Educare.it – SCUOLA DOI: 10.4440/2015012/toto L’educazione musicale in Italia: un excursus storico Giuseppe Toto Già dottore di ricerca in Scienze dell’antichità, attualmente è iscritto al dottorato in Educazione, Comunicazione e Formazione” con una tesi in “Psicologia e Musica”. Docente di scuola secondaria di secondo grado di discipline umanistiche, oggi Docente di sostegno presso la scuola secondaria di primo grado, ha pubblicato diverse monografie sulla storia degli studi grammaticali, sulla teoria e sulla prassi didattica. L’autonomia dell’educazione musicale nei piani di studio della scuola italiana è frutto di una gestazione durata più di un secolo. Questo articolo ne ripercorre le tappe più significative, dall’Unità d’Italia fino ai nostri giorni. Introduzione Nella letteratura pedagogica con il termine musica si intende «più in generale l’Educazione Musicale, ovvero “musica nel contesto educativo”» (Pagannone 2008, p. 113). Tuttavia il pieno riconoscimento del valore formativo della musica, in Italia, è una conquista recente e non viene ancora riconosciuto alla disciplina uno statuto epistemologico forte. L’educazione musicale è tuttora considerata come un passatempo o momento creativo, in opposizione alle discipline “forti” quali l’italiano o la matematica ecc. Nei paragrafi che seguono vediamo di delineare per sommi capi l’evoluzione che la musica ha avuto in ambito scolastico. La musica tra Unità d’Italia e primo Dopoguerra A partire dall’Unità d’Italia fino al 1955, la presenza della musica nei programmi del- 176 la scuola elementare è limitata al canto corale, attraverso cui si esprimono motivi religiosi, patriottici e popolari (Gori et al., 1987, p. 15-19). Sono Gabelli (1888) e Bacelli (1894) i primi ad introdurre gli esercizi di canto fra le discipline facoltative dei programmi di insegnamento, con la finalità di alleviare la mente degli allievi e non solamente come esercitazioni di tecnica vocale. Al Congresso nazionale Pedagogico di Torino del 1898, i pedagogisti Agazzi e Pasquali evidenziarono l’importanza dell’educazione musicale nella formazione del gusto estetico. Tali riflessioni trovarono spazio nei Programmi per gli asili dell’infanzia del 1914 (Mazzetti, 1962) e nei programmi elaborati da Lombardo-Radice del 1923 per la scuola elementare. Dimenticata dalla Riforma Gentile nell’istruzione superiore, l’educazione musicale assunse un ruolo importante nel curriculo dell’Istituto Magistrale nel 1936, ma © Educare.it (rivista on line - ISSN: 2039-943X) - Vol. 15, n. 12 – Dicembre 2015 http://www.educare.it/j/temi/scuola/scuola-e-dintorni/3186 ben presto l’abbreviazione del percorso da 7 a 5 anni ad opera di Bottai eliminò nuovamente la musica dal piano di studi. Tra anni ’60 e anni ‘80 La costituzione della scuola media unica del 1962 reintrodusse l’educazione musicale nel percorso di studi. A partire da quegli anni vennero pubblicate le riviste “Educazione musicale” e “Musica Domani”, nelle quali si delinearono lo statuto epistemologico ed i contenuti della disciplina, non senza le influenze della contestazione studentesca. Solo a partire dal 1979 venne riconosciuta all’educazione musicale, almeno per quanto riguarda la scuola secondaria di primo grado, una presenza più massiccia nel piano di studi con obiettivi e programmi propri. Badolato e Scalfaro (2013, pp. 87-99) fanno notare come si sia passati da una visione tecnicistica dell’insegnamento musicale tipica dei programmi della prima metà del Novecento ad una concezione ludica ed evasiva sulla scia della contestazione studentesca degli anni 60-70. Occorre rilevare però che la fase della “contestazione” ha pregiudicato la definizione di uno statuto epistemologico forte per l’educazione musicale, slegandola dal sapere scientifico e rendendo precarie le successive evoluzioni. L’educazione musicale oggi Le Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione del 2007 rappresentano un punto di svolta: all’Educazione musicale vengono riconosciute sei funzioni formative fondamentali: cognitivo-culturale, linguisticocomunicativa, emotivo-affettiva, identitaria e interculturale, relazionale, critico-estetica. La musica non è più considerata una mera componente edonistico-emotivo-istintiva, ma creatrice di competenze cognitive di tipo trasversale o di livello superiore (Toto, 2015), grazie anche agli studi di Howard Gardner che ha individuato l’esistenza di una vera e propria intelligenza musicale. Per cognitivo-culturale, si legge nel documento, si intende la capacità/possibilità di pensare e comprendere la musica attraverso la logica delle sue strutture e grammatica, una logica scandita da tempi, ritmi, regole e simboli. Gli attuali orientamenti pedagogici si indirizzano su due dimensione strutturali della musica: quella cognitiva e quella emotiva. Lo studio della musica deve permettere lo sviluppo di un pensiero “unico” e originale, anche se in realtà l’intelligenza musicale incrocia altre forme di intelligenza e di pensiero, le fa proprie e allo stesso tempo contribuisce essa stessa a svilupparle ed a rafforzarle (Apostoli, 2008, pp. 203-224). Dunque, educazione attraverso la musica, ma anche educazione alla musica. La seconda dimensione, quella emotiva, chiama in causa l’educazione all’affettività, poiché essa sviluppa la riflessione sulle stesse emozioni e la loro “messa in forma” simbolica. L’educazione all’affettività favorisce, altresì, il decentramento rispetto ad esse, poiché la musica implica la conoscenza, ricognizione e gestione delle emozioni attraverso l’ascolto e la riflessione (Pagannone 2008, p. 128). L’emancipazione della musica come disciplina formativa a tutti gli effetti si deve al riconoscimento che essa contribuisce alla costruzione di elementi identitari, interculturali, relazionali e critico-estetica. Suggestive a questo proposito sono le riflessioni degli studiosi La Face e Bianconi © Educare.it (rivista on line - ISSN: 2039-943X) - Vol. 15, n. 12 – Dicembre 2015 177 1 77 URL: http://www.educare.it/j/temi/scuola/scuola-e-dintorni/3186 (2013), i quali rintracciano nell’universalità della scrittura musicale, sia il possibile collegamento fra le differenti realtà culturali europee sia il fondamento per la costruzione della cittadinanza europea. L’European Musical Heritage ha una componente materiale ed una immateriale. La prima sopravvive attraverso la conservazione mentre quella immateriale si conserva vivendola e tresmettendola. Questo patrimonio culturale europeo non solo dialoga con le altre forme di cultura (linguistica, letteraria, storica, filosofica ma, anche logica e matematica) ma, permette anche a cittadini appartenenti a tradizioni culturali molto diverse di riconoscersi in una tradizione musicale comune. In Italia, scrivono ancora i nostri autori, si è creato uno iato fra pedagogia musicale e musicologia; da un lato, infatti, la pedagogia musicale si è auto-segregata negli ambienti del conservatori e delle scuole di musica, focalizzando la propria attenzione soltanto sulle tecniche di esecuzione e di riproduzione della musica stessa; la musicologia universitaria, invece, ha abbandonato la prassi scolastica per approfondire conoscenza e contenuti della ricerca (Kliuchko et. al. 2015). Oggi si auspica, da più parti, il ricongiungimento fra queste due branche del sapere musicale. La musica secondo “La Buona Scuola” Il recente Decreto sulla Buona Scuola sembra aver recepito le problematiche inerenti l’Educazione Musicale. Gli assunti di base che hanno ispirato il legislatore nella stesura del documento sono stati sia il legame tra musica e corpo (evidenziato in più sedi), sia la constatazione che la musica è “patrimonio storico” foriero di riflessioni estetiche e spirito critico. La soluzione proposta è stata quella di introdurre due ore a settimana nelle classi terminali della Scuola Primaria e relegare alla quota oraria dell’autonomia l’Educazione Musicale nella Scuola Secondaria di II grado. Le questioni, dunque, restano aperte: quali risultati saranno raggiunti o quali correttivi andranno apportati soltanto una successiva riflessione pedagogica potrà stabilirlo. Bibliografia Apostoli A., L’apprendimento musicale in età prescolare: il concetto di audiation nella music learning theory di Edwin E. Gordon, in “Musica, Ricerca, Didattica”, a cura di Nuzzaci A., Pagannone G., Lecce, Pensa Multimedia, 2008. Badolato N., Scalfaro A., L’educazione musicale nella scuola italiana dall’unità a oggi, in “Musica Docta”, n. 3, 2013. Frabboni F., Pinto Minerva F., Introduzione alla pedagogia generale, Roma-Bari, Laterza, 2003. Gardner H., Formae mentis. Saggio sulla pluralità dell’intelligenza, Milano, Feltrinelli, 1987. Gori R., Gamba M., Rossini S., I programmi della scuola elementare. Educazione al suono e alla musica, educazione all’immagine, educazione motoria, Roma, Armando, 1987. Kliuchko, M., Heinonen-Guzejev, M., Monacis, L., Gold, B. P., Heikkilä, K. V., Spinosa, V., Tervaniemi M., Brattico, E. The association of noise sensitivity with music listening, training, and aptitude, in “Noise and Health”, 17 (78) 2015, pp. 350-357. La Face G., Bianconi L., Il mandato intellettuale dei musicologi nella costruzione della cittadinanza europea, in “Musica Docta”, n. 3 2013. Mazzetti R., Pasquali P., Le sorelle Agazzi e la riforma del fröbelismo in Italia, Roma, Armando, 1962. Pagannone G., Le funzioni formative della musica, in “Musica, Ricerca, Didattica”, a cura di Nuzzaci A., Pagannone G., Lecce, Pensa Multimedia, 2008. Toto G., L’apprendimento linguistico attraverso un’esperienza grammaticale, London, Lulupress, 2015. 178 © Educare.it (rivista on line - ISSN: 2039-943X) - Vol. 15, n. 12 – Dicembre 2015