Cronaca Eros Thanatos - Liceo Ginnasio Statale Daniele MANIN

D OMENICA 25
APRILE
La Cronaca Spettacoli
2010
29
Note dal Settecento con la Pontesound
Questa mattina appuntamento con il soprano Mimma D’Avossa
Inizia questa mattina il secondo ciclo di concerti della rassegna
“Note dal Settecento”. Se protagonisti dei primi apuntamenti
sono stati il Maestro Giovanni Battistia Columbro e l’Orchestra Barocca di Cremona, da domenica il testimone viene raccolto dalla Pontesound, una delle scuole più innovative nel panorama della Città della Musica che ha sempre guardato con
occhio di riguardo ai giovani e ai linguaggi musicali a loro più
vicini. Ciò non le ha impedito di mettere a punto nel corso degli anni un’offerta didattica che coprisse anche il campo della
cosiddetta musica colta, con risultati di comprovata qualità.
Le tre matinée al Museo Civico ‘Ala Ponzone’ di Cremona, sono la testimonianza tangibile di questo sviluppo e portano alla
ribalta docenti e allievi dell’istituto con programmi e autori inseriti a pieno titolo nell’assunto della rassegna.
Si parte, come già annunciato, domenica 25 aprile (alle 11 nel-
la Sala San Domenico)con il concerto “Sull’Aria” dedicato alla
musica vocale - fi orita in ambito cameristico oppure sulle tavole teatrali - del barocco maturo e del classicismo mozartiano.
Oltre al geniale Amadeus, presente con brani tratti dalle sue
opere ‘italiane’, in scaletta fi gurano campioni assoluti dello
scacchiere musicale del Sei e Settecento quali Alessandro Scarlatti e Antonio Vivaldi, oltre al meno conosciuto Giovanni Pietro Franchi. Protagonisti del concerto sono la soprano Mimma D’Avossa, reduce da un successo straordinario, lo scorso
sabato, con lo Stabat Mater in Sant’Ilario, accompagnataal pianoforte da Alessandro manara e, al flauto traverso da Marco
Rozzi. Interviene anche Eleonora Franzini, allieva della classe
di canto, che duetta con la sua insegnante in un’aria tratta dalle “Nozze di Figaro” di Mozart. (Si tratta del duettino Susanna
e La Contessa)
Il 30 maggio interessante programma monografi co improntato
sulle Sonate per tastiera di Johann Christian Bach, con Cristiano Paluan e con la partecipazione degli allievi Stefano Arrè e
Gemma Morandi. L’ultimo concerto è dedicato agli ottoni,
consort di strumenti che dal Rinascimento e fi no a tutto il
Settecento ha riscosso notevole fortuna presso il pubblico .
“Eros e Thanatos” in scena al Monteverdi
Lo spettacolo ha aperto la rassegna “Con i piedi sul palco”
Ha preso il via, al Teatro Monteverdi, la rassegna
Con i Piedi sul palco, un progetto teatrale nell'ambito delle attività di Attraversarte sostenuto dal Servizio Politiche Giovanili del Comune di Cremona e
dagli sponsor privati Ascom, Associazione Costruttori ANCE - Cremona e Autostrade Centro Padane.
L'iniziativa giunta ormai alla quinta edizione, si inserisce in “Pianeta Giovani: creatività ed opportunità”,
finanziato dalla Regione Lombardia e si avvale del
patrocinio dell'Ufficio Scolastico Provinciale di Cremona, nonché dell'apporto culturale della Consulta
degli Studenti e delle Studentesse della Provincia di
Cremona. Il progetto pluriennale è diventato ormai
un appuntamento molto atteso e apprezzato, perché
"fare teatro a scuola" si è rivelato un prezioso strumento didattico-culturale, molto efficace nel favorire, negli studenti che si cimentano in questa forma
espressiva, non solo i processi di apprendimento e lo
spirito critico, ma anche la coscienza del sé emotivo.
Giovedì sera, ha inaugurato la rassegna lo spettacolo
"Eros e Thanatos" a cura del Liceo Ginnasio Statale
"D. Manin", replicato ieri mattina alle 9. Realizzata
in collaborazione con L'Associazione Ex-Alunni del
Liceo Ginnasio "D.Manin" e con l'Associazione Italiana di Cultura Classica, la rappresentazione, di ottimo livello sotto ogni aspetto, è il frutto del laboratorio teatrale condotto dalla prof.ssa Gentilia Luisa
Arli in collaborazione con il Prof. Cesare Marelli,
nell'ambito del progetto "Leggere il Teatro" realizzato dal liceo nell'anno scolastico in corso. Un lavoro
poderoso che ha impegnato i due docenti in ogni
passo: dalla ricerca approfondita dei materiali e la
loro accurata selezione, alla collocazione dei testi in
una cornice letteraria armonica, fino alla regia dello
spettacolo."Eros e Thanatos" ha voluto indagare uno
dei temi letterari più ricorrenti della letteratura occidentale, attraverso la rappresentazione di testi scelti,
di epoche e generi diversi, legati dal fil rouge del binomio Amore/Morte. Dal Tristano e Isotta di Goffredo di Strasburgo, a Piramo e Tisbe dalle Meta-
IL BAULE DEI RICORDI (N. 179)
morfosi di Ovidio, da Saffo e Britomarti dei Dialoghi con Leucò di Pavese, alla Didone dell'Eneide virgiliana, da La testa di Orfeo di Elisabetta Gesmundo, agli Orfeo ed Euridice del Poliziano, di Ovidio e
di Rilke, dalla Lisabetta da Messina del Decameron
di Boccaccio, all'Ippolito e all'Alcesti di Euripide, fino al canto di Paolo e Francesca, della Divina Commedia. I vari testi sapientemente collegati tra loro
con versi di Leopardi, Catullo e Saffo, hanno mantenuto sulla scena una forza evocativa sorprendente
grazi all'uso accorto dei tempi e al contenimento
della gestualità per privilegiare la parola. Quando si
è aperto il sipario sul fondale e le quinte nere, spiccano undici cuscini rosso bordeaux disposti a semicerchio. A passo lento recitando il frammento di
Menandro "muor giovane colui ch'al cielo è caro",
epigrafe del canto Amore e morte di Leopardi, entrano in scena undici donne che partecipano al Simposio, tutte vestite di chiaro, tutte cinte da una fascia
rosso bordoux. Donne morte o uccise per amore
che, una dopo l’altra, raccontano la loro storia, eroine che rievocano il momento della morte o quello
più significativo della loro vicenda, invitate a parlare
dalla Simposiarca (Lucia Catelli) con il passaggio di
una corona d'alloro. Una dopo l'altra, Isotta (Maria
Chiodelli), Tisbe (Vanessa Pellegri), Saffo (Daria Tagliasacchi), Didone (Flavia Merlini), Persefone
(Francesca Corno, Euridice (Alessia Manara, Lisabetta (Elisa Frosi), Fedra (Chiara Ghiringhelli), Alcesti (Elisa Zagni), Francesca (Debora Agarossi),
prendono la parola e si liberano della fascia rossa.
Ed ecco che al comparire in scena degli altri protagonisti, rivivono la loro triste vicenda. Il pubblico segue con coinvolgimento profondo e davvero inusitato per uno spettacolo scolastico: ad attimi di corposo
silenzio si alternano applausi a scena aperta. Al culmine della tensione, dopo l'ultima storia, quella di
Paolo e Francesca, il finale struggente: sui versi di
Questo amore di Prevert si ricreano tutte insieme le
coppie a formare, per un attimo, come un quadro vivente, infine la chiusura circolare con i versi di Amore e morte di Leopardi "Fratelli, a un tempo stesso,
Amore e Morte Ingenerò la sorte. Cose quaggiù sì
belle Altre il mondo non ha, non han le stelle”. Su
"stelle” si spengono le luci e cala il sipario. Dopo un
silenzio ovattato carico di tensione emotiva, la commozione si scioglie in lunghi appassionati applausi.
Uno spettacolo assolutamente sorprendente che fa
riflettere sull’altissima qualità che può raggiunge la
scuola pubblica quando docenti competenti e appassionati incontrano giovani sensibili e creativi . In scena (nella foto) gli studenti Debora Agarossi, Luisa
Bertoli, Lucia Catelli, Maria Chidelli, Francesca
Corno, Paolo Faverzani, Paolo Ferri, Beatrice Fink,
Elisa Frosi, Chiara Ghiringhelli, Silvia Guarneri,
Beatrice Not, Alessia Manara, Flavia Merlini, Vanessa Pellegri, Sofia Pettorelli, Lorenzo Quiroli, Daria
Tagliasacchi, Elisa Zagni, Anna Zanoli. Luci e aiuti
di scena: Giulia Lazzari, Nicoletta Carpentieri. Lo
splendido cartellone sul palco disegnato a matita è
stato realizzato a mano libera da Giulia Ferrari.
Annamaria Abbate
Al San Domenico
“Paulus” e i cristiani
nella Roma Imperiale
La rassegna di teatro amatoriale organizzata dal San Domenico prosegue, questa sera (ore 21) con paulus,di Fabio Baggio. L’allestimento è
della Fraternità Artistica “teatro
Scalzo” della Parrocchia dei Sabbioni. “Paulus” è ambientato nella Roma imperiale di Nerone e riporta alla
storia dei primi cristiani, al rapporto
con la società di quel tempo e all'inizio del grande sviluppo del Cristianesimo, di cui Paolo di Tarso è considerato il più grande comunicatore. Alle
otto canzoni, cui si aggiunge un brano strumentale a supporto di una lettura, è affidata la funzione storiconarrativa, incentrata sugli episodi più
significativi della grande avventura
umana e spirituale dell’Apostolo delle Genti. Uno spettacolo nel quale, a
momenti di intensa drammaticità se
ne alternano altri più leggeri in cui,
tra dialoghi e canzoni, si ripercorre la
vita di San Paolo, dalla famosa conversione sulla strada di Damasco fino
all'ultimo processo a Roma, quello
che decreterà la sua condanna a
morte. Ai personaggi realistici previsti dal copione di padre Fabio Baggio, ne sono stati affiancati altri più
“fantasiosi” per rendere più avvincente ed umoristica la vicenda. Il regista Eros Gatti ha caratterizzato con
queste “schegge” la situazione storica, ampliando la trama ed alleggerendone il ritmo. Le elaborate coreografie sono state pensate e realizzate
da Valentina Patrini. I canti, eseguiti
tutti dal vivo dai solisti e dal coro, sono stati preparati e diretti dal maestro Francesco Perolini. L’imponente
scenografia è del pittore cremasco
Gian Battista Omacini.
Tra realtà e fantasia,
arriva il 25 aprile 1945
Angelo, il nipote di Mario che tante notizie e curiosità ha
saputo raccontarmi di quel periodo, si trovava in quei giorni a
Cremona in collegio per seguire i suoi studi, lasciando nella
preoccupazione i genitori che avrebbero voluto averlo vicino
in paese. In questa situazione d’attesa, con un’ansia generalizzata e accentuata dalle continue interruzioni e dal razionamento dell’energia elettrica, si giunse al 25 aprile 1945; i genitori di Angelo chiesero a Meneghìin, che doveva andare a Cremona col suo “biciclettone”, se poteva riportarlo a casa, cercando di evitare i mitragliamenti e l’incontro di soldati tedeschi sbandati che si diceva vagassero nella campagna.
Arrivato in paese, dopo il percorso per strade basse sulla
canna del “biciclettone”, per Angelo la prima sorpresa fu
quella di vedere alcuni paesani ben conosciuti, che giravano
portando in spalla un fucile: erano i “partigiani” che saltavano
fuori per la conquista del paese, personaggi poco considerati
dagli anziani che mi hanno raccontato di quel giorno con un
certo tono di disprezzo per questi “combattenti dell’ultima
ora”. Mariuccia, dalla finestra di casa che dava sul vialetto
d’accesso, guardava incuriosita i movimenti sulla strada statale non lontana; improvvisamente vide un uomo magrissimo,
con la barba lunga, un abbigliamento impossibile e scarpe tenute assieme col filo di ferro, che avanzava verso casa. Corse
dalla madre per annunciarle l’arrivo di “un barbone” ottenendo un’inattesa risposta:”Sarà un tedesco allo sbando! Lascialo
avvicinare, che una scodella di minestra c’è anche per lui”.
Mariuccia aprì la porta e se lo trovò davanti: era il suo Mario
veramente irriconoscibile. La notizia del rientro girò veloce-
mente nel paese e assunse la caratteristica del miracolo, perché inattesa e per la particolare coincidenza del giorno.
Angelo mi ha raccontato come tutti fossero impressionati e
desiderosi di saperne di più e come per molti questo rientro
sia stato il vero segnale che la guerra era finita.
Il giorno dopo, era il 26 aprile, si diffuse la notizia che era
stata concordata la ritirata in armi dei reparti dell’esercito tedesco e che nello stesso giorno una colonna avrebbe attraversato il paese: veniva chiesto che non fosse osteggiata e che le
cascine interne, rispetto alla strada principale, esponessero un
drappo bianco sul punto più alto, per indicare che rinunciavano ad ogni scontro. A questo proposito si ricorda di una cascina dove un lenzuolo bianco venne legato ai rami più alti di un
grande noce. Mario poté così veder transitare questa colonna
militare, con un’autoblindo in testa e molti carri trainati da
somari in coda: non riusciamo ad immaginare il suo stato d’animo in questa occasione.
Fortunatamente i cosiddetti partigiani del paese se ne stettero tranquilli, evitando così sanguinose reazioni, cosa che non
fecero alcuni giovani nel paese successivo i quali, sparando sui
tedeschi in transito, causarono inutili morti dalle due parti.
Ma come abbia potuto arrivare a casa proprio nel giorno della
resa tedesca e a piedi, non si riuscì mai a sapere con precisione, anche perché Mario mostrò sempre molta ritrosia a ricordare ed a parlare di quel terribile anno e mezzo da prigioniero
in Germania. Il racconto di Mariuccia lascia intendere che negli ultimi mesi di prigionia Mario sia stato affidato a delle famiglie coltivatrici per svolgere lavori agricoli e che ad un certo
momento abbia deciso di fuggire, magari aiutato dalla stessa
famiglia e facilitato dalla conoscenza della lingua tedesca, procedendo per tratti nella campagna, nascondendosi continuamente e alimentandosi anche con radici che lui sapeva ben riconoscere, sia riuscito nell’impresa. Molti anni dopo, mentre
nella sua ortaglia gustavo un grappolo di deliziosa uva pizzutella bianca che lui mi aveva colto, riuscii a strappargli alcuni
ricordi di quella disavventura: “Mi hanno fatto molto male gli
sputi ricevuti dai bambini tedeschi mentre passavo e invece…
mi hanno dato coraggio e fatto molto bene al cuore le suore
che, sulla strada del ritorno, ho incontrato nelle sagrestie delle
chiesette, dove mi rifugiavo, e che mi hanno aiutato senza mai
chieder conto della mia condizione”. Sul muro esterno della
cascina dove erano stati allevati dai prigionieri russi i somari
dell’esercito tedesco, continuò per anni a campeggiare la sinistra scritta:”E’ l’aratro che traccia il solco, ma è la spada che
lo difende”. Tre mesi dopo quel memorabile 25 aprile, Mariuccia e Mario si sposarono! ( 8-Fine )
Giorgio Bonali