PALAZZO MARINA (elaborato redatto in occasione della visita a

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PALAZZO MARINA
(elaborato redatto in occasione della visita a Palazzo Marina dell’Associazione “PROROMA MIA”
(Relatore Nino – 15 settembre 2012)
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Con la proclamazione del Regno d’Italia avvenuta il 17 marzo 1861, nasce la Regia Marina,
che incorpora la Marina Sarda, la Marina Borbonica e quella Pontificia.
La storia di Palazzo Marina inizia con il trasferimento della Capitale d’Italia da Firenze a
Roma il 20 settembre 1870 che creò non pochi problemi per la sistemazione dei vari Ministeri.
La soluzione prescelta, al momento, fu quella di sfruttare i grandiosi edifici monastici e gli
eleganti palazzi cardinalizi situati nel centro storico che avevano il vantaggio di essere molto vicini
tra loro.
Fu così che il vecchio convento settecentesco di Sant’Agostino, situato nei pressi di via della
Scrofa, fu espropriato nel 1871 e adibito a sede del Ministero della Marina. La sede si rivelò ben
presto insufficiente per i bisogni di una burocrazia in espansione e dopo aver sfruttato ogni minimo
spazio, si rese necessario pensare a una nuova sede.
Fu quindi approntato nel 1911, l’anno dell’Esposizione Universale di Roma, del
cinquantenario dell’Unità d’Italia, dei 40 anni di Roma Capitale, del completamento del Vittoriano
e del “Palazzaccio”, un progetto di legge, derivante dai risultati scaturiti dalla “Commissione per i
locali degli Uffici dello Stato in Roma”, la cosiddetta Commissione Peano dal nome del Capo di
Gabinetto di Antonio Giolitti, che prevedeva la costruzione del Ministero della Marina, di quello
della Pubblica Istruzione, degli Interni, della Giustizia e della Corte dei Conti (oggi Poligrafico
dello Stato). Il progetto di legge rifletteva la politica di Antonio Giolitti di risolvere in maniera
definitiva il problema dell’insufficienza degli uffici e di conseguenza rendere funzionale la
macchina statale.
Per favorire e sviluppare questi intendimenti viene quindi istituito l’Ufficio Speciale del
Genio Civile per gli Uffici governativi di Roma che si occupa non soltanto della costruzione degli
edifici previsti dalla Legge del 1911 ma anche degli altri edifici ministeriali in costruzione (Palazzo
del Parlamento, Ministero dei Lavori Pubblici a Porta Pia, Università, ecc.). Sull’andamento dei
lavori viene compilata ogni mese una relazione per la Presidenza del Consiglio. L’obiettivo di
Giolitti era quello di centralizzare e razionalizzare le risorse. Infatti sul tavolo di Giolitti c’erano
sempre preventivi di riduzione della spesa riguardanti i tanti lavori in corso per lo Stato. Altro
proposito di Giolitti era quello di abolire i concorsi pubblici per l’affidamento delle opere di
costruzione statali che a suo parere dilatavano i costi. Tutto ciò si poneva in contrasto con la difesa
corporativa degli Architetti.
Infatti in quegli anni emerse un deciso contrasto tra chi come Antonio Giolitti Presidente del
Consiglio privilegiava l’opera del Genio Civile e dei suoi ingegneri per costruire opere funzionali e
dare ai nuovi Ministeri una impronta di efficienza, economicità e velocità e l’opera degli architetti
che volevamo sedi ministeriali faraoniche, ricche di rappresentatività e monumentalità.
Una volta approvata la legge il 18 luglio 1911 fu presentato un progetto per il Ministero della
Marina che ne prevedeva la costruzione fuori Piazza del Popolo tra il Lungotevere Arnaldo da
Brescia e via Flaminia e il 2 agosto 1911 fu stipulato il contratto per l’acquisto di un’area di circa
31.000 mq. al prezzo di 40 lire al mq. per un importo di lire 1.300.000. Ovviamente anche la
costruzione di Palazzo Marina non sfuggirà alle diatribe cui si accennava prima e ciò comporterà
una navigazione dell’opera travagliata (per restare in tema di mare) ed una realizzazione protratta
nel tempo.
Lo stile del Palazzo risulterà alla fine “Repertorio liberty con decisa impronta di
michelangiolismo eclittico”
Infatti, passarono quasi due decenni prima che il Palazzo fosse completato e inaugurato, con
una prima sospensione dovuta alla prima guerra mondiale e comunque attraverso a cambiamenti
politici, culturali e artistici che modificheranno la concezione stessa del Palazzo che riuscirà a
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mantenere. nel complesso, un sostanziale equilibrio tra le esigenze funzionali dell’opera e quelle
artistiche propugnate dai suoi realizzatori.
Il Palazzo venne inaugurato il 28 ottobre 1928 dal Capo del Governo Benito Mussolini.
Per la costruzione del Palazzo l’incarico fu affidato all’Architetto Giulio MAGNI, nipote del
Conte Giuseppe Valadier, romano di nascita, il quale aveva dato prova di spiccate capacità
artistiche, lavorando anche all’estero (ricordiamo tra l’altro numerose costruzioni pubbliche a
Bucarest in Romania).
L’architetto MAGNI presentò il progetto nel marzo 1912 per un importo di 15 milioni di lire
che superiore di 4 milioni di lire allo stanziamento previsto, venne quindi variato e ridotto.
L’approvazione definitiva del progetto avvenne nel giugno 1912 ed i lavori, per questioni
burocratiche, iniziarono il 4 novembre 1914 per essere interrotti nell’autunno del 1915 a causa della
prima guerra mondiale.
Non pochi contrasti caratterizzarono la fase progettuale per la costruzione del Ministero.
L’Architetto MAGNI avrebbe voluto un’opera diversa e dovette lottare strenuamente, non sempre
vittoriosamente, per difendere le proprie idee: alla fine il suo progetto dovette basarsi, rispettandolo
nelle grandi linee, al progetto del Genio Militare, riuscendo a far inserire, a mò di compromesso,
importanti modifiche che fecero risaltare la diversa qualità, più organica e ricca di motivi
architettonici del suo progetto. Durante tutta la costruzione MAGNI cercherà di difendere il
progetto nella sua interezza contro le proposte di modifica dell’Ufficio del Genio Civile.
Uno dei motivi di maggiore attrito tra il MAGNI e il Genio Civile fu l’inserimento nel
progetto, a fianco della sede ministeriale, di una caserma di marinai che alla fine, anche se fu
costruita altrove (Piazza Randaccio, Quartiere Prati), determinò lo spostamento dell’edificio di ben
otto metri rispetto alla sede stradale del Lungotevere con conseguente minore spazio davanti al
prospetto principale che avrebbe permesso una migliore veduta complessiva dell’edificio. A questo
primo contrasto tra l’Architetto e le autorità si aggiunse la sistematica eliminazione, per motivi
economici, di molte decorazioni scultorie della facciata principale che avrebbero caratterizzato
l’opera.
Sulla facciata principale, infatti, MAGNI prevedeva tre bassorilievi raffiguranti le allegorie
dei mari italici che furono sostituiti con targhe decorative tra il 3° e il 4° piano che portano i nomi
delle città di Genova, Roma e Venezia, sotto le quali sono riportati i seguenti motti (da destra a
sinistra): per Genova Patria e Rex; per Roma Virtus e Audacia; per Venezia Voluntas e Fides; le
altre città marinare, per ragioni di economia, vennero rappresentate nella corrispondente zona
dell’ultimo piano, in labari che indicavano i nomi delle città stesse. Seguendo il corso del Tevere si
leggono: a sx. Amalfi, Cagliari, Livorno, Messina, Napoli Palermo, Pisa, Spezia per il Mare
Tirreno. A dx. Ancona, Bari, Brindisi, Fiume, Pola, Ravenna, Trieste, Zara per il Mare Adriatico;
non sono rappresentate le principali città marinare dello Jonio quali Taranto, Messina, Catania e
Siracusa.
Ma soprattutto non vennero realizzati, sui quattro pilastri corrispondenti all’ingresso
principale, altrettanti bassorilievi raffiguranti Valore, Dovere, Forza e Trionfo delle armi sul
contenuto dei quali si svolse addirittura un dibattito all’interno delle gerarchie militari. Non vennero
altresì costruite due antenne gigantesche di fonte alla facciata a sostegno della bandiera. Nel
complesso l’edificio venne privato di quel sapore modernista ed estetizzante che possedeva nella
versione originaria.
A ornare l’ingresso, in defnitiva, sono state collocate ai lati del cancello centrale
rispettivamente, sulla sinistra e sulla dritta, una delle due ancore delle Navi da battaglia AustroUngariche Viribus Unitis (affondata durante la prima guerra mondiale) e Tegethoff (preda bellica
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consegnata all’Italia nel 1919 e smantellata alla Spezia nel 1925). Le altre due ancore delle navi
citate sono state poste ai lati del Monumento al Marinaio di Brindisi nel 1933.
I tre cancelli sul Lungotevere danno ingresso al monumentale atrio che presenta tre ingressi
sormontati da 3 prore di triremi romane sulle quali è collocata la Vittoria Alata.
I ingressi laterali sono destinati ai passaggi carrabili che conducono nel Cortile d’Onore,
ornato al centro da una fontana circondata da palme.
L’ingresso centrale porta alla monumentale scala a tenaglia che sbocca al piano superiore in
un nuovo vestibolo decorato da marmi pregiati, illuminati da ampi finestroni chiusi da vetrate
opalescenti policrome che furono realizzati da Cesare Picchiarini (maestro vetraio di Roma
deceduto nel 1943) e dalle sue Maestranze della scuola dell’Istituto di San Michele a Ripa, ed
ornata da monumentali candelabri in bronzo della Casa Bronzi d’Arte David della Torre. Il
vestibolo conduce alle principali sale di rappresentanza e di lavoro delle Alte Autorità ed alle due
maestose gallerie che si affacciano sul cortile d’onore.
Le pitture dello scalone d’onore sono state eseguite da Giuseppe Rivaroli (pittore della luce,
nato a Cremona, trasferito a Roma, ha donato due importanti opere al Ministero dell’Agricoltura e
al Ministero della Marina) che ha rappresentato sul cielo dello scalone Roma vincitrice sul mare e
nel fregio le allegorie dei tre mari d’Italia e cioè: il Tirreno per mezzo della figura di Genova assisa
tra il Genio del Lavoro e il Genio dell’Abbondanza sullo sfondo di alberature a vela con i simboli
dell’antico dominio di San Giorgio e del Grifone, mentre negli altri quadri si vuole celebrare il
fervore marinaro dei liguri industriosi e tenaci che manovrano la grande gru sotto lo sguardo vigile
del Navarca (significa Comandante di più navi); l’Adriatico con la raffigurazione nel riquadro
centrale di Venezia con il Bucintoro (galea dei Dogi di Venezia) da un lato che torna alla laguna
guidato dal Genio Vittorioso dell’Italia nuova, per dirigersi poi verso le terre d’oriente
simboleggiate al centro dalle figure del vegliardo che rende omaggio al Leone di San Marco: lo
Jonio è raffigurato sull’ultima parete che presenta al centro la nave romana che porta nella sua
nuova patria il Genio Greco fatto prigioniero dai latini. Il Rematore e il Pilota, romani, governano
l’imbarcazione sui flutti e guardano sicuri ai futuri destini di conquista.
Nel salone dei Marmi, anticamente denominato Sala del Ministro, nell’anticamera l’ambiente
prende luce da un lucernaio sul quale è disegnato un fascio littorio.
Al centro del salone dei marmi è situato un grande tavolo che da il nome alla sala in quanto è
composto da numerosi marmi pregiati provenienti da diversi posti (cottanello proveniente dalle cave
che hanno dato il marmo alla Basilica di S.Pietro, botticino, giallo africano e di Siena, bianco
Carrara, nero belgio, pietra grigia di Bagnoregio, pietra rossa di Fittole, ecc.). Alla parete Antonio
Calcagnadoro (nato a Rieti vissuto e morto a Roma, pittore e decoratore) ha effigiato una prora
romana, dalla quale due aquile spiccano il volo, spinta in mare dal Genio e dalla forza della nuova
Italia (titolo dell’affresco: la nave di Roma nuovamente sospinta in mare dalle giovani energie della
stirpe – 1928).
Intorno alla parete corre il fregio, composto da una balaustra barocca, che riporta alcune
figure, dipinte in finto stucco, di scene marinare.
Le sale laterali al Salone dei Marmi e cioè l’Ufficio del Capo di Stato Maggiore e quello del
Sottosegretario di Stato per la Marina (ora per la Difesa) sono state decorate da Umberto AMATI
(pittore e decoratore di Roma).
Il Soffitto della sala riunioni dello Stato Maggiore che riporta due allegorie virili dell’aria e
dell’acqua e nelle due lunette la Difesa della Nave e la Difesa costiera è stato affrescato dai fratelli
Pio e Silvio Eroli (Romani, pittori e decoratori e specializzati con gli arazzi).
La sala riunioni del Consiglio Superiore di Marina è stata affrescata da Pieretto Bianco (vero
nome Pietro Bortoluzzi). Sul soffitto il pittore ha voluto sintetizzare le attività e le virtù della gente
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italica e cioè l’Italia circondata dall’Agricoltura, dall’Industria, dall’Arte e dal Commercio e sulle
pareti il pittore il lavoro nei cantieri e negli arsenali e quello che si svolge sul naviglio militare.
La piazza è ingentilita da un maestoso giardino all’italiana recintata da una cancellata retta da
pilastri in pietra di cui quattro collocati sulla via Flaminia e due per parte nelle vie laterali.
I pilastri sono decorati da prue di bronzo sormontati da un intreccio di delfini a sostegno dei
fanali; il tutto opera della “Società Metallurgica Cagiottini”.
Alcune decorazioni sculturali del Palazzo sono state eseguite dallo scultore Ulderico Conti, da
Volterrano Volterrani, scultore formatosi al’Accademia delle Belle Arti di Roma (le statue di
Cristoforo Colombo e Vettor Pisani all’ingresso della scala A di via Flaminia), da Ernesto Arcieri,
da Paolo Bucci e da Enrico Vetri (busti di Caio Duilio e Andrea Doria (rispettivamente a dx. e a sx.
salendo lo scalone d’onore), mentre gli encausti (tecnica di colorazione con il riscaldamento) più
importanti sono di Publio Tosi.
I quadri e le sculture situate nel Palazzo riguardano personaggi storici che hanno fatto la storia
della marineria: troviamo infatti un quadro che raffigura Sebastiano Venier Ammiraglio e Doge
veneziano che partecipò alla battaglia di Lepanto, Cristoforo Colombo, Vettor Pisani Ammiraglio
veneziano che sostenne parecchie battaglie contro i genovesi e morì a Manfredonia, Marcantonio
Colonna Ammiraglio e Generale Vicerè della Sicilia che ebbe gran parte nella preparazione della
battaglia di Lepanto, Lorenzo Marcello uomo di mare veneziano che morì durante l’ennesima
battaglia contro i turchi che si risolse a favore dei veneziani, Lazzaro Mocenigo Comandante
veneziano che perse un occhio nella battaglia contro la flotta di Mustafà ai Dardanelli.
Mobili pregiati, rivestimenti lignei, candelabri e lumieri di ferro battuto sono stati realizzati su
disegno dell’artista veneto Umberto Bellotto (artista vetraio e maestro del ferro battuto di Venezia,
figlio d’arte, chiamato a Roma per incarichi negli edifici pubblici).
Arredano alcuni corridoi del 3° piano quadri di autori del tempo. Fra quelli di maggiore valore
artistico si colloca una grande tela del pittore Rodolfo Claudus (pittore deceduto nel 1964
specializzato nei quadri che raffigurano il mare) del 1928 nella quale è raffigurata una scena della
battaglia di Lepanto (detta anche delle Echinadi o delle Curzolari, avvenuta il 7/10/1571 nel corso
della guerra di Cipro tra flotta mussulmana e flotta cristiana della Lega Santa con insegne pontificie
e composta da Venezia, Spagna, Napoli, Sicilia, Roma, Genova, Cavalieri di Malta ecc) (ubicata nel
corridoio sul quale di affaccia il C.S.M.). Un altro quadro dello stesso autore sempre relativo alla
battaglia di Lepanto è collocato nella portineria di via Flaminia.
La costruzione del Palazzo è stata eseguita in massima parte dall’Impresa Giovanni
Perucchetti mentre la parte tecnico-amministrativa, affidata al Genio Civile, fu seguita
dall’Ingegner Aldo Raschetti sotto la direzione dell’Ingegner Capo Cesare Palazzo.
Alcuni numeri: furono spesi allora circa 65 milioni dei quali poco meno di 60 per la sola
costruzione che nel complesso contava un numero totale di 700 ambienti molti dei quali di grandi
dimensioni. La superficie dell’edificio è di circa 16.200 mq. Di cui 5000 destinati a cortili. L’area
coperta è quindi pari a circa 11.000 mq. L’altezza massima è di 28 metri, la lunghezza di 142 metri,
6 piani e sottotetto. Nel corso del tempo si è verificato quello che l’Architetto MAGNI temeva
all’inizio della costruzione della sede ministeriale ovvero un certo appesantimento del Palazzo
dovuto al costante aumento di operatori che ha comportato numerosi lavori di ampliamento per
ricavare ambienti e spazi da destinare all’incremento del personale. Gli ambienti di lavoro dagli
iniziali 700 sono passati ad oltre 1300. Il personale che attualmente lavora nella sede ministeriale
supera le 3.000 unità.
In questo periodo la Marina è impegnata a far fronte alle necessarie opere derivanti dalle
disposizioni di legge vigenti in materia di sicurezza.
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BIBLIOTECA
Attiva sin dal’inaugurazione di Palazzo Marina (28/10/1928) la Biblioteca Centrale della
Marina Militare, elegantemente concepita dall’Architetto Giulio Magni, è un ambiente interamente
ricoperto di libri con due livelli di ballatoi serviti dalle tradizionali scale a chiocciola in ferro ed
ottone dopo anche i più piccoli particolari ricordano l’ambiente marinaro.
Alla Biblioteca Centrale fa capo l’attività di informazione e di aggiornamento delle
pubblicazioni scientifiche e culturali nonché lo scambio informativo e bibliografico con le
Biblioteche dipartimentali, degli Istituti di Formazione, degli Stati Maggiori e quelle dello Stato.
Parte integrante della Biblioteca è l’Emeroteca, sita nel cortile d’onore, che provvede
all’aggiornamento dello schedario delle pubblicazioni storico-militari, alla raccolta di leggi e
decreti, gornali ufficiali, atti parlamentari, periodici italiani e stranieri che trattano argomenti ad
indirizzo navale.
Il patrimonio librario attuale, recentemente catalogato elettronicamente, comprende circa
45.000 titoli ad indirizzo librario moderno e circa 3.000 titoli di opere antiche che comprende libri
editi nel ‘500, ‘600 e ‘700 provenienti dal’antica biblioteca del Ministero che prima del 1928 era
situata nel convento di Sant’Agostino.
PERCORSO STORICO
La storia della Marina Militare è costellata da grandi e piccoli atti di eroismo che fanno parte
del patrimonio di valori della Forza Armata. Il percorso storico che andiamo a visitare ripercorre
con immagini, modellini di navi, cimeli, la storia della Marina dalla sua fondazione ai giorni nostri:
I primi sommergibili – I primi sommergibili videro la luce verso la fine dell’800. Il primo
sottomarino italiano può essere considerato il Delfino, impostato nei cantieri di La Spezia nel 1890,
sottoposto a lavori di riammodernamento nel 1902. Partecipò alla prima guerra mondiale insieme ad
altri sommergibili costruiti a Venezia. Potevano considerarsi sperimentali. Erano a benzina e
avevano frequenti avarie ai motori.
I sommergibili italiani in Atlantico (giugno 1940 – settembre 1943) – La battaglia in Atlantico
fu una delle più dure della seconda guerra mondiale. I sommergili italiani, che operavano dal porto
francese di Bordeaux, subirono molte perdite. Infatti dei 32 sommergibili operanti 16 andarono
perduti di cui 5 senza lasciare traccia. Nel corso delle missioni in Atlantico furono affondati 108
navi mercantili.
Il salvataggio dell’Esercito Serbo (dicembre 1915-febbraio 1916) – Imponente azione di
salvataggio attuata dalla Marina Italiana per rifornire le truppe serbe, per soccorrere i profughi e
portare in salvo un gran numero di soldati.
Il sommergibile Scirè – Varato il 6 gennaio 1938 trasformato per l’imbarco dei “maiali” violò per
quattro volte la base di Gibilterra portando a buon fine l’azione di Alessandria d’Egitto contro le
corazzate Valiant e Queen Elisabeth.
La battaglia aeronavale di “Mezzo Giugno” (12/16 giugno 1942) – Battaglia contro le navi
inglesi che tentavano di rifornire Malta. Furono affondati 5 caccia inglesi, 5 mercantili e 1
dragamine. L’Italia perse 1 incrociatore pesante ed ebbe danneggiati 1 corazzata e 1 caccia.
La beffa di Buccari (10/11-2-1918) – incursione con i Mas, , nelle difese costiere austriache.
All’impresa partecipò Gabriele d’Annunzio.
Affondamento della “Viribus Unitis (1/11/1918) –L’impresa viene portata a compimento nel
porto di Pola da Rossetti Ufficiale GN e da Paolucci Ufficiale Medico a bordo di un Mas.
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L’attacco a Suda (26 marzo 1941) – Affondamento di 20.000 tonnellate di naviglio tra cui un
incrociatore da parte dei Mas.
L’attacco ad Alessandria (18/19 dicembre 1941) – Forzamento della base di Alessandria e
danneggiamento delle corazzate Valiant e Queen Elisabeth da parte di S.L.C trasportati da Durante
de la Penne e altri 5 graduati.
L’azione della torpediniera Lupo nelle acque di Creta (21/5/1941) – trasporto di truppe tedesche
nell’isola di Creta da parte di Nave Lupo.
Le motozattere italiane – servirono per trasportare uomini e mezzi in Africa e per evacuare
Tobruk.
Nascita della Regia Marina – Nasce ufficialmente il 17 marzo 1861 dalla fusione della Marina
Sarda, Borbonica, toscana, siciliana e pontificia.
Una missione in Atlantico del Cappellini (28/9/1940-5/11/1940) – Alla guida del Comandante
Todaro affondò un piroscafo e trasse in salvo i naufraghi trasportandoli con il suo sommergibile.
MARINA MILITARE OGGI
La Marina Militare è articolata su tre macro aeree: centrale, intermedia e periferica.
L’area centrale, nella quale rientra quella nella quale attualmente ci troviamo, è alle dirette
dipendenze del Capo di Stato Maggiore ed è composta dallo Stato Maggiore della Marina, dagli
Uffici Centrali, dagli Ispettorati (Scuole, Sanità e Fari) e dal Comando in Capo della Squadra
Navale dal quale dipendono tutti i Comandi Navali.
Dell’area intermedia fanno parte i Maridipart e CMMMA cui è demandata l’organizzazione
territoriale con compiti operativi, tecnici e di supporto.
Dell’organizzazione periferica fanno parte le basi principali di La Spezia, Taranto e Augusta,
le basi minori secondarie e gli Istituti di Formazione.
E’ in atto da qualche anno, anche a causa della situazione finanziaria del Paese un processo di
razionalizzazione delle risorse, sia umane che materiali, che non inficia, comunque, la consueta
valenza operativa della Forza Armata.
Consistenza attuale della F.A. (situazione anno 2012)
- personale militare in servizio circa 32.000 (escluso il Corpo delle Capitanerie di Porto che conta
una forza di 11.000 militari), di cui circa la metà alle dipendenze del Comando in Capo della
Squadra Navale;
- personale civile circa 10.200 unità;
- personale femminile: attualmente prossimo alle 1.300 unità (4% sul totale di 32.000 militari).
Nell’attuale situazione finanziaria che prevede anche per le Forze Armate sostanziali tagli di
bilancio, la Marina Militare continua a svolgere con la consueta determinazione i compiti che la
riguardano che la vedono coinvolta oltre che in campo nazionale con l’addestramento e le
esercitazioni, nei numerosi scenari internazionali, per garantire la sicurezza del mare e dal mare.
Tra le attività per le quali è attualmente impegnata la Marina ricordiamo: la protezione dei
mercantili nazionali in transito nel Golfo di Aden e nell’Oceano Indiano per la difesa contro la
pirateria; l’aiuto alle forze afghane con gli uomini del Battaglione San Marco, la consueta attività
di vigilanza pesca, il contrasto all’immigrazione clandestina, il soccorso alle popolazioni colpite da
calamità naturali, ecc. che si aggiungono alle numerose attività consolidate derivanti dagli impegni
internazionali (Libano, Sinai, ecc.).
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L’attuale momento storico è caratterizzato da scenari in continuo e profondo cambiamento.
Infatti basta guardare le cartine geografiche per rilevare che terre molto vicine a noi sono alle prese
con sostanziali cambiamenti socio-politici dagli esiti imprevedibili che comunque finiscono per
interessare l’Italia in quanto baricentro dell’intera area mediterranea. A queste turbolenze si
aggiungono una serie di fenomeni ormai endemici che riguardano direttamente e indirettamente la
sicurezza nazionale: immigrazione clandestina, traffici illegali, terrorismo, pirateria ecc.
Se aggiungiamo a questo contesto eventi quali i continui cambiamenti climatici, la lotta per
assicurarsi le risorse naturali e infime la recessione che da alcuni anni colpisce le economie
occidentali, ci troviamo di fronte a elementi che destabilizzano il globo e minacciano la sicurezza
globale.
STEMMA DELLA MARINA MILITARE
Lo stemma della Marina Militare è stato ideato nel 1939 dall’Ammiraglio e Sottosegretario di
Stato per la Marina Domenico CAVAGNARI.
Lo stemma è composto da uno scudo diviso in quattro parti, ognuno dei quali occupato dal
blasone di una Repubblica marinara ( Amalfi, Genova, Pisa e Venezia):
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nel primo quarto, su fondo rosso, Venezia con il leone alato simbolo di San Marco che
brandisce una spada;
nel secondo quarto la croce rossa su fondo bianco di Genova;
nel terzo quarto la croce bianca su fondo blu di Amalfi;
nell’ultimo quarto la croce bianca su fondo rosso simbolo di Pisa,
il tutto sormontato da una corona turrita e “rostrata” che deriva dall’emblema che il Senato Romano
conferiva ai Comandanti vincitori di battaglie navali.
FESTA DELLA MARINA
La festa della Marina è stata istituita il 13 marzo 1939: il giorno in cui celebrare tale ricorrenza, il
10 giugno, fu scelto in ricordo dell’impresa di Premuda, nella quale il Comandante Luigi Rizzo con
due MAS affondò la corazzata austriaca Szent Istvan (Santo Stefano).
PREGHIERA DEL MARINAIO
Nella tradizione della Marina Militare la preghiera del marinaio è il testo che viene letto a bordo
delle navi: in navigazione, prima dell’ammaina bandiera e al termine della celebrazione delle
S.Messe: la preghiera viene letta dall’Ufficiale più giovane presente a bordo.
Il testo della Preghiera del Marinaio fu composto dallo scrittore Antonio Fogazzaro nel 1901 e
venne recitato per la prima volta a bordo della Regia Nave Giuseppe Garibaldi.
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