la chiesa dell`ara coeli - geo

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8 - LA CHIESA DELL’ARA COELI
La chiesa si erge sulla sommità settentrionale del colle capitolino ("Arx"), dove sorgeva l'antico
tempio di Giunone Moneta (cioè "ammonitrice"). Il tempio risalirebbe al 343 a.C. e fu fondato da
Camillo dopo una vittoria sugli Aurunci. Qui vicino sorse, in seguito, la zecca di Roma denominata
proprio "Moneta" per il fatto di essere stata costruita accanto al tempio: da qui il nome "moneta" che
tuttora diamo al denaro. La Zecca, forse in seguito all'incendio dell'80 d.C., incendio che distrusse
anche il Pantheon, fu ricostruita alle pendici del Celio: i suoi resti sono stati riconosciuti sotto l'odierna
basilica di S.Clemente.
Dalla piazza del Campidoglio due scalinate costruite su progetto del Vignola tra il 1547 ed il 1552
portano, rispettivamente, al "Capitolium" ed alla chiesa di S. Maria in Aracoeli. In cima alla scalinata fu
posta una colonna con capitello corinzio e croce a ricordo del terremoto del 1703 che provocò
tanto spavento ma pochi danni. Sull'origine di S.Maria in Aracoeli si sa poco ma già nell'880 si
rammenta "S.Maria in Capitolio" (la dizione "in Aracoeli", corruzione romanesca dell'Arx Capitolina,
verrà soltanto nel XIV secolo) ma addirittura la si dice fondata da papa Gregorio Magno nel 590,
papa ricordato anche per il nome dato a Ponte Elio, che diventa “ponte Sant’Angelo”. Sicuramente
una chiesa in stile romanico fu costruita a metà del XII secolo con l'ingresso rivolto verso l'Asylum,
come testimonia il portale, con il bellissimo affresco della "Madonna ed il Bambino fra due Angeli",
accesso oggi ritenuto laterale e raggiungibile dalla scalinata sopra menzionata.
Il nuovo orientamento fu opera dei Francescani e la nuova chiesa, in stile gotico, fu inaugurata nel
1348 insieme alla scalinata. Nel Medioevo la Chiesa divenne quasi il nuovo foro di Roma: il tribuno
Cola di Rienzo vi parlò al popolo; Carlo d'Angiò vi tenne parlamento con i Romani; i guelfi di Roma vi
si difesero contro l'imperatore Arrigo VII; vi si tenevano anche le elezioni dei Caporioni della città. Il
carattere civile e religioso finì per essere profanato durante l'occupazione francese e la Repubblica del
1797, quando la chiesa venne sconsacrata ed adibita a stalla. Si riabilitò con la fine della Roma
napoleonica, ma dopo il 1870 si trovò al centro dei lavori di demolizione per la costruzione
del Vittoriano e riuscì a salvarsi a stento, mentre venivano abbattuti l'antica sagrestia, il convento e la
Torre di Paolo III che sorgevano alle sue spalle. La facciata, con l'ampia superficie di nudo laterizio,
era ricoperta di mosaici e di affreschi, purtroppo spariti; vi erano anche tre rosoni sopra i portali, ma
quello centrale, a croce gerosolimitana, fu tolto durante il pontificato di Urbano VIII (1623-44) per
l'inserimento di una finestra con vetrata a colori, con tanto di api dei Barberini, come possiamo
ammirare ancora oggi. Non vi è neppure l'orologio, il primo installato a Roma nel dicembre del 1412,
ad opera del maestro Ludovico da Firenze, che ne costruì il meccanismo, e del maestro Pietro da
Milano, che vi collocò la campana. La cosa era talmente importante che fu istituito uno speciale ufficio, i
"moderatores horologii", affidato ai fratelli Domenico e Fabio della Pedacchia. Originariamente era
posto sulla sinistra della facciata, poi al centro ed infine fu spostato sulla facciata del Palazzo
Senatorio nel 1806: fino al 1886 ne restò la mostra ma oggi c'è soltanto il buco.
Le 122 colonne che dividono l'interno della chiesa in tre navate furono recuperate da vari edifici antichi:
l'iscrizione, sulla terza colonna da sinistra, "a cubicolo Augustorum", farebbe pensare che essa
provenga dalla stanza da letto dell'imperatore sul Palatino, dove era la casa imperiale. Il soffitto,
decorato con motivi navali, commemora la vittoria di Marcantonio Colonna nella battaglia di Lepanto
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del 1571 e fu realizzato sotto il papato di Gregorio XIII Boncompagni, il cui stemma di famiglia, il
dragone, è visibile all'estremità dell'altare.
Alla chiesa si arriva tramite una scalinata di 124 gradini (122 se si sale dal lato destro), inaugurata,
secondo la leggenda, dal tribuno Cola di Rienzo nel 1348 e realizzata da Lorenzo di Simone
Andreozzi a spese del popolo romano, come ringraziamento alla Vergine per aver salvato la città
dalla peste: sarebbe costata 5000 fiorini.
Nel Seicento, sui gradini della scalinata, avevano preso l'abitudine di accamparsi di notte i contadini
che venivano in città a vendere i loro prodotti, finchè, una notte, vennero fatte rotolare dall'alto alcune
botti piene di pietre che travolsero i dormienti: per evitare altri incidenti, la scalinata fu chiusa con
grandi cancelli, rimasti in loco fino alla fine dell'Ottocento.
La scalinata è stata considerata anche una vera e propria "scala santa": veniva considerato miracoloso
salirla in ginocchio da zitelle in cerca di marito, da donne desiderose di avere figli, da mamme che
chiedevano latte per nutrire i propri figli ed anche da chi chiedeva vincite al Lotto.
La chiesa, però, è famosa soprattutto per il "Santo Bambino", una scultura in legno del Monte Oliveto
e battezzata nel fiume Giordano, secondo la tradizione. È dal 1591 che la pia leggenda accende gli
entusiasmi del popolo, perché il Bambino è dotato di poteri miracolosi, fra cui quello di far resuscitare i
morti e di guarire i malati gravi: se può fare il miracolo le sue labbra divengono purpuree, altrimenti
restano pallide. A Natale il Santo Bambino viene messo al centro di un pittoresco presepe, ma di solito
è nella Sacrestia, insieme al pannello della "Sacra Famiglia", proveniente dalla bottega di Giulio
Romano. Sull'altare vi sono un fascio di lettere che gli vengono spedite da ogni parte del mondo.
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