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Semestrale di Informazione Medica
Tratto dal portale web www.cristinaselvi.it
Psichiatria . Psicoterapia . Omotossicologia
#1 |
Gennaio 2013
Dottoressa Cristina Selvi
Medico Chirurgo, Psichiatra, Psicoterapeuta, Omotossicologa
Laurea del 1990 presso l’Università
Domicilio Professionale
. www.cristinaselvi.it
Statale di Milano.
Studio Psichiatria Integrata
. www.psichiatriaintegrata.it
Ordine Medici Milano n° 30878.
Piazza Gorini, 6 - Milano
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Elenco Psicoterapeuti n° 1000.
P.IVA n° 11435290157
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realizzato da
DOTT.SSA CRISTINA SELVI
Medico Chirurgo . Psichiatra . Psicoterapeuta . Omotossicologa
Ordine Medici Milano n. 30878
Elenco Psicoterapeuti n. 1000
© Copyright 2012-2013 . dott.ssa cristina selvi . Tutti i diritti sono riservati
STUDIO PSICHIATRIA INTEGRATA
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Tel 02. 97699214
SEMESTRALE DI INFORMAZIONE MEDICA
TRATTO DAL PORTALE WEB WWW.CRISTINASELVI.IT
STUDIO PSICHIATRIA INTEGRATA - GENNAIO 2013
ARGOMENTI: PSICHIATRIA . PSICOTERAPIA . MEDICINA OMOTOSSICOLOGICA
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DOTT.SSA CRISTINA SELVI
Psichiatra, Psicoterapeuta e Omotossicologa
formazione
H
o scelto di occuparmi di psichiatria abbastanza avanti nel mio corso di
studi, anche grazie all’incontro con una persona speciale che mi ha preso per mano e mi ha portato verso questo mondo.
Ho iniziato la mia professione occupandomi di ragazzi tossicodipendenti e lavorando presso strutture di ricovero, strutture residenziali e comunità terapeutiche
per pazienti affetti da gravi patologie .
Nel corso degli anni ho poi scelto di specializzarmi nella cura della Depressione
e dei Disturbi d’Ansia perché ho potuto constatare come in queste situazioni si
possa davvero aiutare il paziente a superare una situazione di grande sofferenza e
ritornare allo stato di benessere.
Nel corso della mia formazione e della mia professione ho sempre sentito la
necessità personale e la curiosità di andare a conoscere diversi paradigmi per la
comprensione della sofferenza psichica e psicologica e per le possibili strategie di
terapia. Questo mi ha portato a considerare la cura della persona che soffre come
un percorso di comprensione a vari livelli del disagio del singolo paziente in un
modello di Psichiatria Integrata che mi permetta di utilizzare e modulare gli interventi di cura in modo più flessibile e quindi più efficace.
dove svolgo la mia professione
S
volgo attività libero professionale a Milano presso il mio studio in Piazzale Gorini 6, come medico psichiatra per quanto concerne la terapia
farmacologica dei Disturbi d’Ansia e della Depressione integrando, dove
è possibile, l’approccio tradizionale con quello acquisito nell’ambito della Medicina
non Convenzionale, e come psicoterapeuta ad orientamento analitico, modulando
la mia pratica clinica con le conoscenze acquisite all’estero riguardanti le tecniche
cognitivo-comportamentali.
Lavoro inoltre come medico psichiatra presso la Comunità Terapeutica Teseo
del Crest di Milano. Questa struttura residenziale si occupa della cura e della
riabilitazione di pazienti inviati dai servizi e affetti da disturbi psichici quali
Schizofrenia, Disturbo Schizoaffettivo e Disturbo Bipolare.
© Copyright 2013
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dott.ssa Cristina Selvi
Milano - Piazza Gorini 6
Disclaimer • Questo periodico, in formato digitale e cartaceo, contiene una raccolta degli
articoli informativi tratti dal sito web www.cristinaselvi.it | www.psichiatriaintegrata.it.
Tali articoli sono da intendersi come puramente informativi e NON intendono fornire consigli medici né promuovere prodotti o servizi di aziende farmaceutiche
e/o soggetti terzi nè avere qualsivoglia intento pubblicitario.
I contenuti hanno un carattere puramente informativo e NON devono essere in
alcun modo interpretati come sostituenti la visita medica, ossia consigli, diagnosi,
prognosi e/o indicazioni di trattamento da parte di medici, operatori sanitari e specialisti, ai quali è sempre opportuno e doveroso fare riferimento per qualsivoglia
problema di salute.
Il carattere esclusivamente informativo di questo periodico e del portale web associato è di libero accesso; le informazioni ivi contenute NON possono in alcun modo
costituire un’aspettativa o dei diritti di alcun genere nei visitatori o nei pazienti.
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errato o inappropriato all’indirizzo e-mail [email protected]
Copyright © 2012-2013 Dottoressa Cristina Selvi
Tutti i diritti sono riservati.
Gli articoli dello Studio Psichiatria Integrata e questo periodico, che ne presenta una raccolta, sono un’opera
della dott.ssa Cristina Selvi e sono distribuiti con una licenza Creative Commons di tipo CC BY-NC-ND 3.0.
I testi sono da intendersi come liberamente ripubblicabili se immodificati nella loro interezza, a scopo non
commerciale, se viene incluso questo box di copyright, il soprastante disclaimer e previa richiesta all’autore ([email protected]). Le immagini NON sono modificabili nè riproducibili nè redistribuibili.
Ulteriori permessi possono essere richiesti all’autrice via e-mail.
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a Giancristoforo Trogu
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dott.ssa Cristina Selvi
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Contenuti
Presentazione9
Introduzione11
Psichiatria15
Disturbi di Ansia: Focus sulla necessità di un Approccio Integrato 17
Una strana forma di Depressione! 22
La Sindrome Premestruale (SPM) 27
Respirate e Rallentate contro il Panico 32
La Distimia. 37
Depressione e Sindrome da Burnout 41
Ortoressia e Disturbi Alimentari 44
Psicoterapia47
DBT e Disturbo Borderline della Personalità 49
Omotossicologia53
Omotossicologia e Psichiatria 56
Menopausa...meno Ansia! 61
Donne Lunatiche? 64
Invecchiamento Attivo - Healthy Ageing 69
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Presentazione
Lo Studio Psichiatria Integrata
è presente sul web
all’indirizzo
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Sul Portale Web
sono presenti sezioni infromative
in materia di Psichiatria, Psicoterapia e Medicina
Omotossicologica.
Lo Studio di Psichiatria Integrata si prefigge lo scopo di
proporre un modello efficace e completo d’intervento per
il disagio sia psicologico che psichico.
Nell’incontro con il paziente ciò che conta è riconoscere
l’origine della sua sofferenza. Il malessere scaturisce da un
insieme di fattori BIO-PSICO-SOCIALI e su tutti questi versanti deve indirizzarsi l’attenzione e la competenza
dello psichiatra, al fine di poter scegliere la corretta impostazione terapeutica.
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dott.ssa Cristina Selvi
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La dott.ssa Cristina Selvi, Psichiatra e Psicoterapeuta,
integra l’approccio psicologico a quello farmacologico, e
all’interno di questo propone sia l’utilizzo della terapia
tradizionale allopatica che un’impostazione innovativa
secondo il paradigma della Medicina non Convenzionale
applicata alla psichiatria, sempre comunque tenendo presenti le corrette indicazioni terapeutiche e le inclinazioni
personali del paziente.
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Presentazione 10
La dott.ssa Cristina Selvi scrive
settimanalmente
articoli informativi sul portale
online.
E’ possibile ricevere gli articoli
dello Studio Psichiatria Integrata
comodamente
nella tua casella
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stesso in cui vengono pubblicati.
Puoi cancellarti
dal servizio quando vuoi.
Introduzione
Ho desiderato un portale che rispecchi la caratteristica
della mia preparazione professionale, che ha spaziato nel
tempo dalla psichiatria medica alla psicoterapia anaLa dottoressa
Cristina Selvi,
Medico Chirurgo, si occupa
di Psichiatria,
Psicoterapia e
Medicina Omotossicologica a
Milano, in Piazza
Paolo Gorini 6.
Tiene aggiornata
settimanalmente
una Sezione di
Articoli Informativi sul Portale
Web dello Studio
Psichatria Integrata.
litica, all’approccio cognitivo fino a, più recentemente,
l’omotossicologia, anche questa applicata alla cura del
disagio psichico o psicologico. Potrebbe sembrare una formazione un po’ eclettica e in effetti lo è, sebbene nell’accezione più positiva del termine.
In realtà anch’io cercando le parole giuste per presentarmi
ho riflettuto su come abbia sempre soddisfatto il mio bisogno di apprendere più modelli di cura che mi permettesse-
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dott.ssa Cristina Selvi
Milano - Piazza Gorini 6
ro di declinare al meglio la mia professione e poter fornire
una risposta terapeutica più ampia e più adattabile alla
soggettività delle persone che portano i loro problemi alla
mia attenzione.
Non ritengo necessario sapere applicare tutte le cure e le
terapie, è però essenziale essere in grado di fare una diagnosi corretta e sapere consigliare al paziente il professionista che si possa occupare al meglio del suo problema.
Questo è quello che io mi prefiggo di fare quotidianamente
e vorrei che Psichiatriaintegrata diventasse un raccoglitore d’informazioni fornite da me, ma anche da altri colleghi che si occupano del disagio psicologico e che offrono
altri tipi di intervento, i quali possono essere combinati e
integrati, quando è necessario, con gli interventi più noti
e tradizionali.
Gli articoli che ho scritto nelle tre sezioni del sito web in
questi mesi scaturiscono in parte da interesse personale e
in parte da richieste che mi sono pervenute dai miei pa-
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Introduzione 12
zienti, oltre che dall’osservazione delle più frequenti patologie che incontro nella mia pratica clinica quotidiana.
Vorrei nel tempo sempre più affinare questo modello d’intervento integrato che valorizzi una conoscenza globale
della persona, del suo malessere e della cura, senza scivolare in approcci superficiali e non scientificamente fondati che spesso e giustamente sono causa di un giudizio
svalutativo su ogni approccio di terapia che non sia accademicamente ortodosso.
DOTTORESSA CRISTINA SELVI
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Introduzione 13
Il sito internet
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deciso di aderire a
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e fare la sua parte
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il riscaldamento
globale.
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piena tranquillità!
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Introduzione 14
SEZIONE I
Psichiatria
La Depressione, gli Attacchi di Panico e alcune forme di
Disturbo d’Ansia sono situazioni cliniche che richiedono
la prescrizione di una terapia farmacologica adeguata
che risolva o comunque permetta di attenuare in modo significativo i sintomi che disturbano il paziente. I farmaci
disponibili oggi sono molto più sofisticati di quelli di una
volta i quali erano altrettanto efficaci ma presentavano
un maggior numero di effetti collaterali e di controindicazioni.
15
dott.ssa Cristina Selvi
Milano - Piazza Gorini 6
La terapia medica dell’ansia e della depressione oggi si
basa su molecole molto evolute e selettive che risolvono,
nella maggioranza dei casi, la patologia. Una terapia prescritta nei modi e nei tempi corretti non da e non deve
dare alcun disturbo al paziente ma deve limitarsi a risol-
E’ possibile rimanere aggiornati
riguardo agli ultimi articoli scritti
dalla dottoressa
Cristina Selvi
sull’argomento
Psichiatria tramite il Portale Web
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vere la sintomatologia. Purtroppo ancora troppo spesso
la terapia farmacologica dei disturbi psichiatrici subisce l’influenza negativa di antichi pregiudizi e soprattutto
dell’assenza di una corretta informazione.
Per questo il medico deve essere competente nel differenziare e diagnosticare correttamente quelle situazioni cliniche che, interferendo gravemente con la vita lavorativa
e personale del paziente, possono essere trattate con successo con i farmaci, associati eventualmente a seconda del
singolo caso, con una terapia di supporto psicologico.
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Psichiatria 16
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Disturbi di Ansia: Focus
sulla necessità di un
Approccio Integrato
Tratto da un articolo pubblicato sulla rivista scientifica: Evidence Based Medicine
dell’agosto 2012.
In questo articolo gli Autori analizzano ben 194 lavori scientifici che indagano se
può essere utile associare alla terapia farmacologica e psicologica dei disturbi d’ansia, un intervento di potenziamento che riguardi la Medicina non Convenzionale o
interventi sullo stile di vita, sull’alimentazione o sull’attività fisica.
Per semplicità di esposizione non analizzerò ogni singolo tipo di Disturbo d’Ansia,
come invece hanno fatto gli Autori, e riassumerò ciò che è emerso dal loro studio.
L’obiettivo è di dimostrare se l’uso di farmaci e di terapie complementari, insieme
alle modifiche dello stile di vita, dell’attività fisica e della dieta possano essere considerate potenziali opzioni terapeutiche, anche in associazione alla terapia farmacologica.
Questi studi sono anche scaturiti dall’osservazione che una percentuale di pazienti che assumono farmaci per ansia continua a soffrire di sintomi significativi
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Psichiatria 17
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nonostante la terapia, si evidenzia quindi la necessità di valutare ulteriori interventi
per potenziare l’efficacia delle attuali strategie di cura.
Personalmente mi preme sottolineare come sia necessaria una diversa apertura
mentale della classe medica al fine di conoscere sempre meglio tutto ciò che possiede valore terapeutico, così che lo specialista possa consigliare ed indirizzare il
paziente che si rivolge a lui con informazioni quanto più complete e corrette.
Nell’articolo in questione si segnala innanzitutto l’efficacia delle tecniche psicologiche quali gli approcci di ristrutturazione cognitiva e comportamentale, il training
autogeno di rilassamento e altre forme di terapia psicologica che andrebbero sempre associate alla terapia farmacologica.
Sono poi analizzati interventi quali il massaggio terapeutico che risulta essere
il più gradito e diffuso come strategia antiansia; ciò nonostante gli studi condotti
su questa metodica non siano ancora esaustivi; ancora cioè non si può parlare di
una efficacia scientificamente comprovata per le tecniche di massoterapia. Ciò non
esclude ovviamente l’effetto positivo conseguente al rilassamento determinato da
questo tipo di pratiche.
L’agopuntura viene analizzata in numerosi studi, molti dei quali condotti in modo
metodologicamente corretto ed emergono chiare evidenze sperimentali circa la sua
efficacia. Questa pratica agisce stimolando la produzione di oppioidi, regolando
quindi l’umore e la percezione del dolore, inducendo ansiolisi con l’attivazione delle
vie nervose che utilizzano serotonina e noradrenalina e modulando la produzione
di cortisolo, che è aumentata in caso di ansia.
Per quanto riguarda la fitoterapia, gli studi segnalano la maggiore efficacia di preparazioni a base di Ginkgo Biloba, di Kava (Piper Methysticum), di Iperico o Erba
di San Giovanni nel ridurre i sintomi d’ansia, rispetto al placebo.
L’uso delle erbe non va comunque inteso come del tutto scevro da controindicazioni, vanno sempre prescritte da medici che sono in grado di valutare le loro eventuali controindicazioni, ad esempio potenziale tossicità sul fegato e interferenza sui
processi di coagulazione.
Inoltre questi preparati sono utili solo a dosaggi efficaci e quindi spesso non presenti nelle preparazioni da banco per autoprescrizione.
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Psichiatria 18
Attività fisica ed esercizio
Inattività fisica è oramai riconosciuta come fattore di rischio per lo sviluppo di
molti disturbi, comprese le malattie psichiche.L’attività fisica regolare sembra inoltre
ridurre la mortalità per tutte le cause. Ad ogni modo, un’attività fisica regolare si è
dimostrata correlata a un maggior benessere emotivo.
Studi condotti su 8098 adulti, tra i 15 e i 54, anni hanno dimostrato che una attività regolare è associata ad una diminuzione della prevalenza di disturbi d’ansia,
compresi gli attacchi di panico.
Un ampio studio condotto in Svezia, su un campione di 2548 adolescenti seguiti
per un periodo di 2 anni, conferma che una attività sportiva di almeno 2 ore alla
settimana è associata a valori più bassi di sintomi d’ansia, stimati attraverso Scale di
Valutazione validate scientificamente.
I meccanismi neurobiologici alla base dell’effetto ansiolitico dell’attività fisica non
sono del tutto chiariti, sicuramente è implicata una migliore modulazione del sistema nervoso neurovegetativo, una maggiore produzione di endorfine e di fattori
neurotrofici.
L’esercizio fisico moderato ha inoltre un’azione antiinfiammatoria e antiossidante
a livello del Sistema Nervoso Centrale.
Infiammazione e Stress Ossidativo sono entrambi concause nella genesi di numerosi disturbi mentali, tra cui anche la Depressione.
Gli studi iniziano anche ad approfondire secondo la Medicina di Genere per indagare quale tipo di esercizio sia più indicato nei due sessi, ad oggi infatti si segnala
maggiore efficacia nel sesso maschile per ansia e disturbi dell’umore e nel genere
femminile per quanto concerne le somatizzazioni dell’ansia.
Le attuali linee guida del BEST PRACTICE TREATMENT raccomandano comunque sempre un’attività fisica regolare di circa 30 - 45 minuti almeno 3 o 4 volte
alla settimana come supporto al trattamento dei Disturbi d’Ansia.
Tecniche di Meditazione (Mindfullness, Tai Chi
e Yoga)
Negli ultimi anni durante i quali i concetti della filosofia buddista si sono diffusi
sempre più in Occidente, si è registrato un crescente interesse nel valutare il rappor-
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Psichiatria 19
to tra pratiche di meditazione e salute mentale.
Esistono di programmi di Mindfullness Based Stress Reduction, che si basano su
questi concetti e si sono dimostrati efficaci nella riduzione della sintomatologia nel
Disturbo da Attacchi di Panico (PD) e nel Disturbo d’Ansia Generalizzato (GAD).
Questi interventi prevedono incontri di gruppo, workshop e soprattutto esercizio
quotidiano da parte del paziente.In alcuni studi una percentuale di pazienti ha dimostrato che i miglioramenti si sono mantenuti nel tempo fino a ben tre anni dalla
terapia.
Sono invece per ora insufficienti gli studi di valutazione dell’efficacia della Mindfullness nel Disturbo Ossessivo Compulsivo (OCD).
I benefici delle pratiche di meditazione e consapevolezza iniziano ad essere conosciuti da un punto di vista neurobiologico e riguardano sia il rilascio dei neurotrasmettitori che modifiche strutturali a livello delle cellule cerebrali, come dimostrato
da studi di neuroimaging che indagano la funzione e la morfologia dell’encefalo.
Per quanto riguarda pratiche fisiche che richiedono anche esercizio di concentrazione come Yoga e Tai Chi, i dati non sono ancora del tutto sufficienti, sebbene
venga confermata una significativa riduzione dei sintomi d’ansia, in associazione
alla terapia farmacologica, se questi esercizi vengono praticati per almeno 2 o 3 volte
alla settimana e per un periodo di almeno 6 mesi.
Interessante è uno studio statunitense che indaga l’utilizzo della pratica Yoga
nell’ansia da prestazione di musicisti e cantanti laureati al Conservatorio. Il programma prevedeva 9 settimane di pratica, per 60 minuti, 2 volte alla settimana associata ad una breve pratica a casa quotidiana.
I risultati dello studio suggeriscono che lo Yoga è un intervento promettente per
ridurre l’ansia da prestazione con risultati e miglioramenti mantenuti nel tempo.
Dieta e nutrizione
La ricerca sul ruolo della dieta sulla salute mentale è ancora in via di sviluppo.
Alcuni studi però hanno cercato di valutarne l’influenza nei disturbi d’ansia.
Il primo studio è stato condotto su un campione di donne australiane in cui è stato dimostrato che una dieta ricca di frutta, verdura, cereali integrali e carni bianche
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Psichiatria 20
è associata ad una minore probabilità di sviluppo di malattia depressiva ma non di
ansia.
L’altro studio è invece norvegese e anche in questo caso una dieta “occidentale”
cioè ricca di salumi, snack, margarina, bevande gasate zuccherine, dolci e zuccheri
raffinati è correlata a una maggiore probabilità di depressione ma non di ansia.
E’ verosimile che questo sia legato al forte potere acidificante e infiammatorio che
un’alimentazione come quella suddetta determina.
Una dieta ricca di Omega 3 e Omega 6, in giusta proporzione, è invece protettiva
circa lo sviluppo di depressione e anche di ansia.
Conclusioni:
In conclusione si può affermare che esistono, allo stato dell’arte, numerosi studi
che cercano di chiarificare quanto possano essere efficaci alcune strategie terapeutiche e approcci alternativi da associare alla terapia farmacologica e alla psicoterapia
per il trattamento dei disturbi d’ansia, allo scopo di potenziarne l’efficacia.
Diversi studi evidenziano l’utilità di questi approcci, differenziandoli tra quelli
più efficaci e quelli ancora non validati.
Queste ricerche non sono per ora completamente esaustive e sarà necessario indagare meglio l’efficacia di queste pratiche nelle diverse forme di disturbi d’ansia.
Un altro dato importante che emergerà dai futuri approfondimenti dovrà riguardare anche l’efficacia a lungo termine e la prevenzione delle recidive.
Articolo Scritto dalla Dottoressa Cristina Selvi •
La dott.ssa Cristina Selvi si occupa di Psichiatria, Psicoterapia e Medicina Omotossicologica a Milano presso lo Studio
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Psichiatria 21
Una strana forma
di Depressione!
Con il termine di Depressione Bipolare o Disturbo Bipolare si indica una particolare forma di Disturbo dell’Umore caratterizzata da alternanza di Episodi di Depressione ed Episodi di Euforia. Questi ultimi possono essere spontanei o anche indotti dall’utilizzo di farmaci prescritti allo scopo di risolvere un precedente quadro
depressivo.
Mentre i sintomi della Depressione sono più noti e facilmente riconoscibili e soprattutto causano una sofferenza soggettiva che spinge il paziente a chiedere l’aiuto
del medico, la sintomatologia che accompagna un Episodio di Euforia, principalmente quando questo non è particolarmente grave, può sfuggire all’osservazione dei
pazienti che solitamente sperimentano un senso di benessere e di forza psichica che
difficilmente riescono a considerare patologico.
E’ invece importantissimo riconoscere questa condizione clinica che può altrimenti evolvere fino a quadri molto gravi.
Il nostro tono dell’umore può essere paragonato a un pendolo: le oscillazioni in
senso euforico (quando queste avvengono a causa di un Disturbo Bipolare) aumentano il rischio che, nei mesi successivi, il paziente vada incontro a un Episodio Depressivo, il quale sarà tanto più acuto e duraturo quanto più tardi si è intervenuti con
mezzi preventivi.
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Psichiatria 22
La dottoressa
Cristina Selvi
scrive articoli con
tema Psichiatria,
Psicoterapia e
Medicina Omotossicologica
anche su
Medicitalia.
E’ possibile leggere tali articoli
all’indirizzo:
medicitalia.it/
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Un secondo motivo per cui è assolutamente necessario intervenire in caso di Euforia è che, non adeguatamente trattata, può evolvere in forme sempre più gravi e
resistenti alle terapie; sono queste situazioni in cui il paziente può davvero perdere
il controllo delle proprie azioni, non considerando il rischio potenziale di alcune di
queste ( guida spericolata, investimenti finanziari impulsivi) e la inopportunità di
altre (ridere, cantare e ballare in pubblico, comportamenti sessuali promiscui o eccessivi, abbigliamento eccentrico) esponendosi quindi a situazioni anche pericolose
o illegali.
Nel Disturbo Bipolare l’obiettivo del medico è di mantenere il paziente nel cosiddetto stato di EUTIMIA (dal greco euthymia: eu = buono e thymos = animo, cioè
umore nella norma) utilizzando il minor numero di farmaci possibile, preferendo
quelle molecole che fungono da stabilizzatori del tono dell’umore, quelle cioè che
riducono l’ampiezza delle oscillazioni del nostro pendolo ideale o utilizzando strategie non farmacologiche.
I Sintomi dell’Episodio Euforico o Maniacale:
Esagerata stima di sé e ottimismo
Agitazione psichica e motoria
Insonnia grave o diminuito bisogno di sonno
Il paziente non si sente mai stanco nonostante la grave mancanza di sonno
Discorsi rapidi, pressanti e a voce alta
Giochi di parole inappropriati e poco logici
Spese stravaganti ed esagerate
Euforia inappropriata, scherzi, risa
Atteggiamenti eccessivamente famigliari con sconosciuti
Eccessiva disinibizione nei comportamenti
Obiettivi grandiosi, irrealistici e transitori
Accessi di rabbia e aggressività
Comportamenti illegali e aggressivi
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Psichiatria 23
Trucco e abbigliamento bizzarro ed eccentrico
Disturbi dell’attenzione e facile distraibilità
Logorrea che segue a un ritmo accelerato dei pensieri
Eccessiva propensione per attività piacevoli senza preoccupazione per eventuali conseguenze
Nel Disturbo Bipolare di tipo I questi sintomi sono molto marcati ed intensi e si
parla di Episodio Maniacale.
Nel tipo II la fase euforica è più contenuta e si parla di Episodio Ipomaniacale.
Sono soprattutto questi i casi che possono essere difficili da riconoscere non solo dal
paziente ma anche dal medico, a meno che non si tratti di uno specialista.
La gravità, la frequenza e la polarità (cioè depressiva o euforica) degli episodi,
nella Depressione Bipolare, variano da caso a caso e questi parametri possono essere
influenzati positivamente da una terapia ben impostata e scupolosamente rispettata.
Ben trattato e monitorato il Disturbo Bipolare è, infatti, curabile nella maggioranza dei casi e compatibile con una vita sociale e lavorativa assolutamente normale.
Essenziale è che il medico sia in grado di porre un’accurata Diagnosi Differenziale,
che significa saper distinguere quando questi comportamenti appartengono a un
Disturbo dell’Umore e quando invece appartengono a patologie psichiatriche più
gravi quali ad esempio il Disturbo Schizofrenico, malattia che richiede un trattamento e una gestione differenti e soprattutto ha una prognosi molto diversa.
E’ verosimile che una buona percentuale dei pazienti che nel passato erano ricoverati e a volte internati per tanti anni e considerati “pazzi” fossero affetti da una
forma di Depressione Bipolare oggi ben nota e ben trattabile. Purtroppo in passato
le possibilità di diagnosi e cura erano pressoché inesistenti ponendo le basi per un
aggravamento esponenziale della patologia.
La medicina moderna è invece in grado di alleviare gli estremi della depressione
e dell’euforia offrendo terapie non disponibili un tempo.
In questa malattia il trattamento deve essere sempre di tipo farmacologico, la psicoterapia può avere senso per aiutare il paziente a conoscere meglio la sua malattia
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Psichiatria 24
in modo da individuare per tempo i segnali di una ricaduta, ad elaborare il vissuto
che la diagnosi di uno stato patologico, soprattutto se di tipo psichico, può a volte
provocare e nell’insieme per potenziare l’ adesione al trattamento farmacologico.
Terapie non Farmacologiche
Nel Disturbo Bipolare possono essere molto efficaci strategie terapeutiche non
farmacologiche che risolvono l’Episodio Depressivo o comunque potenziano notevolmente l’azione della terapia farmacologica. Questo perché il paziente affetto da
Depressione Bipolare risponde meglio a queste terapie rispetto al paziente affetto da
Depressione Unipolare e, come abbiamo detto in precedenza, il migliore equilibrio
del tono dell’umore spesso si ottiene evitando il ricorso ai farmaci antidepressivi.
Queste terapie non sono disponibili in ambulatorio sebbene siano assolutamente
innocue per il paziente e semplici da attuare. Richiedono però degli strumenti costosi e sofisticati e un supporto del paziente durante l’esecuzione della terapia.
Esse sono la Deprivazione di Sonno, l’esposizione alla Light Therapy e la Stimolazione Magnetica Transcranica (da non confondere assolutamente con l’ Elettroshock).
Attraverso questi ausili è spesso possibile risolvere un quadro depressivo altrimenti resistente ai farmaci o evitare del tutto il ricorso a molecole antidepressive
scongiurando così la possibilità di indurre un quadro di euforia iatrogeno, cioè causato dalla terapia medica (dal greco iatròs = medico e gènos = origine).
Curiosità:
Dalla biografia di numerosi personaggi storici è possibile evincere che erano
affetti da Depressione Bipolare. Esiste spesso una relazione tra le manifestazioni di
questa patologia con la creatività e il talento.
Musicisti famosi, noti scrittori, eminenti poeti, celebri attori, personalità religiose
e leader politici e militari hanno sofferto di Disturbo Bipolare, persino ottimi psichiatri. La loro attività o produzione artistica è stata molto influenzata, nella quantità e nella qualità, dalla malattia.
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Per citarne solo qualcuno: Beethoven, Tchaikovsky, Hemingway, Munch, Michelangelo, Churcill, Roosvelt, Jim Carrey e Sting.
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La Sindrome
Premestruale (SPM)
La Sindrome Premestruale o SPM è una condizione caratterizzata da temporanea instabilità emotiva accompagnata spesso da sintomi fisici che si manifesta nei
giorni che precedono l’inizio ciclo mestruale.
I sintomi scompaiono all’arrivo delle mestruazioni, anche se, soprattutto con l’avvicinarsi della menopausa, i disturbi possono durare più a lungo e diventare via via
più intensi.
La percentuale di donne che soffrono di Sindrome Premestruale vera e propria,
nella sua forma più severa, è fortunatamente bassa, intorno al 5%.
Circa un 20% manifesta invece sintomi più lievi ma che possono interferire con il
funzionamento sociale e lavorativo.
La maggior pare delle donne avverte comunque qualche cambiamento di umore
e qualche disturbo fisico nei giorni che precedono la comparsa del ciclo.
I malesseri sono a tutte ben noti: nervosismo, ansia, tristezza, crisi di pianto, insonnia, alterazioni del desiderio sessuale, impulsività e aggressività a cui si associano sintomi fisici quali sensazione di gonfiore, temporaneo aumento di peso, ritenzione di liquidi, dolore al seno (mastodinia), stipsi o diarrea, aumento della fame,
mal di testa.
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Senza entrare nei dettagli delle cause l’evento scatenante è la fluttuazione dei livelli ormonali, in modo particolare della bilancia estrogeni/progestinici, che ha una
ripercussione più generale sull’assetto neuro- ormonale dell’organismo a cui alcune
donne sono particolarmente sensibili.
Oggi è possibile trattare questa condizione attraverso il ricorso a terapie specifiche che devono essere però accompagnate anche da una modifica di alcuni stili di
vita che possono peggiorare l’entità dei sintomi.
Nei casi più gravi sarà lo specialista ginecologo a valutare la possibilità e la necessità di prescrivere una terapia estroprogestinica che, modulando le fluttuazioni
ormonali e la funzione ovarica controlli l’insorgenza dei disturbi.
Sarà invece lo specialista psichiatra a dover valutare l’eventuale somministrazione
di farmaci Serotoninergici che si sono dimostrati molto efficaci nel trattare questa
sindrome. Questo perché il calo degli estrogeni, nella seconda parte del ciclo, induce, nei soggetti che soffrono di questo disturbo, una riduzione della disponibilità di
serotonina, uno dei principali neuro-trasmettitori.
Il calo della serotonina è a sua volta associato alla comparsa di ansia e alle oscillazioni del tono dell’umore.
Certamente l’utilizzo di una terapia antidepressiva va valutato attentamente e riservato alle situazioni in cui l’intensità dei sintomi è tale da interferire significativamente con la vita della paziente.
Chi presenta una sintomatologia più contenuta può in alternativa rivolgersi alle
terapie naturali utilizzando uno o più rimedi dalla cui sinergia può derivare un miglioramento.
Tra questi è oramai riconosciuta l’azione del Magnesio che possiede attività di rilassante neuro-muscolare ed ha quindi un’azione blandamente calmante sul sistema
nervoso riducendo allo stesso tempo la contrattura della muscolatura degli organi
interni, quindi anche quella uterina, e dello scheletro.
Nei paesi dell’Europa settentrionale, come la Germania, il magnesio è già prescritto da anni dai ginecologi ostetrici ed utilizzato in gravidanza per ridurre l’intensità delle contrazioni uterine meno gravi, quando in Italia veniva ancora utilizzata l’
isossisuprina ( Vasosuprina), farmaco indicato per la minaccia di aborto.
Sempre in Germania, paese notoriamente all’avanguardia per l’utilizzo delle terapie naturali anche nel Sistema Sanitario Pubblico, Il Ministero della Sanità ha riconosciuto e approvato l’utilizzo di preparati a base di Agnocasto, una pianta dotata di
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Psichiatria 28
spiccata azione sedativa e modulatoria sull’irritabilità tipica della sindrome.
E’ curioso notare il significato del nome Agnocasto: la pianta si chiama Vitex
Agnus Castus e cioè “agnello casto”. Questa pianta è stata utilizzata, infatti, fin dai
tempi antichi come “rimedio femminile” per le sue proprietà contro l’eccesso di aggressività.
Un’altra delle sue note azioni è il calo della libido, per questa ragione era prescritta
in epoca romana alle donne i cui mariti erano in guerra e durante il Medio Evo veniva utilizzata come spezia nei monasteri per favorire la castità; veniva in quell’epoca
chiamata appunto Pianta della Castità o Pepe dei Monaci.
Tradizionalmente è oggi utilizzata nell’Europa settentrionale per trattare la dismenorrea, la mastodinia e alcune problematiche legate alla Menopausa e alla Sindrome Premestruale.
Un altro possibile rimedio naturale è l’utilizzo di Neurotrasmettitori e Ormoni
in formulazione Low Dose, cioè in preparati attraverso i quali sono somministrati
alle stesse concentrazioni nelle quali lavorano nel nostro organismo. Questa terapia permette di ottenere una modulazione fine che ha lo scopo di riequilibrare un
assetto neuro-ormonale responsabile della comparsa dei sintomi. In particolare la
Serotonina può essere molto utile nelle donne che manifestano una prevalente sintomatologia di tipo psichico. E’ possibile associare, secondo i casi, altri Ormoni Low
Dose, come Progesterone o Beta-estradiolo, Melatonina.
Esistono anche preparati che associano l’effetto diuretico di un fitoterapico all’azione di un diuretico di sintesi, sempre in preparazione Low Dose, che contrastano
quindi la ritenzione idrica senza il ricorso a farmaci più potenti con i loro possibili
effetti collaterali. Inoltre in molte donne un blando effetto diuretico è utile durante
tutte le fasi del ciclo.
La scelta della terapia più adatta deve avvenire sempre tenendo conto della situazione clinica, della qualità ed entità dei disturbi di ogni singola paziente e anche
della predilezione e inclinazione personale ad assumere una terapia allopatica o una
terapia Non Convenzionale.
Qualsiasi approccio deve però essere sempre affiancato a una serie di misure che
riguardano lo stile di vita che sono indispensabili per alleviare l’entità dei sintomi. Si
tratta comunque di norme generali che mirano al benessere dell’organismo perché
capaci di influenzare l’assetto neuro-endocrino e che dovrebbero essere rispettate a
prescindere dalla presenza della sindrome premestruale. Sarebbe, infatti, veramente
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Psichiatria 29
poco saggio utilizzare dosaggi di farmaci maggiori quando già alcune misure preventive possono modificare l’andamento del ciclo e dei disturbi ad esso associati.
Ne menziono quindi qualcuna.
Innanzitutto alcuni accorgimenti nell’alimentazione possono aiutare a ridurre
l’intensità dei sintomi associati al periodo pre-mestruale e in particolar modo evitare o ridurre drasticamente i cibi conservati e i dadi da cucina e più in generale tutti
gli alimenti contenenti Glutammato di Sodio. Questa sostanza è aggiunta allo scopo
di dare sapore e conservare ma ha un potere molto eccitante a livello del sistema
nervoso accentuando quindi l’impulsività, la facilità al pianto, i disturbi del sonno e
le fluttuazioni del tono dell’umore.
I cibi salati inoltre favoriscono la ritenzione idrica, disturbo quasi invariabilmente presente nei giorni che precedono il ciclo mestruale.
Vanno allo stesso modo contenuti gli alimenti ricchi di zuccheri, soprattutto a
rapido assorbimento, questo perché le variazioni brusche di glicemia (quantità di
glucosio nel sangue) accentuano i sintomi della sfera psichica della sindrome premestruale. Preferite quindi l’assunzione di carboidrati non raffinati, di frutta e verdura, anche esse fonte di zuccheri.
E’ utile ridurre anche l’assunzione degli alimenti cosiddetti nervini: caffè, tè, cacao, guaranà e ginseng ( attenzione alla bibite che li contengono), hanno un’azione
stimolante a livello di sistema nervoso centrale e periferico, peggiorando quindi
sintomi quali ansia, insonnia, irritabilità e facilità al pianto.
E’ necessario mantenere un ritmo sonno-veglia abbastanza regolare e soprattutto
compiere un’attività motoria aerobica, anche leggera ma continua, che promuova
un controllo della glicemia e che stimoli la produzione di sostanze con un’azione
calmante e regolatoria sul sistema nervoso come serotonina, dopamina. L’attività
fisica si è dimostrata inoltre efficace poiché aumenta le endorfine, sostanze oppioidi
endogene utili per combattere il dolore, la loro produzione, infatti, diminuisce proprio nei giorni che precedono le mestruazioni.
Per chi preferisce un approccio fisico più delicato, è oramai noto che anche le
tecniche di respirazione e di meditazione sono buoni ausili per contrastare ansia e
irritabilità.
Queste tecniche, insieme alla pratica dello yoga fisico (Hatha Yoga ) ed in particolare di alcune posizioni o sequenze di posizioni, e la pratica del Pranayama, cioè
degli esercizi di respirazione, si sono dimostrate efficaci nel ridurre lo stato di stress
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Psichiatria 30
e le modifiche neuroendocrine ad esso correlate, che causano la sintomatologia della SPM.
Da un punto di vista della medicina accademica ciò è facilmente spiegabile ed
accettabile in quanto attraverso queste pratiche si modifica la disponibilità delle sostanze sopra menzionate e si ottiene un riequilibrio del sistema nervoso neurovegetativo.
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Respirate e Rallentate
contro il Panico
Innanzitutto RICORDATE:
Il Disturbo da Attacchi di Panico è una patologia diffusa e ben conosciuta.
Avere avuto un attacco di panico non significa soffrire di Disturbo da Attacchi di
Panico.
Il Disturbo da Attacchi di Panico è un disturbo che può essere curato con efficacia.
Durante gli attacchi di panico non si impazzisce né si muore!
Durante gli attacchi di panico non si commettono atti pericolosi per sé o per gli
altri!
Il Disturbo da Attacchi di Panico (DAP) è purtroppo oggi molto frequente. Le
cause che determinano l’insorgenza del DAP sono davvero numerose, non sono
ancora del tutto chiarite e in ogni singolo paziente è individuabile un insieme di
concause, biologiche e psicologiche, che vanno attentamente valutate per impostare
il trattamento corretto.
Indubbiamente nella società occidentale, orientata al raggiungimento di performance sempre più elevate sia su un piano lavorativo, economico, sociale ed estetico, sia su tanti altri versanti, l’essere umano è sottoposto a un carico di richieste
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continue e pressanti cui fare fronte che su un piano biologico attiva cronicamente i
meccanismi di risposta allo stress ponendo le basi per il notevole aumento dell’insorgenza di questa patologia al quale stiamo assistendo.
Quindi la comparsa del disturbo fa spesso seguito a situazioni ambientali e contingenti che sono vissute dal soggetto come stressanti, situazioni cioè che disturbano
l’equilibrio dell’organismo il quale risponde con tutta una serie di adattamenti neuropsichici, emotivi, ormonali, immunologici e motori che configurano La Sindrome
Generale di Adattamento di Selye, più comunemente conosciuta come STRESS.
E’ interessante notare che tra queste situazioni spesso la comparsa di panico
nell’essere umano è correlata a esperienze di “lutto” e di distacco.
Questo termine, in questo contesto, va inteso in senso lato, riguarda cioè quelle
situazioni in cui la persona si trova esposta a eventi di separazione, reali o temuti;
la comparsa di ansia e panico riguarda prevalentemente soggetti predisposti i quali,
il più delle volte, hanno mostrato da bambini ansia da separazione dalle figure di
riferimento e in generale sintomi di ansia durante l’infanzia.
Questo perché nel bambino la separazione dai genitori è un processo molto complesso sul piano psichico, con un impatto emotivo profondo e il modo con cui avviene, o è vissuta, da luogo a stili di attaccamento che si apprendono in età infantile
ma che rimangono invariati per tutta la vita nelle relazioni adulte, i quali possono
comportare una vulnerabilità emotiva eccessiva nei confronti delle esperienze di
distacco.
In questi casi la separazione affettiva è vissuta come un grave pericolo alla sopravvivenza e l’organismo reagisce con una risposta biologica intensa che si manifesta in
tutta la sua gravità, nei soggetti predisposti, con la comparsa dell’attacco di panico.
Ciò però può accadere anche quando l’esperienza di lontananza dalle figure di riferimento non compromette la relazione, ma appartiene ai quotidiani momenti di
autonomia che la vita impone. A volte addirittura non vi è a livello concreto nella
vita del paziente nessun evento di potenziale distacco ma il vissuto è comunque
presente a livello inconscio, nel mondo psichico del paziente e agisce come spina
irritativa psichica.
Da un punto di vista biologico le persone affette da DAP dimostrano una particolare sensibilità di alcune zone encefaliche alle fisiologiche modificazioni di concentrazione di Anidride Carbonica (CO2); la stimolazione di queste zone produce
frequenti e intensi falsi segnali di asfissia (mancanza d’aria) che è uno dei sintomi
tipici del panico e dell’ansia. Queste sono zone ricche di neuroni che inducono il
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Psichiatria 33
rilascio di Adrenalina procurando la reazione di allarme e l’attacco ansioso acuto
tipico del panico.
Per questo motivo è molto importante imparare come respirare, sia durante l’attacco di panico, sia per prevenirlo, sia in generale nella vita di tutti i giorni, evitando
la respirazione superficiale, troppo veloce e frequente che è tipica del paziente ansioso.
Due parole sul respiro
L’uomo moderno ha disimparato a respirare in modo corretto, riempie i polmoni
solo parzialmente e respira troppo velocemente, con la conseguenza di non sfruttare
le potenzialità dell’apparato respiratorio nell’ossigenare il sangue e quindi gli organi,
cervello compreso.
Respirando in modo più fisiologico alleniamo e potenziamo tutti i muscoli della
gabbia toracica e in particolare impariamo ad utilizzare il diaframma, muscolo a
forma di cupola che divide la cavità toracica da quella addominale.
La respirazione diaframmatica oltre ad essere benefica nel ridurre lo stato di attivazione psichica “massaggia” gli organi cavi addominali, favorendo lo svuotamento
dello stomaco e promuovendo la peristalsi intestinale, è quindi un ottimo ausilio
nelle persone che soffrono di stitichezza e di problemi digestivi in genere, patologie
spesso correlate a stati d’ansia.
Il respiro deve essere lento, normalmente noi eseguiamo un numero eccessivo di
respiri ogni minuto, dobbiamo imparare a ridurre la frequenza degli atti respiratori
che devono essere più completi e profondi.
Allenarsi in questo senso ogni giorno per almeno 5/10 minuti è una strategia utile
e benefica per chi soffre di ansia, nel tempo anche quando non ci concentriamo
sulla respirazione, quindi durante lo svolgimento delle nostre quotidiane attività, il
nostro respiro diventa più naturale e sano.
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Psichiatria 34
Modulare i neurotrasmettitori
Il Disturbo da Attacchi di Panico dipende anche da un’alterazione dei sistemi
neuronali che utilizzano come neurotrasmettitori la Serotonina, la Dopamina, la
Noradrenalina, questo è il motivo per cui agendo su questi sistemi si può ottenere
una notevole riduzione dell’ansia e la scomparsa del panico.
Le strategie per riequilibrare questi sistemi sono diverse. Innanzitutto questo può
essere ottenuto attraverso l’utilizzo di farmaci specifici contro l’ansia; oggi gli attacchi di panico sono molto ben curabili attraverso il ricorso agli stessi farmaci che si
usano nella depressione, malattia nella quale esiste una disregolazione delle stesse
vie neuronali. Questi farmaci agiscono nel DAP un po’ come un antibiotico agisce
quando si ha un’infezione, cioè curandone le cause biochimiche che ne sono alla
base, mentre le Benzodiazepine svolgono un ruolo importante ma esclusivamente
di tipo sintomatico, un po’ come la Tachipirina dell’ansia.
Altre strategie per riequilibrare l’assetto dei neurotrasmettitori sono le Tecniche
di Rilassamento e tutte le altre pratiche fisiche e mentali che agiscono riducendo lo
stato di attivazione psichica e fisica (arousal), favorendo quindi la secrezione di sostanze che abbiano un’azione “calmante” (Melatonina, Serotonina, Gaba, Endorfine)
e limitando la secrezione di quelle che hanno una funzione eccitatoria (Adrenalina,
Noradrenalina, Cortisolo). Per citarne alcune le pratiche di Meditazione, le diverse
forme di Yoga, il Ci Gong, il Tai Chi le Tecniche di Respirazione e i massaggi.
I massaggi, ad esempio, agiscono attraverso le incredibili connessioni che esistono tra la cute e il sistema nervoso ( Network cute-cervello) dovute al fatto che
nell’embrione umano le stesse cellule daranno vita al sistema nervoso, alla pelle e
agli organi di senso.
Da qui verosimilmente il potere della musica e anche dei colori di determinare
stati di benessere psichico per esempio attraverso la Musicoterapia e la Cromoterapia.
Anche semplicemente imparare a “fare le cose piano” può essere di aiuto nell’alleviare i sintomi d’ansia ed evitare la possibilità che evolvano in panico; spesso chi è
ansioso cammina velocemente, mangia velocemente, pensa velocemente e si muove
velocemente, nel tentativo di fare tante cose, tutte insieme e aspirando alla perfezione. Imparare uno stile di vita più lento e fisiologico, oltre che meno esigente verso
se stessi, è indispensabile proprio per chi soffre di sintomi d’ansia. E come in tutte
le cose della nostra vita anche questa capacità richiede, per essere appresa, impe-
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Psichiatria 35
gno nell’esercizio di questa regola che non avviene soltanto perché crediamo che
sia giusta e utile, dobbiamo ricordaci di applicare il “metodo della maggior lentezza”
durante tutta la nostra giornata e le nostre azioni.
In ultimo si possono ottenere ottimi benefici anche attraverso la Psicoterapia,
nelle sue differenti declinazioni, la quale, come oramai è confermato dagli studi di
neuro-imaging, determina modificazioni non solo del pensiero e del comportamento ma anche dei neurotrasmettitori, delle connessioni tra le cellule nervose e quindi
della struttura e del funzionamento del cervello.
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Psichiatria 36
La Distimia.
Francesca ha 33 anni, è sposata, ha un figlio di 9 anni e lavora in una agenzia di
viaggi.
Non ricorda neanche più quando ha cominciato a sentirsi così né il perché.
In effetti nella sua vita non ci sono particolari problemi ma ciò nonostante tutto le
sembra faticoso, poco gratificante, poco significativo. Se dovesse pensare a qualcosa
che le dia veramente gioia e allegria non saprebbe che risposte darsi.
Certo è molto contenta del suo bambino e del suo matrimonio che le sembrano
anche il riparo sicuro da un mondo nel quale trova poco di piacevole.
Non sa davvero dire che cosa le piacerebbe fare o cosa la renderebbe felice, tutto
il suo tempo libero lo trascorre aderendo alle iniziative che propone il marito, le
vanno bene e le va bene che sia lui a decidere per loro.
Non ha amici personali, quelli di quando era ragazza non li ha più contattati e
solitamente la sua vita sociale è limitata agli incontri con chi già il marito conosceva
prima di sposarsi.
Comunque sente sempre un po’ di disagio quando sta con gli altri come se loro
avessero sempre cose da dirsi e da raccontarsi e lei invece non avesse mai nulla di
interessante o intelligente da condividere.Vive con un latente senso di inadeguatezza.
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Psichiatria 37
Cosa
“Depressione” è un termine con tanti significati. È considerata una patologia
quando l’umore depresso e i relativi sintomi sono di entità sufficiente e durano così
a lungo da interferire con la vita affettiva, sociale, lavorativa di un individuo.
Il termine Distimia deriva dal greco dys (deviazione) e thymos (mente), ossia, nel
linguaggio corrente, “cattivo stato mentale” o “umore malato”
La Distimia, o Disturbo Distimico è una forma particolare di depressione
caratterizzata da sintomi più lievi ma più persistenti rispetto alla Depressione
Maggiore, cioè di durata pari o maggiore ai due anni. La gravità della depressione
è, nella Distimia, minore che durante un Episodio Depressivo e la sensazione
soggettiva del paziente è spesso quella di “essere fatto così”, attribuendo il disagio
più al suo carattere e della sua personalità che ad un disturbo curabile. È infatti
normale, per la persona distimica, “sentirsi giù di corda”, “vedere tutto nero”.
Anche gli altri sintomi sono simili per qualità a quelli della Depressione ma meno
gravi e più duraturi nel tempo e si concretizzano soprattutto come bassa autostima,
atteggiamenti eccessivamente autocritici e autosvalutanti, difficoltà a relazionarsi,
senso di inadeguatezza, pessimismo, indecisione, un senso di generale disinteresse e
mancanza di senso, stanchezza cronica, che si associano ad un umore cronicamente
triste e l’inclinazione alla malinconia. Inoltre le persone affette da Distimia si vivono
spesso come poco intelligenti, noiose, poco interessanti.
Quando
Questa patologia ha spesso un esordio precoce, già nella adolescenza o nella
prima età adulta. Nonostante ciò la diagnosi spesso avviene solo ad avvenuta
cronicizzazione proprio a causa della ridotta intensità delle sue manifestazioni.
Purtroppo il ritardo nel riconoscimento di questa patologia può causare l’evoluzione
del disturbo in un Episodio di Depressione Maggiore.
Quanto
Si tratta di un disturbo ad elevata prevalenza: fino al 6% della popolazione sviluppa
in qualche momento della sua vita uno o più episodi distimici.
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Psichiatria 38
E’ più frequente nel sesso femminile.
E’ stato calcolato, negli Stati Uniti, che il 30% degli individui in psicoterapia è
affetto da Distimia. Questo dato è estremamente rilevante in quanto segnala come il
disturbo venga considerato esclusivamente legato a fattori personologici e vengano
trascurati fattori più complessi di tipo Bio-Psico-Sociale che richiedono per la
Distimia un trattamento combinato, di tipo psicologico e farmacologico.
La tendenza cioè a interpretare la cronicità del disturbo come legata alla
personalità induce a considerare la Distimia sensibile soltanto alla psicoterapia.
Perché
L’eziologia (ossia la causa) della distimia è multifattoriale, e quindi da ricercare
tra un background genetico predisponente, associato a condizioni di stress cronico
e situazioni “traumatiche” durante l’infanzia. Quando insorge tardivamente
nell’anziano è probabilmente correlata al progressivo declino delle cognitive e
all’impatto emotivo delle difficoltà fisiche o delle malattie a cui si va incontro con
l’invecchiamento.
Come curarla
E’ in genere la difficoltà nei rapporti sociali che porta questi soggetti a cercare
aiuto. Spesso la prima figura professionale interpellata è il Medico di famiglia il
quale può avere difficoltà a riconoscere la presenza di un disturbo specifico. Per
questo motivo la diagnosi è sottostimata e avviene solitamente soltanto in contesti
specialistici.
A differenza del passato, dove questo disturbo veniva spesso ignorato e non c’erano
schemi terapeutici adeguati, la progressiva presa di coscienza del mondo medico nei
confronti della Distimia ha permesso l’individuazione di strategie farmacologiche
efficaci come gli inibitori re-uptake della serotonina ( SSRI ). La risposta alla terapia
farmacologica è comunque generalmente buona. L’approccio medico deve essere
sempre affiancato dalla psicoterapia, sia ad indirizzo psicodinamico che cognitivocomportamentale, proprio in virtù delle suddette cause multifattoriali della malattia.
Il tasso di guarigione del disturbo distimico, grazie alle attuali conoscenze e
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Psichiatria 39
terapie, può raggiungere l’80%.
Se non trattato adeguatamente il Disturbo Distimico può invece evolvere in
Depressione.
Per questo, alla base dell’intervento terapeutico farmacologico e di supporto
psicologico ci deve sempre essere un colloquio psichiatrico che miri ad individuare
il problema, capirlo e lavorare assieme per risolverlo.
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Depressione e Sindrome
da Burnout
Ansia e depressione sono due termini, oramai noti a tutti, che non solo indicano
due importanti capitoli della patologia medico-psichiatrica, ma soprattutto segnalano i due sintomi principali che i pazienti riferiscono quando vengono alla visita.
Inoltre, i termini ansia e depressione indicano due stati emotivi spiacevoli che
frequentemente appartengono alla esperienza di vita comune di ciascuno di noi,
anche di chi non necessita dell’aiuto dello specialista.
Altre volte invece, l’entità e la qualità di tali stati d’animo si concretizza in una
forma depressiva vera e propria.
Spesso si “ cerca di tirare avanti ” sperando che la situazione si risolva, il più delle
volte si decide di rivolgersi al medico di famiglia, il quale non può che intervenire
con strumenti terapeutici che agiscono sopprimendo il sintomo ma che non possono agire alla base delle cause, anche biologiche, che determinano la comparsa di
questi disturbi.
Raramente isolate, le manifestazioni di ansia e di umore depresso, il più delle
volte si presentano associate tra di loro e possono accompagnarsi, in modo variabile,
ad altri disturbi quali ad esempio la riduzione della concentrazione, la difficoltà ad
addormentarsi o a mantenere il sonno e soprattutto un importante calo di energia
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dott.ssa Cristina Selvi
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psico-fisica.
Osservo in genere nella mia pratica clinica come le persone arrivino alla visita
quando questi disturbi datano già da alcuni mesi e la richiesta di aiuto si concretizza solo nel momento in cui i sintomi stanno causando un evidente disagio su tutte
le attività quotidiane, sia quelle lavorative che quelle personali.
E’ molto importante in tutti i casi fare una diagnosi precisa: ci troviamo di fronte
ad un quadro depressivo conclamato, che necessita di una adeguata terapia medica,
solitamente di tipo allopatico, oppure siamo in quelle fasi iniziali di esaurimento in
cui il nostro organismo inizia a mandare segnali che, se bene interpretati e affrontati,
permettono di recuperare uno stato di salute senza arrivare alla malattia depressiva?
Il termine esaurimento nervoso, che ha preceduto negli anni la terminologia più
moderna di Depressione è, a mio parere, molto corretto in alcune situazioni cliniche, come spesso lo sono le descrizioni della cosiddetta saggezza popolare.
In effetti le condizioni a cui mi riferivo prima, inquadrate da un punto di vista
Omotossicologico rappresentano proprio la manifestazione clinica di uno stato di
indebolimento di organi e di funzioni biologiche e metaboliche dal corretto funzionamento delle quali dipende il mantenimento dello stato di salute e di efficienza fisica e psichica. Quando queste funzioni sono scarsamente efficienti si arriva ad una
condizione di sofferenza dell’organismo che si manifesta con un insieme di sintomi
che possono mimare per qualità uno stato depressivo.
I motivi e le condizioni che possono portare all’indebolimento dei meccanismi
deputati alla produzione di livelli ottimali di energia e di salute sono numerosi,
l’argomento è vasto e interessante e sarà oggetto di un prossimo approfondimento.
La Medicina Omotossicologica e La Medicina Fisiologica di Regolazione sono
in grado di agire a vari livelli, sui diversi organi, ripristinandone gradualmente la
funzione, permettendo così il controllo e la modulazione dei sintomi, ma anche, e
questo è ciò che più conta, potenziando vie metaboliche che si svolgono all’interno
delle cellule che sono deputate alla produzione di energia ( Ciclo di Krebs e Fosforilazione Ossidativa ) nonché regolando vie di trasmissione neuro-endocrina la cui
corretta regolazione è indispensabile per le funzioni vitali e la risposta adeguata allo
Stress, tra queste in particolare l’asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene.
E’ quindi importante dare valore e non trascurare condizioni caratterizzate da
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dott.ssa Cristina Selvi
Milano - Piazza Gorini 6
una stanchezza apparentemente immotivata, una riduzione delle energie fisiche e
psichiche, associate o meno a sintomi più qualificati in senso depressivo o ansioso,
proprio allo scopo di prevenire la comparsa di situazioni più conclamate e inquadrabili nella vera e propria Depressione, le quali poi necessitano un intervento
farmacologico mirato con farmaci antidepressivi e ansiolitici.
Sono queste situazioni che ancora non sconfinano nel patologico e che possono
essere contenute e risolte senza il ricorso a farmaci allopatici; appartengono spesso
alla continua ciclicità dell’efficienza delle nostre funzioni biologiche, le quali per
mantenere nel tempo la loro efficacia vanno sostenute e potenziate.
La Medicina Omotossicologica stimolando i meccanismi di difesa intrinseci del
nostro organismo può quindi essere di grande utilità in queste situazioni “borderline, nonché in tutti i momenti di vita in cui le richieste a cui il nostro organismo è
sottoposto sono più elevate.
Un tipico esempio sono i due periodi del cambio di stagione primaverile e autunnale, momenti in cui al nostro organismo è richiesto un adattamento su vari
livelli, che può essere stimolato ed aiutato proprio per evitare l’esperienza comune
della comparsa o dell’aggravamento in queste stagioni di passaggio, di sintomi ansioso-depressivi.
Accanto a questi vi sono altri tipi di disturbi che in questi periodi dell’anno spesso
vengono a riacutizzarsi, ne sono esempi comuni l’insonnia e le patologie quali il
reflusso gastroesofageo e i disturbi funzionali dell’apparato gastroenterico.
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La dott.ssa Cristina Selvi si occupa di Psichiatria, Psicoterapia e Medicina Omotossicologica a Milano presso lo Studio
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dott.ssa Cristina Selvi
Milano - Piazza Gorini 6
Ortoressia e Disturbi
Alimentari
Capita sempre più frequentemente di osservare nella pratica clinica un nuovo
Disturbo Alimentare in cui l’attenzione ossessiva non viene posta sulla quantità di
cibo e di calorie introdotte, come nella Anoressia, ma sulla qualità degli alimenti,
sulla scelta del cibo e sulle sue caratteristiche; questa nuova patologia è conosciuta
con il nome di “Ortoressia” o “Ortoressia Nervosa” (dal greco “orthos” che significa giusto e corretto, e “orexis” che significa appetito).
Essa può essere definita come la ricerca ossessiva di una alimentazione sana, ricca di sostanze nutrienti, con l’assoluta esclusione di qualsiasi alimento che possa essere considerato non genuino, inquinato batteriologicamente o da un punto di vista
chimico e le persone affette sono ossessionate da un’alimentazione che consenta loro
di conservare o migliorare la salute e la loro qualità di vita. Naturalmente per poter
parlare di patologia è necessario che i pensieri e i comportamenti che riguardano
il cibo si concretizzino in un vero e proprio disturbo ossessivo che si differenzia da
giuste e corrette norme di alimentazione a cui tutti dovremmo porre attenzione.
Questo quadro clinico è stato descritto, curiosamente, per la prima volta dal
dietologo Steve Bratman nel 1997; egli stesso aveva sofferto per un periodo della
sua vita di questo disturbo che all’epoca non era ancora codificato dalla psichiatria
accademica come categoria diagnostica.
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Psichiatria 44
Le persone affette da Ortoressia spesso presentano altri disturbi psichici sovrapposti al disturbo alimentare vero e proprio, ad esempio un Disturbo di Personalità
di tipo Ossessivo, Disturbi d’Ansia, Ipocondria o Fobie per le contaminazioni, nonché una ossessiva attenzione alla forma fisica e ai processi di invecchiamento.
Questa emergente patologia è maggiormente osservabile nei paesi industrializzati dove le informazioni sull’importanza di una alimentazione sana, da un punto di
vista quantitativo e qualitativo, sono spesso abusati a scopo di pubblicità, peraltro a
volte ingannevoli, e dove sono maggiormente diffuse notizie che riguardano pericoli
insiti nel consumare determinati alimenti ( carni infettate o comunque con un potenziale cancerogeno, frutta e verdura coltivate in presenza di additivi chimici o geneticamente modificate e così via) o pericoli nelle modalità di conservare o cucinare
il cibo ( forni a microonde, metalli pesanti rilasciati durante la cottura in pentola).
Anche l’Ortoressia, come tutti i Disturbi del Comportamento Alimentare, coinvolge maggiormente pazienti di sesso femminile e alcune categorie di persone sembrano maggiormente esposte allo sviluppo di questa patologia ed in particolare i
vegetariani, i vegani e i consumatori abituali di cibi biologici e biodinamici.
Sebbene i benefici sulla salute e la qualità di vita di una sana alimentazione non
siano da mettere in dubbio, in questo disturbo l’ attenzione alla qualità della alimentazione determina un allarme eccessivo e la messa in atto di comportamenti
ossessivi di controllo e di evitamento sociale.
Attraverso il colloquio clinico il medico psichiatra deve differenziare le situazioni
francamente patologiche, quando cioè le scelte alimentari diventano dannose per la
salute dell’individuo, quando vengono ad essere influenzate negativamente le condizioni fisiche ma anche la vita di relazione e l’equilibrio psicologico.
Spesso infatti le persone affette da Ortoressia, mostrano atteggiamenti talmente
rigidi e rifiutano categoricamente qualsiasi deroga al punto tale che vengono più
facilmente criticati per questa inflessibilità che per le loro scelte alimentari ed alla
fine tendono ad isolarsi rifiutando tutte quelle occasioni di incontro sociale durante
le quali le proprie convinzioni potrebbero essere messe in discussione, disapprovate
o criticate.
Anche i pazienti affetti da Ortoressia, come le ragazze anoressiche, cercano di
conquistare e percepire il senso di valore del proprio sé e la propria autostima attuando regole di rigido controllo, sviluppando forti sensi di colpa qualora dovessero
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Psichiatria 45
cedere e trovando un’apparente realizzazione in quegli aspetti della vita dove le regole vedono il loro maggiore sviluppo (regime alimentare, lavoro, business, competizioni, studio) spesso a scapito di una corrispondente attenzione e consapevolezza
verso la propria sfera privata, personale e affettiva.
Anche l’Ortoressia è quindi una patologia che si manifesta attraverso abitudini
alimentari ossessive, ma che riguarda e coinvolge più profondamente la struttura
di personalità e l’immagine di sé e del proprio valore in relazione al mondo esterno.
La terapia deve quindi articolarsi su diversi piani, coinvolgendo spesso figure professionali complementari quali lo psichiatra, che può valutare la necessità di una
terapia specifica per il controllo della sintomatologia ossessiva e lo psicoterapeuta
cha analizzerà con il paziente i nuclei profondi del proprio disagio.
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Psichiatria 46
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SEZIONE II
Psicoterapia
Il termine psicoterapia indica, in senso ampio, una modalità di cura che si basa sull’incontro tra due individui
e che utilizza la parola e la comunicazione interpersonale,
in un clima di alleanza terapeutica, per affrontare le difficoltà che il paziente porta alla attenzione del terapeuta.
Esistono diversi modelli di psicoterapia.
La Psicoterapia Psicodinamica agisce sul profondo e su
aree inconsce del mondo psichico permettendo alla persona una più profonda conoscenza di sé, una maggiore consapevolezza del proprio disagio psicologico e delle
sue origini. Mira a sviluppare un cambiamento stabile e
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strutturale che sostenga a lungo termine e risolva i conflitti psicologici alla base della sofferenza.
La Psicoterapia Cognitivo – Comportamentale si indirizza maggiormente ad una modulazione dei sintomi at-
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traverso un approfondimento di modelli di pensiero e di
comportamento che sono disfunzionali, analizza inoltre
lo stile relazionale della persona e le emozioni negative
che da esso derivano al fine di sviluppare migliori capacità interpersonali.
Personalmente ritengo che, a parte alcuni specifici casi,
debba esistere uno spazio di flessibilità tecnica che permetta di comprendere quali sono le vere esigenze del paziente in ogni momento del percorso di cura e quale tipo
di approccio egli sia in grado di utilizzare con efficacia
per il cambiamento verso il ben-essere.
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DBT e Disturbo Borderline
della Personalità
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Secondo Otto Kernberg psichiatra e psicoanalista tra i più importanti nello studio e la cura dei Disturbi di Personalità, il temperamento rappresenta l’insieme
delle caratteristiche innate, cioè determinate geneticamente, dell’individuo, il suo
modo di reagire agli stimoli ambientali con determinate modalità sue proprie. Già
alla nascita il bambino neonato mostra il suo temperamento senza ancora avere
interagito con l’ambiente e le persone.
La personalità può essere invece definita come l’insieme delle caratteristiche psichiche e delle modalità comportamentali che definiscono un soggetto. Rappresenta
quindi il modo di percepire la realtà, di pensare su se stessi e sugli altri e le modalità con cui entriamo in relazione con l’altro e queste specificano la soggettività di
ciascuno di noi. La personalità non è quindi innata ma si forma e si stabilisce negli
anni ed è legata a fattori biologici, psicologici e ambientali.
In condizioni normali i tratti che caratterizzano la personalità dovrebbero essere
flessibili e modulabili, nei soggetti affetti da Disturbo di Personalità, invece, sono
caratterizzati da forte rigidità e difficoltà di addattamento come invece dovrebbe
essere a seconda delle circostanze e delle necessità.
Ne deriva che i pazienti con questo genere di disturbo sviluppano situazioni si
grande sofferenza personale e comportamenti che spesso risultano inefficaci e poco
adeguati alle situazioni che vivono e ai problemi che si trovano a dover fronteggiare,
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dott.ssa Cristina Selvi
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particolarmente a livello interpersonale.
A seconda della gravità con cui si presentano e quindi del disagio che determinano nelle varie aree della vita del paziente (famigliare, affettiva, lavorativa e sociale),
queste situazioni psicopatologiche possono rimanere misconosciute o possono portare l’individuo alla decisione di volere approfondire con l’aiuto di un medico.
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Tra i diversi Disturbi di Personalità quello Borderline è oggi largamente presente a livello della popolazione, soprattutto femminile, con gradi di espressione
che a volte sono compatibili con una vita comune mentre altre volte richiedeno un
intervento terapeutico che sarà tanto più approfondito e strutturato quanto maggiore sarà la gravità della sofferenza soggettiva e delle disfunzionalità che derivano dal
disturbo stesso.
Nei casi meno gravi la psicoterapia ambulatoriale può risultare sufficiente mentre
nelle situazioni più acute si può rendere necessario un periodo di ricovero, in reparto ospedaliero o in Comunità Terapeutiche specificatamente attrezzate per aiutare questi giovani soggetti a conoscere il loro disturbo e a modificare alcuni comportamenti che sono soliti mettere in atto, il più delle volte a livello delle relazioni
interpersonali e che li portano spesso a sentirsi o ad essere effettivamente distanti e
poco accettati.
Nel Disturbo Borderline il medico può anche a volte valutare l’utilizzo temporaneo di terapia farmacologica, al fine di modulare alcuni sintomi che, se troppo disturbanti, possono diventare un limite non solo per la qualità della vita del paziente
ma anche per lo svolgimento della terapia psicologica.
Tralasciando in questa sede le diverse ipotesi ( bio - psico - sociali) relative alle
cause della comparsa di questo disturbo, riassumiamo le manifestazioni che permettono di riconoscerlo e fare diagnosi.
Il Disturbo Borderline è caratterizzato dalla presenza di relazioni interpersonali
instabili, da difficoltà nel controllo e nella modulazione delle emozioni e frequenti
comportamenti impulsivi, da instabilità dell’immagine di sé con oscillazioni tra vissuti di svalutazione e vissuti di onnipotenza che danno origine ai frequenti cambiamenti del tono dell’umore che si osservano in questi soggetti.
La diffusione dell’identità si concretizza anche in repentini e immotivati cambiamenti delle proprie scelte di vita e dei propri valori, sia in campo personale, affettivo
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I pazienti vivono forti timori e vissuti di abbandono e possono mettere in atto
comportamenti autolesivi o comunque sforzi disperati per evitare la solitudine, percepiscono in modo profondamente sofferto sentimenti di vuoto e di noia che possono indurli a comportamenti eccessivi di autostimolazione come bere smodatamente, guidare in modo spericolato, usare droghe, coinvolgersi in relazioni sessuali
promiscue.
Così come l’immagine di sé oscilla tra svalutazione e idealizzazione, anche le relazioni con gli altri risultano condizionate da momenti di bisogno simbiotico e momenti di rabbia e di rifiuto.
Possono essere frequenti condotte autolesive, non soltanto come gesti dimostrativi o come tentativi di scongiurare gli abbandoni ma anche come comportamenti che
rappresentano un tentativo di lenire emozioni troppo intense procurandosi dolore
fisico, più tipicamente attraverso tagli e bruciature.
Ritengo molto opportuno specificare che trattandosi di una condizione legata ad
una struttura della personalità è essenziale nella valutazione dello specialista un approfondimento sia sulla qualità e la presenza di sintomi o comportamenti disfunzionali, ma anche di tipo quantitativo; potrà sembrare strano o sconveniente ma
ognuno di noi, sottoposto a particolari situazioni contingenti può mettere in atto
temporaneamente un funzionamento psichico di tipo borderline, pur non rispondendo a nessun criterio per la diagnosi del Disturbo di Personalità.
Il trattamento di questo disturbo è prettamente di ordine psicologico e psicoterapeutico, anche se come prima accennato, in alcuni casi può essere necessario
impostare una terapia che agisca soprattutto sui sintomi d’ansia, sul tono dell’umore
e soprattutto sulla impulsività.
Un tipo di Psicoterapia particolarmente utile ed efficace per il Disturbo Borderline di Personalità si chiama DBT e cioè Dialectical Behaviour Therapy, in Italiano
Terapia Dialettico Comportamentale.
Questo modello specifico di intervento terapeutico è stato elaborato da Marsha
Linehan, una psicologa dell’Università di Washington che lavora da anni con questi
pazienti.
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La caratteristica di questo approccio è di integrare tecniche di Terapia CognitivoComportamentale con concetti e strategie che appartengono a forme di meditazione orientale.
Il percorso terapeutico avviene per un tempo stabilito in anticipo e si articola su
incontri individuali di verifica e di sostegno e incontri di gruppo, chiamati Skills
Training dove vengono presentate ed insegnate una serie di “ skills “ e cioè di stategie e tecniche che permettono di potenziere le scarse abilità di questi pazienti nel
fronteggiare le forti emozioni negative che si possono generare nelle situazioni relazionali e di contenere ed indirizzare in modo efficace e non lesivo per sé o per gli
altri il proprio comportamento.
Accanto a ciò, caratteristica della DBT è la pratica della Mindfullness, concetto
che deriva dagli insegnamenti del Buddismo, dello Zen e dalle pratiche di meditazione Yoga.
La Mindfullness o pratica della consapevolezza significa imparare ad acquisire
maggiore conoscenza dei propri pensieri, percezioni, impulsi, motivazioni e azioni,
nel momento presente, è quindi una modalità di prestare attenzione nell’hic et nunc
(qui e ora), intenzionalmente e in modo non giudicante.
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SEZIONE III
Omotossicologia
La Medicina Omotossicologica è l’evoluzione moderna
dell’Omeopatia, basata su evidenze scientifiche e sulle attuali conoscenze biochimiche e biofisiche dell’organismo
umano.
E’ stata di recente riconosciuta dall’Ordine dei Medici di
Milano come una delle sette Medicine Non Convenzionali dotate di efficacia terapeutica comprovata da studi
scientifici.
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Omotossicologia 53
Molte situazioni che presentano una sintomatologia psichica associata ad un corredo di sintomi fisici sono trattabili attraverso questa strategia che si fonda su principi di
base che fanno da ponte tra la Medicina Omeopatica e la
Medicina Accademica.
Condizioni mediche quali la Sindrome Premestruale, la
Menopausa, la Sindrome del Colon Irritabile, alcuni tipi
di cefalea, stanchezza cronica non attribuibile ad alcuna causa medica, la Fibromialgia, possono essere trattate
con un approccio di tipo omotossicologico.
Mentre le terapie tradizionali si indirizzano maggiormente al controllo e alla soppressione del sintomo, l’ Omotossicologia mira a stimolare e a ripristinare le condizioni
fisiologiche dell’organismo e la sua capacità di autoguarigione, al fine di prevenire l’insorgenza della malattia.
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soprattutto vi permette di navigare
tra le pagine in
piena tranquillità!
Non tutte le situazioni di Depressione ed Ansia possono
essere trattate con questa metodica e la base di una terapia efficace rimane sempre e comunque una diagnosi iniziale corretta. In psichiatria questo approccio può essere
molto utile nella fase di riduzione e di sospensione della
terapia allopatica, allo scopo di mantenere lo stato di benessere e ridurre l’utilizzo di terapie che, se in alcune fasi
della malattia sono indubbiamente utili, dall’altra sovraccaricano gli organi deputati al metabolismo dei farmaci
come il fegato e i reni.
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L’Omotossicologia si è sviluppata nel secolo scorso, in Germania, per opera del medico tedesco Hans Heinrich Reckeweg, spinto dal desiderio di creare una sinergia e
un collegamento tra l’Omeopatia e la Medicina Convenzionale.
L’evoluzione recente della Omotossicologia è la Medicina Fisiologica di Regolazione (PRM) che rappresenta la più moderna integrazione tra medicina accademica e
le cosiddette medicine non convenzionali.
Omotossicologia e Medicina di Regolazione si fondano sulle attuali conoscenze nel
campo della Biologia Molecolare, della Biochimica, della Biofisica, dell’Immunologia ed in particolare della Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia.
Rappresentano quindi il passaggio dell’approccio omeopatico verso la rigorosità
scientifica.
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dott.ssa Cristina Selvi
Milano - Piazza Gorini 6
I farmaci omotossicologici
In PMR e in Omotossicologia si utilizzano farmaci sia a diluizioni omeopatiche
che a diluizioni ponderali, questi ultimi vengono formulati secondo i principi della
terapia Low Doses ( cioè a Basso Dosaggio ) e attraverso processi di dinamizzazione
cinetica i quali rendono la molecola attiva farmacologicamente anche a bassi dosaggi; ciò permette di modulare e ridurre drasticamente la comparsa di effetti collaterali
e il sovraccarico degli organi deputati al metabolismo dei farmaci (fegato e rene).
L’interpretazione della malattia
Secondo La Medicina di Regolazione la malattia è interpretata come la risposta e la
lotta dell’organismo a qualsiasi “tossina”.
Il suo bersaglio è l’eliminazione del sovraccarico di tossine che hanno superato la
soglia di allarme, soprattutto attraverso la correzione e la stimolazione dei meccanismi fisiologici atti a mantenere il corretto funzionamento delle difese dell’organismo.
Esso è infatti costantemente esposto ad un’enorme quantità di tossine esogene (batteri, virus, tossine alimentari, metalli pesanti, fattori di inquinamento ambientale,
cataboliti di farmaci di sintesi, stress emotivi, ecc.) ed endogene ( prodotti intermedi
dei diversi metabolismi, cataboliti finali, ecc. ).
La terapia ha lo scopo di riportare l’organismo nella condizione di reagire all’agente
patogeno senza sviluppare sintomi, potenziando i meccanismi difensivi, le funzioni
cellulari e l’attività degli organi emuntori.
PMR e Psichiatria
In ambito psichiatrico Omotossicologia e Medicina di Regolazione trovano applicazione in diverse situazioni cliniche.
Una attenta diagnosi deve innanzitutto essere posta per riconoscere correttamente
ed inquadrare la patologia presentata dal paziente. Vanno differenziate quindi le
situazioni che necessitano una terapia antidepressiva o di controllo dell’ansia con
farmaci classici dalle situazioni nelle quali la terapia secondo il Paradigma Omotossicologico può risultare utile e risolutiva; sempre con l’attenzione ad un corretto
inquadramento personale che permetta anche di valutare la eventuale necessità di
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Omotossicologia 57
un supporto o di una terapia di tipo psicologico.
Sono oramai numerose le evidenze che correlano la comparsa di disturbi e sintomi quali ansia, insonnia, “esaurimento psicofisico”, “stanchezza cronica”, Sindrome
Premestruale a cause che solo di recente sono state riconosciute come momenti
patogeni di primaria importanza e che potrebbero sembrare assolutamente poco
correlate alla comparsa di sintomi psichiatrici: tra questi la disbiosi intestinale, gli
stati di candidosi e le intolleranze alimentari.
Basti pensare che l’80% del neurotrasmettitore serotonina viene prodotta a livello
intestinale e che la moderna psichiatria utilizza normalmente farmaci Serotoninergici (cioè che aumentano la disponibilità del neurotrasmettitore serotonina nello
spazio intersinaptico) per trattare disturbi d’ansia e disturbi dell’umore.
Inoltre, La Medicina di Regolazione è molto efficace nelle situazioni di cronica attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene legate a condizioni di stress prolungato,
attraverso terapie che supportano l’organismo e le reazioni biochimiche mitocondriali deputate alla produzione di energia, supportando e stimolando tutte le funzioni che vengono attivate cronicamente e quindi stressate in condizioni di sovraccarico psico-fisico prolungato.
L’obiettivo è quello di evitare che l’esaurimento dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene
porti alla comparsa di sintomi che possono mimare e successivamente evolvere in
una Sindrome Depressiva.
Possono inoltre essere comprese ed affrontate con la PMR alcune di quelle situazioni cliniche che vengono classificate nelle cosiddette Patologie Psicosomatiche, quali
situazioni caratterizzate da dolore cronico senza correlati fisici, disturbi cronici a
livello gastrointestinale, ipertensione, situazioni di stanchezza cronica (Sikness Sindrome), nonché la sintomatologia psichica e neurovegetativa legata alla Menopausa,
tutte condizioni che spesso, dopo numerosi approcci e trattamenti, approdano allo
studio psichiatrico e vengono trattate con farmaci antidepressivi.
Appartengono a queste situazioni anche quelle classificate come M.U.S. (Medical
Unexpleined Syntoms), e cioè quadri sintomatologici caratterizzati da sintomi vaghi
ed aspecifici che spesso sono legati a disregolazioni del Sistema Neurovegetativo:
affaticabilità, irritabilità, dolori diffusi, alterazioni del ciclo sonno-veglia, stipsi o
diarrea cronica, eccessiva sensibilità al freddo, sensazioni di sbandamento, cefalea,
ansia, alterazioni tono dell’umore, che però ancora non si strutturano in una vera e
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Omotossicologia 58
propria Sindrome Depressiva.
L’impiego di farmaci Omotossicologici è inoltre di grande efficacia nella fase in cui
il medico decide di ridurre gradualmente e poi sospendere la terapia psichiatrica
allopatica, allo scopo di stimolare le difese dell’organismo per evitare la ricomparsa
di sintomi.
Concetti di base
In Medicina Fisiologica di Regolazione uno dei concetti principali e il primo momento terapeutico è il Drenaggio della Matrice, cioè del tessuto connettivale ubiquitariamente presente nel nostro organismo, che svolge funzioni di vitale importanza
per ciò che riguarda la regolazione di numerosissime funzioni da cui dipende il
mantenimento dello stato di salute.
Una matrice non drenata porterà ad una sofferenza del metabolismo cellulare e
quindi alla comparsa di malattie di funzione d’organo fino ad una sofferenza cellulare dell’organo stesso.
Perciò la Riattivazione degli Organi Emuntori (polmone, cute, rene, fegato, intestino) e il drenaggio della Matrice Intercellulare sono due cardini portanti della PMR
e hanno la finalità di migliorare i processi di regolazione e di difesa, stimolando la
capacità del soggetto di ripristinare e mantenere lo stato di salute.
Un altro concetto cardine è quello della Regolazione dell’Equilibrio Acido–Base e la
correzione dell’acidosi tissutale, condizione che può anch’essa facilitare l’insorgenza
di sintomi legati alla disregolazione del Sistema Nervoso Neurovegetativo.
In conclusione
La terapia Omotossicologica e la Medicina di Regolazione non agiscono sopprimendo il sintomo, ma si propongono come terapie di profonda disintossicazione e stimolazione dei fisiologici meccanismi metabolici e di difesa; questo grazie all’utilizzo
sia di farmaci derivanti dall’omeopatia classica, che da acquisizioni farmacologiche
più recenti: derivati d’organo, catalizzatori della respirazione cellulare, chinoni, vitamine omeopatizzate, citochine omeopatizzate, farmaci allopatici in diluizione omeopatica e altri prodotti dalla moderna ricerca farmacologica di settore.
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Omotossicologia 59
Una corretta integrazione, là dove sia possibile, tra farmacologia classica e farmacologia Omotossicologica porta spesso a risultati migliori e più duraturi rispetto
all’utilizzo di un solo paradigma di cura.
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Omotossicologia 60
Menopausa...meno Ansia!
Il periodo della vita caratterizzato dalla cessazione della età fertile ha rappresentato
per molto tempo nell’immaginario delle donne un momento cruciale e difficile caratterizzato non solo dalla presa di coscienza della fine di un ciclo di vita, ma anche
da una serie di disturbi e di problematiche che abbracciano la sfera fisica ed anche
quella psichica.
Fino all’introduzione della Terapia Ormonale Sostitutiva (TOS) per molto tempo le
donne hanno dovuto confrontarsi con questo evento in modo passivo, accettandone
come ineluttabili tutti i possibili disturbi correlati, peraltro molto soggettivi.
In realtà anche altri momenti della crescita di una donna e dello sviluppo della sua
espressione come soggetto portatore di vita possono essere cruciali e a volte difficoltosi, tutti legati a profonde modificazioni dell’assetto ormonale, oltre che a importanti modifiche sul piano psicologico e sociale. Basti pensare alla adolescenza
con la comparsa del ciclo mestruale e della capacità riproduttiva, alla gravidanza e
al periodo del post-partum, con le vicissitudini che lo caratterizzano sia sul piano
fisico che psicologico.
Importanti e cruciali sì, ma non necessariamente cambiamenti che devono essere
considerati e subiti come periodi caratterizzati da sofferenza o disagio.
Soprattutto è importante sapere che gli eventuali disturbi e disagi oggi possono
essere trattati e resi quindi meno invalidanti sulla vita relazionale e sessuale della
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Omotossicologia 61
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donna.
A prescindere da un necessario approfondimento sullo stato di salute generale
e sui benefici e le eventuali controindicazioni della Terapia Ormonale Sostitutiva,
che lascio per dovere ad altre competenze, qualche riflessione può esser fatta sulla
possibilità di passare attraverso questo periodo senza drammatizzarne lo svolgersi
e il significato.
Innanzitutto è determinante l’approccio mentale con il quale ci confrontiamo con
ogni evento e ogni cambiamento della nostra esistenza.
E’ indubbio che la valutazione cognitiva ed affettiva che noi diamo agli avvenimenti influenza notevolmente l’impatto che essi hanno su di noi, i disagi e i disturbi,
così come tutti gli accadimenti nella vita, anche quelli a connotazione positiva, impattano sulle persone in modo molto diverso e ciascuno di noi mette in atto modalità di coping ( gestione ) di elaborazione e di risoluzione molto differenti.
Questo verosimilmente è il motivo per cui ci troviamo sempre più spesso a leggere ( e a desiderare di scrivere e divulgare ) articoli come questo, perché accanto alla
disponibilità di un approccio farmacologico, sia esso allopatico o non convenzionale, le donne siano sempre più consapevoli e tranquille nell’attraversare questa epoca
di vita e di profonda trasformazione.
La medicina omotossicologica può essere di grande aiuto nel controllare alcuni
sintomi e disagi tipici di questa fase di cambiamento anche agendo già nel periodo
di pre-menopausa o climaterio.
Molte donne sperimentano come negli ultimi anni prima della cessazione delle
mestruazioni si facciano via via più intensi i disturbi della fase premestruale; spesso
la cefalea, la ritenzione idrica, l’irritabilità e la facilità al pianto di questo periodo
possono essere trattate con successo attraverso l’utilizzo di farmaci non convenzionali di diverso tipo, tra cui attualmente disponibili gli ormoni Low Dose quindi con
una concentrazione simile a quella fisiologica, che modulano l’attività ormonale e
la regolarizzano senza sostituirla e riducendo al minimo la comparsa di effetti collaterali.
Senza entrare eccessivamente nel dettaglio delle terapie disponibili, sicuramente
gli aspetti più prettamente psichici possono essere trattati con successo: l’eventuale
comparsa o accentuazione di uno stato d’ansia o depressivo, l’insonnia, irritabilità,
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Omotossicologia 62
la malinconia e il senso di fragilità.
Sul piano della sintomatologia fisica possono essere controllate le vampate, le
palpitazioni, la stanchezza, le cistiti ricorrenti; possono essere rallentati i processi
di osteoporosi e di perdita di massa magra a favore di quella grassa, è possibile
influire positivamente sul trofismo degli organi genitali interni ed esteri riducendo
i disagi, tanto temuti, che riguardano lo svolgimento di una serena sessualità, e sul
trofismo della cute in generale.
Infatti attraverso l’utilizzo di farmaci omotossicologici si stimola la residua funzionalità delle ovaie, tenendo conto che la ghiandola continua, sebbene in misura
modesta, a secernere ormoni per molti anni dopo la menopausa, con un effetto
positivo per il mantenimento dell’equilibrio globale dell’organismo, in modo che il
processo possa così involgersi con maggiore gradualità.
La terapia non convenzionale può essere assunta anche in associazione alla terapia sostitutiva e soprattutto può essere utile in quelle donne che, dopo alcuni anni di
terapia ormonale, devono deciderne la sospensione.
Per completare l’approccio secondo una visione “olistica” della menopausa va ribadito l’innegabile ruolo positivo di un adeguato regime alimentare e di una regolare attività sportiva.
Questi sono presupposti indispensabili per influire positivamente su funzioni e
situazioni fisiche, quali la riduzione della massa ossea e muscolare, l’aumento del
peso, e l’elasticità dell’apparato locomotore, la protezione cardio-vascolare ma anche psichiche ed endocrine, essendo lo sforzo, soprattutto aerobico, stimolo alla
produzione di endorfine cioè degli oppiacei endogeni che svolgono un’azione importante sulla regolazione del tono dell’umore e dell’ansia e ottimo regolatore e
modulatore della produzione neuro-endocrina.
Articolo Scritto dalla Dottoressa Cristina Selvi •
La dott.ssa Cristina Selvi si occupa di Psichiatria, Psicoterapia e Medicina Omotossicologica a Milano presso lo Studio
Psichiatria Integrata in piazza Gorini 6.
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Donne Lunatiche?
La Sindrome Premestruale viene definita come la comparsa ciclica di disagi fisici ed emotivi associati a modificazioni del tono dell’umore e del comportamento
che compaiono nel periodo post-ovulatorio del ciclo mestruale, per attenuarsi e poi
sparire con la comparsa della mestruazione. Devono essere di gravità sufficiente a
determinare difficoltà nelle relazioni interpersonali, familiari e un’interferenza significativa con le attività quotidiane, lavorative e personali.
La stima delle donne che lamentano disturbi in questo periodo è variabile a seconda degli studi ma circa il 75% di esse sperimenta una qualche forma di disagio,
più o meno marcato.
Soltanto una percentuale minore, valutabile intorno al 2%-10% è afflitta in modo
molto serio da queto disturbo, sono questi i casi che rientrano nella diagnosi di
Disturbo Disforico della Tarda Fase Luteinica che rappresenta una categoria diagnostica riconosciuta a livello internazionale e presente nel DSM-IV, all’interno del
capitolo dedicato ai Disturbi dell’Umore ( Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, è il testo di riferimento per la ricerca e la clinica che elenca tutti i
sintomi e i segni che devono essere presenti per poter porre diagnosi di un disturbo).
La prima descizione scientifica di questo disturbo risale al 1931 quando il neurologo Robert Frank descrisse con il termine Tensione Premestruale un quadro
clinico vero e proprio con sintomi fisici e psichici che collegò alla fase luteinica del
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ciclo e quindi a modifiche dell’assetto ormonale, per lui dovute ad una disfunzione
dell’ ovaio.
Il termine Sindrome Premestruale fu poi introdotto nel 1960.
Fino al 1987 la medicina accademica non ha considerato questa situazione come
una patologia che può causare un vero e proprio disagio e che può necessitare di un
intervento terapeutico, è stato soltanto in quell’anno che la psichiatria ne prese atto
intoducendola come categoria diagnostica dotata di una sua nosografia (descrizione di sintomi e segni).
Nel 1987 la Sindrome premestruale è stata introdotta nella sezione dei “Disturbi
Depressivi non Altrimenti Specificati” nel Manuale DSM.
Spesso anche le donne che non presentano manifestazioni cliniche marcate e severe possono comunque sperimentare difficoltà evidenti nella loro vita quotidiana
proprio nei giorni che precedono la comparsa del ciclo.
Esistono diversi sintomi in comune tra quelli lamentati nella PMS e i Disturbi
Affettivi, ed esiste una prevalenza di Depressione Maggiore nelle donne affette da
Disturbo Disforico della Tarda Fase Luteinica (LLPDD).
I SINTOMI DELLA PMS:
L’umore può essere depresso o francamente irritabile, associato ad ansia, labilità
emotiva con pianto immotivato, cefalea, tensione mammaria con mastodinia, cioè
dolore al seno, gonfiore e tensione addominale, diarrea o stitichezza, malessere
generale, stanchezza, ritenzione idrica con modificazioni significative del peso corporeo, modificazioni dell’appetito, calo della libido, a volte nausea e vomito.
Alcune donne possono sperimentare soltanto uno o due sintomi in modo molto
evidente mentre altre lamentano un numero maggiore di disagi ma con intensità
meno marcata.
La comparsa della Sindrome Premestruale può avvenire in ogni momento dopo
il menarca, anche se è più probabile intorno ai 25/30 anni. Il decorso tende ad essere
ingravescente, nel senso che con il tempo i sintomi diventano più marcati e possono
durare per un periodo maggiore di tempo.
La eziologia (causa) della comparsa di questi sintomi è da attribuire alle modifiche del corretto equilibrio tra estrogeni e progesterone nella seconda fase del ciclo.
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Omotossicologia 65
E’ oramai accertata una funzione diretta di questi ormoni sul tono dell’umore, gli
estrogeni tendono a migliorarlo mentre il progesterone è lievemente sedativo e depressogeno.
Si parla di un deficit relativo di Progesterone, condizione che riduce tra l’altro, la
soglia alla sensibilità del dolore.
Gli studi segnalano inoltre alterazioni premestruali dei livelli di Serotonina, che
potrebbero spiegare il maggior bisogno di consumo di carboidrati in questo periodo
così come le alterazioni del transito intestinale, ricordiamo che l’intestino è ricco
di recettori per la serotonina. Inoltre questo neurotrasmettitore è coinvolto nella
percezione del dolore, nella modulazione del tono dell’umore e del comportamento
aggressivo.
Altre sostanze implicate nella comparsa della sindrome sono L’Acido Gamma
Aminobutirrico (GABA), i cui livelli sono più bassi nelle donne affette dalla PMS; è
questo un amminoacido con una azione inibitoria a livello neuronale, fortemente
correlato agli stati d’ansia e di tensione muscolare; per intenderci le benzodiazepine,
cioè i farmaci sedativi, potenziano l’azione del GABA.
La causa della Sindrome Premestruale, però non è soltanto biologica, la comparsa dei sintomi e soprattutto l’impatto emotivo di questi sulla donna è legata anche a
fattori socioculturali e psicologici.
I vissuti emotivi e gli atteggiamenti culturali tramandati a livello famigliare sono
essenziali nel potenziare un atteggiamento negativo di alcune donne nei confronti
del ciclo mestruale che può essere considerato comunque un evento negativo e
limitante. L’esperienza materna del ciclo mestruale ( così come quelle della gravidanza, della maternità e della menopausa) influisce notevolmente sull’approccio
della figlia a tutte le questioni che riguardano la sfera sessuale e riproduttiva e a tutti
i cambiamenti e ai possibili disagi ad essa connessi.
Non è raro nella pratica clinica incontrare donne che sono solite mettere in atto
durante il ciclo una serie di comportamenti evitanti e di limiti nella loro quotidianità come se si trovassero in uno stato in qualche modo patologico.
STRATEGIE PER RIDURRE I SINTOMI:
Seguire una dieta povera di zuccheri, privilegiando comunque quelli a basso Indice Glicemico, cioè quelli che determinano un aumento più graduale dei livelli di
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Omotossicologia 66
glicemia nel sangue ( più variazioni intense e improvvise di glicemia determinano
più variazioni intense e improvvise del tono dell’umore).
Ridurre l’assunzione di cibi che contengono Glutammato di Sodio, sale derivato
dall’Acido Glutammico ( attente ad esempio ai dadi da cucina ) che ha un’azione
eccitatoria a livello cerebrale e ridurre tutte le bevande che possono avere la stessa
azione, come il caffè (evitando le bibite che contengono caffeina e zucchero!!).
Ridurre tutti gli alimenti ricchi di cloruro di sodio, cioè di sale.
L’apporto di acqua deve essere adeguato, circa 30 ml per ogni kg di peso.
Incrementare l’assunzione di oligoelementi, quali lo Zinco, il Calcio e il Magnesio.
E’ utile, come oramai è noto in tutti i Disturbi dell’Umore, l’apporto di Acidi
Grassi Polinsaturi, i famosi Omega 3/6/9, di derivazione alimentare o come supplementazione di integratori.
Svolgere esercizio fisico regolare che produce Endorfine, e altre sostanza endogene quali la Feniletilamina che innalzano la soglia al dolore e migliorano il tono
dell’umore.
Naturalmente come tutte le regole di igiene di vita queste attenzioni non possono
essere seguite soltanto nella fase che precede le mestruazioni ma devono essere tenute presenti durante tutto il mese.
QUALI TERAPIE PER STARE MEGLIO:
Tutte le regole e le strategie consigliate vanno nella direzione di ridurre lo stato di
infiammazione e acidosi metabolica dell’organismo.
Questo è il motivo per cui la Sindrome Premestruale tende a peggiorare nel tempo, in quanto inevitabilmente, l’organismo va incontro negli anni ad un processo
graduale di intossicazione che tende a dis-regolare i processi infiammatori e ad
aumentare lo stato di acidosi, condizioni ambedue che potenziano la comparsa dei
sintomi.
Ed è qui che la Medicina Omotossicologica può agire profondamente ed efficacemente riducendo i sintomi correlati alla PMS, modulando e riequilibrando
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Omotossicologia 67
i processi infiammatori e drenando e detossificando l’organismo e in particolare il
tessuto connettivo, che è ubiquitario nel nostro organismo ed è quindi localizzato
anche a livello cerebrale.
La Medicina Omotossicologica e di Regolazione dispone di ormoni in concentrazione Low Dose (Progesterone, Beta-estradiolo, Melatonina, Serotonina, Beta-endorfina ) e di Organoterapici ( cioè derivati di organo che modulano la funzionalità dell’organo bersaglio) come Ovarium Suis e Corpus Luteum Suis in grado di
regolare la bilancia tra estrogeni e progesterone in modo da ridurre la comparsa dei
sintomi.
Molti altri prodotti omotossicologici possono poi agire direttamente, in maniera
sintomatica su manifestazioni quali ad esempio l’ansia, la ritenzione idrica, i dolori
e la cefalea.
A seconda dei sintomi che maggiormente disturbano la donna possono essere
impostati protocolli terapeutici che hanno dimostrato di esser decisamente efficaci
nel ridurre l’intensità dei sintomi della Sindrome Premestruale.
La Terapia Omotossicologica può essere prescritta, almeno inizialmente, anche
in associazione con le eventuali terapia allopatiche già assunte per questo disturbo
dalla paziente, che solitamente sono la Pillola Estroprogestinica, Benzodiazepine e,
a volte, gli Antidepressivi Serotoninergici, che si sono dimostrati utili nella terapia
dei casi più invalidanti.
CURIOSITA’:
L’accertamento della Sindrome Premestruale al momento dell’atto delittuoso viene riconosciuta dalla legislazione di alcuni paesi ( Inghilterra, Francia) come una
condizione attenuante.
In alcune regioni italiane le donne non potevano aiutare nella preparazione di
salse e marmellate, in occasione del ciclo.
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Invecchiamento Attivo
- Healthy Ageing
Il 2012 è L’Anno Europeo dell’Invecchiamento Attivo e della Solidarietà, proclamato dall’Unione Europea.
Il concetto di Invecchiamento Attivo o Invecchiamento in Buona Salute è un
concetto preventivo caro alla Medicina Omotossicologica.
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Tutti noi sappiamo che la vita media si è notevolmente allungata grazie alle migliori condizioni generali di vita e anche grazie alla capacità di curare farmacologicamente molte malattie che in passato avrebbero portato alla morte.
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In effetti, il concetto di Malattia Cronica o Degenerativa è relativamente recente
e appunto riguarda quelle patologie che oggi possono essere controllate a lungo termine, allungando così le aspettative di vita. In passato la diagnosi di queste malattie
era più rara ed era invece più frequente la morte a causa dell’impossibilità di fare
fronte alle fasi acute e all’aggravamento di queste forme.
Se è sicuramente rassicurante sapere che oggi si può vivere più a lungo, desidero
porre l’attenzione sul fatto che ciò che conta è assicurarsi una vecchiaia che non sia
costellata da dolori cronici, da gravi limitazioni fisiche o mentali e dall’assunzione
di una quantità impressionante di farmaci che devono controllare ogni sintomo manifestato da un organismo che va fisiologicamente incontro alla fine del suo ciclo di
vita.
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Quindi, per avere una buona vecchiaia, bisogna porre attenzione al proprio stile
di vita con largo anticipo e mettere in atto tutta una serie di comportamenti e di
accorgimenti che, speriamo, facciano della terza età un periodo degno di essere
vissuto nonostante le sue complessità.
I processi di invecchiamento sono in parte conseguenza di una graduale involuzione delle ghiandole endocrine, che gradualmente si atrofizzano e riducono la loro
capacità di produzione ormonale. Questo processo non riguarda soltanto le ovaie
e i testicoli e quindi la produzione di ormoni sessuali, ma coinvolge tutto il sistema
endocrino, così come il sistema immunitario, gli organi emuntori, la cute, i muscoli
le ossa e naturalmente anche il cervello.
L’invecchiamento è legato innanzitutto al patrimonio genetico di ciascuno di noi
anche se oramai è noto come si possa influire facilitando o inibendo l’espressione
del patrimonio genetico, la scienza che tratta queste influenze è chiamata: Epigenetica.
Quindi proviamo a considerare l’insieme delle condotte di vita che possono influire positivamente rallentando e modulando i processi inevitabili dell’invecchiamento cerebrale e fisico, ricordandoci che il corpo influenza i pensieri e viceversa.
E’ essenziale mantenere vivi gli interessi e le BUONE relazioni, mettersi nella
condizione di ricevere stimoli diversificati che mantengono agili le nostre capacità
di elaborarli. Non chiudersi quindi in una routine ripetitiva, quasi automatica che
non farà altro che farci considerare ogni diversificazione da essa come un pericolo o
nella migliore delle ipotesi una scocciatura da evitare.
Ogni esperienza nuova ci tiene a contatto con il mondo e i suoi cambiamenti e ci
impone almeno di conoscerli, di fare qualche riflessione e magari anche condividerla con chi ci sta vicino, potenziando le capacità ideative e relazionali.
E’ importante sapere che la maggior parte delle cellule cerebrali non si replica,
sono infatti cellule molto specializzate, estremamente complesse, per questo motivo
il nostro patrimonio di cellule e di connessioni nervose va difeso con attenzione,
usandolo ed allenandolo.
E’ indispensabile rispettare il proprio corpo senza avere la miracolistica aspettativa che non vada accudito e curato e mantenuto in salute per rallentarne l’inevitabile
deterioramento. Vuole dire riconoscere i messaggi che il nostro organismo ci invia
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Omotossicologia 70
e dargli il giusto significato, non minimizzare né sottostimare ciò che ci accade, limitandosi soltanto ad assumere farmaci che facciano scomparire i sintomi senza
approfondire i motivi alla base della loro comparsa e attuare comportamenti preventivi.
Significa nutrirlo BENE, che non vuole dire abbondantemente ( anzi la restrizione calorica corretta ha un forte potere antiaging). Vuole dire essere equilibrati nella
qualità dei nutrienti che scegliamo ricordando che l’aspetto esterno di un cibo non
corrisponde quasi mai alla vera qualità e al reale contenuto in nutrienti.
Vuole dire fare un’adeguata attività fisica, la quale non solo mantiene i muscoli
allenati, in grado di sorreggere il nostro corpo e di farci muovere con facilità e senza
dolore, ma anche fortifica le ossa, il sistema immunitario e aiuta a controllare glicemia, pressione arteriosa e colesterolo, riducendo il massiccio ricorso a terapie che
controllano questi parametri come invece si osserva troppo spesso nella popolazione anziana.
Inoltre il movimento ci permetterci di rimanere in contato con un ambiente vitale
e stimolante, sia che venga praticato in una centro sportivo o all’aria aperta.
Possiamo quindi dire che una buona vecchiaia si può costruire, almeno in parte.
Non esistono terapie allopatiche in grado di supportare un fisiologico processo
d’invecchiamento, almeno se escludiamo l’assunzione di integratori vitaminici, peraltro molto utili in alcune situazioni.
La Medicina Omotossicologica dispone invece di alcune strategie che possono
rendere più graduale e fluido il declino cognitivo e fisico.
Per citarne alcune segnalo la possibilità di utilizzare modulatori della risposta
immunitaria (Citochine e Interleuchine) che potenziano le difese antivirali, le difese
contro le infezioni batteriche e modulano le reazioni immunitarie quando queste
sono troppo vivaci e disregolate come nelle malattie croniche di origine autoimmune. La longevità è legata a un sistema immunitario efficiente e forte ma non aggressivo.
Dispone inoltre di farmaci che agiscono proprio all’interno delle cellule, a livello
del mitocondrio, centrale energetica della cellula, la quale senza energia è destinata
a morire o a degenerare. L’invecchiamento è infatti anche dovuto ad una graduale
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riduzione del numero e della funzionalità dei mitocondri, processo che può essere
parzialmente rallentato attraverso l’utilizzo di farmaci omotossicologici.
Sono a disposizione dell’Omotossicologia potenti antiossidanti, come l’Ubichinone e altre sostanze; ricordando che i radicali liberi sono molecole che si formano
normalmente durante i processi metabolici e intervengono nei processi di invecchiamento, nella genesi dei tumori e delle malattie degenerative, danneggiando le
strutture cellulari.
Dispone di ormoni in Low Dose con azione regolatoria, che vengono somministrati alle concentrazioni fisiologiche alle quali funzionano nel nostro organismo e
che non hanno lo scopo di una terapia sostitutiva, ma hanno l’obiettivo di regolare
la produzione ormonale in difetto o in eccesso, accompagnando le ghiandole ad
esaurire la loro funzione più in là nel tempo e in modo più graduale, meno brusco,
riducendo quindi i sintomi dovuti alla carenza ormonale.
Dispone infine di fattori neurotrofici o neurotrofine, utilizzati anch’essi in preparazioni Low Dose; si tratta di proteine che promuovono la crescita cellulare, favoriscono il mantenimento in vita delle cellule nervose e delle loro reciproche connessioni, con un’influenza positiva sulle funzioni neuropsicologiche di attenzione,
memoria e concentrazione.
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DOTT.SSA CRISTINA SELVI
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