Introduzione ai fenomeni ondulatori Simone Frosali, TFA classe A049 Aprile 2013 Il fenomeno della propagazione delle onde si presenta in quasi tutti i campi della fisica. Anche solo riferendoci alla nostra esperienza quotidiana si possono elencare numerosi esempi (vedi fig.1). Quando parliamo di onde pensiamo immediatamente alle onde che si propagano sulla superficie dell’acqua, come le onde del mare. Ma parliamo anche di onde sonore, come quelle prodotte dalla voce o da uno strumento musicale, o di onde radio, che trasportano i segnali di radio e TV, oppure vediamo le onde che si propagano in una corda che vibra. O ancora quando si verifica un terremoto da qualche parte della Terra sentiamo parlare di onde sismiche. La luce stessa è un’onda e, ad esempio, la percezione dei colori è legata ad una particolare caratteristica di questa onda. Infine, ad un livello ancora più complesso, la materia stessa ha un comportamento ondulatorio, che si rende evidente a livello delle particelle subatomiche come elettrone o protone, e in tal caso parliamo di onde di materia. Tutti i fenomeni descritti, pur essendo molto diversi fra loro, hanno come un substrato comune che li unisce, dando luogo a proprietà e comportamenti analoghi. Tale substrato è appunto il concetto fisico di onda, che comporta una descrizione matematica simile dei vari fenomeni illustrati e quindi con essa delle proprietà analoghe. Ma che cos’è effettivamente un’onda? quale definizione di essa possiamo dare? Vediamo innanzitutto cosa dicono al riguardo Einstein e Infled nel loro testo “L’evoluzione della fisica”. Alla domanda su cosa sia un’onda, essi rispondono: “Un pettegolezzo nato a Washington raggiunge molto rapidamente New York, ancorchè nessuna delle persone partecipanti alla sua diffusione viaggi fra le due città. Due specie diverse di moto sono qui coinvolte: il moto Washington-New York del pettegolezzo ed il moto delle persone che lo hanno diffuso. Il vento al passare su di un campo di frumento produce un’onda che si propaga attraverso l’intero campo. Anche in tal caso dobbiamo distinguere fra il moto dell’onda e il moto delle singole piante, le quali effettuano soltanto piccole oscillazioni. Tutti conoscono le onde che si propagano in cerchi sempre più larghi, allorchè un sasso cade in acqua tranquilla. Il moto dell’onda 1 (a) (b) (c) (d) Figure 1: Esempi di fenomeni ondulatori: (a) onde che si propagano sulla superficie dell’acqua, (b) suono prodotto dalle vibrazioni delle corde in una chiatarra, (c) onde sismiche, (d) luce. è affatto diverso da quello delle particelle d’acqua, le quali si muovono soltanto su e giù. [...] La novità essenziale, che per la prima volta abbiamo qui l’occasione di considerare, è il moto di qualche cosa che non è materia, bensì energia, propagata attraverso la materia.” A. Einstein, L. Infeld, “L’evoluzione della fisica”. Possiamo quindi dare la seguente definizione di onda: Con il termine onda si intende una qualsiasi perturbazione prodotta da una sorgente che si propaga in tutti i punti contigui dello spazio. Accanto a questa definizione è bene specificare la legge fondamentale che governa la propagazione delle onde, evidenziata anche nel testo di Einstein e Infeld: La propagazione di un’onda, indipendentemente dalla sua natura, non implica mai trasporto di materia, ma solo trasporto di energia. 2 Ad esempio, per le onde del mare, ciò che si propaga non è l’acqua ma la vibrazione della superficie dell’acqua, che si alza e si abbassa. Infatti, se poniamo nella zona interessata dal moto ondoso un pezzo di sughero, vediamo che questo oscilla su e giù, rimanendo approssimativamente nella stessa posizione. Nel descrivere le onde è necessario fare una prima fondamentale distinzione fra onde di tipo meccanico, chiamate anche onde elastiche, e onde elettromagnetiche. Per le onde meccaniche la propagazione della perturbazione necessita di un mezzo materiale solido, liquido o gassoso, e consiste nella propagazione di vibrazioni meccaniche generate da una sorgente opportuna. Il suono rientra fra questo tipo di onde, ed è per questo che non si ha propagazione del suono nel vuoto. Per le onde elettromagnetiche la sorgente è costituita da campi elettrici e magnetici variabili nel tempo e la propagazione può avvenire sia nella materia che nel vuoto. La luce è un’onda elettromagnetica e infatti siamo in grado di vedere la luce emessa dal Sole o dalle stelle, la quale attraversa immensi spazi vuoti prima di giungere ai nostri occhi. Nei paragrafi seguenti esamineremo le proprietà fondamentali delle onde, alcuni comportamenti caratteristici dei fenomeni ondulatori e arriveremo a ricavare l’equazione di un’onda . Tratteremo fondamentalmente il caso di onde meccaniche, cercando via via di mostrare, attraverso esempi, come le proprietà ricavate siano comuni a vari tipi di onde meccaniche e anche alle onde elettromagnetiche. 1 Moto armonico Prima di procedere nella descrizione dei vari tipi di onde e delle loro proprietà è opportuno richiamare l’attenzione su un tipo particolare di moto di un punto materiale, il moto armonico. Consideriamo un punto materiale P che si muove di moto circolare uniforme su una circonferenza di centro C e raggio R, come mostrato in fig.2. Se proiettiamo il punto P su uno dei due diametri, otteniamo un un punto P’ che si muove di moto rettilineo lungo il diametro DE della circonferenza. Tuttavia il moto di P’ non è un moto rettilineo uniforme, infatti nei punti D ed E il moto si inverte. Inoltre nelle zone centrali il moto di P’ è più rapido e percorre distanze maggiori in tempi uguali, agli estremi è più lento e percorre distanze minori negli stessi tempi. Nei punti di inversione del moto la velocità istantanea del punto è nulla. Definiamo il moto di P’ moto armonico, e cioè la proiezione del moto circolare uniforme su un diametro della sua traiettoria. Il moto armonico è perciò un moto unidimensionale. Mentre P descrive la circonferenza, il punto P’ oscilla avanti e indietro attorno al centro di oscillazione C. Il punto P’ descrive un’oscillazione completa quando P percorre un giro completo sulla circonferenza. 3 Figure 2: Mentre il punto P si muove di moto circolare uniforme sulla circonferenza di centro C e raggio R, il punto P’ si muove di moto armonico sul diametro DE. La massima distanza di P’ da C costituisce l’ampiezza del moto ed è data dal raggio R della circonferenza. E’ evidente che il moto armonico torna a ripetersi con identiche caratteristiche dopo un’oscillazione completa. Dunque si tratta di un moto periodico e il suo periodo T è dato dalla durata di un’oscillazione completa e coincide con il periodo del moto circolare uniforme. La velocità angolare ω del punto P è chiamata pulsazione del moto armonico e, come per il moto circolare uniforme, vale la relazione: ω= 2π . T Se adesso immaginiamo di costruire un grafico che abbia sull’asse delle ordinate le posizioni occupate da P’ sul diametro della circonferenza e sull’asse delle ascisse il tempo in cui P’ ha occupato le varie posizioni, otteniamo il grafico mostrato in fig.3. Il grafico spazio-tempo del moto armonico è dunque rappresentato da una sinusoide, che mostra immediatamente il legame fra y y P’ P C P Figure 3: Grafico spazio-tempo del moto armonico. 4 questo tipo di moto e le onde. Il grafico di fig.3 è il grafico della funzione 2π y = A sin t = A sin (ωt) . T Infatti il fattore moltiplicativo A, che rappresenta l’ampiezza del moto, cioè la massima oscillazione del punto P, modifica il codominio della funzione seno da [−1, 1] a [−A, A]. Il fattore ω = 2π che T moltiplica la variabile t, che rappresenta il tempo nell’argomento del seno, modifica invece il periodo della funzione da 2π a T (anzichè ottenere y = 0 per t = 0, π, 2π, . . . lo si ottiene infatti per t = 0, T2 , T, . . . , come mostrato in figura). Esistono altri fenomeni fisici che presentano moti armonici, come ad esempio il moto di un pendolo, nel caso di oscillazioni di piccola ampiezza, o le vibrazioni di un corpo fissato ad una molla. Se infatti, come mostrato in fig.4, fissiamo ad un molla un pennino in grado di tracciare su un foglio di carta le posizioni di volta in volta occupate e facciamo scorrere il foglio con moto rettilineo uniforme, il pennino traccerà la stessa curva mostrata in fig.3 per il moto armonico generato da un moto circolare uniforme. Figure 4: Sinusoide generata dal moto armonico di una molla. Esistono anche altri sistemi che possono mostrare moti di questo tipo, come ad esempio le molecole di un solido che vibrano attorno alla loro posizione di equilibrio, oppure le molecole dell’aria investite da un’onda sonora. Molte grandezze fisiche, che non necessariamente descrivono il moto di un oggetto, variano nel tempo in maniera armonica: ad esempio l’intensità di corrente nei circuiti a corrente alternata, o il campo elettrico e magnetico nelle onde elettromagnetiche. 5 2 Tipi di onde Consideriamo una corda tesa, con una estremità fissa e l’altra estremità tenuta con la mano. Per produrre un’onda è sufficiente perturbare con un rapido movimento su e giù della mano l’estremità libera della corda. Il movimento della mano è dunque la sorgente dell’onda. In questo modo si imprime un impulso alla porzione della corda più vicina alla mano che, mettendosi in moto, sollecita per effetto della tensione una porzione di corda vicina. Questo processo, ripetuto nelle diverse porzioni della corda nell’istante in cui ciascuna di esse è raggiunta dalla perturbazione, fa propagare la perturbazione lungo tutta la corda. Se invece di dare un singolo impulso, continuiamo a muovere la mano su e giù con lo stesso movimento, la perturbazione che produciamo assume la forma di un’onda periodica. In particolare se l’oscillazione che produce l’onda è di tipo armonico, cioè segue un moto come quelli descritti nel paragrafo precedente, parleremo di onda armonica. D’ora in avanti tratteremo sempre il caso di onde armoniche. Possiamo anche immaginare di applicare la stessa oscillazione armonica ad una molla distesa su di un tavolo. Se l’oscillazione è applicata nella direzione della lunghezza della molla si genererà in essa un’onda che si propaga per successive compressioni ed espansioni lungo tutta la molla. Anche in questo caso parleremo di onda armonica, perchè generata da una sorgente che si muove di moto armonico. In fig.5 sono mostrate le onde armoniche che si propagano nella corda tesa e nella molla. Come mostrato in figura però le due onde presentano una fondamentale differenza. Mentre nel caso della corda le oscillazioni di ciascun punto della corda avviene trasversalmente alla direzione di propagazione dell’onda, nel caso della molla le oscillazioni avvengono nella stessa direzione di propagazione dell’onda. Abbiamo dunque individuato due tipi di onde elastiche: onde trasversali, in cui ogni punto del mezzo nel quale di propaga l’onda compie vibrazioni in direzione perpendicolare alla direzione di propagazione dell’onda, onde longitudinali, in cui le vibrazioni avvengono nella stessa direzione di propagazione dell’onda. Mentre nei solidi si possono avere sia onde trasversali che onde longitudinali, nei fluidi si propagano solo onde longitudinali (fanno eccezione le onde che si propagano sulla superficie di un liquido). Al contrario delle onde meccaniche quelle elettromagnetiche, che non necessitano di alcun mezzo per propagarsi, possono invece essere solo trasversali. Nel caso di onde elettromagnetiche infatti si ha l’oscillazione dei campi elettrico e magnetico in direzioni perpendicolari fra loro e perpendicolari alla direzione di propagazione dell’onda. Inoltre, mentre nel caso di onde longitudinali è possibile una sola direzione di oscillazione (quella di propagazione), per le onde trasversali le 6 Figure 5: Onde trasversali che si propagano in una corda (a) e longitudinali che si propagano in una molla (b). oscillazioni possono avvenire in tutte le direzioni contenute nel piano perpendicolare alla direzione di propagazione dell’onda. Per descrivere i fenomeni ondulatori è utile introdurre altri due concetti, e cioè quello di fronte d’onda e quello di raggio. Definiamo fronte d’onda l’insieme dei punti che vibrano concordemente. Ad esempio, se consideriamo le onde generate da un sasso gettato nell’acqua, i fronti d’onda sono le circonferenze centrate nel punto in cui cade il sasso: i punti che si trovano su queste circonferenze salgono e scendono allo stesso modo in ogni istante. Se il mezzo in cui si propaga l’onda è omogeneo e isotropo (cioè presenta le stesse caratteristiche in tutti i punti e lungo tutte le direzioni) la direzione di propagazione è sempre perpendicolare ai fronti d’onda. Una qualunque retta perpendicolare ai fronti d’onda dà quindi la direzione di propagazione delle onde e viene detta raggio. Si possono classificare le onde anche in mono-bi-tri-dimensionali, a seconda del numero di dimensioni del mezzo nelle quali esse propagano energia. Le onde che si muovono lungo la fune o la molla di fig.5 sono monodimensionali. Le onde superficiali, come quelle sulla superficie dell’acqua, sono bidimensionali. Le onde sonore e le onde luminose che si propagano radialmente da una piccola sorgente sono tridimensionali. 7 (a) (b) Figure 6: Fronti d’onda e raggi per onde bidimensionali piane e circolari (a) e per onde tridimensionali piane e sferiche (b). Nel caso di onde bi- o tri-dimensionali i fronti d’onda possono avere forme diverse. Se la perturbazione si propaga in un unica direzione le onde prendono il nome di onde piane e i fronti d’onda sono rette, per onde bidimensionali, o piani, per onde tridimensionali, perpendicolari alla direzione di propagazione. Ad esempio per le onde del mare i fronti d’onda sono rette, come mostrano le creste delle onde che formano rette parallele alla costa. Se invece la perturbazione si propaga in tutte le direzioni, partendo da un punto che è la sorgente delle onde, le onde sono dette onde circolari nel caso di onde bidimensionali, per le quali i fronti d’onda sono circonferenze, oppure onde sferiche nel caso di onde tridimensionali, per le quali i fronti d’onda sono superfici sferiche. In entrambi i casi i fronti d’onda circolari o sferici sono centrati nella sorgente e i raggi sono rette radiali in tutte le direzioni uscenti dalla sorgente. Le onde sonore emesse da una persona che parla o le onde luminose emesse da una candela o da una lampadina sono esempi di onde sferiche. Lontano dalla sorgente i fronti d’onda sferici hanno piccola curvatura e in una zona ristretta rispetto alla distanza dalla sorgente possono essere considerati piani. In fig.6 sono mostrati i fronti d’onda e i raggi per onde piane, circolari e sferiche nei casi bidimensionale e tridimensionale. 8 3 Grandezze caratteristiche delle onde Vogliamo ora introdurre alcune grandezze fondamentali utilizzate per descrivere le caratteristiche di un’onda periodica di tipo armonico, prendendo in esame per semplicità il caso di un’onda meccanica, trasversale o longitudinale. Per descrivere le grandezze che ci interessano dobbiamo riferirci a due diversi grafici. Il primo grafico, mostrato in fig.7, rappresenta lo spostamento dei punti del mezzo elastico dalla loro posizione di equilibrio, in funzione della loro posizione lungo la direzione di propagazione dell’onda, in un istante fissato. Nel caso di un’onda trasversale, come quella di una corda vibrante, possiamo interpretare il grafico di fig.7 come una “fotografia” dell’onda in un dato istante, per cui possiamo chiamare il grafico di fig.7 anche profilo della perturbazione. Se invece pensiamo all’onda longitudinale che si propaga nella molla il paragone con la fotografia è meno immediato perchè le oscillazioni avvengono nella stessa direzione di propagazione dell’onda. Anche in questo caso comunque l’asse y del grafico rappresenta le deviazioni dalla posizione di equilibrio dei vari punti della molla, che oscillano avanti e indietro, in funzione della posizione dei punti lungo la molla. In fig.7 è indicato un parametro fondamentale per la descrizione delle onde, la lunghezza d’onda, indicata come λ. Possiamo quindi dare la seguente definizione di lunghezza d’onda di un’onda armonica: La lunghezza d’onda λ di un’onda armonica è la distanza fra due massimi (o due minimi) consecutivi nel profilo della perturbazione lungo la direzione di propagazione dell’onda (fig.7). La lunghezza d’onda è quindi una distanza e verrà misurata in metri. Il secondo grafico a cui dobbiamo riferirci rappresenta lo spostamento di un punto fissato del mezzo elastico dalla sua posizione di equilibrio in funzione del tempo. Al contrario del profilo d’onda, questo secondo grafico, mostrato in fig.8, è un grafico spazio-tempo e si riferisce alle oscillazioni attorno alla sua posizione di equilibrio di un solo punto (qualsiasi) del mezzo in cui si propaga l’onda. E’ evidente quindi il legame con il grafico del moto armonico riportato in fig.3, in Figure 7: Onda armonica: spostamento dei punti del mezzo elastico in funzione della loro posizione lungo la direzione di propagazione dell’onda in un istante fissato. La lunghezza d’onda λ è la distanza fra due massimi adiacenti. 9 Figure 8: Onda armonica: grafico spazio-tempo delle oscillazioni di un punto qualsiasi del mezzo elastico. I punti ymax e ymin corrispondono allo spostamento massimo e minimo (negativo) dalla posizione di equilibrio posta in 0. L’ampiezza A del moto è il modulo massimo dello spostamento. Il periodo T è l’intervallo di tempo che separa due massimi successivi. cui si mostrava l’oscillazione in funzione del tempo di un punto che si muoveva di moto armonico, ma anche con il moto armonico di una molla mostrato in fig.4. Con riferimento al grafico di fig.8 possiamo dunque definire altri due parametri fondamentali per la descrizione delle onde: l’ampiezza A e il periodo T . Si definisce ampiezza A di un’onda il massimo allontanamento (in modulo) di un punto oscillante dalla sua posizione di equilibrio. Anche l’ampiezza è pertanto una distanza e verrà misurata in metri. Si definisce invece periodo T di un’onda l’intervallo di tempo che intercorre fra due massimi (o due minimi) consecutivi dell’oscillazione di un qualsiasi punto del mezzo in cui l’onda si propaga. Il periodo è quindi il tempo che un punto qualsiasi del mezzo impiega per compiere un’oscillazione completa, analogamente a quanto abbiamo visto per il moto armonico, e pertanto si misurerà in secondi. Insieme al periodo definiamo la frequenza come il reciproco del periodo, ovvero f= 1 , T che si misura in Hertz (Hz) o più semplicemente in s−1 . Avremo una frequenza di 1 Hz quando la sorgente compie un’oscillazione al secondo. La frequenza è quella grandezza che contraddistingue, nel caso di onde sonore, un suono grave da uno acuto. Tanto più alta è la frequenza tanto più il suono sarà acuto. Ogni nota della scala musicale quindi è definita da una particolare frequenza. Nel caso delle luce invece la frequenza contraddistingue i vari colori: ogni colore è associato ad una particolare frequenza, partendo da frequenze basse per il rosso e salendo a frequenze più alte per il blu e il violetto. 10 Se adesso consideriamo lo spostamento di un massimo lungo la direzione di propagazione dell’onda, vediamo che per ogni oscillazione completa della sorgente esso si è spostato in avanti di una lunghezza d’onda λ. Quindi possiamo definire la velocità di propagazione dell’onda come v= λ , T dove λ è la lunghezza d’onda e T il periodo dell’onda. Utilizzando la definizione di frequenza possiamo anche scrivere v =λ·f, da cui si vede che, a parità di velocità di propagazione, λ e f sono inversamente proporzionali. Il periodo e la frequenza di un’onda dipendono esclusivamente dalla sorgente, essendo legate alle oscillazioni armoniche che essa compie. Al contrario la velocità di propagazione di un’onda dipende dalla natura e dalle caratteristiche del mezzo perturbato e conseguentemente anche la sua lunghezza d’onda, legata a v dalla relazione λ = vT . E’ utile a questo punto fare un confronto fra lunghezza d’onda, frequenza e velocità di propagazione per vari tipi di onde. Le onde sonore ad esempio hanno una velocità di propagazione in aria a 0◦ C di circa 331 m/s, mentre in aria a 20◦ C la velocità è circa 343 m/s. Possono propagarsi ovviamente anche in altri mezzi. Ad esempio in acqua a 20◦ C la velocità di propagazione è 1480 m/s, mentre nel ferro alla stessa temperatura la velocità di propagazione è di 5950 m/s. L’intervallo di frequenze percepibili dall’orecchio umano va da 20 Hz e 20000 Hz circa. Il LA centrale ad esempio ha una frequenza pari a 440 Hz. Al di fuori di questo intervallo le onde sonore non sono più udibili dall’uomo e parliamo propriamente di infrasuoni sotto i 20 Hz e di ultrasuoni al di sopra dei 20000 Hz. Le onde sismiche, altro tipo di onde meccaniche, hanno grosso modo un intervallo di frequenze che va da 2 Hz a 10 Hz, e per questo sono al di sotto della soglia di udibilità umana. La loro velocità di propagazione varia da 0.9 Km/s a 8 Km/s a seconda del tipo di onda. Passando alle onde elettromagnetiche, in fig.9 sono riportate lunghezza d’onda e frequenza che possono assumere questo tipo di onde. Tali onde vengono classificate all’aumentare della frequenza come onde radio, microonde, luce visibile, raggi X ecc. La luce visibile dunque rappresenta solo una piccola porzione delle frequenze che possono assumere le onde elettromagnetiche, ovvero quelle frequenze che vanno da 4 · 1014 Hz a 7.9 · 1014 Hz o, in termini di lunghezze d’onda, da 760 nm a 380 nm circa. Immediatamente al di sotto di questo intervallo abbiamo i raggi infrarossi, mentre subito sopra abbiamo raggi ultravioletti. Le onde radio, quelle utilizzate per le trasmissioni radiofoniche, hanno frequenze che vanno dai 106 Hz ai 108 Hz circa e lunghezze d’onda dell’ordine del metro fino alle centinaia di metri. La velcità di propagazione delle onde elettromagnetiche nel vuoto non dipende ovviamente dalla frequenza dell’onda, come abbiamo già detto, ed è uguale pertanto alla 11 velocità di propagazione della luce nel vuoto, cioè circa 3 · 108 m/s. 4 Effetto Doppler Un tipico fenomeno ondulatorio, presente sia nelle onde meccaniche che in quelle elettromagnetiche e i cui effetti sono riscontrabili nella vita quotidiana e hanno ampie ricadute anche applicative, è l’effetto Doppler, dal fisico che lo ha evidenziato la prima volta. Questo fenomeno riguarda la frequenza di un’onda misurata da un osservatore in moto relativo rispetto alla sorgente dell’onda stessa. Se infatti la sorgente sonora, l’osservatore o entrambi sono in moto rispetto al mezzo in cui si propaga l’onda, questa viene vista con frequenza diversa da quella di emissione. In particolare, con frequenza maggiore se la sorgente e l’osservatore si avvicinano, minore se la sorgente e l’osservatore si allontanano. Questo fatto può essere verificato ad esempio durante la visione di un gran premio di Formula 1, in cui il rumore prodotto dal motore e rilevato dalla telecamera è più acuto quando le automobili si avvicinano, mentre è più grave quando si allontanano. Esaminiamo quindi cosa accade alla frequenza dell’onda misurata dall’osservatore in questi casi. Per il momento ci limiteremo, per semplicità, ad un’onda sonora (quindi un’onda meccanica) che è anche il caso di cui facciamo più facilmente esperienza, come mostrano gli esempi citati sopra. La variazione di frequenza è dovuta al fatto che l’osservatore percepisce come frequenza il numero di massimi di oscillazione da cui è investito nell’unità di tempo. Evidentemente, se l’osservatore si avvicina alla sorgente, tale numero aumenta, mentre diminuisce se se ne allontana. Lo stesso vale nel caso in cui è la sorgente ad avvicinarsi o ad allontanarsi dall’osservatore. Nel caso delle onde sonore, queste si propagano in un mezzo fisico dove sono immersi sia Figure 9: Frequenze e lunghezze d’onda delle onde elettromagnetiche. 12 l’osservatore che la sorgente emittente del segnale. Se consideriamo che il mezzo fisico non abbia movimenti (ad esempio a causa del vento) ed è quindi statico, saranno la sorgente o l’osservatore o ambedue contemporaneamente ad essere dotati di movimento relativo. Chiamiamo vs la velocità della sorgente, vo la velocità dell’osservatore e vp la velocità di propagazione del suono. Queste velocità sono considerate relative ad un sistema di riferimento solidale col mezzo. Se è l’osservatore che si muove, e quindi la sorgente è solidale con il mezzo, il fronte d’onda sonoro raggiunge l’osservatore con una velocità pari a vp ± vo , dove vale il + se l’osservatore si sta avvicinando alla sorgente e il − se invece si sta allontanando. Se al contrario è la sorgente che si muove, e quindi l’osservatore è solidale con il mezzo, il fronte d’onda raggiunge l’osservatore con una velocità pari a vp , poichè il moto della sorgente non modifica la velocità con cui il suono si propaga nel mezzo. Per le onde sonore ricevute dall’osservatore non c’è dunque simmetria: si ottengono nei due casi risultati diversi e l’entità della variazione dipende non solo dalla velocità relativa fra sorgente e osservatore ma anche dal modo in cui questa è realizzata. Dovremo quindi distinguere i seguenti casi: 1. Sorgente ferma e osservatore in movimento, 2. Sorgente in movimento e osservatore fermo, 3. Sorgente ed osservatore in movimento. 4.1 Sorgente ferma, osservatore in moto Siano f e λ la frequenza e la lunghezza d’onda del suono emesso da una sorgente e vp la velocità di propagazione dell’onda sonora. Nel tempo t un massimo dell’onda sonora generata dalla sorgente percorre lo spazio vp t e all’osservatore giungono tutti i massimi compresi in un tratto di lunghezza vp t. Poichè la distanza fra un massimo e il successivo è λ, il numero di massimi che giungono all’osservatore è quindi vp t/λ. Questa frazione corrisponde infatti al numero di massimi contenuti nel tratto vp t. Possiamo vedere la frequenza del suono percepito dall’osservatore come il numero di massimi ricevuti per unità di tempo. Infatti otteniamo f= vp vp t 1 · = , λ t λ cioè esattamente l’espressione della frequenza che abbiamo ricavato nel paragrafo precedente. Supponiamo adesso che l’osservatore si muova di velocità vo verso la sorgente, come mostrato in fig.10. Nell’unità di tempo egli riceve tutti i massimi che riceverebbe stando fermo, più quelli 13 che intercetta a causa del suo spostamento, in numero uguale a vo t/λ. Quindi in questo caso l’osservatore misurerà una frequenza f 0 pari a 1 vp + vo vp t vo t 0 + · = . f = λ λ t λ Poichè λ = vp /f , sostituendo nell’equazione precedente abbiamo vp + vo vo 0 f =f =f 1+ . vp vp (1) Quindi la frequenza f 0 percepita è maggiore di quella emessa dalla sorgente f , dall’osservatore vo pocihè il fattore moltiplicativo 1 + vp è maggiore di 1. Se invece l’osservatore si allontana dalla sorgente, riceve nell’unità di tempo un numero inferiore di massimi, precisamente quelli che riceverebbe stando fermo meno quelli che non riescono a raggiungerlo a causa del suo moto. In questo caso la frequenza percepita è quindi: vp − vo vp t vo t 1 vo 0 − f = · =f =f 1− (2) λ λ t vp vp In forma generale possiamo esprimere come segue il risultato ottenuto: Effetto Doppler con sorgente ferma e osservatore in moto. Se una sorgente sonora in quiete rispetto al mezzo di propagazione del suono emette un’onda sonora di frequenza f , un osservatore in moto con velocità di modulo vo lungo una retta passante per la posizione della sorgente percepisce la frequenza vo 0 f =f 1± , (3) vp dove vp è la velocità del suono nel mezzo. Il segno positivo si usa quando l’osservatore si avvicina alla sorgente e il segno negativo quando si allontana. 4.2 Sorgente in moto, osservatore fermo Se la sorgente è in moto rispetto all’aria, i fronti d’onda sonora visti da un osservatore fermo non sono più sfere concentriche, ma sfere il cui centro si sposta nel tempo insieme alla sorgente, come mostrato in fig.11. Supponendo che la sorgente si stia avvicinando all’osservatore, l’effetto complessivo, dal punto di vista dell’osservatore, è quindi quello di un accorciamento della lunghezza 14 Figure 10: Effetto Doppler dovuto al moto dell’osservatore. La sorgente è ferma. d’onda λ. Questo perchè la sorgente segue le onde che emette e i massimi di queste quindi si avvicinano. Al contrario, se la sorgente si sta allontanando dall’osservatore, l’effetto sarà quello di un aumento della lunghezza d’onda osservata da quest’ultimo. Supponiamo che la sorgente si muova verso l’osservatore con velocità vs (vedi fig.11) e che emetta un massimo all’istante iniziale t = 0. In un tempo pari a un periodo dell’onda, T = 1/f , questo massimo percorre, dal punto di emissione, la distanza λ = vp T = vp /f . Nello stesso intervallo di tempo la sorgente si sposta verso destra del tratto vs T = vs /f e, al termine dell’intervallo emette il massimo successivo. La distanza fra i due massimi è pertanto uguale, a destra della sorgente, alla lunghezza d’onda λ diminuita della distanza percorsa dalla sorgente in un periodo, mentre a sinistra è uguale alla lunghezza d’onda aumentata della stessa quantità. La lunghezza d’onda misurata dall’osservatore verso cui si dirige la sorgente è allora: λ0 = 1 vp vs − = (vp − vs ) . f f f Poichè la relazione che lega λ0 e la frequenza f 0 percepita dall’osservatore è λ0 = vp , f0 avremo quindi vp vp − vs = 0 f f → 0 f =f 15 vp vp − vs . (4) Quindi anche in questo caso l’osservatore percepisce una frequenza f 0 maggiore della frequenza f p è maggiore di 1, essendo (vp − vs ) < vp . Se la velocità della di emissione, perchè il fattore vpv−v s sorgente è uguale o superiore alla velocità di propagazione del suono l’equazione (5) non vale piú (se vs = vp ad esempio si annullerebbe il denominatore), perchè a quel punto dovremmo tener conto di altri effetti che modificherebbero l’equazione stessa. In modo analogo si ottiene che la frequenza f 0 del suono percepito dall’osservatore nel caso in cui la sorgente si stia allontanando da esso è vp 0 f =f , vp + vs vp 0 e in questo caso f è minore di f come ci aspettavamo, dal momento che il fattore vp +vs è minore di 1. Possiamo riassumere i risultati ottenuti nel caso di sorgente in moto e osservatore fermo nel seguente modo: Effetto Doppler con sorgente in moto e osservatore fermo. Se un osservatore in quiete rispetto al mezzo di propagazione dell’onda sonora riceve un suono emesso, con frequenza f , da una sorgente in moto, con velocità di modulo vs , lungo una retta Figure 11: Effetto Doppler dovuto al moto della sorgente. L’osservatore è fermo. Il fronte d’onda 1 è stato emesso dalla sorgente quando questa si trova in S1 ; il fronte d’onda 2 è stato emesso dalla sorgente quando questa si trova in S2 , ecc. Nell’istante rappresentato dal disegno la sorgente si trova in S. 16 passante per la posizione dell’osservatore, la frequenza che quest’ultimo percepisce è vp 0 f =f , (5) vp ∓ vs dove vp è la velocità del suono nel mezzo. Il segno negativo si usa quando la sorgente si avvicina all’osservatore e il segno positivo quando si allontana. 4.3 Sorgente e osservatore in movimento Nel caso in cui sia la sorgente che l’osservatore siano in moto rispetto al mezzo di propagazione dell’onda, l’effetto finale sarà semplicemente la combinazione dei due effetti descritti nei casi precedenti e la frequenza percepita dall’osservatore sarà data da vp vp ± vo vp ± vo 0 · =f , (6) f =f vp vp ∓ vs vp ∓ vs dove i segni superiori (+ a numeratore e − a denominatore) corrispondono al caso di sorgente e osservatore che si muovono incontro l’un l’altro, e i segni inferiori al caso in cui sorgente e osservatore si allontanano reciprocamente. Si noti che l’equazione (6) si riduce all’equazione (3) quando vs = 0 e all’equazione (5) quando vo = 0, come deve essere. Sfruttando la relazione fra f e λ, f = v/λ, possiamo riscrivere l’equazione (6) anche in termini di lunghezza d’onda, e cioè vp ∓ vs 0 , λ =λ vp ± vo con le stesso significato dei segni illustrato per l’equazione (6). Come mostrato anche all’inizio del paragrafo esistono numerosi esempi della vita quotidiana in cui compare l’effetto Doppler. La sirena di un’ambulanza ad esempio viene percepita più alta del suo tono effettivo mentre l’ambulanza si sta avvicinando all’osservatore, si abbassa mentre passa accanto all’osservatore e continuerà più bassa del suo tono effettivo mentre si allontana dall’osservatore. Allo stesso modo accade come abbiamo visto per il rumore dei motori nelle corse di automobilismo o motociclismo. Esistono anche numerose applicazioni dell’effetto Doppler per onde sonore, ad esempio in campo medico per la rilevazione della velocità del flusso sanguigno. Tale principio infatti è sfruttato dai Flussimetri Eco-Doppler (ADV, ovvero Acoustic Doppler Velocimeter ), nei quali una sorgente di onde sonore, generalmente ultrasuoni, viene orientata opportunamente all’interno del flusso sanguigno. Queste onde acustiche vengono poi riflesse con una nuova frequenza, a seconda della velocità vettoriale delle particelle sanguigne, rilevata e rielaborata 17 in modo da ottenere tale misura di velocità. 4.4 Effetto Doppler per onde elettromagnetiche Nel caso di onde elettromagnetiche, come ad esempio la luce, queste non richiedono un mezzo fisico per propagarsi ma si propagano nel vuoto e raggiungono l’osservatore con una velocità che è sempre la stessa ed è indipendente sia dalla velocità di quest’ultimo sia da quella della sorgente. La velocità della luce infatti è la massima velocità raggiungibile in natura e non si compone con altre velocità. Quindi il fronte d’onda elettromagnetica raggiunge l’osservatore con la stessa velocità sia nel caso in cui l’osservatore si stia muovendo verso la sorgente sia nel caso in cui a muoversi sia la sorgente. Questa volta dunque si ha perfetta simmetria fra i due casi, contrariamente a quanto avveniva per le onde sonore, e quello che conta è solo la velocità relativa fra la sorgente e l’osservatore. L’effetto Doppler dovuto ai segnali elettromagnetici viene descritto nella sua completezza con la teoria della relatività soprattutto quando si hanno velocità relative fra sorgente e osservatore comparabili con la velocità della luce, mentre per valori molto inferiori si può applicare la stessa formulazione valevole per il suono. Anche nel caso della luce, e in generale quindi di onde elettromagnetiche, l’effetto Doppler ha conseguenze e applicazioni molto importanti. Ad esempio in alcune forme di radar per misurare la velocità degli oggetti rilevati. Un’onda elettromagnetica viene diretta contro un oggetto in movimento, per esempio un’automobile, nel caso dei radar in dotazione alle forze di polizia. L’onda viene quindi riflessa dall’oggetto, che costituisce pertanto una nuova sorgente dotata di una certa velocità rispetto al radar. Confrontando la frequenza che si riceve da questa sorgente in movimento con quella, nota, emessa dal radar, è possibile ricavare la velocità dell’oggetto in movimento. Questa tipologia di radar è molto utilizzata per le previsioni meteorologiche perchè permette di individuare con precisione distanza, velocità e direzione dei fronti nuvolosi. Un’altra applicazione fondamentale dell’effetto Doppler sulle onde elettromagnetiche è quella che si ha in campo astronomico. Viene infatti utilizzato questo effetto per misurare la velocità con cui le stelle si stanno avvicinando o allontanando da noi, o per misurare la velocità di rotazione delle galassie, o ancora per altri tipi di misurare fondamentali per lo sviluppo della cosmologia. L’uso dell’effetto Doppler in astronomia si basa sul fatto che lo spettro elettromagnetico emesso dagli oggetti celesti non è continuo, ma mostra delle linee spettrali a frequenze ben definite, legate ai particolari elementi chimici presenti negli oggetti che si stanno osservando. L’effetto Doppler è riconoscibile quando le linee spettrali non si trovano alle frequenze ottenute utilizzando una sorgente ferma, ma si trovano spostate tutte della stessa quantità. La differenza in frequenza può essere utilizzata per ricavare la velocità dell’oggetto rispetto a noi utilizzando le formule dell’effetto Doppler. Poichè la luce blu ha una frequenza più alta di quella rossa, le linee spettrali di un oggetto astronomico che si sta avvicinando a noi mostrano uno spostamento verso il blu 18 Figure 12: Esemplificazione dello spostamento verso il rosso (redshift) e verso il blu (blushift) dello spettro di un oggetto astronomico. Si ha redshift se l’oggetto si sta allontanando da noi e blushift se invece si sta avvicinando. (blushift), mentre quelle di un oggetto astronomico che si sta allontanando da noi mostrano uno spostamento verso il rosso (redshift). In entrambi i casi lo spostamento sarà tanto più marcato quanto maggiore è la velocità dell’oggetto che stiamo osservando rispetto a noi. In fig.12 sono mostrati il blushift e il redshift dello spettro di un ipotetico oggetto astronomico. 5 Equazione di un’onda Vogliamo infine determinare l’equazione di un’onda generica, cioè l’equazione che ci permette di calcolare, in ogni istante, l’oscillazione dalla posizione di equilibrio di un qualsiasi punto dell’onda. Nel caso di onda meccanica l’equazione ci darà quindi per ogni istante lo spostamento dalla posizione di equilibrio di un qualunque punto del mezzo elastico attraversato dall’onda. Nel caso di onde elettromagnetiche otteniamo equazioni simili, che descrivono però le oscillazioni dei campi elettrici e magnetici. Per semplicità prenderemo solo in considerazione le onde meccaniche, e fra queste quelle unidimensionali, che si propagano cioè lungo una sola direzione. Consideriamo quindi un’onda meccanica armonica che si propaga lungo un asse x fissato (l’onda può essere longitudinale o trasversale). Essendo un’onda armonica il suo profilo sarà descritto da una sinusoide. Supponiamo quindi che al tempo t = 0 il profilo dell’onda, di lunghezza d’onda λ e ampiezza A, sia descritto dalla funzione 2π x , (7) y = A sin λ dove y è lo spostamento dalla posizione di equilibrio del punto individuato dalla coordinata x nel mezzo in cui si propaga l’onda. L’equazione (7), di cui è mostrato il grafico in fig.7, rappresenta 19 Figure 13: Profilo di un’onda armonica nell’istante t = 0 (linea continua) e dopo un tempo t, durante il quale l’onda si è propagata con velocità v percorrendo una distanza vt (linea tratteggiata). un’onda armonica il cui profilo si riproduce in forma identica dopo ogni lunghezza d’onda λ. Infatti lo spostamento y dalla posizione di equilibrio assume lo stesso valore quando x = 0, λ, 2λ, . . . poichè sin(0)=sin(2π)=sin(4π), . . . In un punto a distanza x dalla sorgente, se la velocità di propagazione dell’onda è v, il moto armonico della sorgente è riprodotto con un ritardo temporale x/v, pari al tempo necessario all’onda per propagarsi a distanza x. Quindi se al tempo t = 0 lo spostamento è nullo in x = 0, al tempo t sarà nullo in x = vt. Allo stesso modo, se al tempo t = 0 lo spostamento è massimo in x = λ/4, al tempo t sarà massimo in x = λ/4 + vt. In fig.13 è mostrata la propagazione dell’onda dopo un tempo t. Lo spostamento y, descritto dall’equazione (7) per l’istante t = 0 in funzione di x, dovrà pertanto essere espresso a un generico istante t dalla stessa funzione, ma con argomento (x − vt). In questo modo infatti, per ogni istante t, la funzione assume nel punto x lo stesso valore che al tempo t = 0 aveva nel punto di coordinata (x − vt). Sostituendo quindi x con (x − vt), l’equazione (7) diventa 2π (x − vt) , (8) y = A sin λ da cui, sapendo che v/λ = 1/T , otteniamo y = A sin 2π x t − λ T . (9) L’argomento della funzione seno nell’equazione (9) è chiamato fase dell’onda. Si tratta di una quantità adimensionale espressa in radianti e la sua forma più generale è : x t 2π − + φ, (10) λ T 20 dove φ è una costante (anch’essa espressa in radianti) che rappresenta la fase per x = 0 e t = 0, cioè la fase iniziale dell’onda. L’equazione di un’onda armonica, se si include il termine φ nella sua fase, diventa pertanto: t x y = A sin 2π − +φ . (11) λ T Se, come nel caso dell’equazione (9), la fase iniziale è nulla, allora lo spostamento y in x = 0 e t = 0 è nullo. Se invece, per esempio, φ = π/2, tale spostamento è massimo e l’equazione dell’onda è data da x x t π t y = A sin 2π − + = A cos 2π − . λ T 2 λ T Si dice che l’onda descritta da questa equazione è sfasata di un angolo pari a π/2 rispetto all’onda descritta dall’equazione (9). La fase dell’onda di equazione (8) caratterizza un’onda che si propaga in avanti, cioè nel verso positivo dell’asse x e viene detta pertanto onda progressiva. Se la propagazione avviene nel verso opposto l’onda viene detta regressiva e la fase assume la forma 2π (x + vt) . λ Infatti in questo caso se al tempo t = 0 lo spostamento era nullo in x = 0, al tempo t sarà nullo in x = −vt, ovvero il fronte d’onda si è spostato di −vt. L’equazione di una generica onda regressiva è quindi data da t x + y = A sin 2π + φ (onda regressiva) . (12) λ T E’ possibile riscrivere l’equazione dell’onda anche in un’altra forma più concisa, sfruttando la definizione di pulsazione ω = 2π data nel paragrafo del moto armonico. Se infatti introduciamo la T grandezza numero d’onda, definita come k= 2π , λ possiamo riscrivere l’equazione (11) dell’onda progressiva come y = A sin (kx − ωt + φ) . (13) Sfruttando infine la definizione di numero d’onda e di pulsazione possiamo trovare un’altra espressione della velocità, e cioè ω λ v= = . T k 21 Bibliografia A. Caforio, A. Ferilli, “Le leggi della fisica, vol. 1, Le Monnier D. Halliday, R. Resnick, “Fondamenti di fisica 2, Zanichelli 22