Spedizione in A.P. - art. 2 comma 20/c - Legge 662/96 - dci “PN” - In caso di mancato recapito restituire al mittente che si impegna a sostenere le tariffe previste 2005 n. 16 Gennaio-Aprile r Federazione Nazionale Italiana Associazioni Regionali Corali Rivista quadrimestrale della FENIARCO Dossier Rivista quadrimestrale della FENIARCO UN RICORDO DI BRUNO BETTINELLI Federazione Nazionale Italiana Associazioni Regionali Corali BRUNO BETTINELLI: TRE ESPRESSIONI MADRIGALISTICHE (1939) 3 di Alessandro Cadario dossier 4 di Mauro Zuccante Presidente: Sante Fornasier BRUNO BETTINELLI Foto di copertina: Violinista (1961), litografia di C. Carrà 4 ALBERTO FAVARA 10 E IL CORPUS DI MUSICHE POPOLARI SICILIANE di Eugenio Arena nova et vetera Nova et Vetera NOVA ET VETERA: 13 IL CORO GIOVANILE ITALIANO di Walter Marzilli Direttore responsabile: Sandro Bergamo attività dell’associazione Comitato di redazione: Antonio Delitala Giorgio Morandi Giancarlo Pagni Puccio Pucci Pierfranco Semeraro Alvaro Vatri Segretaria di redazione: Carmen Laterza Attività dell’Associazione L’ASSEMBLEA NAZIONALE 19 AD OROPA d i A l v a ro Va t r i notizie dalle regioni Hanno collaborato: Alessandro Cadario, Mauro Zuccante, Eugenio Arena, Walter Marzilli, Enrico Miaroma Redazione: via Altan, 39 33078 San Vito al Tagliamento (Pn) tel. 0434 876724 fax 0434 877554 e-mail: [email protected] Progetto grafico: Tipografia Menini / Spilimbergo (Pn) Roberto Roveri - Agenzia G.V. - Bologna Stampa: Tipografia Menini / Spilimbergo (Pn) Spedizione in A.P. - art. 2 comma 20/c legge 662/96 dci “PN” Autorizzazione Tribunale di Pordenone del 25.01.2000 n° 460 Reg. periodici Abbonamento annuale: Italia € 10 Estero € 15 c.c.p. 11139599 Feniarco - Via Altan, 39 33078 San Vito al Tagliamento (Pn) ALPE ADRIA CANTAT 2005 20 3ª ACCADEMIA EUROPEA 21 PER DIRETTORI DI CORO E CANTORI PRIMAVERA A FOLLONICA 22 di Giancarlo Pagni INCREDIBILE... 23 CANTARE POPOLARE PIACE! rubriche d i E n r i c o M i a ro m a Notizie dalle Regioni 24 Rubriche DISCOGRAFIA 29 a cura di Alvaro Vatri SCAFFALE 30 a cura di Sandro Bergamo MONDOCORO 31 a cura di Giorgio Morandi dossier UN RICORDO DI BRUNO BETTINELLI di Alessandro Cadario G ià molto è stato scritto sulla figura di Bruno Bettinelli dalla sua scomparsa lo scorso 8 novembre: in tanti lo hanno ricordato come si conviene quando scompare un grande personaggio del suo calibro e della sua levatura morale.Vorrei perciò raccontare soltanto piccoli episodi dei miei pochi incontri e telefonate con un uomo-musicista che ha formato più di due generazioni di artisti italiani, di quello che le sue parole ed i suoi gesti mi hanno trasmesso e che la sua musica tutt’ora ci insegna. Non ricordo precisamente quando fu la prima volta che ascoltai la musica di Bruno Bettinelli, ma sono sicuro si trattasse del famoso (quanto perfetto) brano per coro O Jesu dolce. Allora ero uno “scolaretto” tra le file del coro S. Maria del Monte di Varese e ricordo di essermi espresso d’istinto verso un mio compagno di sezione, subito dopo aver cantato, dicendogli che questo era senz’altro il brano più bello che avessimo in repertorio. Così è la musica di Bettinelli: capace di intima espressività ed emozione, di spontaneità e profondità di pensiero. Ho avuto tanti insegnanti, colleghi e amici musicisti che lo hanno conosciuto o avuto come maestro, tutti nessuno escluso - hanno sempre esaltato la semplicità d’animo e la tempra morale del personaggio, la schiettezza della sua musica e l’alta competenza della sua docenza: ne è prova la numerosa schiera dei suoi illustri allievi. Ebbi presto anche l’occasione di conoscere la sua musica strumentale, infatti studiando violino con Felice Cusano, mi capitò spesso di fare lunghe chiacchierate sulla musica di Bettinelli e di ascoltare in particolare il Concerto per Violino e Orchestra eseguito in prima assoluta dallo stesso Cusano e a lui dedicato. Chiediamo a Cusano cosa ricorda in particolare del maestro Bettinelli: “Vorrei ricordare la straordinarietà della persona e il suo idealismo al di pleanno: fu un onore e una gioia esefuori di ogni forma di sottomissione guire la prima assoluta della versione alle avanguardie e alla politica.” per coro e organo del brano Ave regiCome vi siete conosciuti e quando le na coelorum, soprattutto perché là ha dedicato il Concerto per Violino? seduto sulla prima panca della chiesa “Capitò una sera che per radio davac’era lui ad ascoltare. no la mia esecuzione del Concerto Ma la cosa più straordinaria furono i per Violino e Orchestra di Casella: mi pomeriggi a casa sua nel tentativo di chiamò qualche giorno dopo per cogliere sfumature dei suoi pezzi che chiedermi se volessi eseguire il suo non volevo in nessun modo farmi concerto per violino. La prima fu reasfuggire, dovendoli eseguire in lizzata a San Remo, e dopo la prova un’occasione così speciale. Con generale a cui era presente mi disse quanto amore mi parlava della comche lo avrebbe dedicato a me, per il posizione, e del suo lavoro, di quanta modo in cui lo avevo suonato ed inautoironia era capace (anche nello terpretato”. scrivere musica); poi mi descriveva i Bettinelli, nel pieno delle sperimentaquadri del padre pittore appesi su tutzioni e avanguardie, ha saputo scrivete le pareti del corridoio e nelle stanre e portare la musica contemporanea, ze. in particolare quella vocale, anche ai Il momento più toccante fu però dugruppi amatoriali senza peraltro mai rante la festa dopo il concerto realizscadere in banalità; come trova la sua zato il 4 giugno 2003 nella chiesa di musica strumentale in tal senso? S. Maria della Pace a Milano, e così “Bettinelli curava molto l’eseguibimi piace ricordarlo: lui con un sorrilità della sua musica e da questo punso spiegato (accanto la torta di comto di vista si confrontava con l’esecupleanno) che, quasi per scherzo, contore lasciandogli anche molta liduceva con le mani le note della canbertà” zone Somewhere over the rainbow di Ci ricorda una frase significativa del Arlen che cantavamo, come un abmaestro? braccio, tutt’intorno a lui. “Io scrivo solo come sento”. Ricordo anche le lunghe chiacchierate di Aldo Ceccato sul maestro Bettinelli, durante le lezioni di direzione al castello di Gavarno: quanta la stima e la riconoscenza con cui ne ha sempre parlato! Finchè nell’Aprile del 2003 mi capitò, inaspettatamente, di conoscerlo di persona. Allora il maestro aveva 89 anni. Fui contattato per realizzare un concerto con il mio gruppo vocale per il “Komposition”, disegno di Arnold Fiedler suo novantesimo com- 3 dossier BRUNO BETTINELLI: TRE ESPRESSIONI MADRIGALISTICHE (1939) UN COMMENTO di Mauro Zuccante D ue tendenze estetiche opposte attraversano l’intero arco del Novecento musicale: la tensione verso avanguardia e sperimentazione e la riscoperta della musica antica. In non pochi casi queste traiettorie, di per sé divergenti, convivono nell’opera di uno stesso compositore. Debussy, Ravel, Stravinsky, Hindemith, Britten annoverano nel loro catalogo composizioni ispirate a forme e stili del passato, ma anche pagine ricche di contenuti innovativi, sperimentali e di ricerca. L’interesse per l’antico permane anche nell’arte di alcuni tra i compositori più importanti del secondo dopoguerra e contemporanei: Ligeti, Penderecki, Sch- 4 nittke, Pärt. In particolare, le tecniche e i principi dei costrutti polifonici antichi hanno esercitato sui musicisti del secolo appena terminato una forte influenza. Il Lux æterna di Ligeti (capolavoro assoluto della musica corale della nostra epoca) combina e sintetizza le esperienze più avanzate della musica elettronica con la sapienza dell’antica prassi del contrappunto polifonico. I compositori italiani (per un lungo periodo dimentichi dello splendore della nostra tradizione polifonica), a partire dal celebre monito di Verdi ("Torniamo all’antico, sarà un progresso!"), hanno gradualmente recuperato il legame con l’arte di Maren- BRUNO BETTINELLI zio, Palestrina, Gesualdo, dei Gabrieli e di Monteverdi, omaggiando e riferendosi, più o meno esplicitamente, all’arte di quei grandi. I componenti della cosiddetta “generazione dell’Ottanta” e affini (Casella, Malipiero, Pizzetti, Ghedini) e i più giovani Dallapiccola e Petrassi (per i quali si coniò l’aggettivo di “neomadrigalisti”), contribuirono a ridare luce ad un passato che aveva da restituire capolavori pressoché inauditi, deviando (ma non del tutto) dalla via maestra della scuola italiana: il Teatro d’Opera. Accanto al merito dei compositori, non va dimenticata l’opera di riedizione ed epurazione effettuata da filologi e musicologi, i quali, ispirati dal (Milano, 1913-2004) Ha studiato al Conservatorio “G. Verdi” della sua città. Nello stesso istituto è stato per anni titolare della cattedra di composizione. Dalla sua classe sono usciti numerosi giovani musicisti noti ormai in campo internazionale sia in veste di compositori sia in quella di esecutori o musicologi. Ha vinto diversi concorsi nazionali e internazionali di composizione e ha svolto attività di critico musicale, collaborando anche alla redazione di varie enciclopedie. È membro dell’Accademia di Santa Cecilia e dell’Accademia “Luigi Cherubini” di Firenze. Ha riveduto e trascritto musiche di Corelli, Bonporti, Nardini, Sammartini e una serie di Laudi del 1200. L’opera di Bruno Bettinelli discende direttamente dalla ricerca di uno spazio strumentale “puro” (ossia non melodrammatico) perseguito in Italia dalla precedente “generazione dell’80” e da quanto ne è poi derivato: Casella, Malipiero, Ghedini, Petrassi (della sua stessa generazione, quest’ultimo, ma più anziano). Ciò ha favorito, nel primo Bettinelli, lo svilupparsi di moduli costruttivi prevalentemente contrappuntistici, di salda costruttività, sui quali forse una qualche influenza hanno esercitato Strawinski e soprattutto Hindemith. Una scrittura rigorosa e stringata, asciutta, scandita nel gioco ritmico, ma anche ariosa, (ove il diatonismo modaleggiante veniva subito ad essere innervato da elementi di tensione cromatica). Sono di questo periodo lavori come Movimento sinfonico (1918), 2 Invenzioni (1919), Sinfonia da camera (1938), Concerto per orchestra (1940), Fantasia e fuga su temi gregoriani (1942), Messa da Requiem (1944). Con i lavori 5 liriche di Montale (1948), Fantasia concertante (1950), Concerto da camera (1952) e Sinfonia breve (1954), il mondo sonoro di Bettinelli si carica di maggiori inquietudini, penetra sempre più decisamente nello spazio atonale e talora dodecafonico senza peraltro accettare alcuna ortodossia. Qui, forse con l’influsso di certo Bartok (nel trattamento degli archi, per esempio), il compositore milanese procede verso una sempre più raffinata indagine timbrica e verso gesti drammatici di efficace eloquenza. Tra le opere successive, da ricordare il 3° Concerto per orchestra, Episodi per orchestra, la Cantata per coro e orchestra, Sono una creatura su testi di Ungaretti e tre opere in un atto: Il pozzo e il pendolo, La smorfia e Count down. Inoltre il Concerto per violino e orchestra, Alternanze per orchestra, Varianti per orchestra, Strutture per piccola orchestra, Contrasti e Quadruplum per orchestra, Concerto per due pianoforti e orchestra, Studio per orchestra, Musica per sette, Ottetto a fiati, Divertimento per clavicembalo e orchestra, Concerto per chitarra e archi, Concerto n. 2 per pianoforte e orchestra, Sinfonie n. 5, 6 e 7, Cantata n. 2, Terza Cantata per coro e orchestra su testo di Tommaso Campanella, diretta da Gianandrea Gavazzeni nel dicembre 1985. Rilevante l’attività didattica, che ha svolto per decenni presso il “Verdi” di Milano formando allievi del calibro di Azio Corghi, Claudio Abbado, Riccardo Chailly, Aldo Ceccato, Francesco Degrada, Armando Gentilucci, Riccardo Muti, Maurizio Pollini, Uto Ughi. Per qualche periodo ha esercitato anche la critica musicale, sia per la stampa quotidiana sia per quella periodica. dossier rigore dell’indagine scientifica, hanno posto le basi per il recupero di una corretta prassi esecutiva (un tipo di approccio inderogabile, ai nostri giorni, per chiunque voglia cimentarsi con l’esecuzione della musica antica, ripulita dai travisamenti e dalle distorsioni generate dal gusto, dalle mode e dai segni del tempo). Bruno Bettinelli, immediato successore della “generazione dell’Ottanta” (è nato nel 1913), partito anch’egli, come i suoi predecessori, da posizioni neoclassiche, è, in seguito, assunto a ruolo di decano e punto di riferimento per tanti musicisti e compositori, attualmente in attività, che hanno gravitato negli ambienti musicali della città di Milano. Egli, pur essendo approdato nelle sue opere teatrali, sinfoniche e cameristiche più complesse ad un linguaggio moderno e all’atonalità, non ha mai celato uno stretto legame con la tradizione musicale italiana del passato. A testimoniare ciò, va menzionato il fatto che, tra i suoi vari interessi, vi fu anche quello di revisore di antiche pagine (edizioni critiche di Corelli, Bonporti, Sammartini e, assai significativo per quanto concerne la materia di questo scritto, una serie di Laudi del 1200). A proposito delle peculiarità del proprio linguaggio più evoluto, Bettinelli lo definì basato su "un continuo variare degli elementi proposti all’inizio e, successivamente, scomposti, rielaborati per germinazione spontanea, rovesciati, riesposti nelle figurazioni cellulari più svariate, derivate dalla speculazione contrappuntistica dei fiamminghi". Ciò conferma che la ricerca di una lucidità e chiarezza nella trama polifonica ha sempre avuto come modelli di riferimento l’arte degli antichi maestri. Bettinelli, poco più che ventenne, compose le Tre Espressioni Madrigalistiche, per coro misto a cappella, nel 1939 (da ricordare che nel 1935 aveva musicato, sempre per coro, Villanella e Canzonetta e, nel 1936, 2 Laudi, per coro a 3 voci). Soltanto alcuni anni prima, Kodály aveva pubblicato i suoi Quattro madrigali italiani (1932), per coro femminile a cappella, Dallapiccola la prima serie dei Cori di Michelangelo il giovane (1933), per coro misto a cappella e Ghedini aveva terminato i 9 Responsori (1930), per coro a 4 voci miste a cappella. Questa vicinanza di date denota la sensibilità e la prontezza con le quali il nostro compositore seppe immediatamente cogliere il clima e mettersi al passo con le tendenze musicali (italiane ed europee) del periodo intercorso tra le due guerre mondiali. Nella scelta di riesumare l’antica scrittura madrigalistica (piuttosto che la più severa e composta prassi mottettistica), si può leggere la predilezione del compositore milanese per la ricerca di rinnovati impasti timbrici e giustapposizione di situazioni coloristiche diverse. Nonché la sua propensione a non disdegnare momenti di slancio melodico ed espressivo di natura tardoromantica. Le Tre Espressioni Madrigalistiche sono destinate a quattro voci miste a cappella e si basano su liriche di Matteo Maria Boiardo (Già mi trovai di maggio, XV secolo), Leonardo Giustinian (O Jesu dolce, XIV secolo) e Laura Guidiccioni (Il bianco e dolce cigno, XVI secolo). L’analisi di alcuni episodi significativi delle Tre Espressioni Madrigalistiche, conferma l’alto grado di padronanza delle tecniche neomodali e neomadrigalistiche e la piena assimilazione dei modelli rinascimentali che il giovane compositore dimostra di possedere nella stesura dei piccoli brani. Nonostante il suo percorso artistico abbia preso, negli anni seguenti, direzioni diverse dall’itinerario neoclassico, queste esperienze di apprendistato sono servite a consolidare il mestiere, la tecnica e il rigore stilistico-formale (qualità che, negli anni della maturità, egli potrà vantare come pochi). Come prassi assai diffusa nella musica rinascimentale, Bettinelli ricorre ripetutamente all’artificio del “madrigalismo”, ove intende tradurre in termini sonori e grafici un’espressione o un’immagine evocata dal testo letterario. Vedi, a tal proposito, il vocalizzo "che tutto tremolava" (in Già mi trovai di Maggio); es. 1 l’incalzante progressione "e Tu mi segui ognora" (in O Jesu dolce); es. 2 5 dossier lo spegnersi nel registro grave del disegno "cantando more" (in Il bianco e dolce cigno). es. 3 Si potrebbe definire quasi “lirico-teatrale” l’effetto (“affetto”) espressivo che scaturisce dal salto d’ottava discendente, che conclude la curva melodica del soprano alla fine di Già mi trovai di Maggio ("che tal dolcezza ancor nel cor mi tocca"); es. 4 e di analogo impatto “plateale” (ma di natura più estroversa ed espansiva) è quel "m’empie di gioia tutto", al culmine di un climax sapientemente preparato (in Il bianco e dolce cigno). 6 es. 5 L’alternanza di contrappunto ed omoritmia è una particolarità congenita al madrigale rinascimentale. Pertanto, notiamo che all’episodio iniziale, polifonicamente elaborato de Il bianco e dolce cigno, fa seguito un contrastante passaggio omoritmico ("ed io piangendo"). es. 6 dossier Parimenti, nella parte conclusiva dello stesso brano, al moltiplicarsi delle entrate delle voci sulle parole "di mille", succede una chiusa di assoluta verticalità accordale ("di mille morti il dì sarei contento"). es. 7 Rileviamo, altresì, alcune varianti del procedere omoritmico: la giustapposizione di differenti “pesi e colori” vocali in O Jesu dolce: "per qual mio merto" - a 4 voci - "Signor mio benigno" - a 2 voci - "o per qual mia bontà" - a 3 voci - "sì largamente nel mio cor…" - di nuovo a 4 voci; 7 es. 8 il gioco dell’alternanza tra gruppi vocali omogenei che procedono a voci parallele all’attacco di Già mi trovai di Maggio: es. 9 dossier Ispirati ai procedimenti di voci per triadi parallele sono i passaggi "sopra ad un colle alato a la marina" (in Già mi trovai di Maggio). es. 10 e "o infinito amore" (in O Jesu dolce). 8 es. 11 Tali successioni armoniche appartengono allo stile del madrigale, ma sono assai più frequenti nella scrittura delle forme profane minori (villanelle, canzonette, balletti). L’assoluta libertà nelle concatenazioni accordali evoca il recupero di antichi ambiti armonici. Ne sono un esempio alcuni passaggi. La successione di triadi fondamentali alla fine de Il bianco e dolce cigno [es. 7] ; la “canonica” cadenza plagale e le quinte vuote che chiudono O Jesu dolce. es. 12 dossier Invece, di natura più moderna (più precisamente di sapore impressionistico) il dondolìo di quarte per moto contrario su "movendo sì soave la sua bocca" (in Già mi trovai di Maggio), procedimento alquanto lontano dalla “grammatica” della musica tonale. es. 13 L’opposizione di diatonismo e cromatismo è un principio che riveste un ruolo fondamentale in questi rifacimenti di antiche forme vocali. Il cromatismo, unitamente alle dissonanze, furono introdotti gradualmente dai polifonisti rinascimentali, al fine di caricare di tensione e pathos i momenti più espressivi del testo letterario. Coerente con questo significato, l’utilizzo sulle parole "ed io piangendo" (in Il bianco e dolce cigno) [es. 6]: la prima volta esse si appoggiano su un accordo alterato cromaticamente e dissonante; la seconda su una lineare e pacata successione plagale. L’ambito armonico del primo brano (Già mi trovai di Maggio) è strutturato in maniera da rimbalzare tra il tono (modo) d’impianto (SOL) e un polo lontano (MI bem.) che irrompe ogni- qualvolta il testo evoca l’idea di bellezza ("adorno d’ogni fiore", "una donzella", "che tal dolcezza ancor nel cor mi tocca"). Emerge, dunque, dalla “lettura” delle Tre Espressioni Madrigalistiche la maestria di Bettinelli nella rielaborazione delle antiche forme. Questa tendenza estetica (“neoclassica”, “neomadrigalistica”, o in qualsiasi altro modo la si voglia definire) viene oggi rivalutata, rispetto alle implicazioni negative che la critica dei decenni passati ha rilevato, opponendola ai valori progressivi dell’avanguardia. Il ripercorrere le antiche tecniche e gli antichi stili comporta (come si è visto), da un lato un alto valore formativo e, dall’altro, un arricchimento poetico e un rinforzo dei legami con le forme e le opere che hanno reso grande l’arte musicale italiana. 9 dossier ALBERTO FAVARA E IL CORPUS DI MUSICHE POPOLARI SICILIANE di Eugenio Arena Premessa 10 Prendendo spunto dall’interessante “dossier” Alle radici del canto popolar , realizzata con amorevole e professionale cura da Puccio Pucci e dalla redazione di Choraliter, ritengo potrà interessare i nostri lettori una ricerca poco conosciuta, riguardante le radici del Canto popolare in Sicilia, condotta tra la fine dell’Ottocento ed i primi del Novecento - da Alberto Favara definito da Paolo Emilio Carapezza, (Direttore dell’Istituto di Storia della Musica dell’Università di Palermo), pioniere dell’etnomusicologia, in occasione di una Conferenza internazionale sulla musica popolare siciliana ed ungherese, da me organizzata con il Coro Goitre nell’ambito del CORINFEST 1994. In quel contesto Zoltan Sàndor, Direttore della Scuola di Musica “F. Liszt” di Miskolc, ha relazionato sul tema “musica popolare nel repertorio corale ungherese: da Kodaly ai compositori ungheresi contemporanei” ed io ho presentato una relazione sul tema “Esperienze di <ricreazione> della musica popolare siciliana nella polifonia del secolo XX e prospettive agli albori del terzo millennio” con la quale trattavo in termini concreti proprio il tema rimasto fuori dal dossier: quello della rielaborazione a fini corali della musica popolare, limitatamente alla Sicilia. Molte infatti erano le analogie tra i due lontani paesi e straordinariamente simili le rispettive esperienze in tema di raccolta dei canti popolari. In conclusione delle due giornate di studio si auspicava e sollecitava un Concorso di composizione ed elaborazione polifonica di canti popolari siciliani, tratti dalla raccolta del Favara. Tale Concorso, per iniziativa dell’ARS CORI, si è realizzato finalmente dopo ben sei anni nel 2001. Al Concorso furono presentate ben cinquanta composizioni da 43 autori tratte da melodie “date”, scelte dalla raccolta di Alberto Favara e la giuria (composta dal Prof. Paolo Emilio Carapezza dell’Università di Palermo, dal M° Francesco Martini di Mantova, compositore e direttore di coro, e da me stesso) sottolineava l’ampia partecipazione ed il buon livello della stessa. (Per la cronaca, il primo premio fu assegnato al padovano Giorgio Pressato). Alberto Favara pioniere dell’etnomusicologia in Sicilia e Bartòk e Kodaly in Ungheria. Riservandomi di riferire su questo tema in futuro, mi sembra particolarmente interessante focalizzare la figura di Alberto Favara, grazie al quale – malgrado l’interruzione della tradizione orale per motivi che si potranno approfondire in altra sede – noi oggi possiamo attingere in Sicilia ad una ricchissima miniera di canti, oltre mille, annotati con cura nei suoi “quaderni” da questo straordinario ricercatore, “la cui figura spicca singolare e isolata nei campi della composizione, della didattica, dell’organizzazione culturale”. Opera che, pur in mancanza di esplicita comunicazione tra civiltà così lontane, si svolge con inimmaginabili analogie in età coeva sia in Sicilia che in Ungheria. Con la macroscopica differenza che la ricerca in Ungheria ha avuto un seguito brillante e ricco di produzioni corali, mentre la ricchissima ricerca siciliana (oltre mille canti) è rimasta nota solo a pochi specialisti e non ha avuto alcun esito o sviluppo nella produzione di un repertorio corale. Alla raccolta e allo studio dei canti popolari siciliani Favara si dedicò tra il 1898 e il 1905. “Proprio quand’egli finisce – o meglio interrompe – (ci dice nella citata conferenza Paolo Emilio Carapezza) la sua attività etnomusicologica, a un altro capo dell’Europa comincia quella di Bela Bartòk e Zoltan Kodaly, che a partire dal 1906 – forniti di un moderno fonografo Edison – percorrono l’Ungheria, la Slovacchia, la Transilvania”. “La sorte delle loro collezioni fu assai simile”. Scrive Giuseppe Cocchiara, nella premessa al I° volume del Corpus: “E’ una storia, la loro, fatta di richieste che nessuno ascolta, di aiuti che nessuno dà”. Infatti esse vennero pubblicate postume: Il Corpus musicae popularis hungaricae a partire dal 1951 (sei anni dopo la morte di Bartòk), il Corpus di musiche popolari siciliane nel 1957, di gran lunga più sfortunato (quasi sette lustri dopo la morte del Favara), quando era trascorso più di mezzo secolo dall’epoca in cui egli fissava sul pentagramma quelle melodie! Il fatto che i due musicisti ungheresi ed il siciliano lavorassero senza che gli uni sapessero dell’altro non inficia che i loro scritti teorici coincidano in più punti. Identiche le premesse del loro lavoro. Eguale il loro sforzo per penetrare nello spirito della musica popolare. Di contro completamente diverso il clima nel quale operarono. Infatti, mentre la musica popolare ungherese, come ha ben notato il Mila, comincia a prendere forma soltanto verso la seconda metà del secolo scorso, onde la sua unica e reale tradizione andava ricercata nella musica popolare, quella italiana invece aveva dietro di sé una tradizione ed una storia musicale colta. “Eppure nonostante ciò, Alberto Favara dossier leggete Favara: vi sembrerà di leggere Bartòk o Kodàly! “ Nato a Salemi (in provincia di Trapani) da nobile famiglia – i Favara furono baroni di Godrano – nel 1863 e morto nel 1923, Alberto Favara studiò composizione al Conservatorio di Palermo e quindi privatamente a Milano con Antonio Scontrino, anch’egli di Trapani. Alla scuola di questo musicò un’operina in un atto, Marcellina, su libretto di Leopoldo Marengo. Non sappiamo se Favara fu a Palermo, quando – tra l’autunno del 1881 e la primavera del 1882 – vi soggiornò a lungo Wagner, allora intento al compimento del Parsifal, ma è probabile che l’ammirazione di Alberto per lui gli derivi piuttosto dal suo maestro Scontrino, che aveva studiato a Monaco dal 1872 al 1874 ed era stato uno dei più acuti e sensibili seguaci italiani di Wagner. Ci dice comunque Carapezza che la conoscenza e “lo studio profondo della musica di Wagner fu comunque l’evento decisivo nella vita artistica di Favara”. Wagner non significava però soltanto musica tedesca – scrive Giuseppina La Face (1977) – ma anche filosofia e cultura tedesche, significava soprattutto Nietzsche e Schopenauer… Favara, personalità aperta a stimoli culturali svariati, scopriva – attraverso Wagner – Beethoven, Nietzsche, Schopenauer e tutta la filosofia dell’idealismo tedesco. Beethoven in una prospettiva nietzscheana, è forse un indizio di un altro suo preminente interesse: quello per la grecità “come sostrato culturale e antropologico della Sicilia”. E un tale interesse non fa altro che riflettere la tradizione prima classicistica e poi positivistica della cultura ottocentesca dell’Isola. Lo stimolo decisivo, che determinò radicalmente l’attività culturale di Favara, fu la lettura dell’opera fondamentale di Nietzsche, La nascita della tragedia dallo spirito della musica che era apparsa nel 1872. Essa legittimava ideologicamente la sua ammirazione per Wagner, e la connetteva con la sua formazione classica: “Alberto Favara, nonostante il suo nome tedesco e il suo cognome arabo, si sentiva profondamente greco, come quasi tutti i siciliani colti”. La raccolta di canti popolari siciliani si dimostra coerente con questa filosofia: è anche questa – secondo Carapezza – un frutto nietzscheano. Leggiamo infatti nel capitolo VI de La nascita della tragedia dallo spirito della musica, questo passo, che riportiamo dalla traduzione italiana dello stesso Favara; egli lo cita quasi all’inizio della sua conferenza romana del 1904, Canti e leggende della Conca d’oro: “La canzone popolare ci appare, anzitutto, come lo specchio musicale del mondo, come melodia primordiale, che si cerca un’immagine di sogno parallela e la esprime nel poema. La melodia è dunque la materia prima ed universale, che a causa di ciò può anche subire delle oggettivazioni diverse in testi differenti. Essa è anche, per il sentimento ingenuo del popolo, l’elemento preponderante essenziale e necessario,… se si considera in base a questa teoria una raccolta di canti popolari, si vedrà in esempi innumerevoli come la melodia con una fecondità inesauribile faccia zampillare intorno a sé una pioggia di scintille.” Per Favara mito e arte popolare si equivalgono, c’è un interconnessione genetica tra natura, mito, musica e lingua. “Il popolano – egli dice – non pensa, ma sente, e questo sentimento è musica, non parola”. Così Favara segue la tradizione tardorinascimentale e barocca dell’Affektenlehere e il pensiero vichiano e preannuncia Croce. I tratti fondamentali, le leggi profonde e costituenti la musica sono etnici: come nell’antichità classica i nomoi erano dorico, ionio, frigio, lidio, così le note del folklore siciliano sono siracusana, girgentesca, carinisa, usticana. Scrive Favara nel 1959: “Il popolano di Palermo canta sulla <furnarisca> tutte le sue canzoni d’amore e di sdegno, del più vario contenuto poetico; ma la cantilena, che insieme al dialetto proviene da condizioni etniche, organiche e psichiche che stanno nel fondo del suo essere, rimane sempre invariabile. Ognuno può constatare da sé, non solo a Palermo e per la <furnarisca>, ma dovunque il popolo canti, il doppio fenomeno: la immanenza della cantilena locale e le varie oggettivazioni poetiche che se ne irradiano”. Il folklore non è dunque “cultura delle classi subalterne” limitata da leges inique e neganti, ma “sapienza del popolo” alimentata da nomoi positivi e nutrienti. L’arte greca era tutta compenetrata da elementi popolari. L’artista non era allora che il continuatore del popolo, egli svolgeva e perfezionava miti, danze e melodie già esistenti nell’arte popolare; la vana invenzione personale del musicista, nel senso moderno, non esisteva. C’è dunque un’osmosi profonda tra folklore e dottrina, ma non a senso unico: “Un carrettiere analfabeta di Sicilia che cita Dante e parafrasa il “de vulgari eloquio”! Ecco la prova di una cultura accumulata e trasmessa nei secoli, per tradizione orale! Non furono queste le condizioni della cultura omerica?” Scrive il Favara nel 1959! Favara non si limitò a fare opera di ricerca annotando nei suoi quaderni le musiche che andava raccogliendo dalla viva voce dei popolani anziani, ma si adoperò perché quei canti non restassero reperti da museo e potessero essere ancora conosciuti, anzi “ri-conosciuti” dai siciliani ed eseguiti grazie alla loro “rielaborazione”. Ed è questo un altro punto di incontro tra i due musicologi ungheresi ed il siciliano. I Canti della terra e del mare di Sicilia realizzati dal Favara per la Casa Ricordi si pongono infatti sullo stesso piano delle Vingt chansons populaires hungrais che i due musicisti ungheresi pubblicarono nel 1905, seguite fino al 1935 da altri lavori analoghi per canto e pianoforte o per solo pianoforte, secondo il gusto dell’epoca. Favara però, anche in questa esperienza divulgativa, non fa musica dotta attraverso la musica popolare, ma si immerge nella musica popolare. E di lui, come degli ungheresi, si può dire quello che lo stesso Bartòk ebbe a notare in genere sulla elaborazione dotto-popolare: “È molto importante che la materia musicale con cui si riveste la melodia sia intrisa del suo stesso carattere, cioè viva delle peculiarità musicali evidenti o sottintese in essa, vale a dire che la melodia e tutte le aggiunte che le si fanno diano comunque l’impressione di un’unità indivisibile”. D’altro canto il Corpus non è soltanto un modello di raccolta – rileva il Cocchiara – “ove si pensi che il Favara annotò sempre le musiche così come le sentiva con tutte le incertezze ritmiche e tonali, con tutte le varianti che l’esecutore via via vi introduceva, nel modo insomma, con cui il popolano le aveva cantate e suonate”, ma si tratta anche di un lavoro dove si riflettono definitiva- 11 dossier 12 mente i suoi intendimenti metodologici. “Nel dichiarare questi intendimenti, il Bartòk (citiamo sempre il Cocchiara) li aveva riassunti in diversi precetti. Egli sostiene una visione unitaria del canto popolare, il quale va studiato tanto dal lato musicale, quanto da quello letterario. Inoltre è dell’avviso che ciascun raccoglitore veda se il cantore sia un creatore o un portatore del folklore. Da qui la necessità di evitare, nella raccolta, gli intermediari, in modo che il raccoglitore possa tener conto anche di quella atmosfera vivente che regna quando un contadino si produce davanti ai suoi simili. Né si nasconde l’esigenza delle incisioni che servono a caratterizzare il timbro, i modi, le interpretazioni, ecc. e che, potremmo aggiungere, rimangono da sole inerti se non sono accompagnate da una scheda che ci dia la storia del canto raccolto. Il Favara è sulla stessa via. Anch’egli è orientato verso una visione unitaria del testo musicale con quello letterario; anch’egli ha raccolto i suoi materiali personalmente, da una parte il testo poetico, dall’altra quello musicale; anch’egli è assolutamente fedele a quei testi. E se non sempre cura la registrazione delle varie versioni di un canto, c’è sempre in lui la preoccupazione dello storico, il quale sa che i suoi materiali debbono servire alla ricostruzione di una storia della musica popolare italiana, di cui la siciliana è parte integrante ed essenziale”. Il Corpus peraltro, – dobbiamo dire con il Cocchiara – non avrebbe mai visto la luce “se non avesse trovato le cure affettuose e filiali di un colto e raffinato musicologo, il quale ci è stato tragicamente rapito, avendo già li- cenziato alle stampe il presente lavoro, Ottavio Tiby, genero del Favara. Egli ha fatto della pubblicazione del Corpus un impegno d’onore che non era soltanto familiare, ma soprattutto culturale. Quand’egli entrò in casa Favara trovò un problema aperto: la pubblicazione del Corpus di cui nessuno sospettava la grande ricchezza e che, nonostante tutti gli approcci compiuti dagli studiosi, rimaneva inedito. Il Tiby riprese i quaderni dove il Favara aveva raccolto le melodie popolari. Le trascrisse a sua volta, in modo da renderne più agevole la lettura, e a mano a mano che veniva compiendo questo lavoro, sentiva sempre più il fascino della metodologia inerente alla musica popolare, la quale gli si configurava sempre in un aspetto sempre più unitario.” Il “Corpus di musiche popolari siciliane” Il Corpus consta di due volumi editi a cura dell’Accademia di Scienza Lettere e Arti di Palermo della quale il messinese Giuseppe Cocchiara era Segretario generale. Nel primo volume di 172 pagine, oltre alla già citata Premessa dello stesso Cocchiara, è contenuto un ponderoso Studio introduttivo di Ottavio Tiby che amorevolmente curò e riordinò la raccolta. In 19 capitoli ed una ricca appendice vengono sviscerati i temi più importanti relativi alla musica siciliana. I primi tre capitoli sono dedicati ad Alberto Favara ed al suo rapporto con il canto popolare siciliano ed ai caratteri generali della raccolta. Negli altri capitoli vengono trattati temi di grande interesse: dalla costituzione modale dei canti, alla ritmica e metrica degli stessi, dalle formule idiomatiche di canto siciliano alla loro trascrizione ed armonizzazione, dall’epoca dei canti alla Siciliana nella musica d’arte; un capitolo si occupa degli strumenti musicali popolari ed uno delle canzoni a ballo e della musica strumentale, fino alle Abbanniatine (cantilene dei venditori ambulanti) ed ai ritmi di tammurina e tammuredda, per concludere con un capitolo sul “canto popolare come manifestazione lirica del popolo siciliano”. Il secondo volume di 582 pagine contiene la notazione musicale ed i testi di ben 1090 canti con ampie annotazioni sull’origine degli stessi e sull’identità e l’età dei popolani dai quali vennero raccolti. I canti sono divisi per tema in canti lirici, contenenti le palermitane Furnarische, (le cadenze dei fondachi di Palermo, dove i carrettieri vanno a posare con le loro mercanzie e i loro canti), le Vicariote (cantilene della Vicaria, il palazzo del Viceré, dove vi erano le vecchie carceri della Città), e diverse “note” caratteristiche dei vari paesi della Sicilia, canti di lavoro della terra o del mare e canti d’amore con l’indicazione dei luoghi di provenienza e di raccolta per un totale di 492 canti definiti lirici. Vi sono inoltre 26 Storie, 45 Ninne nanne, una decina di Répiti (struggenti canti per la morte di un familiare, reminiscenza delle antiche prèfiche greche), canti del mare, canti religiosi, giochi e filastrocche, canzoni a ballo, musiche strumentali, Abbanniatine (grida dei venditori ambulanti), Tammuriddate (ritmi di tamburi), altri mezzi sonori. Come si vede, una ricchissima miniera, ancora in gran parte inesplorata, alla quale è possibile attingere per colmare la lacuna dell’interruzione della “tradizione orale” attraverso lo studio e la rielaborazione sistematica di questi reperti che possono riprendere vita e trasmettere ancora le emozioni senza tempo, legate ai sentimenti immutabili dell’animo umano; aprendo così un vastissimo orizzonte alle generazioni moderne. Ed in particolare, per quanto riguarda molti di questi canti, anche alla musica contemporanea, tenuto conto che nella raccolta vi sono melodie nate mille anni or sono ed anche più, e melodie di pochi decenni rispetto al tempo in cui furono raccolte. In Sicilia, infatti, si sono succedute civiltà dalle tipiche manifestazioni musicali, “ove il popolo ascoltò il nomos greco, l’inno bizantino, il magam arabo, la canzone cortese dei Trovatori, il Lied dei Minnesinger, fino alla opulenta polifonia cinquecentesca!” E poiché, come osserva il Tiby, “il più caratteristico canto popolare siciliano è fondato sulla sensazione modale e non sulla tonale”, questi canti si prestano ad una realizzazione corale moderna atonale che contribuirà a creare gli stati d’animo e la riproduzione ambientale in cui essi nascono e vivono, ricreandoli per le sensibilità moderne, senza nulla togliere alla loro natura ed autenticità, anzi esaltando l’una e facendo rivivere l’altra. Ma questo è un altro discorso. Nova et Vetera NOVA ET VETERA: IL CORO GIOVANILE ITALIANO di Walter Marzilli I n occasione dell’assemblea generale di Europa Cantat, svoltasi a Venezia il 19 e 20 novembre 2004, il Coro Giovanile Italiano ha tenuto un importante concerto nel Salone della Scuola Grande di San Giovanni Evangelista. Il palcoscenico era quello dei grandi eventi internazionali, che la coralità italiana si trova a frequentare sempre più spesso negli ultimi anni, dopo un lungo periodo vissuto tra apparizioni occasionali e iniziative private. La FENIARCO ha perseguito con convinzione il progetto del CGI,1 impegnando importanti risorse umane e mettendo a disposizione dei cantori una organizzazione complessa ed elaborata. Il coro ha risposto bene: è già diventato una realtà artistica di grande levatura nel panorama internazionale. Se una parte del merito va a tutti quelli che ci hanno creduto fin dall’inizio, la quantità maggiore di esso deve andare a Filippo Maria Bressan, primo direttore del coro, al quale succederà Nicola Conci, altra grande personalità della coralità italiana. I risultati del suo intraprendente e dinamico lavoro evolutivo sono tutti raccolti nel concerto di Venezia. Si è trattato di un appuntamento al quale la FENIARCO teneva in modo particolare, per presentare a tutta la coralità europea i frutti di un lavoro impegnativo svolto a livello nazionale sul CGI e sulla coralità in generale. E il Coro Giovanile Italiano non si è fatto attendere, stupendo i presenti con un concerto di grande spessore artistico. Non esiterei a descrivere l’approccio del direttore e dei cantori, l’incidenza del suono vocale, la maturità del fraseggio e la profondità del porgere con questa definizione: La Gioia del Suono. Ma è anche e soprattutto della struttura e della concezione musicologica di partenza ciò di cui vogliamo parlare in questa occasione. Entrambe scaturite da un’idea semplice quanto efficace, innocente ma intraprendente al tempo stesso: quella di commissionare ad alcuni giovani compositori italiani i nuovi brani da accostare alle antiche musiche della scuola veneziana, in particolare quelle di Giovanni Gabrieli e Claudio Monteverdi. Per la verità l’idea iniziale era quella di eseguire un intero vespro della scuola veneziana,2 e di commissionare la composizione delle antifone ai musicisti attuali, accostando ancor più arditamente il vecchio e il nuovo. Probabilmente questo progetto sarebbe risultato, se possibile, ancora più stimolante. Ci si è resi conto però che, al di là dell’aumento esponenziale delle risorse umane e finanziarie che sarebbero state necessarie, il baricentro dell’esecuzione si sarebbe spostato sensibilmente verso il contributo strumentale e orchestrale, mentre l’intento voleva essere quello di mostrare il CGI, questa creatura tanto voluta e già tanto amata, definitivamente cresciuta. La soluzione conclusiva è stata quindi quella del concerto di Venezia: avvicinare le composizioni antiche e moderne, incentrando tutti i lavori sul doppio coro, oppure sulla formazione di coro misto almeno a otto voci. L’ulteriore idea strutturale del concerto è stata quella di creare una suddivisione interna dei brani, raggruppandoli in tre nuclei e intercalandoli con un brano di organo. La divisione doveva avvenire in relazione al contenuto letterario, ambientato in contesti diversificati ma consecutivi: Contemplantes, Adorantes, Jubilantes Te. Ecco i brani e gli autori, in ordine di esecuzione: - Piero Caraba, O quam amabilis, a otto voci - Elena Camoletto, Tristis est anima mea, per doppio coro - Mauro Zuccante, Ecce vidimus eum, per doppio coro - Giuseppe Mignemi, Spiritus Domini, a dodici voci in tre cori - Giovanni Bonato, Audi, filia, per coro a otto voci spazializzato La consecutività e l’omogeneità del risultato finale sono stati agevolati dal fatto che ogni compositore era stato preventivamente informato sulla collocazione del brano che avrebbe scritto, in modo da creare una sorta di consecutio temporum…et artium che potesse garantire un saldo legame estetico e sintattico tra l’antica e la moderna musica. Nonostante l’assoluta modernità delle nuove musiche – di cui avremo modo di parlare durante questo scritto, e che sta ovviamente alla base del progetto musicologico del concerto stesso – può addirittura capitare che, estrapolando un passaggio da una delle musiche antiche, esso possa apparire molto più moderno di quanto si possa immaginare.3 Nello stesso senso si possono riconoscere nelle moderne composizioni tracce della musica e della prassi compositiva antica, sapientemente citate. Basta scorrere il brano Tristis est anima mea di Elena Camoletto fino alle battute 101-102 e osservare l’elegante cadenza melodica di stampo tipicamente cinquecentesco affidata al primo coro, al quale poco dopo risponde il secondo coro (batt. 105 e 106), imitando la stessa cadenza. Particolarmente significativo in questo senso, inoltre, risulta essere l’incipit del secondo coro, che colloca immediatamente l’atmosfera sonora nell’ambito di un responsorio dell’epoca (tardo)rinascimentale della scuola veneziana. Per la verità l’idea di affidare al secondo coro la funzione di congiunzione tra il modo antico e 13 Nova et Vetera 14 quello moderno di scrivere, appare come una costante (con poche eccezioni), all’interno dell’intero brano della Camoletto. La grafia stessa e la coloratura dei valori delle note tradiscono questa intenzione da parte dell’autrice, che mantiene la scrittura del secondo coro – tipicamente caratterizzato da un timbro grave (B2, B1, T2, C2) – entro un ambito essenzialmente diatonico e con lunghi pedali. I passaggi più cromatici ed accidentati sono invece affidati in genere al primo coro acuto (T1 divisi, C1, S2, S1). Un intelligente Giano bifronte, con uno sguardo coerente verso il passato ed uno, altrettanto congruente, verso il futuro. Abbiamo già detto che questa contaminazione non crea contrasti insoluti all’interno della struttura generale del concerto e che il risultato finale raggiunge una stupefacente omogeneità. Questo accade anche quando il contatto diretto tra antico e moderno avviene all’interno dello stesso brano, come nel caso appena citato. A prima vista l’accostamento tra antico e moderno potrebbe infatti far immaginare un risultato condizionato da rapporti stridenti ed esasperati, quasi un esperimento ardito, audace, ideato per creare una condizione di confronto antitetico che possa avvalorare l’uno o l’altro dei linguaggi musicali. Niente di tutto questo: se la fonte di ogni cosa è l’ispirazione sincera del compositore e la sua capacità autentica di penetrare il senso del testo, allora si può essere certi che il risultato sarà ottimo, e non patirà gli urti e le incomprensioni tra generazioni tanto lontane e diverse tra loro in linguaggio e sensibilità. E questo vale per la Camoletto come per gli altri autori. Gabrieli e Monteverdi non esclusi, ovviamente. L’uso del latino come lingua comune, sia per le antiche che per le moderne composizioni, è stato un altro fattore che ha contribuito ad avvicinare le due situazioni, creando un tutt’uno omogeneo e compatto, seppure con tutte le diversificazioni del caso. E non si pensi che scrivere in latino nel terzo millennio significhi assumere un atteggiamento tradizionalistico o addirittura retorico; e neppure che questa scelta possa stendere una patina di antico sulla scrittura moderna. È chiaro infatti che la lingua latina costituisce un linguaggio totalmente al di sopra delle parti, una forma assoluta di espressione che non si configura solamente all’interno dell’area antica. Al contrario: non basta certo scrivere in una delle lingue moderne per essere altrettanto moderni, purtroppo… con buona pace di chi ha assunto questo credo alla base del proprio operato, secondo una concezione semplicistica, banale e riduttiva della musica. D’altra parte occorre anche ordinatamente far notare la presenza di alcune inserzioni in lingua moderna che vanno ad arricchire il testo latino di uno dei cinque brani. Si tratta di Audi, filia di Giovanni Bonato.4 È però sufficiente dare un’occhiata anche di sfuggita alla partitura per poter escludere che l’autore abbia sentito la necessità di servirsi di questo espediente per sancire definitivamente la connotazione moderna del suo brano, la cui attualità deriva direttamente da ben altre scelte. Il brano di Giovanni Bonato propone una approccio esuberante alla musica corale, con una visione spigliata e disinvolta non solo dal punto di vista grafico e formale, ma anche da quello stilistico e sostanziale (senza peraltro arrivare ad una situazione di assoluta avanguardia), secondo un’ottica disinibita e libera da preconcetti.5 Al di là della grafia continuamente interrotta e della conseguente frammentazione del testo letterario, della particolare impaginazione e dell’attenzione al riverbero causato dalla successione delle entrate, si vuole fare riferimento in particolare all’uso di alcuni bicchieri intonati, scrupolosamente riportati in partitura, che dovranno essere suonati dai cantori tramite la frizione del dito sul bordo. Un coup de théâtre fascinoso, che si pone con coerenza accanto al linguaggio moderno e non come una trovata fine a se stessa, ben contribuendo ad aumentare la suggestione del brano. In partitura si legge inoltre la richiesta da parte del compositore di una particolare distribuzione spaziale dei cantori, i quali dovranno circondare gli uditori dislocandosi tutt’intorno a loro, mentre il direttore si disporrà al centro della sala, solo tra il pubblico, per governare l’articolato dipanarsi delle diverse entrate. Quest’ultima soluzione – che si fa notare già nel sottotitolo: coro a otto voci spazializzato – rientra ormai nella tipica prassi esecutiva di molti brani moderni, soprattutto di provenienza nord-europea. È opportuno inoltre anche riconoscere che nessuno dei cinque compositori ha sentito il bisogno (né la necessità) di affermare l’appartenenza delle proprie musiche alla modernità attraverso l’uso di prodotti sonori di stampo onomatopeico, allitterativo o quant’altro ricordasse qualcosa come gli studi fonetici, tanto in voga da qualche anno a questa parte. Nonostante alcuni passaggi testuali dei brani da musicare fornissero una ghiotta occasione per introdurre sperimentalismi fonetici (fine a se stessi?), siamo grati ai compositori di non aver ceduto alla tentazione di farlo.6 Nei repertori dei cori italiani (e più ancora tra quelli stranieri) si sono ormai introdotte molte di quelle composizioni che intendono suscitare lo stupore degli ascoltatori senza che il coro pronunci la benché minima parola di senso compiuto, o che obbligano le voci a sentenziare qualcosa di insensato in uno strampalato – seppure simpatico – gramelot. Un po’ come quando da ragazzi emulavamo i complessi d’oltremanica e canticchiavamo le loro canzoni in un inglese maccheronico tutto inventato da cima a fondo, tanto per stupire gli amici. Restano fuori di dubbio la gradevolezza e il fascino di alcune soluzioni sonore sulle quali si basano gli studi fonetici di cui stiamo parlando, come anche rimangono apprezzabili le capacità tecniche di chi affronta con successo tali difficoltà, ma evitiamo di attribuire a questi brani una valenza artistica che abbia un qualche collegamento con il significato più profondo del pensiero musicale.7 Per Nova et Vetera questo, grazie di averceli risparmiati: si tratta di un doveroso atto di riconoscenza nei confronti di un moto di intelligenza e di sensibilità. Si può semmai sottolineare la ricerca accurata e consapevole del colore vocale e della pennellata sonora, che abbiano però un senso nella struttura del brano e nel rapporto con il testo da musicare: 1. Si osservi a questo proposito l’intervento a bocca chiusa del coro al centro del brano di Zuccante (batt. 70-77) , inserito ad hoc proprio in un momento importante di sospensione, come lo sono gli istanti che precedono la ripresa del tema. 2. Oppure quell’insolito e inaspettato allungamento della consonante “S” citato precedentemente in nota – la lettera fa comunque parte della parola specie (tua) – che attraversa tutto il coro nel brano di Bonato (batt. 46 e 47), serpeggiando improvvisamente e sinuosamente nell’atmosfera spirituale e rarefatta, quasi a ricordare l’umanità fisica e terrena di S. Cecilia. 3. Ancora: il parlato di Caraba, a imitazione del brusio accorato della turba umana che si rivolge insistentemente per due volte al buon Gesù per chiedere “post vitae terminum perenne GAUDIUM”8. 4. Possiamo continuare con la smaterializzazione semantica della Parola attraverso i lunghi pedali sull’ultima sillaba nei brani di Mignemi (batt. 1, 8, 15…), della Camoletto (batt. 5, 27, 40, 72…) e di Zuccante (29, 42, 63…), e proseguire ancora con i numerosi microepisodi fonici di cui si arricchiscono quasi tutti i brani. Come si può vedere, ogni compositore ha usato la voce nelle sue ricche sfaccettature sonore, sfruttandone senza preclusioni i colori, il fascino e le possibilità, ma anche senza violarne i confini naturali. È vero che sotto certi aspetti la “sfida” compositiva poteva anche spingere gli autori ad osare qualcosa di più sul piano sperimentale, ma evidentemente l’equilibrio tra antico e moderno ha mitigato gli estremismi, raccogliendo le composizioni all’interno di un territorio vocale percorribile, senza dover ricorrere a soluzioni stratosferiche per quanto riguarda l’esecuzione. Non che i brani siano di facile esecuzione: un coro amatoriale, al di là del numero delle voci, difficilmente potrà affrontare un repertorio simile. Ma è anche opportuno ricordare che l’intento di queste composizioni non era quello di essere cantate da tutti i cori, ma dal Coro Giovanile Italiano. NOVA ET VETERA. Si può scrivere qualcosa di estremamente moderno e attuale anche utilizzando e reinterpretando un linguaggio compositivo antichissimo come quello della modalità. Il brano di Zuccante, al di là di qualunque tentativo di schematizzazione riduttiva in quanto tale, si apre con un caratteristico ambiente di Protus trasportato in Sol, con un bemolle in chiave. L’andamento melodico si appoggia inizialmente su un assetto puramente diatonico, e questa caratteristica persiste per tutta la durata del brano. C’è di più: lo stesso tema iniziale permea e pervade l’intera composizione da capo a fondo, come un leit-motiv. A rafforzare questa impostazione diatonico-modale si deve sottolineare come l’autore sia riuscito a preservare l’ambiente melodico-armonico del Protus, evitando accuratamente di usare il Fa diesis con funzione cadenzante durante tutte le 134 battute che compongono il brano, tranne che un’unica volta, alla batt. 74.9 Il dato apparirà ancora più impressionante se si considera che, a causa dell’uso di otto voci, le battute totali – escludendo le pause tipiche della costruzione dialogata in doppio coro – non sono 134, ma 222. Questo legame con la modalità si configura quindi come qualcosa di molto più di una citazione.10 Si può infatti immaginare che l’autore abbia voluto in qualche modo ancorare la sua ispirazione agli stilemi compositivi della musica pregressa, all’interno della quale il suo brano si sarebbe dovuto calare. Nonostante questa ricercata impostazione colta, il brano di Zuccante si configura tra i più attuali della collezione. Ciò si denota anche dalle disposizioni che l’autore scrive all’inizio del brano: “La qualità del suono e l’articolazione delle frasi musicali seguano i criteri della prassi esecutiva della polifonia vocale rinascimentale. Non si esclude anche l’unione di strumenti alle voci, secondo l’uso della doppia coralità veneziana tardocinquecentesca.” Il Coro Giovanile Italiano durante le prove. 15 Nova et Vetera 16 Nelle varie composizioni si nota un uso frequente delle transizioni. Non poteva essere altrimenti, dal momento che la coscienza intonativa legata all’acquisizione della scala temperata ha permesso un affrancamento, quasi una liberalizzazione dei legami armonici, dotando l’impianto armonico di una spazialità a ventaglio che invece l’intonazione degli intervalli secondo le scale antiche impediva totalmente. In questo senso la scala temperata dei suoni costituisce una vera e propria pietra miliare nello sviluppo dell’arte compositiva, ponendosi come un rigoroso punto di divisione tra l’antico e il moderno modo di fare musica. È chiaro che nel processo di ricerca di un linguaggio nuovo, la possibilità di muoversi liberamente tra gli accordi assume una valenza fondamentale; ed è per questo che la transizione può apparire molto frequentemente. Dobbiamo altresì sottolineare il fatto che il prezzo da pagare è stato alto: nel passaggio tra le scale antiche e quella temperata abbiamo completamente perso il raffinato senso dell’intonazione degli intervalli, per cui ogni tono iniziale dava nel passato un carattere diverso ad ogni scala. E questo avveniva non soltanto per quanto riguarda la semplicistica posizione del semitono, ma più profondamente per i rapporti inter-intonativi che si venivano a creare tra i diversi gradi della scala stessa. Il discorso porterebbe molto lontano, soprattutto se si volesse prendere in esame la totale inesattezza di qualunque intervallo della scala temperata: preferiamo troncarlo qui, conservando soltanto l’idea di base che qualunque sia la strada intrapresa per quanto riguarda l’armonia, fosse anche quella modale, adesso è possibile scavalcare i rapporti e le implicazioni tra accordi e passare dall’uno all’altro liberamente. Nel suono aumentano le sorprese, e con esse la curiosità e l’interesse dell’ascoltatore. Una liberalizzazione simile succede anche attraverso l’uso della dissonanza di seconda, adesso in grado di distruggere la gerarchia della tonica, la quale nel passato non permetteva a nessun suono di avvicinarsi a lei, fino a toccarla con una dissonanza così sfrontata come quella di seconda, appunto. Nonostante l’antico retaggio di dissonanza dura e impegnativa11 (doveva essere accuratamente preparata per essere “digerita”), Caraba usa l’intervallo armonico di seconda con grande efficacia, inserendolo provocatoriamente proprio in occasione delle parole dal significato più suadente del suo brano (amabilis… dulcis… pie… bone), e ottenendo sorprendentemente una ricercatissima morbidezza. Sempre in perfetto equilibrio tra la castità dell’antica lauda e il raggiante splendore di alcuni passaggi estremamente moderni, il brano di Caraba si regge su una struttura profondamente salda e matura, che permette all’autore di toccare atmosfere anche molto diverse tra loro, e di passare dall’una all’altra interrompendo gli episodi con lunghe pause, che però non distruggono la ricchezza omogenea della composizione. In tema di variabilità legato alle sopra citate transizioni, si rende necessario menzionare il senso di sfuggevolezza ritmica che Mignemi riesce ad ottenere all’interno del suo brano. Sono infatti frequentissimi i cambiamenti di tempo, non solo al numeratore ma anche al denominatore della frazione.12 Questo espediente non permette di possedere mai fino in fondo il dominio del fraseggio e della discorsività tematica (è forse da porre in relazione al testo e allo Spirito del Signore, che aleggiando si espande nell’universo?), se non nelle affermazioni risolutive in conclusione delle diverse frasi. In questi casi compare uno schietto 4/4 o un 3/4, illuminati dall’entrata simultanea di tutte e dodici le voci. Alcune volte, per la verità, resta difficile capire la ragione di questa ansiosa transitorietà ritmica, che ricorda molto lo scrivere dei compositori francesi moderni. Alla battuta 27, ad esempio, dopo tre battute in 4/4 (che costituiscono la massima lunghezza consecutiva raggiunta da una indicazione di tempo nelle 89 battute complessive del brano, superata soltanto dalle prime quattro battute di apertura, in 5/4) sopraggiunge un tempo di 7/8 a determinare un chiaro quanto improbabile accento sull’ultima sillaba atona della parola habet.13 Al di là di queste considerazioni soggettive, il brano di Mignemi si fa apprezzare per la brillante solarità di certe affermazioni tematiche, per l’eleganza di alcune passaggi transitivi e per l’imponenza ben sfruttata delle dodici voci. Infine si denota una notevole e premurosa attenzione alle voci. Basterà dire che in tutti e cinque i brani i soprani (notoriamente la sezione che deve faticosamente arrampicarsi più Il Coro Giovanile Italiano alla Scuola Grande di San Giovanni Evangelista a Venezia. Nova et Vetera in alto…) toccano soltanto due volte – e molto velocemente – il La sopra il rigo.14 A tutto il resto delle voci è richiesto di operare all’interno della propria tessitura, senza forzare i suoni verso i confini estremi della propria estensione. In rapporto a questa scrupolosa attenzione nel trattare le voci (ma perché scriverne: non dovrebbe essere mai diversamente!) si deve anche citare come una premurosa raffinatezza il fatto che la Camoletto si preoccupi di segnalare la raccomandazione di respirare ad libitum all’inizio dei lunghi pedali che scrive (batt. 9, 22, 40…). In situazioni analoghe gli altri compositori non hanno scritto niente: è ovvio che si tratta infatti di una indicazione superflua, seppure molto gentile e premurosa. Astruserie, complicanze, introspezioni sospette, elucubrazioni mentali. Inutile cercarne: non c’è traccia. Certo, potremmo concludere queste riflessioni affermando disarmati che scrivere per un coro come il Coro Giovanile Italiano alla fine sia fin troppo facile. L’alto livello di esperienza vocale richiesto ai cantori, la scrupolosa e dettagliata selezione iniziale, la verifica di conferma e tutto il resto permettono a qualunque compositore di sciogliere le briglie della propria fantasia, e di lasciar correre l’ispirazione sulle ali della più sfrenata e febbrile eccitazione compositiva. Puoi chiedere l’impossibile ai cantori, puoi dividerli in tre cori con dodici voci reali e poi, se non ti basta, puoi addirittura dividere ulteriormente alcune sezioni, e loro seguiranno docilmente il tuo pensiero.15 Puoi scrivere gli intervalli che vuoi e le dissonanze che desideri, intricandole in ritmi e successioni difficoltosi e malagevoli,16 e loro lo eseguiranno con poche prove. Hai a disposizione un maestro concertatore del calibro di Bressan e non sei costretto a indicare pedissequamente tutto il tuo pensiero musicale in partitura con incisi e didascalie. C’è un’organizzazione capillare che pensa a tutto.17 E via così… Ma tutto diventa più difficile se hai di fronte un coro amatoriale che non legge, che sa cantare poco e che ha tempo limitato per le prove. Non è così: abbiamo avuto proprio in questi giorni l’ultima riunione del mandato della commissione artistica nazionale della FENIARCO,18 durante la quale sono stati selezionati i brani che saranno pubblicati nel secondo volume della collana Giro giro canto, rivolto ai cori di bambini. Ebbene, gli stessi autori che hanno scritto per il Coro Giovanile Italiano hanno composto dei brani anche per i piccoli cori di bambini: senza rinunciare alla professionalità e alla conoscenza, e nemmeno alla profondità dell’elaborazione compositiva, ma adattando perfettamente il loro scrivere alle necessità di chi dovrà eseguire i loro brani. Professionalità, conoscenza, profondità. Non ci vuole molto, in fondo. Basta averle; oppure impegnarsi ad ottenerle. gramma antico-moderno del tour estivo del CGI22 e promuovere la musica sacra di così alta levatura. Ma dobbiamo essere realisti e capirci bene: non che ogni domenica si possa pensare di sentire tanta profondità musicale durante le liturgie. In molti casi essa è anche priva di aderenza ai riti della Liturgia riformata e manca della necessaria funzionalità liturgica, ma da qui ad arrivare alle canzoncine il salto è troppo lungo. Dobbiamo fare qualcosa… Per esempio ripetere operazioni come questa. È infatti la strada intrapresa anche dal prossimo direttore del CGI, Nicola Conci, il cui progetto, fortemente appoggiato dalla commissione artistica nazionale, percorrerà appunto nuovamente questa direzione: Nova et Vetera. CONSERVARE ET PROMOVERE:19 perché c’è un paradosso in tutto questo. È dato dal fatto che un progetto nato in ambiente laico – inteso nel termine più apolitico e apartitico possibile, cioè semplicemente non ecclesiastico – e senza nessun interesse diretto e consapevole verso le esigenze del mondo della Musica Sacra, si è trovato ad incarnare nel modo più efficace possibile il più importante obiettivo di tutta la riforma liturgica scaturita dal Concilio Vaticano II per quanto riguarda la Musica Sacra: conservare il patrimonio della musica sacra del passato e promuovere la composizione di nuove musiche.20 Conservare et Promovere è esattamente l’operazione fatta dal Coro Giovanile Italiano: le nuove musiche di Caraba, Camoletto, Bonato, Mignemi e Zuccante accanto a quelle di Gabrieli e Monteverdi in un progetto unitario. Si noti a questo proposito che il concerto di Venezia non è avvenuto in una chiesa,21 ma in una sala. Sarebbe stato possibile e, ovviamente, seducente ed accattivante eseguire strabilianti pagine di musica profana; ma no: si è preferito mantenere il pro- 1 2 3 4 5 Abbreviazione amichevole con la quale noi tutti già lo chiamiamo, confidenzialmente. L’insistenza sulla scuola veneziana era ovviamente collegata a Venezia, luogo dove si sarebbe svolta l’Assemblea Generale di Europa Cantat. Questo vale soprattutto per Monteverdi, del quale sono ben note le vicissitudini e i contrasti che dovette patire durante la sua vita, a causa della sua inaccolta modernità. L’autore inserisce frasi in italiano antico (Dante Alighieri, dall’Inferno e dal Paradiso), inglese (John Milton), francese (Eustorg de Beaulieu) e tedesco (Heinrich Heine). Occorre doverosamente menzionare anche che nel brano Ecce vidimus eum di Mauro Zuccante l’autore usa una breve frase in inglese di Emily Dickinson, che deve essere appena mormorata da alcuni cantori sopra un coro a bocca chiusa: “Heavenly Father” take to thee the supreme iniquity. D’altra parte possiamo ragionevolmente aggiungere che l’inserzione non costituisce un episodio quantitativamente significativo nell’equilibrio del brano, almeno per quanto attiene a questa riflessione sulla presenza delle lingue moderne. Con un atteggiamento così spigliato al punto che il testo, in alcuni passaggi isolati, subisce delle contratture sillabiche e strutturali che in un ambiente maggiormente canonico 17 Nova et Vetera 6 7 18 8 9 potrebbero sollevare qualche mormorio. Si denota soltanto l’apparizione di una consonante, la “S”, che deve attraversare il coro “come un’unica, grande, sonora e sibilante ondata”, come si legge letteralmente nella partitura di Bonato. Si ricorda che, come detto poc’anzi, l’effetto d’onda è in questo caso incrementato dalla particolare disposizione del coro, disseminato intorno al pubblico. Esiste la possibilità di riconoscere che anche nella musica rinascimentale si possano trovare esempi che richiamano a una sorta di sperimentalismo fonetico, ma questa situazione appartiene ad un altro ambito, e non è ricollegabile alla ricerca fonetica sperimentale di cui stiamo parlando. Erano gli stessi testi letterari che potevano contenere movenze di tipo onomatopeico o allitterativo. Alla fine di alcuni madrigali del Rinascimento si possono infatti notare alcune figure retorico-musicali che si riconducevano ad un preesistente processo letterario, inserite dall’autore del testo con intenti appunto onomatopeici e/o descrittivi. Sfruttando l’allitterazione delle consonanti fricative, ad esempio, egli poteva ricreare la sensazione del frusciare del vento primaverile tra le fronde, come nel caso seguente. Si tratta di un esempio che potremmo definire paronomasia allitterativa onomatopeica, riscontrabile nel finale del madrigale I vaghi fiori e l’amorose fronde, musicato da G. P. da Palestrina, nel quale si legge testualmente: “Fior, frond’erb’aria, antr’ond’arm’arch’ombr’aura.” . Le parole tronche risultano dalla contrazione del testo poetico precedente, e sfruttano proprio l’allitterazione della lettera “R” a scopi descrittivi. Altro ben noto espediente di carattere sonoro-descrittivo dell’epoca è il madrigalismo. Si tratta di episodi molto misurati, piccoli divertimenti quasi privati del compositore, che non avevano la pretesa di essere considerati arte in quanto tale, ma solo pura citazione, artificio, divertissement. E qui gli esempi possono davvero essere infiniti e spiritosi… Maiuscolo e grassetto conformi all’originale. Corsivo inserito dallo scrivente. Il Fa diesis usato sistematicamente come sensibile avrebbe, come si sa, deviato l’impianto armonico verso un più semplicistico Sol minore. Proprio il Fa diesis compare un’altra volta soltanto, ma si tratta di un pas- saggio cromatico dell’Altus I (battuta 66), che non ha nessuna implicazione contro-modale. In vena di sottigliezze significative a riguardo del Fa diesis, occorre sottolineare che alla battuta 63 compare un’alterazione di cortesia supplementare accanto a un Fa, che è accuratamente indicato con un “bequadro” tra parentesi, senza che prima di esso compaia mai un Fa alterato con il diesis… 10 Di citazione vera e propria parla l’autore a proposito dell’episodio a bocca chiusa citato in precedenza: un vero e proprio cammeo la riproduzione di un passaggio da un madrigale di Monteverdi tratto dal VI libro dei Madrigali: Dunque amate reliquie, riproposto non soltanto nella parte del soprano, ma anche nelle parti sottostanti. Un ulteriore modo discreto e raffinato per collegare intimamente il proprio novum al veterum, soprattutto in considerazione del fatto che, nel concerto, il brano di Zuccante sarebbe stato inserito dopo due composizioni di Monteverdi… Già che ci troviamo in tema di citazioni, nominiamo - stavolta sorridendo - la risposta di Monteverdi in un episodio che incorre nel suo brano Nisi Dominus, nel quale l’autore, mostrando sorprendenti doti di preveggenza, cita qualcosa che ricorda in modo preoccupante un passaggio del 2/2 di Ecce gratum dei Carmina Burana di Carl Orff… 11 Molti dei guai di Monteverdi citati in precedenza (nota 3) sono legati proprio all’uso considerato troppo “disinvolto” di questa dissonanza. 12 Alla battuta 24 un improvviso 8/8 interrompe una scorrevole successione in quarti, annullando l’efficacia di una stimolante sincope contenuta nella battuta stessa. Si può immaginare che la preoccupazione dell’autore nell’inserire l’8/8 sia stata quella di facilitare la scansione delle crome in un passaggio considerato critico; ma dobbiamo riconoscere che si è trattato di un pensiero gentile e insieme superfluo, addirittura fuorviante: ogni direttore condurrebbe spontaneamente quel punto con un bel trattenuto suddiviso. 13 Sarebbe bastato limitare a 3/4 l’ultima battuta di 4/4 per ristabilire le giuste proporzioni semantiche della parola. Esiste una corrente di pensiero secondo la quale nella musica moderna la stanghetta di battuta non ha influenza sull’accento. Ma allora non si spiega la scrupolosa, maniacale meticolosità con la quale l’autore si impegna a intervenire continuamente sul valore della battuta, per far coincidere minu- 14 15 16 17 18 19 20 21 22 ziosamente tutti gli altri accenti con i tempi forti della battuta. Chi di spada ferisce… Una volta in Mignemi (12 voci) con una minima puntata (batt. 25); un’altra in Caraba, con una brevissima croma (batt. 24). Tutto qui. Giuseppe Mignemi, Spiritus Domini, battute 20-23, primo e terzo coro. In questo caso l’elenco, ovviamente, diventerebbe infinito… Ma proprio a tutto: anche a risolvere nel migliore dei modi le conseguenze di una brutta intossicazione alimentare incorsa il primo giorno assoluto di lavoro del coro. È successo anche questo… Alla scadenza del mio secondo e ultimo mandato come membro della Commissione Artistica nazionale mi permetto di appropriarmi di questo piccolo spazio in margine, per esprimere la mia non altrettanto marginale gratitudine verso chi ha voluto che io vivessi questa esperienza. Sono stati sei anni pieni di arricchimenti umani e professionali profondi, che conserverò tra i ricordi belli, quelli da proteggere dagli offuscamenti della vita e della memoria. W. M. Allocuzione di Papa Paolo VI in occasione del decimo anniversario della fondazione della Consociatio Internationalis Musicae Sacrae, Roma, 12 ottobre 1973. Cfr.: Costituzione Sacrosanctum Concilium, Cap. VI, nn. 114, 116a, 116b, 121, 121b. Dove si deve eseguire esclusivamente musica sacra. Progettato preventivamente pensando già all’evento di Venezia. attività dell’Associazione L’ASSEMBLEA NAZIONALE AD OROPA di Alvaro Va tri O spiti dell’Associazione Cori Piemontesi i rappresentanti delle Associazioni Regionali si sono riuniti nello splendido scenario del Santuario di Oropa (Biella) per l’Assemblea Nazionale della FENIARCO sabato 5 e domenica 6 marzo scorso. Vale la pena sottolineare la suggestione del luogo: il più importante Santuario mariano delle Alpi, le cui origini sono da collocarsi, secondo la tradizione, nel IV secolo, ad opera di S. Eusebio, primo vescovo di Vercelli, menzionato in documenti del 1200 e concretizzato nella attuale Basilica, degli inizi del 1600, fino alla Chiesa Nuova consacrata nel 1960. Magnifica la cornice (il Santuario immerso nella neve, con un’aria frizzantina), dunque, per una assise che si è svolta in un consolidato clima di cordialità e amicizia con un ricco ordine del giorno, al centro del quale il rinnovo del Consiglio Direttivo e dei Collegi (Revisori e Probiviri), nonché della Commissione Artistica. Riferiamo subito l’esito delle votazioni, svoltesi nella mattinata di domenica, che hanno espresso il profilo della Federazione per il prossimo triennio. Alla Presidenza è stato confermato Sante Fornasier, alla vicepresidenza sono stati eletti Mauro Chiocci e Pierfranco Semeraro che subentrano ad Aldo Cicconofri e Eugenio Arena non rieleggibili in quanto avevano espletato già due mandati. Alla Commissione Artistica sono stati eletti Giorgio Costantino, Filippo Maria Bressan, Giulio Monaco (già presenti in C.A.) e le “new entry” Aldo Cicconofri, Giovanni Bonato, Lorenzo Donati, Enrico Balestrieri e Silvana Noschese. Revisori sono stati eletti Roberto Ciuchetti, Maurizio Biscotti (uscenti) e Gino Prezzi. Il Collegio dei Probiviri risulta composto da Armando Corso, Nevio Stefanutti ed Eugenio Arena. Per quanto riguarda il Comitato di Redazione di Choraliter l’Assemblea ha deciso di soprassedere fino alla prossima riunione, anche perché nel frattempo si svolgerà il Convegno delle redazioni delle riviste regionali (a Bologna il 17 e 18 settembre prossimi) sul tema Organizzazione e Comunicazione, dal quale sicuramente scaturiranno mag- giori indicazioni per tematiche e collaborazioni. Così pure sul rinnovo della Commissione Artistica Giovanile si lavorerà nel prossimo appuntamento assembleare. Ma torniamo alla cronaca dei lavori assembleari, che si sono aperti con un indirizzo di saluto dell’Assessore alla Cultura e alle Politiche giovanili del Comune di Biella, Giulio Salivotti, e dell’Assessore Provinciale al Bilancio, Sergio Pelosi, a sottolineare come le Istituzioni Pubbliche a tutti i livelli vedano sempre più nel movimento corale che si riconosce nella FENIARCO un interlocutore affidabile per l’attivazione di sinergie volte alla promozione culturale, sociale e umana dei cittadini. Vengono quindi approvati i bilanci 2004 (consuntivo) e 2005 (preventivo), si commenta il positivo risultato per la Coralità Italiana in occasione dell’Assemblea Generale di Europa Cantat a Venezia nello scorso novembre, come pure la positività del “raddoppio” del Festival di Primavera che impegna ad una programmazione impostata con molto anticipo. Su questo punto non mancano le risposte, con ben 4 candidature ad ospitare le manifestazioni nel 2006 (Trentino per i cori di scuola media, dal 27 al 30 aprile; Toscana, Piemonte e Umbria per i cori di scuola superiore, dal 20 marzo al 2 aprile) e addirittura con la disponibilità del Veneto per il 2007 per i cori di scuola superiore. Ricca l’agenda dei programmi 2005 che ci limiteremo ad elencare sintetica- mente: le audizioni per il Coro Giovanile Mondiale, quelle per il Coro Giovanile Italiano (ad Alessandria, Bologna, Roma, Bari e Reggio Calabria), lo stage del CGI dal 22 al 31 Luglio a Fano, seguito dal tour estivo a Fano, a Loreto, a Pescara (vengono anche anticipate le linee di questo progetto per il 2006). Si auspica una significativa presenza dei cori ad Alpe Adria, come pure una partecipazione proficua all’Accademia Europea di Fano; sul piano dell’editoria è prossima la pubblicazione del CD della Raccolta Teenc@nta, l’Antologia Choraliter 7, sono allo studio le partecipazioni alle mostre di Gorizia, Arezzo e Verona. Infine vengono annunciati due Progetti APS, per i quali sono in via di approvazione finanziamenti ministeriali, Cori solidali, nel settore della solidarietà, e Coralmente, nel settore dell’informatizzazione, per i quali sono stati formati gruppi di lavoro ad hoc dal momento che per la FENIARCO questo ambito rappresenta una strada sperimentale ed è necessario farvi fronte con un opportuno sviluppo delle competenze. Una due giorni densa, dunque, di progetti concreti e impegnativi che ha stimolato un ricco e sempre più partecipato apporto di idee e di disponibilità collaborative. Dire che la salute delle nostra Federazione è sempre più buona non è certo frutto di inguaribile ottimismo, ma la constatazione di quanto lavoro è stato fatto e di come lo si è svolto. I delegati Feniarco all’assemblea di Oropa. 19 attività dell’Associazione ALPE ADRIA CANTAT 2005 Settimana Internazionale di canto corale LIDO DI JESOLO (VE) 28 AGOSTO - 4 SETTEMBRE 2005 • Atelier 1 – Musica per cori di bambini e corso per direttori – docente: Giovanni Cucci (I) • Atelier 2 – Musica contemporanea – docente: Lorenzo Donati (I) • Atelier 3 – Spiritual e Gospel – docente: Paul Smith (USA) • Atelier 4 – Musica della Scuola Veneziana – docente: Dario Tabbia (I) • Atelier 5 – Musica Romantica – docente: Georg Grün (D) • Atelier 6 – Vocal Pop / Jazz – docente: Jonathan Rathbone (GB) 20 GIOVANNI CUCCI Giovanni Cucci ha conseguito il diploma di canto artistico presso il Conservatorio “Antonio Vivaldi” di Alessandria. È docente in seminari di educazione musicale, di canto gregoriano e di educazione della voce. Ha maturato esperienze con i maestri Goitre, Acciai, Couraud, Erdei, Agustoni, Goeschl. È membro delle Commissioni artistiche del Piemonte e della Valle d’Aosta. Dirige dalla fondazione La Bottega Musicale ed il Coro 7 Torri oltre ad un coro di bambini sostenuto dai due cori suddetti: con ciascuna di queste formazioni è stato premiato in concorsi corali nazionali ed internazionali. LORENZO DONATI Compositore, direttore e violinista Lorenzo Donati ha studiato ad Arezzo, a Firenze, a Fiesole e a Siena. Svolge intensa attività concertistica come direttore con l’Insieme Vocale Vox Cordis di Arezzo e la Società Corale Guido Monaco di Prato, è inoltre direttore e cantante dell’Hesperimenta Vocal Ensemble, con questi gruppi ha vinto vari primi premi e premi speciali in concorsi nazionali ed internazionali. Apprezzato compositore di musica vocale, le sue opere sono state pubblicate da alcune prestigiose case editrici italiane ed eseguite e incise in vari paesi europei; il suo Pater Noster per tre cori è stato cantato all’EXPO 2000 di Hannover. Tra i prestigiosi riconoscimenti in competizioni internazionali ricordiamo i premi ai concorsi “Guido d’Arezzo” di Arezzo (nel 1996 e nel 1999), “C. A. Seghizzi” di Gorizia (nel 1999 e nel 2002), “ROMA 2000” di Roma (nel 1999), “Carlo Gesualdo” di Avellino (2003). Collabora con l’Associazione Cori della Toscana, la Fondazione “Guido d’Arezzo”, la FENIARCO e viene invitato a tenere seminari come esperto di musica vocale. Ha insegnato presso il Conservatorio di Pesaro e quello di Firenze, collabora per le attività musicali con il Polo Scolastico Maria SS. Consolatrice di Arezzo. PAUL SMITH Ha cominciato la sua carriera musicale come giovane studente di pianoforte con Margaret Bonds, una pianista-compositrice afro-americana. Ha ottenuto il diploma di musica alla Chapman University, un master e dottorato all’Universita della California meridionale. Ha iniziato ad esibirsi all’età di 15 anni, e ha fatto tournée internazionali con famosi gruppi americani. È stato Vicedirettore del gruppo Albert McNeil Jubilee Singers. Si è esibito con il noto Mormon Tabernacle Choir a Salt Lake City. È Direttore artistico del William Grant Still Chorale, un coro particolarmente apprezzato per la sua collaborazione con l’Orchestra Filarmonica e Master Chorale di Los Angeles. Dirige ateliers e corsi per la formazione dei direttori. Coordina convegni e tavole rotonde sui problemi multi-culturali nelle riunioni dell’Associazioni dei Direttori Corali Americani (ACDA). Attualmente è professore assistente di Musica e Direttore delle Attività Corali nell’Università dello Stato di California nel campus di Northridge. Dirige il Chamber Singers e Northridge Singers, complessi vocali universitari di alto livello. DARIO TABBIA Diplomatosi a Torino in direzione di coro sotto la guida di Sergio Pasteris, Dario Tabbia si è poi perfezionato nello studio della musica antica con Fosco Corti e Peter Neumann. È stato ospite di istituzioni musicali in Italia e all’estero ed è stato più volte invitato dal Conservatorio di Utrecht a dirigerne il coro e a tenere corsi. Nel 2001 ha diretto il Dido and Aeneas di Purcell al teatro Municipale di Tunisi in collaborazione con il gruppo teatrale Controluce e il Teatro Regio di Torino. Dal 1983 al 1995 ha diretto la Corale Universitaria di Torino con la quale ha conseguito importanti riconoscimenti e premi in festival e concorsi nazionali e internazionali. Nel 1994 ha fondato l’insieme vocale Daltrocanto con il quale ha partecipato a importanti festival internazionali di musica antica, ha realizzato incisioni disco- attività dell’Associazione grafiche apprezzate dalla stampa e ha ottenuto il premio della critica italiana nel 1996 e il premio Amadeus nel 1997. È stato membro di giuria in prestigiosi concorsi corali e maestro del coro sinfonico della RAI di Torino. Dal 1983 è docente di Esercitazioni Corali presso il Conservatorio di Torino. 3ª ACCADEMIA EUROPEA PER DIRETTORI DI CORO E CANTORI FANO (PU) 4 – 11 SETTEMBRE 2005 Docente Filippo Maria Bressan JONATHAN RATHBONE È stato corista del Duomo di Coventry (Inghilterra). Ha studiato matematica nel Christ’s College di Cambridge e si è laureato in canto e composizione all’Accademia Reale di Musica. Ha cantato regolarmente con i BBC Singers e con il coro di S. Bride’s Fleet Street. Nel 1984 è stato cantante degli Swingle Singers che ha poi diretto dal 1987 al 1996. Ha lavorato con Luciano Berio, Pierre Boulez, Stefane Frappelli e Sir George Martin (il produttore del Beatles). Ha scritto la maggior parte del repertorio degli Swingle Singers e la sua musica è stata pubblicata da Kikapust Music e da Edizioni Peters. Scrive musica per la televisione, radio e cinema e per personalità come Sir Cliff Richard e Michael Ball. Conduce corsi e ateliers in tutto il mondo. Al momento dirige tre cori a Londra, ha una propria orchestra ed è compositore, direttore e arrangiatore freelance. GEORG GRÜN Professore di direzione corale nella Scuola Superiore dello Stato per la Musica a Mannheim, Germania, ha studiato educazione musicale, musica liturgica, teologia cattolica, musicologia e direzione corale con Volker Hempfling. È direttore del Coro da Camera di Saarbrücken con il quale ha vinto vari premi nei concorsi nazionali e internazionali per cori e ha eseguito concerti in Europa, Russia, Stati Uniti e Argentina. È stato ospite-direttore del Rias Kammerchor, SWR-Volkaensemble, Coro Giovanile Nazionale di Argentina e il Coro Giovanile Regionale di Rheinland-Pfalz. Ha diretto diversi cori accompagnati da orchestre professionali. È stato membro della giuria di vari concorsi corali internazionali e docente di corsi per direzione corale. Nel 2004 ha diretto il Coro Giovanile Mondiale nel suo tour in sud Corea. Corso di alto perfezionamento per direttori di coro, unico in Italia nel suo genere. Di ulteriore stimolo si rivela il Festival musicale della città marchigiana (Festival Polifonico Malatestiano) che si svolge parallelamente all’Accademia, offrendo ai corsisti buone possibilità di ascolto. Anche per l’edizione 2005 saranno inseriti nel programma alcuni momenti di approfondimento monografico e sarà messo a disposizione del docente e dei corsisti il Coro Giovanile Italiano come coro laboratorio. Evento principe dell’iniziativa sarà naturalmente il Concerto Finale, inserito nell’ambito del suddetto Festival. FILIPPO MARIA BRESSAN Ha iniziato giovanissimo lo studio del pianoforte dedicandosi successivamente alla direzione, alla composizione e al canto. Come direttore d’orchestra, si è formato alla scuola di Karl Oesterreicher a Vienna e per la direzione di coro con Jürgen Jürgens e Mark Brown, perfezionandosi successivamente con prestigiosi musicisti tra i quali Sir John Eliot Gardiner, Ferdinand Leitner, Giovanni Acciai e Fosco Corti. Ha diretto in molti teatri e nelle principali sale da concerto d’Italia e d’Europa, ed è considerato uno dei più innovativi nuovi direttori italiani, sia nel repertorio antico che in quello sinfonico-corale. Per la raffinatezza delle sue interpretazioni e la sua eclettica attività, ha ricevuto il premio Monacciani, a Savona, nel 2002. Già assistente di J. Jürgens, ha lavorato a fianco di grandi direttori come C. Abbado (IX Sinfonia di Beethoven con i Berliner Philarmoniker), M. W. Chung, C. M. Giulini, E. Inbal, N. Järvi, P. Maag, L. Maazel, G. Prêtre, M. Rostropovich, G. Sinopoli, J. Tate e con A. Ballista, F. Brüggen, R. Buchbinder, M. Campanella, B. Canino, A. Pärt, M. Pletnev, R. Vlad, l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, la Mahler Chamber Orchestra, l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di S. Cecilia, l’Orchestra da Camera di Mantova, l’Orchestra di Padova e del Veneto, l’Orchestra Sinfonica di Savona, l’Orchestra della Toscana ORT, la Scottish Chamber Orchestra, l’Orchestra Scarlatti di Napoli, l’Orchestra Toscanini, i Virtuosi Italiani, Accademia Montis Regalis e con molti altri artisti e complessi. Si dedica allo studio della musicologia e della prassi esecutiva della musica antica, collaborando con musicisti e orchestre specializzate nel settore. Ha fondato e dirige l’Athestis Chorus e l’Academia de li Musici, complessi barocchi con i quali è divenuto uno dei protagonisti della rivalutazione della musica antica, avvalendosi di testi autentici e con strumenti d’epoca. Appassionato e dedito alla musica corale, ha conseguito quattro primi e due secondi premi in concorsi nazionali e internazionali e ha ricevuto il premio della critica musicale, a Gorizia, nel 1994. E’ spesso componente di giurie e commissioni artistiche e dal 2000 al 2002 è stato direttore del Coro dell’Accademia Nazionale di S. Cecilia a Roma. Attento alla musica del Novecento e contemporanea, ha registrato diverse prime esecuzioni assolute e concerti dal vivo per la Rai, le radiotelevisioni austriaca, francese e slovena. Ha inciso per numerose etichette discografiche tra cui: Emi, Virgin, Chandos e recentemente Deutsche Grammophon. 21 attività dell’Associazione PRIMAVERA A FOLLONICA di Giancarlo Pa gni Q 22 uattro splendide giornate di sole hanno incorniciato il 3° Festival di Primavera svoltosi a Follonica (GR) dal 17 al 20 marzo. L’evento, finalizzato all’incontro dei cori delle scuole medie superiori italiane era organizzato dalla Feniarco con la collaborazione dell’Associazione Cori Toscana e patrocinato dalla Regione Toscana e dal Comune di Follonica. Tutti i partecipanti, che vivono l’esperienza corale in ambito scolastico quale opportunità per raccogliere strumenti e stimoli verso questa importante attività formativa, hanno potuto verificare quanto il “cantare in coro” significhi fare musica con il più naturale strumento che madre natura abbia messo a nostra disposizione. Nel contempo si è potuto accertare quanto l’armonia del gruppo dove tutti sono in ugual misura protagonisti, fornisca un ambiente insostituibile dal punto di vista umano e formativo per l’acquisizione di nuove conoscenze musicali e di nuove emozioni ed esperienze. Nove i gruppi corali – per un totale di circa 350 alunni ed accompagnatori – presenti alla manifestazione: il Liceo Scientifico Statale “Einstein” di Teramo condotto dal M° Ettore Sisino, l’Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri “Einaudi” di Marostica (VI) con il direttore M° Albano Berton, il Liceo Musicale Statale “Bianchi” di Cuneo con il M° Flavio Becchis, che guidava anche il gruppo dell’Istituto Tecnico Commerciale Statale “Monelli” anch’esso di Cuneo, il Coro Giovanile di Empoli (FI) del Centro Busoni diretto dal M° Gianni Franceschi, il Liceo Scientifico “Palmeri” di Termii Imprese (PA) guidato dal M° Roberto Peroverde, l’Istituto d’Istruzione Superiore “Fielfo” di Tolentino (MC) condotto dal M° Fabiano Pippa, il Liceo Classico Statale “Cairoli” di Varese diretto dal M° Alessandro Cadario e il Liceo Polivalente Statale “Don Quirico Punzi” di Cisternino (BR) condotto dal M° Pierfranco Semeraro. Per partecipanti sono stati organizzati due atelier condotti da docenti di elevata professionalità ed esperienza: il M° Fabrizio Barchi che ha trattato il tema Canzoni dal Rinascimento al pop e la Ma Carla Baldini alla quale è stato affidato il tema Gospel, spiritual e improvvisazione vocale. Ma il Festival di Primavera non si è risolto solo sotto l’aspetto didattico-corsuale. Altri momenti ugualmente interessanti sono stati offerti ai partecipanti. Tutti i gruppi presenti hanno potuto offrire una loro esibizione agli studenti delle scuole del circondario: i concerti cono stati eseguiti in alcune scuole di massa Marittima, Grosseto, Zavorrano, Venturina, Suvereto e Follonica. A tutti i partecipanti sono stati offerti inoltre due concerti svoltisi nell’antica e suggestiva Fonderia Leopolda di Follonica concessa dall’Amministrazione Comunale. Giovedì sera vi si sono esibiti il Coro Giovanile di Empoli diretto da Gianni Franceschi e le Vocal Sisters, famosissimo gruppo gospel creato e diretto dalla Ma Carla Baldini; venerdì il Gruppo Vocale Vox Cordis di Arezzo diretto dal M° Lorenzo Donati. Ambedue gli appuntamenti sono stati offerti ai partecipanti dall’Associazione Cori Toscana co-or- ganizzatrice dell’intera manifestazione. Quale corollario alle tre giornate maremmane i partecipanti hanno potuto compiere alcune escursioni sul territorio visitando la splendida città medievale di Massa marittima, il Museo della Miniera a Zavorrano, la necropoli etrusca di Baratti e naturalmente la città di Follonica con i suoi reperti archeo-industriali. Nell’insieme possiamo concludere che l’evento si è svolto sia dal punto di vista didattico che da quello logistico con grande interesse dei partecipanti ai quali è stato offerto questo appuntamento canoro che si spera di ripetere nel prossimo anno. attività dell’Associazione INCREDIBILE… CANTARE POPOLARE PIACE! di Enrico Miaroma P roprio questa è stata la conferma principale che ho avuto partecipando come docente al Festival di Primavera Junior organizzato i giorni 7-10 aprile a Riva del Garda dalla Feniarco, in collaborazione con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Federazione cori del Trentino e la Scuola Musicale Civica di Riva del Garda. Il Festival ha visto la partecipazione di 4 cori provenienti dalle Marche, Umbria e Basilicata, che durante le 3 giornate hanno avuto la possibilità di alternare momenti di studio a momenti di svago, attraverso gite presso il Museo Civico di Riva del Garda e il Castello del Buon Consiglio di Trento. Fondamentale è stato il supporto organizzativo di Gino Prezzi, vice presidente della Federazione Cori del Trentino e coordinatore della manifestazione. Accanto alla proposta degli atelier, guidati dal M°. Amedeo Scutiero e dal sottoscritto, è stato organizzato anche un convegno "Il Coro a scuola", con l'intervento del M°. Franco Radicchia e dei direttori dei cori iscritti, moderati dal M°. Mauro Chiocci e dal Direttore della Scuola Musicale Civica di Riva del Garda, Carlo Pedrazzoli, che ha avuto l'onere e l'onore di ospitare l'evento. La prima giornata di lavoro ha proposto ai cori partecipanti un breve concerto di benvenuto del Coro Voci Bianche del Garda Trentino, della Scuola Musicale Civica di Riva del Garda, che ha eseguito Kyrie, Benedictus, Agnus Dei dalla Messe basse di Gabriel Faurè, quattro canti popolari trentini e infine alcuni canti da A ceremony of Carols di Benjamin Britten. Durante le giornate, i cori hanno avuto la possibilità di partecipare ai 2 atelier: il mio personale contributo si è concentrato nell'introdurre i ragazzi alla conoscenza e allo studio dei canti popolari trentini ed italiani, cercando di trasmettere loro non solo la tradizione del canto popolare, ma soprattutto l'entusiasmo di cantare. Sono rimasto piacevolmente sorpreso dal fatto che i ragazzi si sono dimostrati molto duttili all'apprendimento e ricettivi rispetto alle mie indicazioni e ai miei suggerimenti. Credo che molti di essi porteranno un ricordo positivo dell'esperienza rivana, sia per il clima positivo e di amicizia che il corso ha saputo costruire fra i cori, sia per il bagaglio di repertorio corale che potranno sfruttare in futuro, sotto l'attenta guida dei loro direttori. L'obiettivo che mi sono dato di raggiunge- re durante queste tre giornate doveva essere calibrato con il tempo esiguo a disposizione: con 5 ore di prove sarebbe stato impossibile concentrare l'attenzione dei ragazzi su brani di alta difficoltà, impostando un "stress" elevato di studio in modo da arrivare sufficientemente pronti al concerto finale. Ho deciso pertanto di scegliere brani semplici, sia dal punto di vista melodico, che per il testo di facile memorizzazione, ad una o due voci, con accompagnamento pianistico, legati alla tradizione del canto popolare trentino, che offre certamente molti esempi calzanti. In questo senso, i brani studiati Valsugana, nell'elaborazione di S. Filippi, Quatro cavai che trottano e La Villanella, nell'elaborazione di M. Zuccante, brani che fanno parte della collana editoriale della Federazione Cori del Trentino, mi hanno aiutato nel catturare velocemente l'attenzione dei ragazzi, che pur essendo vivaci e in certi momenti di entusiasmo difficilmente "contenibile", sono rimasti coinvolti nella musicalità popolare. Ho volutamente portato il repertorio tradizionale trentino per verificare alcune mie personali riflessioni e convinzioni, sul fatto che il canto popolare, proprio per il fatto che è sopravvissuto negli anni con l'avvicendarsi di diverse mode e stili musicali, sia tutt'ora un genuino mezzo di comunicazione tra le persone, anche di diversa estrazione sociale e provenienti da regioni italiane diverse. Ricordo ancora i nomi e i volti dei ragazzi e ragazze dei cori delle Marche, Umbria e Basilicata e dei loro professori, e la simpatia con cui hanno accolto la mia proposta e mi piacerebbe ringraziarli tutti (an- che attraverso questo articolo) per la disponibilità con la quale hanno partecipato alle lezioni e hanno accettato di buon grado di lavorare in allegria sui brani da me proposti. La soddisfazione di vedere che dopo un'intensa prova di 2 ore, all'uscita della scuola, i ragazzi a gruppetti avevano ancora l'energia e l'entusiasmo di intonare i brani appena provati, è stata la conferma che il lavoro svolto insieme ha potuto attecchire nei cuori dei ragazzi ed ha aperto una possibilità di dialogo fra queste diverse culture, tramite il repertorio popolare. In questo senso, pensiamo all'esempio di uno dei più grandi musicisti del Novecento, l'ungherese Bela Bartòk, che ha saputo essere fedele all'amore delle tradizioni del mondo popolare e contadino, giacchè dall'elemento popolare egli parte per una profonda esplorazione della condizione umana contemporanea; la musica contadina da lui rivelata non è mai subordinata all'istituzione colta. Il momento di verifica finale del concerto di chiusura, presentato con garbo da Elisabetta Zambotti, segretaria della Federazione Cori del Trentino, che ha visto alternarsi sul palco dell'Auditorium Comunale del Conservatorio di Riva del Garda i 4 cori nei loro diversi repertori, ci ha permesso di vedere realizzate le nostre aspettative: i ragazzi hanno cantato con precisione, convinzione e viva partecipazione i brani studiati, trasmettendo a me e al pubblico presente una forte emozione nel sentire quasi 200 ragazzi cantare all'unisono il canto della Valsugana, quasi fosse "un inno al canto popolare trentino". I giovani coristi durante le prove con il maestro Amedeo Scutiero. 23 notizie dalle Regioni C Associazione Regionale Cori Valle d’Aosta Via San Giocondo, 8 11100 Aosta Presidente: Efisio Blanc 24 A.R.C.L. Associazione Regionale Cori del Lazio Via V. della Storta, 5 00123 Roma Presidente: Alvaro Vatri ome negli scorsi anni, l’attività dell’Associazione è iniziata con la rassegna natalizia “Noël en Choeur”. Come gli scorsi anni, si fa per dire, in quanto la settima edizione della rassegna presentava delle significative novità. Sino a questa edizione, infatti, la rassegna si svolgeva in due serate, una nella cattedrale di Aosta, il 6 gennaio, ed una in un’altra località della Valle, il 5 gennaio, e prevedeva l’esibizione di 7/8 cori valdostani che si cimentavano nell’esecuzione di brani natalizi o, più in generale, di genere sacro. Da quest’anno la “formula” è variata ed i cori locali sono stati ridotti al numero di 4, mentre le serate sono state integrate dall’esibizione di un coro ospite proveniente da fuori regione. Tale scelta risponde, oltre che alla volontà di variare la formula della breve rassegna, all’intenzione di offrire ai cori una occasione di confronto con realtà corali diverse e di provata qualità artistica. Quest’anno abbiamo avuto l’onore di ospitare nelle due serate niente di meno che l’Ars Cantica Choir diretto da Marco Berrini, il coro che nel 2003 ha conseguito tutta una serie di premi al Concorso corale “Guido d’Arezzo”, fra cui il 1° Premio assoluto al 51° Concorso Internazionale. Il debutto del “nuovo corso” della rassegna non poteva dunque iniziare meglio, tra gli apprezzamenti dei cori presenti e del numeroso pubblico che ha seguito le esibizioni corali delle due serate. L’Associazione è ora impegnata in un altro progetto che vede coinvolti, nell’arco di due anni, tutti i cori associati. Si tratta della pubblicazione di due CD che vedrà protagonisti i vari cori nella registrazione di due brani ciascuno. La decisione di realizzare tale progetto risponde a due aspettative: da un lato promuovere delle iniziative che valorizzino il mondo corale valdostano e che testimonino della sua valenza culturale, dall’altro trovare dei mezzi di autofinanziamento dell’associazione che permettano di finanziare ulteriori iniziative rivolte alla coralità. I CD, che si realizzeranno nell’arco del 2005 e del 2006, saranno infatti messi in vendita, sia per i coristi dei vari cori, sia per un pubblico più vasto. È inoltre in fase di ultimazione la stampa del volume “Chantons Noël”, una raccolta di 11 brani natalizi inediti, per diversi organici corali, commissionati dall’ARCOVA ad altrettanti compositori italiani. Il volume, appena terminato, sarà inviato, in collaborazione con la FENIARCO, a tutti i cori italiani delle diverse Associazioni che fanno capo alla Federazione. Domenica 17 ottobre presso la Sala Convegni del Comune di Ciampino, cortesemente offerta dall’Amministrazione Comunale, si è tenuta l’Assemblea Generale Ordinaria dell’Associazione Regionale Cori del Lazio. Dopo un saluto delle autorità municipali sono stati affrontati i vari punti all’ordine del giorno che hanno delineato i progetti dell’A.R.C.L. per la stagione 2004-2005. Innanzitutto la Seconda Giornata di studi in onore di Domenico Cieri (“In Coro per Domenico Cieri”) si terrà il giorno 28 novembre e avrà un unico tema: la Polifonia. Sono previsti quattro interventi: La polifonia: quale approccio? a cura di Dario Tabbia, Analisi di un brano polifonico sacro e di uno profano, scelti tra quelli maggiormente eseguiti dai cori amatoriali, a cura di Piero Caraba e Fabrizio Barchi, e una panoramica del contesto storico a cura di Remo Guerrini. A corredo della manifestazione seminariale è stata organizzata una rassegna con repertorio polifonico rinascimentale che si svolgerà sabato 20, domenica 21, sabato 27 e domenica 28 novembre, con la partecipazione di tre cori in ogni serata. È stato poi consegnato il fascicolo con gli atti della Prima giornata celebrata lo scorso anno. Il fascicolo è a disposizione di tutta la coralità nazionale che può richiederlo all’indirizzo di posta elettronica [email protected]. Altra novità è stata l’adozione del nuovo Logo dell’Associazione, per il quale era stato indetto un concorso tra i cori associati. Vincitore l’architetto Francesco Stendardo. Per l’ultimo fine settimana di gennaio 2005 è previsto un seminario di aggiornamento per direttori tenuto dal Maestro Carl Høgset incentrato soprattutto sulla vocalità e le sue problematiche. In primavera sarà approvato il nuovo Statuto che riorganizza l’A.R.C.L. su base territoriale al fine di rendere più snella la composizione del Consiglio Direttivo e soprattutto stimolare una progettazione più efficace ed aderente alle esigenze locali. L’A.R.C.L. pubblica fin dall’inizio della sua attività l’Annuario, che molti conoscono sia in Italia che all’estero. È uno strumento di lavoro molto importante ed un documento estremamente utile per chi volesse studiare il fenomeno della coralità amatoriale del Lazio sotto i vari aspetti. La redazione di una pubblicazione così complessa richiede una cura particolare, per cui si è ritenuto opportuno organizzare un piccolo corso di formazione per i referenti-annuario di ciascun coro iscritto in modo da avere qualità e completezza delle informazioni. Altro strumento importante che riprende a vivere è il bollettino mensile “Lazio in Coro” che dal primo novembre sarà distribuito via e.mail (per il momento), in attesa di “crescere” a rango di rivista. Infine sono stati consegnati dei riconoscimenti (una semplice pergamena di ringraziamento) a tutti coloro che si sono distinti nella promozione e nella realizzazione delle attività associative, in un clima di cordialità e di simpatica partecipazione che rappresenta un valore irrinunciabile e una spinta positiva per il prosieguo delle attività associative. notizie dalle Regioni A.E.R.CO Associazione Emiliano-Romagnola Cori Via Amendola,13 40121 Bologna Presidente: Pierpaolo Scattolin INFORMAZIONI REGIONALI Il Consiglio Direttivo e la Commissione Artistica dell’AERCO riuniti in seduta congiunta a Bologna il 25 febbraio u.s. hanno varato il programma dei Corsi musicali regionali per l’anno 2005. Eccone l’elenco con le principali caratteristiche a - PARMA: “Corso di orientamento musicale finalizzato alla lettura ed alla vocalità”. Programmato per la primavera 2005 viene organizzato il nono corso che l’AERCO in collaborazione con l’Associazione dei Cori Parmensi realizza a Parma. Il corso è suddiviso in due sezioni: lettura musicale prevista in 12 lezioni e approfondimento della problematiche di vocalità per coro polifonico e popolare. È prevista, su richiesta dei maestri, la visita dei docenti presso le sedi dei cori per lezioni di vocalità e sedute di approfondimento. Il gruppo docenti è coordinato dal Prof. Ugo Rolli insegnante al Conservatorio di Parma. b – MODENA-PALAGANO:“Corso di aggiornamento e perfezionamento per coralità mista a 4 voci”. Diretto da Fedele Fantuzzi, il corso tratterà vari argomenti quali i vocalizzi, la tenuta della intonazione, l’autonomia della parti. Si svolgerà da marzo a giugno 2005 e vedrà tra i docenti Giovanni Torre e Giorgio Vacchi . c – BUDRIO-BOLOGNA: “Corso per la formazione musicale”. Scopo del corso è quello di avviare studenti che frequentano il locale Liceo Scientifico in un percorso di conoscenza del linguaggio musicale ad integrazione dell’offerta formativa dell’Istituto ed avrà svolgimento nell’anno scolastico 2004-2005. Il progetto è coordinato dalla Corale Bellini di Budrio. d – CESENA: “Laboratorio PRIMA DEL CANTO LA VOCE”. Il coro Polifonico Malatestiano diretto dal M° Antonio Cavuoto, titolare della cattedra di Musica d’Insieme e Strumenti al Conservatorio Martini di Bologna, conduce un corso annuale rivolto a docenti ed alunni del plesso scolastico S. Egidio di Cesena con la finalità di operare una attività di alfabetizzazione musicale e la formazione ed aggiornamento degli insegnanti. e - RIMINI: “Corso internazionale Città di Rimini per Direttori di coro”. Il corso si svolgerà dal 7 al 14 agosto e vedrà quali docenti Peter Phillips, Ghislaine Morgan, Filippo Maria Bressan, don Alberto Turco ed Andrea Angelini. Si articolerà in prove corali, seminari didattici, ateliers vocali su testi di musica sacra rinascimentale. Si concluderà con due concerti di gala del Coro formato dai corsisti il 13 e 14 agosto. f – MODENA: “Corso di direzione e canto corale per direttori , coristi, insegnanti”. Si tratta di un corso di base per Direttori di coro a voci pari o dispari suddiviso in due fasi: la prima che si svolgerà in marzo-aprile 2005 in cui verranno trattati problemi della intonazione, del ritmo, della fonetica ed il cantar leggendo. La seconda fase in ottobre sarà dedicata al repertorio di vari generi, alla concertazione ed alla direzione corale, la parola cantata ed il ritmo nel canto corale. Direttore Artistico: Giovanni Torre. g – PIACENZA: “Corso di propedeutica musicale per bambini della scuola elementare”. Organizzato dal Maestro Pigazzini diplomato in Musica Corale e Direzione di Coro e in Canto Didattico e direttore del Coro Farnesiano, il Corso vedrà anche tra i docenti i M.i Adriana Evigi e Roberta Covi. Si svolgerà per tutto l’arco dell’anno scolastico con lezioni il lunedì ed il giovedì suddiviso in tre sezioni. Oltre agli elementi fondamentali della grafia musicale con metodologia del “Cantar leggendo” di Roberto Goitre, verranno forniti elementi di educazione vocale, respirazione, appoggio del suono, intonazione, lettuta chironomica, lettura mentale, canoni, canti popolari. h – BOLOGNA: “Laboratorio didattico per direttori di Coro e Coristi”. Proseguendo l’esperienza dello scorso anno il Coro Euridice di Bologna diretto dal M° Scattolin organizza un laboratorio per direttori che prevede anche la collaborazione del Coro Studium Canticum della Federazione Regionale Cori della Sardegna, complesso che nel 2004 partecipò a Bologna al progetto “la Polifonia ed il canto Popolare”. i – RAVENNA: “Corsi di canto corale per l’Anno scolastico 2004-2005”. Condotto dal M° Unich il corso, che si ripete per il terzo anno consecutivo, si rivolge al mondo della scuola e prevede la docenza corale del Maestro nelle classi con il supporto del coro Canterini Romagnoli di Ravenna. L’approfondimento storico musicale verrà svolto dai docenti dell’Istituto Friedrich Schur che collaboreranno con i docenti delle classi medesime. È previsto che il corso, composto da 12 lezioni, si ripeta in 30 classi. Sono attualmente in via di preparazione in provincia di Bologna altri due corsi musicali: il primo verterà sulla vocalità femminile, il secondo sarà un corso di alfabetizzazione musicale per giovani ed adulti. A CARPI: a cura della Corale P. L. da Palestrina è stato presentato il progetto per le Celebrazioni del 150° della nascita del valente musicista nativo di quella città, il M° Giuseppe Savani, che dedicò la sua opera di compositore alla musica sacra. 27 settembbre 2005 - Commemorazione ufficiale e Concerto di apertura dei festeggiamenti con un programma musicale identico a quello eseguito nel 1934, in occasione della morte del Maestro. 17 dicembre 2005 - Convegno sulla musica sacra contemporanea e non, al quale parteciperanno esperti di chiara fama con riferimento anche all’opera del M° Savani. Febbraio 2006 - Grande Rassegna Corale di musica sacra con la partecipazione di importanti gruppi artistici italiani. 15 aprile 2006 - Esecuzione de “La desolazione di Maria SS - cinque mottetti per soli, coro, orchestra” di Giuseppe Savani che ogni anno viene eseguita la vigilia di Pasqua nel Tempio Monumentale S. Nicolò di Carpi dal Coro P.L. da Palestrina diretto da Andrea Beltrami 23 maggio 2006 - Solenne pontificale con accompagnamento corale ed orchestrale a conclusione della celebrazione. 25 notizie dalle Regioni C USCI Unione Società Corali del Friuli Venezia Giulia via Altan 39 San Vito al Tagliamento Presidente: Sante Fornasier 26 antare a Natale è cosa usuale, tutti coloro che vivono l’esperienza corale percepiscono il tempo di Natale come un intenso periodo “da cantare”: dalla Messa al Concerto, dall’esibizione estemporanea alla rievocazione di riti antichi. Nativitas, la manifestazione che ormai da anni caratterizza il periodo natalizio in Friuli Venezia Giulia, è ancora un efficace strumento di valorizzazione e stimolo per coloro che vogliono accostarsi al “cantar Natale” in modo consapevole e non superficiale, proponendo progetti musicali e culturali che, richiamandosi al recupero di tradizioni, alla ricerca di repertori desueti o poco proposti, giungono all’approfondimento dell’intensità spirituale che è la vera essenza di uno dei tempi più forti dell’anno liturgico, lontano da sfavilli di vie illuminate e di vetrine accattivanti. Il successo di Nativitas e l’entusiasmo con cui i cori vi partecipano scaturiscono innanzitutto dalla genuina semplicità della sua formula, che lascia spazio all’autonoma inventiva dei cori offrendo loro, al medesimo tempo, un nuovo spazio dove rinnovare la propria progettualità. Moltissimi i concerti presentati in tutta la regione a partire dalla fine di novembre fino al 6 gennaio, concerti che hanno permesso la valorizzazione di repertori tradizionali e popolari e la riscoperta di riti e tradizioni locali. Non sono mancati i concerti “storici” su musiche natalizie di autori importanti e i progetti ad hoc assieme alle messe cantate. Uno dei concerti di Nativitas ha proposto anche l’impegnativa esecuzione del “Vespro della Beata Vergine” di Claudio Monteverdi, ospitato l’8 dicembre nel Duomo di Spilimbergo durante la celebrazione liturgica del Vespro. Alla fine di novembre la città di Udine e il mondo corale friulano ha avuto modo di ascoltare un concerto del Coro Giovanile Italiano primo dei concerti del tour dell'inverno 2004, in una serata emozionante, vibrante, coinvolgente come pochi altri concerti corali hanno saputo offrire. Contemplantes, Adorantes, Jubilantes Te: queste le tre sezioni tematiche entro le quali si è articolato il concerto, pensato per celebrare l’Assemblea Generale di Europa Cantat in programma a Venezia, con il quale si è voluto rendere omaggio alla Serenissima. Accanto al glorioso passato di Giovanni Gabrieli e Claudio Monteverdi anche lo splendido presente delle composizioni di Piero Caraba, Elena Camoletto, Mauro Zuccante,Giuseppe Mignemi, Giovanni Bonato, di cui sono stati presentati brani appositamente commissionati ed ispirati alla Scuola Veneziana. Di assoluto valore si sono rivelate le interpretazioni degli impegnativi mottetti di Giovanni Gabrieli, affascinante la lettura dei brani di Claudio Monteverdi. Ancor più è emersa la fresca vitalità del Coro Giovanile Italiano nel repertorio contemporaneo, culminato nel brano Audi Filia di Giovanni Bonato per otto gruppi spazializzati e bicchieri, il cui evanescente suono ha permeato il Duomo di Udine, creando meravigliose suggestioni. Sabato 12 marzo si è tenuta presso la sede di San Vito al Tagliamento l’assemblea ordinaria dell’USCI Friuli Venezia Giulia. Presentando agli intervenuti il bilancio consuntivo dell’Associazione per l’esercizio 2004, il Presidente Sante Fornasier ha ricordato le numerose attività svolte dall’USCI nel corso dell’ultimo anno, da Verbum Resonans, la manifestazione che ha ricordato i dieci anni dei Seminari Internazionali di Canto Gregoriano al Convegno Internazionale di Studi su Alessandro Orologio (ca. 1555-1633) ed ai musicisti friulani del suo tempo. È proprio grazie a progetti così ampi e ad appuntamenti di così grande rilievo che l’USCI Friuli Venezia Giulia riceve apprezzamenti da più parti ed attira l’interesse delle istituzioni. L’Associazione è infatti sostenuta da diversi enti, che di anno in anno rinnovano il loro appoggio: tra questi spicca sicuramente per importanza la Regione Friuli Venezia Giulia, fatto che dimostra il grado di incidenza acquisito dall’Associazione nel panorama culturale regionale e conferma il valore delle attività proposte. L’impegno che l’Associazione si propone per il 2005 è quindi quello di mantenere l’alto livello di qualità raggiunto, promuovendo e realizzando con accuratezza corsi di formazione, seminari, concerti e manifestazioni di sicuro interesse. Nel programma delle attività che l’USCI Friuli Venezia Giulia ha presentato per il 2005, infatti, oltre al ripetersi di appuntamenti annuali come i seminari di canto gregoriano o la rassegna di concerti natalizi, spicca la X edizione di Corovivo, una manifestazione biennale a carattere itinerante aperta a tutti i cori della regione (anche quelli non iscritti all’USCI) che quest’anno si terrà a Pagnacco (UD) a fine ottobre. Infine il 2005 vedrà la pubblicazione della nuova edizione dell’ANNUARIO dei cori associati: esso raccoglierà in una veste grafica nuova ed elegante i dati e le foto degli oltre 260 cori aderenti all’USCI Friuli Venezia Giulia e verrà inviato, oltre che ai cori stessi, anche ad enti, istituzioni e associazioni come concreta testimonianza della variegata realtà corale della regione. Al centro Culturale A. Moro di Cordenons (PN) si è tenuto il 1° Festival del Canto. Organizzata dal Comune e dai cori cordenonesi, particolare dal Coro San’Antonio Abate, e patrocinata dall’USCI di Pordenone, la manifestazione ha visto la ricca e varia coralità della cittadina pordenonese confrontarsi, nell’arco di quattro serate (9,10, 16 e 17 aprile) con espressioni importanti della coralità regionale e nazionale. All’interno del Festival anche un momento di riflessione sul repertorio corale, nel corso di un seminario che ha avuto per relatori Lorenzo Donati, Marco Berrini, Pavle Merkù e Orlando di Piazza, chiamati, tra l’altro, questi ultimi tre, a partecipare al Festival in qualità di commissione d’ascolto che ha fornito suggerimenti e valutazioni ai cori partecipanti. notizie dalle Regioni I Associazione Cori dell’Abruzzo Via Moscardelli, 16 67100 L’Aquila Presidente: Vincenzo Vivio A.R.C.C. Associazione Regionale Cori Campani 84080 Pellezzano (SA) – Via Fravita 62 Presidente: n questo recente periodo l’Associazione ha vissuto avvenimenti in un certo senso “straordinari”. Per questioni di salute il presidente M° Pasquale Colangelo ha, purtroppo, dovuto rassegnare le dimissioni. Di conseguenza il Consiglio, il cui mandato era in scadenza alla fine del 2004, ha dovuto provvedere, nelle more, alla elezione di un nuovo presidente nella persona del M° Vincenzo Vivio. Pur nelle difficoltà connesse ad un avvicendamento non previsto, il nuovo presidente ed i collaboratori del Consiglio direttivo hanno comunque posto in essere la realizzazione della XVIII Rassegna regionale Cori d’Abruzzo, nel suggestivo scenario montano dell’Altopiano delle Rocche e della Valle Subequana. Alla rassegna hanno partecipato otto cori distribuiti in tre riuscitissimi concerti nei centri di Castelvecchio Subequo, Fagnano Alto e Rocca di Mezzo. È stato inoltre avviato un intenso lavoro per la ridefinizione dello statuto dell’Associazione, in modo da adattarlo alle nuove esigenze e comunque in tempo utile per la rielezione degli organi statutari. Il Consiglio ha anche provveduto all’approvazione del consuntivo del 2004 e del preventivo per il 2005. Infine è stato pubblicato il periodico dell’Associazione “Coralità abruzzese”, dedicato agli eventi salienti del 2004. N ell’ottobre 2004 l’Assemblea dell’ARCC ha provveduto al rinnovo delle cariche associative, confermando, come consiglieri, Giovanni Moscariello, Raffaela Scafuri e Vicente Pepe, ed eleggendo al medesimo ufficio, per la prima volta, Mimmo Cozzolino ed Arturo Armellino. In seno alla seduta di insediamento del nuovo Direttivo, Giovanni Moscariello, Raffaela Scafuri e Vicente Pepe sono stati confermati nelle rispettive funzioni di Presidente, Segretaria e Delegato Feniarco, mentre a Mimmo Cozzolino e ad Arturo Armellino sono state affidate, nell’ordine, la Vice-Presidenza e la Presidenza della Commissione Artistica. Coadiuvano Arturo Armellino, come componenti della predetta commissione, Silvana Noschese, Caterina Squillace, Carlo Intoccia e Rosario Peluso. Il nuovo Consiglio ha ripreso e portato a compimento i progetti in via di elaborazione all’atto della chiusura del passato triennio. L’ARRC ha ritenuto, anzitutto, di investire sulla formazione e di farlo in maniera continuativa: la "Scuola permanente di formazione" risponde, per l’appunto, all’esigenza di superare l’episodico (il weekend una tantum, lo stage, la tre-giorni…) e di assicurare metodicità ed organicità nella trasmissione dei contenuti. Il primo anno della Scuola – in corso di svolgimento – prevede gli insegnamenti di logopedia, tecnica vocale e direzione di coro, rispettivamente affidati alla dott.ssa Di Nita, al M° Steve Woodbury e al M° Guido Messore. I venticinque allievi, nell’ultimo weekend di ogni mese, seguono per lo più tutti e tre i corsi. Va da sé che, pur privilegiandosi il carattere permanente della didattica, iniziative formative aggiuntive, di tipo occasionale, non si escludono. Vanno ricordati, in proposito, i corsi di direzione di coro tenuti, qualche mese or sono, dal M° Marzilli e dal M° Patti. In dirittura di arrivo è il concorso per compositori “La canzone napoletana in coro”: iniziativa nata dalla considerazione della penuria di elaborazioni per coro dei classici napoletani. Una qualificata giuria (Cicconofri, Noschese, De Gregorio, Panariello, Patti) nelle scorse settimane ha proceduto alle valutazioni finali. I lavori dei vincitori saranno presentati dai cori campani in una serata di gala e successivamente raccolti in apposito volume. L’Associazione seguita a patrocinare le numerose rassegne organizzate dai cori soci e per giugno è prevista l’edizione annuale del “Festival dei cori campani”, direttamente gestita dall’ARCC. L’ARCC rivolge un pensiero beneaugurante in special modo a Silvana Noschese, prima rappresentante campana in seno alla Commissione Artistica Nazionale. 27 notizie dalle Regioni C Associazione Regionale Cori Puglia Via Margherita di Savoia, 13 72029 VILLA CASTELLI (BR) 28 on delibera di Giunta Regionale n° 988 del 4 agosto 2004 la Regione Puglia è entrata, quale socio pubblico, all’interno dell’ARCoPu. Dopo un iter burocratico durato quasi un anno finalmente la coralità pugliese viene ufficialmente riconosciuta dalle Istituzioni. Dopo l’entusiasmante avventura vissuta lo scorso anno l’ARCoPu ha deciso di bissare e di riproporre in chiave nuova la settimana cantante denominata In...Canto Mediterraneo che si terrà a Monopoli (BA) presso il Villaggio di Cala Corvino dal 29 giugno al 3 luglio p.v. Docente dell’Atelier n° 1 Spiritual e Gospel il M° Luca Pitteri, assistente il M° Vincenzo Schettini; docente dell’Atelier n° 2 Il madrigale rappresentativo e la commedia madrigalesca tra il ‘500 e ‘600: Vecchi, Banchieri, Croce, Striggio il M° Marco Berrini. Per ogni ulteriore aggiornamento www.arcopu.com che permette inoltre, tramite l’iscrizione gratuita al sito, di essere aggiornati costantemente: infatti abbiamo predisposto un meccanismo di iscrizione ad una newsletter ARCoPu nella sessione “Iscriviti al sito” al fine di mandare circolari di aggiornamento direttamente a tutti i soci. Sabato 21 maggio 2005, in diretta su RAI UNO, in occasione dell’inaugurazione del XXIV Congresso Eucaristico Nazionale della CEI, che si terrà dal 21 al 29 maggio prossimo nella città di Bari, l’ARCoPu è stata incaricata di allestire il coro. Il concerto inaugurale sarà tenuto in Piazza Prefettura la quale sarà blindata per l’occasione a causa della presenza delle più alte Cariche Istituzionali, tra le quali il Presidente Carlo Azeglio Ciampi ed il Card. Camillo Ruini. Coro ARCoPu, orchestra della Provincia di Bari, direttore M° Luis Bakalov (premio oscar per la colonna sonora de “Il Postino” di Massimo Troisi). Sarà eseguita la Missa Tango dello stesso Bakalov oltre all’Inno del Congresso di A. Parisi. Martedì 24 maggio, sempre a Bari, un concerto dei migliori gruppi corali scolastici. Direttore il M° Nicola Conci. Domenica 29 maggio, a conclusione del Congresso, i cori ARCoPu che ne facciano richiesta parteciperanno all’animazione musicale della S. Messa celebrata da S.S. Benedetto XVI. Dal 22 ottobre al 22 dicembre verrà organizzato un Corso di base online con il software FINALE versione 2000, 2001 e 2002 al fine di permette la realizzazione di una partitura complessa. Informazioni dettagliate sul sito www.arcopu.com. Per Sabato 7 maggio è programmato il Festival corale denominato Canta mi la Scuola – Junior dedicato, dopo l’esperienza dello scorso anno per i ragazzi delle scuole medie pugliesi, ai bambini delle elementari. Sarà patrocinato dal Comune di Foggia oltre che dall’IRRE – Puglia. Il festival si terrà presso la Scuola Elementare “S. Giovanni Bosco” di Foggia mentre il concerto finale si terrà presso il Teatro “U. Giordano” della stessa città; docente dell’atelier di studio pomeridiano il M° Nicola Conci. rubriche DISCOGRAFIA a c u r a d i A l v a r o Va t r i E davvero motivo di soddisfazione ospitare sempre più spesso in questa rubrica progetti discografici realizzati da cori iscritti alle varie Associazioni Regionali soprattutto perché rivelano il positivo intendimento di mettere in comune con gli altri cori le proprie esperienze, le proprie ricerche e la disponibilità ad esporsi al confronto sano e costruttivo che aiuta a migliorare sempre di più. Ci perviene dalla Basilicata un CD di “Canti di Natale” realizzato dal Gruppo Corale “CANTORI MATERANI”, aderente all’A.BA.CO., diretto dal M° Alessandra Barbaro. Citiamo dalle note di copertina: “Il Gruppo Corale è composto da circa quaranta elementi, fa risalire le sue origini al 1954 per volontà del compianto ed indimenticabile Maestro Eustachio Barbaro. Nel 1975, la Corale inizia la sua attività concertistica sotto la direzione del Maestro Enrico Capaccioli. Nel 1980 Eustachio Barbaro sostituisce Enrico Capaccioli, trasferitosi a Brescia, e guida il gruppo fino al 1988 quando subentra la figlia Alessandra, attuale direttore della Corale”. Ricco il repertorio, vivace e piena di riconoscimenti importanti l’attività concertistica, non esclusi due “passaggi” televisivi su Raiuno (1994) e Raidue (1995), ma i Cantori Materani offrono anche occasioni di incontro per gli altri cori con la manifestazione “Incontro Polifonico Internazionale Eustachio Barbaro” istituita nel 1984. Veniamo al nostro CD, registrato nell’ottobre 2001 nella Chiesa di Cristo Re a Matera. Leggiamo dall’elegante booklet: “Con questo CD i “Cantori Materani” si propongono di offrire un saggio canoro di uno dei più sentiti temi della tradizione popolare: il Natale. Tema che occupa, per la sua importanza, un vastissimo campo nel complesso della produzione vocale d’ogni epoca, dalle origini fino ai nostri giorni, dal Canto Gregoriano, fino alle tipiche melodie degli spiritual, attraverso la polifonia rinascimentale, senza trascurare le più semplici ma ugualmente significative espressioni della lauda in volgare dal Medioevo al tardo Cinquecento. Nel presente lavoro, il Natale, considerato nella sua globalità dall’Avvento fino all’Epifania, è rievocato dando il giusto risalto alla più genuina e forse anche spontanea anima popolare. Se, infatti, un mottetto soddisfa l’ascolto grazie alle sfarzose fioriture e alle ampie sonorità, il canto popolare, specialmente nelle sue manifestazioni più note e divulgate, coinvolge tutta la gente che festosa evidenzia i propri sentimenti. In questa incisione si ha un particolare connubio di questi aspetti: da una parte i motivi tipicamente popolari proposti nella loro originalità, e dall’altra i motivi elaborati a più voci che esaltano le melodie popolari senza prevaricarle. Realizzazioni polifoniche che, pertanto, nelle loro architetture, risultano snelle, preziose, talora persino ricercate e significative delle diverse qualità degli autori”. Un’ultima nota sul direttore del Coro, diplomata in organo e composizione organistica, brillantemente attiva in campo concertistico e didattico e, originale segno dei tempi del quale essere compiaciuti, organista e maestro di cappella della Basilica Cattedrale di Matera. PER INFORMAZIONI Associazione Corale Cantori Materani Via F.lli Rosselli, 30 - 75100 MATERA tel. 0835 334727 www.cantorimaterani.it [email protected] 29 rubriche SCAFFALE a cura di Sandro Bergamo S 30 embrano lontani i dibattiti che, qualche decennio fa, contrapponevano gli adepti della coralità “popolare” agli etnomusicologi, o almeno ad un buon numero di essi. Alla liceità della rielaborazione in forma corale, destino ovvio, quasi obbligato, secondo i primi, della ricerca i secondi contrapponevano l’intangibilità del canto popolare, tradito da ogni successiva manipolazione. E nel campo corale ci fu chi rinunciò all’armonizzazione, proponendo al pubblico i risultati della propria ricerca senza intervento di elaboratori e chi invece rinunciò, per non tradirlo, al canto popolare proponendo nuove composizioni proprie, mentre Paolo Bon e la Nuova Coralità, saltando a piè pari il problema, affermarono la libertà del compositore di scrivere proprie musiche partendo da elementi popolari, successivamente definiti arcaici1. Attenuata la discussione, rimane irrisolta la questione. Così un coro (o un musicista) che intraprenda una ricerca sul campo, si trova come ad un bivio tra la doverosa fedeltà ai canti raccolti e il legittimo desiderio di inserirli nel proprio repertorio (o di farne oggetto di una sua composizione), tra le esigenze della scienza e i richiami dell’arte. Il lavoro dell’Associazione Culturale Cantar Storie di Domodossola, curato da Luca e Loris Bonavia con la supervisione e il coordinamento di Paolo Bon, ha l’ambizione di percorrere contemporaneamente queste strade e, riconoscendo la legittimità di tutte le posizioni, fornire materiale di studio all’etnomusicologo e repertorio ai cori: creare, come precisa nell’introduzione L. Bonavia, “momenti di incontro e confronto tra i tre attori di quell’affascinante viaggio: il ricercatore di esiti orali sul campo, il musicista che sopra quegli esiti interviene e il coro che ne esegue le elaborazioni”. Il dilemma del ricercatore, se, cioè, “limitarsi a raccogliere, trascrivere, archiviare, senza in alcun modo intervenire sugli esiti acquisiti, oppure metter mano a ciò che s’è raccolto, dando libero sfogo alla fantasia del musicista che effettua l’intervento”, viene risolto con la “logica del doppio binario, che permette all’etnomusicologo di non perdere alcuna informazione ed al musicista di condurre in piena libertà la propria ricerca espressiva”. Nei volumi di Cantar Storie troviamo così affiancate da un lato la trascrizione degli esiti orali, corredata dei dati su informatore, trascrittore, luogo ed epoca della raccolta, tonalità originale e da note bibliografiche che documentano, oltre alla presenza del canto in altre raccolte, le sue eventuali varianti e dall’altro l’elaborazione per coro. Completa la documentazione, in questo terzo volume, un CD che riproduce alcune delle testimonianze orali e che rappresenta una selezione dell’archivio sonoro dell’Associazione Cantar Storie. Le elaborazioni corali, in questo nuovo volume, si rivolgono alle formazioni miste, fin qui “trascurate”. Non c’è lo spazio per analizzare le quaranta nuove composizioni dovute a Bruno Bettinelli, Paolo Bon, Giancarlo Bricchetto, Alessandro Buggiani, Elena Camoletto, Roberto Cognazzo, Riccardo Giavina, Mario Lanaro, Gianni Malatesta, Andrea Mascagni, Bruno Pasut, Cecilia Vettorazzi e Mauro Zuccante. Solo preme, in questa sede, sottolineare la ricchezza di proposte musicali che scaturiscono da questa raccolta, come ciascuno può facilmente intuire alla sola lettura dei nomi degli autori, dove si affiancano compositori che hanno fatto la storia della coralità italiana di questi ultimi decenni a musicisti più giovani di cui già si è potuta apprezzare la qualità. Uno stimolo potente, come sottolinea Giovanni Acciai nella prefazione, al rinnovamento del repertorio della coralità italiana. 1 Delle diverse posizioni in campo corale rispetto al tema della musica popolare si è dato ampio riscontro nel dossier del n. 3 di Choraliter. rubriche MONDOCORO Curiosità, navigazioni, spigolature su Internet, riviste, libri a cura di Giorgio Morandi I Pochi giorni fa, sotto la neve leggera ma persistente, ellebori e primule stupende guadagnavano ancora a fatica l’uscita dal leggero gelido manto di neve, sulla costa che s’alza sul lago, appena oltre i ruderi che un tempo furon nido all’Innominato. Oggi nel giardino di casa, di fronte al Resegone (…“dai molti suoi cocuzzoli in fila che in vero lo fanno somigliare a una sega…) colchici, primule e violette, davanti alla siepe di forsytia che mostra le prime gemme, alzano al cielo indiscutibilmente il giovane e fresco canto della natura; è la nuova primavera che avanza. Già maturo, invece, dopo mesi di lavorazione accurata, è il canto di molti Cori. Quante Rassegne… quanti concerti stanno per sbocciare a portare, in un mondo per niente sereno ancora, la nostra voglia di vivere, di vivere insieme senza confini nelle nostre ricche diversità. Buona Primavera a tutti e ben ritrovati! Stiamo provando a fondere strumenti diversi per un concerto di gioia. E spesso le stonature scandiscono il ritmo della Musica. Qualche impasto felice si può già pregustare. Non vogliamo solisti: cerchiamo un insieme per vivere. Ora provan da soli. Vedremo come andrà. Io sogno che un giorno lontano o vicino il mio coro terrà il suo concerto. (DON SIRO) NUOVI CD IN ARRIVO Le jeu de Robin et Marion del Troubadour Adam de la Salle vissuto tra il 1250 circa ed il 1306 forse. È certamente tra le più importanti opere medievali nel campo dell’arte musicale. Pur citata in tutti i libri di storia, l’opera resta praticamente misteriosa; combina elementi di musica popolare, poesia dotta e commedia. Questa pubblicazione è certamente un fatto sensazionale perché per quanto è dato di sapere solo due registrazioni di quest’opera sono state fatte in passato, negli anni 1970 e 1980, e poi… poi c’è l’esecuzione musicale davvero esemplare del Micrologus Ensemble: rispettoso delle ultime scoperte di musicologia nella conservazione della freschezza e della spontaneità di una partitura piena di contrasto e di sentimento. L’uso di una collezione di strumenti (arpa, liuto, cornamusa, hurdy-gurdy, piffero, percussioni…) a supporto delle voci getta nuova luce su questo famoso “play” e rivela tutti i suoi colori scintillanti. Uno – dice Jean Marie Marchal – ascoltando questa incisione capisce perché questo lavoro fin dalla sua creazione ha tanto toccato lo spirito. (zigzag territories 040602). Sette secoli e mezzo di musica trascorsi fra il precedente CD e i due che seguono! Sono dedicati a uno dei più attivi compositori della nuova generazione Belga, Kurt Bikkembergs, compositore e direttore di coro che ben conosce lo stru- mento corale per il quale egli scrive partiture sottili e raffinate che ancora una volta si bilanciano fra tradizione e modernità. Il primo CD, Sacred Works propone una serie di canti sacri per coro a cappella o con organo (scritta fra il 1996 ed il 2002) la cui espressività dovrebbe facilmente guadagnare al compositore un auditorio internazionale. Il secondo è dedicato interamente a una Cantata sulla Passione, dal titolo Debarim il cui testo (in olandese) non è preso dai Vangeli ma piuttosto è ispirato dal Libro della Genesi e dal Libro della Rivelazione e perfino dalla letteratura mistica medievale. A livello musicale, pur evidenti i prestiti dal Jazz ed il ricorso a testi recitati, conserva un contesto essenzialmente tonale. L’interpretazione, realizzata dall’ensemble Cappella di Voce diretta dallo stesso compositore, è molto lodevole dall’inizio alla fine. (Contatti: [email protected]; Partiture via Euprint: www.euprint.be). Una segnalazione telegrafica per finire? Una selezione di canti sacri a cappella di Krzysztof Penderecki, interpretati stupendamente da Tonu Kalijuste a capo del Coro da Camera Olandese. Nice workmanship! (dice il traduttore di J.M.Marchal). (Globe 5207) L’ANGOLO DEL COMPOSITORE Stephen Paulus è stato salutato come “…un brillante, fluente inventore dotato di capacità lirica innata” 31 MONDOCORO 32 (The New Yorker). Ha scritto oltre 250 opere che sono state commissionate ed eseguite da eminenti ensemble come le orchestre di New York, Cleveland, Philadelphia, Los Angeles e Minnesota. Le sue opere corali sono state eseguite e registrate da Robert Shaw Festival Singers, Dale Warland Singers, Mormon Tabernacle Choir, American Boy Choir e innumerevoli altri complessi. La sua musica è pubblicata da Paulus Publications e da EAM Corp. Per maggiori informazioni si veda: www.stephenpaulus.com . “…Credo che sia molto importante trovare il proprio stile musicale. Questo è ciò che ti differenzia, è la tua firma. Non possiamo forzarlo. Il tuo stile musicale si evolve mentre evolve la persona, mentre si evolve l’artista. Alla fine trovi dei suoni che ti piacciono di più e suoni che ti piacciono di meno. I primi sono incorporati nella tua creazione, gli altri restano fuori. Ma se ti connetti a ciò che c’è dentro, e questo ti fa sentire a tuo agio, questo è la tua firma”. Il Compositore Paulus dice di aver scritto musica per oltre 35 anni ormai, e di amare tantissimo la voce ed il canto corale. Ha cominciato a cantare quand’era bambino ed ha cominciato a scrivere musica per necessità nell’ambito di un impiego religioso. Della sua musica dice: “La mia musica è lirica, talvolta piena di energia cinetica… Non è certamente dodecafonica, è basata sulla tonalità. Usa molte politonalità o tonalità giustapposte che la fanno sembrare meno tonale, ma il discorso di base è tonale”. A una domanda su cosa l’attrae di più nella musica vocale egli risponde che “…sono due cose: la qualità espressiva della voce: È uno strumento che sta in noi… Devi avere sensibilità all’uso della voce, al come e al dove è usata… Questa è la cosa chiave. L’altra cosa che mi attira è il testo. Io amo scrivere musica strumentale, ma quando arricchisci qualcosa con un testo… allora è tutto un altro discorso. Poiché un testo per se stesso comunica già qualcosa, quando lo carichi della forma musicale cambi la forma della poesia che acquisisce un ulteriore significato, più profondo… Non si può dire che il testo o il suono o la situazione è più importante. Sono lì, tutti insieme, in competizione per la tua attenzione e convergono”. Chiede l’intervistatore: “…Non è mai stato a una prima esecuzione dove qualcuno fa cose completamente diverse (per es. aggiunge un accelerando o cambia il tempo…) da quelle da lei scritte?” “Sì, succede spesso. Molti di noi prendono il tempo sulla base di una specie di orologio interno… Io credo che il tempo di un direttore sia una cosa su cui non puoi intervenire. Se ti chiede di fare un accelerando, è perché lo sente, e quindi lo farà comunque, ogni volta. Quindi se gli dici <No, fai come è scritto!> è come dirgli: <Non sentire. Esegui il pezzo con intensità, ma non sentire a modo tuo>. Quindi spesso io sono accondiscendente con i Direttori. Bisogna essere flessibili in modo corretto. In fondo è come ricreare. Io ho creato, ma la vera musica si sta facendo ora. La musica non esiste prima di aver affittato la sala e aver cominciato a far qualcosa. Io cerco di convivere e di godermi le diverse idee”. BODY MOVEMENT AND EURHYTHMICS Mondo dei Cori di Ragazzi e di Giovani (di ICB N.1, I° Quad. 2005) è il titolo dell’articolo presentato da Cristian Grases, Direttore di Coro Venezuelano che vive negli Stati Uniti ed è attuale Direttore del “Coro Giovanile dell’Iowa”. Citata nell’articolo, Maria Guinand ha scritto: “Il nuovo repertorio corale dovrà indiscutibilmente essere aggiornato ed incorporare come parti della composizione altri elementi, quali la coreografia, gli effetti luminosi, l’uso dell’euritmia, ecc. che faranno di un concerto corale una esperienza non solo uditiva ma anche visiva”. Ed ha aggiunto: “…Nella misura in cui ragazzi e giovani sono allenati a coinvolgere nelle loro attività corali tutte le loro menti e i loro corpi, l’esperienza diventerà più completa, cantare in coro diventerà più piacevole e permetterà loro di affrontare più facilmente l’audace e sfidante repertorio futuro”. È una citazione riportata dall’estensore di un articolo che presenta la nuova esperienza codificata, metodologicamente, sotto il nome di Emile Jaques-Dalcroze, un’esperienza ormai conosciuta e in via di diffusione anche nel nostro paese. Emile Jaques-Dalcroze, compositore ed educatore svizzero (1865-1960), fu uno dei primi a capire che la musica, ben oltre il senso uditivo, era intimamente correlata ai sistemi nervoso e muscolare di tutto il corpo umano. E cominciò, infatti, a sperimentare l’uso di esercizi fisici prima di dare inizio alla sua lezione. Cosa che lo convinse sempre più che “…i risultati musicali dipendono dalla quantità e qualità dell’esperienza di movimento di ciascuno, e dalla libertà tecnica che ogni persona ha per usare quella fonte di risorse”. Un’ulteriore veloce estrapolazione dall’articolo: “Semanticamente non c’è differenza fra una danza e un canto. Nella lingua africana Sotho la parola per indicare la musica è “bina” , e questa parola è usata indifferentemente per un canto e per una danza…”, lo ricorda J.J.G.Loots parlando della musica corale africana. A un certo punto Cristian Grases sostiene: “È necessario comprendere che il mondo dello spettacolo e dell’arte nella società di oggi è sfidato sempre più dalla presenza di attrazioni visive alternative tremendamente accattivanti, quali televisione, film, ecc. A livello di ragazzi e giovani il coro deve competere con queste alternative…” MONDOCORO Naturalmente questi stralci così telegrafici e slegati hanno il solo scopo di far intuire il contenuto dell’articolo di quasi 4 pagine che è disponibile in forma integrale in lingua inglese. PUBBLICAZIONI CORALI Ama chi t’ama - I Canti popolari armonizzati da Renato Dionisi per il Coro SAT Una monografia dedicata dalla Fondazione Coro SAT a Renato Dionisi, il maestro morto 90enne nell’agosto 2000 e che dalla fine degli anni Cinquanta ha collaborato con il Coro al quale dedicò molte attenzioni, specialmente negli anni Settante e Ottanta, con un contributo all’evoluzione stilistica e culturale del Coro molto importante, perfino maggiore di quello straordinario dovuto ad Arturo Benedetto Michelangeli. Le partiture presentate nel volume comprendono alcuni inediti, tra i quali l’armonizzazione del canto La vecia batana – l’ultima realizzata per il Coro – e, come la prima – Ninna nanna – legata ai suoi ricordi dell’infanzia istriana (era nato a Rovinano D’Istria nel 1920) e della madre. Dopo la presentazione di Angelo Foletto, le armonizzazioni del maestro sono seguite da tre interessanti contributi critici forniti da Bruno Zanolini (L’altro Dionisi), Mauro Zuccante (Il “Maestro Renato Dionisi”) e Antonio Carlini (Renato Dionisi). La vita e la musica di Veljo Tormis Nato a Harjumaa, Estonia, il 7 Aug 1930. Compositore. La musica di Tormis deve essere considerata in un ambito più ampio del semplice contesto Estone. Le sue opere hanno a che fare con l’intera eredità delle popolazioni ugrofinniche, comprendenti sia l’Estonia e le minoranze etniche (Careliani, Livoniani, Vespiani e altri) in via di estinzione, sia le nazionalità maggiori quali gli Ungheresi e i Finnici. Ecco il titolo originale del libro (costo USD.54,00): Ancient Song Recovered: The Life and Music of Vewljo Tormis (Dimension and Diversity Series). Maggiori informazioni da [email protected] Il libro può essere ordinato on-line a www.PendragonPress.com o anche a www.amazon.com EVENTI CORALI Workshops, Masterclasses, Festivals e Concorsi: circa 140 avvenimenti corali che si svolgono in tutto il mondo nel corso del 2005, 2006 e 2007. Prime indicazioni, principalmente recapiti telefonici e informatici, per prendere contatti e richiedere informazioni e programmi completi. “Musica”, libreria corale virtuale Da Ottobre 2004 il progetto completo di IFCM “Musica” è disponibile su DVD-ROM per Windows, e verrà aggiornato ogni 3-6 mesi. Caratteristiche della versione di Settembre: 3Gbites di informazioni; più di 137.000 partiture di tutto il mondo descritte in 4 lingue; ricerca praticamente secondo ogni criterio/metodo immaginabile; descrizione di 1800 editori, 26.000 compositori, più di 100.000 links multimediali; lista degli anniversari di compositori dal 2004 al 2008; compilation dei pezzi già segnalati da “Musica” come “pezzo favorito del mese” a partire dal 1998. Maggiori dettagli in www.musicanet.org/en/dvdrom.htm. Unesco, giornata internazionale della musica Dal 1975 quando fu istituito dall’allora Presidente dell’International Music Council, ha luogo ogni anno il 1° di ottobre, ed è una occasione di riflessione e di dibattito sul ruolo della musica e dei musicisti. Lo scorso anno si è aperto con un ricevimento nella sede parigina dell’UNESCO, sede anche dell’IMC. Per saperne di più: [email protected] oppure tel. +33 1 45 68 48 50. Copyright - diritti d’autore …un argomento recentemente al centro di discussione a molti livelli. ICB n.5, quarto quadrimestre 2004, ha offerto ai suoi lettori una serie di quattro interessanti articoli: “Diritti D’autore: Terminologia e fatti” di Jean Claude Wilkens (Segretario Generale di IFCM); “Il Pubblico Dominio e le sue eccezioni” di Vincent Salvadé (dal 1989 lavora presso SUISA una società svizzera che si occupa di copyright di opere musicali; autore di libri); “Copyright e il Pubblico Dominio” di Joost Smiers (Professore di Scienze Politiche delle Arti, della Scuola D’Arte di Utrecht, Olanda e autore di libri); “Pirateria” di Lawrence Lessig (Professore di Legge alla Stanford Law School e fondatore, presso la scuola, del Centro per l’Internet e la Società). L’argomento è stato diffusamente trattato (e bistrattato) anche nel Newsgroup [email protected] Symposium corale mondiale Mentre per il 2006 è confermata la settima edizione in Kioto (Giappone) con possibilità di iscriversi in www.jcanet.or.jp/wscm/, già si annuncia che l’ottava edizione del Symposium Corale Mondiale avrà luogo nel 2008 a Copenhagen. Coro da camera mondiale …che nulla ha a che vedere con il WYC Coro Giovanile Mondiale. IFCM rilancia questo progetto e ne comunica le regole: non sarà in competizione con il WYC; sarà com- 33 MONDOCORO posto da cantori che abbiano già concluso l’impegno con il WYC; un gruppo da 24 a 36 cantori a seconda del programma; i cantori saranno impegnati per due anni; è aperta la partecipazione a cantori che non abbiano fatto parte del WYC; sarà gestito dalla fondazione Tagger di Vigevano; verrà proposto a direttori d’orchestra per co-produzioni. “Cantando per la pace” Lo scopo del coro giovanile (femminile) Arabo Ebraico “Singing for Peace” è quello di promuovere un dialogo musicale interculturale che possa portare a una migliore comprensione e a maggior tolleranza e pace fra i popoli. Due gruppi musicali si sono fusi a formare un gruppo coerente che preparerà e presenterà composizioni originali basate sulle due culture: il famoso ”Coro Effroni” fondato nel 1981 ed il “Coro Sawa” che era stato creato per promuovere l’educazione musicale delle ragazze del villaggio Shfar’am e per dare inizio al progetto “Cantando per la Pace”. Il nuovo Coro darà concerti in tutto Israele e all’estero. 34 Presidenza di IFCM A seguito della Morte del Presidente Eskil Hemberg (avvenuta ormai un anno fa) la carica di Presidente della Federazione Internazionale per la Musica Corale è passata (come da Statuto) al primo Vice Presidente, la signora Maria Guinand che si impegna – con il Comitato Esecutivo – a lavorare per raggiungere scopi e progetti già indicati dal precedente Presidente, in particolare costruendo ponti ed aprendo attraverso il canto corale nuove vie di comunicazione con tutto il Mondo. Da queste pagine giungano alla signora Presidente Maria Guinand e al nuovo primo Vice Presidente signor Thomas Rabbow anche gli auguri di tutta la coralità Italiana. Festival musica sacra international Alternandosi con il Concorso Internazionale Cori Da Camera, il Festival ha luogo ogni due anni a Marktoberdorf che per musicisti, amanti della musica, giornalisti musicali, musicologi e pedagoghi diventa qualcosa come un luogo di pellegrinaggio. È un evento musicale notevole. Per alcuni giorni qui si puo sperimentare l’utopia che diventa realtà. È intensa la collaborazione musicale fra le cinque religioni mondiali: Cristianesimo, Islamismo, Buddismo, Induismo, Ebraismo. Un insieme di musicisti che operano come precursori dei leaders mondiali. Mentre i cori sono al centro dell’attenzione, il festival propone nelle chiese e sale da concerto anche gruppi vocali, strumentali e di danza provenienti da tutto il mondo. Organizzato dall’Accademia Musicale della Bavaria, l’avvenimento crea una atmosfera di apertura che facilita l’apprendimento e la comprensione dei partecipanti. Theodora Pavlovitch, direttore del Coro da Camera Bulgaro Vassill Arnaoudof, è musicista e pedagogo ricercato internazionalmente ed è membro dei Comitati Direttivi di IFCM e di Europa Cantat. Ecco cosa trova di attraente nel Festival di Musica Sacra: “…I contatti che puoi stabilire, la condivisione dei programmi, il contenuto spirituale. Penso al concerto che ha messo insieme artisti dall’India e dall’Italia – eravamo commossi, e spero lo fossero anche altri. O il concerto con il coro israeliano, o l’ensemble iraniano. È incredibile, il modo in cui ti senti immediatamente connesso con l’intera umanità. È il tipo di incontro in cui umanità e comprensione si costruiscono a vicenda…” Dolf Rabus, Direttore Dell’Accademia Musicale Bavarese e spiritus rector del Festival sottolinea: “Noi non dovremmo essere divisi dalle nostre differenze, ma piuttosto cercare ciò che ci è comune. È una cosa meravigliosa per il nostro pianeta che noi non siamo tutti uguali, che abbiamo culture diverse. Dobbiamo imparare a vivere l’uno con l’altro. Mi viene in mente la massima kantiana: fa’ agli altri ciò che vuoi sia fatto a te. Il principio della coesistenza pacifica è praticamente la sostanza di ogni religione. Costituisce la base di ogni società. E da essa continuiamo ad imparare. Se vogliamo evitare conflitti, dobbiamo cominciare parlando l’uno all’altro e unendoci insieme in un fare collettivo. Questa è l’idea base che sta dietro il Festival di Musica Sacra. Almeno siamo capaci di creare pace per una manciata di popoli – popoli che non si spareranno mai l’uno all’altro”. Mi sembra sufficiente per suscitare curiosità, se non vero interesse, verso questo Festival. L’articolo completo del giornalista musicale Walter Vorwerk (due pagine di ICB N. 5, quarto Quadrimestre 2004) è a disposizione. NB.: Articoli originali, contatti e/o chiarimenti per le notizie accennate in questo numero di “Mondocoro” sono sempre disponibili presso la Redazione oppure [email protected] oppure fax: 02 700 440 733. Audizioni per il Coro Giovanile Italiano MARTEDI 7 GIUGNO 2005 Ore 10.00-14.30 ROMA Aula Magna della Facoltà Valdese di Teologia Via Pietro Cossa, 42 (angolo Via P. da Palestrina) MERCOLEDI 8 GIUGNO 2005 Ore 10.00-14.30 BOLOGNA Conservatorio di Musica “G. B. Martini” - Piazza Rossini, 2 GIOVEDI 9 GIUGNO 2005 Ore 10.00-14.30 ALESSANDRIA Conservatorio di Musica “A. Vivaldi” - Via Parma, 1 MARTEDI 14 GIUGNO 2005 Ore 10.00-14.30 REGGIO CALABRIA Conservatorio di Musica “Francesco Cilea” - Via Aschenez MERCOLEDI 15 GIUGNO 2005 Ore 10.00-14.30 BARI Università degli Studi di Bari CUTAMC - Via San Giacomo, 1 35 ROMA - 7 giugno BOLOGNA - 8 giugno ALESSANDRIA - 9 giugno REGGIO CALABRIA - 14 giugno BARI - 15 giugno