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A. Giardina
G. Sabbatucci
V. Vidotto
allaStoria
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© 2009, Gius. Laterza & Figli, Roma-Bari
Editori Laterza
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In ottemperanza a quanto stabilito dalla Legge 06-08-2008, n. 113, che prevede l’adozione di
«libri di testo disponibili, in tutto o in parte, nella rete internet» l’offerta didattica di A. Giardina G. Sabbatucci - V. Vidotto, Guida alla Storia. Nuova edizione si amplia attraverso il database
A r e s
, ARchivio per l’Educazione Storica, archivio di documenti storici e di testi storiografici.
Il database comprende circa 640 testi, dal Trecento a oggi; tutti i brani presenti in Ares sono
consultabili on line e disponibili in formato Word.
La nostra proposta di integrazione/espansione del manuale prevede, per ciascuna unità, dei
Percorsi tematici che permettono di ampliare il manuale con nuove unità didattiche tematiche costruite sui brani presenti nel database.
Attraverso le funzioni di ricerca e archiviazione di Ares è possibile per il docente creare nuovi percorsi personalizzati, ampliare o modificare i percorsi forniti. Le Istruzioni per la navigazione in Ares sono disponibili sul sito. Attenzione: i risultati di qualsiasi ricerca compaiono in
ordine strettamente alfabetico.
Ciascun testo è stato scelto con la consulenza scientifica ed editoriale di Andrea Giardina, Giovanni Sabbatucci e Vittorio Vidotto. Hanno collaborato:
• per il periodo 1350-1650: Valerio Bernardi, Maria Angela Binetti, Giampiero Brunelli, Igor
Mineo, Silvia Moretti, Andrea Paris;
• per il periodo 1650-1900: Emma Ansovini, Tommaso Baris, Francesco Bartolini, Giovanni
Belardelli, Federica Favino, Alessio Gagliardi, Giovanni Gay, Giovanni Magistrale, Silvia
Moretti, Cecilia Orfei, Francesca Socrate, Irma Staderini, Monica Turi;
• per il periodo 1900-oggi: Emma Ansovini, Tommaso Baris, Francesco Bartolini, Giovanni
Belardelli, Alessio Gagliardi, Giovanni Gay, Andrea Paris, Irma Staderini, Monica Turi, Vito
Nicola Volpe.
Ciascun testo è dotato di un apparato didattico costituito da:
• una breve scheda biografica dell’autore;
• una fonte bibliografica del brano;
• una introduzione al brano;
• un apparato di note a carattere esplicativo.
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VOLUME 1
Dal 1350 al 1650
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UNITÀ1 LE RADICI
DELL’EUROPA MODERNA
Percorsi tematici
La società urbana: strutture mentali e vita sociale Questo percorso indaga alcuni aspetti caratterizzanti la mentalità e il quotidiano del Basso Medioevo.
L’immagine e l’immaginario urbano medievale costituiscono il tema del saggio di Jacques Le
Goff. Sui motivi culturali e sociali che a partire dal XII secolo hanno alimentato le differenze
tra il tipo umano del cavaliere, del cittadino e del mercante indaga Aron J. Gurevic.
La persistenza di certi tabù e pregiudizi è testimoniata dalla visione della beata Francesca
Romana, che immagina di incontrare all’Inferno i macellai, gli impuri per eccellenza. La prostituzione, mestiere illecito perché fonte di moltiplicazione delle occasioni di peccato, continuava a essere condannata dai frati predicatori, come Umberto da Romans, che con i loro
discorsi cercavano di redimere le peccatrici, mostrando loro la retta via. Dura era anche la condanna dell’usura e degli usurai espressa sia dal mondo ecclesiastico, nelle pagine dal Concilio
di Lione, sia da quello laico, nelle pagine di Paolo da Certaldo.
La convivenza con i marginali e con le minoranze etniche divenne tra XIII e XIV secolo sempre più complessa e mal tollerata, come si evince dalle pagine di Bronislaw Geremek e di Anna
Foa.
Jacques Le Goff L’immaginario urbano nell’Italia medievale
Aron J. Gurevic Il cavaliere e il cittadino
Aron J. Gurevic Il mercante
d Francesca Romana «Delli macellari»
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GUIDA ALLA STORIA
d Umberto da Romans «Alle donne dal corpo peccaminoso, cioè alle meretrici»
d II Concilio di Lione Dell’usura
d Paolo da Certaldo «Quella cosa che molto guasta...»
Bronislaw Geremek L’emarginazione
Anna Foa La costruzione dello stereotipo antisemita
La società urbana: sentimenti, credenze e folklore Questo percorso si apre con un saggio di Silvana Vecchio, nel quale sono ben analizzati i ruoli di moglie e di madre, le virtù e i
modelli di comportamento che, secondo l’opinione comune dei secoli XII-XV, maggiormente
convenivano alle donne.
Seguono due documenti: il primo di Giovanni di Pagolo Morelli, che propone alcuni criteri da seguire nella scelta della propria moglie e su come generare figli maschi, sani e robusti; il
secondo di Paolo da Certaldo, prodigo di consigli sullo svezzamento dei neonati e sull’educazione dei figli. Jacques Le Goff invece analizza la diffusione, a partire dal XII-XIII secolo, della credenza in un terzo luogo dell’aldilà, inesistente prima di allora, il purgatorio.
Per concludere uno sguardo a riti, feste, folklore, insomma alla cultura popolare, ricca, come
osserva Jean-Claude Schmitt, di influssi pagani e rurali, ma in grado anche di elaborare proprie
forme di evasione dalla realtà quotidiana, come il carnevale e le feste dei folli di cui narra Sebastian Brant.
Silvana Vecchio La buona moglie
d Giovanni di Pagolo Morelli Come scegliere la moglie e generare figli maschi
d Paolo da Certaldo Sui fanciulli
Jacques Le Goff Il «terzo luogo»
Jean-Claude Schmitt Cultura cittadina e superstizioni
d Sebastian Brant «Dei matti quaresimali»
Le monarchie nazionali e l’evoluzione delle istituzioni comunali Questo percorso, dedicato alle istituzioni tardomedievali, si apre con un brano sul papato che, come ben spiega Walter Ullmann, dopo lo schiaffo di Anagni e il conflitto con il re di Francia, non riuscirà più ad
avere lo stesso ruolo.
Segue la bolla Unam Sanctam, un documento contenente la più audace ed estrema giustificazione della teocrazia mai formulata da un pontefice Bonifacio VIII. La Magna Charta Libertatum, concessa da Giovanni Senza Terra all’indomani della sconfitta di Bouvines, disegna
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invece un quadro dei ruoli politici del regno inglese. Nel discorso di apertura del Liber Augustalis Federico II espone, nelle sue linee essenziali, l’ideologia dell’autorità imperiale, mentre
Saba Malaspina denuncia l’oppressione fiscale esercitata in Sicilia dal governo angioino. Concludono il percorso le pagine di Giuseppe Sergi su miti e realtà dell’esperienza comunale e un
brano di Dino Compagni sugli Ordinamenti di Giustizia a Firenze.
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Walter Ullmann Il giubileo del 1300 e la crisi del papato
Bonifacio VIII La bolla «Unam Sanctam»
Giovanni Senza Terra La «Magna Charta Libertatum»
Federico II di Hohenstaufen Il «Liber Augustalis»
Saba Malaspina Oppressione fiscale nel dominio angioino
Giuseppe Sergi Il Medioevo comunale tra mito e realtà
Dino Compagni Gli «Ordinamenti di Giustizia» a Firenze
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UNITÀ2 LE CRISI
TARDOMEDIEVALI
Percorsi tematici
Spopolamenti e recessione Questo percorso integra il FARE STORIA L’Europa di fronte
alla crisi del ’300.
Se al centro di questo periodo vi sarà l’epidemia di peste, va anche detto che già vi erano stati sintomi che avevano preceduto questo fenomeno: si pensi alle guerre, alle pestilenze e alle
carestie come emerge dal brano di Georges Duby e dalla Cronica di Giovanni Villani. Il fenomeno dello spopolamento e della migrazione dalle campagne è qui testimoniato da due documenti di area francese.
Georges Duby I mutamenti del XIV secolo
d Giovanni Villani Firenze: la grande carestia del 1346-47
d Anonimo di Spopolamenti nel territorio di Bordeaux
d Anonimo di Migrazioni nel territorio di Bordeaux
La peste e le altre epidemie Il percorso si apre con il celebre brano del Decameron di Giovanni Boccaccio, dove vengono descritte con elevati toni letterari le conseguenze sociali e mediche dell’epidemia.
Su come la peste sia arrivata in Europa si sofferma William H. McNeill, mentre la sua diffusione in Italia è ben documentata dal brano di Ovidio Capitani che riporta diverse testimonianze. Il fenomeno della peste si accompagna alla ricomparsa di carestie e di carenze alimen7
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tari in tutta Europa, come evidenzia Massimo Montanari, e da altre infezioni quali il tifo petecchiale e il vaiolo, come dimostra Lorenzo Del Panta.
d Giovanni Boccaccio Firenze: la peste del 1348
William H. McNeill Perché il contagio in Europa?
d Ovidio Capitani Il cammino della peste in Italia
Massimo Montanari Il ritorno della fame in Europa
Lorenzo Del Panta Le altre malattie: tifo e vaiolo
Povertà, tensioni, rivolte Questo percorso integra il FARE STORIA L’Europa di fronte alla
crisi del ’300.
Povertà ed emarginazione erano fenomeni assai diffusi nel Medioevo e questa situazione, unitamente alla crisi latente, fomentò numerose ribellioni popolari in Europa. Famosi sono la rivolta inglese del 1381, descritta da Jean Froissart, e il tumulto dei Ciompi a Firenze, su cui si sofferma il racconto di un anonimo cronista.
d Jean Froissart La rivolta inglese del 1381
d Anonimo di La fase di luglio del tumulto dei Ciompi
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UNITÀ3 EUROPA E ITALIA
NEL TARDO MEDIOEVO
Percorsi tematici
La crisi della Chiesa universale e il consolidamento delle monarchie nazionali La violenta crisi del papato come ente universale sembra sboccare, come suggerisce Giovanni Grado
Merlo nel brano di apertura di questo percorso, in una soluzione che afferma la superiorità del
Concilio sul papa, e liquida ogni possibilità di ricostruzione di una gerarchia rigidamente fondata sul primato della Curia romana.
Più forti invece – come sottolinea Giorgio Falco – si dimostravano le nuove realtà politiche
delle monarchie nazionali, che nel Concilio si manifestavano anche a livello organizzativo
distinguendo i delegati per nazioni. Nazione e consenso sono momenti significativi anche per
la storica francese Françoise Autrand che individua, su questa base, le direzioni lungo le quali
i sovrani sviluppano la propria supremazia.
Un aspetto chiave di questo processo di rafforzamento delle monarchie, come sottolinea
Bernard Guenée, era l’ampliamento delle capacità della monarchia di procurarsi risorse
finanziarie mediante l’adozione di strumenti quali le imposte dirette e il ricorso al credito pubblico.
Angelo Torre evidenzia invece il duplice ruolo – al contempo di consenso alla politica finanziaria e di limitazione delle prerogative regie – svolto dalle assemblee parlamentari, presenti in
tutte le monarchie europee tardomedievali. Sulla necessità che a governare uno Stato sia un
sovrano assistito non solo da aristocratici ma anche da esperti di diritto e di finanze insistono sia
Philippe de Commynes sia i due «discorsi» recitati dinanzi ai rispettivi parlamenti dai re Riccardo II d’Inghilterra e Pietro IV d’Aragona.
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Giovanni G. Merlo Tradizione e rinnovamento nella vicenda della Chiesa tardomedievale
Giorgio Falco Il Concilio di Costanza: crisi dell’autorità papale e nascita delle nazioni
Françoise Autrand Lo Stato del ’400: nazionale, territoriale, monarchico
Bernard Guenée Gli strumenti del governo monarchico: le finanze
Angelo Torre Principe e nazione: il ruolo delle assemblee rappresentative
Philippe de Commynes Monarchia e sudditi in Francia nel ’400
d Riccardo II Il Discorso di Riccardo II d’Inghilterra
d Pietro IV Il Discorso di Pietro IV d’Aragona
Dai comuni cittadini agli Stati regionali italiani Questo percorso è dedicato specificamente alle realtà italiane.
La formazione degli Stati regionali italiani muove da premesse che, secondo Giorgio Chittolini, affondano nella storia delle città-Stato organizzate in comune. Sul passaggio dai comuni
tardomedievali alle signorie e principati regionali insiste anche lo storico Antonio I. Pini, prendendo come esempio di sviluppo di uno Stato accentratore la signoria dei Visconti. A tale proposito, emblematiche sono le testimonianze del fiorentino Giovanni di Pagolo Morelli su Gian
Galeazzo Visconti e dell’umanista Pier Candido Decembrio su Filippo Maria Visconti.
L’ideale della libertà repubblicana esercitava un profondo fascino sul pensiero umanista,
come testimonia Coluccio Salutati nella sua lode della città di Firenze, esaltata come continuatrice dell’antica tradizione romana. Il sofisticato sistema di controllo territoriale costruito dallo Stato fiorentino, analizzato in un altro brano di Giorgio Chittolini, si avvale di strumenti assai
complessi come un catasto che nel 1427 registra con molta accuratezza la condizione patrimoniale delle famiglie fiorentine, come ci viene illustrato da Giovanni Cavalcanti.
Sulle trasformazioni istituzionali e amministrative della monarchia meridionale insiste invece Mario Del Treppo: in una peculiare collocazione internazionale – la corona d’Aragona – il
Regno di Napoli conosce uno sviluppo istituzionale sotto Alfonso il Magnanimo. Gli storici
Denys Hay e John Law tornano infine ad analizzare nei particolari lo Stato rinascimentale italiano, evidenziando i limiti che ancora permanevano nella struttura amministrativa.
Giorgio Chittolini La crisi del comune e la creazione di più ampi organismi territoriali
Antonio I. Pini Dallo Stato cittadino allo Stato regionale
d Giovanni di Pagolo Morelli La politica di potenza di Gian Galeazzo Visconti
d Pier Candido Decembrio Ritratto di un potente: Filippo Maria Visconti
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d Coluccio Salutati Inno alla libertà fiorentina
Giorgio Chittolini Il controllo territoriale della città dominante sul contado fiorentino
d Giovanni Cavalcanti Uno strumento essenziale della politica fiscale: il catasto di Firenze (1427)
Mario Del Treppo Le trasformazioni amministrative della monarchia meridionale
Denys Hay - John Law L’amministrazione dello Stato rinascimentale
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UNITÀ4 LA CULTURA
DEL RINASCIMENTO
Percorsi tematici
Il dibattito sul Rinascimento La prima interpretazione complessiva della civiltà rinascimentale in Italia fu opera di Jacob Burckhardt, che fissò i temi fondamentali del Rinascimento nella scoperta dell’uomo e della natura e nella riscoperta della cultura classica. La centralità
degli studi di Burckhardt nella storiografia moderna è sottolineata dallo storico Wallace K. Ferguson, che ripercorre l’evoluzione del concetto di Rinascimento nel corso della storia moderna.
Sulla necessità di definire con esattezza che cosa si intenda per Rinascimento torna, nei suoi
decisivi contributi, Federico Chabod, concentrando l’attenzione sul piano della coscienza, della nuova concezione della vita che si andava allora affermando. Anche il termine frequentemente usato di Umanesimo esige un’attenta definizione ed è Eugenio Garin a chiarire il suo
contenuto e il suo rapporto con il Rinascimento, di cui è momento introduttivo e parte integrante. Chiudono questo percorso un documento di Flavio Biondo e uno di Lorenzo Valla, che
testimoniano la consapevolezza diffusa tra gli intellettuali del XV secolo di un rinnovamento della cultura allora in atto, percepito come l’inizio di una rinascita complessiva della civiltà.
Jacob Burckhardt La rinascita spirituale dell’Italia
Wallace K. Ferguson Il dibattito sul Rinascimento dopo Burckhardt
Federico Chabod Il Rinascimento come «realtà dello spirito»
Eugenio Garin Umanesimo e Rinascimento: connessione o antitesi?
d Flavio Biondo La «brama di meglio conoscer la storia»
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d Lorenzo Valla La lingua latina
Il rapporto con l’antico e i sistemi educativi Si afferma comunemente che la cultura classica venne riscoperta nell’età umanistico-rinascimentale, ma Eugenio Garin vi vede un possibile equivoco: la cultura antica non si era mai totalmente eclissata nel Medioevo, la vera novità
del Rinascimento è piuttosto nella diversa sensibilità e percezione del tempo con cui ci si accosta ai testi antichi. Tra gli intellettuali impegnati in questa ricerca vi è Poggio Bracciolini, che
manifesta in una lettera a Guarino Veronese il suo entusiasmo per il ritrovamento di alcuni testi
antichi nel monastero di S. Gallo.
Nel brano seguente lo storico Peter Burke traccia un quadro sintetico della cerchia di intellettuali, artisti, scienziati che furono protagonisti del Rinascimento, soffermandosi sui modi e i
luoghi in cui avveniva la loro formazione culturale. La necessità di rinnovare i sistemi educativi era fortemente sentita, come testimonia Leon Battista Alberti, che propone un nuovo modello pedagogico che sappia armonizzare nei giovani attività intellettuale e attività fisica.
Eugenio Garin Il problema del ritorno al mondo greco-romano
d Poggio Bracciolini La «riscoperta» dei testi classici
Peter Burke Gli itinerari della formazione: botteghe e Università
d Leon Battista Alberti L’educazione letteraria e fisica
I protagonisti Nel corso dell’età rinascimentale matura una nuova concezione dell’uomo: una
piena espressione di questa nuova concezione si trova nel brano di Giannozzo Manetti, che celebra l’intelligenza e l’operosità umana.
Il riconoscimento della dignità dell’artista è al centro della riflessione dello storico della scienza Paolo Rossi, per il quale l’incontro tra arte, tecnica e scienza rappresenta un evento decisivo
del pensiero moderno. Leon Battista Alberti appare pienamente consapevole della convergenza tra arte e scienza e vede nell’architettura il luogo privilegiato di incontro tra i due settori.
Gli artisti non sono però gli unici protagonisti del Rinascimento: Alberto Tenenti descrive
mercanti e banchieri che, in modo meno eclatante ma altrettanto incisivo, cambiano il mondo
dell’economia. Lo storico Michael Mallett si sofferma sulla figura del condottiero, affascinante e controverso protagonista delle continue guerre che caratterizzavano la turbolenta vita politica italiana. Infine la storica Margaret L. King illustra i diversi ruoli delle donne rinascimentali, generalmente costrette entro una rigida gerarchia sociale ma che a volte salgono anch’esse
alla ribalta della vita culturale e politica.
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d Giannozzo Manetti La dignità dell’uomo
Paolo Rossi La nuova dignità intellettuale dell’artista
d Leon Battista Alberti Elogio delle tecniche
Alberto Tenenti Il mercante nel Rinascimento
Michael Mallet Luci e ombre del condottiero rinascimentale
Margaret L. King I ruoli della donna nel Rinascimento
Nuovi modelli politici: realismo e utopismo Apre questo percorso sul pensiero politico
rinascimentale un brano di Matteo Palmieri, che esalta la dimensione sociale dell’uomo e vede
la sua realizzazione nel contributo alla vita e al benessere della città.
L’oscillazione tra realismo e utopismo è un altro tratto caratteristico del pensiero politico dell’epoca. Il brano di Niccolò Machiavelli offre un esempio di realismo, riflettendo sulla necessità di adattare le forme di governo alle strutture sociali di diversi paesi o regioni, che possono
variare per livello economico e grado di maturazione politica.
Luigi Firpo, infine, descrive l’opposta tendenza all’utopismo, che si sviluppa in un singolare
intreccio tra pensiero politico e architettura, partendo dal proposito di razionalizzare la struttura della città e giungendo all’ideale di una società retta dalle leggi della ragione naturale.
d Matteo Palmieri Esaltazione dei valori civili
d Niccolò Machiavelli La connessione fra struttura sociale e organizzazione politica
Luigi Firpo Gli utopisti del Rinascimento e il sogno della città ideale
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UNITÀ5 LA NASCITA
DEL MONDO MODERNO
Percorsi tematici
I nuovi mondi e la scoperta dell’altro Questo percorso integra il FARE STORIA I nuovi
mondi e la scoperta dell’altro.
È aperto da un brano di Fernand Braudel e da un brano dello storico burkinabé Joseph KiZerbo, entrambi esemplificativi della brutale razzia di ricchezze umane e materiali compiuta
dagli europei a danno del continente africano.
Seguono, per introdurre la discussione sulla presenza degli spagnoli nelle Americhe, tre testi
estremamente significativi dal punto di vista economico-giuridico, culturale e religioso. Nel primo Cristoforo Colombo invita i sovrani spagnoli a procedere con urgenza alla cristianizzazione dei nuovi territori, garantendo così alla Corona lo sfruttamento delle ricchezze locali. Nel
secondo viene sancito con le bolle promulgate da Alessandro VI il diritto degli spagnoli al possesso dei nuovi territori scoperti. Nel terzo, infine, leggiamo le parole di Hernán Cortés, conquistatore del Messico.
I due brani successivi, di Gonzalo F. de Oviedo y Valdés, sono indicativi delle opinioni espresse nel corso del XVI secolo da viaggiatori, osservatori di storia naturale, cronisti e storiografi; in
questi testi è possibile riscontrare la difficoltà di descrivere, e quindi divulgare in termini comprensibili ai lettori, fenomeni naturali e costumi sociali sconosciuti e insoliti. Inoltre, viene dato
ampio spazio al tema della «bestialità» degli indiani.
Segue una pagina scritta alla metà del XVI secolo dal missionario Bartolomé de Las Casas,
«difensore» degli indiani. L’antropofagia infine, che suscitò insieme vivace interesse e marcato
disgusto negli europei dell’epoca, è argomento di alcuni celebri saggi del filosofo Michel de
Montaigne.
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Fernand Braudel Gli europei nel mondo
Joseph Ki-Zerbo Il commercio degli schiavi neri
Cristoforo Colombo L’Europa scopre l’America
Alessandro VI Le bolle «Inter caetera»
Hernán Cortés Relazione a Carlo V
Gonzalo F. de Oviedo y Valdés Depravazioni sessuali degli indios
Gonzalo F. de Oviedo y Valdés Caratteristiche somatiche e antropologiche
Bartolomé de Las Casas Il genocidio degli indios
Michel de Montaigne Dei cannibali
Michel de Montaigne Delle carrozze
L’economia europea nel ’500 Questo percorso è dedicato agli sviluppi molteplici e contraddittori dell’economia europea nel corso del XVI secolo.
In apertura lo storico tedesco Wilhelm Abel descrive i fenomeni caratteristici dell’espansione agricola europea del XVI secolo (aumento delle superfici coltivate e crescita dei quozienti di
resa), mentre Carlo M. Cipolla sottolinea come le scoperte transoceaniche furono all’origine
di una grandiosa rivoluzione culturale e di profonde trasformazioni economiche.
Per illustrare la situazione inglese del XVI secolo abbiamo scelto un documento redatto nel
1549, che descrive il drammatico momento che il paese stava attraversando, caratterizzato da
una forte lacerazione del tessuto sociale.
Concludono il percorso le pagine dello storico Fernand Braudel, il quale ci propone un’interessante interpretazione d’insieme sull’evoluzione economico-sociale del mondo moderno.
Wilhelm Abel L’espansione agricola del XVI secolo
Carlo M. Cipolla Conseguenze delle esplorazioni transoceaniche
d Anonimo di Il peggioramento delle condizioni di vita in Inghilterra
Fernand Braudel Vita materiale, economia di mercato e capitalismo
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UNITÀ6 LA FINE
DELL’UNITÀ RELIGIOSA
Percorsi tematici
Le origini della Riforma protestante La fine dell’unità religiosa non può essere pienamente spiegata senza dare uno sguardo a ciò che accadeva nell’ambito religioso agli inizi del XVI
secolo.
Sebbene la corte papale appaia sempre più coinvolta negli affari italiani e i pontefici dell’epoca sembrino essere più interessati al lustro artistico che all’impegno religioso della Curia, la
religione, come dimostra Lucien Febvre, gioca ancora un ruolo preminente nella vita quotidiana degli europei. L’umanista Erasmo da Rotterdam è autore di una critica feroce nei confronti degli ordini religiosi regolari, attenti più alle pratiche esteriori della vita ecclesiastica che
a una religiosità interiore.
Una più sistematica contestazione della Chiesa cattolica partirà invece dalla Germania. L’occasione verrà data proprio dal mercato delle indulgenze portato avanti da Alberto di Hohenzollern e da Leone X, cui risponderanno le 95 tesi di Lutero che, come osserva Roland H. Bainton,
avevano come scopo quello di correggere alcuni errori e abusi legati a questa pratica. L’opera di
Martin Lutero, del quale presentiamo alcune pagine, incoraggiata da alcuni principi tedeschi
stanchi delle vessazioni della Curia romana, continuerà e la sua teologia porterà alla definitiva rottura con Roma e all’enunciazione di un pensiero teologico-politico diverso da quello
medievale.
La Riforma tedesca, dominata da Lutero, conobbe anche altri protagonisti tra cui Thomas
Müntzer, uno dei capi della rivolta contadina del 1524, la cui opera è inquadrata dall’analisi di
Joseph Lortz ed Erwin Iserloh. Il fallito tentativo di riconciliazione ad Augusta, nelle pagine
dalla Confessione augustana, e la rottura di Lutero con Erasmo sulla questione del libero arbi17
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trio porteranno la Riforma tedesca a essere connotata sempre più da caratteri nazionali e a circoscriversi in un ambito piuttosto ristretto, quello dei principi che accetteranno il messaggio
luterano.
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Lucien Febvre Religione e vita quotidiana
Erasmo da Rotterdam La follia degli ordini religiosi
Roland H. Bainton Le «95 tesi» e il problema delle indulgenze
Martin Lutero «Alla nobiltà cristiana di nazione tedesca»
Martin Lutero La giustificazione per fede
Joseph Lortz - Erwin Iserloh Il radicalismo religioso di Thomas Müntzer
Filippo Melantone La «Confessione augustana»
La Riforma in Svizzera e le correnti radicali Qualche anno dopo la protesta di Lutero, l’idea di una Chiesa che doveva essere riformata oltrepassò i confini della Germania per approdare nei cantoni svizzeri.
La città di Zurigo legherà la sua riforma alla figura di Zwingli, il quale riuscirà per la prima
volta a imporre un’azione riformata con il consenso di un consiglio cittadino, come ben evidenzia Emidio Campi. A Ginevra invece Giovanni Calvino sistemerà in maniera organica il
pensiero riformato nell’opera Istituzione della religione cristiana. Le idee di Calvino sulla predestinazione, analizzate da Alister McGrath, e la sua fermezza nei confronti di una riconciliazione ormai impossibile con il cattolicesimo, portarono il calvinismo a divenire la forma più
intransigente e aggressiva di protestantesimo, come leggiamo nella Difesa della Riforma. Per
alcuni sociologi come Max Weber, ancora, la dottrina calvinista della predestinazione fu tra i
fondamenti della moderna mentalità capitalista.
Dopo gli anni ’30 del XVI secolo la Riforma protestante tese sempre più a istituzionalizzarsi
e a espellere dal suo interno quelle figure di dissenso che non erano d’accordo con i princìpi della nuova ortodossia riformata. È il caso di gruppi minoritari come gli anabattisti, le cui posizioni sono descritte dallo storico Delio Cantimori, e come gli antitrinitari, su cui leggiamo un brano dello storico Massimo Firpo, che per le loro idee furono espulsi e perseguitati sia nei paesi
cattolici sia in quelli protestanti, ma anche di intellettuali come Sébastien Castellion, portavoce della tolleranza religiosa.
Emidio Campi L’opera riformatrice di Zwingli
d Giovanni Calvino L’«Istituzione della religione cristiana»
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GUIDA ALLA STORIA
Alister McGrath Calvino e la predestinazione
d Giovanni Calvino Difesa della Riforma
Max Weber Protestantesimo e capitalismo
Delio Cantimori L’anabattismo
Massimo Firpo Gli antitrinitari
d Sébastien Castellion Il problema della tolleranza religiosa
Rinnovamento della Chiesa cattolica e Controriforma Sino ad alcuni decenni fa la storiografia aveva visto la risposta cattolica come piuttosto tradizionale e reazionaria rispetto alle
novità apportate dal protestantesimo.
In realtà anche nel cattolicesimo vi furono fermenti innovatori che oggi vanno sotto il nome
di «riforma cattolica», come afferma lo storico Hubert Jedin. A questi fermenti innovativi appartengono senza dubbio la nascita di nuovi ordini religiosi, tra i quali giganteggia la Compagnia
di Gesù che, con la sua organizzazione, analizzata da Pietro Caiazza, e la sua ferrea disciplina,
istituita da Ignazio di Loyola, diverrà un modello per la nuova Chiesa post-tridentina. Un tentativo di riforma dell’organizzazione ecclesiastica sarà invece fatto sotto il pontificato di Paolo
III con il Consilium de emendanda Ecclesia.
Convocato tardivamente e dopo che ormai si erano consumati gli ultimi tentativi di conciliazione con i luterani a Ratisbona, nel 1541, il Concilio di Trento e l’esito dei suoi lavori saranno fondamentali per la dogmatica e la disciplina ecclesiastica della Chiesa cattolica. I suoi decreti dogmatici non concessero nulla al protestantesimo, ma il rinnovamento della disciplina ecclesiastica permise una rivitalizzazione della Chiesa cattolica, almeno da un punto di vista spirituale. Determinanti in questa rinascita saranno le figure dei vescovi, obbligati a risiedere nella
propria diocesi, come ben evidenzia Adriano Prosperi.
Hubert Jedin Riforma cattolica e Controriforma
d Ignazio di Loyola Gli «Esercizi spirituali»
Pietro Caiazza La Compagnia di Gesù
d Commissione pontificia Il «Consilium de emendanda Ecclesia»
d Concilio di Trento Il Concilio di Trento
Adriano Prosperi I doveri dei vescovi
La religiosità popolare Lo storico Peter Burke si sofferma nelle sue pagine sul significato libe19
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ratorio del Carnevale presso i ceti popolari a fronte del conflitto religioso del XVI secolo, che
margineralizzerà le manifestazioni religiose popolari, sino a reprimerle o a controllarle.
È quanto emerge soprattutto dall’analisi del fenomeno della stregoneria effettuata dallo storico Carlo Ginzburg, che mostra come la lettura del sabba e di altri riti fosse profondamente diversa nel popolo rispetto a quanto affermato nella trattatistica ufficiale, quale quella del Malleus
Maleficarum di Heinrich Institor e Jakob Sprenger, dove appare chiara, invece, la congiunzione tra sesso debole e culto satanico. La religiosità popolare infine sarà convogliata in manifestazioni, controllabili da parte della Chiesa, che andranno a formare il patrimonio della pietà
popolare, secondo i meccanismi descritti dallo studioso tedesco Hubert Jedin.
Peter Burke Il mondo alla rovescia
Carlo Ginzburg Folklore, magia, religione
d Heinrich Institor - Jakob Sprenger Perché le donne diventano streghe
Hubert Jedin La pietà popolare
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UNITÀ7 MONARCHIE
E IMPERI NELL’EUROPA
DEL ’500
Percorsi tematici
L’Impero e le grandi monarchie Le strutture statali europee tra XVI e XVII secolo offrono
un quadro complesso e articolato a seconda delle situazioni locali. In questo percorso, concentrandoci sull’Impero asburgico e le grandi monarchie, evidenziamo la specificità delle vie nazionali nel processo di evoluzione verso lo Stato moderno.
Gli ideali di rinascita imperiale che aprono il XVI secolo sono testimoniati in prima persona
da Carlo V nel suo «testamento politico». Il documento permette di cogliere la personalità e le
aspirazioni politiche del grande imperatore, profondamente diverse dalle caratteristiche tipicamente spagnole del regno di suo figlio Filippo II, sintetizzate da Fernand Braudel. Descrivendo la vita quotidiana di Filippo II, il brano di Geoffrey Parker completa il quadro delle differenze tra i due grandi protagonisti del secolo: alla figura dell’imperatore combattente e continuamente in movimento di Carlo V si contrappone un re-funzionario, quotidianamente alle prese con la complessa burocrazia del suo Stato.
Nell’Inghilterra della seconda metà del XVI secolo si manifestò un antagonismo crescente tra
la Corona e il Parlamento; il ruolo svolto da quest’ultimo viene descritto nel brano di sir Thomas Smith risalente al periodo elisabettiano. Un intenso ritratto della regina Elisabetta viene
tracciato dal diplomatico veneziano Giovan Carlo Scaramelli che la incontrò pochi giorni prima della sua morte.
Il significato politico, culturale e sociale della pacificazione religiosa in Francia è ben testimoniato dalle parole minacciose con le quali Enrico IV si rivolse al Parlamento di Parigi nel
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1599. Alcuni passaggi del Testamento politico di Richelieu offrono un quadro della situazione
francese nella prima metà del ’600 e del pensiero politico del grande statista che riportò il suo
paese al vertice della politica europea. Chiude il percorso un brano di Roland Mousnier sulla
stratificazione sociale per ordini che, pur riferendosi in particolare alla Francia, introduce un
discorso più generale sui rapporti tra società e Stato moderno.
d Carlo V Il testamento politico
Fernand Braudel Gli imperi del ’500 e lo spazio
Geoffrey Parker Filippo II e il «mestiere di sovrano»
d Thomas Smith Il Parlamento inglese: autorità e funzioni
d Giovan Carlo Scaramelli Un ritratto della regina Elisabetta
d Enrico IV Difesa dell’Editto di Nantes
d Richelieu L’ordine naturale della società e le funzioni del re
Roland Mousnier La stratificazione sociale per ordini
Burocrazia, esercito e politica finanziaria Una prospettiva privilegiata per individuare le
linee evolutive dello Stato moderno è l’analisi di tre settori chiave – burocrazia, esercito, finanze – e dei complessi rapporti che li legano.
Lo sviluppo della moderna burocrazia, con la sua particolare concezione dello Stato, è il tema
affrontato da Federico Chabod a partire dall’esempio offerto da Milano durante la dominazione spagnola. Una caratteristica dei sistemi amministrativi del tempo è la venalità delle cariche:
due documenti del XVI e XVII secolo sono testimonianza delle prime reazioni provocate dal
ricorso sempre più esteso a questo espediente vantaggioso per le finanze statali.
Il rapporto tra lo sviluppo dell’assolutismo e l’evoluzione tecnico-organizzativa degli eserciti
è invece analizzato dallo storico Victor G. Kiernan. L’importanza della guerra con i suoi risvolti economici e organizzativi è accentuata da Charles Tilly fino al punto da far dipendere da essa
il processo di evoluzione dello Stato moderno, mentre la politica finanziaria – terzo settore chiave dello Stato moderno – è al centro dell’analisi dello storico dell’economia Gabriel Ardant.
Federico Chabod «Gratia» e «offitio»: due mentalità a confronto
d Anonimo di La vendita degli uffici
d Pomponne de Bellièvre Contro la «paulette»
Victor G. Kiernan Mercenari stranieri e monarchie assolute
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Charles Tilly Come la guerra produsse gli Stati e viceversa
Gabriel Ardant L’organizzazione finanziaria nella formazione degli Stati
Il dibattito sullo Stato Il progressivo evidenziarsi dei caratteri di novità dello Stato moderno
rispetto alla storia precedente ha sollevato un dibattito teorico via via più acceso, che ha il suo
ideale iniziatore in Niccolò Machiavelli; nelle pagine del Principe e dei Discorsi emergono i
temi che saranno continuamente ripresi dai pensatori politici successivi.
Nel corso del XVI secolo il pensiero politico si evolve acquisendo il fondamentale concetto
di «sovranità», esplicitamente tematizzato nelle pagine di Jean Bodin. Una immagine complessiva dello Stato moderno e delle fasi del suo sviluppo storico emerge dal brano di Pierangelo Schiera, con cui si chiude questo percorso.
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Niccolò Machiavelli «De Principatibus novis qui armis propris et virtute acquiruntur»
Niccolò Machiavelli La religione «secondo l’ozio e non secondo la virtù»
Jean Bodin Le vere prerogative della sovranità
Jean Bodin Della nascita, crescita, perfezione, decadenza e rovina degli Stati
Pierangelo Schiera Lo Stato moderno
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UNITÀ8 CRISI
E RIVOLUZIONI
NEL ’600 EUROPEO
Percorsi tematici
La crisi economica Sull’esistenza di una crisi economica di vaste proporzioni gli storici sono
stati concordi. Le divergenze sono nate piuttosto sulle cause, sulla portata e le scansioni cronologiche della crisi, sulle sue relazioni con i fenomeni di natura sociale o politica. Anche chi è
sembrato più scettico nei confronti della tesi di un’unica «crisi generale» ha dovuto segnalare il
difficile momento dell’economia in vaste aree e in diversi periodi del XVII secolo. Sulla scorta
di questa omogeneità di giudizi, è opportuno mostrare, in concreto, alcuni fatti demografici ed
economici che avvalorano l’immagine di un secolo difficile.
In particolare, dobbiamo ad Aldo De Maddalena una sintetica ed efficace descrizione delle
crisi e delle trasformazioni economiche del periodo. Paolo Malanima si occupa della prima crisi che colpì l’economia europea tra la fine del ’500 e l’inizio del ’600, particolarmente sensibile
nel settore agricolo, cercando di ricostruirne le cause.
Sulla situazione economica dell’Olanda e dell’Inghilterra – i due paesi che negli anni della
crisi si contesero il primato economico – e dell’Italia indagano rispettivamente Jonathan I.
Israel e Maurice Aymard. Confrontando questi diversi contesti, infatti, è possibile delineare un
quadro assai più mosso di quanto la semplice nozione di «crisi generale» possa mostrare.
Aldo De Maddalena Crisi e trasformazioni economiche
Paolo Malanima L’interruzione della crescita
Jonathan I. Israel Olanda e Inghilterra negli anni della «crisi del ’600»
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Maurice Aymard L’economia italiana in declino
Un secolo «barocco» L’origine del termine «barocco» è controversa: l’espressione «argomentare in barocco» indicava, nella filosofia scolastica medievale, un discorso molto artificioso;
poi, tra ’400 e ’500, comparve l’aggettivo francese baroque (dal portoghese barroco), che designava, negli inventari di gioielli, un tipo di perla dai contorni molto irregolari e, in senso traslato, qualcosa di bizzarro e inconsueto. Qualsiasi ipotesi si voglia accreditare, è certo che, verso la
fine del ’600, il termine entra a far parte del linguaggio della società colta proprio in questa
seconda accezione figurata. A questa tradizione si sono richiamati gli studiosi di arte e di letteratura, che tra ’800 e ’900 hanno costruito la fortuna del vocabolo, definendo «barocchi» gli stili artistici prevalenti nel XVII secolo.
In questo percorso non si intende rileggere, tuttavia, l’intera vicenda del termine. Interessa
invece mostrare come, per gli storici, il concetto di «barocco» si sia dimostrato capace di qualificare un’intera epoca. È il caso di José A. Maravall, che vi ha intravisto l’espressione culturale
della «crisi generale» del XVII secolo. Anche per Rosario Villari si può usare l’aggettivo «barocco» per descrivere un secolo ricco di tensioni e contraddizioni, ma a patto di non dimenticare i
tratti di stabilità delle società europee del ’600.
José A. Maravall Il «barocco»: espressione della «crisi del ’600»
Rosario Villari Il ’600: secolo di contrasti e di equilibri
La crisi politica Sugli aspetti politici della «crisi del ’600» il dibattito è stato molto serrato. La
presenza di rivolte e rivoluzioni nei maggiori paesi europei, nello stesso torno di anni, è stata
considerata dalla storiografia di ispirazione marxista come il sintomo di un duro scontro fra classi, legato ai grandi mutamenti economici e sociali del XVII secolo. Altri indirizzi storiografici
hanno invece fatto notare come, di fronte al crescente processo di accentramento amministrativo e fiscale degli Stati, siano le aristocrazie, i notabili e le masse contadine a opporre una resistenza, per conservare le proprie antiche libertà.
L’interpretazione marxista è offerta dal brano di Eric J. Hobsbawm, che si sofferma a lungo
sulla dimensione economica della «crisi del ’600», per poi riconoscere come suo unico esito
positivo l’evento rivoluzionario inglese. Hugh R. Trevor-Roper e Niels Steensgaard mostrano
un punto di vista estremamente critico a riguardo, riconoscendo dietro i sommovimenti di metà
’600 alcuni elementi tipici della vita politica della prima età moderna: il rapporto tra corte sovrana e paese, le resistenze all’accentramento assolutistico, il particolarismo localistico. A Roland
Mousnier spetta invece il compito di illustrare due noti casi di rivolte contadine.
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Eric J. Hobsbawm La Rivoluzione inglese: un prodotto della «crisi del ’600»
Hugh R. Trevor-Roper La rottura dei rapporti tra Stato e società
Niels Steensgaard La crisi politica
Roland Mousnier Le rivolte contadine: i «Nu-Pieds» e i «Croquants»
Il secolo del soldato Nel ’600, come appare chiaramente dalle testimonianze dei contemporanei, la guerra diventa straordinariamente brutale: il crudo resoconto di Johann J.Ch. Grimmelshausen sui saccheggi ne è un esempio.
Non è la violenza, tuttavia, la caratteristica peculiare del fenomeno militare del XVII secolo.
Appare infatti molto più significativa l’evoluzione tecnico-tattica dell’arte della guerra: aumenta il numero dei soldati impiegati, cresce la disciplina, la tecnologia nel campo delle armi avanza rapidamente. I due documenti di Cesare Brancaccio e di Maiolino Bisaccioni trattano invece dell’immagine del soldato, contesa fra i tradizionali valori (come il coraggio individuale) e le
nuove esigenze di una disciplina sempre più organizzata.
d Johann J.Ch. Grimmelshausen Le scorribande della «soldataglia»
d Cesare Brancaccio L’immagine del soldato
d Maiolino Bisaccioni La dura realtà della guerra
La Rivoluzione inglese Caduta in ombra l’interpretazione che considerava la rivoluzione
inglese la prima rivoluzione «borghese» dell’età moderna, volta ad abbattere i residui «feudali»
e a instaurare un regime politico più favorevole allo sviluppo del «capitalismo», la storiografia
più avvertita penetra all’interno dei meccanismi che condussero alla guerra civile e al rovesciamento della monarchia con estrema cautela, facendo attenzione a tutti i diversi terreni del conflitto.
Una simile premura caratterizza il nostro percorso: la dimensione religiosa dello scontro è visibile attraverso l’esempio di predicazione puritana di Richard Baxter, la ricostruzione fatta da
Henry N. Brailsford del movimento dei levellers e da Christopher H. Hill delle più radicali opinioni religiose; sul terreno più propriamente politico, un primo brano di Lawrence Stone offre
un quadro dei protagonisti della guerra civile (primo fra tutti il Parlamento), mentre importanti documenti (il Patto del Popolo, i Dibattiti di Putney e i verbali del processo a Carlo I) permettono di giungere al cuore dello scontro: la caduta violenta della monarchia e la resa dei conti all’interno dell’eterogeneo schieramento vincitore, con la liquidazione delle fazioni più radicali. Ancora a Lawrence Stone spetta il compito di dare un bilancio in prospettiva dell’esperienza rivoluzionaria inglese.
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d Richard Baxter Un manuale pratico di «vita cristiana»
Lawrence Stone I protagonisti della Rivoluzione
Christopher H. Hill Il mondo alla rovescia
d Petty - Rainborough - Sexby Il «Patto del Popolo»
d Petty - Rainborough - Sexby I «Dibattiti di Putney»
Henry N. Brailsford I «levellers»
d Corte del Parlamento inglese Il processo a Carlo I
Lawrence Stone Il lascito della Rivoluzione inglese
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UNITÀ9 L’ITALIA BAROCCA
Percorsi tematici
Un’età di decadenza Chi visse nel ’500 e ’600 non considerò particolarmente grave il fatto che
diversi Stati della penisola avessero perso l’indipendenza politica. Solo nell’800 (durante il Risorgimento e subito dopo l’Unità), gli storici valutarono negativamente il periodo, poiché allora era
iniziata quell’odiosa dominazione straniera che, per molto tempo, aveva oppresso l’Italia. Che i
secoli XVI e XVII fossero un’età di «decadenza» non fu più contestato, come dimostrano tutti i
manuali per le scuole, fino ai nostri giorni. Qui non si vuole, tuttavia, ribaltare il giudizio: è sufficiente ricordare che anche radicate tesi storiografiche sono, a loro volta, un fatto storico, dettate da particolari contesti politico-sociali e posizioni culturali ben riconoscibili.
Il carattere moralistico di molte interpretazioni del periodo in esame, da parte di storici del Risorgimento, è ricordato da Benedetto Croce, il quale legge secondo le proprie convinzioni filosofiche la «decadenza» italiana del ’500 e ’600. Alberto Asor Rosa indica la Chiesa cattolica come responsabile della sospensione della crescita italiana, dal momento che essa riuscì a controllare non solo la cultura, ma anche l’intera società. Una lettura diversa del periodo offre Fernand
Braudel, che invita a non sottovalutare il ruolo ancora interpretato dall’Italia nell’età «barocca».
Giuseppe Galasso ripropone, ma in modo assai più articolato, la tesi della «decadenza», considerandone principale manifestazione il divario che si crea, proprio nei secoli XVI e XVII, tra il
cammino italiano e quello degli altri paesi europei, in termini di crescita economica.
d Benedetto Croce La «decadenza» dell’Italia
Alberto Asor Rosa Il ruolo della Chiesa cattolica
Fernand Braudel L’Italia del ’500-600, ancora al centro della cultura europea
Giuseppe Galasso Il «tramonto» italiano nell’età barocca
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La riflessione politica Alcuni temi elaborati dalla cultura politica sono centrali per comprendere l’Italia del ’500-600. Non v’è dubbio, infatti, che furono anni di intensa riflessione: trattati, Istruzioni, Avvertimenti erano indirizzati ai governanti e a tutto il personale alle loro dipendenze; d’altro canto, i sovrani favorivano la formazione di una omogenea cultura politica, capace di guadagnare consenso al loro dominio.
Un panorama è offerto da Mario Rosa, che non solo illustra i principali temi del periodo (primo fra tutti la «conservazione» dello Stato), ma segnala anche i punti di contatto fra potere e
mondo della cultura (le accademie e le università), indicando, infine, le linee di evoluzione della cultura politica del secondo ’600. Brani tratti dall’opera Della ragion di Stato di Giovanni
Botero danno un esempio di che cosa si proponesse a un principe, in grande libertà da ogni principio morale, per conservare e accrescere il dominio sul proprio Stato.
Si trattò, insomma, di una riflessione estremamente disincantata, molto lontana dal culto rinascimentale della virtù, pronta a condannare il pensiero di Niccolò Machiavelli come amorale,
ma, nei fatti, incline a seguirlo nel considerare etica e politica definitivamente separate. Ciò traspare, come dimostra Rosario Villari, dalla elaborazione di un importante concetto: la «dissimulazione», che giustificava caute forme di opposizione politica.
Mario Rosa Tratti fondamentali della cultura politica
d Giovanni Botero Che cosa sia Ragione di Stato
d Giovanni Botero Capi di prudenza
Rosario Villari Una forma di opposizione politica: la «dissimulazione»
L’influenza della Chiesa La Chiesa cattolica è stata a lungo considerata responsabile della
«decadenza» dell’Italia nei secoli XVI e XVII. In questo percorso esamineremo in dettaglio alcuni aspetti della sua presenza.
La prima avvertenza è di non cadere nell’eccesso di immaginare un paese preda di attività
«poliziesche» da parte delle autorità ecclesiastiche: in generale, nell’età moderna, nessun potere, civile o religioso, era in grado di controllare minuziosamente i comportamenti della società
e poteva imporre solo con grandi difficoltà il proprio volere a popolazioni recalcitranti in massa. Ma, indubbiamente, alcuni provvedimenti ebbero un grave peso. L’Indice dei libri proibiti
stabiliva quali fossero le letture lecite e cercava di frenare i contatti con i paesi di confessione
riformata, dove vi era una vivace produzione culturale e scientifica. Che tali sforzi non avessero sempre successo appare da un documento reperito nell’Archivio Segreto Vaticano, che
mostra come proprio il personale del Sant’Uffizio (il tribunale per la difesa della fede) permettesse a Firenze la lettura delle opere di Niccolò Machiavelli, autore aspramente condannato.
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Proprio delle principali caratteristiche del Sant’Uffizio e del suo operato tratta il brano di Adriano Prosperi. Seguono documenti del processo a Galileo Galilei, vicenda nota, complessa, gravida di conseguenze sui successivi sviluppi della cultura scientifica italiana. Chiudono il percorso le pagine della storica Anna Foa, che analizza la segregazione ebraica nei ghetti, sancita
dalla bolla papale del 1555.
d Roberto Bellarmino L’«Indice dei libri proibiti»
d Segreteria di Stato della Santa Sede Machiavelli all’«Indice»?
Adriano Prosperi La crudele Inquisizione
d Galileo Galilei Lettera a Paolo Sarpi
d Niccolò Lorini Denuncia al Sant’Uffizio
d Galileo Galilei L’abiura
Anna Foa La creazione dei ghetti
Il contrasto Roma-Venezia Merita un percorso a sé il più importante contrasto giurisdizionale del ’600, quello che vide opposti la Santa Sede e la Repubblica di Venezia, tra il 1606 e il
1607.
L’elemento scatenante del conflitto fu come è noto l’arresto di due religiosi, rei di gravi delitti, che Roma intendeva processare, sottraendoli ai tribunali veneti. Ma vi erano anche altri motivi di attrito: due leggi della Repubblica che imponevano la previa autorizzazione delle autorità
civili per la costruzione di edifici ecclesiastici e, soprattutto, i buoni rapporti intrattenuti dai
veneziani con inglesi e olandesi, di confessione riformata. La pretesa della Santa Sede che le
leggi già emanate fossero ritirate e i due religiosi consegnati suscitò indignate reazioni e fu
respinta: papa Paolo V, allora, emanò contro Venezia l’Interdetto. Il momento fu grave. Si sfiorò
la guerra, ma la volontà degli spagnoli di mantenere la pace in Italia e la mediazione diplomatica francese riuscirono a portare a un accordo. Le vicende dell’Interdetto sono ricordate nelle
pagine quasi coeve di Fulgenzio Micanzio, mentre di Paolo Sarpi è riportato un brano di una
lettera che lucidamente definisce le pretese egemoniche del papato della Controriforma come
«totato».
d Fulgenzio Micanzio L’«Interdetto» di Venezia
d Paolo Sarpi Il papato come «totato»
Il Mezzogiorno e la rivoluzione napoletana del 1647 La rivoluzione napoletana del 1647
fu uno dei pochi avvenimenti politici italiani del ’500-600 capaci di grande risonanza in tutta
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Europa, percorsa anch’essa alla metà del secolo da rivolte e rivoluzioni. Per essere ben compresi, gli eventi devono tuttavia essere inquadrati all’interno degli sviluppi economico-sociali e politici del Mezzogiorno.
La ripresa della pressione feudale promossa dalla nobiltà nei primi decenni del ’600 fu, secondo Rosario Villari, la causa principale della «guerra contadina» che esplose nelle campagne
meridionali nel 1647, in concomitanza con l’insurrezione cittadina a Napoli. I due documenti
successivi illustrano invece da vicino il panorama politico e sociale della rivolta: il giurista Giulio Genoino elenca le principali richieste, tra cui una consistente diminuzione delle tasse, mentre Maiolino Bisaccioni delinea il ritratto del principale protagonista dell’insurrezione, Masaniello. Concludono il percorso le pagine di Giuseppe Giarrizzo, che ricostruisce le rivolte siciliane del 1646-47.
Rosario Villari La ripresa della nobiltà tradizionale
d Giulio Genoino Le richieste degli insorti
d Maiolino Bisaccioni Una cronaca della rivoluzione napoletana del 1647
Giuseppe Giarrizzo La Sicilia in rivolta
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VOLUME 2
Dal 1650 al 1900
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UNITÀ1 L’EUROPA
DI «ANCIEN RÉGIME»
Percorsi tematici
Demografia e famiglia Le caratteristiche demografiche delle società preindustriali sono al
centro dell’analisi dei brani presentati in questo percorso. L’andamento della popolazione viene messo in relazione, dagli autori, a fenomeni di vario tipo: alle trasformazioni economiche,
innanzitutto, ma anche al mutamento dei comportamenti demografici e alla struttura della
famiglia che hanno caratterizzato la società d’ancien régime.
La teoria proposta da Thomas Robert Malthus, che descrive la ciclicità del rapporto tra popolazione e risorse, esprime la preoccupazione per gli effetti delle leggi di assistenza ai poveri, che
ritroviamo in molti scritti dell’epoca. Secondo l’autore, esse, eliminando i freni naturali all’aumento demografico, favorirebbero la sovrappopolazione. In questo modello il matrimonio tardivo – di cui Ernst Hinrichs analizza le motivazioni economiche, sociali e culturali – costituiva una forma di adattamento della società alle difficoltà ambientali e alimentari e di controllo
della crescita demografica. Caratteristico del sistema demografico d’ancien régime era un alto
tasso di mortalità, sulle cui cause si sofferma Lawrence Stone.
La trasformazione dei rapporti familiari e gli inizi della contraccezione in Francia nel XVIII
secolo sono al centro dell’analisi di Jean Louis Flandrin, mentre nelle pagine di Philippe Ariès
si ripercorrono le tappe che hanno segnato l’evoluzione del modo di considerare l’infanzia; poi
Dominique Julia legge le difficili condizioni di vita dei bambini cresciuti in famiglie popolari.
Infine il brano di Natalie Zemon Davis ci offre alcune ipotesi sul significato dell’immagine, diffusa nelle società preindustriali, della donna al comando, fattore di rottura di gerarchie e schemi tradizionali.
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Espansioni in Ares
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d Thomas R. Malthus Crescita demografica e società
Ernst Hinrichs Matrimonio tardivo e crisi demografiche
Jean L. Flandrin Gli inizi della contraccezione
Lawrence Stone Mortalità e igiene
Philippe Ariès La scoperta dell’infanzia
Dominique Julia Infanzie popolari
Natalie Zemon Davis La «donna al comando»
Ceti sociali ed economia Strutture tradizionali e fattori di trasformazione si accompagnano e
si scontrano nell’evoluzione della società d’ancien régime, dando luogo a cambiamenti importanti nei sistemi produttivi, nelle tecniche, nei rapporti sociali.
Il carattere ancora feudale del possesso della terra emerge dal documento sui Diritti signorili di Essigey; Pierre Goubert ricostruisce il quadro delle consuetudini, delle regole, dei comportamenti alla base dei rapporti tra il contadino e le istituzioni giuridiche e amministrative in
Francia tra ’600 e ’700. Le consuetudini delle comunità di villaggio, i modelli che influivano sull’atteggiamento dei contadini nei confronti delle novità che rompevano con tradizioni consolidate sono al centro del brano di Barrington Moore jr. che ne analizza la crisi e la dissoluzione.
È il caso del processo di privatizzazione della terra, attraverso le recinzioni, che nell’arco di due
secoli ha trasformato il panorama agrario inglese e creato le basi per una nuova agricoltura, strettamente dipendente dal mercato. In questa trasformazione – per alcune aree agricole – ebbe
un’importanza decisiva l’introduzione di nuove colture. Redcliff Nathan Salaman ripercorre le
tappe della diffusione della patata, ritardata da una serie di pregiudizi relativi al consumo di questa pianta. Infine nel brano di Luciano Guerci viene descritto un importante fenomeno, caratteristico della fase che ha preceduto l’avvio della rivoluzione industriale: l’affermarsi del sistema dell’industria rurale domestica.
d Anonimo di Diritti del signore feudale
Pierre Goubert L’universo fiscale del contadino francese
Barrington Moore jr. Le recinzioni
Redcliff N. Salaman La diffusione della patata
Luciano Guerci L’industria rurale domestica
Nobiltà e ricchezza Le società europee, tra il XVI e il XVIII secolo, erano ancora basate, dal
punto di vista giuridico, sulla tradizionale divisione per ceti. Il principio gerarchico fondato sul35
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la preminenza della nobiltà di sangue era tuttavia messo in discussione dall’esistenza di patenti
di nobiltà che potevano essere acquistate.
I simboli che, secondo Lawrence Stone, caratterizzavano la società inglese tra la fine del ’500
e la prima metà del ’600 erano il cappello e la frusta. Essi consentivano di riaffermare pubblicamente il principio della disuguaglianza e della subordinazione sociale e politica. Renata Ago,
a sua volta, descrive le ambizioni delle famiglie nobili della Roma barocca, volte a far intraprendere la carriera ecclesiastica ai figli cadetti. L’Editto reale emanato da Luigi XIV in Francia, nel 1701, che doveva spingere la nobiltà a intraprendere attività considerate in antitesi con
la propria condizione sociale, mostra la resistenza di questo ceto ad abolire regole e restrizioni
che costituivano il punto di forza della propria funzione dominante. La difficoltà a dare una definizione della borghesia nell’ancien régime viene messa in rilievo da William Doyle, che indica
due caratteri comuni agli appartenenti a questa fascia sociale: la ricchezza e la pretesa di uscire
dalla propria condizione di origine. Pretesa a cui la nobiltà cercò di opporsi ponendo barriere
sulla base dell’orgoglio di rango. Un motivo, quest’ultimo, su cui s’impernia la trama del romanzo di Jane Austen Orgoglio e pregiudizio, di cui presentiamo alcune pagine. La tesi che l’ancien
régime non abbia avuto termine improvvisamente, ma che sia sopravvissuto fino alla prima guerra mondiale è sostenuta nel brano di Arno J. Mayer, che sottolinea la sostanziale continuità delle strutture politiche, economiche e sociali dell’Europa tra il XVIII e il XIX secolo.
Lawrence Stone Privilegi e autoritarismo
Renata Ago Fare carriera nella Curia romana
d Luigi XIV L’apertura del commercio dei grani alla nobiltà francese
William Doyle I ricchi delle città: la borghesia
Arno J. Mayer Il perdurare del vecchio ordine
d Jane Austen «Orgoglio e pregiudizio»
Emarginazione e controllo sociale La diffusione di una nuova etica del lavoro, l’esigenza di
ordine e di stabilità sociale dei ceti dominanti sono alla base delle considerazioni svolte da
Michel Foucault, che analizza il processo di separazione e internamento in istituti cui furono
sottoposte, a partire dal XVI secolo, diverse categorie di individui: mendicanti, vagabondi, folli.
Il Regolamento dell’Ospizio della Salpêtrière del 1721 mostra la nuova concezione che si è
ormai affermata: il povero deve essere uniformato ai princìpi dell’ideologia dominante che combatte l’ozio, il vagabondaggio, la contestazione della società. Bronislaw Geremek, infine, ripercorre le tappe della politica sociale attuata dai pontefici a Roma, che segnano il distacco dalla
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concezione medievale del povero e della carità: l’assistenza non è più compito del singolo, ma
diventa pubblica, organizzata.
Michel Foucault La grande reclusione
d Ospizio della Salpêtrière La giornata dei reclusi
Bronislaw Geremek La mendicità a Roma
Alle origini della nuova scienza L’espressione «rivoluzione scientifica», intesa come descrizione del complesso di mutamenti che coinvolgono l’astronomia e le indagini sulla natura a partire dalla metà del ’500, viene introdotta nella seconda metà del ’900 dagli storici della scienza
per sottolineare una radicale rottura con il passato che, senza negare la complessità e gli elementi di continuità del passaggio, va al di là delle singole scoperte per definire un modello alternativo di razionalità e un’immagine nuova di scienziato.
I brani che presentiamo affrontano alcuni momenti nodali dell’affermarsi di questo complesso
cambiamento culturale: dal rapporto tra fede e ragione nella lettera di Galileo Galilei a Benedetto Castelli all’acuta analisi di Francesco Bacone sui pregiudizi che impediscono agli uomini
di raggiungere una conoscenza corretta, alla critica del sapere tradizionale di Cartesio, fino al posto tutto nuovo riservato all’uomo nel mondo, non più unico, descritto da Bernard de Bovier de
Fontenelle. Infine il testo dello storico della filosofia Paolo Rossi illustra il farsi strada, seppur faticoso, del nuovo atteggiamento verso la tecnica.
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Galileo Galilei I due piani distinti della scienza e della religione
Francesco Bacone Contro i pregiudizi
Cartesio L’istruzione ricevuta in collegio a La Flèche
Cartesio Critica della cultura del suo tempo
Cartesio L’esperienza della vita e il ritorno su se stesso
Bernard de Fontenelle La pluralità dei mondi spiegata alle dame
Paolo Rossi Tecnica e scienza
Il giusnaturalismo L’istanza razionalistica non investe soltanto l’indagine sulla natura, ma trova un fertile terreno di espressione nell’analisi del comportamento etico-politico. Il giusnaturalismo rappresenta proprio il tentativo di legittimare gli ordinamenti politici sulla base di argomentazioni puramente razionali. Accomunati da questa prospettiva i pensatori politici del ’600
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divergono invece sulla valutazione dello stato di natura, sulle condizioni del contratto e sui rapporti tra Stato e cittadino.
Le pagine di Thomas Hobbes e di John Locke ci illustrano questa diversità di orientamenti su
specifiche questioni, ma indicano allo stesso tempo, come obiettivi polemici comuni, la sovranità
per diritto divino e il tradizionale modello aristotelico. Nelle pagine del filosofo Norberto Bobbio troviamo invece illustrato il complesso rapporto tra nascente società borghese e giusnaturalismo. È ancora l’appello alla ragione ad alimentare, in un periodo nel quale l’Europa è sconvolta
dalle guerre di religione, la riflessione sulla tolleranza e sulla libertà di pensiero che troviamo nelle parole del filosofo Baruch Spinoza.
d Thomas Hobbes L’origine dello Stato
d John Locke La proprietà è un diritto naturale
Norberto Bobbio Giusnaturalismo e società borghese
d Baruch Spinoza La tolleranza
La Francia di Luigi XIV Il percorso è interamente dedicato alla Francia assolutista di Luigi
XIV.
Uno degli elementi portanti dell’assolutismo fu l’opera di disciplinamento sociale e lo stesso
Luigi XIV, descrivendo nei Mémoires gli anni del suo regno, li racconta come un grande processo di riorganizzazione nazionale. Una rigida etichetta regolava la vita del sovrano e della Corte tutta, secondo la ricostruzione del sociologo Norbert Elias; anche il sistema mercantilistico,
la cui descrizione è affidata al ministro Jean-Baptiste Colbert, può essere considerato una forma di regolamentazione della vita economica. Sul piano istituzionale, la realtà francese nei
secoli XVII e XVIII presenta residui di autonomie di origine feudale, che resistono al progetto
centralizzatore della monarchia assoluta, come leggiamo nella Relazione all’intendente di
Ormesson, mentre, come sottolinea lo storico Pierre Goubert, il privilegio rimane il cemento
che faceva dei nobili francesi «antichi» e «moderni» un solo ceto.
d Luigi XIV «Mémoires»
Norbert Elias La società di corte
d Jean-Baptiste Colbert Memoria sulle finanze
d Signore di Camière Relazione all’intendente di Ormesson
Pierre Goubert La nobiltà: una definizione
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Il modello inglese Questo percorso è dedicato alla Gran Bretagna, modello alternativo all’assolutismo francese.
Descritti la monarchia costituzionale inglese attraverso gli atti che la istituirono – il Bill of
Rights e l’Act of Settlement – e il pensiero filosofico che la fondò – quello di John Locke –, i
testi che presentiamo affrontano alcune questioni centrali nella storiografia che riguarda l’Inghilterra del XVIII secolo. Guardando la storia «dall’alto» dei ceti proprietari, Lewis Namier
definisce il governo inglese come un governo territoriale che rappresenta solo i «fili d’erba» che
crescono sul suolo inglese e chiunque ne goda in qualche maniera (anche solo calpestandoli).
Sull’altro fronte Edward P. Thompson, guardando «dal basso» la società inglese di allora con
gli occhi dello storico-antropologo, riporta alla luce un mondo che risultava sommerso: quello
dei lavoratori e della loro cultura politica. Tra le forme più tipiche di questa, Thompson individua la contestazione anonima, nella repressione della quale, con il Black Act sulla caccia e i
diritti di proprietà, il patriziato dei whigs e dei tories si ritrova compatto.
d Parlamento inglese Il «Bill of Rights»
d Parlamento inglese L’«Act of Settlement»
d John Locke Il diritto di resistenza
Lewis Namier La terra come fondamento del diritto di cittadinanza
Edward P. Thompson Società patrizia, cultura plebea
d Parlamento inglese Caccia e diritti di proprietà
Cultura e politica dell’Illuminismo Il processo di fondazione della mentalità moderna trova
il suo momento culminante nell’Illuminismo, che amplia gli orizzonti dell’indagine razionale
investendo con la sua critica ogni ambito della realtà, dalla religione al diritto fino alla stessa
ragione, chiamata a dar conto dei suoi fondamenti.
Nei testi di Voltaire, David Hume e Cesare Beccaria troviamo dibattuti questi temi e proposte categorie di analisi ispirate a criteri come l’utilità sociale o la felicità pubblica.
La spiccata valenza critica che viene attribuita alla ragione assume un senso solo se la si inquadra nella tensione progettuale, nel costante rapporto tra teoria e prassi, che percorre tutto il pensiero illuminista e che si esprime con particolare evidenza nella riflessione politica, che sembra
oscillare costantemente – come ci illustra lo storico Franco Venturi – tra utopia e riforma, tra
disegni di trasformazione radicale e necessità di azione concreta, tra la straordinaria ampiezza
degli spazi aperti dalla ragione e l’esigenza di iniziare immediatamente a percorrerli. A comprendere almeno in parte questo variegato panorama ci sono di aiuto le pagine di Jean-Jacques
Rousseau e di Denis Diderot.
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Nel perseguire i loro scopi, e in modo coerente con le loro premesse, gli illuministi si rivolgono – contribuendo a formarlo – a un pubblico nuovo di lettori. La nascita e i caratteri di questa «Repubblica delle Lettere» sono descritti nelle pagine dello storico Robert Darnton attraverso l’analisi di uno schedario di polizia. Gli scrittori illuministi innovano fortemente le forme
tradizionali dell’espressione filosofica e ne inventano di originali, come il racconto filosofico
che, con il suo frequente uso della provocazione del paradosso, si rivela particolarmente adatto
a un approccio asistematico e antidogmatico. In Micromegas Voltaire fa un uso brillante di questo agile strumento narrativo per mettere in rilievo le assurdità della società europea: nell’eleggere a protagonista del romanzo un abitante di Sirio, propone anche il tema del rovesciamento
e del relativismo culturale, che si ritrova in Montesquieu e che esprime il nascere di un’attenzione nuova nei confronti della diversità, di una umanità differenziata la cui varietà si offre allo
sguardo della ragione. Il terreno comune della ragione permette dunque l’affacciarsi in questo
secolo della prospettiva antropologica ed etnologica, che trova un primo momento di formalizzazione istituzionale con la fondazione della «Società degli osservatori dell’uomo» e che si può
avvalere dei crescenti contatti e quindi del confronto con le popolazioni extraeuropee. Il «selvaggio» diviene un elemento costante del pensiero illuminista, da un lato come luogo di discussione filosofica, dall’altro come esplorazione di nuovi territori, definizione di nuovi ambiti disciplinari, come si evidenzia nelle pagine di Guillaume-Thomas Raynal.
Il ’700 non fu soltanto un secolo di idee ma anche un’età di riforme e in particolare l’età dei
«sovrani illuminati». Alla utilizzazione della categoria «dispotismo illuminato» e alle contraddizioni interne a questa vicenda storica è dedicato il saggio dello storico Luciano Guerci.
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Voltaire «Dio»
Voltaire «Teista»
David Hume La superiorità del politeismo
Cesare Beccaria Dolcezza delle pene
Cesare Beccaria Della pena di morte
Cesare Beccaria Come si prevengano i delitti
Franco Venturi Utopia e riforma
Jean-Jacques Rousseau Del patto sociale
Jean-Jacques Rousseau La sovranità è inalienabile
Jean-Jacques Rousseau Del governo in generale
Denis Diderot Agli insorti americani
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Robert Darnton Un poliziotto scheda la «Repubblica delle Lettere»
d Voltaire Un gigante visita la Terra
d Montesquieu Luigi XIV visto dal persiano Rica
d Guillaume-Thomas Raynal Il «selvaggio»
Luciano Guerci Il «dispotismo illuminato»
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UNITÀ2 L’EUROPA
E IL MONDO
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Oltre l’Europa In questo percorso analizziamo le relazioni tra l’Europa e il resto del mondo,
caratterizzate all’inizio non solo dall’espansione commerciale ma anche dall’opera missionaria
che, con i gesuiti, raggiunge vertici insuperati di innovazione e di capacità di adattamento.
È il caso dell’affascinante e controverso esperimento degli «Stati missionari» fondati dai gesuiti in Paraguay, contestato dal ministro portoghese Pombal. Ma si veda anche la prudenza del
gesuita Matteo Ricci nel suo apostolato in Cina e come il rifiuto dei cinesi ad accogliere la
«misurazione del tempo», descritto da David S. Landes, riveli un’invalicabile diversità nelle
strutture sociali e nella mentalità.
La Gran Bretagna nel secolo XVIII deteneva il predominio del commercio marittimo internazionale. Gestiva il monopolio del traffico degli schiavi verso le Americhe, descritto in un brano di John Cary, contemporaneo di quegli eventi e, per mezzo della Compagnia delle Indie
Orientali, esercitava sul subcontinente indiano un controllo che, nel tardo XVIII secolo, divenne non solo commerciale ma anche politico. I funzionari della Compagnia divennero anche
strumenti di una penetrazione inversa: tornando in patria, infatti, essi importarono oggetti e abitudini che si diffusero rapidamente in tutta l’Europa, come racconta Giorgio Borsa.
d Sebastião di Pombal Pombal contro gli «Stati missionari» dei gesuiti nel Paraguay
d Matteo Ricci I gesuiti in Cina
David S. Landes I cinesi e l’orologio
d John Cary Il commercio degli schiavi neri
Giorgio Borsa I «nabobs» all’assalto dell’Inghilterra puritana
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UNITÀ3 L’ETÀ
DELLE RIVOLUZIONI
Percorsi tematici
La rivoluzione americana Aprono questo percorso le pagine dello storico Guido Abbattista,
che ricostruisce un profilo della società nordamericana alla vigilia della rivoluzione, evidenziandone similitudini e differenze rispetto alla società inglese.
Della nascita degli Stati Uniti d’America si presenta l’atto costitutivo, cioè il testo della Dichiarazione di indipendenza votato il 4 luglio del 1776 dal II Congresso continentale delle colonie
americane. Questo documento di poche pagine, redatto in larga parte da Thomas Jefferson,
diverrà un modello per tutte le costituzioni liberali e democratiche del ’700 e dell’800.
Seguono le pagine dello storico Perry Miller, che sottolineano le origini religiose della rivolta nelle colonie e il forte richiamo esercitato dal puritanesimo nella società americana.
Chiudono la sezione le Note sulla Virginia (1781) di Thomas Jefferson. In queste pagine il
futuro presidente degli Stati Uniti espone gli argomenti dell’ideologia ruralista che, all’indomani dell’indipendenza, caratterizzarono il programma del nascente partito democratico-repubblicano.
Guido Abbattista La società nordamericana alla vigilia della rivoluzione
d Thomas Jefferson La «Dichiarazione di indipendenza»
Perry Miller Le radici religiose della rivoluzione americana
d Thomas Jefferson I pregi della società rurale
Aspetti e interpretazioni della rivoluzione francese I brani dedicati alla rivoluzione
dell’89 in Francia sono presentati secondo un criterio cronologico, intrecciando ai problemi
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connessi al succedersi degli eventi le posizioni storiografiche che hanno dominato il vivace
dibattito nel XX secolo.
Per il periodo prerivoluzionario, le riflessioni di Roger Chartier sulla cultura e la società francesi rinnovano i termini del rapporto tra Illuminismo e rivoluzione, mentre i passi tratti dai
Cahiers de doléances chiariscono alcune delle cause politico-sociali del fenomeno rivoluzionario.
La Dichiarazione dei diritti del 1789, confrontata con quella del 1793, introduce alla fase
propriamente rivoluzionaria ed è preceduta dalle classiche pagine di George Lefebvre sulla
«grande paura» dell’89 e sui significati della rivolta contadina. George V. Taylor invece confuta, in base alle caratteristiche e alla distribuzione della ricchezza prodotta in Francia nel XVIII
secolo, l’interpretazione della rivoluzione francese secondo il modello marxista di «rivoluzione
borghese».
Michel Vovelle espone i risultati dei nuovi studi sulla mentalità rivoluzionaria in merito alla
sensibilità collettiva dei sanculotti parigini. Maximilien Robespierre indica nel criterio trascendente della Virtù il fondamento della democrazia, instaurata e conservata con sistemi terroristici.
Lo storico François Furet, spesso al centro di vivaci polemiche, propone un tentativo di composizione delle divergenze ideologiche sul significato da attribuire alla vicenda rivoluzionaria, qui
interpretata come prima esperienza politica di democrazia. Insistono sui significati simbolici e fortemente innovatori dell’azione politica rivoluzionaria le pagine della storica Lynn Hunt.
Infine i testi di Edmund Burke e di Madame de Staël fanno luce sugli albori della storiografia sulla rivoluzione francese: da prospettive divergenti entrambi propongono una lettura
degli avvenimenti rivoluzionari guidata dalla loro concezione della storia.
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Roger Chartier Le origini culturali della rivoluzione francese
Anonimo di Cahier degli abitanti di La Chaleur, Viel-Moulin e Geligny
Anonimo di Cahier della siniscalchia di Nîmes
George Lefebvre La paura dei briganti
Assemblea nazionale francese Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (1789)
Convenzione nazionale francese Dichiarazione dei diritti (1793)
George V. Taylor Una «rivoluzione borghese»?
Michel Vovelle Che cos’è un sanculotto?
Maximilien de Robespierre Virtù e democrazia
François Furet Complotto aristocratico e discorso sul potere
Lynn Hunt La politicizzazione della vita quotidiana
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d Edmund Burke «Riflessioni sulla rivoluzione in Francia»
d Madame de Staël Considerazioni sul Terrore
Il giacobinismo italiano Questo percorso è interamente dedicato al cosiddetto «triennio giacobino» (1796-99) in Italia.
Del pensiero politico giacobino in Italia costituiscono due esempi contrapposti gli scritti del
piacentino Melchiorre Gioia, riformista moderato del quale si ricordano le aspirazioni unitarie, e quelli del napoletano Vincenzio Russo, autore di un radicale progetto di democrazia popolare contadina, organizzata secondo un regime collettivistico.
Il Russo fu anche tra i repubblicani che a Napoli, nel 1799, vararono il progetto di legge sull’eversione della feudalità nel Regno. Il testo fu applicato solo dopo lunghe discussioni. Ma l’abolizione di privilegi e diritti feudali, l’unico provvedimento che avrebbe potuto avvicinare le
masse contadine e popolari alla causa repubblicana, arrivava troppo tardi. Anche a causa di ciò
la rivoluzione napoletana del 1799 rimase, secondo la celebre definizione di Vincenzo Cuoco,
una «rivoluzione passiva», destinata ad aver vita breve proprio per l’astrattezza dei princìpi che
professava.
Il percorso si chiude con le pagine di Renzo De Felice, che analizzano la forte connotazione religiosa dei fenomeni di panico popolare e l’ondata di miracoli verificatasi nello Stato pontificio tra il 1796 e il 1797.
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Melchiorre Gioia «Quale de’ governi liberi meglio convenga alla felicità d’Italia»
Vincenzio Russo «XIV. Libertà»
Vincenzio Russo «XV. Eguaglianza»
Vincenzio Russo «XVIII. Proprietà»
Governo provvisorio della Repubblica napoletana La legge feudale napoletana del 1799. Progetto
Governo provvisorio della Repubblica napoletana La legge feudale napoletana del 1799.
Redazione definitiva
d Vincenzo Cuoco Una «rivoluzione passiva»
Renzo De Felice «La Madonna apre gli occhi»
Il sistema napoleonico Gli anni della dominazione napoleonica sono l’argomento di questo
percorso.
In apertura alcune norme tratte dal Codice civile, esteso da Napoleone a tutti i paesi del suo
Impero e destinato, nei suoi princìpi, a sopravvivere quasi ovunque anche dopo il 1815. Seguo45
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no alcuni passi del decreto di istituzione della dignità imperiale (1804) e i testi dei proclami
di Napoleone al suo esercito prima e dopo la battaglia di Austerlitz (2 dicembre 1805).
Dopo il 1813, quando le prime sconfitte militari cominciarono a offuscare il mito di Napoleone invincibile stratega, si diffuse nel popolo, provato dalla crisi e dalle continue campagne di
guerra, una «leggenda nera» di Napoleone, astutamente alimentata dalle opposizioni politiche.
Le pagine dello storico Jean Tulard, ricche della documentazione dell’epoca, offrono un’efficace ricostruzione di quel clima.
Lo storico John Stuart Woolf, invece, sottolinea la centralità dell’ideologia civilizzatrice dell’élite francese, che si impegnò a esportare ovunque i suoi moderni criteri di razionalizzazione,
fornendo una giustificazione al progetto napoleonico di integrazione amministrativa dell’Europa.
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Consiglio di Stato francese Matrimonio e divorzio nel «Codice civile»
Senatoconsulto francese Napoleone imperatore
Napoleone I Bonaparte «Dal campo, 10 frimaio anno XIV»
Napoleone I Bonaparte «Austerlitz, 12 frimaio anno XIV»
Jean Tulard La «leggenda nera» di Napoleone
John S. Woolf Le contraddizioni dell’integrazione
La prima rivoluzione industriale Questo percorso integra il FARE STORIA Rivoluzione
industriale e nascita della classe operaia.
La storia dell’uso e dei significati dell’espressione «rivoluzione industriale» è intrecciata alle
differenti interpretazioni delle vicende economiche, sociali e culturali dell’Inghilterra fra ’700
e ’800: ad alcuni di questi passaggi semantici sono dedicate le pagine dello storico francese Claude Fohlen.
Una storica inglese dell’economia, Pat Hudson, esamina la misura del cambiamento e indica i limiti di un approccio puramente quantitativo all’analisi della rivoluzione industriale. L’ungherese Karl Polanyi legge in chiave antropologica il conflitto tra la società e le sue strutture tradizionali, da un lato, e l’elemento disgregatore del libero mercato, dall’altro. La radicalità e la
complessità delle trasformazioni economiche e sociali innescate dal nuovo sistema produttivo
furono avvertite anche dai contemporanei, che reagirono assumendo posizioni assai diversificate di consenso o di rifiuto, come testimoniano Jeremy Bentham e Thomas Carlyle.
Claude Fohlen Itinerario di un’espressione: «rivoluzione industriale»
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Pat Hudson Crescita economica e rivoluzione industriale
Karl Polanyi L’economia innaturale
d Jeremy Bentham Il criterio dell’utile e il buongoverno
d Thomas Carlyle Critica della civiltà delle macchine
La formazione del proletariato Questo percorso integra il FARE STORIA Rivoluzione industriale e nascita della classe operaia.
La rivoluzione industriale significò anche nascita della classe operaia: un resoconto diretto e
di grande immediatezza della vita quotidiana di un operaio ci viene fornito dalle pagine redatte
da un anonimo filatore all’inizio del XIX secolo.
d Anonimo di Imprenditori tessili e sfruttamento operaio
Industrializzazione: diffusione e modelli La diffusione del nuovo sistema industriale nell’Europa continentale e le diverse strade seguite dai singoli paesi europei sono al centro di questo percorso.
Le pagine di Walt W. Rostow ci presentano un modello teorico generale dello sviluppo economico, mentre Valerio Castronovo e David S. Landes si soffermano sulle differenze tra la rivoluzione industriale inglese e quelle che l’hanno seguita. A conclusione abbiamo posto la descrizione di un esempio di precoce capitalismo industriale, quello bolognese: secondo Alberto
Guenzi e Carlo Poni a Bologna, a partire dal XVI secolo, grazie all’introduzione del mulino da
seta, si realizza la prima forma di sistema di fabbrica. L’analogia tra questa esperienza produttiva e il modello industriale affermatosi nell’Inghilterra della seconda metà del ’700 può apparire sorprendente e provocatoria, ma ci sollecita a guardare al fenomeno dell’industrializzazione
con un’ottica non tradizionale, in grado di sfuggire a una visione troppo lineare e progressista
del processo storico.
Walt W. Rostow Le fasi dello sviluppo economico
Valerio Castronovo Le rivoluzioni industriali
David S. Landes Inghilterra ed Europa di fronte all’industrializzazione
Alberto Guenzi - Carlo Poni Un caso di industrializzazione precoce?
Scienza, tecnologia e organizzazione del lavoro L’innovazione tecnologica risulta decisiva nella creazione del sistema industriale e un ruolo fondamentale assumono quelle figure di
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inventori e imprenditori che riuscirono a integrare le nuove macchine all’interno dei processi
produttivi.
A un industriale-inventore, Richard Arkwright, è dedicato il ritratto tracciato da un contemporaneo, Edward Baines, mentre la nascita di un nuovo sistema di organizzazione del lavoro,
basato sulla divisione dei compiti e la scomposizione delle professionalità, è descritta nelle pagine di uno dei più autorevoli testimoni delle prime fasi della rivoluzione industriale, l’economista Adam Smith. Infine la studiosa Margaret C. Jacob descrive i molteplici fili che legano il
diffondersi della cultura scientifica alle innovazioni tecniche, nella convinzione che esista uno
stretto rapporto tra queste ultime e la rivoluzione scientifica affermatasi nel secolo precedente.
d Edward Baines Un industriale-inventore
d Adam Smith La divisione del lavoro
Margaret C. Jacob Rivoluzione scientifica e nascita dell’industria
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UNITÀ4 NAZIONE
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Nazioni e nazionalismi Questo percorso si apre con le pagine di due storici, René Rémond
e Rosario Romeo, che illustrano le origini dell’idea di nazione e il suo articolarsi in due diverse concezioni: quella tradizionalista e tendenzialmente esclusivista – qui illustrata dal filosofo
tedesco Johann G. Fichte – e quella democratica, di cui sono esempio un testo di Giuseppe
Mazzini e uno assai più tardo di Ernest Renan.
Un diverso punto di vista è quello adottato da uno storico contemporaneo, Ernst Gellner, che
insiste sul carattere «artificiale» della nazione in quanto prodotto dell’azione consapevole degli
intellettuali e dei poteri statali.
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René Rémond Le due fonti del movimento di nazionalità
Rosario Romeo Idea e coscienza di nazione
Johann G. Fichte «Quarto discorso alla nazione tedesca»
Johann G. Fichte «Ottavo discorso alla nazione tedesca»
Giuseppe Mazzini Sulla nazionalità
Ernst Renan «Che cos’è una nazione?»
Ernst Gellner Nazioni e nazionalismo
Il liberalismo Questo percorso si apre col brano di uno studioso contemporaneo, John Gray,
che esamina le origini del liberalismo e le sue molteplici componenti culturali.
Seguono tre testi che illustrano alcuni caratteri fondamentali di questa ideologia e che vertono tutti sul tema centrale della libertà dell’individuo: un celebre discorso di Benjamin Constant
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analizza la specificità della libertà moderna rispetto a quella degli antichi; il discorso dell’industriale Richard Cobden insiste su un’altra componente del liberalismo: il liberismo economico
e la fiducia nelle virtù del libero scambio; infine, le pagine di John Stuart Mill si soffermano
sul principio della difesa della sfera privata dalle ingerenze dello Stato e sui pericoli di «tirannia
della maggioranza».
John Gray Locke e le origini del liberalismo
d Benjamin Constant La libertà degli antichi e la libertà dei moderni
d Richard Cobden Difesa del libero scambio
d John S. Mill Elogio della libertà
La democrazia Questo percorso è introdotto da un brano del filosofo politico Norberto Bobbio, che illustra i caratteri fondamentali della democrazia moderna, soprattutto per quanto attiene ai rapporti col liberalismo.
I testi che seguono – quello del cattolico democratico francese Félicité de Lamennais e quello di Giuseppe Mazzini – esprimono la sensibilità sociale e solidaristica del pensiero democratico e la sua critica all’individualismo liberale. Le pagine tratte da La democrazia in America di
Alexis de Tocqueville descrivono il processo di democratizzazione della società in riferimento
al caso concreto degli Stati Uniti. Infine il testo di una Petizione presentata al Parlamento britannico nel 1837 illustra quella che fu per tutto l’800 la principale rivendicazione dei democratici: il suffragio universale.
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Norberto Bobbio La democrazia moderna
Hugues-Félicité-Robert de Lamennais Schiavitù economica e lotta politica
Giuseppe Mazzini Una democrazia «religiosa»
Alexis de Tocqueville Introduzione a «La democrazia in America»
Alexis de Tocqueville «L’assetto sociale degli Anglo-americani»
Anonimo di Petizione presentata al raduno di Crown e Anchor
Socialismo e comunismo I testi che proponiamo illustrano le diverse componenti del pensiero socialista nella prima metà dell’Ottocento.
Nelle pagine di Robert Owen, artefice di diversi esperimenti di nuova organizzazione del lavoro e di associazionismo cooperativo, troviamo la denuncia dell’artificiosità dell’intermediazione
commerciale e la proposta della sua abolizione. I due testi successivi ci propongono due diver50
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si e opposti atteggiamenti di fronte all’organizzazione industriale: quello di Charles Fourier illustra l’utopia di piccole organizzazioni produttive strutturate in maniera completamente diversa
dall’industria capitalistica, mentre Claude-Henry de Saint-Simon vede proprio nell’organizzazione scientifica dell’industria il modello di organizzazione dell’intera società. Poi incontriamo
i due aspetti principali del pensiero libertario e federalista di Pierre-Joseph Proudhon: la critica del concetto di proprietà e la polemica contro lo Stato accentrato. Infine, il socialismo marxista è presentato attraverso due brani tratti dal Manifesto del Partito comunista di Karl Marx e
Friedrich Engels, il primo sulla formazione e lo sviluppo della classe proletaria, il secondo sulla società senza classi, che costituisce lo sbocco finale della rivoluzione socialista.
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Robert Owen L’abolizione del commercio
Charles Fourier La società armonica
Claude-Henry de Saint-Simon L’organizzazione scientifica della società
Pierre-Joseph Proudhon L’impossibilità della proprietà
Pierre-Joseph Proudhon Il sistema federativo
Karl Marx - Friedrich Engels Lotta di classe e proletariato industriale
Karl Marx - Friedrich Engels La società senza classi
La Restaurazione e i suoi nemici Questo percorso si apre con due testi classici della polemica antirivoluzionaria e antilluministica: il primo di Karl Ludwing von Haller, che contesta i
fondamenti giuridici dell’esperienza rivoluzionaria; il secondo di Joseph de Maistre, che porta
la polemica alle sue estreme conseguenze sul piano filosofico e religioso.
Una posizione molto diversa – anche se animata da un analogo sentimento antirivoluzionario – è quella del cancelliere austriaco Klemens W.L. Metternich, artefice principale dell’equilibrio europeo nell’età della Restaurazione. La concezione politica di Metternich è ben riassunta nelle pagine del suo «testamento politico»; ed emerge anche dalla ricostruzione che
Henry Kissinger fa della nascita della Santa alleanza.
L’altra faccia dell’età della Restaurazione – il mondo delle società segrete rivoluzionarie – è
illustrato attraverso due testi: quello di Filippo Buonarroti, figura centrale del mondo settario
del primo ’800, che ricostruisce la «Cospirazione per l’eguaglianza» di Babeuf, modello originario di organizzazione rivoluzionaria segreta; e quello di uno storico di oggi, James Billington,
che descrive le origini culturali della «fede rivoluzionaria» e alcuni dei modelli organizzativi
attraverso cui si manifestò.
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d Karl L. von Haller Il fallimento della rivoluzione
d Joseph de Maistre L’infallibilità del papa e il potere del re
d Klemens W.L. Metternich Il testamento politico
Henry Kissinger La Santa alleanza
d Filippo Buonarroti Babeuf e la «Cospirazione per l’eguaglianza»
James H. Billington Le società segrete
Il 1848 in Francia e in Italia I brani del percorso trattano aspetti diversi delle rivoluzioni del
1848, con particolare riguardo alla Francia – che del moto rivoluzionario fu il centro e il principale punto di riferimento – e all’Italia, che in coincidenza con quegli eventi vide definirsi e
contrapporsi le due principali componenti del movimento risorgimentale: quella liberal-moderata e quella democratico-repubblicana.
Apriamo con le pagine di uno storico della società francese, Maurice Agulhon, che delinea
le premesse sociali e culturali della rivoluzione, mentre l’atmosfera delle giornate di febbraio a
Parigi è rievocata da un grande romanziere, che fu anche testimone dei fatti, Gustave Flaubert.
Un costituzionalista, Maurice Duverger analizza, da un punto di vista istituzionale, le tappe
che segnarono il passaggio dalla repubblica al Secondo Impero bonapartista. Per quanto riguarda l’Italia, le due opzioni politiche emerse nel biennio 1848-49 sono esemplificate dai testi di
due costituzioni nate in questo periodo: lo Statuto albertino e la Costituzione della Repubblica romana.
Maurice Agulhon Le premesse sociali del ’48
d Gustave Flaubert Parigi rivoluzionaria
Maurice Duverger Dalla Seconda Repubblica al Secondo Impero
d Carlo Alberto di Savoia Lo «Statuto albertino»
d Anonimo di La Costituzione della Repubblica romana
L’eroe romantico Questo percorso è dedicato a un tema più circoscritto, ma importante per
definire l’atmosfera culturale dell’Europa della prima metà del XIX secolo: l’«eroe romantico»,
protagonista della letteratura, ma spesso anche della vita reale delle classi colte, presentato attraverso quattro celebri incarnazioni che ne illustrano i caratteri di fondo e l’evoluzione nel tempo: dagli slanci sentimentali del modello originario, il Werther di Johann Wolfgang Goethe,
alle pose eroiche dei protagonisti del Romanticismo trionfante – il René di François-René de
Chateaubriand e l’Aroldo di George Gordon Byron – fino agli atteggiamenti scettici e disillusi dei «figli del secolo» descritti da Alfred de Musset.
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GUIDA ALLA STORIA
Johann W. Goethe «16 giugno»
Johann W. Goethe «30 agosto»
Johann W. Goethe «[21 dicembre]»
François-René de Chateaubriand Le inquietudini di René
George G. Byron La partenza di Aroldo (testo in lingua)
George G. Byron La partenza di Aroldo (testo in traduzione)
George G. Byron L’Italia (testo in lingua)
George G. Byron L’Italia (testo in traduzione)
George G. Byron La Grecia (testo in lingua)
George G. Byron La Grecia (testo in traduzione)
Alfred de Musset Le confessioni di un figlio del secolo
Le correnti politiche del Risorgimento Questo percorso integra il FARE STORIA Letture
del Risorgimento.
Presentiamo le principali correnti politiche che si confrontarono nella prima metà del secolo, proponendo diverse vie per il riscatto nazionale italiano. Le maggiori scuole di pensiero del
Risorgimento sono qui mostrate attraverso gli scritti dei loro esponenti più rappresentativi. Giuseppe Mazzini propone la via dell’agitazione e dell’insurrezione come unica valida per il raggiungimento dell’unità e per l’educazione delle masse. Massimo D’Azeglio sostiene, al contrario, l’utilità del metodo graduale e dei miglioramenti «pratici e ragionevoli». Vincenzo Gioberti
afferma la necessità di far leva sulle istituzioni tradizionali, monarchia e papato, mentre Carlo
Cattaneo sogna una federazione democratica fra gli Stati italiani, come tappa intermedia per la
realizzazione degli Stati Uniti d’Europa. Il percorso si chiude con un brano dello storico Giorgio Candeloro, che spiega come, accanto alle spinte ideologiche, anche i movimenti economici abbiano contribuito alla crescita del movimento nazionale.
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Giuseppe Mazzini La necessità dell’insurrezione
Massimo D’Azeglio Il programma dei moderati
Vincenzo Gioberti Monarchia e papato nel Risorgimento italiano
Carlo Cattaneo La soluzione federale
Giorgio Candeloro Borghesia e mercato nazionale
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UNITÀ5 BORGHESIA,
PROLETARIATO,
GRANDE INDUSTRIA
Percorsi tematici
Definizioni della borghesia La problematicità insita nell’uso di termini quali «borghese» e
«borghesia» è al centro di questo percorso.
Definizioni della borghesia nettamente contrastanti emergono dalle pagine di Karl Marx e
Friedrich Engels – che ne sottolineano gli aspetti rivoluzionari e l’azione eversiva nei confronti del vecchio mondo – e di Joseph Alois Schumpeter – che vede nel borghese soprattutto il portatore di valori di libertà, razionalità e tolleranza. Il volto ambiguo della borghesia è evidenziato invece dal sociologo Werner Sombart, che parla di una «intrinseca e naturale doppiezza del
borghese». Per quanto riguarda l’uso del concetto di «borghesia», il filosofo Benedetto Croce
nega che esso abbia una validità scientifica e filosofica.
d Karl Marx - Friedrich Engels La borghesia come classe rivoluzionaria
Werner Sombart La doppiezza della natura borghese
Joseph A. Schumpeter Il borghese antieroe
d Benedetto Croce Un equivoco concetto storico
La cultura del positivismo Per molti decenni la cultura positivista fornì il principale fondamento alla mentalità e all’ideologia della borghesia europea.
Le teorie filosofiche di Auguste Comte e di Herbert Spencer, e più ancora quelle di Charles
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GUIDA ALLA STORIA
Darwin sull’origine delle specie, travalicarono i rispettivi ambiti disciplinari, influenzando ogni
campo del sapere e finendo col diventare senso comune di un’intera epoca, oltre che di una classe sociale. In Italia la stagione del positivismo è senz’altro legata al nome di Cesare Lombroso
che, con i suoi studi sulle caratteristiche del delinquente, improntò al metodo sperimentale l’antropologia e la psichiatria.
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Auguste Comte Lo spirito positivo
Charles R. Darwin L’uomo come specie
Herbert Spencer L’evoluzionismo sociale
Cesare Lombroso L’uomo delinquente
Etica e stili di vita Aspetti fondamentali della cultura e della società borghese possono essere
colti efficacemente sia attraverso le analisi degli storici, sia attraverso la rappresentazione (o autorappresentazione) che di questa società possiamo ricavare dai romanzi (non a caso si è parlato
di «romanzo borghese» in riferimento alla grande tradizione narrativa dell’800 e del primo ’900).
Lo storico Eric J. Hobsbawm offre un quadro articolato di costumi, abitudini, ambienti, stili
di vita propri della società borghese ed evidenzia il rapporto tra etica del lavoro e moralismo in
materia sessuale, sottolineando l’angustia del ruolo riservato alla donna in questo contesto. Un
brano di Honoré de Balzac offre un quadro fortemente critico, precocemente disincantato e
pessimistico della società borghese e dei suoi valori, mostrandone la faccia cinica e amorale attraverso la rappresentazione delle sue passioni sfrenate, dell’arrivismo e dell’avidità di denaro.
Samuel Smiles esalta invece le illimitate possibilità di ascesa sociale offerte a suo dire dalla
società borghese a chiunque ne rispetti i valori di fondo. Lo storico francese Jean Bouvier descrive poi i banchieri Rothschild che, nell’Europa dell’epoca, diventarono ben presto il simbolo di
una nuova ricchezza aggressiva e senza scrupoli fondata sul denaro, una ricchezza molto diversa da quella tradizionalmente fondata sui proventi delle proprietà fondiarie.
L’analisi del ruolo della famiglia all’interno del mondo borghese è affrontata da Thomas
Mann, che evidenzia lo stretto legame esistente fra l’istituto matrimoniale e le strategie imprenditoriali, mentre nelle pagine della scrittrice Regina di Luanto il matrimonio e la condizione
femminile sono visti attraverso la percezione drammatica e claustrofobica che ne ha la protagonista. Nelle pagine di Andrea Angiulli è possibile valutare il ruolo della filosofia positivista nel
definire i nuovi criteri pedagogici, nel momento in cui l’istruzione diveniva un problema di crescente importanza. Chiudono il percorso due brani dedicati al ruolo dell’arte e della produzione artistica nella realtà borghese; il primo, dello storico Thomas Nipperdey, si sofferma sul rap55
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porto tra arte, produzione artistica e società, mentre il secondo, di John Rosselli, descrive l’ambiente del teatro d’opera.
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Eric J. Hobsbawm L’etica del borghese
Honoré de Balzac Le ambizioni di Eugène
Samuel Smiles Una ideologia borghese: il «self help»
Jean Bouvier Ricco come un Rothschild
Thomas Mann Il matrimonio di Tony Buddenbrook
Regina di Luanto La vita coniugale di una giovane borghese
Andrea Angiulli L’educazione della donna
Thomas Nipperdey Arte e vita
John Rosselli Il teatro d’opera
La città Le nuove dimensioni che la città assume e la molteplicità delle funzioni che essa ospita pongono nuovi problemi di organizzazione del tessuto urbano. Le esigenze di pianificazione
che ne derivano tendono a entrare in contrasto con la dominante concezione liberista, dando
luogo a soluzioni diverse e spesso contraddittorie.
Lewis Mumford, urbanista e sociologo, descrive la crescita disordinata delle periferie operaie
sorte con l’industrializzazione. Marshall Berman, studioso della mentalità e della cultura,
descrive la Parigi rigidamente pianificata di Haussmann, mentre una Londra multicentrica, in
equilibrio fra poteri istituzionali e forze sociali, emerge dalle pagine dell’architetto Steen Eiler
Rasmussen. Due brani sono poi dedicati ad altrettanti luoghi tipici della nuova realtà urbana: la
stazione, che troviamo nelle pagine di Wolfgang Schivelbusch, e il grande magazzino, il cui
affermarsi viene descritto dallo storico Heinz-Gerhard Haupt. Chiude il percorso il testo del
sociologo Richard Sennett che esamina le trasformazioni del tessuto urbano alla luce dei nuovi rapporti tra sfera privata e sfera pubblica tipici della società contemporanea.
Lewis Mumford Casa e condizioni di vita nei centri industriali
Marshall Berman I «boulevards» e la nuova immagine della città
Steen E. Rasmussen Londra: una città in movimento
Wolfgang Schivelbusch La stazione: una nuova architettura urbana
Heinz-Gerhard Haupt Negozi e grandi magazzini
Richard Sennett Vita pubblica e società borghese
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Scienza, tecnologia e organizzazione del lavoro Un forte legame tra scienza e tecnologia caratterizzò la «seconda rivoluzione industriale», quando la scienza intervenne direttamente nello
sviluppo delle produzioni che segnarono il passaggio alla nuova epoca (chimica, elettricità, metallurgia).
Proprio quest’aspetto, insieme con i profondi mutamenti nell’organizzazione produttiva, sono
richiamati da Joel Mokyr, mentre allo sviluppo dell’industria dell’acciaio sono dedicate le pagine di David S. Landes.
Sul piano dell’organizzazione industriale avanza un processo di razionalizzazione che dagli
Stati Uniti si diffonde nei primi decenni del ’900 in tutto l’Occidente. Tale passaggio è qui
descritto da due protagonisti quali il teorico dell’«organizzazione scientifica del lavoro», Frederick W. Taylor, e l’inventore della catena di montaggio e della produzione di automobili in
grande serie, Henry Ford.
Anche il lavoro negli uffici, appannaggio dei ceti medi, era sottoposto nel medesimo periodo
a un processo di razionalizzazione che viene descritto nell’ultimo brano, di Charles Wright
Mills.
Joel Mokyr La seconda rivoluzione industriale
David S. Landes L’età dell’acciaio
d Frederick W. Taylor L’organizzazione scientifica del lavoro
d Henry Ford Catena di montaggio e disciplina sociale
Charles Wright Mills Il nuovo ufficio
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UNITÀ6 NAZIONI E IMPERI
Percorsi tematici
L’unificazione italiana Questo percorso integra il FARE STORIA Letture del Risorgimento.
I testi che presentiamo riguardano il cosiddetto «decennio di preparazione», ossia il periodo
compreso tra il fallimento delle rivoluzioni del ’48-49 e il compimento dell’unità. Nel primo
brano lo storico Franco Della Peruta descrive la ripresa dell’iniziativa mazziniana e, pur sottolineandone i limiti, la mette in relazione con l’estendersi dell’opposizione all’assolutismo. La
via «piemontese» e moderata alla soluzione della questione nazionale è illustrata da due discorsi di Camillo Benso di Cavour: nel primo, dedicato alle questioni economiche e sociali, emerge l’ispirazione moderna e pragmatica del liberalismo cavouriano; nel secondo, tenuto all’indomani del congresso di Parigi, è delineata la strategia internazionale che avrebbe consentito al
Regno di Sardegna di porsi alla guida del processo unitario. Il testo di Carlo Pisacane esprime
invece il tentativo di proporre un’alternativa rivoluzionaria, fondendo questione nazionale e
questione sociale, mentre, nel brano successivo, lo storico Giorgio Candeloro spiega quali fossero in concreto le possibilità di un’insurrezione nel Mezzogiorno. Un altro storico, Romano
Paolo Coppini, analizza il complesso intreccio di fattori che consentirono il difficile incontro
tra l’iniziativa «dall’alto» di Cavour e della monarchia sabauda e quella «dal basso» di Garibaldi. L’epopea garibaldina è infine esaminata nella celebre rievocazione autobiografica di Giuseppe Cesare Abba.
Il Risorgimento italiano, tuttavia, coinvolse una minoranza della popolazione, formata principalmente da gruppi di nobili e di borghesi impegnati nell’industria, nel commercio, nelle professioni liberali, insieme con fasce ristrette di studenti, artigiani, operai. La grande maggioranza
rimase indifferente oppure nutrì nei confronti della causa nazionale sentimenti di ostilità. Alcuni esponenti dell’aristocrazia e del clero, nelle varie parti della penisola, si fecero interpreti di
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questa ostilità, attraverso una intensa attività pubblicistica. L’opposizione al Risorgimento, tuttavia, non assunse mai un valore di concreta proposta politica alternativa, ma piuttosto si caratterizzò per il rimpianto del passato, la difesa della tradizione, l’incapacità di analizzare i motivi
di crisi dell’antico regime. Così il conte Clemente Solaro della Margherita nega, a differenza
di quanto vorrebbero far credere i patrioti, che nella storia italiana sia presente l’aspirazione
all’indipendenza; il sacerdote Giacomo Margotti indica l’unione religiosa sotto la guida del
papato come la forma più elevata di associazione tra gli italiani; il magistrato Pietro Calà-Ulloa,
scrivendo nel 1861, attribuisce il crollo del Regno borbonico alle trame segrete del Piemonte e
alla sua volontà di espansione.
Infine ai princìpi fondativi dello Stato unitario, delineati particolarmente dalla politica di
Cavour, è dedicato il brano del grande storico liberale Rosario Romeo.
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Franco Della Peruta Il mazzinianesimo dopo il 1848
Camillo Benso di Cavour Contro il protezionismo e il socialismo
Camillo Benso di Cavour La questione italiana e l’Europa
Carlo Pisacane Nazionalità e libertà
Giorgio Candeloro Il Mezzogiorno e la Sicilia alla vigilia dell’unità
Romano P. Coppini Cavour e l’impresa dei Mille
Giuseppe C. Abba La battaglia di Calatafimi
Clemente Solaro della Margarita Gli italiani non si vogliono unire
Giacomo Margotti Il cattolicesimo, speranza d’Italia
Pietro Calà-Ulloa In difesa dei Borboni
Rosario Romeo I valori dello Stato unitario
Il sistema delle alleanze Il percorso offre un quadro dei sistemi di alleanza e degli equilibri
internazionali nell’Europa della seconda metà dell’800.
Un brano dello storico Alan John Percival Taylor descrive le logiche e i meccanismi che regolavano i rapporti tra i maggiori protagonisti della politica internazionale (le «grandi potenze»):
protagonisti che rimasero sempre gli stessi lungo il corso del secolo, fino all’emergere delle nuove potenze extraeuropee. Seguono tre documenti: una testimonianza di Otto von Bismarck relativa al famoso episodio del «telegramma di Ems», il testo della Triplice Alleanza, uno dei trattati internazionali tipici dell’Europa delle grandi potenze, e il testo della Convenzione militare
franco-russa. Infine lo storico Paul Kennedy descrive l’ascesa, soprattutto economica, della Ger59
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mania imperiale e spiega perché tale ascesa era sentita dalle potenze rivali come una oggettiva minaccia.
Alan J.P. Taylor L’Europa delle grandi potenze
d Otto von Bismarck Il telegramma di Ems
d Cancelleria di Stato La Triplice Alleanza
d Cancelleria di Stato La Convenzione militare franco-russa
Paul Kennedy L’ascesa della Germania
Politica e società Le scelte internazionali delle grandi potenze nella seconda metà dell’800
erano strettamente intrecciate ai problemi politici e sociali che ciascuno Stato doveva affrontare al suo interno.
Il percorso si apre con due brani relativi alla Francia: uno dei maggiori storici francesi,
François Furet, rilegge la tragedia della Comune come ultimo atto di una vicenda iniziata nel
1789; un altro storico, Michel Winock, descrive le caratteristiche della Terza Repubblica attraverso il ritratto di uno dei suoi artefici e protagonisti, Jules Ferry. Il brano di Edoardo Grendi ci
parla invece della Gran Bretagna e spiega come le trasformazioni economiche e culturali dell’ultimo ventennio del secolo avessero intaccato i fondamenti etici e le certezze della società vittoriana, che pure sembrava attraversare una fase di splendore. Gli ultimi due testi sono dedicati agli Stati Uniti.
Le pagine tratte da un classico studio di Frederick J. Turner, scritte alla fine dell’800, illustrano
l’importanza del mito della frontiera nello sviluppo della società nordamericana, mentre il sociologo statunitense Barrington Moore jr. vede nella guerra di secessione la tappa fondamentale di un
processo di modernizzazione.
François Furet La Comune, ultimo atto della rivoluzione
Edoardo Grendi Il tramonto della società vittoriana
Michel Winock La repubblica di Jules Ferry
Frederick J. Turner Il significato della frontiera nella storia americana
Barrington Moore jr. La guerra civile americana e lo sviluppo del capitalismo
Imperialismo e colonialismo Il percorso si apre con un brano dello storico contemporaneo
Giampiero Carocci, che inquadra il fenomeno dell’imperialismo alla luce delle diverse interpretazioni che ne sono state date e ne mette in luce soprattutto la notevole complessità; segue
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una pagina di Lenin, in cui è riassunta e codificata l’interpretazione economica dell’imperialismo secondo un’ottica marxista.
Per affrontare il tema del colonialismo – che dell’imperialismo fu la manifestazione più eclatante – proponiamo un brano dello storico Eric J. Hobsbawm che ne illustra le origini e lo sviluppo. Chiudiamo con alcuni significativi testi letterari: una poesia di Joseph Rudyard Kipling,
che celebra le imprese degli europei, considerati ambasciatori di civiltà in terre inospitali; un
brano tratto da Cuore di tenebra di Joseph Conrad, che descrive lo stupore dell’uomo bianco di
fronte alle popolazioni indigene; un testo di Mark Twain, che denuncia gli orrori della colonizzazione in Congo.
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Giampiero Carocci Una definizione dell’imperialismo
Vladimir I. Ulianov Lenin L’imperialismo stadio monopolistico del capitalismo
Eric J. Hobsbawm Una spiegazione del colonialismo
Joseph R. Kipling Il fardello dell’uomo bianco
Joseph Conrad L’«uomo preistorico»
Mark Twain La colonizzazione del Congo
Stato e società nell’Italia unita Argomento del percorso sono i problemi che la classe dirigente liberale dovette affrontare all’indomani dell’unità per rafforzare e legittimare le nuove istituzioni del Regno d’Italia.
Di questa classe dirigente, i primi tre brani descrivono orientamenti e scelte di fondo: il primo, dello storico Alberto Caracciolo, illustra i motivi che portarono gli uomini della Destra storica a optare per un modello accentrato di organizzazione dello Stato; il secondo, tratto da un
famoso lavoro di Federico Chabod, analizza l’atteggiamento dei liberali moderati di fronte alla
questione sociale; nel terzo, uno storico contemporaneo, Raffaele Romanelli, tratta in termini
originali il tema del distacco fra «paese reale» e «paese legale». Infine un altro storico, Giorgio
Candeloro, affronta il grande problema del brigantaggio, che come pochi altri condizionò le
scelte della classe politica. Gli ultimi due brani affrontano una tematica diversa, ma non meno
centrale, quella relativa alla faticosa costruzione di una cultura nazionale: il linguista Tullio De
Mauro illustra i limiti assai ristretti della conoscenza e dell’uso della lingua italiana all’indomani
dell’unità e descrive gli sforzi della classe dirigente per promuoverne la diffusione; infine il tentativo di dare agli italiani la coscienza e l’orgoglio delle bellezze della propria terra è esemplificato da un brano tratto dalla celebre opera Il Bel Paese, dell’abate Antonio Stoppani, pubblicata nel 1875.
Un problema che esplose nell’Italia liberale degli ultimi decenni dell’800 fu la questione
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meridionale: lo studioso e politico toscano Leopoldo Franchetti, in una celebre inchiesta sulla
Sicilia del 1877, analizza per la prima volta in modo sistematico origini e caratteri del fenomeno mafioso; mentre il lucano Giustino Fortunato, uno dei padri del meridionalismo, in un articolo pubblicato nel 1911 descrive le cause oggettive della povertà del Sud d’Italia, sfatando il
mito, assai diffuso fino a tutto l’800, di una naturale fertilità delle terre nel Mezzogiorno. A soffrire di gravissimi problemi strutturali era del resto l’intera agricoltura italiana, come emerge dalle pagine tratte dalla Relazione finale dell’inchiesta parlamentare diretta da Stefano Jacini. La
nascita lenta e difficile di un’industria moderna in Italia è quindi illustrata da due storici: Luciano Cafagna sottolinea le iniziali difficoltà del processo di industrializzazione, mentre Rosario
Romeo si sofferma sui fattori che, nonostante tutto, ne resero possibile l’avvio. Infine, nelle pagine di un grande storico, Gioacchino Volpe, viene affrontato in chiave esplicitamente nazionalista il fenomeno dell’emigrazione, anch’esso conseguenza e segno dell’arretratezza economica
del paese.
Negli anni della Sinistra al potere anche la politica italiana subì importanti trasformazioni e
vide emergere nuovi protagonisti. In un brano dal romanzo I Viceré, di Federico De Roberto,
sono descritte con grande efficacia le nuove dinamiche messe in moto dalla riforma elettorale
del 1882 e dal conseguente ingresso sulla scena di gruppi fin allora esclusi. Sappiamo peraltro
che la realtà politica dell’Italia di fine secolo, dominata a livello parlamentare dal fenomeno del
«trasformismo», suscitò la delusione e lo scontento della maggior parte degli intellettuali: una
reazione ben descritta nelle pagine dello storico della letteratura Alberto Asor Rosa. I tre documenti che seguono trattano invece della nascita dei nuovi movimenti politici e sociali estranei
e ostili alle istituzioni e alla classe dirigente liberale. Le prime forme di associazionismo di classe fra i manovali sono esemplificate dal programma della Lega di resistenza fra i lavoratori di
Milano; le ragioni della nascita del Partito socialista sono illustrate in un articolo di Filippo
Turati; infine un discorso di Giuseppe Sacchetti, esponente autorevole dell’Opera dei congressi, illustra i motivi ispiratori dell’opposizione allo Stato e dell’impegno organizzativo dei cattolici intransigenti.
Alberto Caracciolo La scelta accentratrice
Federico Chabod La classe dirigente di fronte alle masse popolari
Raffaele Romanelli Il progetto liberale
Giorgio Candeloro Le cause del brigantaggio
Tullio De Mauro Analfabetismo e istruzione elementare
d Antonio Stoppani «Il Bel Paese»
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GUIDA ALLA STORIA
d Leopoldo Franchetti La Sicilia nel 1876: clientele e mafia
d Giustino Fortunato Le due Italie
d Stefano Jacini Le prospettive dell’agricoltura italiana
Luciano Cafagna Un lento sviluppo industriale
Rosario Romeo L’industrializzazione «forzata»
Gioacchino Volpe L’emigrazione
d Federico De Roberto Una campagna elettorale
Alberto Asor Rosa La protesta degli intellettuali
d Anonimo di Programma della Lega di resistenza fra i lavoratori muratori di Milano
d Filippo Turati La fondazione del Partito socialista
d Giuseppe Sacchetti Il cattolicesimo intransigente
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VOLUME 3
Dal 1900 a oggi
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UNITÀ1 L’ALBA
DEL NOVECENTO
Percorsi tematici
La società di massa Il grande sviluppo urbanistico e le conseguenze sociali dei nuovi sistemi
lavorativi sono gli aspetti più appariscenti della società di massa.
Il percorso si apre con un brano di André Armengaud sullo sviluppo delle città europee nel
XIX secolo. I tre brani successivi sono tratti da opere che, in tempi diversi e da diverse prospettive, hanno cercato di definire il fenomeno «società di massa»: La psicologia delle folle di Gustave Le Bon, pubblicata nel 1895, ha aperto la strada a una serie di studi sulla folla come entità
collettiva; il filosofo José Ortega y Gasset si concentra sulla questione della «qualità» umana,
denunciando i rischi dell’irrompere delle masse sulla scena politica; per finire con la Scuola di
Francoforte, che è tornata sul problema nel secondo dopoguerra: nel brano di Theodor W.
Adorno e Max Horkheimer sono analizzati i contenuti di mezzo secolo di riflessione sulla
società di massa.
Marcel Reinhard - André Armengaud - Jacques Dupaquier La rivoluzione demografica
d Gustave Le Bon La psicologia delle folle
d José Ortega y Gasset La ribellione delle masse
Theodor W. Adorno - Max Horkheimer Le masse: una analisi sociologica
La macchina dei partiti L’avvento della società di massa provoca profonde ripercussioni sull’assetto istituzionale dello Stato ottocentesco e sui metodi dell’attività politica.
La struttura dei moderni partiti politici è descritta nelle pagine di Max Weber, figura centrale
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GUIDA ALLA STORIA
della cultura di primo ’900; il tedesco Robert Michels, partendo dal caso della socialdemocrazia
tedesca, analizza le dinamiche interne delle organizzazioni di massa, individuando un nesso strettissimo tra le esigenze organizzative dei partiti e la formazione di oligarchie alla loro guida; Maurice Duverger, uno dei maggiori esperti contemporanei sull’argomento, si sofferma sugli «elementi di base» che definiscono la forma partito. Lo sviluppo della rappresentanza politica in direzione del suffragio universale è riassunto infine dal politologo norvegese Stein Rokkan.
Max Weber Potere burocratico e direzione politica
Robert Michels Organizzazione e oligarchia
Maurice Duverger L’organizzazione dei partiti
Stein Rokkan Un uomo, un voto, un valore
Socialisti e cattolici I primi brani che presentiamo percorrono la vicenda del movimento operaio dalla fondazione della II Internazionale dei lavoratori fino alla vigilia del primo conflitto
mondiale.
Nei programmi della Seconda Internazionale venne stabilita una piattaforma comune per
l’azione politica dei partiti socialisti nei diversi Stati, ma il dibattito interno rimase molto acceso. Al centro di tale dibattito vi fu la corrente del revisionismo, diffusa da Eduard Bernstein,
mentre la nuova strategia rivoluzionaria fondata sul mito dello sciopero generale è descritta nel
brano di Georges Sorel, pensatore isolato ma influente su intellettuali di opposta sponda politica.
Il brano dello storico inglese Eric J. Hobsbawm offre infine uno sguardo panoramico sul
movimento operaio in Europa tra ’800 e ’900.
L’estendersi dei processi di secolarizzazione e i nuovi conflitti sociali sollevarono un forte
dibattito all’interno del mondo cattolico e fecero sentire con urgenza la necessità di una risposta alle nuove sfide della modernità.
L’enciclica Rerum novarum di papa Leone XIII dettò le linee direttive per l’azione dei cattolici nel campo sociale. Le conseguenze della pubblicazione dell’enciclica sull’operato del mondo cattolico sono descritte dall’autorevole storico della Chiesa Pietro Scoppola.
Il brano conclusivo è dedicato alle caratteristiche della fede popolare nel periodo di sviluppo
della società di massa: Roger Aubert, uno dei maggiori storici della Chiesa contemporanea, offre
uno sguardo panoramico sulle forme di devozione popolare.
d Seconda Internazionale Azione politica e questione economica nei programmi
della II Internazionale
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d Eduard Bernstein Il revisionismo
d George Sorel Il mito dello sciopero generale
Eric J. Hobsbawm Movimento operaio e partiti socialisti
d Leone XIII L’enciclica «Rerum novarum»
Pietro Scoppola Il cattolicesimo sociale
Roger Aubert Le nuove forme di devozione popolare
La questione femminile A fine ’800 emerge prepotentemente la «questione femminile», originata dalla massiccia presenza delle donne in molti settori lavorativi e dalla conseguente
domanda di partecipazione politica.
Il percorso si apre con un brano della storica americana Joan Wallach Scott, dove vengono
confrontate le caratteristiche del lavoro femminile nell’età precedente e successiva al processo
di industrializzazione. Il dibattito tra Anna Maria Mozzoni e Anna Kuliscioff evidenzia le divergenze di opinione, anche in seno al movimento emancipazionista, riguardo alla linea politica
da seguire per tutelare le donne lavoratrici.
Dal dibattito teorico passiamo all’esperienza concreta con la testimonianza di un’operaia piemontese impiegata nei primi anni del ’900 in una filanda di Marsiglia. L’ultimo brano, della studiosa inglese Sheila Rowbotham, descrive l’esperienza delle organizzazioni suffragiste inglesi e
i loro difficili rapporti con gli esponenti delle forze politiche anche nel campo socialista.
Joan W. Scott Il lavoro delle donne
d Anna Maria Mozzoni Legislazione a difesa delle donne lavoratrici
d Anna Kuliscioff In nome della libertà della donna. «Laissez faire, laissez passer!»
d Nuto Revelli La filanda di Marsiglia
Sheila Rowbotham Le suffragette
L’Europa e il mondo alla vigilia della guerra Questo percorso è dedicato ai tre grandi Imperi dell’Europa centro-orientale alla vigilia della prima guerra mondiale.
Sul rapporto tra le trasformazioni delle relazioni internazionali e lo scoppio della Grande
Guerra svolge un’analisi James Joll; lo storico Michael Stürmer si sofferma sul nuovo corso della politica tedesca, che influì pesantemente sugli equilibri europei.
L’atmosfera degli ultimi anni dell’Impero austro-ungarico è evocata nelle pagine di Robert
Musil, mentre lo storico Alan Sked descrive l’intensificarsi del problema delle nazionalità nel68
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lo Stato asburgico. Francesco Benvenuti traccia poi un bilancio dello sviluppo industriale dell’Impero russo fino alla prima guerra mondiale.
L’età dell’imperialismo vede l’apogeo della potenza europea, ma altre civiltà si stanno affacciando sulla scena mondiale: l’Oriente, con la Cina e il Giappone, e gli Stati Uniti, che si apprestano a diventare la maggiore potenza mondiale.
I primi segni del declino dell’Europa e della reazione antioccidentale in Asia e in Africa sono
analizzati nel brano dello storico inglese Geoffrey Barraclough, mentre i due testi successivi si
concentrano sulle grandi potenze emergenti in Asia. Nel primo il diplomatico e storico canadese
E. Herbert Norman descrive la straordinaria crescita politica ed economica del Giappone tra fine ’800 e inizio ’900; nel secondo i due storici Mario Sabattini e Paolo Santangelo ripercorrono
gli eventi che hanno segnato la nascita della Cina moderna, dal crollo della dinastia Manciù alla
proclamazione della repubblica.
Conclude il percorso un brano dello storico Bruno Cartosio, che descrive l’epoca «progressista» negli Stati Uniti, il quindicennio precedente la prima guerra mondiale attraversato da un
forte impulso riformatore a livello politico e sociale.
James Joll Equilibrio e squilibrio
Michael Stürmer La Germania verso la prima guerra mondiale
d Robert Musil La Cacania
Alan Sked La rinascita dei nazionalismi nella monarchia austriaca
Francesco Benvenuti L’impero russo tra arretratezza e sviluppo
Geoffrey Barraclough La rivolta contro l’Occidente
E. Herbert Norman L’espansione del Giappone
Mario Sabattini - Paolo Santangelo La nascita della Repubblica in Cina
Bruno Cartosio L’epoca progressista in America
L’Italia giolittiana I brani di questo percorso tracciano un quadro dell’età giolittiana nei suoi
aspetti politici, culturali e sociali.
La continuità con la formula di governo del trasformismo è analizzata da Roberto Vivarelli,
mentre gli aspetti innovativi della politica giolittiana emergono in un discorso parlamentare pronunciato nel 1901 da Giovanni Giolitti.
Nei due brani successivi emerge la situazione culturale nell’Italia di inizio ’900: il filosofo
Benedetto Croce descrive la reazione antipositivista e l’avvento dell’idealismo, lo scrittore Giuseppe Prezzolini si fa portavoce della reazione degli intellettuali al sistema politico liberale.
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Dal punto di vista sociale l’età giolittiana è segnata dalla grande diffusione delle organizzazioni socialiste e cattoliche. Lo storico Giuliano Procacci analizza il movimento operaio italiano e lo sviluppo dei sindacati; Gabriele De Rosa ricostruisce le origini del partito cattolico
nel programma di Luigi Sturzo.
Conclude un’analisi del sociologo Giordano Sivini, che offre un’interpretazione sull’organizzazione e l’azione politica dei due movimenti.
Roberto Vivarelli Trasformismo e giolittismo
d Giovanni Giolitti Il governo e le classi lavoratrici
d Benedetto Croce La reazione al positivismo e l’idealismo
d Giuseppe Prezzolini Contro l’Italia giolittiana
Giuliano Procacci Il movimento operaio italiano all’inizio del secolo
Gabriele De Rosa Sturzo e le origini del partito cattolico
Giordano Sivini Le «subculture» socialista e cattolica
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UNITÀ2 GUERRA
E RIVOLUZIONE
Percorsi tematici
La guerra e la crisi del sistema internazionale Questo percorso è dedicato alle origini della prima guerra mondiale, in particolare a ciò che riguarda gli aspetti di politica internazionale
e il connesso problema delle responsabilità nello scoppio del conflitto.
Lo storico Fritz Fischer parte da un’analisi degli obiettivi di guerra della Germania per ricondurre la responsabilità del conflitto alle ambizioni espansionistiche dei circoli dirigenti tedeschi.
Andreas Hillgruber offre una lettura in parte diversa da quella di Fischer: nella crisi del luglio
’14, la volontà di espansione della classe dirigente tedesca fu incoraggiata e accompagnata dalla spinta di un’opinione pubblica sciovinista, dominata dall’idea del «pericolo russo». La nuova
dimensione assunta dalla guerra – e dall’intero sistema internazionale – in seguito all’intervento degli Stati Uniti è poi documentata nei «14 punti» del presidente americano Woodrow Wilson. Ai problemi della pace e della guerra è dedicato il brano del grande economista John Maynard Keynes, fortemente critico nei confronti del trattato di Versailles e di quanto fu riservato
alla Germania. Conclude un brano dello storico Christopher Seton-Watson, che dà una valutazione complessiva, e molto equilibrata, dei problemi affrontati e del lavoro svolto durante la
conferenza della pace di Parigi.
Fritz Fischer Gli obiettivi di guerra della Germania
Andreas Hillgruber La politica tedesca nella crisi del luglio 1914
d Woodrow Wilson I «14 punti» di Wilson
d John M. Keynes Le conseguenze economiche della pace
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Christopher Seton-Watson L’Europa dopo Versailles
Mito e realtà della Grande Guerra La drammatica realtà della guerra e della vita di trincea,
vista soprattutto attraverso la percezione che ne avevano i contemporanei, costituisce il tema di
questo percorso.
Mario Silvestri descrive gli spaventosi massacri sui campi di battaglia del fronte occidentale.
L’esperienza estraniante della guerra di trincea, la condizione di isolamento vissuta dai soldati,
l’attesa logorante dell’attacco, la lotta contro un nemico invisibile privato di ogni connotato
umano emergono con forza dalle pagine di due scrittori diversissimi fra loro per cultura e orientamenti politici: il tedesco Ernst Jünger e l’italiano Emilio Lussu. La difformità degli stati d’animo con cui la guerra venne vissuta da uomini di classi e culture diverse è testimoniata da due
documenti: la lettera che un contadino-soldato invia alla propria famiglia e il racconto di un
ufficiale italiano, Valentino Coda, che descrive lo sbandamento dei soldati durante la ritirata di
Caporetto. Infine, per lo storico George L. Mosse, i racconti e le testimonianze dei reduci contribuirono a formare il «mito della guerra», un mito originato dalla volontà di dare alle terribili
esperienze belliche un significato che giustificasse il sacrificio e i lutti.
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Mario Silvestri La guerra di posizione
Ernst Jünger All’ombra della morte
Emilio Lussu La trincea nemica
Anonimo di La guerra degli altri
Valentino Coda Diario di Caporetto
George L. Mosse Il mito dell’esperienza della guerra
La rivoluzione russa La rivoluzione russa è l’evento che più influenzò i primi decenni del
secolo, sia per i mutamenti internazionali suscitati dalla fine dell’Impero zarista, sia per il condizionamento del modello rivoluzionario leninista sul movimento operaio e socialista.
Il brano che inaugura il percorso, di Lenin, si può considerare come il documento-chiave della politica dei bolscevichi prima della presa del potere. I fattori che resero possibile la vittoria
bolscevica sono analizzati nelle pagine di uno dei primi storici della rivoluzione, William H.
Chamberlin. Il brano di Edward H. Carr, tratto dalla monumentale Storia della Russia sovietica, è centrato sui problemi dell’economia e illustra il passaggio dal comunismo di guerra alla
Nep. Uno storico italiano, Piero Melograni, analizza le contraddizioni fra la teoria (libertaria)
e la prassi (autoritaria) del potere bolscevico. Con il documento successivo, i «21 punti» della
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Terza Internazionale, ci spostiamo sul problema della proiezione esterna della rivoluzione e dei
rapporti fra la Repubblica dei soviet e il movimento operaio europeo.
d Vladimir I. Ulianov Lenin Le «tesi di aprile»
William H. Chamberlin Le cause della vittoria bolscevica
Edward H. Carr Il comunismo di guerra e la Nep
Piero Melograni Le contraddizioni del potere bolscevico
d Terza Internazionale I «21 punti» della Terza Internazionale
La Repubblica di Weimar La vicenda tragica e complessa della Repubblica di Weimar ha un
ruolo centrale nella crisi della democrazia europea.
Il primo brano, tratto da un libro dello storico Hagen Schulze, abbozza un bilancio complessivo dell’esperienza repubblicana e delle sue debolezze congenite. Lo scrittore Ernst von
Salomon delinea con stile incisivo e appassionato una di queste debolezze: la divisione interna
del paese fra fautori della democrazia parlamentare e nazionalisti di destra, di cui lo stesso von
Salomon faceva parte. Concludono le parole di Peter Gay, che descrive le trasformazioni della
cultura nel periodo di Weimar.
Hagen Schulze La sconfitta della democrazia
d Ernst von Salomon Una nazione divisa
Peter Gay La cultura di Weimar: l’espressionismo
La crisi del dopoguerra in Italia La crisi della democrazia europea cominciò a profilarsi già
all’indomani di quella guerra che avrebbe dovuto segnare il trionfo degli ideali democratici: una
delle sue manifestazioni più importanti e più gravide di conseguenze fu il collasso dello Stato
liberale italiano nei primi anni ’20.
Apriamo con un significativo brano di Gaetano Salvemini sulle conseguenze politiche e psicologiche del mito della «vittoria mutilata». I due documenti successivi – l’Appello del Ppi al
paese del Partito popolare e il Programma socialista del Partito socialista – illustrano le posizioni delle forze politiche emergenti, che avrebbero dovuto raccogliere l’eredità della vecchia
classe dirigente, ma erano reciprocamente incompatibili. Se il programma del Psi massimalista
mostra come il maggior partito di massa fosse schierato su posizioni di estremismo verbale, cui
peraltro non corrispondeva alcuna reale preparazione rivoluzionaria, l’articolo di Antonio
Gramsci sui consigli di fabbrica dà conto della posizione di quelle avanguardie che, con mag73
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giore serietà intellettuale ma con altrettanta assenza di realismo, si ponevano il problema dell’applicazione del modello sovietico nella realtà italiana. Con i brani successivi affrontiamo le
origini del fascismo. Un testimone e storico di quegli avvenimenti, Angelo Tasca, spiega le cause del successo delle camicie nere; uno dei maggiori storici del fascismo italiano, Emilio Gentile, analizza i caratteri dello squadrismo, individuando nelle sue forme organizzative, anch’esse ispirate all’esperienza militare, e nello spirito che le animava il nucleo originario dell’intera
esperienza fascista. Renzo De Felice, infine, traccia un quadro di insieme sulle origini del fascismo e sui fattori che ne consentirono l’ascesa al potere.
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Gaetano Salvemini Il mito della «vittoria mutilata»
Partito popolare italiano «Appello del Ppi al paese» (1919)
Partito socialista italiano «Programma socialista» (1919)
Antonio Gramsci I consigli di fabbrica
Angelo Tasca Lo squadrismo fascista e la sconfitta socialista
Emilio Gentile Il partito-milizia
Renzo De Felice Le origini del fascismo
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UNITÀ3 TOTALITARISMI
E STERMINI DI MASSA
Percorsi tematici
La grande crisi e la società di massa Argomento del percorso è la grande crisi del 1929, analizzata nelle sue cause da Michael E. Parrish e nei suoi effetti dallo storico Ernesto Galli della Loggia.
Nelle pagine del romanzo Furore dello scrittore statunitense John Steinbeck vi è una suggestiva descrizione di una drammatica conseguenza della grande depressione, l’emigrazione verso la California di migliaia di piccoli contadini del Midwest.
Jürgen Kocka, nel saggio Impiegati tra fascismo e democrazia, si concentra in particolare sul
rapporto tra l’ascesa della classe media e l’evoluzione in senso democratico o totalitario delle
forme politiche.
Conclude un brano del celebre economista inglese John M. Keynes, grande sostenitore del
tramonto del liberismo e del nuovo ruolo dello Stato nel meccanismo economico.
Michael E. Parrish Le cause della grande depressione
Ernesto Galli della Loggia Gli anni ’30: caratteri di una «transizione»
d John Steinbeck L’itinerario dei popoli nomadi
Jürgen Kocka Impiegati e operai
d John M. Keynes La fine del «laissez-faire»
Il totalitarismo Questo percorso integra il FARE STORIA Totalitarismi e stermini di massa
ed è dedicato alla formazione e allo sviluppo dei regimi totalitari nella Germania di Hitler e nell’Unione Sovietica di Stalin.
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La ricostruzione dello storico François Furet è centrata sulla funzione delle ideologie nei due
apparati di potere. Al Terzo Reich sono dedicati due saggi: nel primo lo storico Karl D. Bracher
sottolinea il legame fra tradizione e rivoluzione nell’ideologia nazista, nel secondo lo storico
Norbert Frei si sofferma soprattutto sugli apparati repressivi del regime.
Per quanto riguarda l’Unione Sovietica lo storico Moshe Lewin analizza alcune conseguenze dell’industrializzazione accelerata, Francesco Benvenuti analizza il fenomeno della «collettivizzazione», ossia il controllo totale da parte dello Stato sulle risorse umane ed economiche.
François Furet La funzione delle ideologie
Karl D. Bracher Una forma di dominio totalitario: il nazionalsocialismo
Norbert Frei Lo Stato delle SS
Moshe Lewin Le conseguenze dell’industrializzazione sovietica
Francesco Benvenuti La collettivizzazione
Il regime fascista Il percorso è dedicato al processo di trasformazione dello Stato italiano dall’ordinamento liberale al regime mussoliniano.
I caratteri innovativi del fenomeno fascista, nell’analisi di Renzo De Felice, incontrano il largo consenso degli italiani al nuovo Stato. Lo studio dello storico Emilio Gentile descrive la natura del regime fascista, fondato sul mito e l’organizzazione. Nel Manifesto degli intellettuali fascisti, redatto nel 1925 con la cura del filosofo Giovanni Gentile, sono invece delineati gli ideali
culturali del regime. Un saggio teorico dello stesso Giovanni Gentile rappresenta poi il maggiore sforzo di conferire al fascismo quello spessore concettuale che sin dall’inizio gli era mancato.
A testimoniare il nuovo linguaggio della politica è esemplare un discorso di Benito Mussolini, pronunciato nel 1935 per annunciare la guerra d’Etiopia.
Sulla politica economica e sociale del regime si sofferma il brano di Bruno Wanrooij, che evidenzia i caratteri delle riforme sociali. Il rapporto tra gli intellettuali e lo Stato è ricostruito da
un brano di Giovanni Belardelli.
Dopo l’alleanza con la Germania nazista, il controllo ideologico diviene più rigido. La vigilanza sulla società trova espressione nelle Direttive per la stampa del governo. Conclude il percorso il testo delle Leggi razziali del 1938, che testimonia la forza di antichi miti e pregiudizi.
Renzo De Felice Il fenomeno fascista
Emilio Gentile Mito e organizzazione nell’esperienza fascista
d Giovanni Gentile Il Manifesto degli intellettuali fascisti
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d Giovanni Gentile La dottrina del fascismo
d Benito Mussolini Un discorso dal balcone
Bruno Wanrooij I limiti della politica sociale
Giovanni Belardelli Gli intellettuali e il regime
d Ufficio stampa della Presidenza del Consiglio Direttive per la stampa
d Parlamento del Regno Le leggi razziali
L’antifascismo italiano In questo percorso le ragioni dell’antifascismo liberale sono illustrate
da un articolo di Piero Gobetti e dal «contromanifesto» di Benedetto Croce, che denuncia la
debolezza del pensiero fascista.
In ambito cattolico Luigi Sturzo, intervistato nel 1924, sostiene con energia l’incompatibilità
tra ideologia fascista e cattolicesimo e denuncia l’equivoco «clerico-fascista».
Poi Aldo Garosci analizza la condizione dei fuorusciti, gli antifascisti rifugiatisi all’estero.
Le principali correnti dell’antifascismo militante sono infine presentate attraverso gli scritti di
tre dei suoi maggiori esponenti, espressione di altrettanti filoni politici e culturali: il liberalsocialista Carlo Rosselli, i socialisti Pietro Nenni e Giuseppe Saragat e il comunista Palmiro
Togliatti.
d Piero Gobetti Il fascismo, autobiografia della nazione
d Benedetto Croce Il «contromanifesto» antifascista
d Luigi Sturzo Intervista a «La Stampa»
Aldo Garosci Il fuoruscitismo
d Carlo Rosselli La libertà come mezzo e come fine
d Pietro Nenni - Giuseppe Saragat Socialismo e antifascismo
d Palmiro Togliatti Il fascismo come dittatura di classe
La guerra totale In questo percorso sono analizzati, da diversi punti di vista, alcuni fra gli episodi più significativi e più tragici del secondo conflitto mondiale.
Gli effetti della guerra-lampo tedesca e i suoi straordinari successi iniziali sono descritti, per
quanto riguarda l’invasione della Polonia, da un’efficacissima rievocazione letteraria, tratta da
un romanzo di Alexander Lernet-Holenia, e, per quanto riguarda l’attacco alla Francia, dall’analisi di Alan J.P. Taylor. Complementare a quest’ultimo brano è quello tratto da La strana
disfatta del grande storico Marc Bloch, che offre una testimonianza sui fattori etico-politici della sconfitta francese.
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Con i due testi che seguono ci spostiamo verso i fronti orientali: le pagine di uno studioso italiano, Mario Silvestri, mostrano, con l’eloquente linguaggio delle cifre, l’entità delle perdite
subite dall’Urss; quelle di uno storico inglese, William G. Beasley, ricostruiscono i caratteri dell’espansionismo giapponese nel Sud-Est asiatico.
Il percorso si chiude con i testi dedicati a due fra i più tragici episodi di morte di massa dell’intero conflitto. Al bombardamento di Dresda, una delle azioni più discutibili compiute dalle
forze alleate, è dedicato un brano particolarmente «duro» dello scrittore Kurt Vonnegut; l’esplosione atomica di Hiroshima è oggetto dell’agghiacciante racconto di un cittadino giapponese, Tamiki Hara, che ne fu testimone oculare.
d Alexander Lernet-Holenia La distruzione della Polonia
Alan J.P. Taylor L’attacco alla Francia
d Marc Bloch La strana disfatta
Mario Silvestri Le perdite dell’Urss
William G. Beasley L’espansionismo giapponese
d Kurt Vonnegut Il bombardamento di Dresda
d Tamiki Hara Lettera da Hiroshima
La Shoah Questo percorso integra il FARE STORIA Totalitarismi e stermini di massa ed è dedicato all’antisemitismo, la caratteristica peculiare dell’ideologia nazista che rielabora antichi pregiudizi e tradizioni culturali diffuse in Europa.
Per illustrare l’ideologia razziale nazista proponiamo un brano dal Mein Kampf di Adolf
Hitler. Il problema del coinvolgimento della popolazione tedesca nel genocidio è ricostruito
attraverso la lettura di Christopher R. Browning, sostenitore di un’interpretazione più attenta
ai fattori sociali e ambientali, capaci di trasformare uomini comuni in carnefici.
Testimone d’eccezione della vita nei campi di sterminio è stato lo scrittore Primo Levi, che
in un saggio analizza il fenomeno dei «prigionieri-funzionari».
Wolfgang Sofsky, infine, individua nel concetto di «potere assoluto» la forma peculiare di
dominio che unisce l’organizzazione razionale e la violenza bruta tese all’annientamento dell’altro.
d Adolf Hitler Un manifesto dell’antisemitismo: il «Mein Kampf»
Christopher R. Browning Uomini comuni?
d Primo Levi La zona grigia
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GUIDA ALLA STORIA
Wolfgang Sofsky Il «potere assoluto»
L’Italia in guerra e la Resistenza Per l’Italia la partecipazione alla seconda guerra mondiale a fianco della Germania si risolse in una serie di sconfitte che finirono col provocare la crisi
del regime fascista.
I testi che presentiamo riguardano i due momenti-chiave di questa vicenda: quello dell’entrata in guerra e quello della difficile uscita dal conflitto. I mutevoli orientamenti dell’opinione
pubblica sulla guerra sono illustrati dalla storica Simona Colarizi attraverso l’analisi dei rapporti
redatti dagli informatori della polizia fascista. La celebre seduta del Gran consiglio che, il 25
luglio 1943, pose fine al regime fascista è ricostruita nelle memorie di uno dei suoi protagonisti, Dino Grandi. Infine, sulla tragedia dell’8 settembre, vista come catastrofe non solo militare
ma anche politica e morale, riportiamo l’interpretazione che ne dà lo storico Ernesto Galli della Loggia, in un saggio del 1994 significativamente intitolato La morte della patria.
I testi che seguono sono dedicati al movimento di resistenza che si sviluppò fra il settembre
1943 e l’aprile 1945 nell’Italia occupata dai tedeschi. Le origini delle formazioni partigiane e le
motivazioni, pratiche e ideali, dei primi gruppi combattenti sono descritte efficacemente dal
giornalista e storico Giorgio Bocca. Nel brano successivo, tratto da un libro molto noto dello
storico Claudio Pavone, è trattata in termini problematici la questione, a lungo elusa dalla storiografia antifascista, del rapporto fra Resistenza e guerra civile. Un altro storico, Giovanni De
Luna, affronta lo stesso problema, ma soprattutto per ribadire le profonde diversità, morali e politiche, tra i combattenti dell’uno e dell’altro fronte. Mentre le ragioni ideali e le paure dei giovani che decisero di schierarsi con la Repubblica sociale e con i tedeschi sono rievocate in un
brano del romanzo autobiografico di Carlo Mazzantini. Strettamente connessa al tema della
guerra civile – e in genere a quello delle contraddizioni interne al movimento partigiano – è la
drammatica vicenda delle foibe istriane, qui analizzata in un saggio dello storico Raoul Pupo.
Un equilibrato bilancio dell’esperienza resistenziale e dell’eredità da essa lasciata alla Repubblica è infine tracciato nel brano conclusivo, tratto da un saggio del politologo e storico Gianenrico Rusconi.
d Simona Colarizi Gli italiani e la guerra
d Dino Grandi La notte del Gran consiglio
Ernesto Galli della Loggia La morte della patria
Giorgio Bocca Alle origini della Resistenza italiana
Claudio Pavone La «guerra civile»: una definizione controversa
Giovanni De Luna Le ragioni dei combattenti: fascisti e antifascisti
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d Carlo Mazzantini Canzoni di giovinezza e di morte
Raoul Pupo La violenza sul confine orientale: le «foibe»
Gianenrico Rusconi L’eredità della Resistenza
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UNITÀ4 IL MONDO DIVISO
Percorsi tematici
Le conseguenze politiche della guerra I testi presentati in questo percorso trattano degli
effetti sconvolgenti del secondo conflitto mondiale sugli assetti internazionali.
Il primo brano, tratto dalle memorie di Winston Churchill, illustra bene la logica crudamente spartitoria con cui i vincitori procedettero, a guerra ancora in corso, alla definizione delle zone di influenza. La realtà dei rapporti internazionali era in realtà assai più complessa – come
risulta dall’analisi del giornalista e storico Antonio Gambino sulla conferenza di Yalta – e si
sarebbe caratterizzata anche per il tentativo di dare un nuovo ordine e nuove regole alla comunità mondiale degli Stati: si leggano in proposito i principali articoli dello Statuto dell’Onu.
Il risultato fu ugualmente la divisione del mondo in blocchi contrapposti e reciprocamente
ostili, l’inizio di una lunga fase di confronto fra Usa e Urss nota col nome di «guerra fredda». A
questo tema sono appunto dedicati i tre brani successivi: la storica italiana Elena Aga Rossi ricostruisce il dibattito che ha diviso gli studiosi, soprattutto americani, circa le origini e le responsabilità della guerra fredda. Lo storico statunitense Daniel Yergin descrive le fasi principali di
quello che fu forse l’episodio culminante del confronto fra le due superpotenze: la crisi originata dal blocco di Berlino del 1948. Lo storico e giornalista ungherese François Fejtö illustra
poi una delle conseguenze più drammatiche della divisione del mondo: la nascita delle cosiddette «democrazie popolari» nell’Europa dell’Est.
Il documento che chiude il percorso, il celebre Rapporto Kruscev presentato al XX congresso del Pcus nel febbraio 1956, riguarda soprattutto la storia del comunismo sovietico e mondiale, in quanto segna l’inizio ufficiale del processo di destalinizzazione; ma si colloca anche in un
contesto internazionale caratterizzato dalla graduale fuoriuscita dalla fase più acuta della guer81
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ra fredda propriamente detta: non certo dal confronto planetario, che si sarebbe protratto sino
alla scomparsa di uno dei due contendenti.
d Winston Churchill Le «zone d’influenza» in Europa
Antonio Gambino Realtà e leggenda di Yalta
d Organizzazione delle Nazioni Unite Lo statuto dell’Onu
Elena Aga Rossi Il dibattito sulla guerra fredda
Daniel Yergin Il blocco di Berlino
François Fejtö La nascita delle democrazie popolari
d Nikita Kruscev Il rapporto Kruscev
Decolonizzazione e sottosviluppo La decolonizzazione investe realtà che si presentano, per
storia, cultura, tradizioni e forme stesse della colonizzazione, come molto diverse tra di loro.
Nonostante l’eterogeneità delle esperienze è comunque possibile rintracciare degli elementi
comuni che ci permettono una lettura unitaria del fenomeno.
Lo storico Giampaolo Calchi Novati traccia un bilancio sintetico della decolonizzazione e
ci aiuta a comprendere il significato che termini come «nazione» e «nazionalismo» assumono
in contesti lontani dalla cultura occidentale, ma da essa profondamente influenzati. I due documenti che seguono – il manifesto programmatico della conferenza di Bandung e la risoluzione dell’Onu del dicembre 1960 – illustrano due momenti significativi del processo di decolonizzazione. Il primo rappresenta la rivendicazione di un’autonoma collocazione internazionale e di un ruolo guida nella lotta al colonialismo da parte di un nuovo soggetto politico, il Terzo Mondo. Nel secondo troviamo la definitiva sanzione, a opera delle Nazioni Unite, di un
movimento di emancipazione ormai vicino al suo compimento.
L’India occupa nella storia della decolonizzazione un posto preminente e per certi versi esemplare. Era stata sede di una civiltà millenaria, erede di un raffinato patrimonio etico-filosofico e
portatrice di un sistema di valori che, pur recependo gli influssi europei, aveva difeso e conservato una propria forte identità. Questa complessità emerge dallo scritto di Ghandi, ove illustra
alcuni aspetti della sua dottrina della non-violenza, e dal brano di un grande storico francese,
Fernand Braudel, che analizza i successi ottenuti e le difficoltà incontrate dal paese asiatico sulla difficile via della modernizzazione.
Uno degli aspetti più delicati e controversi del processo di decolonizzazione è costituito dalle vicende del Medio Oriente, dove un nazionalismo in ascesa, quello arabo, si scontrò con una
realtà del tutto atipica ma non meno vitale, quella del movimento sionista. Un celebre arabista,
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Maxime Rodinson, spiega le ragioni del conflitto fra Israele e il nuovo nazionalismo arabo, un
nazionalismo le cui caratteristiche sono ben illustrate dallo scritto del leader egiziano Gamal
Abdel Nasser.
Alla fine degli anni ’50 si aprì la grande stagione dell’emancipazione dell’Africa subsahariana: con travolgente rapidità quasi un intero continente entrò, come soggetto politico autonomo,
per la prima volta sulla scena internazionale. Se la conquista dell’indipendenza avvenne per la
maggioranza dei paesi africani in modo complessivamente pacifico, già nella fase immediatamente successiva vennero in luce problemi e contraddizioni che offuscarono le grandi speranze dell’Africa.
Un caso estremo e particolarmente violento di separazione tra il mondo occidentale e quello
africano è rappresentato dal Sudafrica dell’apartheid, descritto nei suoi congegni istituzionali da
Giampaolo Calchi Novati. Anna Maria Gentili, poi, affronta il problema del sottosviluppo dell’Africa nel contesto del nuovo assetto mondiale.
Il tema dell’incontro della Chiesa con le realtà sociali ed ecclesiali del Terzo Mondo è illustrato dall’enciclica Populorum Progressio di Paolo VI. In essa la Chiesa, attraversata riguardo a
questo problema da forti tensioni interne, nella condanna del colonialismo, delle diseguaglianze sociali e del razzismo, rifiuta però categoricamente l’insurrezione violenta.
I brani successivi affrontano, da diverse angolazioni, il problema del sottosviluppo: l’egiziano
Samir Amin propone la tesi – tipica degli studiosi di formazione marxista – dell’interdipendenza tra sviluppo e sottosviluppo nel sistema capitalistico mondiale. Ancora un economista, l’italiano Paolo Sylos Labini, e uno storico economico, il belga Paul Bairoch, affrontano il tema
della crescita demografica nei paesi poveri: il primo offrendo un quadro generale che in parte
corregge il catastrofismo delle opinioni più diffuse, il secondo trattando un aspetto specifico e
particolarmente drammatico, quello della crescita urbana.
Gli ultimi due brani affrontano, da diverse angolazioni, il continente latinoamericano: Marcello Carmagnani traccia un quadro sintetico dell’evoluzione delle economie latinoamericane
nel ventennio 1950-70, un periodo che coincise con una fase di generale ristagno, mentre Ernesto Che Guevara, analizzando l’essenza della «guerra di guerriglia» come guerra di liberazione, spiega perché, pur essendo condotta da una minoranza armata, necessiti del favore di tutta
la popolazione della zona in cui si combatte e debba svilupparsi nelle campagne.
Giampaolo Calchi Novati Un bilancio della decolonizzazione
d Conferenza di Bandung Il manifesto programmatico di Bandung
d Organizzazione delle Nazioni Unite L’Onu contro il colonialismo
d Mohandas K. Gandhi La non-violenza
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Fernand Braudel I problemi dell’India indipendente
Maxime Rodinson Lo Stato ebraico e il rifiuto arabo
d Gamal A. Nasser Le «tre sfere» della rivoluzione egiziana
Giampaolo Calchi Novati L’«apartheid»
Anna M. Gentili I mali dell’Africa
d Paolo VI L’enciclica «Populorum Progressio»
Samir Amin Lo sviluppo ineguale
Paolo Sylos Labini Il problema demografico
Paul Bairoch L’esplosione urbana
Marcello Carmagnani La dipendenza economica dell’America Latina
d Ernesto Che Guevara L’essenza della lotta guerrigliera
La politica internazionale negli anni ’60 L’avvio della politica di distensione tra Stati Uniti
e Unione Sovietica e l’esplosione della polemica ideologica tra Pechino e Mosca sono i principali eventi che caratterizzano le relazioni internazionali all’inizio degli anni ’60.
Il percorso si apre con un discorso del presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy, che illustra la missione americana nel mondo, e con alcune massime del leader comunista cinese Mao
Tse-tung, promotore di un’opera di ridefinizione del marxismo rivoluzionario.
La politica di distensione tra Est e Ovest è comunque ostacolata da scontri e crisi che scuotono l’ordine bipolare. La guerra del Vietnam è ricostruita da un’analisi dell’ex consigliere speciale della Casa Bianca Henry Kissinger, che evidenzia i limiti dell’intervento militare americano nella penisola indocinese. Le origini della «primavera di Praga», soffocata dalle truppe del
Patto di Varsavia, sono invece descritte da uno dei maggiori esperti di storia contemporanea dell’Europa orientale, François Fejtö. Chiude il percorso un brano tratto dal diario dell’ex cancelliere tedesco Willy Brandt, ispiratore di una nuova strategia di apertura politica nei confronti
del mondo comunista alla fine degli anni ’60.
d John F. Kennedy La missione degli Stati Uniti
d Mao Tse-tung Il «libretto rosso»
Henry Kissinger Le ragioni di una sconfitta
François Fejtö La «primavera di Praga»
d Willy Brandt La «Ostpolitik»
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Alle origini dell’Italia repubblicana Il percorso comincia con la ricostruzione, fatta dallo storico Pietro Scoppola, del dibattito nell’Assemblea costituente, che evidenzia i princìpi ispiratori della Costituzione, di cui presentiamo gli articoli più significativi.
Per analizzare invece la natura della Democrazia cristiana, nucleo del governo per oltre quarant’anni, si può leggere un testo di Gianni Baget-Bozzo, studioso del movimento cattolico.
Il ruolo dei partiti di massa, svolto in questa cruciale fase di transizione e di consolidamento
della democrazia, è ben evidenziato in un brano della storica Simona Colarizi.
In un brano dell’economista Augusto Graziani è tracciato un bilancio critico della politica
liberista adottata dal governo nei primi anni del dopoguerra, mentre un saggio del meridionalista Manlio Rossi-Doria evidenzia i limiti della riforma agraria nelle regioni sottosviluppate del
Mezzogiorno.
Attraverso l’analisi della trasformazione dei comportamenti sociali e dei modelli culturali è
possibile tracciare un percorso della modernizzazione del paese nell’età repubblicana. L’editoriale di Elio Vittorini per il primo numero del «Politecnico» testimonia le speranze degli intellettuali di sinistra, nel dopoguerra, di poter avviare una profonda rigenerazione morale della
società. Un ideale coltivato anche dai protagonisti del cinema «neorealista», analizzato in un
brano dello studioso Gian Piero Brunetta.
Pietro Scoppola La Costituente e il potere dei partiti
d Assemblea costituente La Costituzione della Repubblica
Gianni Baget-Bozzo Il partito cristiano al potere
Simona Colarizi Il ruolo dei partiti di massa
Augusto Graziani La politica economica della ricostruzione
Manlio Rossi-Doria Un bilancio della riforma agraria
d Elio Vittorini Una nuova cultura
Gian Piero Brunetta Il cinema neorealista
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UNITÀ5 SVILUPPO, CRISI,
TRASFORMAZIONE
Percorsi tematici
La civiltà dei consumi I brani del percorso illustrano non solo i molteplici aspetti economici
e culturali della società dei consumi, ma anche le diverse ottiche con cui è stata analizzata e
giudicata.
Se lo storico Sergio Ricossa sottolinea con forza il carattere progressivo e liberatorio di questa società, se l’economista John K. Galbraith, nella sua classica analisi del nuovo Stato industriale si sofferma soprattutto sulla superiorità tecnologica dei nuovi modelli di organizzazione produttiva, i due
brani successivi – quello del sociologo americano Vance Packard e quello del semiologo francese
Roland Barthes – ci parlano soprattutto dei condizionamenti palesi e soprattutto occulti, esercitati dal sistema pubblicitario sulle scelte dei consumatori.
Sergio Ricossa La rivoluzione dei consumi
John K. Galbraith La tecnostruttura
Vance Packard I persuasori occulti
Roland Barthes Saponificanti e detersivi
La contestazione Il movimento di protesta che nei tardi anni ’60 dilagò in tutto l’Occidente
industrializzato fu essenzialmente un fenomeno giovanile e non a caso ebbe per teatro principale le scuole e le università.
Nelle pagine che aprono questo percorso uno studioso italiano, Peppino Ortoleva, autore di
una delle prime serie analisi storiche sul tema, mette bene in rilievo il carattere generazionale
del movimento che, in Europa, ebbe il suo apice nel 1968. Il testo che segue, Da una facoltà
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occupata, fu redatto nel ’68 dagli studenti della facoltà di Lettere dell’Università di Roma ed
esprime, con lo schematismo tipico di questi scritti, la critica radicale ai contenuti e ai metodi
dell’insegnamento, definiti classisti e autoritari.
Una rivolta tutta particolare, ma destinata a esercitare notevole influenza sugli altri movimenti di protesta, fu quella dei neri americani, qui documentata da un passo dell’autobiografia
di Malcolm X.
Il percorso si chiude con un testo di carattere teorico: il filosofo tedesco Herbert Marcuse, in
un brano tratto da L’uomo a una dimensione (uno dei libri di riferimento della generazione del
’68), denuncia il carattere subdolamente autoritario delle società industriali avanzate.
Peppino Ortoleva Una protesta generazionale
d Movimento studentesco Da una facoltà occupata
d Malcolm X La rivolta dei neri americani
d Herbert Marcuse L’uomo a una dimensione
Il tramonto delle ideologie Il processo di dissoluzione dei regimi comunisti è stato accompagnato dal progressivo declino dell’ideologia marxista.
Il percorso comincia con un’analisi del filosofo Lucio Colletti, che ricostruisce la progressiva crisi del pensiero marxista rivoluzionario negli anni ’70. Per testimoniare le diverse reazioni
di fronte al collasso dei regimi dell’Est presentiamo due brani: uno della giornalista Rossana
Rossanda, che difende appassionatamente le ragioni del comunismo italiano, l’altro dello studioso di orientamento liberale Joachim Fest, che evidenzia le conseguenze nefaste dell’applicazione di princìpi utopici alla realtà politica e sociale.
Lucio Colletti La crisi del marxismo rivoluzionario
Rossana Rossanda La difficoltà di essere comunista
Joachim Fest Vivere senza utopie
Il movimento femminista Questo percorso è dedicato al movimento femminista che si sviluppò, con contenuti nuovi e più radicali rispetto al femminismo «storico», a partire dagli anni
’60: dunque in contemporanea con la contestazione giovanile, ma con conseguenze di più
ampia portata.
Le caratteristiche del femminismo americano – capostipite degli analoghi movimenti nel
resto del mondo – e i rapporti con gli altri fenomeni di contestazione sono analizzati nel brano
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di Juliet Mitchell, che del movimento fu una delle maggiori teoriche; mentre le vicende del
femminismo italiano sono ricostruite in un saggio della sociologa Laura Grasso. Il brano successivo – un documento del Movimento di liberazione della donna – dà conto di quello che
fu, alla fine degli anni ’70, il principale tema di mobilitazione femminista in Italia: la battaglia
per la legalizzazione dell’aborto. Chiudiamo con un discorso dell’allora premier del Pakistan
Benazir Bhutto: una testimonianza del ruolo assunto dalle donne in politica a fine ’900 e della diffusione di alcune tematiche del femminismo anche in contesti politici e culturali diversi
da quelli dell’Occidente industrializzato.
Juliet Mitchell Il femminismo americano
Laura Grasso I movimenti femministi in Italia
d Movimento di Liberazione della Donna La battaglia per l’aborto
d Benazir Bhutto Il pianeta a misura di donna
Religione e società I mutamenti politico-culturali degli anni ’60 investirono anche i grandi
sistemi religiosi, a cominciare dalla Chiesa cattolica, provocando reazioni di diverso segno, di
cui i brani che presentiamo danno parzialmente conto.
In apertura lo storico Andrea Riccardi descrive i fermenti innovativi introdotti nella Chiesa
durante il pontificato di Giovanni XXIII. I testi successivi sono invece testimonianza di due diversi aspetti del cosiddetto «dissenso cattolico»: quello incarnato dal sacerdote italiano Lorenzo
Milani, tutto centrato sull’impegno sociale e sulla contestazione dell’autorità politica; e quello,
carico di implicazioni dottrinali, che si espresse, in America Latina, nella «teologia della liberazione», qui illustrata attraverso uno scritto del francescano Leonardo Boff. Una reazione del
tutto opposta è quella costituita dal fondamentalismo, ossia dal tentativo di restaurare i «veri»
princìpi religiosi, descritta da Giorgio Bouchard con riferimento al mondo evangelico americano.
Andrea Riccardi Il potere di Giovanni XXIII
Lorenzo Milani Il dovere di non obbedire
Leonardo Boff La teologia della liberazione
Giorgio Bouchard Il fondamentalismo americano
Scienza, tecnologia, ambiente La scienza e la tecnologia saranno capaci di risolvere i problemi dell’umanità?
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A questa domanda risponde in modo ottimista il brano del giornalista Piero Angela, che
descrive in termini entusiastici la capacità della scienza e della tecnica di dare una soluzione alle
pressanti domande di benessere e di qualità della vita delle società sviluppate. L’economista
americano Jeremy Rifkin non manca di sottolineare come l’introduzione delle tecnologie informatiche nella produzione industriale ha contribuito, negli ultimi decenni, alla crescita di una
pesante disoccupazione in tutti i paesi occidentali.
Emilio Gerelli delinea alcune ipotesi per lo sviluppo di una logica di conservazione ambientale inserita nel contesto del nuovo scenario politico mondiale.
Nel documento Un pianeta da salvare alcuni prestigiosi studiosi nordamericani denunciano
come lo sfruttamento intensivo delle risorse del pianeta e una produzione industriale altamente inquinante stiano mettendo in pericolo gli equilibri della biosfera.
Infine Renato Dulbecco offre una panoramica assai chiara delle prospettive della medicina
alle soglie del XXI secolo.
Piero Angela Le frontiere della scienza e della tecnologia
Jeremy Rifkin Superando le frontiere dell’alta tecnologia
Emilio Gerelli Una politica ambientale post-industriale
d Lester R. Brown - Cristopher Flavin - Sandra Postel Un pianeta da salvare
Renato Dulbecco Il futuro della medicina
La globalizzazione Questo percorso integra il FARE STORIA La globalizzazione.
Il sociologo Zygmunt Bauman, nel brano che presentiamo, denuncia l’impotenza degli Stati nazionali di fronte allo strapotere di un sistema economico che ha reso più drammatico il divario tra ricchezza e povertà.
Zygmunt Bauman Globalizzazione e localizzazione
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UNITÀ6 IL MONDO
CONTEMPORANEO
Percorsi tematici
Verso un nuovo ordine mondiale La dissoluzione dei regimi comunisti ha rivoluzionato gli
equilibri internazionali determinati dalla seconda guerra mondiale.
Uno studioso italiano, Bruno Bongiovanni, esamina le cause principali del collasso dei regimi comunisti, mentre la caduta del Muro di Berlino è ricostruita da una testimonianza dello storico Robert Darnton. La situazione in Russia dopo lo scioglimento dell’Urss è descritta dall’economista francese Jacques Sapir. Un esperto di relazioni internazionali, Dominique Moïsi,
richiama invece l’attenzione sulle difficoltà degli Stati Uniti di ripensare la propria politica estera dopo il crollo del «nemico comunista».
La fine dei regimi dell’Est ha accelerato l’esplosione di rivendicazioni nazionali e conflitti
etnici: lo studioso Sergio Romano evidenzia l’improvvisa rinascita degli «Stati-nazione» in
Europa. Il giornalista Federico Rampini affronta infine i problemi suscitati dalla straordinaria
crescita del colosso cinese all’inizio del XXI secolo.
Bruno Bongiovanni La caduta dei comunismi e la fine dei blocchi
Robert Darnton La caduta del Muro di Berlino
Jacques Sapir Il caos russo
Dominique Moïsi L’impero riluttante
Sergio Romano L’Europa dei nazionalismi
Federico Rampini Il secolo cinese
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L’unità europea Il tentativo di costruire un’unione politica ed economica europea ha condizionato la politica estera dei paesi occidentali del continente dagli anni ’50 ai nostri giorni.
In questo percorso presentiamo il Trattato di Roma e il Trattato di Maastricht che, a trentacinque anni di distanza l’uno dall’altro, rappresentano i momenti più significativi del processo diplomatico di integrazione dell’Europa. Le tesi dei federalisti europei, critici nei confronti
dei governi e delle burocrazie comunitarie e fautori di un’accelerazione dell’unione politica,
sono illustrate da un brano di Altiero Spinelli, il massimo rappresentante dell’ideale europeista
nell’Italia del dopoguerra. Lo storico Hartmut Kaelble analizza invece i fattori sociali ed economici che favoriscono la realizzazione di un’integrazione politica tra le nazioni del vecchio
continente.
d Comunità economica europea Il Trattato di Roma
Altiero Spinelli Per l’unione politica europea
d Unione europea Il Trattato di Maastricht
Hartmut Kaelble Le basi reali dell’unità europea
Multiculturalismo e scontro di civiltà In questo percorso, sulla questione del rapporto tra
etnie e territorio si sofferma lo studioso francese Bertrand Badie, denunciando alcune incongruenze della politica internazionale.
I possibili sviluppi dello scenario politico mondiale dopo la fine del bipolarismo sono analizzati nel brano di Samuel P. Huntington, esperto di relazioni internazionali, che ipotizza un
futuro dominato dallo scontro tra le grandi civiltà mondiali. Un esempio in questo senso è rappresentato dalle relazioni tra Occidente e Islam, argomento trattato dall’arabista Bernard Lewis.
A conferma della diagnosi di Huntington presentiamo un proclama di Osama bin Laden, capo
dell’organizzazione terrorista al-Qaeda.
I brani che seguono contengono analisi più distaccate: Gilles Kepel legge i conflitti mediorientali soprattutto come strumenti di lotta interni al mondo musulmano; Renzo Guolo riflette
sulla difficile compatibilità fra Islam e democrazia; il grande economista e sociologo indiano
Amartya Sen difende la scelta del multiculturalismo anche sulla base della sua personale esperienza.
Bertrand Badie La concezione etnica del mondo
Samuel P. Huntington Lo scontro delle civiltà
Bernard Lewis L’Islam contro l’Occidente
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d Osama bin Laden Dichiarazione per la guerra santa contro ebrei e crociati
Gilles Kepel In guerra per il controllo dell’Islam
Renzo Guolo L’Islam è compatibile con la democrazia?
Amartya Sen Multiculturalismo e libertà
L’Italia della Prima repubblica: il sistema politico Per esaminare la nascita e lo sviluppo
del sistema politico della Repubblica, proponiamo alcuni testi che contribuiscono a illustrare i
caratteri delle istituzioni pubbliche e le principali trasformazioni dei rapporti tra i partiti.
Uno storico dell’Italia contemporanea, Giuseppe Mammarella, illustra le origini e gli obiettivi dei primi governi di centro-sinistra, che hanno rappresentato un’importante svolta nella vita
politica del paese. Due differenti modelli interpretativi del sistema politico italiano, caratterizzato dal «blocco» dell’alternanza al potere, sono descritti dai politologi Giorgio Galli e Giovanni Sartori, ideatori delle formule «bipartitismo imperfetto» e «pluralismo polarizzato».
Negli anni ’70 e ’80 i partiti di sinistra elaborano nuove strategie politiche: le ragioni del «compromesso storico» sono presentate da un celebre articolo del segretario del Pci Enrico Berlinguer mentre i caratteri del progetto socialista di Bettino Craxi sono analizzati in un brano di Giovanni Sabbatucci.
Giuseppe Mammarella La nascita del centro-sinistra
Giorgio Galli Il bipartitismo imperfetto
Giovanni Sartori Il pluralismo polarizzato
Enrico Berlinguer Il compromesso storico
Giovanni Sabbatucci La scommessa di Craxi
L’Italia della Prima repubblica: economia e società In questo percorso viene ricostruito il
processo di industrializzazione e i riflessi sulla società dal dopoguerra ai nostri giorni.
Il brano di una storica dell’economia, Vera Zamagni, dà conto delle scelte che, soprattutto
negli anni ’47-48, definirono gli indirizzi di fondo dell’economia italiana, ponendo le premesse
per lo sviluppo degli anni ’50 e ’60.
Sulle trasformazioni sociali avviate dai processi di modernizzazione della produzione sono stati scelti due brani: lo storico inglese Paul Ginsborg racconta le migrazioni di milioni di italiani
dalle campagne meridionali alle città settentrionali, mentre l’economista Paolo Sylos Labini
analizza la crescita dei ceti medi e la ricomposizione sociale della popolazione italiana nel XX
secolo.
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Espansioni in Ares
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Il «miracolo economico» inaugura nuovi comportamenti sociali e modelli di consumo: lo storico Silvio Lanaro racconta le trasformazioni delle abitudini alimentari e degli stili di vita, mentre il demografo Antonio Golini descrive i mutamenti della famiglia e la progressiva emancipazione delle donne.
Vera Zamagni Il miracolo economico
Paul Ginsborg Le migrazioni interne
Paolo Sylos Labini La crescita dei ceti medi
Silvio Lanaro I nuovi consumi
Antonio Golini Le trasformazioni della famiglia
L’Italia della Prima repubblica: i fattori di crisi Negli scorsi decenni la vita del paese è stata profondamente condizionata da alcune emergenze.
Dal terrorismo politico, analizzato da un articolo dei sociologi Donatella Della Porta e Maurizio Rossi e da un’inchiesta del giornalista Sergio Zavoli, alla nuova criminalità organizzata trasformatasi in «impresa», descritta da un testo di uno dei maggiori esperti di mafia, Pino Arlacchi.
Un altro studioso di scienze sociali, Franco Cazzola, descrive i meccanismi di truffa negli appalti pubblici: un esempio del diffuso sistema di pagamento delle tangenti rivelato dalle indagini della magistratura agli inizi degli anni ’90 del XX secolo.
Sui pericoli per il futuro sviluppo del paese si sofferma il brano dello storico Gianenrico
Rusconi, che sottolinea la crisi dell’identità nazionale e l’avvento di rivendicazioni indipendentistiche che testimoniano la debolezza del comune sentimento civico d’appartenenza.
Donatella Della Porta - Maurizio Rossi I terrorismi italiani
d Sergio Zavoli Intervista ai brigatisti rossi
Pino Arlacchi La mafia imprenditrice
Franco Cazzola L’Italia del pizzo
Gianenrico Rusconi La nazione ammalata
Le trasformazioni del sistema politico italiano Ai mutamenti degli equilibri politici negli
ultimi anni dedichiamo l’ultimo percorso.
Il sociologo Ilvo Diamanti analizza il fenomeno della Lega Nord descrivendo la base sociale
del movimento; il politologo Gianfranco Pasquino illustra l’avvio delle riforme istituzionali attraverso la cronaca delle vicende politiche più recenti; Lucio Caracciolo si sofferma sulle conse93
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GUIDA ALLA STORIA
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Espansioni in Ares
guenze della fine della contrapposizione tra Est e Ovest sul sistema politico italiano; Giovanni
Sabbatucci esamina i caratteri del nuovo bipolarismo sorto in Italia negli anni ’90.
Ilvo Diamanti Le radici della Lega
Gianfranco Pasquino La rivoluzione del maggioritario
Lucio Caracciolo La crisi del sistema politico
Giovanni Sabbatucci Il «bipolarismo polarizzato»