Gli strumenti dell`Osservatorio Astronomico Romano

GLI STRUMENTI
DELL’OSSERVATORIO ASTRONOMICO ROMANO
IL CANNOCCHIALE ASTRONOMICO
di Luigi Garufi
Il cannocchiale è uno strumento utilizzato per l’osservazione di oggetti lontani.
Il cannocchiale astronomico dà sempre immagini capovolte e si usa principalmente per l’osservazione degli astri, anche se
si deve tener presente che solo il sole, i pianeti e i loro satelliti appaiono realmente ingranditi, mentre le stelle appaiono solo
come dei punti luminosi; un vantaggio nell’uso del cannocchiale astronomico è quello che si riescono a vedere stelle che non
si vedrebbero a occhio nudo.
Il cannocchiale astronomico è formato da due lenti convesse e convergenti disposte sullo stesso piano ottico. Ogni
lente ha un suo fuoco, che è il punto in cui si concentrano i
raggi luminosi che attraversano la lente. La distanza fra la lente
e il suo fuoco è detto distanza focale. La prima è l’obbiettivo
(Ob), che dà un’immagine reale, rimpicciolita e capovolta
dell’oggetto osservato a grande distanza. Questa immagine si
forma “nell’aria”, fra la lente Ob e l’occhio, a una distanza dalla
lente Ob pari alla sua distanza focale. Se in questa zona
collochiamo uno schermo opaco, vedremo apparire su di esso l’immagine capovolta dell’oggetto (B1A1). La seconda
(Oc) è l’oculare, posta a una distanza da questa prima immagine pari alla sua distanza focale, creerà una seconda
immagine fra le due lenti, ingrandita e diritta rispetto alla prima immagine (quindi capovolta rispetto all’oggetto). Come
risultato dell’azione delle due lenti, l’oggetto lontano appare più vicino, ingrandito e capovolto.
L’ingrandimento è dato dal rapporto fra la distanza focale delle due lenti: per avere un forte ingrandimento la lente
Obiettivo deve avere una grande distanza, e la lente oculare, piccola. Nel telescopio da noi costruito l’obiettivo ha la
distanza focale di 600 mm e l’oculare di 30 mm: l’ingrandimento sarà 600/30 = 20 volte.
ARCHIPENZOLO
L’archipenzolo è uno strumento di uso militare e civile grazie al quale si possono misurare le inclinazioni dei piani.
È costituito solitamente da un triangolo al cui vertice è sospeso un pendolino o filo a piombo. Le due gambe sono unite
da un traverso diviso in gradi. La base può essere piana o curva, a seconda che l'utilizzo sia civile o militare (la base
curva, infatti, permette di porre l'archipenzolo, detto
“da cannonieri”, sulla culatta del
cannone per calcolarne l'alzo). In qualsiasi
disposizione dello strumento il
pendolino indica la verticale e consente la lettura
dell'inclinazione
sulla
barra
graduata.
L'archipenzolo era largamente usato, oltre che in
artiglieria, anche nei cantieri di
costruzione per verificare la perfetta orizzontalità
delle murature.
Archipenzolo con lati piatti e lisci.
Era impiegato per operazioni di
livellamento nei cantieri di costruzione.
Proviene dalle collezioni medicee.
Archipenzolo con gambe piatte e lisce unite
da un'asta pieghevole, graduata da 0° a 90°,
e piedi per appoggiarli. Dal vertice forato è
sospeso un pendolino non originale.
Era impiegato per operazioni di
livellamento nella costruzione degli edifici.
XVII sec. – Ottone, Lunghezza 200 mm
Archipenzolo con gambe piatte e lisce
unite da un'asta pieghevole, graduata da
0° a 90°, e piedi per appoggiarli. Dal
vertice forato veniva sospeso un
pendolino, oggi mancante.
Era impiegato per operazioni di
livellamento nella costruzione degli edifici.
L’Archipenzolo è lo strumento che secondo un articolo di Giovanni Paltrinieri di Bologna servì al Cassini per la
costruzione della meridiana in San Petronio. Anzi, ne parla a proposito del restauro “Cassini-Guglielmini” operato
nel 1695, quando il Cassini sostò per breve periodo in quella città e “provvide alla ristorazione della Meridiana di cui
si era manifestato l'abbassamento della lamina gnomonica ed il cedimento di molti marmi della linea…”
Non essendosi manifestate deviazioni sensibili lungo la linea Meridiana, ma solo alcuni cedimenti, si provvide al
suo livellamento eseguendo su un lato, per tutta la sua lunghezza, una lunga canalizzazione: un archipendolo,
sfiorando il pelo dell'acqua, forniva la perfetta orizzontalità di posa ai marmi.
Tratto dal sito dell’IMSS, Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze
REGOLO PIEGHEVOLE
Il regolo pieghevole è costituito da quattro barrette di
per formare una riga pieghevole. Due di esse possono
è appeso un pendolino che consente di leggere le
scala dei gradi segnata sulla prima barretta.
Lo strumento, di uso militare, può essere impiegato
fattura può essere attribuito a Christoph Schissler.
Ottone Lato 150 mm Fine XVI sec.
ottone, imperniate e incernierate
formare un triangolo al cui vertice
pendenze o i livelli grazie alla
come archipenzolo. Per la sua
Proviene dalle collezioni medicee.
TRIGOMETRO
Il trigometro è uno strumento divulgato con questo nome da Philippe Danfrie (c. 1532-1606) nel Traicté de l'usage
du Trigometre, pubblicato a Parigi nel 1597, ma già in uso come accessorio di strumenti più complessi, quali l'olometro
di Abel Foullon e il distanziometro di Baldassarre Lanci (1510-1571).
Si tratta sostanzialmente di due bracci graduati incernierati alle estremità di una base fissa. Nella versione proposta
da Danfrie, ciascun braccio è munito di arco graduato, così da poter misurare gli angoli formati con la base fissa. La
distanza di un punto può essere calcolata ricorrendo alla similitudine dei triangoli o al teorema dei seni.
DIOTTRA
Il termine diottra (greco dioptra, da diá = attraverso e opteuo = osservo) è in sé riferibile a qualunque strumento
munito di uno o più traguardi forati attraverso cui osservare.
E’ uno trumento ottico utilizzato nel rilevamento topografico per tracciare, su un foglio di carta, la linea retta che
unisce il punto in cui si trova l’osservatore (stazione) con il punto del terreno assunto come mira. Mantenendo fermo il
punto di stazione e cambiando più volte il punto di mira, e successivamente cambiando il punto di stazione per ciascun
punto di mira, si disegna sul foglio una serie di linee che si intersecano secondo determinati angoli (la cosiddetta
triangolazione), riproducibile graficamente, nella scala desiderata, per ottenere una carta topografica del terreno
studiato.
Il tipo più semplice di diottra è costituito da una riga metallica con un bordo graduato (linea di fede), alle cui
estremità sono fissate due alette verticali, una (oculare) con un forellino centrale e l’altra (obiettivo) con due fili tesi a
croce: inquadrato il punto di mira, si traccia sul foglio una retta seguendo la linea di fede. Nei tipi più moderni il
traguardo ad alette è sostituito da un cannocchiale collimatore.
Prima che il diffondersi tardo medievale dell’astronomia islamica in Europa rendesse disponibile un termine
specifico, diottra designava anche l’alidada, cioè l’asticciola (arabo al-’idada) girevole imperniata al centro della scala
goniometrica tracciata sulla faccia piana anteriore o posteriore di molti strumenti astronomici e topografici antichi. Due
pinnule, dette traguardi o mire, fissate perpendicolarmente sull’alidada, permettono di puntare l’oggetto desiderato
attraverso i fori in esse praticati. Un indice, sovente costituito dal bordo stesso dell’alidada, mostra sulla scala
goniometrica l’angolo fra la linea di vista dell’oggetto mirato e una direzione prefissata che, per esempio, negli astrolabi
corrisponde alla verticale del luogo d’osservazione.
DIOTTRA DI IPPARCO
Nella Sintassi Matematica, o Almagesto,
Claudio Tolomeo (II sec. d.C.)
attribuisce a Ipparco di Nicea (II sec. a.C.)
l’ideazione di uno strumento,
detto diottra, per misurare i diametri apparenti del
Sole e della Luna. Pappo
d’Alessandria (IV sec. d.C.), nel suo Commento al
quinto libro dell’Almagesto,
descrive la diottra come una guida scanalata lunga
quattro cubiti (circa 2 metri) dove
sono montate due pinnule rettangolari. La prima,
fissa a un estremo della guida,
reca un piccolo foro d’osservazione; la seconda,
scorrevole lungo la scanalatura, è
priva di fori. Puntato lo strumento, si sposta avanti
e indietro la pinnula mobile
finché copre esattamente il disco del Sole o della
Luna. Il rapporto fra il diametro
della pinnula mobile e la sua distanza dalla pinnula fissa permette di calcolare l’angolo sotteso dal corpo celeste.
Nonostante la testimonianza di Tolomeo e qualche lieve differenza di struttura, lo strumento era già noto a
Archimede di Siracusa (287-212 a.C.), che nell’Arenario afferma d’averlo usato per misurare il diametro apparente del
Sole.
Tratto dal sito dell’IMSS, Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze
DIOTTRA DI ERONE
In un’opera, la Diottra, Erone d’Alessandria
(I sec. d.C.) delinea uno
strumento portatile – utile applicazione della ruota
dentata, della vite e della livella a
acqua, – da usare per misurazioni terrestri o
astronomiche.
Coassiali a un piedistallo colonnare sono fissati
un disco e un perno. Sul perno
cala un cilindro con saldata alla base una ruota
dentata. Una vite col filetto
interrotto da un incavo longitudinale blocca dal
disco la ruota dentata se vi
ingrana o la lascia libera di girare se le presenta
l’incavo. Sopra il cilindro
venivano posti alternativamente due accessori:
1. un dispositivo di puntamento. Al centro della
faccia superiore di un piattello
metallico, dal bordo diviso in 360°, gira un’alidada. Su un diametro della faccia inferiore del piattello è saldata a
90° mezza ruota dentata. Una seconda vite scanalata, fissata al cilindro girevole, blocca l’inclinazione della mezza
ruota se vi ingrana o la rende inclinabile sull’orizzonte se le mostra l’incavo. Per osservare si sbloccavano le viti;
tolta l’alidada, si orientava il piattello graduato fino a renderlo complanare coi due oggetti lontani di cui si voleva
misurare la separazione angolare. Bloccata la posizione del piattello con le due viti, si reinseriva l’alidada e si
mirava prima uno, poi l’altro oggetto. Si calcolava infine la differenza fra i rispettivi gradi letti.
2. una livella a acqua. Un tubo di bronzo a forma di "U", incassato in un regolo di legno e pieno d’acqua, terminava
agli estremi in due tubetti di vetro verticali. Due pinnule regolabili in altezza con viti erano poste subito dietro
ciascun tubetto. Allineando le fenditure delle pinnule al pelo dell’acqua nei tubetti, si disponeva di una linea di mira
orizzontale con cui individuare oggetti lontani giacenti allo stesso livello dell’osservatore.
Per talune analogie, si suole riconosce nella diottra di Erone l’antenato del moderno teodolite.
Tratto dal sito dell’IMSS, Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze