Virginio Rufo, un Brianzolo che non volle farsi imperatore Dopo la tragica morte di Nerone (68 d.C) si aprì in tutto l'impero un periodo di disordini e instabilità. Capi militari si disputavano il potere, e intanto le colonie si ribellavano e l'Oriente era in fiamme. Nel 69 d.C. l'impero era conteso fra Vitelio Otone e Vespasiano e la lotta si giocò su vari teatri di guerra, compresa la Transpadana. Qui, infatti, a Bedriacum, Vitellio scese in campo contro Otone, sconfiggendolo. Alla vittoria seguì il saccheggio del territorio, e certo non sarebbe stato l'ultimo... In questo quadro difficile e confuso emerse la figura di un nobile soldato delle nostre terre, Virginio Rufo. Originario di Valle Guidino, proveniente da una famiglia del ceto equestre, aveva acquisito grande fama come vincitore dei Galli guidati dal capo ribelle Vindice. Al tempo della contesa fra Vitellio, Otone e Vespasiano, i soldati della legione germanica lo acclamarono imperatore, ma Rufo rifiutò la porpora per ben due volte, dicendo ai suoi soldati che si sarebbe sottomesso soltanto alla volontà del Senato e del popolo. Fu però poi onorato con tre consolati l'ultimo dei quali insieme al futuro imperatore Nerva, che lo associò a sé nel 97 d.C., quando era ormai vecchissimo. Fu il riconoscimento della fedeltà di Rufo allo Stato e al Senato, del quale Nerva era il maggior rappresentante politico. Dieci anni dopo la sua morte, Plinio deplorava l'oblio nel quale ero lasciato il suo sepolcro: "Giacevano senza uno scritto, senza un nome le reliquie e la cenere abbandonata di un uomo la cui memoria era diffusa con gloria in tutto il mondo". Lo stesso Rufo aveva dettato l'epigrafe per la propria tomba: "Qui giace Rufo il quale, sconfitto Vindice, rivendicò l'impero non per sé ma per la patria". La lotta per il potere venne vinta da Tito Flavio Vespasiano, imperatore dal 70 al 79 d.C. Brianza: Storia – Virginio Ruffo 1 Onesto, capace e deciso, Vespasiano avviò il riassetto politicoamministrativo del l'impero e condusse una politica difensiva ai confini. Associò al regno il figlio Tito, risolvendo così il problema della successione. Dal punto di vista della politica economica, garantì i piccoli proprietari mediante il protezionismo sui loro prodotti e questo assicurò una lunga prosperità ai coltivatori lombardi. Sotto il suo regno Milano divenne città di grande importanza anche culturale. La situazione politica, economica e sociale sembrò assestarsi; la pace regnava all'interno dell'impero, il commercio era florido e tutto l'urbe romano si riempiva di monumenti insigni, testimonianza della gloria di Roma. Inizia il declino In realtà la grandiosa costruzione romana era minata, sia all'interno sia all'esterno. Ai confini infatti premevano popoli nuovi e ostili, spinti dalla miseria a cercare di penetrare nelle terre ricche e civili dell'impero, mentre all'interno cresceva a dismisura la corruzione, e l'avidità dei grandi proprietari terrieri spogliava le campagne. Per il momento, però, pochi sembravano presagire il crollo rovinoso che sarebbe avvenuto. Nel 166 d.C. si fece avanti la minaccia dei Quadi e dei Marcomanni, feroci tribù germaniche tacitati a fatica e con non pochi compromessi. E fu proprio la minaccia germanica a rendere Milano e la Padania terra di confine, avamposto italico contro i popoli transalpini via via più incombenti. A sottolineare il ruolo strategico di Milano, fra il II e il III secolo gli imperatori soggiornarono spesso nella città, tanto che sembra che qui sia nato il secondogenito di Settimio Severo, Geta. Nel 253 d.C. una pestilenza si abbatteva sull'Italia settentrionale e gli Alamanni, un'altra bellicosa tribù germanica, si davano a rovinose scorrerie nella valle padana; nel 270 infine si ripresentavano i Marcomanni, con altre razzie e devastazioni. Insomma, alla fine del III secolo l'impero scricchiolava paurosamente e appariva ormai necessaria una radicale trasformazione politica, militare e amministrativa. Brianza: Storia – Virginio Ruffo 2 Fu questa l'opera di Diocleziano, che nel 292 divise l'impero in due parti, Oriente e Occidente, sotto il governo di due Augusti coadiuvati da due Cesari. Era il sistema detto della Tetrarchia cioè governo dei quattro. Sappiamo che tale sistemazione non resse a lungo, anzi, incoraggiò le guerre fra Augusti e Augusti, fra Cesari e Cesari per impadronirsi del potere assoluto. Quando fu instaurata la Tetrarchia Milano, sede dell’Augusto d'Occidente Massimiano, divenne una delle città più importanti dell'impero e centro degli avvenimenti politici. L'alta Brianza, e il territorio circostante, però, continuarono a mantenere caratteristiche tradizionali. Di fatto, le successive lotte fra i tetrarchi e la promulgazione dell'Editto di Costantino nel 313 non dovettero scuotere più di tanto i piccoli proprietari e i mercatores dell'agro brianteo. In questi secoli convulsi, fra guerre civili e invasioni barbariche, un nuovo, grandioso fenomeno stava crescendo nelle terre dell'impero, anche se il suo significato rivoluzionario sarebbe emerso chiaramente soltanto molto tempo dopo. Parliamo del diffondersi del Cristianesimo che proprio agli inizi del IV secolo, nel 313, veniva finalmente riconosciuto come culto legittimo e legale da Costantino. Brianza: Storia – Virginio Ruffo 3