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Giancarlo Bisinella
Quel soffio di vita che ci pervade
La risposta infermieristica
al bisogno spirituale
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via Raffaele Garofalo, 133/A–B
00173 Roma
(06) 93781065
isbn 978–88–548–3972–4
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di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
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senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: marzo 2011
Indice
7 Ringraziamenti
9 Prefazione
Micaela Lo Russo, Stefano Bonometti, Anna Casella Paltrinieri
11 Introduzione
13 Capitolo I
L’importanza del bisogno spirituale
1.1. Contenuti introduttivi – 1.2. Cos’è il bisogno spirituale? – 1.3. Spiritualità
umana, religiosa e confessionale – 1.4. A chi spetta la responsabilità di rispondere ai bisogni spirituali del morente?
23 Capitolo II
L’infermiere e l’assistenza spirituale
2.1. Le tappe di un percorso – 2.1.1. Essere in contatto con la propria spiritualità – 2.1.2. Considerare la persona come un mistero – 2.1.3. Cogliere la domanda di accompagnamento spirituale – 2.1.4. Non dimenticare che ogni richiesta,
anche spirituale, è una richiesta umana – 2.1.5. Identificare il quadro o contesto
in cui la persona situa o vuole situare il proprio “dibattito” spirituale – 2.1.6. Rispettare il ritmo del paziente – 2.1.7. Stabilire un rapporto di vicinanza – 2.1.8.
Alcune indicazioni sull’ascolto – 2.1.9. Aiutare la persona a utilizzare le proprie
risorse spirituali – 2.1.10. Aiutare a soddisfare il bisogno di autotrascendersi
45 Capitolo III
Il bisogno spirituale nelle differenti età di vita
3.1. Quando il malato è un bambino – 3.2. Quando il malato è un adolescente
– 3.3. Quando il malato è un giovane adulto – 3.4. Quando il malato è un anzia-
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Indice
no – 3.5. L’accompagnamento spirituale della famiglia – 3.6. Quando la risposta
infermieristica al bisogno spirituale è inadeguata o difficoltosa
61 Capitolo IV
Spiritualità e cure palliative nel contesto anglosassone e in quello
italiano
4.1. Evoluzione della filosofia dell’hospice e delle cure palliative: il panorama anglosassone – 4.2. Il panorama italiano: la “via italiana” dell’assistenza ai malati
terminali – 4.3. Alcune considerazioni
67 Conclusione
69 Bibliografia
A te babbo
Grazie babbo,
cuore di bimbo,
fondamentale la tua presenza,
la tua malattia ha curato le mie ferite,
per sempre tu sei il mio “Babbo spirituale”
e
A te mamma
Grazie mamma,
mi hai insegnato ad amare,
fino alla fine,
fino a donare la vita
per Amore
È bello poter ringraziare con tutto il cuore
le persone che ho incontrato e che incontrerò
vivendo nell’Amore.
Grazie,
Giancarlo Bisinella
7
Prefazione1
Affrontare il tema del morire è sempre cosa difficile… comprendere i bisogni di colui che sta vivendo questa esperienza è cosa ancor
più delicata e per questo, troppo spesso confinata all’analisi di quanto correlato alla sfera fisica della persona assistita.
La persona però è qualcosa più di un corpo, è mente …è psiche
…è anima.
Ed è proprio al linguaggio dell’anima che il lavoro di seguito presentato vuole dedicare attenzione.
Con passi delicati l’autore accompagna il lettore nei luoghi silenziosi dell’interiorità della persona sofferente e attraverso il gesto di
cura si fa interprete di quella risposta olistica tanto importante per
colui che vive un’esperienza di sofferenza così profonda.
Uno studio che non resta teorico ma parte dall’esperienza del
quotidiano della vita in un reparto Hospice, la cadenza dei gesti assistenziali, i toni, il modo di atteggiarsi, il rispetto profondo dell’incomunicabilità della sofferenza altrui fanno da sfondo al testo che
si presenta quasi come un dialogo ricamato tra persona assistita e
Infermiere.
Il bisogno spirituale è il protagonista nascosto di tutto il testo.
Un bisogno difficile da riconoscere, da esprimere, da comprendere… un bisogno che non cerca soluzione né risposta ma soprattutto
1. Il testo esprime il lavoro condotto dall’Autore come tesi di per il Corso di Laurea
in Scienze infermieristiche, a.a. 2007-2008 ed è stato redatto secondo i criteri richiesti
dalla Commissione giudicatrice e secondo quanto previsto dal MIUR.
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Quel soffio di vita che ci pervade
chiede comprensione ed ascolto per facilitare quella lettura interiore
del sé propria dell’intimo di ciascuno.
Una lettura da suggerire a chi si prepara, e non solo, alla professione
infermieristica.
Dott.ssa Micaela LoRusso
Dott. Stefano Bonometti
Responsabile Ufficio Formazione
Casa di Cura “Domus Salutis” – Brescia
Docente a Contratto
Università Cattolica del Sacro Cuore (a.a. 2007-2008)
Docente di Infermieristica (MED-45)
[email protected]
Ricercatore Università Cattolica del Sacro Cuore
Docente di Educazione Permanente degli Adulti
[email protected]
Dott. ssa Anna Casella Paltrinieri
Ricercatore Università Cattolica del Sacro Cuore
Docente di Antropologia Culturale
[email protected]
Introduzione
Hospice sezione A, 22 Giugno 2008: suona un campanello, stanza numero 10, vado a vedere. Giunto in stanza chiedo alla signora Claudia se ha
bisogno di qualcosa, ella, tracheostomizzata, risponde con un gesto della
mano che mi indica di avvicinarmi; mentre sto accanto a lei, la sua mano
stringe la mia, poi, serenamente, chiude gli occhi e torna a riposare.
Il suddetto episodio e altri che saranno presenti all’interno di questa tesi, non vogliono essere “storielle commoventi”, ma piccole realtà che ho vissuto da allievo infermiere o vissute da altri operatori
sanitari, che mi hanno stimolato a prendere in considerazione un
bisogno spesso posto in secondo piano, il bisogno spirituale della
persona assistita.
In questa tesi il mio intento è di occuparmi del bisogno spirituale
nell’assistenza infermieristica al malato terminale, tengo a precisare
però che tutte le considerazioni che seguiranno si adattano a qualsiasi tipologia di malato; infatti l’infermiere ha l’opportunità di partecipare alla salute di qualsiasi paziente, anche attraverso la promozione
del benessere spirituale e fornendo una atmosfera adeguata a questo tipo di guarigione. Tutte le persone hanno una componente o
una dimensione dello spirito che può essere sviluppata. È nel settore
dell’assistenza al malato morente, principalmente nelle istituzioni
che offrono cure palliative, che è possibile rilevare forse più che in
altro settore l’importanza assegnata all’accompagnamento spirituale del paziente1.
La scienza medica centrata sul prolungamento della vita, porta allo sviluppo di tecniche e di apparecchiature sempre più raffinate. Si vede così
la maggioranza dei professionisti curanti molto abili nel manipolare ap
1. A. Brusco, L’accompagnamento spirituale del morente, in Di Mola,Cure palliative.
Approccio multidisciplinare, p. 309.
11
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Quel soffio di vita che ci pervade
parecchi sofisticati e nell’utilizzazione di tecniche complesse, ma spesso
sprovveduti di fronte all’angoscia e alla solitudine del morente e incapaci
di stabilire adeguatamente una relazione di aiuto. La routine e la sicurezza delle tecniche hanno fatto presto a coinvolgere numerose persone che
pure erano state formate all’approccio umano e individualizzato. Spesso,
di fronte ai bisogni di riposo, di pace, di dignità, di ascolto, il morente trova
delle persone attorno al suo letto, più concentrate sui battiti del cuore, le
secrezioni, gli apparecchi, le trasfusioni, le iniezioni ecc., che di lui come
persona umana2.
La mia non vuol essere una tesi filosofico–spirituale, ma un elaborato in cui si possono trovare concrete modalità con le quali un
infermiere può diventare anche accompagnatore (nel senso olistico
del termine), della persona con malattia inguaribile.
2. A. Brusco, Umanità per gli ospedali, Salcom, Varese 1983, pp. 128–129.
Capitolo I
L’importanza del bisogno spirituale
1.1. Contenuti introduttivi
Come già citato, è nel settore dell’assistenza al malato terminale
che è possibile rilevare, forse più che in ogni settore, l’importanza
assegnata all’accompagnamento spirituale del paziente. Molti fattori hanno contribuito all’emergere di modi nuovi di affrontare la
tematica e la pratica dell’accompagnamento spirituale del malato,
sottraendolo all’esclusività delle religioni istituzionali o delle Chiese
e inserendolo in maniera crescente nei programmi rivolti ai malati1.
Grande influsso hanno esercitato autrici quali Elisabeth Kübler–
Ross, Virginia Henderson e Cicely Saunders. Nei loro scritti vengono
elaborati concetti che risulteranno determinanti per la pratica delle cure palliative. La prima, E. Kübler–Ross, ha messo in evidenza il
percorso psico–affettivo–spiritule del malato in fase terminale2. Dalle
opere della Henderson risulta chiara l’affermazione che per offrire assistenza infermieristica rispettosa della persona, occorre riconoscere i
bisogni; tra di essi ci sono quelli spirituali3. Se si vuole offrire un servizio infermieristico fondato eticamente, occorre prenderne atto.
Cecily Saunders ha insistito molto sulla individuazione di una
componente spirituale del dolore totale dei pazienti in fin di vita.
1. P.M. Zulehner, Passaggi. Pastorale delle fasi della vita, Queriniana, Brescia, 1992,
p. 27.
2. E. Kübler-Ross, La morte e il morire, Cittadella, Assisi, 1970.
3. V. Henderson, Les principess fondamentaux des soins infirmiers, Coinseil International des Infirmières, Genève, 1977.
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Quel soffio di vita che ci pervade
L’importanza del bisogno spirituale però non è espressa solo dalle
teorie infermieristiche, ma è anche citata in autorevoli fonti quali: Codice Deontologico, Patto infermiere–cittadino, Carta dei diritti dei morenti, diagnosi infermieristiche NANDA, classificazione NIC, Classificazione NOC, nella definizione di cure palliative fornita dall’OMS ecc.
Codice deontologico dell’infermiere. Prima revisione – 12 Febbraio
2008. Art. 36: L’infermiere assiste la persona, qualunque sia la sua
condizione clinica e fino al termine della vita, riconoscendo l’importanza della palliazione e del conforto ambientale, fisico, psicologico,
relazionale, spirituale.
Patto infermiere–cittadino. «Io infermiere mi impegno nei tuoi confronti a starti vicino, quando soffri, quando hai paura, quando la medicina e la tecnica non bastano».
Carta dei diritti dei morenti. Comitato etico Fondazione Floriani.
Art. 9: Chi sta morendo ha diritto:all’aiuto psicologico e al conforto spirituale, secondo le sue convinzioni e la sua fede.
Classificazione diagnosi dalla North American Nursing Diagnosis Association (NANDA)4. Diagnosi attinenti al bisogno spirituale:
— disponibilità a migliorare il benessere spirituale;
— rischio di sofferenza spirituale;
— sofferenza spirituale.
Classificazione della Nursing Interventions Classification (NIC)5. Individuati interventi di:
—facilitazione della crescita spirituale: definita come facilitazione
dello sviluppo della capacità della persona di identificare, rife-
4. L. Juall Carpenito–Moyet, Diagnosi infermieristiche, applicazione alla pratica clinica, Casa Editrice Ambrosiana, terza ed..
5. J. Mc Closkey Dochterman, G.M. Bulechek, Classificazione NIC degli interventi
infermieristici, Iowa Interventions Project, Casa Editrice ambrosiana, 2007.
1. L’importanza del bisogno spirituale
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rirsi e chiamare in aiuto la fonte di significato, scopo, benessere,
forza e speranza nella propria vita;
—sostegno spirituale: intesa come assistenza finalizzata a far sentire la persona in armonia e a contatto con una forza superiore.
Classificazione della Nursing Outcomes Classification (NOC)6. In essa
troviamo indicatori riguardo agli outcomes:
—salute spirituale (espressioni personali di relazione con se stessi, con gli altri, con un essere superiore, con la vita intera, la
natura e l’universo che trascendono l’individuo e rafforzano la
sua identità);
— morire con dignità;
— speranza.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha fornito la seguente definizione di cure palliative: «La cura (care) globale, attiva,
e multidisciplinare di quei pazienti la cui malattia non sia responsiva
ai trattamenti specifici e di cui la morte è la diretta conseguenza. Il
controllo del dolore, degli altri sintomi e delle problematiche psicologiche, sociali e spirituali è di fondamentale importanza. Lo scopo
delle cure palliative è rivolto al raggiungimento della miglior qualità
di vita possibile sia per il paziente che per la famiglia (intesa come
rete relazionale di riferimento)».
1.2. Cos’è il bisogno spirituale? 7
Se si vuole affrontare in maniera sostanziale e integrale il problema della guarigione del malato, senza circoscrivere arbitrariamente l’orizzonte delle sue richieste o rispondervi affrettatamente,
l’assistenza spirituale costituisce addirittura un elemento integrativo
6. S. Moorhead, M. Johnson, M. Maas, Classificazione NOC dei risultati infermieristici Iowa Interventions Project, Casa Editrice ambrosiana, 2007.
7. F. Caretta, M. Petrini, Accanto al malato. Lineamenti di assistenza sanitaria e pastorale, Città Nuova, 1995, p. 65.
16
Quel soffio di vita che ci pervade
dell’agire medico e dell’azione sociale8. La malattia è una sfida alla
persona nella dimensione fisica, psichica e spirituale: una risposta terapeutica integrale deve considerare quindi tutte queste dimensioni.
La dimensione spirituale si può definire come il principio vitale che
pervade l’intero essere di una persona e che integra e trascende la
propria natura biologica e psico–sociale.
Un ulteriore criterio vede la dimensione spirituale così caratterizzata:
— forza unificante che integra e trascende la dimensione fisica,
emotiva e sociale;
— motiva la persona a ricercare uno scopo ed un significato nella
vita e a correlarsi a Dio;
— trascende la persona e costituisce un legame comune, permettendo di condividere se stessi con gli altri;
— influenza le percezioni e le convinzioni individuali che guidano il comportamento.
Per quanto detto, allora, quando parliamo di necessità spirituali,
occorre riferirsi a categorie comportamentali correlate alle persone,
quali i rapporti con se stessi, con gli altri, con la natura, con un’Entità Superiore, nonché categorie di sentimenti quali l’espressione di
amore, la preoccupazione per gli altri, la concessione di perdono, la
possibilità di dare e prestare aiuto, di accettare una valutazione autonoma di se stessi, di esprimere un sentimento di soddisfazione per la
propria vita9. Questi bisogni, che contrassegnano la specificità dell’uomo, sono presenti tutta la vita, ma si accentuano nei momenti di crisi.
Le necessità spirituali possono essere comprese solo attraverso una
premurosa attenzione ai bisogni, più o meno chiaramente espressi
nel colloquio con il malato, la famiglia, gli amici10. Occorre precisare
che solo poche persone, nello stato di malattia, sono capaci di espri
8. J. Mayer–Scheu, Assistenza sprirituale, in «Concilium» 9 1976, p.154.
9. L.K. Soeken, J.V. Carson, Rispondere alle necessità spirituali del paziente con malattia cronica, in «L’Assistenza Infermieristica del Nord America», 4 1990, pp. 131–142.
10. Gruppo di lavoro internazionale sulla morte, il morente e il lutto. Asserti e principi
dell’assistenza spirituale, in «Death Studies» 14 1990, pp. 75–81.
1. L’importanza del bisogno spirituale
17
mere direttamente e apertamente ciò che sentono nel più profondo
di se stesse. Se si vuol tentare di comprendere occorre ascoltare, magari decifrando lamenti e proteste, espressioni e gesti. Il malato non
cerca solo una parola buona e giusta come risposta alle sue domande,
egli cerca una risposta alla sua situazione di fondo.
Il termine “spirituale” è un termine molto complesso, vi sono
numerosi aspetti da considerare, occorre fare alcune distinzioni11:
— la dimensione spirituale è più ampia di quella “religiosa”; ascoltare musica, leggere o scrivere, conoscere e comprendere, ammirare un tramonto, dipingere o guardare un quadro, pregare
e meditare, cantare, amare ed essere amati, tutte queste diverse
espressioni razionali ed emotive sono parte della vita spirituale.
Esse non solo danno gioia, sono anche le basi per confrontarsi
con le perdite, con i fallimenti, con la sofferenza, con la morte;
— la relazione tra “religioso” e “spirituale” non è sempre
positiva,così come la relazione con certi quadri, con certi tipi
di musica, con certi tipi di amore può non esserci di arricchimento spirituale. Una modalità di approccio formalistico alla
religione può danneggiare o distruggere la crescita spirituale;
— la dimensione spirituale comprende anche la ricerca di un significato della vita in generale e di un significato degli eventi
della vita quotidiana, che potremo chiamare “significati temporanei”, che pur aiutano a trovare il significato ultimo della vita.
Il turbamento spirituale viene generalmente espresso dalla persona che soffre con la domanda: “Perché proprio a me?”. È la domanda
fondamentale che la persona si pone quando è colpita da una malattia grave, o in altre circostanze “difficili” e dolorose. La domanda
scaturisce dal profondo del mondo spirituale ed è posta sia dal credente con una ben definita comprensione di fede, sia da colui che è
solo convinto della natura irrazionale e inesplicabile della realtà che
lo circonda. Questo interrogativo implica:
11. E.L. Missinne, Christian Perspectives on Spirituals Needs of a Human Being, in
«Journal of Religious Gerontology», n. 1/2 (1990) pp. 143–152.
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Quel soffio di vita che ci pervade
— il bisogno di riconoscere se stessi o forse anche di conoscersi
profondamente per la prima volta;
— il bisogno di comprendere se stessi, di comprendere la propria
situazione, di dare un senso alla propria vita, alla propria sofferenza, alla propria morte;
— il bisogno di sapere dove si va, per dove “si parte”, attraverso
quali momenti misteriosi ed angosciosi si dovrà passare;
— il bisogno di esprimere le proprie paure, la propria inquietudine, la propria disperazione, la propria speranza.
In questo viaggio nel “proprio intimo” il malato ripercorre tutta
la sua vita; deve “ripensare” il passato, gli eventi, le figure importanti, ma anche le aspettative non soddisfatte, le omissioni, le azioni
riprovevoli. Da questo dolore spirituale nasce poi nel malato grave il
desiderio di perdonare e di essere perdonato anche dagli stessi familiari, e il desiderio di trovare una speranza per la propria vita. Se la
persona riuscirà a dare un senso alla sua situazione di malattia, sarà
anche attore e compartecipe del suo processo terapeutico. Le terapie non saranno più “subite”, ma “vissute” nel senso più forte del
termine; “la vita continuerà così in pienezza di valori e di significati,
qualunque sia l’esito delle terapie mediche”12.
1.3. Spiritualità umana, religiosa e confessionale
È utile dare alcuni brevi chiarimenti per poter distinguere tra
spiritualità umana, spiritualità religiosa e spiritualità confessionale,
cioè determinata dall’adesione ad una particolare fede religiosa.
Soravito definisce la spiritualità umana come «l’insieme delle
aspirazioni e delle convinzioni che organizzano in un progetto unitario il vivere dell’uomo, da una parte, e, dall’altra, l’insieme delle
reazioni e delle espressioni personali in cui si concretizza quel pro-
12. L. Ciccone, Etica e salute, in E. Sgreccia (a cura di), Salute e persona. Presupposti
bioetici dell’educazione sanitaria, CIC–Cento Iniziativa Culturale, Bologna 1991, pp.15–37.
1. L’importanza del bisogno spirituale
19
getto di vita»13. Così intesa la spiritualità appare come una dimensione essenziale dell’uomo, che organizza e coordina tutte le altre
dimensioni della persona umana –fisica, psichica,affettiva– verso la
propria autorealizzazione e la ricerca del senso esistenziale entro
una determinata situazione di vita.
Quando lo spirituale (i grandi interrogativi e le profonde aspirazioni…) trova la sua sorgente o la sua risposta in una fede e nella
relazione con Dio, e si esprime attraverso un particolare sistema di
credenze, simboli, riti, persone che fanno da mediazione tra Dio e
l’uomo, possiamo parlare di spiritualità religiosa, che assume connotazioni specifiche a seconda della confessione religiosa in cui è
inserita (religione cristiana, musulmana…).
In un contesto di “cristianità compatta”, la distinzione tra spirituale e religioso tendeva a sfumare. Il processo di secolarizzazione,
il pluralismo culturale e religioso hanno evidenziato la differenza tra
questi due concetti. Ne deriva che «se in passato il discorso religioso
godeva di una posizione privilegiata, oggi il fenomeno della secolarizzazione ha favorito l’emergere di altre prese di posizione ideologiche, che contribuiscono a ‘regolare’ la morte e darle un senso. Il
fatto non è senza implicazioni nel complesso delle pratiche intese ad
accompagnare la persona umana durante l’ultima fase della sua vita.
È naturale che l’agente di pastorale al quale altre volte veniva affidata l’angoscia del morente, veda il proprio campo occupato da altri
professionisti, esperti nell’arte di assistere l’individuo gravemente
ammalato e la sua famiglia. Medici, personale infermieristico, psicologi, assistenti sociali, si preparano sempre più a rispondere in maniera adeguata ai bisogni dei morenti»14.
Moreau e altri15 evidenziano le conseguenze della distinzione tra
dimensione spirituale e dimensione religiosa sull’accompagnamento del morente. La presenza di una sofferenza e di un bisogno spiri 13. L. Soravito, Educare alla spiritualità, in «Credere oggi» 22/4 1984 p. 91.
14. A. Brusco, Il senso di una esperienza, riflessioni sulla pastorale degli ammalati in fase
terminale, in «Vita Nostra», 4 1983, p. 483.
15. Moreau, Le service d’accompagnement spirituel de la maison Sarrazin, Québec,
1984.
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Quel soffio di vita che ci pervade
tuale anche laddove esso non si esprime secondo modalità religiose
specifiche, induce tali autori a preferire l’espressione “accompagnamento spirituale” a quella di “accompagnamento pastorale” del morente16. L’emancipazione dello spirituale nei confronti del religioso
non impedisce però che in gran parte dei casi la persona cerchi e
trovi la risposta ai suoi bisogni spirituali nella religione.
1.4. A chi spetta la responsabilità di rispondere ai bisogni spirituali del morente?
Se il riconoscimento di una dimensione spirituale, il cui sviluppo
può seguire vie diverse, è accolto da tutti gli operatori, ne deriva che
l’attenzione al bisogno spirituale del malato terminale è responsabilità di tutta l’équipe terapeutica, pur con modalità differenziate. Essa
è radicata nella “professionalità” prima che nella “confessionalità” di
ciascun operatore. Tale presa di posizione è presente nella filosofia
che anima le istituzioni pioneristiche inglesi dell’assistenza dei morenti; al St. Christopher Hospice di Londra,«chi soffre dal punto di
vista spirituale può aver bisogno dell’aiuto di un membro qualsiasi
del personale, non soltanto del cappellano»17.
Ogni operatore può e deve stabilire un colloquio con la persona
assistita.
L’équipe dovrà creare quell’atmosfera familiare nella quale il morente si senta considerato come persona, persona a pieno titolo e fatta
oggetto di atteggiamenti ricchi di competenza e carichi di umanità.
L’attenzione assistenziale svolta dagli operatori sanitari deve elaborare risposte individuali, poiché la malattia assume carattere e tonalità a seconda della singola persona e del modo in cui viene vissu-
16. M. Petrini, Assistenza spirituale e assistenza religiosa, in «Anime e corpi», 154
1991, pp. 201–216.
17. Du Boulay, Un movimento per l’assistenza ai malati incurabili, Jaca Book, Milano,
1987, p. 75.
1. L’importanza del bisogno spirituale
21
ta. È la persona che “ha” o “vive” o “convive” o “rifiuta” o “subisce”
la malattia18.
L’assistenza spirituale determina una crescita anche nella persona dell’operatore: nel cuore dell’essere umano vi è una dimensione
spirituale che si può realizzare solo attraverso l’apertura e l’interesse
per l’‘altro’. È nell’‘essere per l’altro’ che si può accostare il trascendente e si diviene così più umani19.
Ad ogni malato assistito deve essere data l’opportunità di scegliere la persona con cui “trattare” argomenti di grande importanza per
lui (teoria dell’interlocutore elettivo)20.
…e se l’interlocutore scelto fosse proprio l’infermiere?
18. D. Gordan, Vivendo questa nostra storia di donne, in Aa.Vv., Donna e salute, Lega
Italiana per la lotta contro i tumori-Sezione di Firenze/Associazione Donne come prima,
Firenze 1990.
19. A.W. Reinsmith, Finality of death. The Underlying Issue, in «Humane Medicine»,
Autumn 1989, p. 35.
20. M. Berger, F. Hortala, Mourir à l’hopital, Le Centurion, Paris 1974, p. 207.