solidarietà passiva e giudicato sfavorevole

SOLIDARIETÀ PASSIVA E GIUDICATO SFAVOREVOLE
Sommario: 1. Il contenuto della sentenza – 2. La coobbligazione solidale nei confronti del fisco – 3. La
responsabilità solidale dei soci di società di persone – 4. Il comportamento seguito dagli concessionari
della riscossione – 5. Il problema della notifica diretta degli atti della riscossione, una soluzione difficile.
La sentenza prende in esame gli effetti del giudicato sfavorevole nei confronti dei coobbligati in
solido, nella specie costituito da un socio accomandatario di una società in liquidazione, poi fallita.
L’interpretazione offerta si pone in contrasto con quanto già affermato in passato dalla stessa
sezione V della Suprema Corte, secondo cui il giudicato sfavorevole legittima l’azione esecutiva anche
nei confronti dei coobbligati estranei al giudizio.
Viceversa, questa volta, si è ritenuto che il giudicato, al quale gli altri coobbligati in solido sono
rimasti estranei, non è efficace verso questi.
Ciò in applicazione del generale principio dell’art. 1306 c.c., secondo cui si trasmetterebbero agli
altri coobbligati solamente gli effetti favorevoli di una sentenza e non quelli eventualmente
pregiudizievoli.
1. IL CONTENUTO DELLA SENTENZA
Il socio accomandatario di una società in accomandita semplice ha impugnato l’avviso di mora,
emesso nei suoi confronti, in seguito ad un accertamento IVA, notificato a suo tempo unicamente alla
Società.
Entrambi i Giudici di merito hanno accolto le motivazioni addotte dal contribuente, circa la
nullità dell’avviso per omessa notifica allo stesso degli atti di accertamento presupposti.
Come anticipato nella premessa, anche il Giudice di legittimità ha ritenuto illegittima
l’estensione del giudicato sfavorevole agli altri coobbligati in solido.
Ciò nella considerazione che, qualunque sia il fatto, l’atto o la norma da cui derivi la
responsabilità solidale, la disciplina applicabile è quella dettata dagli artt. 1292 c.c. e ss., ispirata ai
principi della piena autonomia dei rapporti sostanziali tra creditore e ciascuno dei condebitori e della
non comunicabilità agli altri condebitori degli effetti pregiudizievoli (o potenzialmente pregiudizievoli)
degli atti compiuti nei confronti di un condebitore solidale.
Ne consegue che non è consentito all’Amministrazione Finanziaria, nell’ipotesi di responsabilità
solidale del socio accomandatario di S.a.s., di notificare alla società l’atto impositivo e la cartella
esattoriale e procedere con avviso di mora per l’esazione del credito nei confronti del socio.
A ciò osta anche il principio di tutela del diritto alla difesa di ciascun coobbligato solidale,
nonché il principio sancito dall’art. 1306 c.c., per il quale i condebitori solidali, i quali non abbiano partecipato al
giudizio conclusosi con la condanna di uno di essi, hanno di fronte al giudicato e rispetto al creditore veste di terzi e, come
terzi, non subiscono gli effetti propri della cosa giudicata.
Non è stata poi ritenuta condivisibile la prospettazione contraria contenuta nella Cass. 5
febbraio 2001 n. 1592 della stessa sez. V, secondo cui il diritto di difesa non risulta violato potendo il socio
impugnare l’avviso di mora e contestare la pretesa dell’ufficio in ogni sua parte.
Infatti, in un caso, come quello di specie, in cui il socio aveva ceduto carica e quote nella società
molti anni prima della notifica dell’avviso di accertamento, è soltanto teorica la possibilità che egli, nel
breve lasso di tempo previsto per l’impugnazione, si procuri avviso di accertamento e documentazione necessaria per
contestare in ogni sua parte la pretesa dell’ufficio.
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2. LA COOBBLIGAZIONE SOLIDALE NEI CONFRONTI DEL FISCO
Nell’ambito del diritto tributario, la struttura dell’istituto della responsabilità dei diversi
coobbligati in solido presenta gli stessi tratti caratteristici dell’ordinaria disciplina, prevista dal diritto
civile.
Esistono, quindi, due o più debitori, ciascuno dei quali è tenuto all’adempimento
dell’obbligazione per l’intero nei confronti del creditore e l’adempimento integrale, eseguito anche da
uno solo degli stessi debitori, giova anche a tutti gli altri, in quanto soddisfa pienamente il diritto
vantato dal creditore.
Nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, va operata l’ulteriore distinzione tra solidarietà
paritetica e solidarietà dipendente.
La prima fattispecie, infatti, si verifica in casi non molto frequenti ed è limitata alle ipotesi in cui
due contribuenti realizzano insieme il presupposto del tributo (si pensi, ad esempio, alle parti contraenti
ai fini dell’imposta di registro).
Molto più diffusa è, invece, la cd. solidarietà dipendente, spesso chiamata anche responsabilità
d’imposta, che si concreta nella presenza di un coobbligato solidale, il quale si affianca, nella
responsabilità nei confronti del Fisco, al debitore principale.
In questo caso, la legge prevede la responsabilità solidale di un soggetto diverso da quello che ha
realizzato il presupposto imponibile, ma in qualche modo collegato con il contribuente.
Circa gli effetti degli atti impositivi nei confronti dei condebitori solidali, si è avvertita una
sempre maggiore tendenza ad accentuare la necessità di applicare i generali principi civilistici, con
l’eliminazione dei privilegi generalmente accordati all’Amministrazione Finanziaria, tenuto conto del
particolare carattere autoritativo degli atti impositivi.
In tali sensi, va rilevato soprattutto l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale1,
secondo cui si applica anche al diritto tributario il disposto dell’art. 1306 c.c., nella parte in cui consente
ad un condebitore solidale di giovarsi del giudicato favorevole ottenuto da un altro condebitore.
3. LA RESPONSABILITÀ SOLIDALE DEI SOCI DI SOCIETÀ DI PERSONE
La responsabilità solidale dei soci delle società di persone, per i tributi accertati in capo alla
società, si fonda sull’ordinaria regola, stabilita dall’art. 2267 c.c., secondo cui i singoli soci sono
responsabili per i debiti della società.
Per le società in accomandita, come è noto, vale l’ulteriore distinzione tra soci accomandanti ed
accomandatari ed, infatti, sono soltanto questi ultimi, che di solito amministrano la società, a rispondere
solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali.
Si ritiene, comunque, che anche nei confronti del Fisco operi il cd. beneficium excussionis, previsto
dall’art. 2268 c.c., nella fase di riscossione del tributo, con l’obbligo, pertanto, di un preventivo tentativo
di esecuzione nei confronti della società.
Secondo l’art. 2269 c.c., accanto alla responsabilità dei soci esistenti, quando si è verificato il
presupposto di fatto dell’imposta, sussiste anche quella di tutti i soci successivi, fino a quelli esistenti al
momento della notificazione degli atti impositivi, e, visto il tempo che intercorre dalla produzione del
reddito alla riscossione dell’imposta accertata, questo può aumentare fortemente il numero dei
coobbligati solidali verso il fisco.
Ciò comporta la necessità di analizzare gli effetti degli avvisi di accertamento, rivolti alla società
e divenuti ormai definitivi, nei confronti dei soci della società stessa, ovviamente per quei tributi (quale
l’IVA), per i quali esiste una solidarietà in senso tecnico tra società e soci.
Al riguardo, è opinione ormai concorde2 che, per tutelare concretamente il diritto di difesa del
socio previsto dall’art. 24 Cost., questi non sia pregiudicato dalla definitività degli atti impositivi in capo
V., tra le tante, soltanto di recente, Cass. 26 giugno 2003 n. 10202, Cass. 7 settembre 2005 n. 18025, Cass. 10 giugno 2005
n. 12367, Cass. 3 agosto 2005 n. 16332, Cass. 9 settembre 2005 n. 18014.
2 V., come riferimenti recenti in giurisprudenza, Cass. 3 dicembre 2003 n. 12000, Cass. 17 febbraio 2005 n. 3231, nonché
Cass. 5 febbraio 2001 n. 1592, citata nella sentenza commentata, seppure contestandone le conclusioni.
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alla società, con la possibilità, quindi, di contestare, in sede di impugnazione degli atti esecutivi, anche
l’esistenza o l’entità del debito principale, anche se ormai cristallizzato nei confronti del titolare passivo.
Certo, soprattutto per le questioni di fatto, i precedenti atti non impugnati e le precedenti
sentenze ottenute nei confronti della società potranno influenzare il convincimento del giudice,
nonostante la loro natura di elementi liberamente valutabili.
Resta, comunque (almeno in linea di principio), ferma la possibilità di valutare nuovi elementi
addotti dal socio o anche di adottare una diversa interpretazione delle norme giuridiche, rilevanti per la
decisione della controversia.
4. IL COMPORTAMENTO SEGUITO DAGLI CONCESSIONARI DELLA RISCOSSIONE
Quanto detto in precedenza, pone indubbiamente dei dubbi, in ordine alla legittimità del
comportamento dell’Amministrazione, che in ipotesi, come quella di specie, di responsabilità
dipendente, si limita a notificare ai coobbligati solidali esclusivamente gli atti della riscossione, come
iscrizioni a ruolo o avvisi di mora, oggi, peraltro, abrogati in seguito alla riforma della riscossione,
effettuata con il D.L. 25 gennaio 1999, n. 6.
Infatti, in precedenza, l’inizio dell’esecuzione forzata doveva essere necessariamente preceduto
dall’avviso di mora, il quale riproduceva il contenuto del ruolo (aumentato di interessi e spese) e,
sostanzialmente, svolgeva la funzione dell’atto di precetto nell’esecuzione ordinaria.
L’avviso di mora è stato abrogato in quanto costituiva, per numerose procedure (fortemente
ripetitive e di piccolo importo), un costoso appesantimento procedurale, senza aggiungere alcuna
successiva informazione rispetto all’iscrizione a ruolo.
Orbene, nell’ipotesi di responsabilità dipendente, l’Amministrazione Finanziaria
consuetudinariamente notifica l’avviso di accertamento solo a chi ha realizzato il presupposto
d’imposta, rivolgendo al coobbligato solidale solo gli atti della riscossione, peraltro a cura dei
concessionari.
Come abbiamo visto in precedenza, la giurisprudenza dominante ha di solito affermato la
legittimità dell’operato dell’amministrazione, riconoscendo, nel contempo, ai coobbligati dipendenti il
diritto di impugnare, sotto tutti i profili, gli atti della riscossione dinanzi alle Commissioni Tributarie,
indipendentemente dal fatto che questo sia stato accertato definitivamente.
D’altra parte, se anche questa piena contestabilità fosse esclusa, verrebbe leso in modo evidente
il diritto di difesa del coobbligato, cui sarebbe opponibile un atto notificato ad altri soggetti e del quale
egli non aveva avuto in precedenza alcuna conoscenza legale.
5. IL
PROBLEMA DELLA NOTIFICA DIRETTA DEGLI ATTI DELLA RISCOSSIONE, UNA
SOLUZIONE DIFFICILE
Tuttavia, nonostante questa piena possibilità di difesa, la diretta notifica degli atti esattivi
pregiudica per molti versi la posizione sostanziale dei destinatari, in quanto anche se il diritto di difesa
non è limitato nei contenuti, esso è sicuramente meno agevole di quanto sarebbe avverso i presupposti
avvisi di accertamento.
Questo è l’assunto di base, da cui ha preso mosse l’interpretazione offerta dalla sentenza
commentata, che, in difformità da quanto avvenuto in passato, ha deciso di dichiarare l’illegittimità
dell’atto esecutivo notificato direttamente al coobbligato, senza la preventiva comunicazione del
necessario atto presupposto, costituito dall’avviso di accertamento.
Il coobbligato, infatti, deve presentare il ricorso contro atti esattivi privi di adeguate indicazioni
e non già avverso avvisi di accertamento adeguatamente motivati, con la logica conseguenza di essere
costretto a ricostruire vicende, cui spesso è stato estraneo, risalenti nel tempo ed a carico di soggetti,
magari nel frattempo addirittura estinti.
Inoltre, gli atti con cui ci si rivolge al responsabile dipendente, come le cartelle esattoriali (un
tempo l’avviso di mora), sono direttamente esecutivi ai fini della riscossione, senza quindi il beneficio
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della riscossione frazionata, legata cioè ai gradi di avanzamento del giudizio, che invece è stata
riconosciuta al debitore principale, con un’ovvia ed evidente disparità di trattamento.
Tra l’altro, anche la scelta del coobbligato solidale da escutere è demandata unicamente alla
discrezionalità del concessionario per la riscossione, con un’ulteriore condizionamento e grave
pregiudizio dei diritti dei coobbligati stessi, non giustificati da alcuna previsione normativa.
Di certo, la precaria posizione del responsabile dipendente potrebbe essere superata attraverso la
previsione, così come suggerito dalla sentenza in esame, della preventiva notifica dei precedenti atti
impositivi anche a tale soggetto.
Del resto, in diritto civile, ordinariamente il titolo esecutivo consente l’esecuzione forzata solo
nei confronti dei coobbligati nei cui confronti è stato ottenuto, con l’obbligo, nell’ipotesi di esecuzione
verso altri coobbligati solidali, di ottenere prima una sentenza esecutiva di condanna e, soltanto
successivamente, di procedere ad esecuzione forzata.
D’altra parte, il recepimento di tale interpretazione pone notevoli interrogativi circa il rispetto
del principio di economicità ed effettività dell’azione accertatrice della Pubblica amministrazione, già
notevolmente in crisi, con riferimento al settore specifico della riscossione dei tributi3, senza poi
considerare la diversità dei soggetti competenti, nelle diverse fasi dell’accertamento e della riscossione,
addirittura di natura giuridica diversa, pubblica nel primo caso e privata nel secondo, con logiche di
funzionamento decisamente diverse.
Si tratta di esigenze molteplici, difficili da conciliare tra loro, e per le quali è forse
eccessivamente ottimistico sperare che venga trovato a breve un equilibrio al tempo stesso stabile e
soddisfacente, sul piano generale e sistematico.
In tali sensi, sarebbe indubbiamente opportuno l’intervento del legislatore sul punto, attesa la
precarietà dell’interpretazione giurisprudenziale, come confermato dalle precedenti pronunce della
stessa sezione V, tutte concordemente difformi nel contenuto rispetto alla sentenza commentata, con
l’eventualità, peraltro, di un ulteriore intervento delle Sezioni unite, per risolvere il contrasto nel
frattempo creatosi.
Né, tanto meno, può essere individuata come soluzione soddisfacente quella, prospettata da
altre parti, della valutazione nel merito delle singole questioni, da effettuarsi ovviamente caso per caso,
soluzione questa che creerebbe unicamente un disastroso moltiplicarsi del contenzioso ed una serie di
pronunce che rischierebbero di mettere in serio dubbio il principio di uniformità di trattamento, che
dovrebbe sempre ispirare l’azione dell’Amministrazione, nei confronti dei singoli contribuenti.
Dr. Angelo Nicolella
Funzionario dell’Agenzia delle entrate di Eboli
È di conoscenza generale il generale stato di crisi dei vari concessionari per la riscossione, di cui si sta, ormai da tempo,
valutando l’opportunità di un ritorno in mano pubblica.
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