INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE INDUSTRIA Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che: la Riello s.p.a. con sede principale a Legnano (Verona), è divenuta nel corso degli anni leader europeo nel mercato dei bruciatori e nel 1992 ha aperto uno stabilimento a Morbegno, usufruendo degli incentivi della cosiddetta «legge Valtellina» (ha consentito di coniugare i benefici della legge Valtellina con sgravi contributivi della mobilità, la crisi del '92 aveva chiuso aziende storiche e molti lavoratori licenziati erano in mobilità, Riello ha potuto assumerli coniugando il doppio beneficio). Nel 1992, al momento dell'insediamento a Morbegno l'azienda aveva assunto rilevanti impegni di sviluppo nei confronti del territorio, il quale aveva consentito, attraverso le istituzioni locali, la messa a disposizione del miglior lotto dell'area a prezzo fortemente calmierato; nel 2000 erano impiegati nella sede di Morbegno 321 tra lavoratrici e lavoratori con contratto a tempo indeterminato e 115 a tempo determinato; nel corso degli anni successivi, a seguito dell'apertura di stabilimenti in Polonia e Iran, parte della produzione italiana è stata ridotta con conseguenti drastici tagli di personale che hanno toccato vari siti produttivi del nostro Paese; attualmente il numero di lavoratori impiegati presso la Riello di Morbegno è di 242, di cui 57 donne, i quali, in accordo con le organizzazioni sindacali, hanno sempre risposto positivamente alle richieste di flessibilità riguardo alle metodologie a gli orari di lavoro, alle turnazioni, al lavoro stagionale; da parte sua, l'azienda aveva sempre mostrato pieno apprezzamento per la produttività dello stabilimento - che produce circa il 30 per cento del mercato italiano delle caldaiette murali della Riello e rappresenta la principale azienda metalmeccanica della Valtellina, zona con un tasso industriale tra i più bassi della Lombardia - e per il territorio che lo ospita; per l'agosto 2012 l'azienda ha previsto l'inizio della produzione di caldaie in Polonia e ha annunciato che l'Iran, uno dei maggiori paesi clienti, comincerà a produrre direttamente gli scambiatori di calore, facendo così venire meno la residua «mission» della sede di Morbegno, già duramente segnata dalla mancanza di investimenti e supportata solo da interventi di basso profilo, che non ne hanno comunque intaccato la produttività, (produttività più alta del gruppo come si può evincere dagli indici del premio di risultato rispetto agli obbiettivi dell'azienda, dal confronto con gli altri siti e da dichiarazioni aziendali ai tavoli di trattativa); la Riello ha recentemente comunicato l'intenzione di tagliare l'intero reparto di produzione di caldaie, ponendo in esubero 178 dei 242 dipendenti dello stabilimento, e di lasciare operativo esclusivamente il settore di produzione di scambiatori, che impiega 64 persone; la decisione annunciata dall'azienda ha provocato l'immediato stato di agitazione dei dipendenti e le risentite, e a parere degli interroganti giustificate, proteste dei sindacati e delle istituzioni locali, confermate dal progetto presentato nella giornata del 20 giugno 2012 definito insufficiente, non per nulla convincente dal punto di vista industriale, incomprensibile visto il riconoscimento dell'ottimo lavoro svolto sin qui nella sede lombarda; l'azienda - che nel corso degli anni ha beneficiato di consistenti misure agevolative e di un supporto pressoché totale da parte della società civile e delle istituzioni del territorio - sta approfittando della situazione di crisi del mercato per espandersi verso paesi dove il costo del lavoro è più basso; in un contesto come quello lombardo, segnato dal susseguirsi continuo di crisi e chiusure aziendali e condizionato dalla grave congiuntura recessiva che ha colpito il nostro Paese, la decisione della Riello rappresenta un altro durissimo colpo all'economia del territorio valtellinese, dopo che la stessa nel 2008 ha chiuso il reparto produttivo di Lecco, con la perdita di lavoro di 144 lavoratori. Ancora oggi 42 lavoratori sono in attesa di ricollocazione e 35 lavoratori sono pendolari dal lecchese alla Valtellina e ora di nuovo in esubero; ci furono in quel contesto, al Ministero, rassicurazioni per l'unità produttiva di Morbegno, ora a fronte di una grave crisi che colpisce l'insieme delle strutture aziendali della valle, la situazione si presenta in tutta la sua gravità: sono oltre 500 i lavoratori a rischio a fronte di 1500 posti di lavoro nell'area industriale citata; alto è l'utilizzo della cassa integrazione e le 178 persone in esubero (fra queste almeno 30 coppie), ora senza prospettiva, invocano, assieme alle proprie famiglie e alla comunità, un intervento che impedisca un drastico stravolgimento della loro vita professionale e personale -: quali iniziative intenda adottare per convocare con la massima urgenza un tavolo di confronto tra l'azienda Riello s.p.a., le organizzazioni sindacali e le istituzioni locali, al fine di trovare una soluzione che impedisca la perdita del posto lavoro delle 178 persone menzionate in premessa e per garantire la prosecuzione dell'attività della più importante realtà produttiva metalmeccanica della Valtellina; se non intenda adoperarsi per favorire un rilancio concreto dell'economia italiana attraverso un piano industriale per l'innovazione, anche mediante l'introduzione di tecnologie di valore aggiunto legate alla green economy, sfruttando le opportunità fornite a tal riguardo dal cosiddetto «decreto sviluppo»; se non intenda chiarire lo spirito del comunicato del Ministero dello sviluppo economico del 30 settembre 2011 che annuncia l'entrata di Ettore Riello nel gruppo di lavoro «made in Italy» di emanazione del Ministero dello sviluppo economico posto che le finalità di detto gruppo (ogni intervento possibile per definire la priorità del sistema Italia nella sfida globale; coordinamento per affrontare le sfide internazionali ed accrescere la competitività delle nostre imprese che tentano di raggiungere i mercati esteri; le opportunità e le speranze della ripresa economica risiedono nell'export) appaiono agli interroganti in contraddizione con le intenzioni manifestate dall'azienda di delocalizzare la produzione. RUSCONI, BODEGA