L`arte medievale in Italia, Angiola Maria Romanini

PARTE V
ARTE ROMANICA
Il termine Romanico rimanda a Roma/modello ideale o anche a una ritrovata misura romana. In
tutto il Medioevo si conservò una sorta di nostalgia per il passato che di continuò sfociò in ritorni,
rinascenza, riflussi, riprese ecc.. ma in sostanza il fenomeno resta unico  imitazione di un antico
modello. In questo il romanico si differenzia per una sua nostalgia che è quanto di più lontano e
diverso dall’ imitazione, in quanto si basa su un elemento espressivo di origine recentissima: LA
LINEA STRUMENTO DI ANALISI, MISURA E SINTESI; LA LINEA ASTRATTIVA E COSTRUTTIVA NATA
NEL MEDIOEVO.
Cantiere: nel periodo romanico quello del cantiere è un fenomeno di grande importanza storica
è rappresentativo della società medievale. Dimostra come fu soprattutto la cittadinanza a
promuovere la realizzazione di nuove chiese e cattedrali. Interessanti, per il cantiere, sono i
metodi: escogitati sui ponteggi, sperimentali, in rapporto diretto con la quotidiana prova di
stabilità di pilastri, cornici ecc.. ma ciò non vuol dire assolutamente che la costruzione degli edifici
non avesse come base una summa di conoscenza tecniche, filosofiche, iconografiche ecc..
L’edificio di culto nel Medioevo non solo un luogo di culto e preghiera, ma anche uno strumento di
promozione culturale. La vita “politica” del cantiere si svolge su base assemblare ma a conduzione
elitaria, fondata sul dialogo tra architetto(o più architetti) e il direttore(o più direttori) della
“fabbrica”. Il lavoro dell’architetto era condizionato da norme invalicabili: per esempio non si
potevano modificare o rimuovere parti innalzate precedentemente. Lo spazio degli edifici romanici
è dinamico ed eloquente.
DUOMO DI PIACENZA costruito dal 1122. Tra il 1122 e il 1160 vennero costruite l'area absidale,
con la cripta, il transetto e le navate laterali. La facciata e la cupola, invece, furono terminati
successivamente. La costruzione del campanile si protrasse sino al1333. La facciata a capanna è in
marmo rosa veronese e arenaria. Verticalmente è tripartita da due pilastri. In basso i portali sono
tre, sormontati da protiri e ornati da capitelli, architravi, formelle e cariatidi.
Orizzontalmente la facciata è partita da un galleria, con sottili colonnine, che sovrasta i due protiri
laterali. Al centro un rosone.
Il portale di destra è la prima opera firmata di Niccolò del 1122. Vi sono raffigurate le Storie di
Cristo sull'architrave, mentre l'archivolto presenta complessi motivi vegetali e geometrici (non è
scolpita la lunetta, secondo lo stile italiano più arcaico). Il suo stile ebbe un largo seguito a
Piacenza, come negli anonimi artisti delle formelle dei Paratici, presenti all'interno.
Il campanile, alto 71 m, in laterizio, è del 1330 e la cella campanaria si apre verso l'esterno con
quattro quadrifore, una per lato. Sul campanile è posta la statua di un angelo che gira al soffiare
del vento.
L'interno è a croce latina, in tre navate, divise tra loro da venticinque massicci pilastri cilindrici. Il
transetto è anch'esso suddiviso in tre navate.
All'incrocio c'è il tiburio ottagonale, decorato con affreschi secenteschi.
Alcuni dei pilastri furono costruiti a carico dei paratici, le corporazioni di mestiere, o di singoli
cittadini. Sette di questi presentano, come firma, delle formelle con la rappresentazione
dell'attività dell'associazione. È anche scritto in latino il nome del paratico, quasi a mo' di
proprietario del pilastro: Haec est columna furnariorum. In alcuni casi la firma scritta riporta il
nome di persone: Hugo pictor, magister Johannes, costruttore, quest'ultimo, di carri.
La cripta ha la forma a croce greca con 108 colonnine romaniche e raccoglie le reliquie di Santa
Giustina, santa alla quale era dedicata la prima cattedrale cittadina, crollata in seguito ad un
terremoto nel 1117. Il duomo fu proprio costruito sulle macerie del preesistente luogo di culto.
Per il duomo, i PARATICI, una delle più importanti corporazioni delle arti (mercanti di stoffa,
tintori, calzolai, ciabattini….) pagarono le spese per i sette pilastri della cattedrale su cui vollero
che figurassero della targhe coi loro nomi e ritratti1. In questo modo i Paratici “prendono
possesso” della cattedrale; le iscrizioni poste sui pilastri li nominano infatti come committenti e
proprietari, almeno per la parte da loro pagata. L’episodio è importante poiché getta luce sul
nuovo sistema di committenza; non mancano documenti che attestano come dei privati cittadini o
gruppi di essi prendessero parte alla costruzione delle chiese (ES: a SAN SAVINO un gruppo di
mandriani aveva commissionato un capitello). In sostanza nell’arte medievale entra in scena la
CITTA’ come committente, con le sue corporazioni. Una committenza mercantile significa, almeno
a Piacenza, un’arte che rappresenti un’ immagine all’avanguardia e nello stesso tempo
nobilmente tradizionale (uso colonna).
I Paratici avevano posto le loro targhe su pilastri circolari  elementi che acquistano un certo
significato simbolico  l’abate Sugger di Saint Denis aveva affermato che le colonne sono la
“figura” profetica della chiesa e della sua auctoritas terrena e celeste; sono simbolo della forza con
cui Apostoli e Profeti reggono la Chiesa. Nel Duomo di Piacenza i Paratici intervennero anche in
materia di scelte stilistiche  si deve a loro la scelta della nuovissima forma dei pilastri/colonna,
una forma che deriva da modelli della Normandia e Inghilterra. Dagli stessi luoghi deriva anche il
modello per la facciata a doppia torre e di “triforii” aperti in spessore di muro. Nell’ultima fase di
lavori avvennero dei cambiamenti a livello tecnico e stilistico attraverso esempi desunti dalla
Champagne e dall’Ile de France (Es: volte della navata sei partite, montate su archi a sezione
acuta).
SANT’AMBROGIO a MILANO (1080 ca- inizio XII secolo)
Concetti base:
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1
Basilica a tre navate priva di transetto costruita nel IV secolo per volontà di S. Ambrogio.
Utilizzo rigoroso del modulo della campata quadrata.
Sistema di archi, volte, pilastri a fascio che scaricano il peso dell’edificio sul perimetro
esterno.
Luce che crea effetti di monumentalità, prospettiva e ritmo.
Atrio a quadriportico raccordato alla chiesa da una facciata a capanna (uno dei pochi atri
romanici conservati intatti.
SPAZIO RITROVATO: lo spazio romanico, di cui quello di S. Ambrogio è un esempio eccelso,
è una prospettiva centrica, modellata a misura d’uomo. Avviene una sorta di fenomeno
SI TRATTA DEI COSIDDETTI “RILIEVI DI MESTIERI”. Grandi formelle scolpite a forte sbalzo con grande contrasto
ombra/luce.
contrario a quello che era accaduto con l’Arco di Costantino e con la sua perdita di centro
prospettico; ora sembra che quel “centro” sia stato ritrovato.
La caratteristica più interessante del suo sistema di copertura è costituito dalla volta “a crociera
costolonata”, una volta a pianta quadrangolare basata sull’incrocio diagonale di due archi di
uguale raggio, serrati al centro da una “chiave di volta”. Questi archi sono la nervatura alla quale si
appoggia la volta gonfiandosi a forma di quattro vele. La volta è detta costolonata perché lungo le
nervature corrono i rinforzi, appunti i costoloni. Il peso della volta cade ai piedi degli archi,
alleggerendo il peso del muro perimetrale che potrà così essere traforato da finestre più ampie e
vantaggio della luminosità.
Altra caratteristica di S. Ambrogio e in genere della chiesa romanica è il PILASTRO A FASCIO.
Ogni campata che si determina vale come una cellula omogenea alla altre a cui è collegata. Anche
il MATRONEO è caratteristico del S. Ambrogio e delle chiese in genere di periodo romanico: una
sorta di navatella più bassa sovrapposta all’altra, su entrambi i lati della navata e completa di volte
con sistema di pilastri e semipilastri di sostegno, interni ed esterni.
In S. Ambrogio cambia il rapporto tra struttura e decorazione. Sinora si conoscevano due esempi
emblematici di questo rapporto  S. Maria Maggiore con le sue pareti concepite come supporto a
un racconto sacro a tema unico e il Sacello di Galla Placidia in cui lo spazio e un’illusione e il
racconto figurato è un’apparizione irreale che appunto nega lo spazio. Ora è lo stesso spazio che
diventa racconto. L’ornato plastico enuclea le linee forza del sistema portante.
SAN MINIATO AL MONTE a Firenze  dimostra che non è la copertura l’essenza costitutiva
dell’architettura romanica coperto da tetto a vista.
DUOMO DI MODENA (1099-1117 ca) dedicato a San Geminiano.
Concetti base:
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Stretta corrispondenza fra struttura interna e aspetto esterno
Impianto basilicale a tre navate scandito da pilastri e colonne senza transetto ma con un
pontile decorato a rilievi
Facciata tripartita con protiro con leoni stilofori
Ricco apparato decorativo realizzato da WILIGELMO2 e collaboratori
LANFRANCO architetto.
La scansione parietale è basata sull’arco a pieno centro, segue un andamento ritmico analogo a
quello del S. Ambrogio  scansione a isole reciprocamente connesse.
Il progetto dell’edificio è dovuto all’architetto Lanfranco che elabora una struttura a impianto
basilicale, senza transetto(che nelle forme attuali è del Duecento). Rielabora i modelli lombardi di
XI secolo conferendo all’esterno innovativi caratteri stilistici che si avvertono nel sistema delle
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Linguaggio drammatico, di forte plasticità e attenzione alla realtà, influenzato da modelli di età classica. Linguaggio
sintetico che trasmette il messaggio con la minima elaborazione delle forme. Il suo nome appare su un’epigrafe
collocata in facciata retta da due figure da lui stesso scolpite: il patriarca Enoch e il profeta Elia(entrambi rapiti in cielo
e quindi immortali sembravano adatti a garantire simbolicamente l’immortalità dell’artista)
archeggia ture tripartite. Si produce un effetto visivo ricco di chiaroscuro e fortemente dinamico.
Nella facciata si legge la distribuzione dello spazio interno a tre navate3 .
Alla base della scultura del Duomo e del rapporto che la lega alle pareti e alla loro modulazione
strutturale sta la stessa identificazione forma/nodo strutturale che abbiamo visto in S. Ambrogio.
Concezione innovativa della forma: forte plasticismo e attenzione per la rappresentazione della
realtà. A Wiligelmo sono attribuiti i quattro grandi rilievi della facciata  Storie della Genesi e la
grandi solenni figure di Profeti nella parte interna dell’arco del portale maggiore.
Inoltre W. realizza i simboli degli Evangelisti, i rilievi dei Genietti funebri e gran parte dei capitelli
in facciata. Risulta insoddisfacente la ricerca di punti di riferimento per definire le origini della
cultura plastica di W. l’opera di W. fu molto importante per la formazione di molti scultori che
collaborarono con lui come il MAESTRO DELLE METOPE, autore delle 8 sculture che decorano i
contrafforti del cleristorio classicismo di W. rielaborato in chiave lineare.
La decisione di costruire il Duomo venne presa dai maggiori enti della città per dimostrare al papa
il superamento di un episodio scismatico e ottenere così un vescovo che fosse espressione delle
loro esigenze. La scelta dell’architetto Lanfranco è da imputare al clero e ai maggiorenti nel
momento in cui decisero di costruire la nuova chiesa, invece W. dovette subentrare
successivamente poiché nella chiesa ci sono segni dell’attività di una bottega precedente.
SAN MICHELE a Pavia è importante perché offre un importante contributo alla diffusione e allo
sviluppo del sistema strutturale del S. Ambrogio. Si differenzia dal modello milanese per il suo
impianto a croce latina, ma ci si avvicina per il corpo basilicale(matronei).
All’esterno la grandiosa facciata a capanna presenta un forte slancio verticale. L’intera facciata è
attraversata da fasce orizzontali di rilievi con figurazioni allegoriche e ornamentali. Novità: sistema
di illuminazione  qui la navata centrale è illuminata direttamente perché il punto di innesto dei
costoloni delle volte centrale è posto più alto(e non alla base delle arcate del matroneo come in S.
Ambrogio) in modo da rialzare le coperture e ricavare coppie di monofore nella parte alta delle
pareti.
SAN PIETRO AL MONTE a Civate. Nel corso della seconda metà dell’XI secolo viene sviluppato, nel
contesto di una navata unica, il tema carolingio testimoniato dal progetto dell’Abbazia di San
Gallo, delle sue absidi contrapposte una con funzione liturgica e una che funge da ingresso
monumentale. Tra 1093 e 1097 all’edificio furono aggiunte la decorazione in stucco e quella
pittorica.
Il ciborio ricorda quello ottoniano di S. Ambrogio; l’associarsi di pittura e stucco invece rimanda al
gusto compositivo proprie di opere alto medievali come il S. Salvatore a Brescia o il Tempietto di
Cividale. Queste riprese spiegano l’isolamento stilistico rispetto ad altre opere dell’epoca.
Morbidezza del modellato, senso armonico della figura e dello spazio. Carnosità della materia
pittorica e rinnovata intensità della luce; recupero di moduli bizantini aggiornati al classicismo
comneno4.
SAN FEDELE a COMO realizzata al passaggio dall’XI al XII secolo. È la costruzione più elaborata
degli architetti comaschi. Deriva da una precedente chiesa paleocristiana risalente al VII secolo
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4
E’ tipica del romanico la corrispondenza tra esterno e interno.
La famiglia dei Comneni (in greco: Κομνηνός, Κομνηνοί, noti anche come Comnenus o Komnenos) ebbe un ruolo
importante nella storia dell'Impero bizantino. Costituì una dinastia che ne resse le sorti fra XI e XII secolo guidandolo a
riacquistare vigore e potenza, tanto che gli storici hanno definito il loro periodo la "Rinascita dell'Impero".
dedicata a Santa Eufemia. Importante opera del romanico lombardo è il coro, ispirato alla Cappella
Palatina di Aquisgrana, con un'importante decorazione scultorea dei Magistri cumacini5 con figure
zoomorfe, mostri, grifoni, ecc. L'attuale chiesa risale al 1120; l'originale impianto a tre navate
irregolari innestate su un impianto centrale, pure irregolare per la minor dimensione
dell'abside principale rispetto alle due del transetto, percorse da ambulacri coperti dai matronei.
La facciata neoromanica di San Fedele, rifatta ex novo nel 1914, presenta un rosone centrale.
Interessante all'esterno sono l'abside centrale poligonale a tre piani coronata da loggetta del XIII
sec. e fiancheggiata dall'antico portale cuspidato databile tra i secoli XI e XII, detto anche portale
del drago con bassorilievi medievali soggetti a diverse interpretazioni. Secondo l’ipotesi più
comune è rappresentato profeta Abacuc con i cestelli dei viveri per san Daniele; sotto, si trova un
rilievo scolpito di età romanica raffigurante "Daniele in trono nella fossa dei leoni". Le sculture del
portale posteriore manifestano una propensione monumentale e risultano particolarmente
importanti poiché fanno da preludio a quella che nel corso del XII secolo è l’opera più significativa
dell’ambiente  PULPITO DELLA CHIESA DI SAN GIULIO sull’Isola di San Giulio sul lago d’Orta
monumento di pianta quadrata con lunette sporgenti che propone un rapporto con la scultura in
bronzo della Bassa Sassonia.
CATTEDRALE DI FERRARA Riprende il linguaggio lanfranchiano del Duomo di Modena. La
cattedrale fu costruita a partire dal XII secolo, con il contributo di Guglielmo degli Adelardi,
quando la città si stava allargando sulla riva sinistra del Po e di conseguenza il centro della città si
spostava verso Nord. La cattedrale fu consacrata nel 1135 e dedicata a san Giorgio, come si legge
nell'iscrizione in volgare, nell'atrio della chiesa. Lo stile romanico del progetto iniziale è
testimoniato dalla facciata. Si scelse l’impianto a cinque navate(elemento fortemente romano) per
sottolineare l’abbandono della città di una posizione scismatica a favore dell’antipapa Anacleto II e
quindi il passaggio della diocesi alla diretta dipendenza dalla Santa Sede.
La tradizione vuole che sia Niccolò6 l’architetto della facciata; è da chiarire che questa tradizione
nasce da una falsificazione settecentesca. Fatto sta che Niccolò, con l’aiuto di una bottega, firmò il
portale di facciata. La novità del portale ferrarese consiste nella qualità organica del programma
che svolge in relazione alla forma strombata.
SAN ZENO a VERONA Costruita tra 1120 e 1138.
Concetti base:
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Interpretazione raffinata del modello modenese.
Impianto basilicale a tre navate con presbiterio rialzato.
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Erano dei costruttori, muratori, stuccatori ed artisti, raggruppati in una corporazione di imprese edili itineranti composte
da professionisti specializzati, attive fin dal VII-VIII secolo nella zona tra il Comasco, il Canton Ticino e in generale
la Lombardia.
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E’ stato uno scultore italiano attivo tra il 1122 e il 1139 e fu tra i principali maestri italiani in epoca romanica. Allievo o
comunque conoscitore di Wiligelmo, è il primo maestro del quale si conosca un corpus di opere firmate, ben cinque, che
permettono di ricostruire i suoi spostamenti attraverso l'Italia settentrionale. Nel 1135 Niccolò si trovava al Duomo di
Ferrara per lavorare di nuovo a un protiro, dove per la prima volta venne scolpito anche il timpano, come si faceva già da
un paio di decenni in Francia. Di sua mano sono la Statua di san Giorgio, protettore di Ferrara, e le Scene del Nuovo
Testamento. Nel 1138 era nel cantiere della Basilica di San Zeno a Verona, ancora a lavoro a un timpano, del quale
resta anche la policromia. All'interno, nella lunetta alcune scene dedicate alla storia cittadina di quei tempi.
In breve: egli fu attivo in Piemonte e in molti centri della pianura padana. Attenzione al dato reale che rivela l’apertura
dell’artista verso la plastica francese. Finezza nel disegno, vivacità narrativa.

Facciata a salienti con protiro e grande porta con formelle bronzee
San Zeno mostra l’applicazione dell’ esempio modenese in area veneta  vi ritorna l’impianto
basilicale a tre navate e la rispondenza della facciata a salienti alla distribuzione dell’interno. Si
tratta comunque di un' interpretazione particolarmente raffinata del modello modenese,
probabilmente per suggestioni veneziane come San Marco  gli effetti di modulazione plastica e
pittorica della facciata sono sottili, prodotti dalla leggerezza degli aggetti e dalla contenuta
policromia dei materiali di rivestimento. Al centro della facciata si apre un grande rosone, noto
come Ruota Della Fortuna.
In San Zeno Niccolò mostra la sua maniera più tipica e matura nella decorazione scultorea ai lati
del portale e nella lunetta compone le forme in maniera morbida, articolando una narrazione
vivace e ricca di dettagli e accenti naturalistici. I rilievi della facciata sono collegati da un
programma unitario  incentrato sul tema della salvezza.
COMPLESSO EPISCOPALE DI PARMA
Concetti base:
DUOMO:
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1090 ca – 1130
Corpo longitudinale a tre ampie navate con abside e transetto.
Ispirazione a modelli architettonici romanici borgognoni, normanni e lombardi.
Esterno: complesso incastro di volumi nimato da sequestnze di loggette su più livelli.
Intreccio di narrazione e valore simbolico nel capolavoro scultoreo del duomo, la
Deposizione di Antelami.
BATTISTERO:
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1196-1260 ca.
Edificio a pianta centrale progettato e in parte realizzato da Antelami.
Equilibrato rapporto tra elementi orizzontali e direttrici verticali.
Grandioso complesso scultoreo interno ed esterno a opera di Antelami.
Caratteri già gotici nella decorazione dei portali.
Importanti cicli di Mesi e Stagioni dal valore simbolico.
BENEDETTO ANTELAMI (1150 ca-1230 ca) Svolse un ruolo chiave nella definizione di un ostile
nuovo, in cui il sostrato della tradizione figurativa romanica diffusa nell’Italia settentrionale si apre
a suggestioni del Gotico Francese. Poco ci è noto della sua vita. Forse originario della Lombardia, in
particolare della Val d'Intelvi (come sembra suggerire il cognome), dove sono documentati
alcuni Magistri Antelami (pronuncia Antèlami), fu comunque attivo solo nell'area
di Parma dal 1178 a poco dopo il 1200.
La ricostruzione dei suoi dati biografici prende infatti le mosse esclusivamente dalle due iscrizioni
datate che l'artista ha lasciato: quella del 1178 sulla Deposizione della cattedrale di
Parma (Benedictus Antelami dictus) e quella del 1196 sullo stipite del portale del battistero della
stessa città (Benedictus).
Da questi dati e dal confronto critico delle opere parmensi autografe con altre sculture di area
padana e francese, gli studiosi hanno provato a ricostruire più o meno credibilmente la sua
origine, la formazione artistica e le vicende professionali che lo avrebbero visto operare come
scultore e come architetto.
Egli doveva essere a conoscenza, oltre che della scultura e dell'architettura romanica dell'Italia
settentrionale, anche degli sviluppi artistici contemporanei di area provenzale.
Al cantiere del Battistero egli lavora sia come scultore che come architetto.
La lezione di Antelami apre la strada a un rinnovamento in direzione del gotico francese. Inoltre la
sua influenza si può riscontrare nel ciclo dei Mesi del Duomo di Ferrara, nelle personificazioni delle
Virtù e nei Profeti del portale centrale di San Marco a Venezia.
Antelami era autore anche del tramezzo, oggi scomparso, che separava navate e presbiterio.
Dovette eseguire la maggior parte della decorazione scultorea, oggi difficile da ricostruire nella sua
originaria distribuzione. A lui è attribuita la cattedra episcopale del vescovo di Parma e antipapa
Cadalo, scolpita tra il 1178 e 1196 che evidenzia la sua maestria nell’integrare scultura e
architettura. Ma la sua opera più famosa nel Duomo è la lastra con la Deposizione(nel braccio
destro del transetto) , opera firmata e datata 1178. Lo schema compositivo è di tradizione
bizantina, simmetrico, con croce al centro tra due gruppi di figure, sormontati ciascuno da un
angelo in volo. Malgrado lo schema bizantino e il persistere di componenti romaniche come
l’impostazione schematica, abbiamo notevoli novità stilistiche ispirate al gotico francese  si
avvertono soprattutto nel corteo delle pie donne dalla solida compostezza, combinata alla finezza
del trattamento di vesti e panneggi, solcati da pieghe lineari(rimando alle sculture del portale
maggiore di Chartres), la Deposizione mostra un rinnovato interesse per elementi desunti dal
repertorio classico come i tondi col sole e la luna, le rosette e i motivi floreali sul fondo. L’Antelami
raggiunge una solennità cerimoniale che ha come presupposti lo sbalzo delle figure rispetto al
fondo e l’aggregazione dei personaggi secondo schemi dettati dalla sintetica semplicità della
geometria lineare.
Tornando al Duomo; il progetto originario prevedeva due torri di cui ne fu costruita solo una
successivamente(1284-94). Lo spunto è transalpino, riprende infatti modelli della Normandia e
della Borgogna, ma la fronte dell’edificio si presenta con caratteri tipici del romanico lombardopadano, in particolare per il suo impianto a capanna e per la sequenza di loggette che scavano la
muratura conferendole un nitido movimento plastico, evidenziato anche dal protiro davanti al
portale. La pianta è a croce latina, con 3 navate. Transetto e 3 absidi rialzati. Dall’esterno si
presenta come un complesso di masse architettoniche cubiche e cilindriche innestate le une sulle
altre.
Il Battistero accanto al Duomo. Pianta ottagonale all’esterno e 16 lati all’interno. Antelami ideò sia
la struttura che la decorazione scultorea, così da costituire un’opera organizza e aperta agli influssi
gotici. All’esterno la struttura è scandita da un equilibrato rapporto di direttrici verticali. 3 portali
dall’unità esecutiva. 4 logge architravate. Forte matrice classicheggiante responsabile dell’aspetto
originale assunto dall’edificio. La novità qui non sta tanto nella sovrapposizione di loggiati
architravati sia all’interno che all’esterno, ma dal diverso rapporto che la cupola ha con le pareti
all’esterno la mascherano completamente dando alla struttura una spazialità del tutto diversa
rispetto all’interno.
Novità anche nel modo di decorare i portali: le scene delle lunette sono in stretto rapporto con
quanto è rappresentato sia nell’architrave, sia nell’archivolto. Il portale della Vergine presenta la
Madonna col Bambino al centro della lunetta, affiancata dall’Adorazione dei Magi e dall’episodio
di Giuseppe che riceve l’ordine di partire per l’ Egitto. Nell’architrave vicende del Battista e Profeti
nell’archivolto. Dunque tematiche inerenti all’incarnazione di Cristo e alla manifestazione della sua
divinità. Nel Portale Del Redentore o Del Giudizio ieratica figura di Cristo giudice circondato da
angeli con i simboli della passione.
Nell’archivolto sono raffigurati gli Apostoli, mentre l’architrave mostra la chiamata degli eletti. Il
tema del terso portale, cioè Il Portale Della Vita è quello della brevità dell’esistenza degli uomini,
minacciata dal demonio. Novitàconnessione delle figure dell’architrave e della lunetta in
un’unica sequenza narrativa. Nuova umanizzazione delle figure di ascendenza gotica.
Ciclo dei mesi:
CATTEDRALE DI FIDENZA già in costruzione nel 1179, questo edificio presenta delle fasi
nettamente distinte. La più arcaica è costituita dall’impianto a 3 navate sul quale viene realizzato
un sistema di copertura a crociere e costoloni dal sapore ormai gotico. Presenza del matroneo che
si affaccia sulla navata centrale attraverso due quadrifore. Nell’arco dei primi del XIII secolo è da
porre una nuova fase di intervento che comportò il completamento delle coperture e il
rifacimento della zona presbiteriale. Esternamente appare abbastanza esplicito il rimando al
Battistero di Parma con la decorazione delle colonne che reggono delle arcate, a inquadrare le
finestre.
La parte più bassa della facciata è ricoperta di marmo finemente scolpito, quella più alta è in
arenaria. Vi sono tre portoni: quelli laterali sono detti: “portone della Vita” affiancato da colonne
sorrette da arieti “portone della Morte” affiancato da colonne sorrette datelamoni. Il portone
centrale è “sorvegliato” da due leoni stilofori. Sopra questo portone abbiamo un prezioso
bassorilievo raffigurante la vita di san Donnino, santo protettore della città. Nello spazio tra i due
portoni minori e quello maggiore vi sono due nicchie nelle quali sono posti due figure bibliche:
Ezechiele e Davide. A fianco di queste nicchie troviamo due colonne. Una di queste sorregge la
statua a tutto tondo dell’apostolo Simone, che tiene tra le mani una pergamena che indica la via
per andare a Roma; poiché Fidenza è una delle tante città dove passa la via Francigena. Lungo i lati
della cattedrale abbiamo dei bassorilievi raffiguranti passi della Bibbia, storie di santi o semplici
raffigurazioni religiose. In un angolo della facciata è stata notata una scanalatura che serviva ai
mercanti che allestivano le proprie bancarelle nei paraggi per misurare le stoffe che vendevano.
E’ molto improbabile la presenza dell’Antelami a Fidenza visto che non esiste un rapporto diretto
tra le sculture parmigiane a lui riferibili e quelle della facciata di Fidenza. Qui è attiva una vasta
bottega dominata dallo scultore che realizza le figure di Ezechiele e David, la Madonna col
Bambino e i rilievi di Ercole che atterra il leone nemeo. E un Grifone che artiglia un cervo. Lo
scultore di Fidenza apre un campo di possibilità espressive parallelo a quello dell’Antelami.
Lo scultore che più di tutti accoglie lo spirito delle opere di Fidenza è lo scultore che realizza il Ciclo
Dei mesi7 nella CATTEDRALE DI FERRARA.
SAN MARCO a VENEZIA la vicenda creativa si inquadra a partire dal tempo del doge Domenico
Contarini (1042-1071) per proseguire sotto il doge Domenico Selvo (1071-1084) e concludersi
sotto Vitale Falier (1086-1096). La fondazione è altomedievale, risale a quando, nell’829, vennero
traslate a Venezia le reliquie di San Marco; si trattava di un edificio che era sia basilica martiriale
che cappella palatina. L’iniziativa di dare forme nuove all’edificio si ebbe in un periodo in cui la
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Il ciclo dei Mesi, proveniente dalla Porta dei Mesi della cattedrale (distrutta nel Settecento). I vari altorilievi con le
personificazioni e le attività agricole legate ai mesi sono opera dell'anonimo Maestro dei Mesi (attivo tra il 1220 e
il 1230 circa), tra le più importanti figure nella scultura italiana del XIII secolo, anello di congiunzione tra Benedetto
Antelami e Nicola Pisano.
Chiesa stava programmando un ritorno all’antichità cristiana in campo artistico  recupero di una
dimensione basilicale con precisi intenti simbolici, ovvero strumento per rivendicare antichità e
prerogative risalenti alle origini cristiane. Un esempio di questo filone è il restauro della
CATTEDRALE DI TORCELLO. L’intervento costruttivo fu promosso dal patriarca Poppone (tra 1008 e
1031). Il complesso basilicale presenta il tipico schema paleocristiano: il nucleo centrale è
costituito dalla basilica, preceduta da un nartece, sul quale si innestava un tempo il battistero, del
quale rimangono oggi solo le tracce, mentre sul fianco si erge tutt'oggi il martyrion, dedicato
a Santa Fosca. Connesso al complesso, doveva infine un tempo sorgere il Palazzo Vescovile.
La facciata è composta di 12 lesene collegate in alto da archetti a tutto sesto: il nartece del secolo
XI, è stato ampliato e modificato nel secolo XIII. Al centro, è il portale di marmo con stipiti
del Mille.
Il campanile è nel prato, con canna a lesene e cella campanaria a quadrifore. Il piccolo oratorio
poco distante sorge sul luogo della chiesa di San Marco, eretta, secondo la tradizione, da Rustico
da Torcello, uno dei due mercanti veneziani responsabili del trafugamento delle spoglie di San
Marco da Alessandria d'Egitto.
Si accede per la porta laterale destra. L’interno è diviso in tre navate da 18 colonne
di marmo greco, con capitelli in stile corinzio. La controfacciata è interamente occupata da un
mosaico in stile veneto-bizantino raffigurante il Giudizio Universale: le schiere delle anime sono
sovrastate in alto dalla figura di Gesù tra Maria e Giovanni.
Il presbiterio è separato dalle navate attraverso un’iconostasi formata nella parte alta da sottili
colonne marmoree con capitelli bizantini e, in basso, da bassorilievi di pavoni e leoni e da una serie
di tavole lignee con immagini sacre.
Per molti anni fra la seconda metà del XI secolo e la metà del XII la chiesa di Santa Maria Assunta
accolse il più importante ciclo di mosaici dell'Italia settentrionale, e senz'altro fra i più imponenti in
Italia insieme a quelli di Santa Maria Maggiore a Roma. Oggi restano i mosaici del catino e del
semicilindro absidale principale, dell'arco trionfale, di catino e volta absidale destri e della
controfacciata, mentre è perduta la decorazione del timpano dell'arco trionfale.
L'abside centrale ospita nel catino una Vergine Odighitria immersa su sfondo oro, e al di sotto, sul
semicilindro absidale, gli Apostoli presentati su un prato fiorito nella serie latina (cioè con Giacomo
minore e Taddeo al posto di Marco e Luca). La Vergine, slanciata in un maphorion di un blu intenso
e scuro, dalla potente forza lineare che la avvicina alle imprese musive veneziane come la cupola
dell'Ascensione nella Basilica di San Marco, è realizzazione di una maestranza bizantina della
seconda metà del XII secolo, mentre gli Apostoli spettano in gran parte a un'équipe di mosaicisti
veneti ben istruiti ai modelli bizantini di provincia, probabilmente nell'ambito della prima
decorazione della Basilica di San Marco stessa: una certa fissità espressiva li avvicina ai mosaici del
monastero di Hosios Loukas nella Focide, mentre i panneggi con pieghe legnose e a zig-zag che li
attraversano ricordano i mosaici del Palazzo del Patriarca di Costantinopoli. Per queste ragioni
sono da datare alla fine dell'XI secolo. Spettano agli stessi mosaicisti dell'Odighitria anche
l'Annunciazione sull'arco trionfale, dalle linee dinamiche tipiche dello stile comneno maturo e
molto vicina alle figure della cupola dell'Ascensione in San Marco a Venezia, e la
scomparsa Ascensione con Cristo in clipeo portato in Cielo da angeli sul timpano, di cui restano
frammenti con i volti dei due angeli e del Cristo. Le parti realizzate nel XII secolo sostituirono
soggetti analoghi del XI secolo nel frattempo rovinati.
Nel catino dell'abside destra il Cristo Pantocrator, in trono accanto a due angeli, sovrasta le figure
di quattro Dottori della Chiesa (Ambrogio, Agostino, Martino di Tours e San Gregorio Taumaturgo:
il Cristo, molto vicino allo stile dei mosaici della Chiesa della Vergine dei Calderari
a Salonicco (Panaghìa ton Chalkeon), spetta senz'altro a mosaicisti costantinopolitani o comunque
bizantini, mentre a maestranze italiane vanno senz'altro attribuiti i quattro Dottori. Tutti i mosaici
dell'abside destra vanno assegnati alla fine dell'XI secolo. A questo periodo appartiene anche la
volta a crociera, decorata con un motivo di ascendenza ravennate: l'Agnus Dei entro un clipeo, da
cui partono quattro festoni fitomorfi lungo le diagonali, sostenuto negli spazi di risulta da quattro
angeli, di cui due tronchi al busto nei lati più lunghi (la sezione della volta è rettangolare). Il
soggetto ha fatto credere a lungo che il mosaico potesse risalire addirittura alla prima fase
architettonica della basilica, nel IX secolo: si tratta invece di uno dei non rari revival tematici e di
gusto paleocristiani tipici dell'età comnena.
La controfacciata presenta uno dei più imponenti mosaici d'area veneta. La parete è divisa in sei
livelli, corrispondenti a soggetti diversi, di cui gli ultimi quattro riguardanti il Giudizio Finale.
1. In alto, nel timpano, la Crocifissione, semplice con la sola presenza della Vergine e di San
Giovanni Evangelista.
2. Anastasis, con un Cristo imponente ai cui fianchi si snoda il corteo dei salvati dal Limbo, scortati
ai lati da due imponenti angeli, quasi totalmente di restauro moderno
3. Deesis, con il Cristo entro mandorla (sorretta dalla ruote del Carro di fuoco da cui promana il
Fiume di fuoco apocalittico, che si snoda fino al fondo della parete) affiancato da Battista e dalla
Vergine, e dal consesso di Apostoli e, dietro, Angeli.
4. Etimasia, con ai fianchi i morti che risorgono dal mare e dalla terra, vomitati dagli animali
5. Psicostasis, in cui un angelo è alle prese con due demoni per la pesa di un'anima, mentre a
sinistra è una schiera di Eletti, e a destra corpi mozzi di dannati che si dilaniano nei fuoco infernale
spinti da due angeli e torturati da Satana.
6. Giudizio Finale vero e proprio, con sulla sinistra la Madonna e alcuni santi, e sulla destra i
dannati.
7. Una lunetta sulla porta della chiesa, sullo stesso livello del Giudizio, accoglie la protome di una
Madonna orante. La decorazione spetta in gran parte a maestranze veneziane della fine dell'XI
secolo o al massimo dell'inizio del XII. Alcune parti furono ricomposte da mosaicisti bixantini e
veneziani alla fine del XII secolo, e fra queste parte del consesso apostolico, l'angelo
della Psicostasi e la Vergineentro la lunetta (quest'ultima con caratteri decisamente più
occidentali).
Purtroppo molte parti del mosaico sono state arbitrariamente restaurate nel XIX secolo, alterando
irreparabilmente la loro qualità.
La decorazione musiva del complesso del Duomo di Torcello è dunque da assegnare per una prima
fase alla fine dell'XI secolo ad opera di maestranze bizantine (Pantocrator abside destra) e italiane
(Apostoli nell'abside centrale, Dottori della Chiesa e volta dell'abside destra, controfacciata), che si
sovrapposero peraltro, per quanto concerne l'abside centrale, ad alcune figure, forse di apostoli o
di vescovi altinato-torcellesi, dipinte a fresco nella prima metà dell'XI secolo e di cui restano alcuni
frammenti nella parte bassa dell'abside. Dopo la costruzione del synthronon e alcuni riattamenti,
l'abside fu perciò ridecorata a mosaico nell'ultimo quarto dell'XI secolo. Successivamente, forse a
seguito di un terremoto del 1117 che causò il crollo di alcune parti della chiesa, alcuni mosaici
rimasero danneggiati, e furono risarciti nella seconda metà del XII secolo (Odighitria nell'abside
centrale, Annunciazione nell'arco trionfale,Ascensione nel timpano e alcune parti della
controfacciata), grazie a maestranze bizantine che parlano ormai un maturo linguaggio visivo d'età
comnena.
Un altro esempio di come in questo periodo la Chiesa promuovesse un programmatico ritorno alle
origini cristiane sta nella decorazione absidale della CATTEDRALE DI AQUILEIA incentrata sulla
rappresentazione della Vergine e il Bambino in maestà all’interno di una mandorla retta dai
simboli degli Evangelisti. L’affresco tende a recuperare il classicismo monumentale proprio della
cultura ottoniana.
La ricostruzione di San Marco si distacca da questo contesto aderendo al perduto Apostoleion8 di
Costantinopoli (edificio cruciforme con cupola centrale e cupole sui 4 bracci). Il modello viene
riletto e si giunge a una struttura autonoma: l’Apostoleion è caratterizzato dalla totale simmetria
fra i 4 bracci, invece a San Marco uno aveva la tripartizione tipica di una zona presbiteriale.
Presenza del matroneo. All’esterno paramento in laterizio, grandi pareti a terminazione arcuata,
aperte da molteplici finestre, cornici a dentelli, i pilastri multipli, le nicchie e gli archetti: tutti
elementi che dispiegano il linguaggio costruttivo e decorativo dell’età medio bizantina.
La chiesa del doge Contarini ci è giunta sostanzialmente integra nelle sue strutture ma molto
modificata per quanto riguarda l’aspetto decorativo.
Nel 1094 si concludono i lavori architettonici, vengono sistemate le reliquie e inizia la campagna
decorativa rigorosamente a mosaico. Si tratta della prima fase decorativa che probabilmente non
occupava tutta la superficie a disposizione. Ci sono giunti due frammeti relativi a questa prima
fase. Sono caratterizzati da una grande intensità cromatica che esprime una forte carica patetica.
Dopo l’incendio del 1106 nuova campagna decorativa. Si discute sul ruolo avuto in questa fase
da maestranze bizantine. In ogni caso la matrice bizantina è forte, sia sul piano iconografico che
stilistico. Rispetto alle cadenze aggraziate del momento iniziale, lo stile dei mosaicisti veneziani ha
ormai raggiunto la durezza lineare dei contorni e la insita evidenza geometrica dei percorsi delle
lumeggiature.
E’ difficile distinguere le diverse botteghe attive nel cantiere, anche se è stato possibile
individuarne alcune fra le principali. A quella del Maestro Emanuele si attribuiscono la cupola sul
presbiterio, rimaneggiata dopo il 1419, forse le storie dei diversi santi, i miracoli di Gesù. A quella
del Mestreo dell’Ascensione si attribuiscono la cupola centrale, quelle sui bracci laterali e le Storie
Della Passione. Alla bottega del Maestro della Pentecoste la cupola sulla campata longitudinale
raffigurante appunto la Pentecoste. La prima bottega è legata a modelli del secolo precedente
come Hosios Lukas e Kiev in Russiamonumentali ma rigidi, improntati a un rigoroso classicismo
dalle nobili forme da un cromatismo raffinato ma limitato. La seconda adotta invece uno stile
agitato che enfatizza il movimento delle figure. La gamma cromatica è più ricca e sontuosa, i
contorni sono più sottolineati. La terza bottega sembra seguire una via intermedia tra le altre due
incline però a un certo decorativismo.
Nell’atrio la campagna decorativa duecentesca inizia dalla prima cupoletta davanti alla cappella
Zen, dove sono raffigurate le Storie della Genesi. Lo stile è occidentale e contemporaneo ma il loro
modello iconografico è antiquario. Il grande pannello con l’orazione nell’orto è uno degli esempi
artistici meglio riusciti del periodo. Cristo compare sei volte in una scansione tripartita della
narrazione. Nel ‘200 la basilica subisce anche modifiche strutturali. Vengono innalzate le grandi
cupole a bulbo. Dopo la IV crociata giungono molte opere d’oreficeria, marmi, sculture da
8
Fondato da Costantino e ristrutturato poi da Giustiniano.Il Mango dice che San Marco rivela un gusto antiquario
nell’ispirazione all’antica architettura dell’Apostoleion.
Costantinopoli. L’iconostasi di XI secolo viene smontata e trasferita a Torcello e sostituita da una
nuova.
Nasce una scuola locale di marmorari, prima fedeli imitatori di modelli bizantini, poi originali
artisti.
La pala d’oro. Prezioso oggetto di origini bizantine. Tra gli smalti che raffigurano la vita di San
Marco si trovavano i ritratti dell’imperatrice Irene, consorte di Alessio I Comneno e del doge Falier.
La pala fu sistemata nel 1345 conferendole un aspetto goticheggiante.
L’ITALIA CENTRALE
Prima metà XI secolo in Toscana  cultura figurativa antichizzante legata a esigenze della Chiesa
riformata. Si diffonde l’ impianto a navata unica, legata a un transetto emergente tripartito, che
resterà uno dei più caratteristici della regione, per tutto il periodo romanico. Grande importanza
del vescovo Gerardo a Firenze nel 1045, il quale sarebbe poi diventato papa Nicola II. E’ a questo
periodo che risale l’impianto finale raggiunto dall’antica Cattedrale di Santa Reparata al di sotto
dell’ attuale Santa Maria Del Fiore.
L’idea centrica come principio generatore comincia a diffondersi anche in edifici di altre regioni,
come SAN CIRIACO ad ANCONA Fusione di stile Romanico e di pianta e decorazioni bizantine.
Già dal III secolo a.C. era presente nella zona un tempio dorico probabilmente dedicato ad
Afrodite. Sopra questo tempio è stata costruita, nel VI secolo una basilica paleocristiana dedicata
a San Lorenzo, Tra il 996 e il 1015 si provvede alla ricostruzione della nuova chiesa, ampliando
l'edificio ma mantenendo le tre navate. Nel 1017i corpi di San Marcellino di Ancona e di San
Ciriaco vengono trasferiti all'interno della Basilica. Importanti lavori di ampliamento vengono
eseguiti tra la fine del XII secolo e la prima metà del XIII secolo, scegliendo di aggiungere un corpo
trasversale a formare uno croce col basilicale primitivo e di aprire un ingresso verso sud-ovest. Con
questa nuova geniale composizione la pianta della chiesa viene resa a croce greca,
con transetti absidati e sopraelevati, e la rivolse al porto e alla nuova strada d'accesso alla città.
Tra il XIII e il XIV secolo la basilica viene dedicata a San Ciriaco patrono di Ancona, martire e,
secondo la tradizione, vescovo della città.
BATTISTERO FIORENTINO Consacrato da Nicola II nel 1059. Ispirazione antichizzante nel suo
impianto ottagonale legato a esigenze di riforma. Anche se solo agli inizi del XII secolo raggiunse
quella scansione interna su due piani con quello inferiore architravato e quello superiore loggiato,
al di sotto della cupola a spicchi, chiusa con la lanterna nel 1150 che rimanda al Pantheon. E’ in
questi anni che il Battistero viene affidato all’Arte di Calimala e in cui viene realizzato il ricco
apparato a tarsie marmoree, secondo il gusto geometrico e coloristico che caratterizza il tardo
romanico fiorentino. Limpida articolazione di volumi e ricerca di effetti di superficie. Il Battistero è
dedicato a San Giovanni.
Sui piani esterni il paramento si organizza in una sequenza di motivi suddivisi in tre ordini
sovrapposti, ciascuno dei quali è a sua volta articolato secondo un ritmo ternario. All’interno
ripresa della scansione ritmica esterna in due ordini sovrapposti.
ABBAZIA DI SAN MINIATO AL MONTE La costruzione dell'attuale chiesa iniziò nel 1013 sotto il
vescovo Alibrando e proseguì sotto l'imperatore Enrico II. Espressione più nota del romanico
fiorentino. All’interno: innesto del tema delle arcate trasverse che scandiscono il percorso
basilicale. La facciata di San Miniato è uno dei capolavori dell'architettura romanica fiorentina,
ispirata a un classicismo solido e geometrico ripreso dalle tarsie marmoree degli edifici
monumentali romani. Venne iniziata nell'XI secolo ed è divisa in due fasce principali: quella
inferiore è caratterizzata da cinque archi a tutto sesto sorretti da colonne in serpentino verde con
basi e capitelli corinzi in marmo bianco, richiamo alle prime basiliche paleocristiane a
cinque navate (in realtà la chiesa fiorentina di navate ne ha solo tre); la parte superiore mette in
evidenza la vera geometria della chiesa, con le due falde simmetriche delle navate laterali ci fanno
percepire la presenza delle tre navate. I due frontoni simmetrici delle navate laterali sono decorati
con una bicromia di marmo bianco e serpentino verde di Prato, che tramite forme geometriche
ricostruiscono l'opus reticulatum romano. La parte centrale del secondo livello è caratterizzata da
un pronao tetrastilo sorretto da quattro pilastri, che la dividono in tre parti.
IL CAMPO DEI MIRACOLI A PISA
Concetti base:








Grande complesso monumentale di concezione e stile unitari.
Volontà di creare un equivalente simbolico della “città santa”.
Duomo: fusione di elementi classici, paleocristiani, arabi e romanici nella struttura e nella
decorazione ideata da Buscheto.
Pianta a croce latina con tre aule basilicali e cupole a base ellittica.
Ampliamento e nuova facciata a salienti che raccorda interno ed esterno(Rainaldo)
Battistero: pianta circolare, sviluppo interno su due livelli, cupola conica; l’esterno riprende
i motivi del Duomo.
Torre campanaria cilindrica dal ritmo rotatorio continuo.
Caratteri gotici del linguaggio pisano nel Camposanto.
Pisa in questo periodo si stava affermando come una delle potenze egemoni nelle rotte marittime
e nei traffici commerciali. Il Campo Dei Miracoli viene collocato in un’area periferica, iniziato nel
1064 con la costruzione del Duomo promosso sia dal vescovo Guido sia dalle maggiori istituzioni
cittadine. Viene dedicato alla Vergine Assunta e realizzato dall’architetto Buscheto. E’ un caso
unico per la grandiosità della concezione e per l’originalità e la qualità delle soluzioni formali.
Buscheto vi fonde elementi dalla tradizione classica e paleocristiana, elementi tratti
dall’architettura araba e formule del romanico lombardo. Il riferimento a una matrice classica è
evidente soprattutto nella struttura e nella decorazione della chiesa. Croce latina, coro absidato, 5
navate scandite da colonne monolitiche. Il corpo longitudinale è costituito da 3 navate con 2 absidi
alle estremità. All’incrocio dei due corpi una cupola ovoidale. La scelta di impostare la cupola
all’incrocio dei bracci è tipicamente romanica e di derivazione lombarda. La cupola tuttavia
riecheggia motivi desunti dalla cultura araba. Le pareti sono rivestite da fasce bicrome. Consacrato
nel 1118 da papa Gelasio II, dopo la morte di Buscheto il Duomo viene proseguito da RAINALDO.
Modifiche per renderlo più monumentale senza però alterare l’unità formale ampliamento del
corpo longitudinale e disegno di una nuova facciata a salienti. Nella parte bassa, con le arcate
cieche, Rainaldo si attiene allo schema ideato dal suo predecessore. Invece nella parte superiore
recupera il motivo lombardo delle loggette pensili e le sviluppa in una sequenza di quattro ordini
sovrapposti.
Il Battistero. Negli stessi anni dell’erezione della facciata venne avviata davanti a essa la
costruzione del Battistero nel 1153 su progetto dell’architetto DIOTISALVI, ma completato solo tra
XIII e XIV da Nicola e Giovanni Pisano. Il suo assetto ripropone il prospetto della facciata
antistante ordine di arcate cieche e il paramento a fasce bicrome di estrazione orientale, il tutto
alleggerito negli ordini superiori da Nicola e Giovanni Pisano che reinterpretano in chiave gotica il
motivo delle loggette caratteristico della fronte di Rainaldo. Pianta circolare con cupola conica
nascosta da una più ampia calotta emisferica. All’interno ampio vano centrale circondato da un
deambulatorio su due piani.
Campanile tradizionalmente attribuito a BONANNO PISANO, viene eretto in posizione isolata. Ha la
forma di una torre cilindrica scandita da un ordine basale di arcate cieche su colonne cui sono
sovrapposte sei snelle loggette che alleggeriscono la struttura e le conferiscono il ritmo rotatorio
continuo. Costruzione avviata nel 1173, terminata solo nel XIV secolo. Allo stesso Bonanno, autore
del portale di Monreale, spetta anche l’esecuzione della porta del transetto del Duomo, detta
Porta di San Ranieri.
Bonanno è partecipe di quel processo di trasformazione che comporta una maggiore attenzione
rivolta alla costruzione dello spazio con esiti di ampio respiro. La vicenda stilistica che coinvolge la
scultura pisana sul finire del XII secolo si focalizza ancora intorno al nodo del rinvio antichizzante,
colto come un riflesso delle esigenze espresse dall’ambiente e dalla committenza.
SAN FREDIANO A LUCCA Fin dal VI secolo esisteva in questo luogo un edificio religioso dedicato ai
tre santi leviti Vincenzo, Stefano e Lorenzo. La costruzione di questa prima chiesa si fa risalire allo
stesso San Frediano, vescovo di Lucca tra il 560 e il 588. Gli scavi effettuati sotto l'attuale basilica
hanno confermato la presenza dell'antico edificio. Alla fine dell'VIII secolo questa chiesa fu dotata
di una cripta che accolse il corpo di San Frediano.
Nel 1112 iniziò la riedificazione dell’edificio che fu consacrato nel 1147. Il progetto prevedeva una
chiesa a tre navate con abside, priva di transetti e anche di cripta, secondo le nuove tendenze
connesse alla riforma gregoriana, con la facciata posta a oriente, diversamente dalla regola che
voleva l'abside orientata verso est. La chiesa era più bassa di quella che oggi vediamo; il
rialzamento data al XIII secolo e venne concluso con l'ornamentazione a mosaico della parte
superiore della facciata. Il mosaico rappresenta l'Ascensione di Cristo in una mandorla sostenuta
da angeli, alla presenza degli Apostoli, in origine posti ai lati della Madonna la cui immagine è
andata distrutta per l'apertura della monofora centrale. La parte superiore mostra il segno di un
artefice colto e aggiornato su recenti esperienze bizantine, da collocare in ambiente romano,
mentre la zona inferiore sembra dovuta ad un artefice locale della bottega dei pittori Berlinghieri.
L'architettura della Basilica di San Frediano ben rappresenta le caratteristiche del romanico
lucchese prima che le influenze della vicina Pisa, in particolare del Duomo di Buscheto, e le
maestranze provenienti dal nord dell'Italia ne cambino i caratteri tradizionali. La chiesa presenta
ancora una semplice pianta basilicale di tipo paleocristiano, con cortine murarie lisce, senza
aggetti o complesse articolazioni di arcate, e gli elementi architettonici sono ancora tutti di
tradizione romana, come i colonnati architravati della facciata e dell'abside, le finestre a nicchia, i
capitelli compositi appositamente scolpiti.
A PISTOIA l’influenza pisana si traduce in una vivacità coloristica che esalta la bicromia dei marmi
arricchita da una più intensa tessitura della tarsie geometriche, soprattutto nei pennacchi sopra le
arcatelle SAN GIOVANNI FUORI CIVITAS.
L’influenza pisana si riscontra ancora nella chiesa della SS. TRINITA’ A SACCARGIA  Fu
completata nel 1116 sulle rovine di un monastero preesistente per volontà di Costantino
I giudice di Torres In seguito furono eseguiti, da architetti e maestranze di scuola pisana, lavori di
ampliamento databili dal 1118 al 1120: l'allungamento dell'aula, l'innalzamento delle pareti, una
nuova facciata e la costruzione dell'altissimo campanile. Il portico sulla facciata fu probabilmente
aggiunto in seguito, quando la chiesa era già ultimata, ed è attribuito a maestranze lucchesi. Alla
fine del XII secolo l'abside centrale fu affrescata da un ignoto artista proveniente dall'Italia
centrale, ancora oggi quest'opera può essere considerata l'unico esempio in Sardegna di pittura
murale romanica in ottimo stato di conservazione. L'impianto è ad aula unica con transetto sul
quale si affacciano tre absidi. La facciata è preceduta da un portico che ha un tetto a capanna
intervallato da sette archi a tutto sesto poggianti sui pilastri, al centro sulle bianche colonne ci
sono dei capitelli decorati da quattro figure alate da quattro figure mostruose. A nordovest si erge
il campanile quadrangolare comunicante all'interno con il transetto. Nella parte posteriore della
chiesa si aprono 3 absidi, fra cui il centrale è il più alto e ampio; inoltre quest’ ultimo è
interamente decorato da un affresco in cui risalta la figura del Cristo in mandorla. All’ interno della
chiesa mediante archi a tutto sesto si accede ai due bracci del transetto, dove si aprono 2 cappelle
coperte da volte a crociera. La chiesa ha due fasi costruttive: a quella originaria risale il transetto e
buona parte dell'aula coperta con tetto ligneo a capriate. I muri sono costruiti utilizzando conci in
calcare bianco e basalto nero, secondo la tecnica propria delle maestranze pisane attive nel
giudicato turritano alla fine dell'XI secolo. Alla seconda fase invece appartengono la
sopraelevazione dell'aula e il suo prolungamento verso occidente, nonché l'attuale facciata,
demolita e poi parzialmente ricostruita agli inizi del 1900. Nella parte interna dell'abside è
conservato in modo completo un ciclo di affreschi (seconda metà XII sec.) che rappresenta il Cristo
nella parte centrale della calotta , la Madonna fra gli apostoli nella fascia mediana e diverse scene
della vita del Cristo nella porzione inferiore, alla base è rappresentato un finto velario.
S. ANTIMO A CASTELNUOVO DELL’ABATE Chiesa originaria di IV secolo sul luogo del martirio di
S.Antimo; in seguito l’edificio subì varie ricostruzioni. A noi interessa l’ampliamento che subì nel
1118 sotto la guida dell'abate Guidone. Il punto di riferimento più importante per il progetto della
nuova chiesa è la grande abbazia benedettina di Cluny. Verso la metà del secolo XII la costruzione
della nuova abbazia è quasi completata, solamente la facciata non è ancora terminata.
SANTA MARIA DI CASTELLO A TARQUINIA Edificio che propone come punto d’arrivo un sistema di
copertura a volte a crociera costolonata.
E’ doveroso citare la figura del cosiddetto MAESTRO GUGLIELMO9 che ci fa comprendere come i
linguaggi artistici si trasmettessero da un a regione all’altra. Sappiamo che il maestro collaborò nel
Duomo di Pisa. Proprio per la cattedrale pisana Guglielmo scolpì, tra il 1159 e il 1162, il
monumentale pulpito, che restò al suo posto sino al 1310, quando venne sostituito con il
nuovo pulpito, opera di Giovanni Pisano.
Il pulpito di Guglielmo venne dunque smontato e trasferito a Cagliari, città allora sotto il dominio
pisano, dove arrivò nel 1312. L'opera venne rimontata nella cattedrale della città sarda, una chiesa
del XIII secolo in stile romanico pisano, dove il pulpito trovò posto nella navata centrale, all'altezza
della terza colonna a destra. Durante i restauri del XVII secolo, che dotarono la cattedrale di una
nuova veste barocca, il pergamo di Guglielmo venne smembrato e le varie parti collocate nelle
attuali posizioni. In seguito a tali manomissioni, il pulpito perse l'epigrafe in cui era indicato il
nome dell'autore e gli anni in cui venne realizzato.
Il Maestro Guglielmo introduce l’iconografia del Cristo morto (Es: Croce nel Museo di S. Martino a
Pisa).
Assistiamo allo sviluppo di una corrente che vuole superare la tradizione pisana SAN PIETRO A
SPOLETO la facciata di questo edificio appare come un tutto omogeneo con prevalenza assegnata
al settore centrale. La fronte è solenne in stretto rapporto con la scultura. Rimandi a questa
facciata si possono fare con la facciata di SAN PIETRO IN TUSCANIA.
9
Era, insieme a Biduino, uno dei più illustri e famosi scultori che operarono al duomo di Pisa nel XII secolo.
SAN RUFINO AD ASSISI cantiere avviato nel 1134; la facciata invece è più tarda. A livello plastico è
determinante per i futuri sviluppi dell’architettura umbra che abbandonano i modi
antichizzanti(propri ad esempio del duomo di Spoleto) e si orientano verso masse compatte,
forme ritagliate sul piano, robuste emergenze cariche di tensioni luministiche. Mimetizzazione
della scansione interna a tre navate.
LA RINASCITA PALEOCRISTIANA
Roma
XI secolo periodo di scarse e controverse testimonianze. Una serie di interventi sul finire del
secolo precedente sembrano indicare un indirizzo di ritorno all’antico, in particolare al periodo
paleocristiano.
SAN CLEMENTE
Concetti base:

Rifacimento di una basilica del IV secolo

Maggiore tensione longitudinale rispetto alla basilica paleocristiana

Interruzione della continuità dello spazio paleocristiano: divisione tra clero e fedeli

Tra i primi esempi di decorazione marmorea a motivi geometrici, detta cosmatesca10.

Pavimentazione influenzata da quella di Montecassino.

Nuova concezione del riuso dei materiali classici di spoglio.

Narrazione vivace degli affreschi inseriti in partiti architettonici.

Rinnovo paleocristiano filtrato dalla sensibilità romanica nel mosaico del catino absidale;
maggiore monumentalità in quello dell’arco trionfale.
Le vicende architettoniche della chiesa si svolgono tra la fine dell’XI secolo e il XII e coincidono con
alcuni importanti eventi storici  Dictatus Papae11, la riforma ecclesiastica che impone una più
rigida organizzazione del clero, la lotta per le investiture12. Probabilmente tra 1080 e 1099, quando
il cardinale titolare della chiesa è il monaco benedettino Raniero di Bieda, iniziano i lavori di
trasformazione dell’antica basilica di IV secolo  occlusione degli archi di collegamento fra navata
e nartece, inserimento di due pilastri di sostegno tra la navata principale e quella meridionale.
Questi interventi consentono di circoscrivere la cronologia degli affreschi romanici nella chiesa
inferiore poiché furono realizzati proprio su queste pareti di rinforzo. Dopo il 1099 la chiesa
paleocristiana viene abbandonata e riempita di detriti che innalzano il livello del terreno alla quota
attuale. Viene così costruita la nuova basilica, compresa la decorazione musiva. Poi ci fu una
seconda ondata di lavori dal 1125 in cui vengono edificati l’atrio, il portico e l’ingresso
monumentale. La pianta della chiesa attuale nasce da una trasformazione in senso romanico di
uno spazio basilicale paleocristiano. Forte tensione longitudinale. L’abside ha una funzione
10
I Cosmati erano marmorari romani che formarono varie botteghe, di cui si ricordano sette membri, appartenuti a
quattro diverse generazioni vissute tra il XII e il XIII secolo, famosi per i loro lavori architettonici, per le loro sculture, ma
soprattutto per i loro mosaici e le loro decorazioni realizzate prevalentemente in luoghi ecclesiastici.
11
12
Fondamenti del potere papale, 1075.
Tra il Papato e l'Impero ebbe per oggetto la concessione dell'investitura imperiale delle regalie (i diritti pertinenti al
regno o pubblici) agli ecclesiastici. Si conclude con il concordato di Worms.
diversa: non è più concepita come una grande esedra ma come cavità terminale nella fuga verso il
presbiterio. Il sistema di colonne non è più continua e modulare ma interrotta a metà da un solido
pilastro che divide la zona destinata ai laici e al clero.
Gli affreschi della chiesa inferiore storie dei SS Alessio e Clemente. Il ciclo si articola in 4 sezioni.
Coerenza e unitarietà. Caratteri nuovi  vivacità e immediatezza narrativa, deformazione
espressiva nel sottolineare gli affetti, inserti di colorito naturalismo, presenza di iscrizioni in
volgare. Sembrano quasi una ripresa della pittura catacombale.
Gli affreschi della zona absidale  ripresa di una tecnica che era caduta in oblio per quasi tre
secoli. Esprimono quel rinnovamento di linguaggio definito come “rinnovamento paleocristiano”;
paleocristiana è infatti l’ispirazione iconografica e tipologica. Ma si tratta di un revival filtrato
attraverso l’occhio medievale. La trascendenza della tarda antichità cede il passo alla concretezza
dell’immagine romanica. Il vigoroso linearismo individua le figurette e gli animali che popolano le
volute. I tralci esprimono il sacrificio di Cristo da cui germoglia la chiesa. Il Crocifisso è al centro.
SANTA MARIA IN TRASTEVERE Fondata nel III secolo da papa Callisto I, la chiesa fu poi rinnovata
sotto papa Innocenzo II (1130-1143). La facciata conserva nella parte superiore un mosaico del XIII
secolo, raffigurante Maria in trono che allatta il Bambino: è affiancata da dieci donne recanti
lampade. La facciata è preceduta dal portico progettato da Carlo Fontana (1702). Si tratta di uno
degli edifici più interessanti del XII secolo a Roma; presenta soluzioni già adottate un secolo prima
a Montecassino come il transetto passante e sopraelevato. Oltre al modello architettonico anche
l’utilizzo dei pezzi di spoglio conferisce all’insieme un tono classicheggiante del tutto nuovo e
diverso dal revival paleocristiano di San Clemente
Sulla sommità del campanile romanico, si vede un mosaico raffigurante la Madonna col Bambino,
in una nicchia.
All'interno, a tre navate su colonne ioniche e corinzie architravate.
Nella conca dell'abside si può ammirare un mosaico raffigurante la Vergine e Cristo assisi sullo
stesso trono (XII secolo), ornato, nella parte inferiore, da Storie della Vergine, sempre a mosaico,
opera di Pietro Cavallini13 (1291).
Il ciclo decorativo dei mosaici di Santa Maria in Trastevere viene tradizionalmente datato
al 1291 (sulla base di una strana data MCCLCIletta in passato, ma oggi perduta), anche se alcuni
storici tendono a spostarlo più avanti nel tempo, al 1296 circa[3]. Di certo il committente fu
Bertoldo Stafaneschi (qui sepolto), figlio del senatore Pietro Stefaneschi e di Perna Orsini e fratello
del futuro cardinaleJacopo Stefaneschi: a quest'ultimo si devono i versi poetici che accompagnano
gli episodi della Vita della Vergine Maria raffigurati:
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13
Natività della Vergine
Annunciazione
Natività
Madonna con Bambino in clipeo e i Santi Paolo, Pietro e il donatore Bertoldo
Stefaneschi (pannello centrale)
Adorazione dei Magi
Presentazione al tempio
I dati biografici di Pietro Cavallini si limitano a notizie tra il 1273 e il 1321. La presunta data di nascita dovrebbe essere
intorno al 1240 o 1250. Ciò che sappiamo per certo è la provenienza romana di Cavallini che in alcuni documenti viene
definito pictor romanus. Anche la data e il luogo della morte sono sconosciuti, ma generalmente viene indicata dopo il
suo ritorno a Roma dalla corte angioina napoletana, quindi verso il1325-1330.
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Dormitio Virginis
Questa opera mostra appieno le capacità tecniche di Cavallini che rompeva con le
forme ieratiche bizantine e adattava i modelli stilistici dei suoi mosaici alle novità che provenivano
dalla pittura e dalla scultura toscane, affiancando la scuola romana al clima gotico della pittura
di Cimabue e alle prime esperienze di Giotto.
La nuova sensibilità si può vedere nelle citazioni naturalistiche della Nascita di Gesù, ma meglio
ancora nella tridimensionalità del trono che appare dietro la Madonna spaventata dall'improvvisa
apparizione dell'Arcangelo annunciante. Queste architetture sono state messe in relazione con le
opere di Giotto, ma in questo confronto Cavallini si dimostra diverso: le sue quinte architettoniche
infatti sono dei semplici sfondi irreali, che, tranne rari casi (l'altare della Presentazione al tempio o
il trono di Maria) non dialogano con i personaggi, che anzi sono decisamente sproporzionati.
Inoltre la presenza di punti di vista diversi dà a queste prospettive intuitive un aspetto arcaico e
impreciso.
Secondo un'accreditata ipotesi (Ernst Kitzinger) l'iconografia del catino absidale è probabilmente
allusiva alla grande processione che nel medioevo si teneva a Roma la notte dell'Assunta. In
questa occasione l'icona acheropita del Salvatore dal Laterano veniva solennemente condotta a
Santa Maria Maggiore (maggiore chiesa mariana di Roma), al cospetto della celebre icona
della Salus populi romani. Quasi un abbraccio tra Madre e Figlio. La processione peraltro
prevedeva una tappa intermedia presso un'altra importante chiesa mariana, Santa Maria Nova
presso il Foro romano (attuale Santa Francesca Romana). Anche qui vi era un incontro tra icone,
custodendo anche questa chiesa una venerata immagine della Vergine. Ed è forse proprio questa
seconda icona che fa da modello alla raffigurazione della Vergine nel mosaico trasteverino. La tesi
di Kitzinger è basata, oltre che su assonanze stilistiche tra la decorazione musiva e le citate icone
(specie tra il volto di Cristo del mosaico e l'acheropita lateranense), sul fatto che entrambe le
figure centrali del mosaico hanno in mano dei cartigli con passi del Cantico dei Cantici. È
documentato che durante la processione dell'Assunta venisse recitato questo salmo.
Tra le altre opere d'arte si segnala l'icona della Madonna della Clemenza o Madonna Theotókos,
preziosissimo esemplare risalente forse al VI secolo (ma alcuni storici suppongono all'VIII), dalla
rigida frontalità e i colori smaglianti messi in relazione con il primo strato di affreschi della chiesa
di Santa Maria Antiqua. La cappella Altemps risale alla fine XVI secolo.
CATTEDRALE DI ANAGNI
La costruzione della Cattedrale risale agli anni 1072-1104 ad opera del vescovo Pietro da Salerno e
per la munificenza dell'imperatore d'oriente Michele VII Ducas. La Cattedrale è di stile romanico
mentre, nell'interno, si presenta in gotico lombardo dopo il restauro del1250 da parte del vescovo
Pandolfo che fece sostituire le capriate in legno della navata centrale e del transetto con archi
gotici. La frequente presenza dei pontefici in Anagni spiega perché la Cattedrale fu sede di
importanti fatti storici come il "pactum anagninum"(trattativa tra il Papato e l'Impero) e la
canonizzazione di San Bernardo di Chiaravalle, Santa Chiara d'Assisi, Edoardo il Confessore re
d'Inghilterra e San Pietro eremita vescovo di Trevi. In essa furono anche comminate le scomuniche
contro l'antipapa Ottaviano Monticelli e contro gli imperatori Federico Barbarossa (24
marzo 1160), Federico II e Manfredi. La facciata ben piantata esprime forza e semplicità in un
muro crudo, sul quale si aprono tre ingressi ad oriente. Accanto all'ingresso di sinistra, dietro una
grata, c'è un affresco diMadonna in trono tra S.Caterina della Rota e S.Antonio Abate (sec.XIV). La
parte occidentale dell'edificio sacro presenta tre bellissime absidi e una scalinata, che dà un tono
solenne all'insieme. Il campanile, alto 30 m e in stile romanico, presenta monofore, bifore e
trifore. Venne restaurato nel 1938 quando all'interno è stato installato un castello di ferro, che
sopporta il peso di cinque campate.
L'edificio sacro è a tre navate costruito dai maestri comacini. Caratteristico il pregevole pavimento
a mosaico eseguito nel 1231 dalla celebre famiglia di marmorari romani, i Cosmati (da qui
l'aggettivo cosmatesco). La lunetta interna sopra la porta centrale raffigura laMadonna con
bambino tra S. Magno e S. Secondina (fine sec. XIII). Sullo sfondo dell'abside centrale, sopra il
panneggio del Cisterna, campeggiano le figure degli Apostoli, ognuno caratterizzato dal proprio
attributo, opera del Borgogna (sec. XVII), in alto le figure dei santi venerati ad Anagni,
l'Annunciazione e l'Eterno Padre opera dei pittori Pietro e Giovanni Gagliardi. Nell'abside di sinistra
i discepoli di Emmaus e gli angeli adoranti. In quella di destra il matrimonio tra S.Giuseppe e la
Vergine ed il Transito di S.Giuseppe. Nell'abside maggiore possiamo ancora ammirare tre pregiate
opere del Vassalletto (1263): una bellissima colonna tortile mosaicata per il candelabro del cero
pasquale, la cattedra episcopale e il ciborio che copre l'altare, tutte opere volute dal vescovo
Landone. Si affacciano sul vano della chiesa il battistero e le cappelle Lauri, Caetani, Raoli (detta
anche cappella di S. Carlo) con il quadro della Madonna della Misericordia opera
del Frenguelli donato da Papa Leone XIII. Ai lati due tele dei fratelli Gagliardi. La Cripta della
Cattedrale di Anagni, dedicata a San Magno, patrono della Città, è una delle più belle e importanti
di Italia e d'Europa. Fu costruita contemporaneamente alla chiesa superiore. Conosciuta come "La
Cappella Sistina del Medioevo", il suo pregio consiste nell'armonia di un mirabile intreccio di archi
romanici, nel pavimento cosmatesco originale e negli splendidi affreschi che ricoprono una
superficie di 540 m². Il ciclo pittorico è opera di tre botteghe di artisti ignoti, meglio noti come
Primo Maestro o Maestro delle traslazioni, Secondo Maestro o Maestro Ornatista e Terzo Maestro
o Maestro di Anagni (riconosciuto anche come l'autore degli affreschi dell'Aula Gotica della chiesa
romana dei Santi Quattro Coronati). Esso rappresenta la storia della salvezza dell'uomo dalla sua
origine al suo giudizio. Sulle ventuno volte, infatti, si trovano raffigurate scene dell'Antico e Nuovo
Testamento (storia dell'Arca dell'Alleanza e Apocalisse) e un raro e importante ciclo scientifico
sulla creazione del mondo e dell'uomo, in cui la concezione del microcosmo nel macrocosmo è
accompagnata dalla figure dei medici Ippocrate e Galeno e dalla Teoria degli Elementi di
derivazione platonica. Sulle pareti, invece, sono affrescate le storie dei miracoli attribuiti a S.
Magno e le agiografie dei santi sepolti negli altari, nei quali riposano i corpi di S. Magno, patrono
della città, SS. Aurelia e Noemisia, S. Secondina e reliquie di S. Oliva, S. Sebastiano, S. Cesareo e
altri martiri.
SS. QUATTRO CORONATI
I nomi dei quattro santi titolari, secondo la Pontificia Academia Cultorum Martyrum, che vi pone
una stazione al Lunedì della IV settimana di Quaresima, sono: Castorio, Sinfroniano, Claudio e
Nicostrato[1], commemorati l'8 novembre.
La leggenda parla di quattro marmorari cristiani messi a morte sotto Diocleziano per essersi
rifiutati di scolpire idoli pagani, ma anche di quattro (o cinque) militari, ugualmente martirizzati e
sepolti presso le tombe dei martiri precedenti.
Gli scalpellini martiri nel Medioevo divennero patroni delle corporazioni edili e ancora adesso lo
sono delle arti murarie (come a Bologna o a Firenze).
l sito si presenta ancora come un complesso monastico fortificato, di modesta apparenza esterna
ma di massiccia consistenza muraria, ed è costituito da una basilica e da una serie di altri spazi
sacri e residenziali (cripta, cortili, convento, antico palazzo cardinalizio). Esso occupa, dal IV secolo,
i luoghi di una ricca residenza aristocratica di età tardoantica che era collocata lungo l'antica via
Tuscolana (nel percorso corrispondente all'attuale via dei Santi Quattro) e nei secoli fu
ripetutamente e radicalmente modificato.
La primitiva aula absidata fu convertita in luogo di culto cristiano prima del 499, data a cui risale la
prima attestazione del "titulus Aemilianae", più volte identificato, dalle fonti altomedioevali, con la
chiesa dei Santi Quattro. La posizione della chiesa era rilevante, per essere in alto e per la sua
vicinanza al Laterano, sede allora del papato.
La fortificazione del complesso (cripta, torre d'ingresso all'epoca decorata all'interno e all'esterno,
primo cortile con i primi edifici destinati al clero) è di epoca carolingia, attribuita al papa Leone
IV (fine VIII secolo).
Dopo l'incendio di Roberto il Guiscardo nel 1084, papa Pasquale II provvide alla ricostruzione,
riducendo però la basilica alla sola metà ovest della ex navata centrale e trasformando il
precedente spazio nell'attuale secondo cortile, mentre quelle che erano state le navate laterali
furono inglobate, la destra nel palazzo del cardinale titolare, la sinistra nelmonastero fondato dallo
stesso Pasquale II, che dal 1138 divenne un priorato dell'abbaziabenedettina di S. Croce
di Sassovivo presso Foligno.
Importanti restauri (testimoniati dall'iscrizione con lo stemma del cardinale murata nel primo
cortile, sotto la torre) furono fatti eseguire nel XV secolo dal cardinale Carillo dopo la cattività
avignonese, quando il complesso fu dichiarato sede pontificia da papa Martino V. Con lo
spostamento della sede papale in Vaticano, tuttavia, l'importanza del complesso decadde. Dal XVI
secolo l'insieme fu affidato alle monache di clausura Agostiniane e adibito ad orfanotrofio,
trasformando tutti gli ambienti che affacciano sul cortile in dormitori per le orfane. È ancora oggi
un convento delle Agostiniane.
Alcuni elementi di rilievo del complesso:
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i capitelli della chiesa attuale sono di spoglio, provenienti da altre costruzioni antiche;
l'abside, esempio unico a Roma, abbraccia tutte e tre le navate;
i matronei della chiesa, edificati nella ricostruzione di Pasquale II, sono gli ultimi matronei
costruiti in Roma;
l'oratorio di San Silvestro: decorato da notevoli affreschi duecenteschi in stile bizantineggiante
con "Storie di papa Silvestro e dell'imperatoreCostantino I", tratte dalla leggenda narrata
negli Actus Silvestri, testimonia anche nel programma iconografico la rilevanza politica del
complesso nel contesto del potere temporale del papato;
il ciclo di affreschi dell' Aula Gotica, recentemente riscoperti, fondamentale testimonianza
dell'arte gotica nella città di Roma (è stato fatto il nome diJacopo Torriti). Negli affreschi
compaiono figure umane che si stagliano su un prezioso sfondo blu realizzato in azzurrite e che
rappresentano i dodici mesi; al di sopra dei mesi sono raffigurate le Arti, nei costoloni della
volta le quattro stagioni e sulla vela i segni zodiacali, oggi in parte perduti.
nel reliquiario si conserva la testa di san Sebastiano (il resto del corpo è deposto nella basilica
delle catacombe omonime).
di notevole interesse storico-artistico, le due cappelle interne al monastero, a cui si accede dal
chiostro, l'oratorio di Santa Barbara e l'oratorio di San Nicola.
SAN PAOLO FUORI LE MURA
Storia lunga e complessa della basilica costantiniana che nei secoli subì moltissime modifiche.
Sappiamo che papa Onorio III aveva chiamato degli artisti veneziani per realizzare il mosaico del
catino absidale. La qualità stilistica si può valutare in base alla testa di Pietro (oggi murata
nell’antisacrestia della basilica) che mostra un bizantinismo che sta superando il dinamismo tardocomneno a favore di una rinnovata monumentalità.
A San Paolo è conservato anche il candelabro del cero pasquale opera di notevoli dimensioni e
dall’inedito repertorio iconografico. L’attribuzione è controversa(2 diversi artisti). Vengono ripresi
temi e forme paleocristiane aggiornati su testi della scultura romanica. E’ datata alla fine del XII
secolo. Le correnti antiquarie che si manifestano alla metà del XII secolo nell’uso di pezzi di
spoglio(come a Santa Maria in Trastevere) approdano a un maturo classicismo che si manifesta
soprattutto attraverso la famiglia dei Vassalletto. Nel candelabro si manifesta una plastica inedita
nel panorama scultoreo romano. Stando all’iscrizione sull’opera, il lavoro si deve a Nicola D’Angelo
con la collaborazione di Pietro Vassalletto. Ripresa temi e tecniche paleocristiane. Uso del trapano.
CHIOSTRO DI SAN GIOVANNI IN LATERANO
Costruzione tra 1215 e 1232. Il cantiere è controllato interamente dalla famiglia Vassalletto. E’
possibile notale un’evoluzione stilistica. Al “padre”, Pietro Vassalletto, vanno ascritti l’intera zona
basamentale e il compimento del chiostro nei lati settentrionale e orientale, mentre il resto
sarebbe da attribuire a una generazione più giovane. La prima generazione è caratterizzata da una
scultura ad angoli vivi, dagli intagli e dai volumi risentiti. Invece la seconda generazione si
caratterizza per l’intaglio morbido e meno vigoroso.
DUOMO DI CIVITA CASTELLANA
Il duomo fu costruito a partire dal 1185 circa, edificato sopra un precedente edificio sacro, e fu
completato con la costruzione del portico nel 1210: in esso aveva lavorato la valente famiglia di
architetti e marmorari romani dei Cosmati.
Diventata fatiscente nel corso dei secoli, nel Settecento la chiesa fu completamente ristrutturata al
suo interno in forme barocche: è di quest’epoca la trasformazione da chiesa a tre navate a chiesa
ad un’unica navata con cappelle laterali comunicanti tra loro. La facciata dell’edificio è preceduta
da un portico duecentesco. Nell’architrave era inserita una fascia mosaicata con scritta in oro, di
cui restano solo pochi frammenti. Sui due pilastri dell’arco e su quelli alle estremità del portico
sono riportati, scolpiti nel marmo, i simboli dei quattro evangelisti, mentre al centro dell’arco è la
figura dell’Agnello, simbolo di Gesù Cristo. Jacopo di Lorenzo e suo figlio Cosma lasciano i loro
nomi scritti sulla facciata artisti legati alle riprese dal mondo paleocristiano.
ABBAZIA DI MONTECASSINO
Fondata nel 529 da san Benedetto da Norcia sul luogo di un'antica torre e di untempio dedicato
ad Apollo. Per tutto il medioevo, l'abbazia fu un centro vivissimo di cultura attraverso i suoi abati,
le suebiblioteche, i suoi archivi, le scuole scrittorie e miniaturistiche, che trascrissero e
conservarono molte opere dell'antichità. Testimonianze storiche del più alto interesse e di sicura
validità sono state raccolte e tramandate a Montecassino: dai primi preziosi documenti in lingua
volgare ai famosi codici miniati cassinesi, ai preziosi e rarissimi incunaboli.
Il più illustre dei suoi abati fu forse Desiderio - il futuro Papa Vittore III (sepolto nell'abbazia stessa)
- che alla fine dell'XI secolo fece ricostruire completamente l'abbazia ed ornò la chiesa di
preziosissimi affreschi e mosaici, il cui riflesso si può ancora oggi scorgere in quelli che lo stesso
abate fece eseguire in Sant'Angelo in Formis.
Dalla Chronica Monasterii Casinensis sappiamo che l'abate Desiderio impiegò sforzi e capitali
notevoli per la ricostruzione della chiesa abbaziale, compiuta nei soli cinque anni dal 1066 al 1071,
utilizzando materiali lapidei provenienti da Roma e facendo venire da Bisanzio anche mosaicisti e
artefici vari. La maggior parte delle decorazioni - della chiesa e dei nuovi ambienti del monastero
successivamente riedificati - erano costituite da pitture, oggi in maggior parte perdute e delle cui
conosciamo soltanto alcuni soggetti, come le Storie dell'Antico e Nuovo Testamento nell'atrio, di
cui si conservano interamente i tituli scritti dall'arcivescovo di Salerno Alfano. Il ricorso a mosaicisti
bizantini era motivato, come si legge nella Chronica, poiché: «da più di cinquecento anni i maestri
latini avevano tralasciato la pratica di tali arti e per l'impegno di quest'uomo ispirato ed aiutato da
Dio esse furono rimesse in vigore in questo nostro tempo», inoltre, «affinché la loro conoscenza
non cadesse ancora oltre in oblio in Italia, quell'uomo pieno di sapienza decise che molti giovani
del monastero fossero con ogni diligenza iniziati in tali arti. Tuttavia non solo in questo campo, ma
anche per tutti i lavori artistici che si possono compiere con oro, argento, bronzo, ferro, vetro,
avorio, legno, gesso o pietra, fece venire i migliori artisti selezionati dai suoi monaci». Distrutta da
un terremoto nel 1349 e nuovamente ricostruita nel 1366, l'abbazia assunse nel XVII
secolo l'aspetto tipico di un monumento barocco napoletano.
SANT’ANGELO IN FORMIS (1066-1078)
Vi si può cogliere un eco dell’abbazia di Montecassino. La chiesa, situata vicino Capua, appare
ancora sostanzialmente integra. Fu commissionata da Desiderio, ritratto nell’abside in veste di
offerente. L’edificio fu costruito su un precedente tempio di Diana ed è parte di quanto resta di un
monastero. Coniuga la tradizione classica con forme artistiche d’importazione bizantina, cioè
pianta basilicale a 3 navate e decorazione interna affidata a maestranze educate sulla cultura
greca. La decorazione pittorica fu realizzata tra 1072 e 1078. Nel catino absidale c’è Cristo in
maestà su un trono gemmato circondato dai simboli degli Evangelisti. Nel registro sottostante 3
arcangeli e ai lati Desiderio e San Benedetto. Lungo la navata centrale sono raffigurati episodi
della vita di Cristo e in controfacciata è raffigurato il Giudizio Universale. Stilisticamente
prevalgono i caratteri bizantini  Grandi occhi, bocche carnose e piccole, figure nobili e solenni
allungate, incarnati verdognoli, panneggi naturalistici ma in maniera rigida e tagliente.
Intonazione aulica si è pensato di attribuire l’esecuzione alle maestranze greche attive a
Montecassino.
CATTEDRALE DI SALERNO
duomo di Salerno fu costruito tra il 1080 ed il 1085 dopo la conquista della città da parte
di Roberto il Guiscardo, mentre era arcivescovo Alfano I. Costruito su un'omonima
chiesa paleocristiana dedicata a santa Maria degli Angeli, sorta a sua volta sulle rovine di un
tempio romano, i lavori iniziali erano di ben più modesta fattura. I progetti furono ampliati
successivamente con il ritrovamento delle spoglie del santoevangelista, tumulate nell'antica chiesa
il 4 maggio 954 e venute alla luce con la progressiva demolizione di questa. A causa dell'eccessiva
celerità con cui fu costruita e a cedimenti di terreno dovuti a numerosi sismi, subì nei secoli vari
rifacimenti.
La forma della chiesa, come doveva essere, non fu scelta dal Guiscardo ma, certamente, da Alfano
I, arcivescovo di Salerno e monaco benedettino, assiduo frequentatore dell'Abbazia di
Montecassino per la quale elaborò i versi dei tituli che accompagnavano la decorazione delle
pareti. Alfano ispirò la forma e la pianta proprio alla chiesa cassinese fatta edificare
da Desiderio fra il 1066 e il 1071. Quest'ultimo, nell'ambito di un recupero della tradizione
cristiana, aveva preso a modello la basilica del suo predecessore aggiornata sulle novità carolingie,
per cui inserì il transetto triabsidato, che nell'architettura altomedievale dell'Italia centroMeridionale era assolutamente inesistente. I rapporti tra Salerno e Montecassino furono
individuati con i restauri degli anni prima della guerra. Come l'edificio desideriano anche la
cattedrale di San Matteo presenta una pianta articolata in un corpo longitudinale a tre navate con
uno orizzontale, il transetto, con tre absidi, e quadriportico. Ma un'analisi più approfondita dello
spazio indica che la chiesa di Alfano si colloca nel panorama regionale come un elemento
di assoluta novità, nonostante la forma tradizionale. Il primo elemento di novità è dato dalla forma
della cripta ad aula con lo spazio scandito da colonne e con le absidi in corrispondenza con quelle
del transetto superiore. Questo tipo di cripta, ben conosciuto nell'Europa ed in Italia
Settentrionale, era assolutamente inusuale in Italia centro-Meridionale. In San Pietro come a
Montecassino, la cripta era un vano angusto, corrispondente ad un martirium, la sepoltura del
santo. Da Salerno questo tipo di ipogeo si diffonde negli altri centri: prima a Ravello, poi
ad Otranto e quindi a Sant'Agata dei Goti. Se allarghiamo il raggio dell'analisi alle misure dello
spazio, viene fuori una concatenazione di numeri che lasciano intravedere una corrispondenza
armonica, che si potrebbe definire di tipo modulare. Il portale della facciata immette ad un ampio
atrio, unico esempio italiano, insieme a quello della basilica di Sant'Ambrogio, di quadriportico
romanico. L'atrio è circondato da un colonnato (che era un'ideale continuazione verso l'esterno
delle navate interne) le cui colonne provengono dal vicino Foro Romano di piazza Conforti,
sormontate da archi a tutto sesto decorati con intarsi di pietra vulcanica sulle lesene e ai
pennacchi. Sull'atrio si apre inoltre la Porta in Bronzo delle chiesa, fusa a Costantinopoli nel 1099 e
donata alla città dai due coniugi Landolfo e Guisana Butrumile. Formata da 54 formelle in gran
parte raffiguranti croci bizantine, presenta al centro una teoria di santi (tra i quali spicca san
Matteo), la raffigurazione simbolica di due grifi che s'abbeverano ad un fonte battesimale (il grifo,
oltre che dell'immortalità dell'anima, è anche simbolo della famiglia normanna degli Altavilla, ai
quali apparteneva il fondatore Guiscardo). Anche se attualmente la porta ha un colorito verdastro
tipico del bronzo antico, una volta era ricoperta in oro ed argento.
CATTEDRALE DI CANOSA
La Puglia nell’ XI secolo appare attraversata da un grande fervore artistico. A Canosa si sono
conservati due interessanti opere di arredo liturgico  un pulpito e una cattedra che mostrano la
preferenza per uno stile geometrico e lineare. Le opere sono state fatte risalire a un David
Magister a testimonianza del fatto che ci doveva essere una bottega ben organizzata. Inizialmente
la pianta della basilica era (ed è tuttora) a croce latina, coperta da cinque cupole basse a vela e
un'abside (illuminata da tre finestre, la cui centrale è ricoperta da una vetrata raffigurante il
patrono), chiaro esempio di stile romanico-bizantino: al di sotto del presbiterio si accedeva
alla cripta, reliquiario del Santo. Le cinque volte poggiano su arcate sorrette da complessive
diciotto colonne di marmi persichino, granito e cipollino: queste ultime (sei), con capitelli corinzi,
furono recuperate da monumenti ormai devastati. Priva di affreschi e pavimentata con marmo
bianco, la Cattedrale giace a tre metri al di sotto della piazza dalla quale si accede.
SAN CORRADO A MOLFETTA
La chiesa venne costruita fra il 1150 e la fine del Duecento e dedicata a Santa Maria Assunta. La
chiesa di San Corrado costituisce un singolare esempio dell'architettura romanico-pugliese. Essa è
infatti la maggiore delle chiese romaniche con la navata centrale coperta a cupole in asse (tre, nel
caso specifico) impostate su tamburo a pianta esagonale, rispetto alle altre (comprese le
quattro Basiliche Palatine) aventi la copertura del tipo a capriate e tegole sovrapposte.
La costruzione, a pianta basilicale asimmetrica, è divisa in tre navate da pilastri cruciformi con
colonne addossate e la navata centrale presenta una copertura a tre cupole in asse, come già
riportato, di altezza variabile (quella centrale è considerevolmente più alta delle due di estremità),
mentre le navate laterali sono coperte con tetti spioventi, a una falda ciascuna.
SAN NICOLA DI BARI
Concetti base:

svolta rispetto all’architettura pugliese

Pianta a T con ampia cripta estesa all’interno del transetto

Presbiterio di matrice bizantina, influenza di modelli lombardi e normanni nel corpo
longitudinale

Aspetto esterno massiccio per l’incastro di possenti volumi geometrici

Facciata di ispirazione lombarda

1087-1197

Abate Elia

Pochi e ben evidenziati elementi decorativi

Fianchi scanditi da profonde arcate invenzione di grande forza espressiva
CATTEDRALE DI TRANI
Eretta tra 1097 e il XIII secolo. La presenza di una cripta estesa all’intero edificio ne fa una chiesa
doppia, con quella superiore vicinissima nell’impostazione della navate al modello di S. Nicola, ma
dotata di sostegni costituiti da colonne binate.
SS NICCOLO’ E CATALDO A LECCE
La chiesa dei Santi Niccolò e Cataldo è una chiesa medievale di Lecce. Insieme
all'attiguo monastero fu fondata nel 1180 dal normanno Tancredi d'Altavilla. Tancredi donò il
complesso ai monaci Benedettini La facciata mostra sia la severità del romanico pugliese che
l'esuberanza del barocco. La facciata venne rifatta da Giuseppe Cino in puro Barocco
leccese conservando, di quella originaria, solamente il pregevole portale e il rosone.
CAPPELLA PALATINA DI PALERMO
Concetti base:

Costruita dal 1130

Pianta a 3 navate che si apre in un santuario triabsidato e cupolato

Struttura ispirata ai coevi edifici sacri greco-orientali

Ciclo musivo dal linguaggio aulico e orientale nel santuario

Anomala disposizione iconografica, imperniata sul trono del sovrano.

Corpo longitudinale dal soffitto ligneo decorato con un’iconografia profana da maestranze
islamiche

Successiva decorazione musiva della navata in un linguaggio già di spirito romanico

Sintesi di stili diversi negli altri apparati decorativi.
La Cappella Palatina è una basilica a tre navate dedicata ai santi Pietro e Paolo. Fu fatta costruire
per volere di Ruggero II e venne consacrata il 28 aprile 1140come chiesa della famiglia reale.
Le tre navate sono separate da colonne in granito e marmo cipollino a capitelli compositi che
sorreggono una struttura di archi ad ogiva. Completa la costruzione la cupola, eretta sopra le
tre absidi del santuario. La cupola e il campanile originariamente erano visibili dall'esterno prima
di venire inglobate nel Palazzo Reale in seguito alle costruzioni successive. La cupola, il transetto e
le absidi sono interamente decorate nella parte superiore da mosaici bizantini, tra i più importanti
della Sicilia, raffiguranti il Cristo Pantocratore benedicente, gli evangelisti e scene bibliche varie. I
mosaici di datazione più antica sono quelli della cupola, risalenti alla costruzione originaria
del 1143. Il soffitto in legno della navata centrale e le travature delle altre navate sono decorate
con intagli e dipinti di stile arabo. In ogni spicchio sono presenti stelle lignee con rappresentazioni
di animali, danzatori e scene di vita della corte islamica.
CATTEDRALE DI CEFALU’
Concetti base:

1131-48 (santuario)

1240 (facciata)

1267 ? (navata)

Datazione incerta

Netto contrasto tra l’originale progetto magniloquente e quello successivo, più modesto.

Decorazione interna limitata all’abside e a parte del presbiterio

Disposizione non canonica delle figure sacre dovuta alla struttura della chiesa

Mosaici realizzati da mani diverse, in parte di stile comneno aulico.
La decorazione musiva, forse prevista per tutto l’interno, fu realizzata solamente nel presbiterio e
ricopre attualmente l’abside e circa la metà delle pareti laterali. Per la sua realizzazione, Ruggero II
chiamò maestri bizantini, di Costantinopoli, che adattarono ad uno spazio architettonico per loro
anomalo, di tradizione nordica, cicli decorativi di matrice orientale. La figura dominante è quella
del Cristo Pantocratore che, dall’alto dell’abside, mostra i suoi attributi cristologici con la destra
alzata che tiene uniti indice e medio, indicanti le due nature del Cristo, divina e umana, unite
insieme e con il pollice, mignolo e anulare congiunti indicanti il mistero della Trinità, mentre con la
sinistra regge il Vangelo aperto sulle cui pagine si legge, in greco e latino: “Io sono la luce del
mondo, chi segue me non vagherà nelle tenebre ma avrà la luce della vita” (Giovanni 8, 12).
Al centro, nel registro inferiore, è la Vergine orante elegantemente panneggiata e scortata dai
quattro arcangeli. Nel secondo e terzo registro, ai lati del finestrone centrale, sono figure
di apostoli ed evangelisti, distribuite secondo un preciso programma teologico. Nelle pareti laterali
sono invece figure di profeti e santi. Nella decorazione della crociera sono raffigurati
quattro cherubini e quattro serafini.
Sui due lati si contrappongono figure regali (parete destra, opposta al trono reale) e
figure sacerdotali (parete sinistra, opposta al seggio episcopale. Tutte le figure sono accompagnate
da scritte, in greco o in latino, che indicano il nome del personaggio.
La decorazione musiva fu realizzata entro il 1170, ma nella parte inferiore e sulla metà anteriore
delle pareti del presbiterio venne completata nel Seicento, al di sopra di precedenti decorazioni
pittoriche di cui restano scarse tracce.
I mosaici riguardanti Cefalù interessano esclusivamente quelli che campiscono la superficie
absidale. Distinti in quattro zone orizzontali, rappresentano il sublime Pantocratore nel catino, la
Vergine orante fiancheggiata dai quattro arcangeli Raffaele, Michele, Gabriele e Uriele nella zona
sottostante, i santi Pietro e Paolo, gli evangelisti Marco, Matteo, Giovanni e Luca nella terza fascia
e, infine, nella quarta gli apostoli Filippo, Giacomo, Andrea, Simone, Bartolomeo e Tommaso.
Ciascuna figura è accompagnata dal proprio titulus in greco che ne permette l’esatta
identificazione. Cristo, con la mano sinistra, tiene il Vangelo aperto al versetto 8,12 di Giovanni:
«Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della
vita», nella duplice iscrizione greca e latina.
Le quattro fasce sono delimitate orizzontalmente e verticalmente da cornici e motivi geometrici o
vegetali stilizzati tranne quella che separa il catino dal resto dell’abside che si distingue dalle altre
perché aggettante – campita com'è su una cornice a rilievo –, più larga e con una decorazione
diversa: presenta infatti un tralcio di fiori e foglie.
Altri mosaici ornamentali, dai motivi vegetali stilizzati entro alveoli, rivestono il
profondo intradosso della finestra occupante la parte mediana delle due fasce inferiori.
Introduce all’abside un doppio ordine di colonne le quali presentano la peculiarità di essere
mosaicate, totalmente o in parte. Più precisamente, le colonne dell’ordine superiore hanno tanto i
fusti che i capitelli a mosaico mentre in quelle dell'ordine inferiore, di granito rosso e verde, sono
rivestiti a mosaico unicamente i capitelli. Il colore usato non è casuale. La porpora e il verde antico
sono infatti colori imperiali bizantini, mediate, come altre figure ricorrenti nelle insegne regali
normanne, da Costantinopoli. In particolare, il loro impiego nella cattedrale di Cefalù risponde
certamente alla peculiare ed eccezionale funzione alla quale essa fu destinata da Ruggero II di
Siciliache la scelse quale luogo della sua sepoltura nel 1145. Due iscrizioni concludono in maniera
assai solenne il complesso figurativo absidale. La prima (FACTUS HOMO FACTOR HOMINIS FACTIQUE
REDEMPTOR – IUDICO CORPOREUS CORPORA CORDA DEUS) corre sull’arco delimitante il catino ed è in
esclusiva relazione con la figura del Pantocratore della quale costituisce una chiosa teologica, assai
utile anche per intravedere l’originario piano iconografico risalente a Ruggero. La seconda,
aulicamente campita su campo d’argento che chiude in basso la decorazione absidale (ROGERIUS
REX EGREGIUS PLENIS(sic) PIETATIS / HOC STATUIT TEMPLUM MOTUS ZELO DEITATIS / HOC OPIBUS DITAT VARIIS
VARIOQUE DECORE / ORNAT MAGNIFICAT IN SALVATORIS HONORE / ERGO STRUCTORI TANTO SALVATOR ADESTO / UT SIBI
SUBMISSOS CONSERVET CORDE MODESTO: ANNO AB INCARNATIONE DNI MILLESIMO CENTESIMO XLVIII / INDCTIONE XI
ANNO V REGNI EJIUS XVIII / HOC OPUS MUSEI FACTUM EST) ci informa su alcuni dati essenziali riguardanti i
mosaici. Contrariamente a quelli contigui delle pareti e della crociera del presbiterio, irti di
problemi tuttora aperti, quali la loro datazione con conseguente definizione stilistica, i mosaici
absidali non presentano invece da parte loro grossi aspetti storico-critici. Certa risulta infatti la
cronologia e concorde il giudizio sulla loro identità stilistica.
Archiviata la cervellotica e del tutto infondata tesi, sostenuta dal Bottari e dal Samonà (Bottari S., I
mosaici della Sicilia in «Emporium», 91, 1940 pp. 53-62; Samonà G., Il duomo di Cefalù,
Monumenti italiani, Roma, 1940, pp. 39-40), secondo la quale gli attuali mosaici absidali della
Cattedrale di Cefalù non sarebbero quelli ai quali si fa preciso riferimento nell’iscrizione riportata,
ma successivi e del XIII secolo, va ribadito invece che il complesso musivo, eseguito per espressa
volontà di Ruggero II, è databile con certezza fra il 1132, anno della fondazione della cattedrale
(per i documenti essenziali riguardanti la fondazione e l’erezione della cattedrale di Cefalù cfr.
Demus O., The Mosaics of Norman Siciliy, Londra,1945, pp. 4-5), e il 1148, secondo l’inoppugnabile
testimonianza fornita dall’iscrizione. È probabile però che i mosaici furono iniziati intorno al 1145,
in relazione cioè alla già ricordata decisione di Ruggero di destinare la cattedrale di Cefalù alla sua
sepoltura, o meglio alla sua doppia sepoltura. Con ogni probabilità, com'è stato notato, l’originario
programma iconografico della decorazione musiva doveva riallacciarsi all’ideologia imperiale di
Ruggero tanto presente nelle manifestazioni artistiche e nei documenti legati al suo regno.
Sennonché tal piano dovette subire variazioni sostanziali nella fase successiva al grande intervento
ruggeriano. Come si sa, alla sua morte (1154) i lavori architettonici e musivi del cantiere cefaludese
s’interruppero per essere ripresi ad una data che è tuttora oggetto di vivace dibattito fra gli
studiosi, i quali indicano o il decennio 1160-1170 o il 1215 circa.
Dopo la lettura del Lazarev, è convincente riportare il significato dell’attuale programma
iconografico, comprendente la decorazione dell’abside e soprattutto del presbiterio,
all’esaltazione dell’Eucaristia. Lo testimoniano in maniera particolare le figure
diAbramo e Melchisedech che sono in stretto riferimento con il sacrificio di Cristo e con l’ultima
cena, avvertendo però che è alquanto plausibile pensare che nella seconda fase dei lavori si ebbe
forse un cambiamento nel piano iconografico che da imperiale, ruggeriano, divenne ecclesiastico.
In questo secondo piano venne a confluire anche quella pagina, costituita dai mosaici dell’abside,
che originariamente doveva essere il nucleo del piano iconografico imperiale voluto da Ruggero a
degna cornice per il suo “doppio” sarcofago. Come gli imperatori bizantini, anche Ruggero II
amava investire la doppia natura di Cristo delle ispirazioni legate al proporsi come Rex e Sacerdos.
Nell’abside di Cefalù le allusioni alla doppia natura di Cristo come Dio e come Uomo sono
solennemente affermate tanto nell’iscrizione FACTUS HOMO FACTOR…, sopra riportata, quanto nella
rappresentazione della corte celeste (gli arcangeli) e umana (Madonna, evangelisti, apostoli),
alludente al potere di Cristo celeste e insieme terrestre. In armonia con questo programma,
risultante affine a quello ruggeriano dellaCappella Palatina a Palermo, è stato supposto che la
decorazione della probabile volta a botte, precedente a quella dell’attuale crociera, poteva ben
rappresentare schiere angeliche, e giustamente si è insistito sul loro puro carattere bizantinoconstantinopolitano.
Dopo i recenti restauri quei giudizi critici trovano ulteriore conferma. Una serie di osservazioni di
carattere tecnico, raccolte dai restauratori durante le varie fasi d’intervento, permette di chiarire
che anche sotto il profilo delle modalità tecnico-formali i mosaici absidali di Cefalù si ricollegano
strettamente ai complessi bizantini dell’orbita costantinopolitana mentre si differenziano alquanto
altri mosaici della Sicilia Normanna.
L'analisi dei mosaici a distanza ravvicinata ha permesso di rilevare che la trama musiva è minuta e
curata, compatta al punto da ridurre al minimo gli interstizi fra tessera e tessera, che le tessere
sono regolari, di forma tendente al quadrangolare e piuttosto piccole. Persino nella colossale ma
elegante figura del Pantocratore le tessere non superano che raramente i dieci millimetri per lato.
Da sottolineare poi l’uso di tessere di madreperla, probabilmente raro anche nel mondo orientale
dove il caso più noto dopo il VI secolo è rappresentato dai mosaici degli Omayyadi, e il colore
ambrato invece del più usuale colore verdastro del vetrino sul quale è depositata la foglia d’oro o
d’argento. Inoltre, dopo le varie operazioni di pulitura e d’integrazione, i mosaici possono essere
apprezzati meglio in tutti i loro delicati valori ed equilibri formali, soprattutto in quelli di carattere
cromatico e luminoso, cosicché appaiono ancora più idonei, qualora fosse sussistito qualche
dubbio, ad essere definiti il complesso bizantino più greco della Sicilia.
A confronto, infatti, dei contemporanei mosaici di Santa Maria dell'Ammiraglio (1143-1151) e di
quelli ruggeriani della Cappella Palatina a Palermo (1143-1154), i mosaici absidali di Cefalù
incarnano più intimamente e strutturalmente l’ideale di sublime decantazione formale propria
della più alta e maggiore pittura comnena: da Dafni (seconda metà dell’XI secolo)
a Gelati in Georgia (circa 1130), daKiev (San Michele, circa 1108) alla Deesis della tribuna
meridionale di Santa Sofia a Costantinopoli, dalla tormentatissima cronologia ma certamente
paradigmatica per gli ideali formali del periodo comneno.
A Cefalù i ritmi lineari sono puri e organici, raffinata la gamma cromatica che ama accostamenti ed
esiti ricercatissimi e preziosi, assenti i colori violenti e netti (prediletti invece nei mosaici di Santa
Maria dell’Ammiraglio), nobile l’imposto delle figure ieraticamente rappresentate sul fondo aureo.
Tutti questi valori – è opportuno ricordarlo – erano largamente appannati, ma già speditamente
leggibili prima degli attuali restauri. Mentre infatti tutti gli altri complessi della Sicilia normanna
sono stati rivisitati e deturpati a più riprese da pesanti interventi di restauro, i mosaici absidali di
Cefalù sono gli unici di quel complesso, unitamente a quelli della crociera, ad aver mantenuto
pressoché intatto il loro assetto originario. Situazione eccezionale se si considera quanto invece
pesi la mano di Vincenzo Riolo nei contigui mosaici del presbiterio. Il successivo intervento subito
dal complesso cefaludese risale al 1919 circa e riguardò principalmente il consolidamento
dell’edificio. È probabile che si devono a questi restauri del secondo decennio del secolo i ritocchi,
alcuni dei quali risultano veramente inspiegabili, soprattutto che, dopo la pulitura, sono emersi
particolari che la polvere e i ritocchi cui si accennava avevano spento, imbrattato e accecato.
Due risultati sono degni, in particolare, di essere resi noti. Con la pulitura è emerso il fondo
argenteo della croce gemmata del nimbo di Cristo cosicché si è ripristinato il giusto rapporto fra il
volto del Pantocratore e il fondo d’oro grazie, appunto, alla trama leggera ed argentea della croce.
L’altro brano che ha ritrovato il suo originario equilibrio riguarda la tunica del Cristo. Precisamente
nella parte destra si era provveduto non solo ad offuscare le tessere ripassandole con vernici
colorate, ma si era giunti ad alterare la morfologia dell’abbigliamento inventando una striscia
scura a mo’ di laticlavio. Rimossi le vernici e i colori inspiegabilmente sovrapposti, sono rispuntate
le tessere verdi e argento che conferiscono nella zona interessata il loro originario, raffinatissimo
tessuto linearistico-luminoso. Per il resto i vari e diffusi interventi di restauro non hanno sortito
effetti macroscopici.
DUOMO DI MONREALE
Concetti base:

1172-1086

Voluta da Guglielmo II

Pianta basilicale con ampio santuario triabsidato

Ricca decorazione esterna dal vibrante cromatismo

Esteso ciclo musivo absidale dall’anomala disposizione delle figure

Nei mosaici narrazione continua e stretta connessione con le architetture he li ospitano

Iconografie che celebrano il sovrano normanno

Multiforme apparato decorativo nell’edificio e nel chiostro
La costruzione del grande tempio venne avviata nel 1174 e terminò nel 1267. Esso venne
concepito dapprima come chiesa dell'annessa abbazia territoriale benedettina, indipendente
dalla cattedra di Palermo. Nel 1178, l'abate Guglielmo ottenne che fosse eretta l'arcidiocesi
metropolitana di Monreale e la chiesa abbaziale ne divenne la cattedrale.
Nei secoli successivi alla costruzione, la cattedrale subì alcune modifiche.
La cattedrale di Santa Maria Nuova si trova nel centro storico di Monreale, adagiato sulle pendici
del monte Caputo.
La facciata, prospiciente una piazza quadrangolare, è stretta fra le due torri campanarie, delle
quali quella di sinistra rimasta incompiuta al primo ordine. L'ingresso è preceduto
dal portico settecentesco, in stile barocco, che si apre sull'esterno con tre archi a tutto
sesto poggianti su colonne tuscaniche; al di sotto di esso, vi è il portale, chiuso da due
battenti bronzei, opera di Bonanno Pisano e risalenti al 1185-1186. Nella parte superiore della
facciata, terminante con un basso timpano triangolare, si apre una monofora ogivale incorniciata
da una decorazione ad archetti ciechi intrecciati fra di loro. Lungo il fianco sinistro della cattedrale,
vi è il portico più antico, edificato su progetto di Giovanni Domenico Gagini e Fazio Gagini tra
il 1547 e il 1569. Esso, in stile rinascimentale è coperto con volta a crociera e si apre sull'esterno
con undici archi a tutto sesto poggianti su colonne corinzie. In corrispondenza dell'arcata centrale,
che è sormontata da un tondo in terracotta invetriata raffigurante la Madonna col Bambino, si
apre un secondo portale, i cui battenti bronzei furono realizzati intorno al 1185 da Barisano da
Trani. L'esterno, modificato nei secoli XVI e XVIII, nell'area absidale conserva intatta l'impronta
normanna ed è ornato a vari disegni formanti una serie di archi di pietre bianche e nere con cerchi
al di sotto, assai ben combinati e disposti tra loro. La decorazione delle tre absidi, caratterizzata
dal fitto intreccio di archi acuti, evoca atmosfere arabeggianti esaltate dalla decorazione policroma
creata dall'alternanza di tarsie di calcare e di pietra lavica.
Il vasto interno della cattedrale ha pianta a croce latina con transettopoco sporgente che di fatto è
una continuazione ai lati del presbiteriodelle navate laterali. Le navate, terminante ciascuna con
un'absidesemicircolare, sono divise da colonne antiche con pulvino e capitellianch'essi antichi con
clipei di divinità che sostengono archi a sesto acuto di tipo arabo. I soffitti sono a travature
scoperte dipinti nelle navate e a stalattiti di tipo arabo nella crociera, quest'ultimi rifatti
nel1811 dopo un incendio che aveva distrutto parte del tetto. Il pavimento, completato nel XVI
secolo è musivo, con dischi di porfido e granito e con fasce marmoree intrecciate a linee spezzate.
Il presbiterio, rialzato di alcuni gradini rispetto al resto della chiesa, occupa interamente l'area
della crociera, nella quale è cinto da transenne neogotiche, e dell'abside maggiore. Ospita, nella
crociera, su due file gli stalli lignei del coro, in stile neogotico e, sotto l'arco absidale, contrapposti,
il trono reale e la cattedra episcopale. L'altare maggiore barocco è una raffinata opera del 1711,
eseguita dall'argentiere romano Luigi Valadier. Le pareti del capocroce e della navata centrale
sono, superiormente, rivestite da mosaici di scuola bizantina a fondo oro, eseguiti tra il XII e la
metà del XIII secolo da maestranze in parte locali e in parteveneziane, formatesi alla scuola
bizantina. Questi mosaici raffigurano storie cicliche dell'Antico e del Nuovo Testamento; nel catino
absidale mediano è la colossale figura del Cristo Pantocratore.