latina. Le quattro fasce sono delimitate orizzontalmente e verticalmente da cornici e motivi geometrici o vegetali stilizzati tranne quella che separa il catino dal resto dell’abside che si distingue dalle altre perché aggettante – campita com'è su una cornice a rilievo –, più larga e con una decorazione diversa: presenta infatti un tralcio di fiori e foglie. Altri mosaici ornamentali, dai motivi vegetali stilizzati entro alveoli, rivestono il profondo intradosso della finestra occupante la parte mediana delle due fasce inferiori. Introduce all’abside un doppio ordine di colonne le quali presentano la peculiarità di essere mosaicate, totalmente o in parte. Più precisamente, le colonne dell’ordine superiore hanno tanto i fusti che i capitelli a mosaico mentre in quelle dell'ordine inferiore, di granito rosso e verde, sono rivestiti a mosaico unicamente i capitelli. Il colore usato non è casuale. La porpora e il verde antico sono infatti colori imperiali bizantini, mediate, come altre figure ricorrenti nelle insegne regali normanne, da Costantinopoli. In particolare, il loro impiego nella cattedrale di Cefalù risponde certamente alla peculiare ed eccezionale funzione alla quale essa fu destinata da Ruggero II di Siciliache la scelse quale luogo della sua sepoltura nel 1145. Due iscrizioni concludono in maniera assai solenne il complesso figurativo absidale. La prima (FACTUS HOMO FACTOR HOMINIS FACTIQUE REDEMPTOR – IUDICO CORPOREUS CORPORA CORDA DEUS) corre sull’arco delimitante il catino ed è in esclusiva relazione con la figura del Pantocratore della quale costituisce una chiosa teologica, assai utile anche per intravedere l’originario piano iconografico risalente a Ruggero. La seconda, aulicamente campita su campo d’argento che chiude in basso la decorazione absidale (ROGERIUS REX EGREGIUS PLENIS(sic) PIETATIS / HOC STATUIT TEMPLUM MOTUS ZELO DEITATIS / HOC OPIBUS DITAT VARIIS VARIOQUE DECORE / ORNAT MAGNIFICAT IN SALVATORIS HONORE / ERGO STRUCTORI TANTO SALVATOR ADESTO / UT SIBI SUBMISSOS CONSERVET CORDE MODESTO: ANNO AB INCARNATIONE DNI MILLESIMO CENTESIMO XLVIII / INDCTIONE XI ANNO V REGNI EJIUS XVIII / HOC OPUS MUSEI FACTUM EST) ci informa su alcuni dati essenziali riguardanti i mosaici. Contrariamente a quelli contigui delle pareti e della crociera del presbiterio, irti di problemi tuttora aperti, quali la loro datazione con conseguente definizione stilistica, i mosaici absidali non presentano invece da parte loro grossi aspetti storico-critici. Certa risulta infatti la cronologia e concorde il giudizio sulla loro identità stilistica. Archiviata la cervellotica e del tutto infondata tesi, sostenuta dal Bottari e dal Samonà (Bottari S., I mosaici della Sicilia in «Emporium», 91, 1940 pp. 53-62; Samonà G., Il duomo di Cefalù, Monumenti italiani, Roma, 1940, pp. 39-40), secondo la quale gli attuali mosaici absidali della Cattedrale di Cefalù non sarebbero quelli ai quali si fa preciso riferimento nell’iscrizione riportata, ma successivi e del XIII secolo, va ribadito invece che il complesso musivo, eseguito per espressa volontà di Ruggero II, è databile con certezza fra il 1132, anno della fondazione della cattedrale (per i documenti essenziali riguardanti la fondazione e l’erezione della cattedrale di Cefalù cfr. Demus O., The Mosaics of Norman Siciliy, Londra,1945, pp. 4-5), e il 1148, secondo l’inoppugnabile testimonianza fornita dall’iscrizione. È probabile però che i mosaici furono iniziati intorno al 1145, in relazione cioè alla già ricordata decisione di Ruggero di destinare la cattedrale di Cefalù alla sua sepoltura, o meglio alla sua doppia sepoltura. Con ogni probabilità, com'è stato notato, l’originario programma iconografico della decorazione musiva doveva riallacciarsi all’ideologia imperiale di Ruggero tanto presente nelle manifestazioni artistiche e nei documenti legati al suo regno. Sennonché tal piano dovette subire variazioni sostanziali nella fase successiva al grande intervento ruggeriano. Come si sa, alla sua morte (1154) i lavori architettonici e musivi del cantiere cefaludese s’interruppero per essere ripresi ad una data che è tuttora oggetto di vivace dibattito fra gli studiosi, i quali indicano o il decennio 1160-1170 o il 1215 circa. Dopo la lettura del Lazarev, è convincente riportare il significato dell’attuale programma iconografico, comprendente la decorazione dell’abside e soprattutto del presbiterio, all’esaltazione dell’Eucaristia. Lo testimoniano in maniera particolare le figure diAbramo e Melchisedech che sono in stretto riferimento con il sacrificio di Cristo e con l’ultima cena, avvertendo però che è alquanto plausibile pensare che nella seconda fase dei lavori si ebbe forse un cambiamento nel piano iconografico che da imperiale, ruggeriano, divenne ecclesiastico. In questo secondo piano venne a confluire anche quella pagina, costituita dai mosaici dell’abside, che originariamente doveva essere il nucleo del piano iconografico imperiale voluto da Ruggero a degna cornice per il suo “doppio” sarcofago. Come gli imperatori bizantini, anche Ruggero II amava investire la doppia natura di Cristo delle ispirazioni legate al proporsi come Rex e Sacerdos. Nell’abside di Cefalù le allusioni alla doppia natura di Cristo come Dio e come Uomo sono solennemente affermate tanto nell’iscrizione FACTUS HOMO FACTOR…, sopra riportata, quanto nella rappresentazione della corte celeste (gli arcangeli) e umana (Madonna, evangelisti, apostoli), alludente al potere di Cristo celeste e insieme terrestre. In armonia con questo programma, risultante affine a quello ruggeriano dellaCappella Palatina a Palermo, è stato supposto che la decorazione della probabile volta a botte, precedente a quella dell’attuale crociera, poteva ben rappresentare schiere angeliche, e giustamente si è insistito sul loro puro carattere bizantinoconstantinopolitano. Dopo i recenti restauri quei giudizi critici trovano ulteriore conferma. Una serie di osservazioni di carattere tecnico, raccolte dai restauratori durante le varie fasi d’intervento, permette di chiarire che anche sotto il profilo delle modalità tecnico-formali i mosaici absidali di Cefalù si ricollegano strettamente ai complessi bizantini dell’orbita costantinopolitana mentre si differenziano alquanto altri mosaici della Sicilia Normanna. L'analisi dei mosaici a distanza ravvicinata ha permesso di rilevare che la trama musiva è minuta e curata, compatta al punto da ridurre al minimo gli interstizi fra tessera e tessera, che le tessere sono regolari, di forma tendente al quadrangolare e piuttosto piccole. Persino nella colossale ma elegante figura del Pantocratore le tessere non superano che raramente i dieci millimetri per lato. Da sottolineare poi l’uso di tessere di madreperla, probabilmente raro anche nel mondo orientale dove il caso più noto dopo il VI secolo è rappresentato dai mosaici degli Omayyadi, e il colore ambrato invece del più usuale colore verdastro del vetrino sul quale è depositata la foglia d’oro o d’argento. Inoltre, dopo le varie operazioni di pulitura e d’integrazione, i mosaici possono essere apprezzati meglio in tutti i loro delicati valori ed equilibri formali, soprattutto in quelli di carattere cromatico e luminoso, cosicché appaiono ancora più idonei, qualora fosse sussistito qualche dubbio, ad essere definiti il complesso bizantino più greco della Sicilia. A confronto, infatti, dei contemporanei mosaici di Santa Maria dell'Ammiraglio (1143-1151) e di quelli ruggeriani della Cappella Palatina a Palermo (1143-1154), i mosaici absidali di Cefalù incarnano più intimamente e strutturalmente l’ideale di sublime decantazione formale propria della più alta e maggiore pittura comnena: da Dafni (seconda metà dell’XI secolo) a Gelati in Georgia (circa 1130), daKiev (San Michele, circa 1108) alla Deesis della tribuna meridionale di Santa Sofia a Costantinopoli, dalla tormentatissima cronologia ma certamente paradigmatica per gli ideali formali del periodo comneno. A Cefalù i ritmi lineari sono puri e organici, raffinata la gamma cromatica che ama accostamenti ed esiti ricercatissimi e preziosi, assenti i colori violenti e netti (prediletti invece nei mosaici di Santa Maria dell’Ammiraglio), nobile l’imposto delle figure ieraticamente rappresentate sul fondo aureo. Tutti questi valori – è opportuno ricordarlo – erano largamente appannati, ma già speditamente leggibili prima degli attuali restauri. Mentre infatti tutti gli altri complessi della Sicilia normanna sono stati rivisitati e deturpati a più riprese da pesanti interventi di restauro, i mosaici absidali di Cefalù sono gli unici di quel complesso, unitamente a quelli della crociera, ad aver mantenuto pressoché intatto il loro assetto originario. Situazione eccezionale se si considera quanto invece pesi la mano di Vincenzo Riolo nei contigui mosaici del presbiterio. Il successivo intervento subito dal complesso cefaludese risale al 1919 circa e riguardò principalmente il consolidamento dell’edificio. È probabile che si devono a questi restauri del secondo decennio del secolo i ritocchi, alcuni dei quali risultano veramente inspiegabili, soprattutto che, dopo la pulitura, sono emersi particolari che la polvere e i ritocchi cui si accennava avevano spento, imbrattato e accecato. Due risultati sono degni, in particolare, di essere resi noti. Con la pulitura è emerso il fondo argenteo della croce gemmata del nimbo di Cristo cosicché si è ripristinato il giusto rapporto fra il volto del Pantocratore e il fondo d’oro grazie, appunto, alla trama leggera ed argentea della croce. L’altro brano che ha ritrovato il suo originario equilibrio riguarda la tunica del Cristo. Precisamente nella parte destra si era provveduto non solo ad offuscare le tessere ripassandole con vernici colorate, ma si era giunti ad alterare la morfologia dell’abbigliamento inventando una striscia scura a mo’ di laticlavio. Rimossi le vernici e i colori inspiegabilmente sovrapposti, sono rispuntate le tessere verdi e argento che conferiscono nella zona interessata il loro originario, raffinatissimo tessuto linearistico-luminoso. Per il resto i vari e diffusi interventi di restauro non hanno sortito effetti macroscopici. DUOMO DI MONREALE Concetti base: 1172-1086 Voluta da Guglielmo II Pianta basilicale con ampio santuario triabsidato Ricca decorazione esterna dal vibrante cromatismo Esteso ciclo musivo absidale dall’anomala disposizione delle figure Nei mosaici narrazione continua e stretta connessione con le architetture he li ospitano Iconografie che celebrano il sovrano normanno Multiforme apparato decorativo nell’edificio e nel chiostro La costruzione del grande tempio venne avviata nel 1174 e terminò nel 1267. Esso venne concepito dapprima come chiesa dell'annessa abbazia territoriale benedettina, indipendente dalla cattedra di Palermo. Nel 1178, l'abate Guglielmo ottenne che fosse eretta l'arcidiocesi metropolitana di Monreale e la chiesa abbaziale ne divenne la cattedrale. Nei secoli successivi alla costruzione, la cattedrale subì alcune modifiche. La cattedrale di Santa Maria Nuova si trova nel centro storico di Monreale, adagiato sulle pendici del monte Caputo. La facciata, prospiciente una piazza quadrangolare, è stretta fra le due torri campanarie, delle quali quella di sinistra rimasta incompiuta al primo ordine. L'ingresso è preceduto dal portico settecentesco, in stile barocco, che si apre sull'esterno con tre archi a tutto sesto poggianti su colonne tuscaniche; al di sotto di esso, vi è il portale, chiuso da due battenti bronzei, opera di Bonanno Pisano e risalenti al 1185-1186. Nella parte superiore della facciata, terminante con un basso timpano triangolare, si apre una monofora ogivale incorniciata da una decorazione ad archetti ciechi intrecciati fra di loro. Lungo il fianco sinistro della cattedrale, vi è il portico più antico, edificato su progetto di Giovanni Domenico Gagini e Fazio Gagini tra il 1547 e il 1569. Esso, in stile rinascimentale è coperto con volta a crociera e si apre sull'esterno con undici archi a tutto sesto poggianti su colonne corinzie. In corrispondenza dell'arcata centrale, che è sormontata da un tondo in terracotta invetriata raffigurante la Madonna col Bambino, si apre un secondo portale, i cui battenti bronzei furono realizzati intorno al 1185 da Barisano da Trani. L'esterno, modificato nei secoli XVI e XVIII, nell'area absidale conserva intatta l'impronta normanna ed è ornato a vari disegni formanti una serie di archi di pietre bianche e nere con cerchi al di sotto, assai ben combinati e disposti tra loro. La decorazione delle tre absidi, caratterizzata dal fitto intreccio di archi acuti, evoca atmosfere arabeggianti esaltate dalla decorazione policroma creata dall'alternanza di tarsie di calcare e di pietra lavica. Il vasto interno della cattedrale ha pianta a croce latina con transettopoco sporgente che di fatto è una continuazione ai lati del presbiteriodelle navate laterali. Le navate, terminante ciascuna con un'absidesemicircolare, sono divise da colonne antiche con pulvino e capitellianch'essi antichi con clipei di divinità che sostengono archi a sesto acuto di tipo arabo. I soffitti sono a travature scoperte dipinti nelle navate e a stalattiti di tipo arabo nella crociera, quest'ultimi rifatti nel1811 dopo un incendio che aveva distrutto parte del tetto. Il pavimento, completato nel XVI secolo è musivo, con dischi di porfido e granito e con fasce marmoree intrecciate a linee spezzate. Il presbiterio, rialzato di alcuni gradini rispetto al resto della chiesa, occupa interamente l'area della crociera, nella quale è cinto da transenne neogotiche, e dell'abside maggiore. Ospita, nella crociera, su due file gli stalli lignei del coro, in stile neogotico e, sotto l'arco absidale, contrapposti, il trono reale e la cattedra episcopale. L'altare maggiore barocco è una raffinata opera del 1711, eseguita dall'argentiere romano Luigi Valadier. Le pareti del capocroce e della navata centrale sono, superiormente, rivestite da mosaici di scuola bizantina a fondo oro, eseguiti tra il XII e la metà del XIII secolo da maestranze in parte locali e in parteveneziane, formatesi alla scuola bizantina. Questi mosaici raffigurano storie cicliche dell'Antico e del Nuovo Testamento; nel catino absidale mediano è la colossale figura del Cristo Pantocratore.