Sbobinature del corso di chirurgia toracica II canale a.a.

Chirurgia toracica, Lezione 2
Prof. Santini, 22/11/2013
Grazie ad
Anna Elisa Laserra
PNEUMOTORACE
Per pneumotorace si intende la raccolta di aria nel cavo pleurico. Il cavo pleurico è delimitato dalla
pleura viscerale e dalla pleura parietale. Quest'ultima è attaccata alla parete, la quale ha una
tendenza elastica a distendersi mentre il polmone ha una tendenza a collassare. Il gioco opposto
delle due forze fa sì che nel cavo, in cui normalmente non può penetrare aria, ci sia una pressione
negativa. In situazioni patologiche in cui penetra l’aria nel cavo pleurico questo, da virtuale, diviene
reale, così il polmone “può finalmente realizzare il suo sogno”, ossia collassare.
Dal punto di vista eziologico possiamo distinguere tre tipi di pneumotorace:
- spontaneo;
- post-traumatico: può essere conseguenza di un trauma aperto, come una ferita da arma da taglio
o da fuoco, che mette in comunicazione l’esterno con il cavo pleurico per via transparietale ,oppure
può essere conseguenza di un trauma chiuso (contusivo da incidente stradale con frattura di alcune
coste, il cui moncone può andare a ledere la superficie della pleura viscerale e determinare la
formazione di una breccia con passaggio di aria nel cavo).
-iatrogeno: insorge in seguito ad una manovra diagnostico-terapeutica, come l’ago aspirato
transparietale, la toracentesi, la puntura evacuativa del liquido pleurico, cioè le azioni che possono
determinare o il passaggio di aria nel cavo o una lesione del polmone con fuoriuscita di aria
direttamente dal parenchima polmonare; ancora, ad esempio, il porth, è un serbatoio posto nel
sottocute nel quale è iniettato il farmaco antiplastico nei pazienti oncologici, per evitare di pungere
più volte le vene,ed è provvisto di un cateterino che va nella vena succlavia e poi nella cava, che
determina una lesione del parenchima polmonare e quindi uno pneumotorace iatrogeno.
PNEUMOTORACE SPONTANEO
E’ una situazione che si verifica senza causa apparente, in pieno benessere. Dal punto di vista
epidemiologico, possiamo dire che ci sono due picchi di età di insorgenza: uno intorno ai vent’anni
e uno intorno ai settanta. Questo significa che queste patologie sono probabilmente determinate da
situazioni differenti,il che ci porta a distinguere uno pneumotorace spontaneo primitivo ed uno
pneumotorace spontaneo secondario.
Il primitivo è definibile come raccolta di aria nel cavo pleurico senza causa apparente. In realtà,
però, la causa c’è, ma non c’è una grossa patologia. Il secondario, più frequente nei soggetti di età
avanzata (secondo picco), avviene in presenza di una patologia preesistente (BPCO, fibrosi
polmonare, neoplasie del polmone, tubercolosi ecc.). Qualunque sia l’eziologia, il quadro clinico è
dominato dal dolore che il paziente, classicamente, definisce improvviso, forte, acuto, trafittivo
come un colpo di pugnale. Esso è determinato dalla distensione della pleura parietale, la quale è
provvista di recettori, a differenza di quella viscerale. Il dolore, a sua volta, è causa di dispnea,
soprattutto nel paziente giovane, nel quale la dispnea non è legata all’insufficienza respiratoria
(come accade solitamente nel paziente anziano, nel quale il polmone controlaterale non è in grado
di compensare);quindi, a causa del dolore, gli atti respiratori diventano piccoli, superficiali e
frequenti. L’esame obiettivo evidenzia una riduzione del fremito vocale tattile, del murmure
vescicolare e la presenza di un suono timpanico sull’ emitorace affetto, determinato dall’aumentato
quantitativo aereo. Un reperto, seppur non frequente, è l’enfisema sottocutaneo: l’aria passa nel
sottocute e si manifesta al collo ,al viso e alla palpebre, tanto da chiudere gli occhi. Può arrivarvi
attraverso una breccia della parete, ad esempio per un trauma chiuso da moncone costale che va a
lesionare i muscoli, oppure quando vi è una bolla che dal polmone aderisce al mediastino e,
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attraverso la pleura mediastinica, sale nel grasso mediastinico. Non è doloroso né grave. La
diagnosi viene confermata dagli esami per immagini. Radiografia del torace: a sinistra c'è aria, non
c'è trama vascolo-bronchiale ed il polmone è collassato, richiuso a pugno sull'ilo.
E' importante definire se si tratta di uno pneumotorace massivo o parziale e l'entità. Vi sono vari
metodi: ad esempio,si misura la distanza tra la pleura viscerale e la parete in diversi punti e con dei
calcoli si stabilisce il volume dello pneumotorace.
E’ importante ricordare che,indipendentemente dal calcolo, dall' 1,25% al 2,2% del volume dell’
emitorace viene riassorbito ogni 24 ore. Quindi, in caso di collasso totale sono necessarie 6
settimane per riassorbire tutta l'aria, mentre per uno pneumotorace di modesta entità sono necessari
pochi giorni. Questo guiderà la scelta terapeutica.
Pneumotorace spontaneo primitivo: insorge soprattutto in soggetti giovani, longilinei, sani,
atletici (ha infatti colpito vari sportivi famosi), senza precedenti morbosi. I fattori di rischio
principali sono il fumo e l’abuso di marijuana.
SLIDE: Questa è una bleb, una bollicina che si forma immediatamente sotto il foglietto pleurico ed
è la causa di pneumotorace spontaneo primitivo. Non si sa bene quale sia il meccanismo di
formazione; probabilmente per uno sfregamento contro la pleura dei margini costali, taglienti e
sporgenti, dal momento che, nei soggetti magri e longilinei, questi non sono ricoperti da grasso.
Un’altra causa descritta più volte in letteratura è rappresentata dall’esposizione a onde sonore a
bassa frequenza ed alto livello; infatti, vi sono stati casi di giovani che, dopo aver assistito a
concerti rock posizionati in prossimità del palco, quindi degli amplificatori, hanno manifestato la
comparsa di pneumotorace nelle ore successive.
Immagine1: polmone collassato, spazi intercostali distesi, diaframma appiattito, schiacciato verso il
basso. Immagine2: diaframma scomparso, mediastino sbandato dalla parte opposta.
Questo ci porta a distinguere, dal punto di vista fisiopatologico, tre casi di pneumotorace: aperto,
chiuso, a valvola.
Chiuso: si crea una breccia, una quota di aria entra nel cavo pleurico, la breccia si chiude: il
polmone collassa, ma l’entità del collasso dipende dall’aria penetrata. La pressione è meno negativa
e dipende anch’essa dalla quantità d’aria entrata.
Aperto: la breccia non si chiude, la pressione è uguale a quella atmosferica ed il polmone collassa
completamente.
A valvola: è la situazione più grave, che qualunque medico deve assolutamente saper riconoscere:
la breccia si chiude, ma con un meccanismo a valvola che consente all’aria di penetrare ad ogni atto
inspiratorio ma non di uscire; dunque, la pressione nel cavo pleurico supera quella atmosferica, il
polmone collassa completamente, ed avviene lo sbandamento del mediastino. Ciò determina lo
schiacciamento del polmone controlaterale e l’inginocchiamento della vena cava inferiore la quale
passa nello iato esofageo ed il paziente muore per shock cardiogeno da ostacolato ritorno venoso.
Come si mette in evidenza lo sbandamento mediastinico? La trachea è normalmente in asse con il
giugulo ma, nello sbandamento mediastinico, si sposta, e questo permette di riconoscere la
situazione patologica.
Una volta fatta diagnosi di pneumotorace a valvola bisogna intervenire tempestivamente: bisogna
mettere in comunicazione il cavo pleurico con l’esterno, quindi trasformare lo pneumotorace a
valvola in pneumotorace aperto (il prof cita l’episodio di una donna colpita da pneumotorace a
valvola in aereo, salvata da due medici che utilizzarono semplicemente una penna).
Quindi, lo pneumotorace è un’urgenza chirurgica che può portare a varie complicanze:
insufficienza respiratoria (non tanto nel giovane quanto nell’anziano); perdita aerea prolungata,
in quanto la breccia rimane aperta, con formazione di cotenne di fibrina che si ispessiscono ed il
polmone non riesce più ad espandersi, rimane “incarcerato”; emopneumotorace, cioè la presenza
di sangue, oltre che di aria ,nel cavo pleurico, dovuta alla presenza di formazioni di aderenza tra
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pleura parietale e viscerale, per fattori infiammatori nel cavo, e queste aderenze possono essere
riccamente vascolarizzate, soprattutto quando si formano sulla cupola pleurica; pneumotorace
bilaterale (paziente fumatore di marijuana); pneumomediastino, ovvero aria nel mediastino.
Immagine: paziente con enfisema sottocutaneo, munito di cateterino per l'ossigeno. Perché si
somministra ossigeno? Si tratta di un “gioco” di chimica-fisica: il sangue contiene ossigeno, azoto e
anidride carbonica; l'aria contenuta nel cavo pleurico è costituita soprattutto da azoto. Il passaggio
di un gas attraverso una membrana semipermeabile è determinato dal gradiente di pressione. Noi
dobbiamo fare in modo che l'aria passi dal cavo pleurico al sangue, per questo bisogna aumentare il
gradiente di pressione tra cavo pleurico e sangue: questo si ottiene riducendo l'azoto nel sangue e,
per ridurre l'azoto, bisogna aumentare il quantitativo di ossigeno nel sangue; a questo punto, il
gradiente di azoto tra sangue e cavo pleurico si altera a favore del passaggio di aria dal cavo al
sangue; in questo modo si migliora il riassorbimento dell'aria.
Che cosa fare? Bisogna consentire la riespansione del polmone, il recupero della funzionalità
respiratoria, in maniera rapida e non dannosa, la prevenzione delle recidive, una delle più importanti
complicanze. Nel paziente che ha avuto pneumotorace c'è il 30% di probabilità che si verifichi un
secondo episodio. La probabilità aumenta con l'aumentare del numero delle insorgenze. La terapia
sarà modulata in base a diversi fattori: la natura del pneumotorace (primitivo o secondario), età del
paziente, entità dello pneumotorace, numero degli episodi, attività professionale del soggetto.
Se abbiamo un paziente giovane,con pneumotorace che non supera il 20% senza insufficienza
respiratoria, si può adottare una semplice osservazione con ossigenoterapia e riposo a letto.
Laddove abbiamo un pneumotorace aperto, con lesione di modesta entità, si può adottare la valvola
Heimlich: si tratta di un dito di guanto posto in una scatoletta di plastica, collegato ad un cateterino
che viene posizionato nel torace. Questa valvola ha la capacità di far uscire l'aria dal cavo e di non
farla rientrare. E' uno strumento molto semplice da realizzare: è sufficiente tagliare un dito da un
guanto sterile, infilare un ago nel dito ed infilare l'ago nel torace: nel momento in cui il paziente
espira, il dito di guanto consente all'aria di uscire, mentre collabisce quando il paziente inspira. La
valvola è costituita da due lamine di gomma affiancate che consentono il passaggio di aria in un
solo senso, cioè all'esterno. Per far riespandere il polmone si utilizza lo spirometro incentivante,che
stimola respirazioni violente, le quali consentono al polmone di riespandersi. La sede elettiva di
posizionamento della valvola è al secondo-terzo spazio intercostale.
In caso di lesione di calibro discreto,pneumotorace totale, sintomatico o in presenza di complicanze,
si ricorre alla toracostomia chiusa, cioè il posizionamento di un drenaggio nel cavo pleurico: è
costituito da un tubo di silicone con un'anima di metallo con cui, una volta eseguita l'incisione della
cute, si forza il passaggio attraverso i muscoli intercostali e si posiziona il tubo nel torace. La sede
elettiva del posizionamento del drenaggio,soprattutto nei pazienti traumatizzati, è il triangolo
auscultatorio, in cui si attraversano pochi muscoli, sul quarto-quinto spazio intercostale sulla linea
ascellare media ( sui libri spesso è scritto che la sede elettiva del drenaggio è sul secondo-terzo
spazio intercostale sulla linea emiclaveare, ma non si usa più perché si attraversano troppi muscoli,è
doloroso e traumatizzante).Per far riespandere il polmone si utilizza il sistema con valvola ad acqua:
l'estremità del tubo nel torace del paziente pesca al di sotto di un livello di acqua, quindi ad ogni
atto respiratorio, l'aria che sarà forzata ad uscire dal cavo pleurico, passerà attraverso il tubo e
facilmente potrà fuoriuscire dall'acqua, infatti vedremo gorgoliare l’acqua. Quando il paziente
inspira, l'acqua verrà aspirata nel tubo. Ad ogni atto respiratorio, l’aria esce ma non può rientrare e
così, pian piano, si avrà la riespansione del polmone. Questo vale se lo pneumotorace è chiuso o
aperto con lesione piccola; se la lesione del polmone è maggiore, il quantitativo di aria che
fuoriesce potrebbe essere maggiore di quella che si riesce ad aspirare con questo sistema. Quindi si
utilizza la Montenovesi, che è costituita da tre camere: una camera che funge da valvola d’acqua,
una per regolare l’aspirazione forzata ed un’altra per raccogliere le sierosità o il sangue (anche in
questo caso è sbagliato il posizionamento sul secondo spazio intercostale).
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Bisogna intervenire, invece, con un vero e proprio intervento chirurgico in caso, ad esempio, di
pneumotorace complicato, pneumotorace aperto con perdita aerea prolungata, pazienti con rischio
professionale ( sub, piloti di aereo). Al primo episodio di pneumotorace si fa un trattamento
conservativo con riespansione del polmone e chiusura della breccia; si valuta la tac del torace e si
valuta la presenza di bolle; se non vi sono bolle si effettua un follow-up a distanza. Invece, se ci
sono già stati due episodi di pneumotorace (quindi c’è maggiore probabilità di insorgenza), oppure
nei soggetti a rischio o, ancora, se al primo episodio, nonostante il drenaggio, vi è stata una perdita
aerea prolungata, si effettua l’intervento chirurgico in toracoscopia.
Filmato: questa è una bleb: in questo caso si può fare l’elisione della bleb oppure, più
frequentemente, si effettua una resezione dell’apice del polmone. Ma la cosa più importante è la
pleurodesi, cioè la sinfisi tra pleura viscerale e pleura parietale, che ha lo scopo di “azzeccare” le
pleure per impedire il verificarsi di un nuovo episodio di collasso del polmone che sarà ora adeso
alla parete. Si realizza con la cauterizzazione della pleura parietale oppure con lo sfregamento di
essa in modo da formare, attraverso l’innesco di processi infiammatori, le aderenze che le
permetteranno di aderire alle pleura viscerale.
Nei pazienti anziani con enfisema bolloso si effettuava la pleurectomia, cioè la rimozione della
pleura parietale, in modo tale che la pleura viscerale venisse in contatto con la fascia toracica,
formando delle aderenze tenaci che impedissero il formarsi di pneumotorace. Oggi, invece, si
effettua la pleurodesi con il talco.
Pneumotorace spontaneo secondario: La BPCO è una patologia estremamente invalidante che
può portare ad enfisema polmonare. E' la principale causa di pneumotorace secondario. La BPCO
riconosce la terapia medica ma esiste uno spazietto anche per la terapia chirurgica, il cui obiettivo è
trattare le complicanze, ridurre la dispnea, migliorare la qualità della vita. Tra le complicanze vi è,
appunto, lo pneumotorace.
Immagine:qui vedete il polmone estremamente iperdisteso, con bolle multiple. (All'inizio si pensava
che il torace a botte fosse la causa dell'enfisema e non la conseguenza, quindi venivano impiegati
resezioni costali per cercare di ridurre il volume della gabbia torace, oppure si interveniva per
sollevare il diaframma, pensando che portandolo su si sarebbe restituita una certa funzionalità
respiratoria al paziente. Ovviamente la situazione veniva così peggiorata. )
Lo scopo della chirurgia è, quindi, il trattamento delle complicanze,riduzione del volume polmonare
e trapianto del polmone:
-Trattamento delle complicanze (bolle): la bolla può andare incontro a diverse complicanze,che
possono insorgere anche acutamente,come la sovradistensione. Immagine: questo sembrerebbe un
pneumotorace iperestensivo,infatti abbiamo aria nel cavo pleurico, sbandamento del mediastino; si
potrebbe agire con il drenaggio e restituire la simmetria al mediastino,ma questo non risolverebbe il
problema; infatti qui abbiamo una bolla andata incontro a meccanismo di valvola
endobronchiale,per cui l'aria entra nella bolla ma non può uscire,quindi c'è una sovradistensione
della bolla. E' una delle complicanze più gravi. Inoltre la bolla può andare incontro a infezione se
comunica con l'esterno, emorragia, può rompersi e determinare la comparsa di pneumotorace;
possibile anche l'insorgenza di neoplasia. Inoltre,tramite l'intervento chirurgico, si può migliorare il
recupero elastico del polmone (è proprio l'elasticità che mantiene i bronchioli distesi; infatti
,nell'enfisema, i bronchioli tendono a rimanere di diametro ridotto sia in fase inspiratoria che
espiratoria, con aggravamento progressivo dell'enfisema) e ridurre le resistenze aeree vascolari.
Quali bolle vanno trattate chirurgicamente? Bolle che occupano il 30% del cavo pleurico ma
,soprattutto, in cui sia evidente la possibilità di recupero di funzionalità del parenchima circostante.
Il parenchima deve essere quindi “sano”. Se,infatti, andiamo a “sfruculiare” un polmone che è
completamente enfisamatoso con multiple bolle, pur resecando alcune bolle,non faremo altro che
rendere le altre situazioni bollose peggiori. Ma, se il parenchima circostante è compresso (in questo
caso sarà d'aiuto l'angio tac , la tac con mezzo di contrasto,che mette in evidenza la compressione
dei vasi da parte della bolla ) la resezione della bolla consentirà ai vasi compressi di riprendere la
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loro forma arborea e funzionalità. Quindi il paziente da trattare chirurgicamente è il paziente con
bolle molto voluminose e parenchima abbastanza sano, moderatamente enfisematoso.
-Riduzione di volume polmonare:e' un intervento palliativo che si prefigge di ridurre
l'insufficienza respiratoria e migliorare la qualità di vita dei pazienti. Fu proposto circa
cinquant'anni fa da Brannigan e ripreso successivamente da Cooper. Il ritorno elastico del polmone
è profondamente alterato nell'enfisema, per cui le fibrille elastiche hanno perso la capacità di
mantenere il bronco disteso ,quindi il bronchiolo tende a collabire. Se tagliamo un pezzo di
polmone, la rimanente parte dovrà riempire lo stesso spazio, quindi ci sarà una distensione delle
fibre elastiche che porterà ad un miglioramento di questo aspetto. Inoltre,ci sarà anche un
miglioramento della dinamica della parete elastica. L'efficacia ,però, non è garantita a lungo
termine. I pazienti che più traggono vantaggio dall'operazione sono quelli con enfisema grave a
distribuzione eterogenea. In particolare,i pazienti che rispondono meglio sono quelli con enfisema
localizzato al lobo superiore di sinistra e che hanno una funzionalità ridotta. L'intervento può essere
eseguito in toracotomia o toracoscopia.
Un'alternativa a questo trattamento chirurgico è il trattamento broncoscopico dell'enfisema
polmonare con valvoline endobronchiali, che consiste nel posizionamento di valvoline nel bronco,le
quali consentono il passaggio dell'aria solo in un senso. Questo comporta che la zona in cui è posta
la valvola vada incontro ad atelettasia, cioè si riduce di volume, ottenendo lo stesso risultato
dell'atto chirurgico.
-Trapianto del polmone: Il primo fu eseguito nel 1963 da James Hardy ma il paziente morì per
insufficienza renale e malnutrizione. In quell'epoca l'assistenza post-operatoria non era brillante e la
nutrizione parenterale non esisteva. Dopo Hardy e dopo numerosi altri tentativi falliti, nel 1983
Cooper eseguì il primo trapianto di polmone con successo. Ogni anno,nel mondo vengono eseguiti
circa 2500 trapianti. Non sono tanti perché il polmone è un organo estremamente delicato, la
selezione deve essere accurata perché, mentre il rene o il cuore possono essere prelevati da un
paziente traumatizzato, il polmone è il primo organo ad essere alterato. Un paziente che è rimasto
intubato per 24 ore presenterà già delle alterazioni di tipo settico o contusioni al polmone. Inoltre, i
donatori da cui è possibile prelevare il polmone non sono molti. La ricerca si sta orientando proprio
per individuare sistemi che possano migliorare le condizione del polmone per aumentare il numero
di donatori. Si interviene con il trapianto in caso di fibrosi cistica, fibrosi polmonare, ipertensione
polmonare, enfisema. I criteri di selezione sono: età<65 anni, prospettiva di vita inferiore ai 2 anni
(la rarità dell'organo da trapiantare fa sì che la mortalità in attesa del trapianto sia molto elevata).
Il grosso problema del trapianto polmonare è la bronchiolite obliterante che è segno di rigetto, quasi
inevitabile.
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Chirurgia toracica, Lezione 3
Prof. Fiorelli, 2/12/2013
Grazie a
Davide Romano
Empiema
L’empiema è la raccolta di pus in una cavità preesistente, l’ascesso invece è la raccolta di pus in
una cavità neo-formata.
La storia dell’empiema è molto antica, basti pensare che già Ippocrate era a conoscenza
dell’empiema e osservò come una pleurite non trattata dopo 14 giorni poteva causare empiema e
aveva classificato i sintomi che ancora oggi si presentano nel paziente, ovvero:
1)Febbre di tipo settico: lieve durante il giorno ma che tende ad alzarsi durante la sera, dove può
arrivare a 39-40-41°, quando la carica patogena prende il sopravvento sulla risposta immunitaria.
2)Dolore dell’emitorace interessato con ipoespansione.
3)Tosse secca, non produttiva perché il pus si trova nella cavità pleurica, non comunica con i
bronchi, quindi non esce un bel nulla, al contrario dell’ascesso, che se viene drenato dal bronco, si
caratterizza per tosse produttiva fino ad arrivare ad episodi di vomica.
Unica eccezione è se l’empiema è dovuto a una fistola bronco-pleurica, (es.post intervento di
lobectomia, pneumonectomia) in cui si viene a creare una comunicazione tra cavo pleurico (in cui
è presente pus, perché i batteri dalle vie aeree si localizzano nel cavo, grazie alla fistola) – bronchi
– vie respiratorie. In tal caso nel pz con empiema c’è tosse produttiva, grazie alla via di
comunicazione con l’esterno.Non a caso in questi casi possiamo fare un drenaggio posturale, in
cui di solito il pz tenterà a drenare con la tosse quanto più materiale purulento a seconda se si
mette sul lato in cui è presente la fistola.
4)Astenia e calo ponderale. Il pz sta veramente male e non riesce ad assorbire ciò che mangia
perché abbiamo una perdita di proteine nell’empiema pleurico e tutte le calorie che prende
vengono consumate da questi batteri.
Quindi se non si interviene si muore di empiema. E’ una malattia mortale.
Notate come agli inizi degli anni’80 l’incidenza dell’empiema era in decremento perché anche per
una banale polmonite si iniziavano ad usare antibiotici. Negli ultimi anni però si è assistito ad una
recrudescenza di questa patologia, perché si è fatto un uso improprio di antibiotici con
conseguente antibiotico resistenza dei batteri, ma un altro motivo può essere ascritto
all’immunodeficienza (da HIV e non solo) per cui una banale polmonite può complicare e dare
empiema.
Come potete vedere tutti i batteri possono essere causa di empiema, sia batteri Gram+ cheGram-,
aerobi e anaerobi. Ovviamente è importante capire che tipo di batterio ha causato l’empiema, così
a secondo dell’antibiogramma possiamo intraprendere una terapia antibiotica mirata.
I fattori di rischio quali sono? L’abbiamo già detto, quindi una chemoresistenza batterica,
immunodeficenzeaquisite, ma anche immunodeificenze post trapianto (pensate a pz che hanno
subito trapianto di polmone, l’immunodeficienza indotta può far si che una banale polmonite dia
empiema) e i dismetabolismi che provocano una riduzione delle difese immunitarie.
L’eziologia dell’empiema è la più variegata, possiamo avere infezioni polmonari nosocomiali e/o
comunitarie. Quella nosocomiale è contratta dopo un periodo di degenza o per esempio in un pz in
terapia intensiva ed è la più difficile da trattare perché associata ad antibiotico resistenza. Altra
causa può essere ostruzione bronchiale da neoplasia o corpo estraneo. Il meccanismo patologico
è questo: l’aria non può passare, il parenchima va incontro ad atelettasia, cioè quel poco di aria
che c’è viene a poco a poco riassorbita, c’è ristagno di secrezioni e di muco, questo muco si può
infettare e provocare prima ascesso bronchiale che poi si può aprire nel cavo pleurico e dare
un’empiema. L’empiema si può avere anche in seguito a bronchiectasie, ovvero dilatazioni
sacciformi del bronco, che in alcuni punti si presenta quindi slargato e in questi punti si può
determinare ristagno delle secrezioni mucoidi che non riescono ad essere espettorate, queste
secrezioni mucoidi possono andare incontro ad infezioni con produzione di materiale purulento che
se non viene espulso all’esterno attraverso la tosse può causare un ascesso, che può aprirsi nel
cavo e causare empiema.
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Altra causa può essere la diffusione da regioni contigue come l’addome attraverso il diaframma,
oppure dal collo o dal mediastino (mediastinite che comunica con il cavo pleurico e quindi
empiema).
Anche interventi di chirurgia toraco-addominale o traumi possono causare tale patologia, perché
se si viene a creare una comunicazione con il cavo pleurico e tale comunicazione viene infettata
da batteri, si creano le condizioni predisponenti alla formazione di empiema.
La cause più comune è una polmonite pare-pneumonica, che non si riesce a curare con antibiotici.
Questa polmonite finisce col comunicare con il cavo pleurico, il pus dal polmone passa nel cavo e
quindi abbiamo empiema.
L’empiema ha 3 fasi evolutive che non sono semplici suddivisioni didattiche ma sono importanti
perché a ciascuna fase corrisponde un diverso approccio terapeutico. Le fasi sono:
1) Essudativa: il pz ha polmonite, che non è stata curata con antibiotici, c’è un versamento
pleurico (visibile all’rx), non ancora si è formato il pus, ma abbiamo liquido essudativo
scarso e sterile, color giallo citrino, il polmone è ancora espanso. Questa fase si instaura
nelle prime due settimane.
2) Fibrinopurulenta: va dai 14 giorni alle 4 settimane, quando a poco a poco questo materiale
essudativo incomincia ad organizzarsi. Abbiamo liquido con pus denso perché appunto
inizia ad organizzarsi con la fibrina. Il polmone è meno espandibile.
3) E’ la fase finale, l’end stage ed è rappresentata dalla fase di organizzazione. C’è
colonizzazione della fibrina con la formazione di cotenne pleuriche, si forma il cosiddetto
“peelpleurico” che non permette al polmone di espandersi. Gli inglesi lo definiscono
“Polmone incarcerato”, “trappedlung”. Questa è ovviamente la fase più grave
Vediamo ore come intervenire in ciascuna fase:
1) Fase 1 (Essudativa): se siamo molto fortunati e facciamo diagnosi precoce si può provare a
fare una toracentesi con antibiotico terapia. Quindi c’è materiale essudativo e prima che
diventi vero e proprio pus l’andiamo ad aspirare, facciamo un buon esame batteriologico e
vediamo l’antibiotico più specifico per questo tipo di germe. Se siamo fortunati e l’abbiamo
preso in tempo, tutto si risolve in questo stadio.
2) Fase 2 (fibrinopurulenta): se invece il pz lo vediamo tra la 2 e 4 settimana la sola
toracentesi non basta e occorre drenare completamente il liquido, ma se si sono formate
delle concamerazioni il solo drenaggio non va più bene perché si sono formati dei
sepimenti, con il drenaggio dreniamo soltanto una sacca per cui conviene passare
all’intervento di toracoscopia con rimozione dei sepimenti ed infine applichiamo un tubo di
drenaggio. Possiamo anche instillare fibrinolitici nel cavo pleurico per degradare la fibrina.
Nella fattispecie sono rappresentati da urochinasi, streptochinase o rt-pa. In realtà
l’approccio con i fibrinolitici, mutuato dalla terapia fibrinolitica in caso di infarto,
concettualmente va bene, ma non sempre i risultati sortiti sono stati efficaci.
3) Fase 3 (organizzazione): il pus si organizzato, abbiamo una cotenna spessa che non può
essere rimossa in videotoracoscopia ed è inutile anche porre un tubo di drenaggio per cui
si fa un intervento di toracotomia. Si fa un’ampia incisione, addirittura a volte si toglie una
costa per ottenere più spazio e si toglie la cotenna che imprigiona il polmone per ottenere
l’espansione del polmone. Inutile se ci troviamo in questa fase, di “polmone incarcerato” è
l’utilizzo di fibrinolitici. La videotoracoscopia è inutile anche perché vi è interessamento
della pleura parietale e risulta difficile proprio far entrare il toracoscopio.
Perché bisogna operare il pz con empiema? Per evitare le complicanze che sono rappresentate da
fibrotorace, si definisce così perché l’emitorace interessato è retratto; empiema necessitatis: il pus
si accumula, accumula, accumula finchè non troverà come unica strada per essere evacuato
quella verso l’esterno e si creerà una astomia; oppure questo pus può ledere e resecare a poco a
poco il parenchima polmonare e aprirsi nel bronco e dar vita ad una fistola bronco pleurica oppure
questa fistola bronco pleurica può diventare generalizzata e dare ostiomelite, pericardite, se
attraversa il mediastino, mediastinite, ascesso sub frenico oppure dare un’infezione generalizzata
quindi sepsi oppure amiloidosi.
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Quindi vediamo l’iter diagnostico, dobbiamo tentare di fare diagnosi di empiema nelle prime due
settimane, nella fase essudativa, ma anche nelle prime 4 settimane dove un banale intervento di
toracoscopia può risolvere il tutto.
Oltre ai rilievi clinici, dobbiamo esaminare il liquido pleurico prelevato per toracentesi, effettuare
esame colturale e antibiogramma. Tra la diagnostica strumentale ricordiamo che se per esempio
sospettiamo un fistola bronco pleurica facciamo una fibroscopia.
La prima cosa da fare nella diagnostica strumentale è la radiografia.
L’rx ci dice che c’è accumulo di liquido, succesivamente possiamo fare una TC, in cui possiamo
proprio misuare lo spessore dell’eventuale cotenna, che se superiore a 1 cm possiamo
direttamente scegliere di intervenire per toracotomia, perché chiaro segno che l’empiema ha 4-5
settimane. Importante è anche fare un’ecografia perché permette di vedere il livello e la
localizzazione del liquido per guidare la toracentesi.
Gli obiettivi del trattamento teraputico sono in primis il controllo dell’infezione, bisogna fare
un’importante fisioterapia e supporto nutrizionale. Bisogna dare al paziente gli spirogeni
incentivanti, che contengono palline o invitare il pz a tossire il più possibile per far si che il polmone
si espanda il più possibile ed evitare che si formino queste sepimentazioni che vanno ad
incarcerare il polmone. Il supporto nutrizionale bisogna darlo perché i paziente tendono ad essere
astenici con importante calo pondarale, possiamo anche mettere i pz in nutrizione parenterale spt
nella fase 3 dell’empiema.
Il razionale nell’approccio con l’empiema, ma cmq in ogni infezione che comporti la formazione di
pus è lo svuotamento del materiale purulento.
Vedete come viene classificato il versamento para-pneumonico. Puo essere semplice o
complicato. Semplice se è chiaro, sterile, il pH, glucosio e conta cellulare sono normali e a questo
punto possiamo fare un antibiotico terapia. Quando invece il versamento para-pneumonico è
complicato, appare giallo citrino o color yoghurt, la coltura è positiva,pH<7,2, LDH>1000 unità
internazionali per litro e il glucosio<40 mg/100 ml, perché in caso di attiva proliferazione batterica i
batteri devono avere energia di cui nutrirsi e l’energia è rappresentata dal glucosio. La terapia da
fare nel versamento para-pneumonico è rappresentata dal drenaggio.
Qui vedete un empiema saccato. Cosa possiamo fare? O con ago facciamo la toracentesi e
andiamo a svuotare completamente questa sacca o mettiamo un tubo drenaggio all’interno.
Ovviamente non andiamo alla cieca, ma facciamo un’ecografia per vedere dov’è localizzato il
versamento e poi infiliamo il drenaggio o meglio ancora il pz si mette sotto Tac, individuiamo con la
tac un punto di repere, mettiamo un segno e poi posizioniamo il drenaggio.
Quindi ricapitoliamo gli approcci terapeutici:
1) Antibiotico funziona? Si, bene abbiamo risolto. No, passiamo al drenaggio.
2) Drenaggio. Funziona? Si, ci fermiamo. No, perché vi sono sepimenti che non consentono il
drenaggio totale e non otteniamo una totale espansione del polmone. Passiamo allora alla
videotoracoscopia
3) Videotoracoscopia. Riesco a ripulire tutto il cavo pleurico, riesco a fare espandere il
polmone? Si, ci fermiamo. No, passiamo alla toracotomia, che cmq è intervento molto più
invasivo. Ricordiamo che l’empiema post operatorio da fistola bronchiale si fa in
toracoscopia, iniettando della colla di fibrina a livello della fistola. Quindi facciamo
videotoracoscopia, trattiamo l’empiema, vediamo la fistola e la chiudiamo.
4) Toracotomia: lo prendo, lo apro e lo decortico (asportiamo il peel pleurico)
Questo invece è un caso particolare, un’empiema cronico post tubercolare su cui poi si è
sviluppato in linfoma. E’ un reperto molto, molto raro, lo si può trovare spt in pz sottoposti a
pneumotorace terapeutico in caso di tubercolosi (pratica frequente in Giappone, dove quindi vi
sono più casi). L’eziopatogenesi è dovuta al fatto che questo pneumotorace terapeutico a distanza
di 10, 15 anni si va ad infettare, dare empiema e su questo empiema si può andare a creare un
linfoma.
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Vedete questo filmato di toracotomia con asportazione di ben tre coste, lo spazio lasciato vuoto
dalle coste viene ricoperto da una rete in Teflon su cui verranno appoggiati i piani muscolari. La
rete serve a dare continuità alla parete costale. Inoltre la rete serve perché se l’asportazione
interessa dalla quinta costa in giù si può creare una breccia e la scapola può caderci dentro, quindi
la rete va a coprire questa breccia.
Questo è invece l’”Open Window”, ovvero il drenaggio in un soggetto già sottoposto
precedentemente a una pneumonectomia. Se c’è infezione cronica, in questo caso il polmone non
c’è più, quindi asportiamo due coste, e si crea una vera e propria cavità che comunica con
l’esterno che andremo di volta in volta disinfettare con betadina e zaffare con garza.
Per conclude ribadiamo che non bisogna troppo attendere, se con il drenaggio il pz non trae
giovamento, passiamo subito alla videotoracoscopia, senza ulteriori indugi, altrimenti si possono
formare cotenne pleuriche.
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Chirurgia toracica, Lezione 4
Prof. Santini, 11/12/2013
Grazie a
E. Sarichioni & A. Mugnolo
Oggi parliamo del cancro ai polmoni.
Oggi affrontiamo l’argomento forse più importante del corso, non solo di chirurgia toracica ma anche di
malattie dell’apparato respiratorio, in quanto voi sapete che il cancro del polmone, pur essendo secondo
nel sesso maschile al tumore della prostata e secondo anche nel sesso femminile al tumore della
mammella, come incidenza rappresenta certamente la principale causa di mortalità tra i problemi
oncologici del sesso maschile e lo sta diventando anche nel sesso femminile. Nei paesi anglosassoni lo è già,
in Italia lo sta diventando. Ovviamente tutto questo è correlato al ritardo che c’è stato in Italia, nei paesi
Europei rispetto agli Stati Uniti, nell’uso del tabacco da parte delle donne. Oggigiorno mi sembra di vedere,
almeno per quella che è la mia esperienza, che siano soprattutto le ragazze a fumare rispetto ai maschi e
questo certamente comporterà che il divario che c’è tra sesso maschile e sesso femminile nell’incidenza
attuale di cancro al polmone probabilmente nel prossimo futuro andrà sempre di più ad assottigliarsi.
Ovviamente è una patologia dei paesi più sviluppati: Nord America, Europa e Russia. E questo è legato
senza dubbio all’uso del tabacco, che in questi paesi è maggiormente diffuso, ma non bisogna nascondersi
che altri fattori, sicuramente uno tra questi è l’inquinamento atmosferico, hanno un’importanza che non
possiamo sottovalutare. Questa è, ritornando sempre sullo stesso argomento, la fascia di età tra 55 e 75
anni, che poi è la fascia di età in cui più frequentemente si manifesta il cancro al polmone. La nostra
casistica ormai vede più di 2000-2500 casi di cancro al polmone,ha come media di età 62,5-63 anni. Questa
era l’età media, in effetti se la calcoliamo soltanto negli ultimi anni sicuramente è un’età media che è
andata aumentando, oggigiorno vediamo pazienti in età più avanzata con il cancro del polmone. Questa è
l’incidenza del cancro del polmone nei maschi per quanto riguarda la città di Napoli nel decennio scorso, e
vedete che per quanto riguarda il tumore del polmone l’incidenza nella nostra città è superiore rispetto a
quella che è l’incidenza nazionale, sempre nel sesso maschile, e in questo dato probabilmente c’è un certo
significato per quanto riguarda l’inquinamento, non bisogna negarselo. Così come invece nel sesso
femminile chiaramente sono altri i tumori con maggiore incidenza nella nostra città, per quanto riguarda il
tumore del polmone nel sesso femminile l’incidenza è più bassa rispetto alla media nazionale e questo
potrebbe essere legato alla minore diffusione del fumo di tabacco tra le donne nella nostra regione.
Data l’importanza di questa neoplasia, che cosa si può fare per cercare di ridurne da una parte l’incidenza e
dall’altra anche la mortalità? Certamente il primo mezzo sarebbe quello della prevenzione primaria. Che
s’intende per prevenzione primaria? Ovviamente l’abolizione di quelli che sono i fattori di rischio. Il fattore
di rischio fondamentale è certamente il fumo di tabacco, come vedete da solo il fumo incrementa il rischio
tra fumatori e non fumatori di 15-25 volte. Accanto a questo esistono altri fattori correlati alle attività
professionali degli individui e tra questi l’esposizione ad alcuni coloranti, ad alcune sostanze chimiche, che
vedete qui elencate. E’ importante ricordare anche l’esposizione all’amianto, che era un’esposizione
piuttosto diffusa, che sicuramente noi conosciamo essere causa di tumori alla pleura, il mesotelioma di cui
parleremo domani, ma che associato al fumo di tabacco fa si che l’incidenza di cancro del polmone, che già
vediamo essere 15-25 volte maggiore nei fumatori rispetto ai non fumatori, si moltiplichi ancora per un
fattore di 7-8. Quindi un lavoratore esposto all’amianto che fuma ha sicuramente una maggiore probabilità
di andare in contro, accanto al mesotelioma, anche al cancro del polmone. Quindi la prevenzione primaria è
certamente indirizzata a quella che è l’abolizione di questi fattori di rischio. Comunque un dato importante:
vi prego di tenere conto di questa diapositiva, che cosa significa questa diapositiva?
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Significa che a qualunque età si smetta di fumare, certamente c’è un decremento del rischio. Questo non
vuol dire che smettendo di fumare il rischio si azzera, purtroppo quelli che sono i danni che il fumo ha
determinato non si possono cancellare con un colpo di spugna, rimangono indelebili, però sicuramente
tendono a ridursi nel corso del tempo. Per cui vedete che chi fuma sempre, chi continua a fumare ha
un’incidenza di neoplasia del polmone che si attesta qui, mentre invece se si smette a 60 anni si è qua, a 50
anni si è qua, a 40 anni si è qua e così via. Per cui a qualunque età si smette c’è sempre una differenza
piuttosto importante tra chi continua a fumare e chi invece cessa. L’altro aspetto accanto alla prevenzione
primaria è la diagnosi precoce. Quanti di voi vogliono fare i medici di base? E’ compito certamente dei
medici di base, ma in effetti è compito di tutti i medici, quello di tener presente che il cancro del polmone
ha un’incidenza elevatissima, e qualunque cosa farete nella vita, tranne forse i pediatri, avrete sicuramente
a che fare con pazienti con neoplasia del polmone,e quindi è compito di tutti quello di cercare di
individuare nelle fasi più precoci quelli che sono quei segni, quei sintomi, quelle piccolissime sfumature di
quadro clinico che possono indirizzare verso una diagnosi di sospetto di neoplasia del polmone. Certamente
sono stati attivati nel passato e sono attivi oggigiorno seppure con modalità diverse, programmi di
screening. Programma di screening che significa? Significa prendere la popolazione, selezionare nell’ambito
della popolazione quelli che sono gli individui a rischio, e in questo caso abbiamo visto gli individui a rischio
sono i fumatori di età superiore ai 40 o ai 50 anni a seconda di quale debba essere il pool di popolazione
che vogliamo andare ad esaminare, e sottoporli a esami strumentali. Si tenta di utilizzarli per individuare
queste neoplasie in fase precoce. Così nel passato, prima della fine del secolo scorso, quindi intorno al
1990, furono attivati dei programmi di screening che utilizzavano le radiografie del torace e l’esame
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dell’espettorato, eseguito su due-tre campioni di giorni diversi, per cercare di individuare eventuali
anomalie della radiografia e la presenza di cellule neoplastiche nell’espettorato. Purtroppo sono programmi
di screening, tra cui è rimasto famoso quello della Mayo Clinic negli Stati Uniti, che costarono moltissimo ed
ebbero risultati piuttosto scarsi, per cui furono abbandonati. Ovviamente questo si faceva prima di un uso
largo della TAC. Oggigiorno abbiamo a nostra disposizione la TAC. La TAC del decennio scorso era però una
metodica che impiegava radiazioni in dosaggi piuttosto elevati, per cui ci si chiedeva se fosse etico
sottoporre i pazienti a ripetuti esami TAC per cercare di individuare una neoplasia in fase precoce.
Oggigiorno abbiamo la possibilità di utilizzare le TAC a bassa dose, a strato sottile. Anche nel nostro piccolo
ne abbiamo realizzato uno. Per esempio l’anno scorso abbiamo fatto, la facciamo quasi tutti gli anni, la
“Giornata del respiro”, giornata in cui noi apriamo le nostre attrezzature per eseguire visite mediche,
spirometrie, e quest’anno come novità anche la TAC nei soggetti che ritenevamo a rischio. Abbiamo visto
un centinaio di soggetti in una mattinata, abbiamo fatto la spirometria a tutti e tra questi abbiamo
selezionato 20 persone che abbiamo sottoposto a TAC. Abbiamo trovato due cancri al polmone, quindi nel
nostro piccolo qualche cosa abbiamo fatto. Questo è uno studio fatto in America in cui venivano
randomizzato due gruppi, uno
sottoposto
ad
esame
radiografico e l’altro sottoposto
a TAC, e come vedete la
differenza di diagnosi, ma
soprattutto la differenza di
sopravvivenza tra i due gruppi è
stata tale: questa è la mortalità
per il cancro al polmone,
vedete come per quelli
sottoposti
a
semplice
radiografia è molto più alta
rispetto a quelli sottoposti a
TAC, al punto tale che questo
studio è stato interrotto perché
ritenuto
non
più
etico
sottoporre i pazienti a un esame che non serviva praticamente a niente. E’ uno studio che è stato interrotto
e che ha dimostrato la validità di programmi di screening. Rimane il discorso, allora che cosa dobbiamo
fare? Dobbiamo fare la TAC a tutti? Purtroppo noi siamo operatori pubblici, cioè io devo “rispondere al
ministero”, se io dicessi a tutti sottoponetevi ad una TAC, quanto verrebbe a costare alla società uno
screening del genere? Per cui il rapporto costi/benefici va sempre tenuto sotto grande considerazione, è
chiaro che se un amico mi dice di essere fumatore da molti anni gli consiglierei di sottoporsi ad una TAC, ma
se lo dovessi proporre a tutta la popolazione questo è un lusso che non ci possiamo permettere oggi.
Rimane il fatto però che indubbiamente questa potrebbe essere una strada per cominciare a migliorare
quella che è la trattabilità, la operabilità dei pazienti con cancro del polmone che come vedremo
successivamente attualmente non supera il 20% dei pazienti diagnosticati. Per migliorare questa
percentuale del 20 % il vostro compito è quello di sospettare al minimo accenno clinico la probabile
presenza di un cancro del polmone. Si dice che il cancro del polmone sia asintomatico ma siamo sicuri di
questo fatto? Io direi di no, perché il soggetto che presenterà un cancro del polmone di per sé non è mai
asintomatico,abbiamo detto che è un fumatore e i fumatori hanno spesso una sintomatologia dell’apparato
respiratorio, hanno quella che viene chiamata la “bronchite del fumatore”. Per cui una qualche
sintomatologia esiste, il nostro compito deve essere quello di cogliere le sottili variazioni di questa
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sintomatologia nel corso del tempo. Vedete qui è raffigurata in questa torta, tutto quello che può essere il
quadro sintomatologico di un cancro del polmone. Quelli che realmente sono asintomatici rappresentano
una piccolissima fetta perché poi la tosse, la dispnea, l’espettorato, sono sintomi frequenti, sintomi che
però possono confondersi con quelli della bronchite cronica. Allora che cosa possiamo cogliere per esempio
di una tosse? La variabilità. Abbiamo detto che una tosse può essere, in un bronchitico cronico, produttivae
se improvvisamente questa tosse da produttiva diventa secca che cosa significa? Può significare che questo
muco veniva da una zona di polmone forse in cui c’era qualche cosa di patologico che stava crescendo, si
stava manifestando, e questo qualcosa che cresceva all’interno dell’albero tracheobronchiale ha
determinato un’ostruzione di quel bronco, e quindi quell’espettorato che fuoriusciva liberamente in
precedenza a quel punto rimane imprigionato, non può più venire fuori, e la tosse diventa stizzosa. O
viceversa questo qualche cosa che cresce può far diventare una tosse da stizzosa a produttiva perché
casomai l’ostruzione certamente non è totale, è parziale, il muco si accumula a valle della ostruzione, i
primi colpi di tosse della mattina sono produttivi, nel corso invece della giornata sono stizzosi perché non
c’è più accumulo di secrezioni. Ci può essere l’aumento della dispnea per vari motivi. Qua vediamo per
esempio quali sono le sedi delle possibili neoplasie polmonari e in relazione alla sede e ai rapporti che
questa neoplasia contrae con le strutture circostanti, quali possono essere le variabilità sintomatiche.
Certamente ci può essere il dolore, il dolore non è mai un sintomo iniziale nel cancro del polmone a meno
che questo tumore non abbia uno sviluppo periferico e quindi c’è un interessamento precoce di quella che
è la struttura algogena, cioè la pleura parietale, oppure la tosse l’abbiamo detto, l’emottisi. Ecco, l’emottisi
è un segnale, un campanello d’allarme che deve destare certamente la nostra attenzione, la desterà
sicuramente nel paziente, il paziente correrà dal medico, o almeno ci si augura che corra dal medico,
quando troverà una stria di sangue nell’espettorato. Ovviamente la causa più frequente, fortunatamente,
di emottisi non è il cancro del polmone, anche una banale bronchite acuta può dare emoftoe, però è un
campanello d’allarme che va tenuto sotto grandissima attenzione e che richiede il ricorso a una metodica
diagnostica strumentale prima per immagine e poi anche invasiva con una broncoscopia. La dispnea può
essere associata a che cosa? Al versamento pleurico, alla atelettasia, o nelle forme più avanzate a un
coinvolgimento neoplastico di una grossa quota di parenchima polmonare che viene sottratto alla
funzionalità respiratoria. La febbre chiaramente può essere legata all’atelettasia, all’ostruzione bronchiale,
all’accumulo di secrezioni, l’infezione, la polmonite secondaria all’ostruzione bronchiale. E questi sono
sintomi d’organo, sintomi legati alla neoplasia direttamente, ma vi può essere anche una sintomatologia
extrapolmonare e può manifestarsi quindi questo interessamento con disfonia.Legata a che cosa?
Interessamento del ricorrente, soprattutto a sinistra perché a sinistra ricorre intorno all’arco dell’aorta, a
destra passa sotto la succlavia quindi più in alto e per essere interessato deve esserci la massa neoplastica
che comprime, che infiltra lì in alto, può essere un Pancoast; a sinistra invece di solito sono le stazioni
linfonodali sottoaortiche e paraortiche che interessano il ricorrente. Vi può essere disfagia per
compressione abestrinseca o per diretta infiltrazione dell’esofago; vi può essere una sindrome della cava,
cioè una sindrome da ostruzione della vena cava superiore determinata o da un aumento di dimensione dei
linfonodi sottoazigotici della finestra del Barrett, oppure anche da infiltrazione diretta da parte della
neoplasia sulla carne. La paralisi del diaframma determinata dal nervo frenico, il nervo frenico decorre
lungo il pericardio fino ad arrivare sul diaframma, per cui una paralisi del diaframma è un segno di
infiltrazione del mediastino da parte della neoplasia.Ecco qui vedete quest’immagine, questa è una paralisi
del diaframma, questo è il diaframma di sinistra con la bolla gastrica, e questo è il diaframma di destra,
nettamente più sollevato.
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Un tipo particolare di tumore è quello di Ciuffini-Pancoast, un tumore dell’apice, detto anche tumore del
solco superiore, perché la succlavia passa sull’apice del polmone e lascia un solco in quella sede, ed è
proprio il tumore che insorge in quel solco che da la sintomatologia caratteristica del tumore di Pancoast. Vi
è interessamento della prima e seconda costa, con coinvolgimento di strutture vitali, strutture importanti
quali il plesso brachiale, il nervo simpatico-toracico e i vasi succlavi(qui ne vedete uno piuttosto grossolano,
piuttosto massivo). Per cui la sintomatologia è caratterizzata da che cosa? Certamente il dolore è irradiato
al moncone della spalla, al braccio e alle ultime due dita, vedete qui c’è un’ipotrofia della mano, e poi c’è la
ptosi palpebrale, la miosi e l’enoftalmo, la sindrome di Claude-Bernard-Horner. Tutto l’insieme è il quadro
della sindrome di Ciuffini-Pancost. Poi c’è un altro segno che sui libri non trovate mai scritto ma che è
caratteristico anch’esso, perché c’è la sindrome di claude-bernard-horner? Per la paralisi del simpatico,
allora qual è l’altro segno da paralisi del simpatico? L’anidrosi. L’anidrosi non è mai scritta sui libri, è
evidentissima, in questi pazienti si manifesta in maniera chiara. Ovviamente il cancro del polmone può
manifestarsi, e si manifesta, con una certa frequenza, con una sintomatologia che non ha niente a che
vedere con l’apparato respiratorio né con il torace, perché la sintomatologia è legata invece alla presenza di
metastasi. Le sedi elettive di metastasi da cancro del polmone sonocerebrali, ossee ed epatiche, sono
queste le sedi più frequenti. Allora non è eccezionale il quadro clinico che esordisce con segni neurologici,
per cui capita che il paziente si rivolge al neurologo, si esegue una TAC del cranio o meglio una risonanza
del cranio, si visualizza una massa, questa massa viene mandata al neurochirurgo, il neurochirurgo opera il
paziente e incontra una metastasi da cancro del polmone. Può capitare, ed è capitato, che a livello
polmonare il tumore sia talmente piccolo da passare non dico per sconosciuto ma sottovalutato, può
sembrare una stria fibrosa, una stria aderenziale, e invece è una neoplasia del polmone che già ha dato
metastasi cerebrali. E come vedremo questo è un quadro importante perché verrà trattato in maniera un
po’ particolare. Più raro è l’esordio con una sintomatologia di dolore osseo perché le metastasi ossee prima
di dare sintomatologia, non essendo metastasi iniziali,occorre molto tempo. Così come è difficile che
esordisca come sintomatologia epatica, perché prima che le metastasi epatiche diano un quadro di
insufficienza epatica devono aver distrutto completamente il viscere e quindi trascorre parecchio tempo.
Invece può capitare che la prima manifestazione sia quella della presenza di tumefazioni linfonodali
soprattutto a livello sopraclaveare. E poi il tumore del polmone è una delle neoplasie che più
frequentemente si manifesta accompagnata da una sindrome paraneoplastica. Che cos’è una sindrome
paraneoplastica? Si definisce come sindrome paraneoplastica quella manifestazione clinica correlata con la
presenza di una neoplasia, però non imputabile a fenomeni ostruttivi, distruttivi o irritativi, quindi non sarà
una sindrome paraneoplastica una atelettasia, non sarà una sindrome paraneoplastica una paralisi, una
paraplegia da infiltrazione delle vertebre. Mentre invece queste sindromi paraneoplastiche non fanno parte
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del quadro comune della neoplasia, sembrano entità cliniche autonome, ma soprattutto scompaiono dopo
il trattamento efficace della neoplasia. E allora nell’ambito del cancro del polmone molte, diciamo
praticamente tutte o quasi tutte le sindromi paraneoplastiche descritte possono manifestarsi, ovviamente
alcune con frequenza maggiore altre sono rare, eccezionali. Possono essere sindromi endocrine, osteoarticolari, neuromuscolari, cardiovascolari e cutanee. Ed entrando nel dettaglio certamente le sindromi
endocrine più frequenti sono le prime due: la sindrome Cushingoidee una sindrome da alterata escrezione
di ormone antidiuretico, possono essere presenti anche l’ipercalcemia, così come l’ipocalcemia o
l’iperglicemia ma con frequenza minore rispetto alle prime due. Le osteoarticolari sono importanti perché
possono fuorviare la diagnosi, da una parte possono fuorviare la diagnosi corretta, dall’altra parte il medico
attento può utilizzare proprio queste sindromi che sono estremamente frequenti per sospettare la
presenza di una neoplasia del polmone. Perché al di la delle manifestazioni evidenti, come le dita a
bacchetta di tamburo che sono un segno abbastanza frequente di patologie dell’apparato respiratorio, non
di neoplasia del polmone, ma di patologie respiratorie in generale, io vorrei sottolineare questo segno, le
artralgie vaganti. Che cosa significa artralgie vaganti? Il paziente casomai di una certa età si presenta al
medico riferendo che un giorno ha dolore all’anca destra, un giorno ha dolore alla spalla sinistra, poi
all’anca sinistra e così via, questi dolori migranti che fanno pensare a un’artrosi. Molto spesso capita che
quando andiamo a raccogliere l’anamnesi dei nostri pazienti scopriamo che il paziente si è rivolto al medico
per questi dolori migranti ed è stato etichettato come artrosico, casomai è stata fatta anche una radiografia
dello scheletro, dell’anca, del bacino e classificato come artrosico, ma una radiografia del torace non è stata
fatta. Questo è un segno frequente nei pazienti con il cancro del polmone, ed è un segno oltretutto che
proprio come la sindrome paraneoplastica tende anche a scomparire una volta che il cancro del polmone è
stato trattato in maniera efficace.Nell’ambito delle neuromuscolari abbiamo visto nella nostra esperienza
delle sindromi isteriformi di Tom Humbert, così come possono manifestarsi altre sindromi certamente, ecco
le neuropatie sensitive sono ugualmente frequenti, e queste sono altre sindromi che danno grande
soddisfazione al medico, perché ci è capitato diverse volte che i pazienti ci sono stati inviati dai neurologi
con questo tipo di sindrome, avevano eseguito tutti gli esami necessari e avevano scoperto il cancro del
polmone. Questi sono pazienti che in maniera drammatica migliorano quando viene trattato il cancro del
polmone. Abbiamo visto pazienti operati che nel decorso post-operatorio, quindi quei 4-5 giorni che
rimangono in nostra compagnia, vedono scomparire completamente la loro sintomatologia e andare a casa
“guariti”. Soprattutto per quanto riguarda le neuropatie sensitive, questi dolori urenti, queste parestesie
periferiche.Ancora altre sindromi paraneoplastiche, queste le conoscete perché sono abbastanza note
come patologie legate a tumori, tumore del pancreas, tumore dello stomaco, possono accompagnarsi la
tromboflebite migrante, l’endocardite trombotica batterica, la CID, così come l’acanthosisnigricans, una
storica sindrome paraneoplastica. Qui vedete uno specchietto che correla alcune di quelle sindromi di cui
abbiamo parlato, quelle forse più frequenti, con particolari tipi istologici di neoplasia, e vedete come il
tumore a piccole cellule, o small-celllungcancer, sia quello che più frequentemente si associa a sindromi
paraneoplastiche, ma in effetti anche gli altri, l’epidermoide o l’adenocarcinoma, possono essere associati a
sindromi paraneoplastiche.
E allora certo, diagnosi precoce, questo è l’obiettivo che dobbiamo prefiggerci sempre e comunque, ma
allorquando abbiamo sospettato, abbiamo formulato una diagnosi del cancro del polmone, ci si chiede poi,
che cosa devo fare? Ci si trova di fronte a questo quadrivio: chirurgia; chemioterapia; radioterapia; che
altro posso fare? Una risposta deve essere ovviamente motivata da parte vostra, e per motivare questa
risposta è necessario andare avanti, conche cosa? Con la tipizzazione, cioè dare nome e cognome alla
neoplasia, fotografare questa neoplasia per conoscerne bene le caratteristiche, le dimensioni, l’invasività,
ovvero sia stadiare la neoplasia. Dalla associazione di questi due elementi salta fuori quella che poi è la
programmazione terapeutica. Come si giunge alla tipizzazione istologica? Ne abbiamo già parlato a
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proposito delle indagini invasive, ovviamente dobbiamo mettere in atto tutte quelle metodiche che
possono essere utili, certo in un paziente che si perviene alla nostra osservazione con dei linfonodi
sopraclaveari aumentati di volume a quel punto basta pungere quel linfonodo, prelevare quel linfonodo e
avremo la tipizzazione, la stadiazione e potremo dire che quel paziente è inoperabile e si chiude la
faccenda, lo inviamo all’oncologo. Ma non è sempre così facile, fortunatamente. Potremo rivolgerci alla
citologia dell’espettorato, una volta lo facevamo di routine in tutti i pazienti ricoverati, laddove la diagnosi
ancora non era stata formulata, eseguivamo l’esame dell’espettorato, oggigorno non lo facciamo più
perché è indaginoso, richiede molto lavoro da parte dell’anatomopatologo e i risultati non sono certamente
adeguati e la sensibilità è piuttosto bassa. La broncoscopia, ne abbiamo già parlato, è l’indagine principe,
irrinunciabile, a cui devono essere sottoposti tutti i pazienti in cui si sospetta la neoplasia del polmone, sia
se siamo sicuri che potremo ottenere una biopsia, sia anche se il tumore è periferico, così come già
abbiamo detto a suo tempo, anche nei tumori periferici la broncoscopia deve essere eseguita. Laddove la
broncoscopia risulti negativa ci sarà l’agobiopsia transtoracica, la biopsia su lesioni metastatiche, è lo stesso
discorso per i linfonodi superficiali ovviamente; la toracentesi laddove esiste versamento pleurico perché
potremmo trovare cellule neoplastiche nel liquido; la toracoscopia e infine la toracotomia esplorativa.
Oggigiorno in effetti questa ossessiva ricerca della tipizzazione istologica devo dire la verità l’abbiamo un
po’ accantonata, nel senso che laddove ci troviamo di fronte a un paziente con una opacità, una massa di
aspetto neoplastico con PET positiva e con possibilità funzionali adeguate da parte del paziente di subire un
intervento chirurgico, ci indirizziamo all’intervento chirurgico, con l’esame intraoperatorio. Molto spesso
andiamo direttamente ad operare, mentre laddove il paziente sia a rischio è necessario invece dare nome e
cognome
alla
neoplasia
in
fase
preoperatoria.
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Qui vedete quelli che sono i quattro tipi di neoplasia del polmone più frequenti, che come sapete vengono
distinti in due grossi gruppi, il carcinoma a piccole cellule e i non a piccole cellule. Il carcinoma a piccole
cellule o microcitoma o t-cell lo mettiamo da parte un attimo, gli altri sono l’epidermoide,
l’adenocarcinoma, l’anaplastico a grandi cellule. Questa è una tabella presa dalNetter qualche tempo fa e
diciamo che non rispecchia più la realtà,
soprattutto per quanto riguarda l’incidenza,
così come anche per la sede. Certamente i
pneumologi vi hanno parlato di tumore
centrale, tumore periferico, tumore a palla,
che sono gradevoli dal punto di vista
classificativo ma che lasciano un po’ il
tempo che trovanoperché il tumore
periferico può essere un epidermoide ,un
microcitoma ma di solito è un
adenocarcinoma ma può essere anche altro
per cui non ci si può accontentare di questa
classificazione. Quello che è importante è che una volta l’epidermoide era il tumore a maggiore frequenza
oggigiorno lo è l’adenocarcinoma. L’adenocarcinoma è nel più del 50% dei casi causa di tumore al
polmone,soprattutto quando si tratta dell’ex carcinoma bronchiolo-alveolare oggi diversamente
classificato.
Qui vedete il microcitoma nelle sue diverse forme(il prof a questo punto indica un microcitoma con
annesso versamento pleurico ed infiltrazione del mediastino). Il microcitoma ha una precoce tendenza a
dare metastasi a distanza prevalentemente al cranio,al fegato,alle ossa ma anche al midollo osseo. Il
microcitoma è un tumore che proprio per questa sua precoce tendenza a metastatizzare non è suscettibile
di trattamento chirurgico ed essendo radiosensibile si presta meglio ad un trattamento a carattere
oncologico radioterapico e chemioterapico con risultati piuttosto scadenti data la tardività nella diagnosi ad
esso associata.In realtà però questa è una considerazione un po’ datata che non è più abbastanza vera nei
nostri tempi,infatti grazie alla possibilità di una diagnosi precoce ammesso che il tumore sia di piccole
dimensioni del tipo 1-2 cm e ammesso che la stadiazione abbia escluso la metastatizzazione si può
intervenire chirurgicamente. In questi casi però la mediastinoscopia e la biopsia del midollo osseo devono
risultare negative.Oltre al trattamento chirurgico,oncologico e radioterapico esso viene trattato anche con
la radioterapia profilattica sull’encefalo perché il cervello è una delle sedi elettive di metastatizzazione da
microcitoma ed è inoltre la sede di maggior impatto nel determinare la qualità e la durata della vita,per cui
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si esegue la radioterapia profilattica in situ anche in assenza di metastasi.Stadiare una neoplasia o meglio
stadiare un paziente affetto da una neoplasia significa mettere al centro del nostro ragionamento il
paziente e capire qual è la storia di quella neoplasia. La cellula neoplastica è una cellula che deriva da una
cellula che si è moltiplicata ed in seguito alla moltiplicazione ha dato metastasi ed in seguito alle metastasi
il paziente muore. E’ importante pertanto capire in quale fase del percorso di quella cellula il paziente si
trovi,questo è il significato dello stadiare. Stadiare ci permette di programmare la terapia o meglio di
individuare qual è la migliore terapia da mettere in atto in quel momento per quel determinato
paziente,stadiare ci consente inoltre di dare delle risposte al paziente e ai suoi familiari in merito al suo
destino,alla sua prognosi.Personalmente in questi casi non parlo mai di mesi perché nessuno può arrogarsi
il diritto di togliere la speranza non al paziente ma alla PERSONA. Ed è per questo che io preferisco dire al
paziente che ci vorrà grinta e forza per affrontare il suo percorso perché la chemioterapia sarà dura e darà
un sacco di problemi ma soprattutto preferisco dire sempre che c’è la possibilità di uscirne alla fine e se
questo dovesse chiedermi quanti mesi di vita gli restano, a meno che non ci siano altri tipi di motivi che
possono essere ugualmente importanti come ad esempio quelli a carattere economico (qui il prof fa
riferimento ad un uomo malato con famiglia e beni da intestare etc), io cerco sempre di glissare su altre
argomentazioni.Stadiare conferisce inoltre la possibilità di confrontare il risultato terapeutico individuale
con quello di altri professionisti anche e soprattutto a livello mondiale proprio perchéla stadiazione è un
linguaggio universale. Non a caso la stadiazione permette di creare gruppi di pazienti omogenei per il loro
numero di stadiazionee quindi omogenei ancheper prognosi e terapia, garantendone il confronto ovunque
nel mondo.Per stadiare si fa ricorso al sistema TNM: T sta per tumore(dimensioni,rapporti), N per
linfonodi,M per metastasi a distanza.La stadiazione si ottiene tramite metodiche per immagini di cui
abbiamo già parlato: TAC total body,risonanza magnetica,TAC al torace(per studiare il polmone),all’addome
e alla pelvi(per cercare le metastasi) e risonanza magnetica del cranio.Oggi abbiamo la TAC-PET. Non in
tutti i pazienti con cancro del polmone però eseguiamo la PET perché costa troppo,va richiesta se nel
paziente si ritrovano linfonodi aumentati di volume per capire se questi linfonodi sono ipercaptanti o
meno,possiamo eseguirla se abbiamo dubbi diagnostici soprattutto in caso di presunta metastatizzazione a
livello surrenalico a seguito di una TAC che ha diagnosticato una iperplasia surrenalica per discriminare se
questa è legata o meno alla metastatizzazione.La scintigrafia ossea è un altro esame che può andare a
sostituire la PET:se la PET è negativa non facciamo la scintigrafia ossea e viceversa.Queste indagini di
medicina nucleare, siano esse la PET o la TAC o la scintigrafia ossea, non danno certezze ma indicazioni. Può
esserci ad esempio un iperaccumulo in un distretto come ad esempio in un omero o in una costa o in una
vertebra,in questo caso si richiede un esame radiografico mirato di quel segmento scheletrico.Altre indagini
stadiative invasive sono la broncoscopia,che oltre a tipizzare la neoplasia indica anche la sede e l’eventuale
presenza di altre aree di mucosa tracheo-bronchiale alterata oltre alle altre metodiche realizzate per
ottenere biopsie dai linfonodirisultati positivi alla PET. In caso di negatività alla PET si può essere
abbastanza sicuri del non interessamento dei linfonodi mediastinici,in caso di positività alla PET per
determinare se c’è vero interessamento linfonodale è necessario prelevare campioni bioptici citologici con
la broncoscopia o istologici in corso di mediastinoscopia,mediastinotomia,videotoracoscopia etc.
T nella classificazione TNM si interessa della dimensione,della sede e dei rapporti. Secondo l’ultima
stadiazione che risale al 2009(il prof qui consiglia di cercarla nei libri di testo) T discrimina la
dimensione:meno di 2 cm,da 2 a 3 cm,da 3 a 5cm,oltre i 5 cm etc.,stabilisce prognosi e terapia per quel
paziente in base alle dimensioni, da informazione rispetto alla sede del tumore. Un tumore di 1 cm a sede
carenale avrà un impatto terapeutico ed una prognosi differente rispetto ad un tumore di 3 cm situato nella
periferia del parenchima polmonare (meno grave).Importante è inoltre la valutazione dei rapporti
determinata sempre attraverso T con i grossi vasi mediastinici,con l’esofago,con le vertebre,con le strutture
del mediastino in genere.Tx sta per cellule neoplastiche nell’espettorato senza alcuna evidenza radiologica
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e broncoscopica del tumore come può capitare ad esempio durante un esame dell’espettorato quando si
trovano cellule neoplastiche inaspettate che non si sa da dove saltano fuori. T0 sta per nessuna evidenza
del tumore,considerando però che si tratta di un paziente in cura ad esempio di un paziente operato da un
neurochirurgo per metastasi cerebrali in assenza di tumore a livello polmonare che salterà poi fuori in
seguito ad indagini più approfondite (paziente classificato come T0 per la non evidenza di tumore a livello
mediastinico ma con la metastatizzazione a livello cerebrale e allora M1,N non dato in questo caso).T3 sta
per
interessamento
del
diaframma
o
della
pleura
parietale.
Bisogna ben ricordare che la differenza tra T3 e T4 è legata al fatto che in T3 la struttura interessata può
essere asportata in T4 generalmente no. N dà invece informazioni rispetto alla sede dei linfonodi,al numero
dei linfonodi e all’infiltrazione o meno della capsula linfonodale.N1 indica interessamento dei linfonodi
periferici ad esempio dei linfonodi ilari.N2 indica interessamento dei linfonodi mediastinici omolaterali (N3
se controlaterali) sottoazygotici a dx, i paraortici e sottoaortici a sx,i paratracheali a dx e a sx.Quindi ad
esempio in un tumore di dx il coinvolgimento di un paraortico sarà un N3. I linfonodi carenali che
determinano il passaggio da dx a sx e viceversa vengono classificati come N2.Nx sta per incertezza
diagnostica può esserci come non esserci un interessamento linfonodale.N0 sta per assenza di metastasi
linfonodali.N1 per metastasi ai linfonodi peribronchiali o ilari omolaterali.N2 mediastinici omolaterali. N3
mediastinici controlaterali. M sta per metastasi.Mx sta per incertezza diagnostica rispetto alla possibilità di
trovare metastasi. M0 sta per assenza di metastasi.M1 sta per presenza di metastasi:M1a(presenza di
noduli in un polmone
controlaterale oppure
versamento pleurico
a
citologia
positiva)M1b(presenza di metastasi a distanza).Dall’insieme di tutto questo nasce la stadiazione e cioè un
primo stadio suddiviso in a e b,un secondo stadio suddiviso in a e b,un terzo stadio suddiviso in a e b,un
quarto stadio suddiviso in a e b. Il passaggio tra primo e secondo stadio è sancito dall’interessamento dei
linfonodi ilari quello tra secondo e terzo dall’interessamento dei linfonodi mediastinici più altri fattori come
ad esempio un T3 e un T4.La stadiazione è in grado di poter fare delle considerazioni statisticamente
significative rispetto alla sopravvivenza,alla terapia e alla prognosi.Rispetto alla terapia medica o chirurgica
ciò che risulta discriminante per l’una o l’altra è la condizione di vita del paziente dato che gli interventi
chirurgici possono molto spesso andare a peggiorare detta condizione intesa come guarigione dal punto di
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vista oncologico e aggravamento dal punto di vista funzionale. Ad esempio un paziente con un tumore al
lobo di dx del polmone che alla scintigrafia polmonare di perfusione si mostra funzionante non conviene
operarlo rispetto ad un paziente con un tumore al lobo di dx del polmone con lobo alla scintigrafia
polmonare di perfusione non funzionante poiché nel primo caso si andrebbe a privarlo della funzione nel
secondo caso no. E’ opportuno pertanto sempre sottoporre i pazienti prima dell’intervento a test di primo
livello del tipo spirometria,emogasanalisi,indagini di laboratorio,scintigrafia polmonare di perfusione per
valutare le condizioni generali di salute del paziente. La scintigrafia polmonare di perfusione è una indagine
che si esegue iniettando macroaggregati di albumina marcata che vanno ad embolizzare i vasi
polmonari,pertanto più quella zona sarà vascolarizzata più in quella zona ci saranno i macroaggregati. La
scintigrafia bisogna eseguirla quando spirometria ed emogasanalisi palesano deficit funzionali in modo tale
che integrandola a queste analisi si può avere un chiaro quadro della funzionalità polmonare.Altri esami
importanti sempre di primo livello sono quelli volti a valutare sia i coefficienti di diffusione del CO sia gli
indici di permeabilità a livello alveolare per quanto riguarda la componente respiratoria ,mentre per quanto
riguarda invece la componente cardiaca è indispensabile sottoporre il paziente a ECG ed
ecocardiogramma.A queste indagini sempre di primo livello vanno accompagnati il doppler dei tronchi
sopraortici e il test dei 6 minuti(facciamo camminare il paziente per 6 minuti valutando la distanza percorsa
e l’ossigenazione prima e dopo l’esercizio). Se in base a questi test il rischio del paziente risulta superiore
alla media si passa ai test di secondo e terzo livello come la scintigrafia miocardica,all’ecocardiogramma
delle 24 ore,vari test da sforzo,cateterismo cardiaco e coronarografia. Oggi il test che li racchiude un po’
tutti è il Vo2max che veramente discrimina tra il portare o meno il paziente al tavolo operatorio. La
chirurgia è però l’unica via praticabile per la rimozione di un cancro del polmone essendo chemioterapia e
radioterapia delle soluzioni palliative in grado solamente di prolungare la sopravvivenza ammesso anche
che in alcuni casi del tutto eccezionali possano essere correlate a guarigione. L’incidenza di questa malattia
è di circa 50000 nuovi casi ogni anno di cui al momento della diagnosi 80% risulta inoperabile,l’altro 20%
può essere trattato con la chirurgia di questo 20% però il 12%avrà una sopravvivenza di massimo 5 anni
mentre l’altro 8% morirà prima di 5 anni dall’intervento,il che significa che solo il 12% può risultarsi guarito.
La sopravvivenza nei nostri tempi ai primi stadi è migliorata rispetto a quella riscontrata anni fa,negli altri
stadi è rimasta fondamentalmente uguale. Considerando ad esempio un carcinoma in situ
microinvasivo,forma del tutto eccezionale,con paziente asintomatico e con un Tx all’espettorato a seguito
di una broncoscopia eseguita per emoftoe correlato a bronchite acuta o trauma o corpo estraneo,la prima
cosa su cui indagare è circa la provenienza di quelle cellule neoplastiche. Da dove saltano fuori quelle Tx?
Dopo aver escluso neoplasie di testa e collo che sono squamose e quindi epidermoidi si individua la sede
nell’albero bronchiale sottoponendo il paziente a broncoscopia con lavaggi bronchiali selettivi in tutti i
segmenti, prelevando questo liquido e mettendolo in boccette separate ed etichettate che si inviano
all’anatomopatologo che individuerà in quale boccetta ci sono le cellule neoplastiche.La boccetta
corrisponderà ad un distretto su cui successivamente focalizzeremo la nostra attenzione.Un tumore piccolo
individuato in tempo offre grandi possibilità di sopravvivenza in seguito a trattamento chirurgico, anche se
il paziente dovrà però essere seguito sempre per tutta la sua vita anche se guarito e controllato prima ogni
mese,poi ogni 3 mesi,poi ogni 6 mesi,infine ogni anno per il rischio di recidive che è più frequente nei primi
due anni dalla guarigione. Grazie ai test di primo livello eseguito su tutti i lavoratori dell’amianto, è stato
possibile individuare tumori al primo stadio del tipo carcinomi senza interessamento della pleura,inferiori a
2 cm in sede carenale. In questi casi la sopravvivenza è legata alle differenze dimensionali. L’intervento
chirurgico deve essere oncologicamente radicale ossia con margini (bronchi) liberi da neoplasie senza
infiltrazione capsulare linfonodale con negatività del lavaggio pleurico dopo l’intervento.Solo in questo caso
la resezione sarà oncologicamente corretta.L’intervento di scelta in questi pazienti è la lobectomia
accompagnata da prelievo di linfonodi che può essere aspecifica o specifica ossia confinata solo ai linfonodi
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che drenano quel lobo. In alcuni casi si può ricorrere alla bilobectomia quando non c’è la scissura ad
esempio a dx essendocene due a sx questa evenienza è molto meno frequente.Non essendoci la scissura
non c’è nemmeno differenza linfatica e vascolare tra i lobi e conviene portare tutto via per una maggiore
radicalità. La bilobectomia è
necessaria anche quando il
tumore coinvolge i due lobi
ritrovandosi proprio all’interno
della scissura oppure quando il
tumore interessi il bronco
principale a più di due cm dalla
carena:bisogna a questo punto
resecare il bronco principale e
portare via tutto il polmone.
Quando il paziente può andare
incontro però a deficienze
funzionali si può ricorrere alle sleeve-lobectomy oppure alle resezioni minime. Quando un tumore interessa
un bronco lobare superiore in corrispondenza del bronco principale senza interessamento linfonodale si
può praticare una sleeve-lobectomy resecando tra bronco intermedio e bronco principale e
anastomizzando successivamente il tutto.Le resezioni funzionali sono invece utili per non compromettere la
funzionalità polmonare in pazienti con ad esempio con insufficienza respiratoria che hanno un tumore di
piccole dimensioni . Le
resezioni
funzionali
possono essere he(da
eseguire con le suturatrici
meccaniche che portano
via un pezzo di polmone a
forma di cuneo non
rispettando
l’unità
anatomo-chirurgica)
oppure possono essere
segmentectomie a più alta
sopravvivenza(piccola lobectomia,intervento che rispetta l’unità anatomo-chirurgica e quindi drenaggio
linfatico e vascolarizzazione). Il vantaggio delle resezioni chirurgiche è la preservazione della funzionalità,lo
svantaggio consiste nell’alto rischio di recidive.Nel caso di pazienti al secondo stadio, caratterizzato
dall’interessamento linfonodale,in questo caso la sopravvivenza non è più correlata al fattore T ma è legata
al numero e alla sede dei linfonodi interessati e all’infiltrazione metastatica intra ed extracapsulare. Se sono
interessati solo i linfonodi peribronchiali la sopravvivenza è più alta rispetto all’interessamento anche dei
linfonodi peribronchiali e ilari.Ritornando poia quel 20% di pazienti trattabili con la chirurgia un
40%presenta un malattia localmente avanzata del tipo: tumore che coinvolge la parete del tipo T3 ad apice
del polmone (Pancoast) T3 ad altra sede (non Pancoast),T3 con coinvolgimento della carena tracheale o del
mediastino con coinvolgimento linfonodale N2 o N3, T4 con coinvolgimento dei grossi vasi mediastinici
delle vertebre o dell’esofago. In caso di T3 parietale senza interessamento linfonodale i pazienti trattati
chirurgicamente hanno una sopravvivenza del 50-60% se c’è interessamento linfonodale la sopravvivenza
cala al 20% in N1 allo 0% in N2. Il fattore prognostico in questi casi è la radicalità dell’intervento che è
legata a ragioni anato-funzionali ossia a ciò che può essere asportato e a ciò che non può essere
asportato(ad esempio se è laterale e anteriore l’intervento può essere radicale se è posteriore non può più
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esserlo). La prognosi è anche legata all’estensione della neoplasia infatti un conto è l’estensione alla sola
pleura parietale un conto è l’estensione anche ai muscoli intercostali o sottocostali. La chirurgia in caso di
tumore alla parete toracica può anche essere palliativo essendo alto il dolore ad esso associato.Un tumore
che infiltra il diaframma non è inoperabile,anzi si può portare via il tumore, il diaframma e si ricostruisce il
diaframma,stesso vale nel caso di infiltrazione alla parete toracica che può essere ricostruita grazie a dei
flap muscolari,oppure in caso di infiltrazione sternale con ricostruzione dello stesso in resina clinica.Diverso
è il discorso del tumore del tipo Pancoast,questo è un tumore importante che interessa strutture vitali che
non possono essere asportate (il plesso brachiale ad esempio non si può asportare perché l’individuo
diventerebbe invalido) e quindi la sopravvivenza cala notevolmente.La scelta terapeutica è del tipo a
sandwich:radioterapia prima dell’intervento,intervento chirurgico e radioterapia dopo.L’elemento
prognostico più importante è sempre però l’interessamento dei linfonodi mediastinici che può risultare
sintomatologico come nel caso della sindrome da ostruzione di vena cava superiore. In questo caso il
trattamento chirurgico non può essere eseguito e la terapia è solo chemioterapica e radioterapica. Esistono
pertanto N2 clinici ed N2 chirurgici.Gli N2 clinici sono quelli diagnosticati prima dell’intervento chirurgico
che se operati darebbero una sopravvivenza molto bassa per questo vengono trattati con terapia
neoadiuvante con 2 o 3 cicli di chemioterapia e qualora detta terapia risulti con chirurgia.Gli N2 chirurgici
sono quelli che si scoprono dopo l’intervento chirurgico con sopravvivenza intorno al 20-25%.Fino allo
stadio III a c’è spazio per la chirurgia,nel IIIb di tipoNo T4 (T4 inteso per sede e non per dimensione o
infiltrazione) limitatamente alla carena e alla trachea si può ricorrere alle slive-pneumonectomy (come le
slive-lobectomy di cui sopra):si asporta l’intero polmone resecando la carena e suturando il moncone
tracheale con il bronco controlaterale in questi casi c’è una dubbia radicalità dell’intervento.Se c’è inoltre
un interessamento del periostio vertebrale si gratta il periostio e si sottopone il paziente a radioterapia e a
chemioterapia ,se c’è infiltrazione della cava si può operare tagliare la cava e suturare i due monconi con un
patch,oppure qualora ci fosse invasione dell’arteria polmonare si può allo stesso modo resecare e
ricostruire tramite patch.Nel IV stadio,stadio con metastasi si può intervenire chirurgicamente in caso di
metastasi UNICA cerebrale e metastasi UNICA surrenalica ma dobbiamo essere sicuri che la metastasi sia
unica. In caso di metastasi unica cerebrale si sottopone il paziente prima ad operazione di neurochirurgia e
poi di chirurgia toracica migliorando così sia la vita che la sopravvivenza . In caso di metastasi unica
surrenalica si ricorre ad intervento in laparoscopia in chirurgia addominale e poi in chirurgia toracica. In
caso invece di metastasi unica polmonare come nel caso di tumore a dx e nodulo a sx che ne sappiamo noi
che uno è metastasi dell’altra?Potrebbero infatti anche essere due tumori primitivi indipendenti. Si esegue
in questo caso un esame istologico con un agoaspirato su tutti e due e possono risultare o uno un
epidermoide e l’altro un adenocarcinoma ed in questo caso li asportiamo tutti e due oppure possono
risultare due epidermoidi in questo caso li
asportiamo lo stesso auspicandoci che siano
due tumori primitivi e non l’uno metastasi
dell’altro,insomma si scommette in positivo
sulla vita del paziente dato che qualora si
trattasse di metastatizzazione da IV stadio
prima o poi le metastasi comunque sarebbero
saltate fuori ma se c’è anche una sola
possibilità che quei due tumori siano
indipendenti l’uno dall’altro vale la pena
asportarli salvaguardando così la vita del
paziente. In questi casi dato che sono intaccati
ambedue i polmoni si deve optare per una
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resezione atipica da una parte per preservare la funzionalità e una lobectomia dall’altra,ma quale delle due
si esegue prima?Ovviamente prima la resezione atipica e poi la lobectomia per garantire nel secondo
intervento un polmone funzionante.Quindi ricapitolando nei primi stadi sempre chirurgia,se subentrano i
linfonodi terapia adiuvante e\o chirurgia,negli stadi più avanzati chemioeradioterapia salvo i casi di cui
abbiamo parlato in cui si può ricorrere alla chirurgia.Indipendentemente da tutto ricordate che il successo
della vostra terapia si gioca sulla diagnosi precoce e soprattutto sulla vostra sensibilità di medici di
confortare e sostenere il paziente.
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Chirurgia toracica, Lezione 5
Prof. Santini, 12/12/2013
Neoplasie della pleura
Grazie a
Maria Pia Palmiero
Come in tutti i distretti anatomici, anche nella pleura, possono esistere neoplasie benigne e neoplasie maligne. In effetti
cosa è la pleura?! E' formata da cellule mesoteliali, per cui l'unico vero tumore che nasce dalla pleura è il Mesotelioma. Sui
libri troverete anche una definizione di mesotelioma benigno. Il mesotelioma benigno non esiste!
In effetti si tratta di neoplasie sottomesoteliali, cioe' neoplasie che originano da altri tipi di cellule che non sono le cellule
mesoteliali. Inoltre la pleura, oltre che ,di tumori primitivi ,può essere sede di neoplasie secondarie (linfomi e leucemie)
e di metastasi che originano dal cancro del colon, della mammella, del polmone e cosi via. Sui libri troverete ancora la
definizione di mesotelioma localizzato; in effetti non è corretta questa definizione in quanto questo è un tumore che
origina dal tessuto fibroso sottomesoteliale e quindi è meglio definito come tumore fibroso della pleura. Ovviamente sulla
pleura possiamo trovare tessuto adiposo, quindi possiamo riscontrare lipomi, con la loro forma maligna di liposarcoma,
tumori dal tessuto muscolare della parete toracica e quindi tutto sommato non hanno niente a che vedere con la pleura
(miosarcomi o rabdomiosarcomi).
MESOTELIOMA LOCALIZZATO o TUMORE FIBROSO DELLA PLEURA
E' una neoplasia rara che ha comportamento incerto. Che significa? Volendo essere ottimisti lo definiamo come tumore
benigno ma in effetti qualche volta può anche dare qualche sorpresa. Si origina dal connettivo sottomesoteliale, nel
60-80%dalla pleura viscerale. E' spesso asintomatico e può essere caratterizzato dalla presenza di alcune sindromi
paraneoplastiche (osteoartropatia ipertrofica e sindromi ipoglicemiche piuttosto importanti). La sintomatologia è data
dalla sindrome di occupazione pleurica , quindi ci può essere dispnea, ci può essere tosse, ci può essere dolore toracico, o
senso di peso all'emitorace interessato. Qui vediamo alcuni casi (mostra delle immagini) in cui può raggiungere dimensioni
anche piuttosto cospicue; e questo è uno dei più grandi che abbiamo osservato nella nostra esperienza (medico che faceva
pesca subacquea, non giovanissimo, comincio' ad accusare dispnea , fece una radiografia del torace e si vide un completo
sovvertimento; la massa pesava 5KG).L'operazione è una cosa semplice in quanto è completamente libero, fissato alla
pleura da un piccolo picciolo, ovviamente si tratta di individuare questo picciolo, clamparlo, legarlo e si porta via questa
massa. L'escissione chirurgica rappresenta la cura definitiva in gran parte dei casi; qualche volta però, se questo picciolo
non è resecato bene la neoplasia può recidivare e in maniera del tutto eccezionale sono state descritte delle metastasi a
distanza.
MESOTELIOMA MALIGNO
E' una neoplasia maligna di origine mesoteliale, colpisce tutte le sedi dove c'è mesotelio, quindi colpisce anche il peritoneo
o la tonaca vaginale del testicolo. E' una malattia neoplastica infrequente, mortale, e per la quale sono disponibili limitate
opzioni teraputiche ancora oggi. Wagner nel 1960 eseguì un' indagine epidemiologica sui minatori del SudAfrica che
avevano contatti diretti con l'amianto e intuì che dovesse esservi una correlazione tra il tipo di lavoro e il mesotelioma,
perchè in questi lavoratori questa malattia era del tutto eccezionale si manifestava con una strana incidenza, per cui nel
1960 lui pubblicò questo lavoro e fece suonare questo grosso campanello d'allarme. Il mesotelioma orami è noto che
deriva dall'esposizione all'amianto.Esistono altre teorie, certamente esistono fattori genetici alla base, infatti non tutti i
lavoratori esposti all'amianto vanno incontro al mesotelioma. Però per andare incontro al mesotelioma è necessario
l'esposizione all'amianto. E' pure vero che da qualche anno è stata proposta un'altra teoria eziologica che è quella
dell'esposizione al virus SV40 (Simian virus40) ,un virus della scimmia che contaminava il tessuto renale su cui venivano
coltivati i virus della poliomelite col vaccino di Salk , il primo tipo di vaccino che fu messo in commercio fine anni 50', e si
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ritiene che questa contaminazione possa essere all'origine del mesotelioma; in effetti su questo non c'è alcuna certezza.
L'amianto è un minerale fantastico, forse dal punto di vista tecnologico, senza arrivare ai materiali di sintesi moderni è
certamente il materiale migliore; resiste agli acidi ,alla fiamma, è malleabile, è filante etc. E' stato usato dappertutto negli
anni dal 30' al 92', sottolineo 1960 la relazione, 1992 la legge che ne ha vietata l'uso.E' un minerale che si presenta sotto
varie forme mineralogiche, la più imporante è la ciclesonide che può essere filata, tessuta ( tute dei pompieri, dei piloti,
materiali coibentanti delle navi, delle automobili, controsoffittature, etc...) L'Eternit è il cemento-amianto ed è stato usato
per
coperture
dei
tetti,
tubi,
collonne
fecali
delle
case,
serbatoi
d'acqua...
Etc
Vedete l'incidenza del mesotelioma nel mondo? Al primo posto c'è l'Oceania, e questo è facilmente intuibile, l'Italia si
piazza in una posizione non invidiabile, tra le più alte incidenze del mondo.In qualunque nazione D'Europa stiamo
assistendo a questo trend in aumento, sperando di assistere ad un decremento negli anni 20-30' di questo secolo. Perchè
si è assistito ad un incremento e si spera di vedere un decremento nel 2030? Perchè c'è necessità di un lungo tempo di
latenza tra il tempo di esposizione all'amianto e il tempo
utilizzo dell'amianto
di insorgenza del mesotelioma. Visto che gli anni di maggiore
sono stati gli anni dal 60' al 90', ci vogliono 30 anni perchè si manifesti il mesotelioma, per cui oggi
stiamo assistendo ad una vera e proprio epidemia legata all'attività lavorativa di 30 anni fa. Visto che nel 90' è stato
vietato l'uso, ci auguriamo che nel 2020-2030 si possa assistere ad un decremento. Il mesotelioma pleurico può
manifestarsi in età giovanile(Esempio: due bambini australiani che da piccoli praticavano la SAndbox, la sabbia in cui questi
bambini giocavano era amianto, e quindi in adolescenza sono morti di mesotelioma).IL rapporto dose-effetto non si
conosce, non si è riusciti a stabilire un quantitativo minimo per l'insorgenza del mesotelioma. Da un punto di vista clinico si
manifesta con il versamento pleurico e/o con il dolore toracico, questache rappresenta la sintoamtologia di esordio. Vi
può essere dispnea nelle fasi iniziali quando c'è il versamento pleurico e quando questo versamento diventa abbondante,
può essere accompagnato dalla febbre, una sudorazione notturna, tosse stizzosa per irritazione della pleura, e calo
ponderale neoplastico. A volte quello che fa sospettare qualche cosa è la deformazione della gabbia toracica, il pz si
guarda allo specchio e scopre improvvisamente di essersi curvato, comincia con una strana scoliosi a decorso rapido.
IL
mesotelioma, come il cancro del polmone, può essere accompagnato da sindromi paraneoplastiche (trombocitosi,
ipoglicemia, ipercalcemia e l'ipercoagulabilità).Dal momento della diagnosi all'evoluzione finale passa poco,la mediana di
sopravvivenza è 10 mesi. Il 6% dei pz è vivo a 24 mesi. Questa è la storia naturale.Con il progredire della malattia il
versamento tende ad essere assorbito, e si forma al posto del versamento una vera e propria cotenna (aspetto
patognomonico della malattia) che avvolge il polmone e si infiltra nelle scissure e retrae il torace, e questo è il motivo per
cui i pz presentano scoliosi,perche il tumore infiltrandosi nella parete toracica, gli spazi intercostali si riducono e la gabbia
toracica diventa sempre più piccola dal lato affetto e il pz si curva.Si ha una retrazione ed è un segno caratteristico del
mesotelioma; per cui se stiamo di fronte ad un pz con versamento pleurico di solito l'emitorace è espanso, ipomobile,
mentre nel mesotelioma è retratto. La RMN può essere utile , ci consente di capire se il mesotelioma si è diffuso
attraverso il diaframma, valutiamo quindi lo stato dell'addome. SI dice che il mesotelioma non dia metastasi a distanza.
Non è vero! Semplicemente non c'è tempo perchè si manifestino le metastasi; il pz muore per sindrome mediastinica, per
insufficienza respiratoria,infiltrazione lobo-regionale, spesso per tamponamento cardiaco, perchè il mesotelioma avvolge il
pericardio e impedisce la normale contrattilità del cuore. La diagnosi del mesotelioma è fondamentale, anche per dare al
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pz e ai familiari le armi per fare la loro battaglia legale, per cui è necessaria che venga eseguita su istologia; una volta fatta
la diagnosi è necessario fare la denuncia al registro regionale mesotelioma (è obbligatorio).Come si procede per una
diagnosi di certezza?! Ci si potrebbe accontentare di una toracentesi, del liquido pleurico, ma non è così.La positività
citologica sul liquido pleurico è molto bassa, non supera il 10%.E' difficile per l'anatomopatologo distinguere tra cellule di
adenocarcinoma e cellule di mesotelioma e solo tecniche sofisticate di immunocitochimica possono consentire una
diagnosi differenziale.A proposito della toracentesi Il liquido pleurico del mesotelioma ha una caratteristica: è filante come
il miele( in quanto è ricco di acido ialuronico, per cui rende il liquido particolarmente denso), non sempre, ma quando è
così è patognomonico, si può quasi essere certi che si tratti di un mesotelioma, quindi toracentesi serve a poco. Laddove
vediamo dei mammelloni pleurici, ben evidenti,
possiamo eseguire un agobiopsia con ago tracciante per via
transparietale e transmammellone pleurico,in questi casi la positività diagnostica è più alta rispetto alla toracentesi.Inoltre
nelle fasi successive quando il liquido viene riassorbito, la toracoscopia non è più possibile in quanto non c'è un cavo dove
entrare.In questi
casi è necessario eseguire uma biopsia che può essere eseguita con agobiopsia oppure qualche volta è
necessario eseguire una piccola toracotomia per andare a prelevare tessuto, in questi casi dobbiamo essere aggressivi.
Nella maggior parte dei casi , la diagnosi, si esegue con la toracoscopia in presenza di versamento pleurico e sospetto
diagnostico.Il mesotelioma è una malattia che si manifesta sotto diverse forme, per cui le biopsie devono essere
numerose, bisogna andare a prelevare su tutta la pleura, e anche nei casi di apparente negatività, bisogna eseguire piu' di
venti biopsie per essere sicuri di poter giungere alla diagnosi(.Es. presenza di noduli pleurici carnosi: diagnosi abbastanza
certa.) L'esposizione all'amianto può determinare altre patologie professionali, una è
l'ASBESTOSI che è una
pneumoconiosi che è una fibrosi polmonare simile alla silicosi, all'antracosi,che determina un insufficienza respiratoria e
l'altra sono
LE PLACCHE PLEURICHE , che sono degli ispessimenti scleroialini che si formano a livello della pleura
parietale e che sono sicuro segno di esposizione all'amianto ma non sono segno precancerosa; possono essere presenti
in concomitanza del mesotelioma ma non c'è una trasformazione maligna della placca pleurica in mesotelioma. Qualche
volta diventa difficile distinguerle.
Conosciamo 3 tipi di mesotelioma:
-Epiteliomorfo (prognosi migliore rispetto al 2 e al 3 e quindi vale la pena mettere in atto tutto da un punto di vista
terapeutico)
-Sarcomatoide
-Una forma mista tra le due.
Stadiazione: Nel corso della toracoscopia è possibile osservare la pleura parietale, la pleura viscerale , il diaframma,il
mediastino e tutti questi elementi contribuiscono alla stadiazione perchè si valuta l'estensione della neoplasia alla sola
pleura parietale che è lo stadio più favorevole oppure
l'entità del coinvolgimento della pleura viscerale; ci può essere
solo uno o due gettoni neoplastici o ci può essere una diffusione a tutto il polmone, lo stato della pleura mediastinica e del
diaframma, l'invasione del pericardio, sono tutti elementi che contribuiscono alla stadiazione.Anche in questo caso ci può
essere un coinvolgimento linfonodale come al cancro del polmone e la presenza o meno di metastasi a distanza. Quindi
possiamo raggruppare il tutto in stadi. Possiamo vedere un primo stadio
in cui il Coinvolgimento è limitato alla pleura
parietale, oppure con piccoli gettoni sulla pleura viscerale,oppure un interessamento piu esteso sulla pleura viscerale,
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oppure un interessamento della parete toracica o del mediastino oppure le metastasi a distanza.
Terapia: NOn esistono ancora linee Guida/Fino
a qualche tempo fa c'era un assoluto nichilismo terapeutico(si diceva:
mesotelioma?Non si fa nulla!); Oggi si è scoperto che la terapia multimodale può dare certamente qualche risultato.La
chemioterapia, radioterapia e chirurgia sono certamente i filoni su cui si regge la terapia di questa malattia.La
chemioterapia da sola ha avuto uno scarsissimo successo, soprattutto come monochemioterapia. Da qualche anno esiste
l'alimta (pemetrexed) che è un farmaco che ha rivoluzionato l'approccio terapeutico di questa malattia e in associazione
con il cis-platino ha dato risultati abbastanza favorevoli. Sono quindi i farmaci di prima scelta. La radioterapia aveva dei
fattori limitanti, essendo la malattia
una malattia diffusa che colpisce tutto il cavo pleurico, volendo andare a colpire
questa malattia si determinavano gravi complicanze di tipo circolatorio, respiratorio, nervoso, a livello del midollo, per la
grande radiosensibilità degli organi intratoracici. Veniva e viene utilizzato come trattamento adiuvante.Il mesotelioma è
una brutta bestia, perchè tende ad infiltrarsi e fuoriuscire attraverso i tramiti che noi abbiamo determinato per le indagini
diagnostiche(es. eseguiamo una toracoscopia, e su quel tramite possiamo trovare il tumore/ eseguiamo un agobiopsia, e
su quel tramite troviamo il tumore ...), per cui la regola è di eseguire quando il pz viene sottoposto ad un intervento
chirurgico, la toracotomia deve comprendere anche il tramite della precedente toracoscopia, e quando il pz non viene
operato, si esegue la radioterapia profilattica sul tramite dell'indagine diagnostica. La chirurgia ha come obiettivo:trattare
il versamento, ma anche allungare la sopravvivenza, e poi se è possibile somministrare terapie innovative endopleuriche.
OPZIONI
CHIRURGICHE:
Pleurodesi
in
VATS/
pleurectomia
parziale(trattamento
palliativo)
fino
alla
pleuropneumonectomia (trattamento curativo).
La terapia palliativa serve a migliorare la qualità della vita, impedendo la recidiva del versamento, ottenere la riespansione
del polmone, e ridurre il dolore.
La terapia curativa comprende la pleurectomia/decorticazione e la pleuropneumonectomia. Meno tumore si lascia e più
lunga è la sopravvivenza.La nostra strategia consiste nella pleurectomia-decorticazione radicale che consiste in un
intervento eseguito in toracotomia,con l'escissione di quei tramiti cutaneo-muscolari delle precedenti indagini
toracoscopiche, l'asportazione di tutta la
pleura parietale staccandola dalla faccia endotoracica, dalla pleura
diaframmatica laddove è possibile e la pleura mediastinica. Si decortica anche il polmone con, eventualmente delle piccole
resezioni polmonari se il tumore si aggetta
nel parenchima polmonare; resezione del diaframma e del pericardio e
ricostruzione protesica del diaframma e del pericardio; con una linfadenectomia mediastinica. IL polmone viene
decorticato ma rimane in sede, per cui il pz nel post-operatorio non avrà insufficienza respiratoria e inoltre il polmone
potrà riespandersi.L'altro intervento che può essere eseguito è la pleuropneumonectomia. Che associa la pleurectomia
radicale con l'asportazione del diaframma e del pericardio e la pneumonectomia, cioè viene asportato tutto il pacchetto
staccando la pleura dalla faccia endotoracica e andando a legare i vasi all'ilo per via intrapericardica, portando via anche il
pericardio e il diaframma.E' un intervento
qualità della vita post operatoria
che ha un alta incidenza di complicanze e di mortalità ,ma soprattutto una
molto peggiore rispetto al precedente.Noi abbiamo messo a punto un protocollo che
prevede una chemioterapia neoadiuvante, due cicli di terapia prima dell'intervento, poi l'intervento di
plerectomia-decorticazione e poi la radioterapia post operatoria.
Terapia sperimentale: terapia fotodinamica in corso di intervento, la chemioterapia ipertermica, cioè viene inondato il
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cavo pleurico di questo farmaco a 42gradi, aumentandone l'efficacia,l'immunoterapia oppure la terapia genica.
SUPPURAZIONI POLMONARI : ASCESSO e BRONCHIECTASIE
ASCESSO:
In conseguenza di un processo necrotico suppurativo del parenchima polmonare di origine batterica si forma una cavità
"neoformata" ( differenza con l'empiema: cavità prefomata).C'è un focolaio di essudazione, avviene poi la necrosi e si
forma questa membrana piogenica che tenta di delimitare il processo suppurativo.E' una membrana piogenica, all'interno
della quale avvengono dei processi anche a carico dei vasi in cui vi è una trombosi che determina poi quei principi di
necrosi e può accadere che la sepsi stessa, erode questi vasi e possono sanguinare. C'è una sorta di circolo vizioso
(trombosi , emorragia, processo necrotico che mangia altro parenchima polmonare e quindi la cavità tende ad allargarsi e
con un tentativo di delimitare il processo (membrana piogenica). Si definisce Gangrena un processo simile ma molto più
aggressivo,determinato da germi molto più patogeni, in cui il processo necrotico è più evidente.
Epidemiologia: abbastanza frequente negli anni 40' poi è crollato, con l'avvento degli antibiotici si è assitito ad un
decremento; oggi c'è di nuovo un incremento. Perché? - Resistenza agli antibiotici e aumento delle
immunodeficienze.L'ascesso polmonare è un infezione del parenchima polmonare; Si manifesta spesso per via
discendente, può certamente essere secondaria ad una diffusione epatica di un infezione in altra sede, può essere
determinata da processi infettivi polmonari come la polmonite , che poi si trasforma in un ascesso, può essere il passaggio
diretto transtoracico di una ferita,
o per continuità di una mediastinite. La via discendente è la più frequente, i germi
devono passare attraverso le vie aeree superiori, nella trachea e giungere negli alveoli; è necessario perchè avvenga ciò
che il pz inali qualcosa contenuto nella bocca. E cosa può esserci nella bocca? Materiale purulento proveniente dagli
ascessi dentali, ascessi tonsillari. Si trattava di pz tossicodipendenti, alcolisti , in cui in seguito a perdita di conoscenza era
più facile che avvenisse l'ab -ingestis. In caso di diagnosi di ascesso polmonare la bonifica del cavo orale è una cosa che
bisogna fare subito.Anche altre patologie possono determinare situazioni del genere, e ci riferiamo a
infarto,neoplasie,bronchiectasie,presenza di bolle, corpi estranei, i traumi ,e a questo, si accompagna infezioni sistemiche
da immunodeficienza, come il diabete, la malnutrizione etc. I germi chiamati maggiormente in causa sono stafilococco e
streptococco. L'eziologia nei pz immunocompetenti raramente è parapneumonica, e quindi è più spesso legata
all'inalazione di materiale purulento dalla bocca e generalmente i germi sn anaerobi, più aggressivi provenienti dal cavo
orale.Nei pz immunodepressi è semplicemente una banale polmonite e più spesso sono stafilococchi e streptococchi, la
sede unica e multipla negli immunodepressi, terapia antibiotica più lunga rispetto a quella degli immunocompetenti, la
prognosi è peggiore rispetto ai sogg immunocompetenti.
Clinica: Il pz sta male , ha febbre, dolore toracico, tosse
e riferisce la
VOMICA, l'espulsione con la tosse di materiale
proveniente dalle vie aeree (segno caratteristico dell'ascesso).Alcuni soggetti dopo una vomica possono andare incontro a
guarigione,non è frequente.La febbre comincia ad essere persistente senza raggiungere valori elevatissimi, c'è una
espettorazione continua nel corso di tutta la giornata, e un risentimento delle condizioni generali.Il materiale espulso può
diventare anche ematico, e l'emottisi è la causa principale di mortalità nei pz con ascesso polmonare.
COMPLICANZE dell'ascesso: espettorazione continua di materiale purulento magari in un pz che decombe
a letto , può
determinare il passaggio del materiale nel polmone controlaterale (complicanza grave, che può portare polmonite,
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addirittura si formano ascessi nel polmone controlaterale); ci può essere un piopneumotorace, quando l'ascesso si può
aprire nel cavo pleurico con passaggio nel cavo di pus, aria
e collasso del polmone ed empiema da ascesso; schok
settico; emottisi;e la cronicizzazione in cui la membrana si mantiene si ispessisce , e il pz non guarisce.
DIAGNOSI: Prima di tutto si deve escludere un cancro e poi cercare l'agente patogeno.Nella fase iniziale si presenta come
un consolidamento di una certa zona di polmone, altro non è che una polmonite,dopo che abbiamo avuto la vomica, il
quadro cambia, le zone di opacità presenteranno delle zone di rarefazione , presenterà
dell'aria nel contesto delimitata
da un margine più o meno spesso, con un livello più o meno alto idroaereo in relazione al contenuto di liquido che è
rimasto nell'ascesso.La TAC conferma il reperto della radiografia, una formazione rotondeggiante, con contenuto liquido,
in cui possono essere o meno presenti delle bolle di aria, o gas se i germi sono anaerobi, in comunicazione con il
bronco.Perchè avvenga la vomica è necessario che la necrosi raggiunga un bronco di calibro adeguato e si apre in
quest'ultimo. Distinguere questa patologia
dal cancro-ascesso, una neoplasia che dà vita ad una cavità nel contesto della
neoplasia stesso.C'è una differenza tra ascesso e cancro da punto di vista iconografico , perchè nell'ascesso i margini
interni
sono più lisci e lo spessore della parete di solito non supera i 15 mm, sono sempre probabilità statistiche( mai
fare appello solo a queste caratteristiche).Oltre ad una diagnosi differenziale con il cancro-ascesso si procede con l'esame
delll'espettorato.Il materiale mandato ad esaminare sicuramente è contaminato da germi presenti nella bocca diversi da
quelli che hanno dato origine all'ascesso, e quindi ha un significato meno probante rispetto ad altri prelievi che vengono
eseguiti con l'agoaspirato transparietale e con la broncoscopia. Il materiale viene inviato in microbiologia per l'esame
colturale, ma viene mandato anche in anatomia patologica( per escludere che si tratti di un cancro) .La broncoscopia è
fondamentale perchè ci consente di prelevare il materiale direttamente dall'ascesso e quindi l'esame colturale sarà molto
più attendibile.
Terapia medica: antibiotico-terapia mirata prolungata nel tempo per almeno 6-8 sett / trattandosi di una malattia settica è
necessario procedere con una terapia di supporto , sia essa nutrizionale, con parenterale totale/ abolizione fumo
e alcol/
bonifica cavo orale/ drenaggio posturale, cercando di mantenere deterso l'ascesso per cui bisogna far si che il pus venga
fuori senza accomularsi nell'ascesso o contaminare il polmone controlaterale (il pz si posiziona in modo tale che bronco
drenante sia in posizione declive rispetto all'ascesso, il pz tossisce e si libera) / con la broncoscopia possiamo iniettare
antibiotici direttamente nel cavo ascessuale.
Terapie alternative: drenaggio transparietale (drenaggio alla "Monaldi" .Viene indicata nelle contamizioni controlaterale o
ascesso in rapido aumento. ( viene usato poco)
Terapia chirurgica: si ricorre all'exeresi chirurgica quando il pz con la terapia medica non guarisce, quando la lesione tende
a cronicizzare, nelle recidive o nelle emottisi massive, quando l'ascesso ha distrutto un lobo polmonare, in presenza di
empiema, o in un sospetto di cancro.
Pneumatocele:può essere una conseguenza dell'infezione polmonare , una cavità a parete molto sottili, senza vomica,
secondaria di solito ad una infezione da streptococco pneumoniae, si forma un bolla che può rompersi dando origine a
delle complicanze, tende di solito alla guarigione.
BRONCHIECTASIE
Sono delle dilatazioni anomale dei bronchi, prevalentemente segmentarie e subsegmentarie da alterazione della
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componente elastica e cartilaginea, da processi distrofici e infiammatori.Si distinguono in bronchiectasie congenite
(Sindrome di Kartagener, fibrosi cistica, sindrome da ipomobilità ciliare,sindrome di Young), sono situazioni piuttosto rare
e gravi in cui si associano alterazioni a livello bronchiale con alterazioni di altri organi, e bronchiectasie acquisite. Ciò che
certamente esiste come vero problema congenito è un altro, in cui le bronchiectasie non sono congenite come
bronchiectasie, ma sono congenite le patologie che determinano la formazione di bronchiectasie ,attraverso il passaggio di
un meccanismo infiammatorio in cui gli enzimi proteolitici hanno il predominio rispetto alle antiprotesi e determinano
quel danno tissutale a livello della pars cartilaginea dei bronchi che determinano la dilatazione con un circolo vizioso (
dilatazione dei bronchi- accumulo dei muchi- colonizzazione batterica- infiammazione- danno tissutale e ancora
bronchiectasie).Il meccanisco congenito che determina questo circolo vizioso è l'inefficacia del meccanismo della
clearance ciliare a
livello bronchiale che
fa accumulare le secrezioni, le quali
poi si infettano.
Quindi i meccanismi sono questi: - accumulo di secrezioni quindi meccanismo da pulsione endoluminare- infezione ed
ostruzione( soprattutto Pseudomonas Aeruginosa) e atelettasia che determina una trazione radiale sui bronchi.
Possono essere LOCALIZZATE, come conseguenza di un ostruzione bronchiale, ad esempio da corpo estraneo, la sindrome
del lobo medio (tipica dei pz tubercolari,e non solo, in cui vi è un aumento di dimensioni dei linfonodi situati in prossimità
dello sperone del lobo medio, aumentando di dimensioni, i linfonodi schiacciano il lobo medio il quale va incontro a
processi di tipo atelettasico, suppurativo e formazione di bronchiectasie) o DIFFUSE (da meccanismi congeniti).
Fattori predisponenti : Patologie congenite (immunodeficienze, fibrosi cistica, ipomobilità ciliare, sindromi di
Kartagener)oppure ostruzioni bronchiali in relazione a corpi estranei, neoplasie , compressione ab estrinseco, bronchiti,
tubercolosi, morbillo e pertosse.
Sedi: lobo inferiore, lobo medio, la lingula, spesso sono bilaterali.
Aspetto macroscopico : possono essere cilindriche, sacciforme( in cui si può accumulare muco dando origine al mucocele)
o fusiformi.
Sintomatologia: Tosse, accumulo di secrezioni, ed espulsione soprattutto al mattino,alitosi( il muco è maleodorante),
dispnea, emottisi ( in questi pz può essere gravissima)
Diagnosi: Sospetto al quadro clinico, la radiografia può dirci qualcosa, certamente la TAC è quella che ci consente di
eseguire la diagnosi con maggiore precisione.La broncografia, eseguita iniettando il mezzo di contrasto direttamente nei
bronchi, oggi
non si usa più.
Terapia medica : Cercare di rimuovere la causa, controllare le infezioni, mantenere puliti i bronchi, eseguire cicli di terapia
con espettorati, broncodilatatori, fisioterapia, broncomedicazione mirate con broncoscopia, instillazione di antibiotici
mirati.
Terapia chirurgica: indicazioni alla chirurgia soprattutto per problemi psicologici ( alito fetido).Oggigiorno si cerca di non
operare più, anche in caso di emottisi massiva , Si ricorre invece all'embolizzazione dell'arteria bronchiale, cannulando la
femorale, salendo lungo l'arteria , evidenziando
l'arteria bronchiale ed embolizzandola. In questo modo si ha un rapido
controllo dell'emorragia, soprattutto per stoppare l'emorragia
definitivo
e portare il pz ad un eventuale trattamanto chirurgico
in condizioni migliori.
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Chirurgia toracica 9/12/2013 prof. Santini
Allora, oggi affrontiamo un pò le patologie del mediastino. Che cos’è il mediastino? Il
mediastino è una regione anatomica che è in mezzo tra I due spazi pleurici, delimitata in
alto da quello che è il giugulo e le clavicole, in basso dal diaframma, posteriormente dalla
colonna vertebrale e ai lati dalla pleura mediastinica. In effetti è una regione anatomica che
per ovvi motivi, visto quello che c’è al suo interno, rappresenta una zona di grande
importanza dal punto di vista patologico. Nel contesto del mediastino troviamo delle
strutture che partecipano a diverse funzioni: c’è un cellulare lasso, grasso, che svolge una
funzione di ammortizzatore, di equilibrio, di adeguamento di quello che è la pressione
all’interno del mediastino e quella che è la pressione tra gli spazi pleurici, partecipando alla
dinamica cardiocircolatoria e quella che è la vis a fronte. Voi sapete che esiste una vis a
tergo e una vis a fronte:
la vis a tergo è la forza che spinge il sangue nel circolo;
la vis a fronte è la forza che aspira il sangue, che favorisce quindi il transito, il circolo del
sangue con una forza di aspirazione e questa aspirazione è data proprio dalla negatività
della pressione endopleurica, soprattutto negli atti inspiratori che si trasferisce in parte
attraverso quello che è il cellulare lasso, al mediastino e quindi ai grossi vasi in esso
contenuti.
Inoltre il mediastino è anche la sede di transito per l’aria (? ndr. casino di fondo), il sangue
e gli stimoli nervosi. In effetti il mediastino rappresenta un pò quella che è la “sala
macchine” del nostro organismo e lì dove ci sono le pompe, dove ci sono i tubi, quindi il
transito di tutto quello che contribuisce alla resa dinamica (?)
È diviso in regioni ed è una suddivisione che assume estrema importanza in quanto
oggigiorno certamente abbiamo degli ausili con immagini come la TAC, la risonanza
magnetica, che hanno facilitato di molto il compito del clinico, del diagnosta, nel
distinugere, nel formulare la diagnosi delle masse mediastiniche ma in epoca precedente
alla TAC era estremamente difficile formulare un’ipotesi diagnostica per quanto riguarda le
patologie del mediastino. E quindi si era convenuto di suddividere il mediastino in tre
zone: un mediastino anteriore, un mediastino medio e un mediastino posteriore in quanto
in ciascuno di esse esistono delle strutture anatomiche e in ciascuna di essa va a
localizzarsi con maggiore frequenza alcune patologie caratteristiche.
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•
Quindi vediamo, ora nel mediastino anteriore che cosa troviamo? Troviamo il timo
qui in alto, poi troviamo dei linfonodi, il tessuto connettivo, il grasso mediastinico.
•
Nel mediastino medio che cosa troviamo? Troviamo il cuore con il pericardio, I
grossi vasi, l’aorta, la vena cava, lo sbocco dell’azygos, la trachea e i bronchi
principali, i vasi polmonari, alcuni linfonodi, il dotto toracico e ancora grasso e
connettivo.
•
Nel mediastino posteriore invece, oppure detto mediastino paravertebrale, che
cosa troviamo? Troviamo la vena azygos e emiazygos, la catena del simpatico e i
nervi intercostali.
Ovviamente quindi considerando quelle che sono le strutture anatomiche nelle diverse tre
zone, potete già cominciare a pensare quali possono essere le patologie che vengono
localizzate in queste tre distinte zone. Ovviamente come sempre, parlando di patologia
chirurgica, il primo argomento che si affronta è quello degli stati infiammatori di un viscere
o
di
una
regione
anatomica.
E
quindi
mediastiniti. Mediastinite è un’affezione
infiammatoria che possiamo riscontrare in forma acuta o in forma cronica. Si tratta di due
patologie ben distinte:
la cronica in effetti non è una cronicizzazione dell’acuta in quanto per mediastinite acuta,
cosa definiamo? Definiamo quelle situazioni che come vedremo sono conseguenze di
processi infiammatori quanto mai violenti, secondari a perforazioni esofagee oppure alla
mediastinite necrotizzante discendente o alle mediastiniti chiurgiche post-sternotomiche.
Invece per mediastinte cronica intendiamo due forme: una forma granulomatosa
secondaria a processi di tipo infettivo, micotico, come la ????, la tubercolosi oppure forme
fibrotiche che possono essere granuilomatose in fase avanzata oppure idiopatica. Adesso
vedremo un pò nel dettaglio quelle che sono le mediastini acute e quelle che sono le
mediastiniti croniche.
La mediastinite fibrosante detta anche mediastinite sclerosante, fibrotico mediastinite, è
una patologia che dalle nostre parti è piuttosto rara, è più frequente negli Stati Uniti ed è
caratterizzata da un’infiammazione cronica ma soprattutto dalla proliferazione di tessuto
fibroso, denso, stenosante al livello del mediastino, lo vedete in questa TAC: vedete come
tende a infiltrare tutto il cellulare lasso mediastinico, quindi a comprimere quelle che sono
le strutture in esso contenute, le vie aeree, questa è la trachea a livello della carena, questa
è la cava, vedete come già è compressa. È caratterizzata da, dicevo, dalla formazione,
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dall’accumulo di connettivo fibroso a livello mediastinico, si manifesta soprattutto in donne
giovani e questo come dicevo soprattutto negli Stati Uniti, ed ha una sintomatologia
quanto mai varia che può variare dall’essere asintomatico fino a situazioni di estrema
gravità tali da comportare la comparsa di una sindrome mediastinica e vedremo
successivamente che cosa si intende per Sindrome Mediastinica; è una patologia che può
portare quindi a morte per compressione, come vedete, di questa cava che è
completamente ridotta di volume, anche sulla trachea c’è una certa compressione tanto da
far assumere questo aspetto quasi a fordero di sciabola, e con una sopravvivenza a 5 anni
che è intorno al 50%. Purtroppo non esiste una terapia per la mediastinite sclerosante, o
per la fibrosi mediastinica. In considerazione di quello che dicevamo, che può essere
secondario a micosi, infezione da Histoplasma capsulato, si è prospettata una terapia in
associazione di antifungini e di steroidi sistemici però con scarsi risultati. La chirurgia può
trovare indicazione raramente nel tentativo di liberare il mediastino da questa
compressione da parte di questo tessuto connettivo, oppure possono essere messi in atto
trattamenti locali sintomatici, per alleviare appunto quella che è la sintomatologia legata
alla compressione di questi visceri e di trachea o vasi come vedete in queste diapositive,
vedete questo è uno stent vascolare posizionato nella cava per cercare di ripristinare il
transito venoso della cava e questo invece è uno stent tracheale per consentire alla
paziente di respirare.
MEDIASTINITE ACUTA:
•
perforazione esofagea
•
necrotizzante discendente
•
post-sternotomia
MEDIASTINITE CRONICA:
•
granulomatosa
•
sclerosante
Che cos’è invece la mediastinite acuta? Abbiamo detto che nel mediastino esiste questo
cellulare lasso che è purtroppo scarsamente dotato di poteri difensivi nei confronti delle
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infezioni, per cui germi che penetrano nel mediastino possono trovare terreno fertile per
proliferare e determinare quello che sono i gravissimi quadri che si configurano proprio
nella definizione di mediastinite acuta. Quindi le caratteristiche anatomo funzionali del
mediastino da una parte e la eziologia che è quasi costantemente, come vedremo,
polimicrobica, fanno sì che la mediastinite acuta rappresenti un evento estremamente
grave con una mortalità che spesso raggiunge il 50-60-70%. Ovviamente molto dipende
dall’eziologia di questa mediastinite acuta, dipende dalla diagnosi più o meno precoce e
dal trattamento con ???? Esistono dei sintomi generali di mediastinite che sono legati
proprio al quadro settico caratteristico di questa patologia e quindi vi può essere dolore,
febbre di tipo settico, dispnea, quadri collaterali di sepsi (leucocitosi) fino a configurarsi
quello che è lo shock settico conclamato. E questo è un quadro generale indipendente da
quella che è l’origine della mediastinite e segno soltanto di una grave infiammazione del
mediastino. È chiaro che poi la sintomatologia ha sfumature diverse da quella che è la
causa di questa mediastinite. E allora cominciamo con la mediastinite da perforazione
esofagea.
1. La perforazione esofagea è una situazione di estrema gravità che può presentare
diverse eziologie: può essere spontanea, traumatica o iatrogena. La mortalità può
raggiungere il 50% dei casi o anche superarlo, questo perchè? Perchè in
conseguenza di una perforazione esofagea che cosa si ha? Si ha il transito, si ha il
passagio del materiale proveniente dalla bocca nel mediastino, e voi sapete o
dovreste sapere che la bocca è un luogo dove albergano batteri estremamente
patogeni, molto spesso anaerobi che determinano chiaramente una gravissima
contaminazione batterica ma soprattutto nelle fasi iniziali vi è un’irritazione di tipo
chimico determinata da quelli che sono gli enzimi contenuti nella saliva, per cui vi è
una prima fase caratterizzata dall’irritazione chimica determinata in parte dagli
enzimi della saliva, in parte anche laddove la perforazione si abbassa o esiste un
reflusso, un passaggio del contenuto acido-gastrico nel mediastino, per cui si ha
certamente una mediastinite chimica. Su questa mediastinite chimica compare
rapidamente una contaminazione batterica, quindi avremo una mediastinite settica e
insieme
si
configura
quel
quadro
di
mediastinite
necrotico
suppurativa
estremamente grave che in conseguenza dei danni diagnostici o degli errori
terapeutici può dare origine alla mediastinite necrotico suppurativa spesso diffusa,
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qualche volta, nei casi più fortunati, circoscritta e in questo caso si parla di ascesso
mediastinico.
Questo signore che vedete qui è il grande ammiraglio della flotta olandese. Direte
voi che cosa c’entra questo signore? C’entra perché questo signore aveva una strana
abitudine, era una persona che amava molto mangiare ed era solito fare come
facevano gli antichi romani che nel corso del banchetto si procuravano il vomito per
continuare a mangiare a crepapelle. Un giorno gli andò male perchè come lui stesso
racconta a chi raccolse il suo caso clinico improvvisamente sentì scoppiare qualcosa
dentro, un dolore atroce e rapidamente le condizioni peggiorarono e in alcune ore
morì. E questo signore pacioccone che vedete qui è Hermanno Boerhaave che era
uno scienziato molto eclettico che si interessava di un pò di tutto: di botanica, di
zoologia e anche un pò di medicina ed ebbe l’opportunità di eseguire l’autopsia del
grande ammiraglio olandese e descrisse per primo quella che oggi si chiama
appunto Sindrome di Boerhaave che è la rottura spontanea, “post emetica”
dell’esofago e Boerhaave ci descrive nel suo libro la situazione che trovo: trovò nel
cavo pleurico di questo signore tutto ciò che aveva mangiato fino a descrivere
l’odore di porto che si sentiva per tutta la sala tanto che aveva bevuto, anche molto.
Da cosa è determinata? È determinata da un aumento della pressione endoluminare,
spesso da una incoordinazione del vomito con un conato, con una chiusura dello
sfintere esofageo superiore che dà un aumento della pressione endoluminare che
può portare alla rottura del viscere, rottura che avviene di solito nella parete postero
laterale del ⅓ inferiore del viscere con un’incidenza più frequente nei maschi che
nelle femmine; anche se una delle cause della Sindrome di Boerhaave può essere il
parto. Fortunamente è eccezionale. È una situazione certamente gravissima, vi
rendete conto che se avviene tutto come nel caso del grande ammiraglio, abbiamo
il passaggio di gran parte del contenuto gastrico nel mediastino e vi rendete conto
di cosa possa succedere.
2. Altra eziologia è il trauma che può avvenire a seguito di una ferita da arma da taglio
o arma da fuoco, può avvenire in conseguenza di traumi chiusi per esempio per
l’urto contro il volante, si può avere una lesione da scoppio dell’esofago.
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È descritta la rottura da gas compressi nei gommisti: nel gonfiare una ruota, la ruota
è scoppiata e loro avevano la bocca aperta e questo violento spostamento d’aria ha
determinato lo scoppio dell’esofago ma diciamo che la causa più frequente è il
passaggio di corpi estranei, oppure –oggi fortunatamente è rara- ma dalle nostre
parti era molto frequente negli anni che furono è l’assunzione di caustici.
L’assunzione dei caustici era il modo che usavano le fanciulle di queste parti per
dimostrare il proprio amore non corrisposto alla persona amata, per le crisi coniugali
o per le crisi di fidanzamento le ragazze bevevano la soda caustica. Ne abbiamo
visto ancora qualcuna qualche anno fa. Ma soprattutto vediamo oggi quello sono le
conseguenze a lungo termine. Il mio nonno accademico, il prof. Ruggieri, prof del
mio prof, diceva che queste ragazze si suicidavano dopo 30-40 anni perchè questa
assunzione di caustici, laddove non portava a morte rapidamente determinava una
esofagite da caustici che portava a stenosi esofagea, quindi difficoltà del transito,
ma anche a insorgenza di cancro dell’esofago per la continua irritazione a carico del
viscere.
La causa più frequente oggi sono le lesioni iatrogene, in parte associata a corpi
estranei: l’estrazione del corpo estraneo può determinare una lesione nel corso di
encoscopia durante un’asportazione ma anche per altre manovre: dilatazioni
strumentali, posizionamento di protesi o endoprotesi esofagee o anche come
conseguenza di interventi chirurgici, ad esempio con un intervento sul polmone,
dove si esegue la linfoadenectomia radicale si può anche determinare l’asportazione
dei linfonodi paraesofagei e dunque una lesione a carico del viscere. Vedete questa
è una casistica della letteratura e vedete che la maggiore incidenza di perforazioni
esofagee è legata proprio all’endoscopia, alla dilatazione e così via anche con il
posizionamento di un sondino naso-gastrico, soprattutto nei casi di esofago
patologico può comportare la perforazione retrograda. In ogni caso la diagnosi
tempestiva è indispensabile per ridurre le complicanze e la mortalità. Avete visto in
precedenza quello che è il circolo vizioso che comporta quella situazione
ingravescente in maniera rapida della mediastinite per cui l’intervento precoce può
far sì che si riesca a bloccare questo processo di insorgenza mediastinitica. Per cui
vediamo, accanto a quella che è la sintomatologia tipica di tutte le forme di
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mediastinite esiste certamente una sintomatologia che è correlata a maggior misura
a quella che è l’eziologia della perforazione.
Abbiamo poi questa triade sintomatologica che può manifestarsi nelle perforazioni
esofagee come:
•
odinofagia, ovvero dolore alla deglutizione;
•
enfisema sottocutaneo per il passaggio di aria nel mediastino;
•
lesioni più basse laddove si può associare un quadro di peritonite che si
manifesta come una contrattura di difesa del tratto gastrico
Dal punto di vista radiografico i segni quali possono essere? Possono essere visibili
nelle radiografie standard del torace, come nell’enfisema sottocutaneo vedete qui al
collo, qui nell’enfisema mediastinico, si nota uno slargamento del mediastino per
l’ingresso di aria nella loggia mediastinica. Oppure come in questo caso pnx per il
passaggio di aria nel cavo pleurico. È chiaro che il mediastino è separato dal cavo
pleurico dalla pleura mediastinica ma questa è una membrana estremamente fragile
per cui facilmente può essere essere lesa e superata dal passaggio di aria o di
contenuto esofageo quindi in questo caso vedete il pnx, il questo caso oltre al pnx
vedete anche un liquido, quindi un livello idroaereo, idropnx. Da cosa viene
confermata la diagnosi di lesione esofagea mediante la esofagografia. Cosa è
l’esofagografia? È quella diagnosi che viene eseguita dando al paziente da bere un
mezzo di contrasto radiopaco, si può usare il bario o si può usare il Gastrographin.
Per sospetto di una lesione esofagea si usa il Gastrographin perchè è un mezzo
idrosolubile che non determina a sua volta danni a livello del mediastino. Qualora la
perforazione sia presente il Gastrographin è poi soggetto a idrolisi e quindi
riassorbito ed eliminato. Allorquando il Gastrographin risulti negativo per migliorare
la accuratezza diagnostica si può dare con attenzione del bario e questo vedete è
un esame con il Gastrographin di una lesione esofagea. Il lume viene colorato dal
Gastrographin e qui vedete questo spiffero, c’è qui una lesione esofagea. Ancora
un’altra immagine, questo è il cardias e questo è il mezzo di contrasto che espande
al di fuori del viscere. Quindi questo ci conferma la diagnosi. Questo invece è un
altro caso di lesione iatrogena da scleroterapia, cosa è la scleroterapia? È una
metodica che si attua allorquando il pz presenti delle varici esofagee per cui si
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inietta un mezzo liquido sclerosante che determina la trombosi delle varici ma
chiaramente essendo un mezzo estremamente irritante può determinare anche la
lesione della parete esofagea. Questo è un caso piuttosto particolare in quanto si
applica al contrario il m.d.c. non dall’interno all’esterno del viscere esofageo. Questo
è il caso di un giovane che venne alla nostra osservazione qualche tempo fa,
presentava una lesione da arma da fuoco al collo, allora per evidenziare se questa
lesione fosse comunicante con l’esofago si eseguì una fistolografia. Per fistolografia
si intende la radiografia eseguita iniettando tramite il tratto fistoloso del m.d.c. In
questo caso il mdc iniettato si visualizzava l’esofago, colorandolo e confermando la
lesione. Alla TC i segni sono abbastanza evidenti, vi è enfisema sottocutaneo,
pnxmediastino. Vi è anche edema della parete dell’esofago, con cavità periesofagee
ma soprattutto ciò che è patognomico lo spandimento del mdc nel cavo pleurico.
Ancora, l’esofagoscopia è utile? Certamente può rappresentare un pericolo se
eseguita in maniera poco cauta: se vi è una lesione precedente. Ma questa è
indispensabile per giungere ad una diagnosi. Vedete qui abbiamo una spina di
baccalà che la signora aveva ingerito facendo la zuppetta nel sugo di baccalà e che
per sua fortuna aveva dato una fistola a gobbetta, quando stavo io in endoscopia
digestiva riuscii a toglierla e la signora guarì perchè la fistola era coperta.
In effetti in presenza di una perforazione esofagea quale è l’iter terapeutico?
Bisogna impedire al più presto la contaminazione del mediastino del cavo pleurico
perchè bisogna combattere l’infezione e quindi bisogna cercare di chiudere se
possibile questa perforazione, far riespandere rapidamente il polmone, ristabilire la
continuità del tratto grastro intestinale e mantenere il pz mediante nutrizione
parenterale che deve essere ipercalorica (2500 kcal) quindi i principi terapeutici sono:
•
sospensione dell’alimentazione per os
•
atropina e anti-H2 per ridurre la secrezione gastrica e salivare, riducendo il
passaggio di materiale attraverso l’esofago
•
antibioticoterapia a largo sprettro
•
alimentazione parenterale ipercalorica per combattere lo stato catabolico del
pz
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Esistono poi le indicazioni chirurgiche che sono diverse per caso clinico, in relazione
all’intervallo di tempo trascorso dalla lesione alla diagnosi e quello che è lo stato
settico del pz. Quindi certamente:
•
sutura diretta, laddove possibile
•
esofagectomia in casi particolari
•
drenaggio con tubo a T
Allorquando la sutura diretta non è possibile perchè è trascorso molto tempo,
quindi i punti su un terreno infetto, non sufficentemente sano, tale da non garantire
la tenuta della sutura, si può eseguire l’esclusione bipolare, si esclude l’esofago dal
transito alimentare, mantenendo il pz completamente a digiuno, impedendo quindi
anche il transito della saliva con quest’esclusione in alto e chiudendo anche
l’esofago al livello del cardias per mettere a riposo il viscere e far eseguire una
guarigione ritardata. Questo si può fare con delle suturatrici particolari con dei punti
riassorbibili quindi che nel corso del tempo possono riaprire il lume del viscere.
Oggi si usano protesi autoespandibili.
3. Altra condizione estremamente importante per I medici di base è un ascesso dentale
o una faringite che se trascurate possono portare a mediastinite necrotizzante
discendente con una mortalità del 40-50%. In effetti come dicevo è secondaria ad
infezioni del tratto cervicale che possano essere infezioni odontogene, orofaringee o
legate a interventi chirurgici della zona che per la particolare struttura anatomica del
collo e del mediastino che comunicano ampiamente l’uno con l’altro, qui sono
presenti dei piani di scivolamento rappresentato dalle fasce cervicali, vi rendete
conto di come sia facile l’infezione, per gravità o attratta per la negatività
endomediastinica che risente di quella endopleurica.
I germi chiamati in causa sono batteri anaerobi, GRAM negativi, in grado di
determinare gravissime infezioni.
La mediastinite si presenta con un quadro settico, mediastinite al collo, con il trisma
(contrazione del massetere con impossibilità di aprire la bocca), con la disfagia,
disfonia e insufficienza respiratoria.
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La terapia è certamente legata ad antibiotico terapia a largo spettro ma soprattutto
al drenaggio chirurgico, che deve essere ampio che comporta incisioni multiple, al
livello cervicale e toracico. Nonostante questo la mortalità rimane elevata, ovvero
intorno al 40% per il grave stato di sepsi e per il danno generale dato da erosione
vascolare con polmonite e focolai settici cerebrali per embolizzazione settica da
questo materiale purulento.
4. Mediastinite post-chirurgica, post sternotomia. Questa è sempre una spada di
Damocle per i pazienti ricoverati in cardiochirurgia con raccolta purulenta
retrosternale data da Staphylococcus Aureus, Gram - . Dato il bypass spesso
effettuato prendendo l’arteria mammaria per la rivascolarizzazione coronarica,
avviene una riduzione della portata di sangue allo sterno che contribuisce
all’istaurarsi del quadro settico per diminuita difesa locale, nonchè a contribuire al
ritardo cicatriziale osseo dello sterno che rimane mobile.
Fattori favorenti:
•
Obesità
•
Diabete
•
BPCO
•
Mobilità dello sterno
•
Dissezione dell’arteria mammaria
A volte i punti di acciaio di sutura possono rompersi per “fatica del metallo”. È
sempre difficile operare in questa sede perchè il materiale estraneo è di per sè è
fonte di infezione.
SINDROME MEDIASTINICA:
Estremamente importante perchè è una sindrome, quindi un insieme di segni e sintomi
determinati dalla compressione delle strutture mediastiniche, questi segni possono
essere variamente associati, di solito prevalgono quelli respiratori e circolatori.
Respiratori (anche compressione da gozzo):
•
Dispnea da sforzo
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•
Tirage (evidenza della fatica inspiratoria, reclutamento dei muscoli accessori,
rientramento degli spazi sovraclaveari e intercostali)
•
Cornage (rumore, stridore del passaggio dell’aria attraverso la trachea stenotica)
•
Tosse
Circolatori:
•
Cianosi per il rallentamento del circolo, per compressione delle vene anonime e
della cava con ostacolato ritorno venoso
•
Turgore venoso della parte superiore del cuore
•
Edema a mantellina
Cardiaci (non frequenti):
•
Tachiaritmie
•
Segni da tamponamento
Nervosi, interessamento dei nervi ricorrente (maggiormente quello sx perchè scende
sotto l’arco aortico quindi causato da un tumore primitivo al livello dei linfonodi sotto
aortici e para aortici), vago, frenico:
•
Disfonia
•
Singhiozzo
•
Paralisi dell’emidiaframma
•
Sindrome di Horner
Esofagei da compressione ab estrinseco (per coinvolgimento diretto del viscere dal
tumore del polmone o per interessamento linfonodale dei linfonodi paraesofagei o
tumore di altra natura)
•
Disfagia
La sindrome mediastinica per antonomasia è proprio la Sindrome cavale, quadro
caratterizzato da cianosi, edema a mantellina e turgore delle giugulari, reticolo venoso
superficiale. Questo schema è importante perchè giustifica il quadro clinico dei pazienti,
in relazione al luogo della stenosi della cava. La sindrome della cava si può manifestare
in maniera più o meno grave:
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•
Ostruzione al di sopra dello sbocco dell’azygos: il transito nell’azygos rimane
centripeto, con ritorno di sangue normale attraverso le intercostali superiori.
Abbastanza asintomatica.
•
Ostruzione al di sotto dello sbocco dell’azygos: il transito nell’azygos si inverte,
quindi va dall’alto verso il basso, arrivando alla cava inferiore e da lì il sangue
ritorna al cuore. Sintomatologia piuttosto vaga.
•
Ostruzione al livello dello sbocco dell’azygos: non si può usare l’azygos per il
ritorno del sangue al cuore e bisogna usare dei circoli collaterali, modificando il
circolo superficiale determinando delle ectasie al livello di questi vasi che
normalmente sono piccoli e invisibili, usando il circolo epigastrico.
1. Patologie da dislocazione: determitate da qualcosa che nasce altrove che si sposta
nel mediastino creando compressione. Esempio: gozzo cervico-mediastinico che si
approfonda dietro il giugolo per almeno due dita trasverse a capo iperesteso. Può
scendere facilmente verso destra perchè l’unico ostacolo è l’azygos e il bronco
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mentre a sx c’è l’arco aortico che funge da barriera. In questo caso il gozzo tende a
scendere poco a sinistra per virare verso destra, grazie ad aspirazione e gravità,
come detto anche prima. Sintomatologie respiratorie che prevalgono: tosse, stridore,
dispnea, asma (il gozzo può passare misconosciuto in questo caso data l’assenza di
tumefazione cervicale, quindi diagnosticati solo in maniera tardiva; le alterazioni
ormonali rappresentano il 20% per cui il pz può essere tranquillamente eutiroideo),
sindrome cavale (per compressione delle radici della cava superiore, ovvero le due
vene anonime) o a volte asintomatici. Può scendere anche di parecchio, può essere
retrovascolare, lateroviscerale, retroesofageo, intertracheoesofageo. Chiaramente può
andare incontro a degenerazione neoplastica. Il gozzo può avere ancora rapporti
con il picciolo tiroideo rimasto in sede cervicale oppure può staccarsi che resta
tuttavia ben vascolarizzata senza andare incontro a necrosi. Per cervicotomia si
riesce a far risalire il gozzo per il canale che si è scavato tra le strutture circostanti, a
meno che non si sia creata una neoplasia quindi con infiammazioni o aderenze per
cui la risalita risulta impedita, rendendo necessaria quindi una sternotomia.
2. Patologie da contiguità: determinate da qualcosa che nasce in posizione adiacente
al mediastino e che tende ad infiltrare il mediastino. Esempio: neoplasia del
polmone.
3. Patologie autoctone: determinate da qualcosa che nasce ed insorge nel mediastino.
Incidenza: 0,2 su100.000 persone; Distribuzione nei soggetti adulti:
•
Anteriore 55%. Timo, linfonodi, tessuto connettivo.
Timoma, non molto frequente: 1/20000 ricoveri ospedalieri, non mostra
predilizioni di sesso. Tumore più frequente del mediastino anteriore.
Raro nel bambino ma quando presente è ad elevata malignità. Non è
un tumore benigno nonostante il nome, “a malignità graduata” a
seconda del tipo perchè esistono differenze di tipo istologico:
linfocitico, a prevalenza epiteliale, linfoepiteliale ma oggigiorno viene
usata una classificazione della WHO, a seconda del contenuto di cellule
epiteliali o di linfociti:
1. Classe A: cellule fusate, scarsi linfociti;
2. Classe B: cellule poligonali, numero variabile di linfociti
secondo tre istotipi (B I, B II e B III);
3. Classe AB: entrambi gli aspetti epiteliali con scarsi linfociti;
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4. Classe C: oggigiorno messo da parte perchè è il vero
carcinoma ad elevata malignità.
La malignità tende a crescere dalla classe A alla B III.
Spesso asintomatico, reperto occasionale nell’esame RX e TC. Possono
esistere sintomi locali di malattia, già visti in precedenza: tosse, dispnea,
sindrome della cava, tachiaritmie ma possono essere associati anche
sintomi generali come febbre, calo ponderale, anoressia ma soprattutto
le sindromi “misteriose” che a lungo hanno fatto dannare i medici che
sono le sindromi:
1. neuromuscolari: miastenia gravis. Correlata con il timo, deficit
autoimmune dei recettori dell’acetilcolina a livello della placca
neuromuscolare perchè si producono anticorpi contro il
recettore stesso. Il timo, come sapete, è un pò la fabbrica, il
gestore
dell’attività
anticorpale
del
nostro
organismo.
Debolezza muscolare, o meglio una facile stancabilità. Caso di
una donna molto loquace che per tutto il giorno parla, parla,
parla e che alla sera non riesce più a parlare: il pz cammina, si
stanca, si ferma, recupera, riprende a camminare. La facile
stancabilità durante l’attività ripetitiva è dato dall’accumulo
degli inibitori dei mediatori per cui è necessario che vengano
spazzati
via
per
restituire
la
funzione
al
recettore
neuromuscolare che riprende la sua funzione, poi si saturano
un’altra volta questi recettori e riprende poi il ciclo.
Spesso la sintomatologia esordisce con ptosi palpebrale o
diplopia (miastenia di tipo oculare).
Test di Jolly: elettrostimolazione del muscolo decrescente che
riprende dopo un periodo di riposo.
Classificazione di Osserman:
•
asintomatica;
•
presenti solo segni oculari;
•
lieve esauribilità muscolare generalizzata;
•
modesta esauribilità muscolare;
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•
grave
esauribilità
muscolare
con
insufficienza
respiratoria;
L’associazione timoma-miastenia è importante: il 30% dei pz
con timomi presentano miastenia, soprattutto i timomi più
invasivi ma soltanto l’8-15% dei pz con miastenia hanno
timomi, quindi esiste una certa percentuale di pz che hanno
miastenia e che non hanno timomi. Laddove c’è un timoma va
chiaramente asportato ma la timectomia trova indicazione
anche nei pz che non hanno un timoma. L’asportazione del
timo può aiutare a tenere sotto controllo la malattia. Bisogna
però cercare di asportare tutto il tessuto timico. Purtroppo è
certo che esiste un timo capsulare, un timo extracapsulare ma
soprattutto
un
tessuto
ectopico
perchè
nel
grasso
mediastinico possono essere presenti delle zolle di tessuto
timico che possono essere responsabili del persistere della
patologia. L’intervento quindi deve essere quanto mai radicale,
fino ai nervi frenici di destra e sinistra.
2. ematologiche: aplasia pura della serie rossa. Può essere
presente in associazione al timoma e alla miastenia gravis e
che può andare incontro a remissione dopo timectomia nel
30% dei casi.
3. immunodeficienza:
suscettibilità
alle
ipogammaglobulinemia.
infezioni,
presenta
Aumentata
remissioni
dopo
timectomia soltanto sporadicamente.
4. autoimmuni
5. endocrine
6. dermatologiche
Le prime tre sono le più importanti, le altre sono più rare ma da tener
in conto sempre. Come si fa dunque diagnosi di timoma? Certamente
può essere asintomatico, laddove si presenti una massa nel mediastino
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anteriore l’ RX ci mostra soltanto le masse di grandi dimensioni, in
proiezione antero-posteriore e latero-laterale. In quest’ultima possiamo
vedere delle masse restrosternali. La TAC certamente ci riferisce le
dimensioni della massa nonchè i rapporti con gli organi adiacenti e
l’eventuale presenza di metastasi pleuriche o meglio disseminazione
endopleurica perchè il timoma ha la caratteristica di poter gocciolare e
disseminare regionalmente nello spazio pleurico. Quindi durante
l’intervento bisogna essere ben attenti a maneggiare questa neoplasia
per non romperla e quindi di evitare la disseminazione che può essere
fonte di comparsa secondaria di metastasi.
La stadiazione del timoma può seguire quella di Masaoka in base
all’invasività nei tessuti circostanti:
•
Stadio 1: completamente capsulato senza invasione microscopica
della capsula;
•
Stadio 2: con invasione macroscopica del grasso mediastinico
nella pleura e invasione microscopica della capsula;
•
Stadio 3: con interessamento degli organi circostanti, quindi
pericardio e i grossi vasi del polmone;
•
Stadio
4a:
disseminazione
pleurica
o
pericardica
per
gocciolamento;
•
Stadio 4b: vere metastasi per via linfatica o ematica.
Il trattamento prevede la timectomia allargata laddove questo sia
possibile, la radioterapia quando esistono delle controindicazioni alla
chirurgia o come terapia adiuvante laddove l’intervento non sia stato
radicale e la chemioterapia come terapia neoadiuvante laddove il
tumore non sia resecabile per cercare di ridurre le dimensioni del
tumore
in
fase
pre-operatoria
oppure
nel
tumore
recidivo
o
metastatico.
Timolipoma: di riscontro molto più raro.
Lipoma mediastinico: non rarissimo ma di significato clinico piuttosto
scarso. Presenta rilevanza soltanto laddove presenta compressione su
strutture adiacenti.
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•
Medio 20%.
Tumori germinali. Possono avere due eziologie: una legata alla presenza
di un tumore germinale gonadico e quindi metastasi a livello
mediastinico oppure secondari a residui germinali rimasti in sede
ectopica nel corso dello sviluppo embrionale. Questi residui possono
andare incontro a trasformazione maligna e dare appunto tumori
germinali. Purtroppo caratterizzati da comportamento biologico più
aggressivo.
Si
manifestano
nel
mediastino
anteriore
o
nel
compartimento posteriore.
Distinti in:
1. tumori benigni: teratomi maturi e teratomi immaturi.
Teratoma. Si origina da tutti e tre i foglietti per cui nel teratoma
possiamo trovare di tutto: tessuti e strutture che si originano da
qualsiasi tipo di foglietto. Il teratoma cistico maturo (anche se la
cisti dermoide non è un vero e proprio teratoma perchè si
origina soltanto dal foglietto extra ed endodermico) è una cisti
che contiene materiale sebaceo che può presentare, come in
questo caso, al livello mediastinico. È una neoformazione
benigna ma può manifestarsi anche come teratocarcinoma
immaturo a forma semibenigna.
Rappresentano il 10% di tutti i tumori germinali, localizzazione
più frequente dei tumori germinali non a sede gonadica e 1015% di tutte le neoplasie mediastiniche, incidenza nei soggetti
giovani tra i 20 e i 40 anni. I tumori benigni hanno incidenza
simile tra maschi e femmine, quelli maligni prevalentemente nei
maschi. È necessario escludere quindi una neoplasia primitiva
testicolare prima di pensare ad una localizzazione esclusivamente
di tipo mediastinico.
Caratteristiche cliniche: asintomatici o presentare sintomi di
massa nel mediastino anteriore: dolore toracico, tosse, dispnea. I
maligni più frequentemente sintomatici, possono presentare
anche sintomi sistemici come febbre, calo ponderale e anoressia,
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sindrome della cava superiore e segni da metastasizzazione
polmonare
al
cervello.
Possono
dare
rapida
crescita
e
metastasizzazione nel 20-25% al momento della diagnosi.
Diagnosi legata alla diagnostica per immagine, estremamente
importante (forse anche più che in altre neoplasie) il dosaggio
dei markers sierici come la α-fetoproteina, la β-HCG, le PLP
(placent-like alkaline phosphatase) e la biopsia se i markers non
sono diagnostici.
2. tumori maligni: seminomi, teratomi non seminomatosi come
teratoma maligno, carcinoma embrionario, corioncarcinoma e
tumore del seno endodermico (yolk sac tumor).
Seminoma.
Origina normalmente
nel testicolo,
per cui
il
seminoma mediastinico può essere difficilmente distunguibile da
quello del testicolo. Di solito presenta una grossa massa al livello
mediastinico con una β-HCG elevata e con una precoce tendenza
a dare metastasi a distanza. Trattamento chemioterapico e
radioterapico. La chirurgia trova indicazione sul residuo di
malattia.
Tumore del seno endodermico. Alta α-fetoproteina.
Corioncarcinoma. Alta la β-HCG.
Quindi in presenza di un pz giovane che presenta una massa
mediastinica è bene tenere a mente questo schema di markes:
•
Seminoma: β-HCG, PLP alte;
•
Tumore del seno endodermico: α-fetoproteina alta;
•
Corioncarcinoma: β-HCG molto elevata.
•
Carcinoma carcinoembrionario e teratocarcinoma: molto
alte α-fetoproteina e β-HCG.
•
Linfomi: 20% negli adulti, 50% nei bambini, prevalentemente di tipo
non-Hodgkin mentre nel 25-30% di tipo Hodgkin. Spesso asintomatici,
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possono dare dei segni di invasione locale, senso di peso, tosse
stizzosa, dolore che può essere un pò caratteristico (alcool): i pz spesso
lamentano
dolore
dopo
l’assunzione
di
liquore
al
elevata
concentrazione di alcool.
Sintomi caratteristici: febbricola, prurito e sudorazione notturna. Questa
triade in associazione alla presenza di una massa mediastinica
indirizzano la diagnosi con una certa certezza verso un linfoma.
Diagnosi
istologica
fondamentale,
l’agoaspirato
a
volte
non
è
sufficiente, la biopsia va eseguita in broncoscopia o in mediastinotomia
anteriore o in videotoracoscopia.
La prima cosa da fare però è semplicemente visitarlo. Bisogna essere
particolarmente accurati nell’andare a cercare dei linfonodi superficiali
essendo il linfoma una malattia sistemica, laddove è presente una
massa al livello del mediastino possono essere presenti anche masse
linfonodali superficiali e vi rendete conto di come sia decisamente più
semplice eseguire la biopsia di un linfonodo ascellare o sottoclaveare
piuttosto
che
andare
a
sfrogoliare
il
mediastino
con
una
mediastinoscopia o una videotoracoscopia. Oggigiorno questo compito
grazie alla PET ci è abbastanza facilitato perchè è in grado di
visualizzare le stazioni linfonodali patologiche che captano il mezzo
radiomarcato, quindi possiamo andare con maggiore sicurezza ad
intervenire su quei linfonodi.
Formazioni
cistiche
broncogene,
enterogene,
pericardiocelomiche,
emolinfatiche e meningee.
•
La cisti broncogena è la più frequente, è una cisti polmonare
benigna che consiste in una neoformazione escavata fibrocistica
in cui l’epitelio è di tipo bronchiale. Può essere del tutto
asintomatica, nei bambini può essere più sintomatica per quello
che dicevamo in precedenza oppure può essere improvvisamente
sintomatica per via di una sovrainfezione di queste cisti o anche
un sanguinamento. Si può avere una compressione del bronco
vicino e quindi un’apertura di questa cisti nel bronco e quindi
un’espettorazione di questo materiale cistico.
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•
La cisti esofagea può originare da un secondo abbozzo durante
l’escavazione del bozzo primario nel corso dell’organogenesi,
rimanendo
adeso
alla
parete
dell’esofago
(duplicazione
esofagea).
•
La cisti pericardiocelomica è ugualmente una cisti data da
un’alterata
chiusura
della
cavità
celomatica
primitiva,
presentandosi come una sacca in sede paracardiaca del tutto
benigna a contenuto benigna che oggigiorno non viene più
operata, al massimo si svuota ma è difficile che si intervenga se
non si ha una sintomatologia vera e propria (a volte può dare
compressione sul cuore e dare tachiaritmie). Una volta veniva
sempre
operata
per
il
dubbio
che
poneva
una
massa
mediastinica. Oggi invece c’è la TAC che ci dà una diagnosi
pressochè certa.
Pseudotumori. Masse aneurismatiche dell’aorta o endodiaframmatiche
che simulano la presenza di una massa nel mediastino medio.
•
Posteriore 25%. Nervi intercostali, gangli della catena del simpatico.
Neurofibroma,
neurofibrosarcoma,
Schwannioma,
Schwannioma
maligno,
Ganglioneurinoma, ganglioneuroblastoma o neuroblastoma.
Tumore tipico nell’infanzia è quello maligno (>50% dei casi), nell’adulto
molto meno frequentemente il maligno (10% dei casi). Sono rari nel
mediastino anteriore e medio originanti dal frenico o vago. In qualche
raro caso può originare da qualche nervo intercostale anche se sarà più
endopleurico che medistinico vero e proprio.
Neurinoma. Per definizione benigno si manifesta tra i 30 e i 50 anni, è
capsulato, liscio, rotondeggiante, quindi ha un aspetto caratteristico,
con margini ben delimitati però può interessare il canale midollare
assumendo l’aspetto di un neurinoma a clessidra. A volte facilmente
dissecabile, altre per l’aerosità del canale è penetrato nel canale
midollare.
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La neurofibromatosi o malattia di von Recklinghausen, malattia
sistemica ereditaria legata al cromosoma 17 piuttosto frequente,
caratterizzata dalla presenza di tumori cutanei multipli, tumori multipli
dei nervi e talvolta insufficienza psichica. Può presentare da una catena
nervosa tumorale che partiva dal collo e terminare nell’addome.
Schwannoma. Si origina dalle guaine e può essere benigno o maligno.
Vi può essere l’associazione di più patologie mediastiniche, come
gozzo+neurinoma.
Nei bambini però è diverso: la gran parte delle patologie si annidano nel
mediastino posteriore prevalentemente.
La gran parte dei tumori mediastinici è rappresentato dai timomi e dai tumori
neurogenici, seguiti dai linfomi e poi, in percentuali scalari, da tumori germinali,
mesenchimali, endocrini e carcinomi primitivi.
Sintomatologia:
spesso asintomatico nell’adulto, meno spesso nell’infanzia. “La presenza di una
sintomatologia è indice della malignità della massa tumorale” ciò vale più
nell’adulto che nel bambino, dato che nel bambino le dimensioni contenute del
torace fanno sì che una massa di una certa dimensione che risulta asintomatica
nell’adulto, non lo sarà nel bambino perchè in rapporto risulterà più grande,
occuperà più spazio e creerà più problemi alle strutture circostanti. In ogni caso
darà: tosse stizzosa, dispnea, febbricola (che non raggiunge quindi i 38°C), dolore
e sindrome mediastinica.
La diagnostica invasiva (mediastinoscopia/mediastinotomia) è fondamentale
perchè le strutture maggiormente interessate sono proprio i linfonodi.
Test:
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Soluzioni alla
pagina seguente
1. Neurinoma
2. Cisti broncogena
3. Cisti pericardiocelomatica
4. Timoma
5. Timoma
6. Gozzo/linfoma
7. Linfoma
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Chirurgia toracica, Lezione 1
Prof. Santini, 18/11/2013
Grazie ad
Mariateresa Pucillo
Lo so che di radiologia conoscete poco o nulla e per raccontare gli argomenti che dobbiamo affrontare
una infarinatura di radiologia è fondamentale, soprattutto perchè poi, per quanto riguarda le
patologie del torace, l'esame di semeiotica che avete studiato può indirizzare verso la diagnosi ma ora
che siamo nel 2013 non possiamo non utilizzare le metodiche di imaging e le metodiche invasive.
Le metodiche di imaging sono le metodiche di radiologia che sono: l'indagine del torace, la topografia
assiale computerizzata con le varie metodiche di acquisizione delle immagini, la risonanza
magnetica nucleare, l'ecografia con i suoi limiti e le sue considerazioni che eventualmente faremo e
poi la scintigrafia ossea, spet e pet.
- Xgrafia torace;
-T. C.;
-T.C. spinale;
-RMN (risonanza magnetica nucleare);
-Ultrasonografia;
-scintigrafia ossea;
Il primo step per l'indagine diagnostica per immagini è certamente la radiografia del torace, ormai
datatissima ma diffusissima (anche nel Paese più sperduto). In effetti le informazioni la radiografia ce
le fornisce, soprattutto se noi paragoniamo l'immagine radiografica con l'anatomia che noi
conosciamo. Dobbiamo sempre andare al di là di quelle sfumature di grigio cercando di immaginare le
tabelle colorate che conosciamo e abbiamo visto sui libri di anatomia e, confrontando le due, avremo
un orientamento in quella che è l'immagine radiografica. Allora l'immagine radiografica può essere
studiata e come promemoria potete usare questo (le prime lettere dell'alfabeto che ci ricordano
l'obiettivo del nostro studio):
A (vie aeree)
B (bones)
C (cuore)
D (diaframma)
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E (versamento pleurico)
F (campi polmonari)
Cominciamo con le vie aeree. Le vie aeree sono evidenti perchè contrastano con la radiotrasparenza,
quindi appaiono più scure e contrastano con quelle sottostanti, soprattutto col mediastino. Nel
contesto del mediastino possiamo vedere la trachea, la carena e soprattutto il bronco principale di
destra che voi sapete essere la naturale continuazione anatomica della trachea e il bronco principale
di sinistra che si stacca con un angolo maggiore.
L'ESAME RADIOGRAFICO per l'elevata densità e per la radio opacità è estremamente utile nello studio
dello scheletro, quindi potremmo studiare le clavicole, le coste, la scapola, difficilmente le coste
perchè bisogna ricordare che nell'immagine standard osserviamo solo l'arco posteriore delle coste.
L'arco anteriore non si riesce a visualizzare bene tenendo presente l'andamento delle coste che vanno
da dietro verso avanti, dall'alto verso il basso, in alcuni soggetti sono inclinate moltissimo. Le ultime
coste vanno addirittura al di fuori del campo studiato nella radiografia standard che comprende il
diaframma. Nella proiezione antero-posteriore vengono mal individuate. Ancora l'ombra cardiaca che
viene descritta fornita di due curve (due a destra e tre a sinistra), l'arteria polmonare destra sulla
destra e a sinistra l'arteria polmonare sinistra, il bottone aortico in alto e il ventricolo sinistro in basso.
Poi ancora il diaframma, i due emidiaframmi, che delimitano un angolo costo-frenico in periferia e un
angolo cardio-frenico in prossimità del pericardio. Chiaramente ricordate che i lobi polmonari
(superiore, medio e inferiore a destra, superiore e inferiore a sinistra) non sono nettamente delimitati
in alto e in basso, ma si possono osservare meglio con una proiezione latero-laterale attraverso la
quale è possibile anche assegnare la sede di una neo-formazione sia a destra che a sinistra. Le
strutture meglio individuate nella proiezione latero-laterale sono:
- le vertebre, che nn possono essere visualizzate con una proiezione antero-posteriore perchè sono
coperte dall'ombra cardiaca;
- lo spazio retro-sternale dove vanno ad annidarsi numerose patologie;
- gli emidiaframmi (l'emidiaframma destro che si solleva un pò di più rispetto al sinistro).
Un esame radiografico correttamente eseguito deve essere eseguito sempre con una duplice
proiezione (postero-anteriore e latero-laterale).
Ad esempio un esame radiografico in proiezione postero-anteriore potrebbe essere refertato come
negativo, mentre se osserviamo quella latero-laterale notiamo qualche cosa, come un nodulo situato
nella zona retro-cardiaca che in proiezione postero-anteriore non si può vedere perchè mascherata
dal cuore.
Sono diverse le alterazioni che possono essere studiate:
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- opacità nodulari (per nodulo si intende quella opacità di dimensioni inferiori ai 3cm, invece per
massa quelle superiori) associate a zone di iper o ipodiafania;
- opacità massive;
- atelettasie;
- opacità di tipo interstiziale;
- opacità di tipo pleurico della parete toracica;
- versamenti pleurici;
- le zone di iperdiafania, cioè di maggiore trasparenza.
Una opacità massiva, ridotta trasparenza può essere legata o a qualche cosa di solido o di liquido
(versamento pleurico) o a qualche altra cosa. Nel caso del paziente in foto (intubato, in rianimazione,
con ventilazione meccanica) si pensava fosse un versamento pleurico, invece in broncoscopia, in
seguito all'aspirazione del materiale secretivo che bloccava il bronco principale di destra, il polmone si
è riespanso. Si trattava di atelectasia.
Nel caso in cui osserviamo delle curve in più sul cuore si tratta di una patologia occupante spazio nel
mediastino.
La radiografia ci fornisce molte informazioni, ma oggi non si può fare a meno di usare la TOMOGRAFIA
ASSIALE COMPUTERIZZATA.
Oggi con la TAC abbiamo la possibilità di valutare la densità dei tessuti. Nella tomografia assiale
computerizzata (TAC) non si usa più la pellicola, ma degli strumenti elettronici in grado di raccogliere
informazioni, inviarle al computer e restituire immagini come se il paziente venisse tagliato a fette di
spessore più o meno rilevante in base a quello che l'operatore deve attuare. In genere 8-10mm, ma è
possibile anche realizzare TAC di 2-3mm a strato.
La cosa importante è la possibilità di misurare la densità di tessuti in unità hounsfield (HU), unità
convenzionali in cui si è posta l'acqua al punto 0, centrale, le zone più trasparenti sono negative:
TESSUTO
HU
aria
- 1000
grasso
- 120
acqua
0
sangue
+20
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muscolo
+40
osso
+400 o più
Se riflettete si va da -1000 a +1000, circa 2000 differenti unità di differenza. Quindi se volessimo
vedere 2000 densità in queste immagini sarebbe impossibile perchè il nostro occhio può percepire
sfumature di grigio che non superano il centinaio di sfumature di grigio. Allora nel caso di un esame
radiografico del torace bisogna eseguire la TAC sempre con una finestra per mediastino e una per
parenchima, cioè noi dobbiamo decidere il range di densità su cui vogliamo focalizzare la nostra
attenzione. Ad esempio poniamo a 100 i grigi che possiamo vedere, quindi facciamo in modo che
tutto ciò che è più denso appaia uniformemente bianco, tutto ciò che è meno denso appaia
uniformemente nero, e la nostra finestra di 100 densità di grigio la possiamo spostare sulla destra o
sulla sinistra per cercare di visualizzare al meglio ciò che ci interessa. Così vedete nella finestra per
parenchima c'è molto bianco, perchè tutto ciò che denso lo abbiamo reso uniformemente bianco,
mentre il parenchima polmonare è meno denso e ci fornisce diverse informazioni anche con le
sfumature di addensamento più sottili, vasi, bronchi, le interstiziopatie, viceversa nella finestra del
mediastino il polmone appare uniformemente nero perchè è radio-trasparente, mentre nel
mediastino riusciamo a vedere meglio le piccole differenze tra i vasi, il grasso, i linfonodi. Questo è
uno studio TAC standard senza mezzo di contrasto.
La TAC ci fornisce l'immagine del paziente tagliato a fette visto dai piedi, quindi ciò che è a destra è a
sinistra e ciò che è a sinistra è a destra del paziente.
La TAC col mezzo di contrasto colora i vasi. Anche la radio-opacità acquista mezzo di contrasto. Un
tumore essendo particolarmente vascolarizzato sarà più colorato. I vasi nel contesto del mediastino
saranno molto evidenti, così come dei piccoli linfonodi che altrimenti non sarebbero ben visualizzati.
La TAC ci permette di studiare masse infiltranti la parete toracica, la loro grandezza e densità.
Nell'immagine abbiamo una massa neoplastica in cui c'è una zona più densa e una più trasparente
(una zona di necrosi centrale).
Nell'atelectasia dell'immagine c'è una zona di radio-opacità ad andamento triangolare con base verso
la periferia e apice verso l'ilo polmonare.
L'atelectasia è una zona più o meno grande di parenchima polmonare non ventilato probabilmente
per un'ostruzione endobronchiale. L'aria in questa zona di parenchima va progressivamente incontro
a un riassorbimento e quindi pian piano gli alveoli tendono a ridursi di volume e tutta la zona di
parenchima può assumere questo aspetto caratteristico. Chiaramente può interessare l'intero
polmone a causa dell'ostruzione del bronco principale. L'alveolo NON collassa. C'è una sostanziale
differenza perchè nel collasso c'è una compressione sull'alveolo, nell'atelectasia invece c'è una
mancata ventilazione. E' certamente più grave l'atelectasia, ha maggiori ripercussioni. C'è un effetto
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shunt, si mantiente la perfusione di quella zona di polmone che non è più ventilata mentre nel
collasso si ha sicuramente una diminuzione della ventilazione, ma anche una riduzione piuttosto
marcata di una perfusione, perchè il sangue viene tutto shiftato verso il polmone che funziona e
quindi gli scambi gassosi sono conservati.
In questa finestra per parenchima si vede questa massa con un'escavazione centrale, c'è aria nel
contesto di questa massa. Può essere un cancro ascesso, un ascesso polmonare.
Eseguendo una TAC a strato sottile è possibile andare a visualizzare in maniera abbastanza accurata le
componenti delle vie aeree più periferiche.
(Immagini al computer)
Grazie alla TAC è possibile effettuare delle broncoscopie virtuali, molto affascinanti ma poco utili,
perchè lo scopo della broncoscopia è quello di andare a prelevare del tessuto. Però si può andare a
studiare l'andamento dei bronchi, in caso di una neoplasia ostruente, sia a monte che a valle, mentre
con una broncoscopia normale nn si può andare oltre l'aostruzione. E' utile per vedere se il bronco è
ancora pervio dopo l'ostruzione nel caso in cui si voglia procedere con una disostruzione.
Un'altra metodica che può essere utile è la RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE, un'indagine che
preferiscono i chirurghi perchè fornisce una visualizzazione migliore dei tessuti molli, non tanto la
massa che può essere conosciuta molto bene anche con la TAC, ma l'infliltrazione della parete, i
rapporti della massa con le strutture mediastiniche.
MEDCINA NUCLEARE. La PET è un'indagine che viene usata largamente. La PET è una scintigrafia un
pò particolare che utilizza il glucosio marcato che viene usato dalle cell con metabolismo attivo (cell
neoplastiche o infiammatorie). Ci indica la zona dove ci sono cell che mangiano parecchio.
La PET ha anche degli svantaggi in quanto si hanno falsi positivi in percentuali piuttosto elevati in
presenza di granulomi o lesioni infiammatorie. Ci possono essere anche dei falsi negativi. Molti medici
oggi prescrivono la PET in maniera troppo larga. Questa è un'indagine costosa che va riservata ad
indicazioni precise. Quindi in presenza di un'opacità piccola (inferiore a 7mm o meglio ai 10mm) è
inutile eseguirla perchè risulterebbe negativa.
Il SUV è l'indice di captazione. Si pone a 2,5 SUV l'indice di allarme. Al di sopra si dice che può essere
una neoplasia. Secondo il prof qualsiasi captazione alla PET è sufficiente per accendere un campanello
d'allarme. Gli è capitato di operare tumori che avevano un SUV di 1,6 - 1,7. La PET è utile nella
stadiazione dei linfonodi nel cancro del polmone.
Un'altra indagine che si esegue con un a certa frequenza è la SPET. Utilizza un analogo della
somatostatina marcato con tecnezio 99 che va a concentrarsi con maggiore selettività nelle cell
neoplastiche.Risponde meno alle infiammmazioni rispetto alla PET. Quindi quando sono postive una
PET e una SPET la probabilità che si tratti di una neoplasia è alta. Non è considerata un'indagine di
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routine.
Focalizziamoci sulle indagini invasive.
BRONCOSCOPIA
La broncoscopia ci consente di andare a visualizzare l'interno delle vie aeree e dà la possibilità di
eseguire diverse metodiche diagnostiche.
Indicazioni:
- tosse in un paziente fumatore che non diminuisce con eventuali terapie;
- dispnea e stridore;
- anomalie radiologiche;
- infezioni polmonari;
- traumi;
- emottisi;
- citologia e anomalie nell'espettorato;
- fibrosi polmonare;
- sospetto di stenosi e fistole tracheo o broncoesofagea;
- versamenti pleurici per condurre un'indagine eziologica di questi;
- carcinoma del polmone.
E' un'indagine irrinunciabile perchè ci consente il raggiungimento di questi tre obiettivi:
- tipizzazione istologica;
- stadiazione;
- valutazione dell'intero albero bronchiale fino ai bronchi sottosegmentari sia omolateralmente alla
massa radiologicamente evidente, ma anche contro-lateralmente.
In origine esisteva il broncoscopio rigido, poi nel 74 è stato brevettato il fibrobroncoscopio. Il 98%
delle indagini sono state effettuate col broncoscopio flessibile. Nel 2% dei casi dall' 86 ad oggi viene
ustato quello rigido. Hanno indicazioni terapeutiche differenti.
Il broncoscopio è costituito da un tubo d'acciaio cavo nel quale è possibile introdurre diversi strumenti
(aspiratori, pinze da biopsia, ottiche con una fonte di luce e un manipolo che può essere collegato al
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respiratore automatico nel paziente con respirazione assistita).
I tracheoscopi sono più corti e più larghi e servono per visualizzare la trachea.
I tubi broncoscopici sono più lunghi e più sottili per andare più in periferia. Quello rigido non può
entrare nei bronchi lobari e quindi possiamo osservare solo l'ostio dei bronchi lobari, mentre
possiamo studiare bene trachea e bronchi principali.
Nei primi tempi non si effettuava l'anestesia sul paziente. Oggi viene eseguito in anestesia generale in
una sala operatoria attrezzata, con ventilatore meccanico collegato al broncoscopio.
La diagnosi del cancro del polmone viene eseguita col fibrobroncoscopio, così come la maggior parte
delle indicazioni sopra riportate.
Il broncoscopio rigido invece conserva le sue indicazioni in quanto consente un controllo completo
delle vie aeree, perchè è un tubo cavo a differenza del fibrobroncoscopio che è pieno. Se introduco un
fibrobroncoscopio in un paziente con stenosi bronco-tracheale ostruisco la trachea. Col
broncoscopio rigido possiamo invece ventilare il paziente perchè altro non è che un tubo
oro-tracheale, quindi può essere usato anche per intubare il paziente e ci permette anche di
verificare, osservare e fare. Oltre che ventilare possiamo controllare le emorragie, in presenza di
un'emottisi massiva il paziente non muore mai per anemia, ma perchè annega nel proprio sangue,
allora dobbiamo cercare di mantenere pervie le vie aeree e usare degli aspiratori di calibro adeguato.
Con i fibrobroncoscopi (circa 2mm) è difficile; viceversa col broncoscopio rigido è più facile perchè ha
calibro maggiore e in più possiamo controllare la ventilazione, infatti nel caso in cui l'emorragia venga
dal polmone di sinistra, possiamo intubare il polmone di destra, escludere quello di sinistra e salvare
la vita del paziente, nel mentre poi si fa altro per cercare di bloccare l'emorragia. L'indicazione
principale è l'esecuzione di manovre terapautiche come la disostruzione in presenza di neoplasie in
trachea o bronco mediante la distruzione della massa con la punta del broncoscopio, successivamente
con il laser si perfeziona l'emostasi e infine si posiziona uno stent (cannucce o tubetti siliconici con
spicule ai lati per ancorarlo alla parete bronchiale) per evitare che si occluda nuoivamente l'albero
tracheo-bronchiale. L'altra indicazione al broncoscopio rigido è l'asportazione di corpi estranei. Si può
effettuare anche con quello flessibile ma con quello rigido è possibile inserire pinze di dimensioni
maggiori.
Il fibrobroncoscopio è stato soppiantato oggi dal videobroncoscopio che ha la possibilità di trasferire
le immagini a un video, permettendo di mostrare a tutta l'equipe quello che si sta facendo. Il
fibrobroncoscopio viene usato in anestesia locale, i pazienti vengono preparati con una chiacchierata,
parlando dell'esame, dei fastidi e come superarli. E' poco più sottile di una matita perchè la trachea è
di 8mm. Il fastidio della tosse viene controllato con un'anestesia locale. Alcuni usano l'ingresso
attraverso la bocca, altri attraverso il naso, alcuni a paziente seduto rimanendo di fronte al paziente,
mentre altri a paziente steso col medico alle spalle. Si osservano le code vocali e la loro mobilità
normale, importante soprattutto in pazienti con masse nel mediastino e neoplasie del polmone,
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perche ci può essere interessamento dei nervi ricorrenti e interessamento con paralisi delle corde
vocali. Una volta entrati nella trachea si osserva questa ma soprattutto la carena tracheale, la
biforcazione tra i due bronchi. Normalmente appare affilata come una prua di una nave, ed è
particolarmente importante per l'interessamento metastatico dei linfonodi mediastinici, perchè sotto
la carena c'è la stazione 7, la stazione di passaggio dal cancro del polmone al mediastino e quindi
l'eventuale slargamento della carena(l' angolo appare ottuso) può indicare la presenza di linfonodi
metastatici. In corso di broncoscopia possiamo effettuare diverse metodiche diagnostiche:
- Lavaggio bronchiale, iniettare nel campo di lavoro un quanto di soluzione fisiologica che poi viene
riaspirato e inviato ai diversi laboratori, a seconda del risultato che vogliamo ottenere (laboratorio di
anatomia patologica per un risultato fisiologico, laboratorio di batteriologia per un esame colturale
con antibiogramma, laboratorio di pneumologia per interpretazione delle cellule presenti da un punto
di vista infiammatorio e per lo studio delle interstiziopatie, ecc.);
- Brushing (spazzolamento), utilizza un piccolissimo spazzolino con il quale si va a grattare la superficie
della mucosa;
- Biopsia, dove vediamo un'alterazione dell'albero bronchiale e un'alterazione della mucosa possiamo
eseguire una presa bioptica con le classiche pinze a cucchiaino;
- Agoaspirato transbronchiale, possiamo pungere la parete del bronco, entrare nel linfonodo e
aspirare alcune cellule che verranno strisciate sul vetrino e studiate in anatomia patologica;
- Biopsia polmonare, biopsia non più della mucosa bronchiale ma direttamente del parenchima
polmonare. Si va in periferia, si sfonda la parete del bronco, si entra nel parenchima polmonare e
senza andare troppo in periferia, senza andare a mordere la pleura viscerale, che potrebbe
determinare l'insorgenza di un pneumotorace, si punge direttamente la parte alveolare del polmone
per poter avere una risposta diagnostica su quelle che sono le interstiziopatie e le fibrosi polmonari.
VIDEO di una broncoscopia. Si fanno effettuare gargarismi al paziente con un anestetico locale, si
chiacchiera, il paziente si distende, introduzione attraverso la bocca, si fa dire al paziente "E " per
allargare le corde vocali e rendere più agevole il passaggio. E' buona regola indirizzare l'indagine prima
sul lato sano e poi su quello malato per evitare contaminazione con materiale patologico.
Il prelievo della sottomucosa può essere utile nel caso in cui la neoplasia si estende oltre i confini
visibili.
Oggi il prelievo è reso ancora più semplice dall'utilizzo di altre apparecchiature:
- EBUS: broncoscopio con ecografo, ecobroncoscopio;
- EUS: ecoendoscopio, un ecografo collegato ad una serie di fibre che possono portare l'ecografia in
periferia nell'albero bronchiale o nell'esofago e quindi analizzare non solo mucosa e sottomucosa, ma
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anche la presenza di linfonodi extrabronchiali, quindi guidare l'esecuzione dell'agoaspirato.
Un'altra metodica che ha avuto un certo successo qualche tempo fa ma che oggi è stata
ridimensionata è la BRONCOSCOPIA AD AUTOFLUORESCENZA che sfrutta la risposta ad alcune
lunghezze d'onda particolari di luce della mucosa bronchiale. Se la mucosa bronchiale si è alterata per
la presenza di una neoplasia, anche in situ, si rendono evidenti queste zone per colorazioni differenti.
Sono molti i falsi positivi dovuti anche al semplice tocco del broncoscopio, per cui non si usa più
molto.
Quando la massa è più periferica la broncoscopia non può raggiungerla, quindi se si vuole la
tipizzazione della massa si ricorre all' AGOBIOPSIA (o AGOASPIRATO). Si usa l'ago di Chiba molto
sottile e flessibile in grado di seguire i movimenti respiratori senza determinare gravi danni sulle
strutture vascolari e soprattutto sulla pleura viscerale. Diverso è l'ago di Menghini, più grosso in grado
di prelevare frammenti di tessuto. L'ago di Chiba permette di effettuare un esame citologico, quello di
Menghini esegue un esame istologico che ovviamente nel polmone non può essere attuato se non in
casi particolari proprio perchè si potrebbero provocare complicanze anche piuttosto gravi. L'ago viene
guidato sotto:
- fluoroscopia;
- TAC;
- ultrasuoni.
Una volta veniva usato molto la fluoroscopia con amplificatore di brillanza. Forniva in tempo reale il
procedere dell'ago. Oggi si esegue di più sotto TAC perchè ci fornisce anche tridimensionalità
dell'immagine e consente di guidare in modo più preciso. Le indicazioni di questa metodica:
- opacità polmonari, soprattutto se periferiche
e dopo broncoscopia negativa;
- nodulazioni pleuriche;
- masse mediastiniche;
- tumori della parete toracica.
In mani abili è possibile anche raggiungere noduli di 1cm o meno. Esistono delle controindicazioni:
- per evitare emorragie è necessario correggere disturbi emocoagulativi;
- nei pazienti con ipertensione polmonare ci sono maggiori controindicazioni;
- insufficienza respiratoria;
- bolle enfisematose (la presenza di una bolla può provocare la comparsa di un pneumotorace
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iatrogeno);
- cisti da echinococco (non devono essere mai punte perchè il contenuto delle cisti è molto allergenico
e può provocare crisi allergiche con morte del paziente).
L'agoaspirato TAC-guidato ha:
- sensibilità per lesioni maligne (80-95%);
- sensibilità per lesioni benigne (11-68%);
- valore predittivo negativoper malignità (52-8%).
Se mettiamo in sieme 50 pazienti con un nodulo maligno e 50 con uno benigno riusciremo a
individuare il 90% dei pazienti con nodulo maligno, ma non sapremo mai gli altri 60 che cosa hanno;
per cui l'agoaspirato è certamente utile, ma non è l'ultima spiaggia. Le metodiche finali per la diagnosi
del cancro del polmone le vedremo.
Esistono dei limiti per le masse mediastiniche perchè molto spesso queste sono linfomi e la diagnosi
di linfoma difficilmente è effettuabile con la visione di alcune cellule; l'epatologo vuole una
tipizzazione precisa di quale tipo di linfoma si tratta per poter poi dare la terapia mirata più efficace.
Bisogna dunque effettuare metodiche più invasive come la mediastinoscopia o la mediastinotomia
anteriore o la videotoracoscopia.
Le complicanze dell'agoaspirato transparietale sono:
- pneumotorace, più frequente, di solito sono piccole falle di pneumotorace che non richiedono alcun
trattamento, qualche volta (1-5% dei casi) si deve drenare;
- emottisi (presenza di sangue nell'espettorato);
- embolia polmonare (molto rara, solo in letteratura).
Questo nell'immagine è un caso un pò particolare. Si vede il surrene che è sede elettiva di metastasi
da cancro del polmone. Oggi abbiamo la PET che ci può dare importanti informazioni sullo stato del
surrene, però può capitare che il paziente abbia come unica localizzazione sospetta metastatica un
nodulo surrenalico. Si può avere metastasi unica e il decidere se operare o meno il paziente è
conseguenza del decidere se quella è una metastasi o meno. In questi casi la biopsia può rendersi
indispensabile.
Ora affrontiamo le metodiche che sono veri e propri interventi chirurgici, che hanno come scopo la
diagnosi ma vengono utilizzate dal chirurgo toracico.
La MEDIASTINOSCOPIA è un'indagine endoscopica un pò particolare. Voi conoscete le varie "scopie"
(es. gastroscopia) che sono metodiche che vanno ad indagare lo stato di una cavità preesistente,
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mentre il mediastino non è una cavità, ma una regione anatomica in cui sono presenti strutture
anatomiche piuttosto importanti e dove possono annidarsi masse o metastasi linfonodali. Consiste
nell'utilizzo di un mediastinoscopio, un tubo d'acciaio cavo con una fonte di luce in cui può essere
introdotto un ago per aspirare, una piza da biopsia ed altri strumenti. Viene introdotto in una
particolare regione del mediastino, la regione paratracheale, avendo come obiettivo principale lo
studio dei linfonodi (quelli mediastinici sono quasi tutti lungo la trachea). Possiamo studiare i
linfonodi paratracheali alti, i pretracheali, i paratracheali bassi di destra, con maggiore difficoltà quelli
paratracheali di sinistra e i carenali n.7, ma solo quelli anteriori perchè quelli posteriori si annidano
dietro e al di sotto della carena tracheale e col mediastinoscopio non è possibile vederli. La
mediastinoscopia è un vero e proprio intervento chirurgico perchè viene eseguita in sala operatoria
completamente attrezzata, per poter affrontare quelle che sono le complicanze, fortunatamente rare,
ma che possono essere gravissime, come lesioni dei grossi vasi mediastinici.
VIDEO: Il paziente è in anestesia generale, il capo viene posto in iperestensione. Lo strumento viene
introdotto in un canale che creamo noi stessi, si effettua un'incisione di 3-4cm al giugulo, dissezione
dei muscoli pretiroidei, legatura della vena tiroidea ima, apertura della fascia cervicale media, si entra
con il dito e si crea un tunnel avanti alla trachea palpando un'eventuale presenza di linfonodi con
l'indice e in questo canale viene introdotto il mediastinoscopio e si comincia l'osservazione attraverso
il monitor, si cominciano a scollare i tessuti andando alla ricerca dei linfonodi che appaiono bluastri
nella maggior parte dei casi (nei fumatori) come i vasi venosi.
Le indicazioni della mediastinoscopia sono:
- stadiazione del cancro al polmone;
- metastasi di altre neoplasie;
- linfoma, per eseguire un prelievo istologico e non solo citologico;
- malattie infiammatorie (non dovrebbe capitare, ma può capitare che in pazienti con tuberolosi o
sarcoidosi non si riesce a fare diagnosi, hanno linfonodi aumentati e viene chiesta la biopsia).
Si ricorre alla mediastinoscopia nei pazienti con linfonodi aumentati di volume ed eventualmente PET
positivi (presenza di infiammazione o neoplasia). Una PET negativa ci indirizza a una negatività dei
linfonodi, ma la positività non deve essere sempre sinonimo di metastasi linfonodale.
La MEDIASTINOTOMIA ANTERIORE. Abbiamo visto che la mediastinoscopia raggiunge alcuni linfonodi
mediastinici, i paraortici e i sottoaortici non li può raggiungere e allora è stata proposta vquest'altra
metodica. E' un piccolo intervento in cui si effettua un'incisione parasternale a destra o a sinistra,
bisogna stare attenti ai vasi mammari che decorrono un paio di cm al lato dello sterno, si reseca o
meno una cartilagine costale (oggi non si reseca più), e si penetra in questo spazio fino a giungere, con
l'aiuto del mediastinoscopio per migliorare la visuale, nella regione sottoaortica dove ci sono i
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linfonodi sottoaortici e paraortici che possono essere bioptizzati qualora si ha individuato la metastasi
di questi linfonodi.
VIDEO: incisione, si penetra nello spazio intercostale, si esegue una biopsia sulla massa in grado di
fornire materiale all'anatomopatologo che può fare diagnosi di linfoma.
Le indicazioni terapeutiche sono:
- stadiazione del cancro del polmone;
-biopsia delle masse mediastiniche.
Infine veniamo alla regina delle metodiche non solo diagnostiche, ma una via di approccio terapeutico
del torace : TORACOSCOPIA. Il toracoscopio altro non è che un tubo d'acciaio nel quale è possibile
introdurre diversi strumenti. La toracoscopia fu introdotta da Jacobeus come metodica sia diagnostica
che terapeutica perchè, all'inizio del secolo scorso, nei pazienti tubercolotici non era possibile l'utilizzo
degli antibiotici, quindi nei pazienti che avevano delle caverne tubercolari si effettuava un
pneumotorace terapeutico, uno dei vanti della medicina italiana. Fontanini inventò un apparecchio
che poteva regolare la quantità di aria che veniva immessa nel cavo pleurico per ottenere il collasso
del polmone. In questo modo le caverne andavano ad aderire(?) l'una contro l'altra e piano piano
tenendo i pazienti in condizioni buone (aria buona, sole,buona alimentazione, ecc.) si arrivava alla
guarigione. Però essendo la tubercolosi un processo infiammatorio si ha l'aderenza di pleure viscerali
e parietali, quindi il pneumotorace non può avvenire perchè il polmone non può staccarsi e collassare.
Jacobeus quindi per superare questo problema propose l'uso della toracoscopia. Introduceva il
toracoscopio, bruciava con l'elettrocauterio queste aderenze consentendo al polmone di collassare. il
problema era quello di farlo riespandere dopo 1 o 2 anni. Ancora oggi capita di osservare pazienti in
cui è residuato un empiema, cioè un'infezione, presenza di pus che ha formato una cotenna calcifica,
diventando quasi osso, e nel contempo si è formato anche un tumore della parete toracica (linfoma
particolare di pazienti trattati con pneumotorace e in cui è residuato un empiema cronico per tanti
anni).
Oggi è possibile associare un video alla toracoscopia.
Si distinguono ancora oggi una toracoscopia medica e una chirurgica. Questa distinzione si potrebbe
anche trascurare. I pneumologi, che sono stati i primi a introdurla, vogliono ancora eseguirla in
anestesia locale, in una sala endoscopica e non chiorurgica. Oggi è più opportuno eseguirla in sala
chirurgica per poter affrontare qualsiasi situazione.
Le indicazioni terapeutiche:
- diagnosi e trattamento dei versamenti pleurici;
- diagnosi di lesioni produttive a livello della pleura parietale o viscerale.
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BLEB: piccolissime bollicine che si formano a livello della pleura viscerale.
E' utile effettuare la toracoscopia in sala chirurgica perchè si può in questo modo far fronte a
deventuali complicanze, oppure convertire in toracotomia qualora non si riesca a procedere in
maniera sicura ed efficace in toracoscopia.
Indicazioni:
- ptologie pleuriche;
- patologie polmonari;
- patologie mediastiniche;
- patologie esofagee;
- patologie cardiache;
- patologie ortopediche;
-patologie neurohirurgiche.
In figura vediamo una delle manovre più semplici, cioè l'elisione delle aderenze.
In figura vediamo una bolla di calibro discreto. Prima si punge, poi si sgonfia, infine si reseca.
La zona di polmone colorata in blu con blu di metilene iniettato per visualizzare un nodulo piccolo
situato nel parenchima polmonare, permette di riconoscere la regione, poi con delle resecatrici
meccaniche viene resecata quella regione di parenchima,vengono messi dei punti metallici. Il pezzo
resecato viene sottoposto ad un esame intraoperatorio, la cui risposta dirigerà verso le successive
scelte. Se si tratta di cancro al polmone si procede con lobectomia, se invece è una neoformazione
benigna si considera conclusa l'operazione. Il pezzetto viene asportato con una protezione, in un
sacchettino di cellophane.
Oggi è reso tutto più semplice o più complesso, dipende dai punti di vista, dall'utilizzo del robot ( Da
Vinci). Non è più necessario essere sterili perchè il chirurgo usa due joystick. Si usa soprattutto per
interventi al mediastino (timoectomia) in chirurgia toracica. Le manovre sono più precise, si evitano i
tremori ma non è possibile sentire la resistenza dei tessuti, per cui c'è il rischio di determinare lesioni
tissutali.
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