Esiste una filosofia pagana?

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Esiste una filosofia pagana?
©2009 di Aldo C. Marturano
Dai remotissimi tempi della sua apparizione sulla Terra l’uomo è affannato da una grande
preoccupazione: Non riesce a prevedere il proprio futuro! L’angoscia sua maggiore è che l’unica
cosa che conosce per certa è che dal suo percorso temporale e corporale che si chiama vita… non ne
uscirà vivo! Come fare a godersela allora, se non può programmarla? Sa benissimo che, se
conoscesse in anticipo quando morirà, potrebbe pianificare meglio ogni sua azione per usufruire dei
risultati più favorevoli per lui e per i suoi rampolli. Così si arrabatta in tutti i modi per acquisire una
tale facoltà… E tuttavia non c’è scelta. Questo è il mondo dov’è nato e dove vive e qui c’è la
soluzione, ammesso che se ne trovi una soddisfacente, e di qui nasce la sua assillante indagine della
natura.
Dobbiamo però subito cambiar soggetto e dire che la natura con i suoi fenomeni fu ed è
l’oggetto di una costante osservazione, non da parte dell’uomo bensì… della donna!
Chiediamo venia naturalmente ai maschi, ma sono proprio le meticolose e curiose femmine
che nella realtà del passato fecero le tantissime scoperte empirico-scientifiche che portarono allo
sviluppo delle prime civiltà conosciute. Fu la donna a scoprire certe ciclicità inspiegabili, ma
importanti e meravigliose, che collegavano l’essere umano con il divino e il celeste. In più a lei
certamente era assegnato un posto particolare nell’universo allorché, a partire dalla luna e dalle sue
fasi, la donna s’accorse che il suo corpo che mestrua è legato al ritmo dell’astro notturno e non
come le femmine animali il cui estro stagionale invece si collega ai cicli all’astro diurno.
La donna, da buona sedentaria, inventa l’agricoltura quando in uno spazio da lei scelto e
dopo aver registrato i cicli solari in cui il l’astro sorge e tramonta a volte più caldo e a volte più
freddo, si pone a seminare e riseminare le piante che danno frutti commestibili senza dover faticare
a cercarle in più punti nella foresta. In fondo questo era il suo primo scopo: procurare il cibo e i beni
materiali per i propri bisogni e per quelli del suo bimbo.
Naturalmente non staremo qui ad elencare tutti i progressi civilizzatori femminili e diciamo
subito che a poco a poco la femmina umana accumula la conoscenza che le darà modo di
interpretare la realtà. Classificare i fenomeni che le passano davanti agli occhi diventa la sua
occupazione maggiore e si convince che quanto accade intorno a lei sono eventi ciclici che si
ripetono solitamente con gli effetti finali sempre uguali. Soltanto osservare però non serve, se
quanto si vede non viene sfruttato per il personale tornaconto, e così inizia anche ad intervenire
negli eventi cioè sperimenta come può (e se può) modificarli e cioè trasformarli in altri diversi. Il
suo modo di osservare e sperimentare è abbastanza rigoroso, sebbene irto di pericoli, ossia è il
metodo dei tentativi ripetuti o trial-and-error! Utilissimo per la sopravvivenza, giustamente sarà
presente nelle “istruzioni per vivere” date ai propri figli: Prova così! Se non va, riprova in altro
modo… e così via, finché ti riesce! Di qui un’altra applicazione pratica prettamente femminile: Il
linguaggio articolato! E’ la donna che l’inventa da custode del sapere giacché con questo nuovo
mezzo che le permette di spendere pochissima energia comunica parlando nello stesso momento in
cui il resto del corpo è occupato a far altro!
A parte quest’ultimo inciso, il metodo di trial-and-error porta alla conclusione che, se di un
processo che si svolge se ne sa l’andamento, lo si può sfruttare o evitare, a seconda dei casi,
perché… si conosce già l’esito finale! In altre parole la donna scopre la causalità secondo cui, se si
agisce su un evento verificatosi in passato e sul quale abbiamo tentato con successo degli interventi
diretti per gestirlo a nostro vantaggio, ripetendo la stessa sequenza di azioni s’otterrà l’effetto noto
desiderato.
Il principio di causalità nella società europea antica è possibile che si sia affermato nella
sua propagazione filosofica proprio a partire dal VI sec. a.C. con Talete di Mileto il quale, usando la
causalità, fece le scoperte astronomiche che lo portarono a prevedere le eclissi solari. Tuttavia la
regolarità dei fenomeni celesti non corrisponde all’osservazione e alla sperimentazione terrena in
cui si nota che tentando in tutti i modi di applicare la causalità per favorire l’intervento umano sulla
natura a volte si fallisce nell’intento. Qualche fenomeno infatti, sebbene si fossero ripetute eguali
tutte le fasi che l’esperienza aveva insegnato, dava esiti inaspettati. Addirittura sembrava a volte che
l’anomalia fosse la conseguenza del comportamento di una data persona o di un dato gruppo di
individui!
E non basta! C’erano eventi improvvisi e inevitabili, di fronte ai quali si rimaneva
esterrefatti: Un terremoto, un’epidemia, un’inondazione sconcertano e impauriscono, non avendo
potuto per di più prevederli né avendo alcun mezzo (talvolta ancor oggi) per contenerli!
Come giustificare una natura così capricciosa e a volte ostile? Semplicemente e logicamente
immaginando che nell’universo ci siano degli enti invisibili che suscitano le eccezionalità forse allo
scopo di osservare le nostre reazioni e naturalmente, molto più potenti di noi, possono persino
crearne delle nuove senza tener conto dei nostri desideri e della nostra fragilità!
Come difenderci da loro? Abbiamo due possibilità: O studiamo più e meglio la natura e
troviamo il punto in cui intervenire o altrimenti, riconosciuta la nostra impotenza, cerchiamo a chi
rivolgerci per un aiuto efficace in cambio della nostra servitù.
Esiste però una terza possibilità… E qui temiamo di dire una grossa banalità! Si può
ricorrere alla più grande risorsa (consolatoria) umana che è la Fantasia ossia l’arte di immaginare
cose che non ci sono, scavando dal materiale esistente nel nostro archivio mentale. Probabilmente
proprio questa facoltà ci distingue dagli altri viventi e ci stimola a sentirci superiori giacché solo
l’uomo possiede l’arte di trasformare la fantasia in ipotesi e teorie sul futuro, salvo modificarle non
appena l’esperienza o una nuova ondata di fantasia gli suggerisca di farne delle nuove. E ciò non è
forse in parole più povere sognare di prevedere? Se ci sono dei segnali (ma anche informazioni
“riservate” raccolte e tenute “segrete”) che la teoria si verifichi (seppur parzialmente) nei fatti
concreti, vuol dire che il futuro alfine è conoscibile. Aggiungiamo che proprio su questi
ragionamenti si fondò il potere elitario della prima casta sacerdotale mesopotamica che si pose al
vertice della prima società umana organizzata oltre cinque millenni fa…
A parte ciò avvertiamo il nostro lettore che quanto detto finora non sono nostri arbitrari
arzigogoli, ma idee che circolavano in tutta Europa e nel Vicino Oriente o, per quel che riguarda il
Paganesimo slavo-russo, deducibili da vari documenti. In primo luogo c’è il famoso Stoglav, un
manuale messo insieme nel 1551 contro lo strapotere della Chiesa Russa al momento della
formazione dell’Impero Russo da parte di Giovanni IV di Mosca, in cui in una specie di
penitenziario si trovano le misure da applicare sui “sudditi pagani” dopo averli interrogati sulle loro
non cristiane abitudini di vita. Poi ci sono le interviste (in gran parte inquinate) rilasciate da
referenti sedicenti Vecchi Credenti (Staroobrjadcy o Starovery) o dai loro discendenti e dagli scavi
archeologici fatti nei loro cimiteri e infine i vari riferimenti in alcune cronache lettoni e lituane.
Naturalmente le informazioni sono molto manipolate e troppo lontane nel tempo e, visto che
la civiltà pagana nordica è basata sulla tradizione verbale, abbiamo forti dubbi di riuscire a
descrivere una situazione esistita realmente. Per di più nel secolo scorso, dopo indagini accumulate
da anni di ricerca “filosofico-scientifica”, si è giunti alla conclusione che in realtà il concetto di
causalità (e quello strettamente correlato di Riproducibilità dei fenomeni ossia: Rispettati e
riprodotti tutti gli elementi e gli stadi successivi di un processo naturale che porta ad un certo
evento, quest’ultimo si ripete tale e quale) non è valido in modo assoluto!
La natura è strutturata in modo da evolvere (ossia di mutare nel tempo) e gli eventi perciò
non si ripetono mai uguali a se stessi e appaiono immutati solo ad un occhio grossolano
scientificamente non armato. In altre parole, seppur in maniera lentissima e quasi impercettibile,
una piccolissima costante percentuale di diversità accompagna i processi naturali che noi
osserviamo e così quanto vediamo in questo istante è sempre un po’ diverso da quanto abbiamo
osservato prima.
Una tale concezione relativistica ci mette in grande imbarazzo perché, accettandola (essa
d’altronde è vera per il momento), l’ignoranza del futuro diventa vieppiù spaventosa e la poca
sicurezza che avevamo raggranellato di prevederlo ci crolla interamente addosso. Se ci eravamo
illusi che nell’“adesso” c’erano i segni di che cosa avveniva nel “dopo”, con la relatività ciò non è
più possibile. Non solo! Decade ogni concetto di perfezione, di immutabili leggi fisiche, di etica
universale etc. etc.
Che fare? La nostra ricerca sul Paganesimo fondata sulla causalità e sulla riproducibilità dei
fenomeni richiede a questo punto un’inversione di direzione di 180° poiché l’indagine condotta è
partita da un modo di vedere che non c’è più ed è in grandissima parte… falsa! Le considerazioni
raccolte impregnate da secoli di dominio del pensiero cristiano non è provato che rispondano ai
punti di vista pagani, ma è certo invece che rispondano esclusivamente a quelli… cristiani!
In altre parole la cultura inculcataci sin dalla scuola di base ci costringe a prendere per vero
quanto trapela dagli osservatori cristiani che ci hanno preceduto e i contenuti originali invece ci
sono nascosti. Alla fine, invece d’indagare sul Paganesimo, abbiamo divagato su come lo
percepivano i cristiani e gli aspetti particolari del pensiero o della filosofia della vita o dei rapporti
di potere che il Paganesimo creava o appoggiava, sono rimasti nella nebbia.
C’è pure un’altra questione: Come mai la relatività dei processi naturali, se già esisteva in
natura, si è resa scopribile soltanto nel XX sec.? E come mai non è saltata agli occhi della
meticolosa osservazione della donna per migliaia di anni? Non è vero al contrario che i pagani
sapessero di quell’aspetto minimo e vagamente incerto, ma così evidente e scontato, che si mostrava
nei fenomeni naturali e che oggi sembra la grande scoperta filosofica di A. Einstein?
Vediamo di chiarire meglio la situazione giacché a noi sembra che qualcosa sia stato
occultato da un astratto e perverso dogmatismo.
Per il Cristianesimo Dio è l’unica ed evidente causa prima di ogni fenomeno terreno e di
conseguenza ogni oggetto creato agisce su un altro oggetto secondo un ordine da lui prestabilito (la
causalità) cosicché l’universo è un tutto armonioso, ben ordinato e ben funzionante, ma non
modificabile dall’uomo. E’ la machina per eccellenza che funziona regolarmente e continuerà a
funzionare… finché Dio lo vorrà! Certo, si può investigare per conoscerne le leggi naturali, ma si
deve farlo soltanto allo scopo di capir meglio come avvicinarsi al Creatore.
Questo da un punto di vista filosofico. Da quello pratico-economico tale concezione,
culminata addirittura con la dottrina dello sfruttamento marxiano della natura, ci fa credere che Dio
abbia creato il mondo e lo abbia poi “regalato” all’uomo affinché ne faccia quel che vuole, per la
gloria del Creatore! L’uomo può appropriarsi dei frutti che spontaneamente gli arrivano o se li
procurerà dalla natura attraverso le sue fatiche e la sua intelligenza, purché ogni bene conseguito sia
una ricchezza da condividere con gli altri! Tuttavia non è l’uomo qualsiasi a decidere della
distribuzione delle ricchezze del mondo, visto che tutto appartiene ed è stato creato da Dio, ma una
classe elitaria (maschile) alla quale Dio ha affidato il governo degli uomini e il compito di dividere
le ricchezze con equità (parola molto ambigua!). La vita umana così non ha gran significato in sé,
se non quello d’essere il percorso temporale in una “valle di lacrime” di un corpo (con un’anima
che lo guida) verso la morte, sotto lo sguardo minaccioso e severo dell’élite al potere (secolare e
“spirituale”). Una parte dell’uomo però non muore: l’anima! Essa lascia il corpo e, a seconda di
come Dio ne giudicherà l’operato (il giudizio divino è assoluto, inappellabile, misterioso e
indefinibile e fuori delle possibilità sensoriali umane), viene rinchiusa nel Paradiso dove godrà di
una beatitudine eterna oppure avviata verso il fuoco eterno, se le “offese a Dio” (i peccati) e ai suoi
rappresentanti terreni sono state troppo grandi (il Purgatorio, verrà inventato nel corso del medio
Medioevo). Anche queste situazioni di beatitudine e di tormento eterni rimangono naturalmente
misteriose ed inconcepibili dalla mente umana, ma ciò è logico giustappunto perché ci sono delle
cose che l’uomo non capirà mai ossia i dogmi custoditi gelosamente dalla Chiesa.
Il Cristianesimo s’impadronisce persino del futuro dell’uomo, ravvisando che esso è nelle
mani di Dio e che qualsiasi cosa succeda rientra nei fini imperscrutabili delle sue decisioni divine.
Ammesso che sia così, che ne facciamo della meraviglia incondizionata di fronte all’imprevisto,
all’anomalia naturale, al fenomeno non causale? Nessuna paura! Sono interventi di Dio punitivi
oppure risolutivi, se mediato dalla “santità”, e si chiamano miracoli.
Naturalmente lo studio della natura (e delle sue anomalie) non si arrestò, ma le conoscenze
accumulate non furono più propalate, come si era normalmente fatto nella tradizione pagana
classica, e le “soluzioni dei problemi straordinari” diventarono il know-how di pochi giacché la
Chiesa ebbe un controllo totale dell’insegnamento… Ogni nuova scoperta rimaneva la prova del
mistero del destino umano e del cosmo stesso, ma sempre a gloria di Dio.
Quante volte si sottolinea che già nel passato biblico il mondo aveva subito l’ira di questo
Dio geloso perché l’uomo non aveva seguito le regole di umiltà verso il suo Creatore e aveva
tentato di intervenire con le proprie forze violando la natura? E’ anche vero che Dio dopo il Diluvio
Universale si era riappacificato con Noè con un patto e aveva promesso di non intervenire più in
maniera globale purché l’uomo si comportasse in conformità coi dettami che Dio stesso aveva
passato prima a Mosé e poi rafforzati con il Cristo. Quest’ultimo, a sua volta, aveva istituito il suo
Vicariato in Terra cioè la Chiesa e le sue gerarchie a guardia del patto eterno. In pratica Dio si
riservava di intervenire (in modo parziale?) ogni qual volta individuasse qualcosa che, a suo
esclusivo giudizio, non andava nelle cose del mondo.
E a tutto questo Dio ha deciso di porre fine un giorno quando il cosmo si distruggerà con
l’avvento del Giudizio Universale… Addirittura nel mondo cattolico lo spaventoso evento
(dubitiamo ancor oggi che ciò sia un ineluttabile esito!) sarebbe dovuto avvenire nell’anno 1000
d.C., mentre per gli ortodossi era atteso nel 1492 d.C. cioè nel 7000 dopo la Creazione (secondo il
computo degli anni ortodosso). E’ un punto importante per la questione cosmologica cristiana nella
realtà medievale perché la minaccia della distruzione del mondo veniva fatta passare come un
evento realissimo e costantemente incombente. La Chiesa riuscì a costruire un castello di paure (che
tuttora ci perseguita) per la gente di cui la maggiore e fondamentale fu quella di morire “in peccato”
e di andare a finire all’Inferno, salvo che non ci si fosse affidati alla “santa mediazione” della
“dottrina”.
Ci scusiamo col nostro lettore se abbiamo condensato in modo semplice e troppo conciso
un’enorme raccolta di elaborazioni filosofiche dei padri e dei teologi cristiani, ma speriamo di aver
descritto un modo di vedere che durò in Europa più o meno fino al XIV-XV sec. d.C. quando il
Protestantesimo e l’Ortodossia Russa cominciarono ad elaborare proprie filosofie.
E i pagani? I rapporti con loro sono come con gli animali poiché essi non sono veri uomini,
ma selvaggi seguaci del Demonio! E a proposito di culti demoniaci riportiamo qui un passo dal
libro The Great Cosmic Mother che ci sembra incisivo su questo punto: “Come è stato detto
saggiamente molte volte: Senza il Demonio, il Cristianesimo non esiste. Con il “buon” Dio sempre
ad un polo e il “cattivo” Demonio al polo opposto, la mente umana nel Cristianesimo è chiusa per
sempre in un campo di battaglia di antagonismi dualistici, senza alcuna speranza di trascendenza
ossia senza speranza di maturità. La mente cristiana rimane non sviluppata come eterna spettatrice
di una partita di calcio cosmica fra Paradiso e Inferno definiti come due squadre irriconciliabili.
Una deve vincere e l’altra deve perdere e lo spettatore non sa mai che cosa sia l’interezza.”
Come abbiamo accennato, si è scritto e si è discusso moltissimo sulla filosofia cosmologica
cristiana, ma dove cercare allora il pensiero pagano, se si mettono da parte le notizie “cristiane”
talmente fuorvianti?
Riprendiamo allora il problema delle fonti e aggiungiamo qualche altra considerazione. Gli
Slavi (a partire dal VII sec. d.C. più o meno) sono dei gruppi in migrazione da un punto all’altro
della Mitteleuropa e ciò ci porta a dedurre che dopo qualche generazione i legami culturali fra
gruppo e gruppo diventassero sempre più tenui e mescolati nelle credenze originarie dai contatti con
i popoli man mano incontrati. Le fonti scritte più numerose del V e VI sec. d.C. parlano poco dei
costumi slavi e delle credenze della gente minuta, almeno come noi vorremmo. Procopio ci dice che
il dio maggiore è quello del cielo, del tuono e del fulmine che, da altre fonti, possiamo confermare
essere Perun, ma sono notizie assolutamente frammentarie e difficili da estendere a tutti gli Slavi
dal Mar Nero al Mar Baltico per i motivi sopradetti.
Da un materiale tanto sparso nell’archeologia o nella storia comparata delle religioni, oltre
che nella folcloristica del valore della quale ci si può fidare soltanto in limitata misura, riusciamo a
disegnare, con molte esitazioni possibili, il quadro seguente che ci è sembrato abbastanza coerente.
L’uomo fa parte della natura ed è generato in modo misterioso e autonomo dal corpo della
donna, ma dopo la morte deve tornare alla Madre delle Madri ossia alla dea Madre Umida Terra nel
mondo sotterraneo (grembo della dea) dove tutto si rigenera. Qui finiscono senza scampo tutti gli
esseri viventi (e non viventi) alla fine dei propri cicli vitali e da essi la Terra ne ricava la materia per
nuove creature.
I cicli si ripetono senza fine perché l’universo funziona così! A volte sui cicli intervengono
forze naturali invisibili e sconosciute che li sconvolgono causando, ad esempio, la malattia oppure
istigando l’uomo alla perversa uccisione del proprio simile o conducendolo alla morte in guerra o
provocando, addirittura, quel che oggi chiamiamo incidente fortuito giacché il caso come tale non è
previsto in questa filosofia. L’universo è popolato da queste forze che nel mondo slavo sono
classificate in favorevoli e ben note o Forze pure (C’istye Sily) e in altre che hanno atteggiamenti
variabili nei confronti dell’uomo chiamate invece Forze Impure (Nec’istye Sily). In certi frangenti
l’uomo o ne subisce le vicissitudini passivamente oppure impetra il loro favore o ancora riesce a
mettere le une contro le altre. Se vuole può ricorrere persino all’aiuto degli dèi, ma qui l’impegno
rituale è molto più grande.
L’arma dell’uomo infatti è il rito che deve essere eseguito con grandissima precisione, pena
l’insuccesso e la morte! I riti sono stati fissati in tempi antichissimi dagli antenati e non possono
essere cambiati e sono gli scongiuri, l’uso di talismani, i gesti apotropaici, le rune… e per essere
sicuri di riuscire nell’intento occorre rivolgersi a chi li conosce e li sa eseguire.
Naturalmente l’intervento in prima istanza, diciamo nel privato della propria casa, è il
ricorso agli antenati che, a giudizio della gente slava, è comunque il migliore e il più diretto modo
per opporsi alle forze ostili invisibili. Questi antecessori, meglio conosciuti col nome di Navii, sono
i tramiti più vicini agli dèi anche perché essi stessi sono divinizzati e le loro intenzioni verso di noi
in qualità di parenti (veri o totemizzati) non possono che essere benevole (a meno che non abbiano
con noi dei vecchi rancori).
A questo proposito riportiamo qui un rito particolare e unico, sicuramente derivato dai
contatti dei Russi con gli Ugrofinnici, dell’uso dell’ubrùs. Oggi è un fazzoletto per coprire la testa
alle donne, ma una volta era il sudario nel quale veniva avvolto il teschio dell’antenato che, come
richiedeva l’uso, era stato riesumato dalla tomba dopo esservi giaciuto per 3, 5 o 7 anni. Il teschio
ben pulito era posto nell’angolo “sacro” della casa contadina e ad esso si poteva parlare e chiedere
ogni aiuto.
I riti non escludono comunque che l’uomo abbia il dovere d’investigare nuovi espedienti
possibili atti ad interfacciarsi e a difendersi da solo nella natura di cui resta parte indissolubile, per
non importunare i potenti del mondo invisibile continuamente.
La credenza nell’intervento degli antenati dal mondo dei morti in quello dei vivi presuppone
credere nell’esistenza dell’anima, ma in un ciclo di rinascita continua. Si crede infatti che tale
essenza vitale (d’altronde tutti gli esseri viventi ne hanno una) dopo la morte del corpo ospite passi
senza fallo in un altro corpo vivente (umano o d’altro essere, anche non vivente, come l’intendiamo
noi oggi). Una prova di questo vagare dell’anima è che le sue trasmigrazioni accadono anche nei
corpi ancora in vita. A volte essa lascia il corpo del dormiente o dell’ebbro per ingestione di
bevande alcoliche o di sostanze allucinogene e vaga. Tuttavia, come abbiamo visto, torna pure dal
mondo dei morti, benché per pochi attimi o anche per periodi più lunghi, ma limitati. La si vede nei
sogni sotto le fattezze di conoscenti o di parenti a noi ben noti! D’altro canto non avviene
esattamente la stessa cosa negli animali e nelle piante? Il gatto non sogna forse? E la mimosa
quando dorme forse non sogna? Se provassimo a chiedere (e le Cronache e le byline ci dicono che
ci fu chi lo faceva) a questi esseri delle loro visioni, di certo ci racconterebbero cose meravigliose…
Le separazioni fra la morte e la vita e fra le abitazioni degli dèi e quelle degli uomini, sono
soltanto provvisorie, probabilmente dovute all’incapacità dell’uomo a compiere grandi viaggi senza
un aiuto divino. L’uomo di sicuro visiterà questi mondi da morto e potrebbe farlo anche da vivo,
tramite speciali procedure sciamaniche, ma, poiché non ha alcun diritto di disturbare gli ordini
precostituiti, non può usare da vivo di queste facoltà secondo il proprio arbitrio.
Gli è concesso finché abita nel mondo dei vivi di procurarsi il cibo per sopravvivere e tutto
quanto serve per mantenere la propria comunità. La caccia, l’agricoltura, la pesca, la raccolta nella
foresta, la migrazione, il lavoro etc. devono però essere attività concordate con gli altri esseri
viventi ai quali occorre continuamente chiedere il permesso e saranno essi stessi a decidere di
concedere all’uomo di consumare la loro carne, di scavare nel loro corpo (minerali) allo stesso
modo in cui l’uomo offre se stesso in sacrificio agli elementi nei casi prescritti.
Qual è allora il significato intimo della vita? Viverla così com’è, magari alla ricerca di un
futuro per sé e per i propri discendenti sempre più audace ed emozionante, ma senza inutili pretese.
Variare la durata della vita o porre altre condizioni oltre a quanto è stato concesso dagli dèi sin dalla
nascita, non è permesso! Come si capisce per principio non c’è spazio nelle comunità slave (molto
poco individualiste) per la persona più dotata delle altre o all’esagerata longevità!
Oltre le Forze Invisibili inferiori agli dèi veri e propri, non esisteva a quanto ci consta un
Olimpo con la sua gerarchia di divinità e con un capo o un Padre di tutti gli dèi, com’era nel
Paganesimo greco-romano o nella Mitologia Cristiana. Notevole per questo Paganesimo è che
l’universo tutto intero è un prodotto che si rinnova “annualmente” dopo la lotta fra il dio del cielo,
padrone della folgore, e il dio del mondo sotterraneo o della ricchezza materiale (bestiame sulla
terra oppure tesori di vari tipi sotto terra). All’aspra tenzone, apparentemente inerte e disinteressata,
assiste la dea Madre Umida Terra sebbene nel suo grembo siano custodite appunto le ricchezze che
alla fine della lotta cosmica saranno rimesse a disposizione! Questo ci suggerisce che un dio
massimo slavo un tempo c’era stato e, dal raffronto con le altre realtà culturali ugrofinniche e
turche, era probabilmente una dea, forse proprio la stessa Madre Umida Terra, a capo di una Triade
fondamentale con i due dèi sopradetti. E ciò non è forse l’indizio che nel Medioevo era in corso il
fatidico passaggio dal Matriarcato al Patriarcato nella società slava? Ci sembra che sia un punto
da sottolineare giacché la “transizione” ci consente un punto di vista un po’ diverso nella nostra
analisi sul Paganesimo. D’altronde non passò inosservata e, benché di sfuggita, fu notata dai
contemporanei cristiani (Jordanes, Maurizio) e dai viaggiatori musulmani che frequentavano la
Terra Russa già prima del IX sec. d.C.
Nella storiografia tradizionale sovietica troviamo invece la presenza di un dualismo
filosofico-religioso slavo che, a nostro avviso, è un concetto ancora una volta cristiano ed estraneo
al Paganesimo che è olistico e non divide mai il mondo in parti separate né tanto meno poste l’una
contro l’altra. Il Paganesimo difende l’interezza dell’universo, dove non ci sono opposti, ma
soltanto diversi e intermedi fluenti fra una diversità e l’altra… Insomma, sebbene i contatti col
mondo iranico e giudaico, portatori principali dei dualismi, siano stati intensi, le influenze
dualistiche sono posteriori alla cristianizzazione del X sec. d.C. e nei riti funebri slavi non v’è alcun
segno in questo senso.
E’ importante dire genericamente che il Paganesimo slavo è di tipo “contadino” ed ogni suo
rito, ogni sua manifestazione parte dai cicli naturali agricoli e ritorna in essi poiché, come dice lo
storico J. V. A. Fine jr. riferendosi agli Slavi balcanici: “La religione … dei contadini è orientata
verso la pratica ed è rivolta in primo luogo verso i problemi del mondo reale. Ha poca o nessuna
dottrina (dogmi) e il suo interesse è principalmente, se non interamente, rivolto alle pratiche che
conseguono scopi terreni come la salute e il benessere della famiglia, le buone messi e i sani
animali domestici. E’ veramente difficile propagare un nuovo credo in questo tipo di società
attaccata già ai propri vecchi rituali che servono ai bisogni reali e, dunque, indifferente alle
religioni piene di formalità (come il Cristianesimo).”
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