Il sequenziamento del più antico genoma umano

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Il sequenziamento del più antico genoma umano
Il sequenziamento del DNA di alcune ossa fossili del femore risalenti a circa
400.000 anni fa (epoca Pleistocene medio), trovate nella grotta di Sima de los
Huesos in Atuaperca (Spagna) costituisce una delle scoperte
paleoantropologiche più interessanti del 2014 per almeno tre ragioni:
1) si tratta del sequenziamento del reperto di ominine con la datazione a
tutt’oggi più antica
2) la tecnica adottata è innovativa: introdotta di recente (Dabney et al., 2013)
è molto sofisticata ma più affidabile e meno soggetta a errori, in particolare a
quelli dovuti a contaminazione con altro DNA
3) i risultati preliminari, ottenuti dal confronto tra la sequenza del fossile di los
Huesos (LS) e quella di altri fossili ominini (e tra questi anche – fossili e non di Homo Sapiens) rivelano affinità filogenetiche inattese che potrebbero
imporre una revisione di alcuni tratti del percorso evolutivo della nostra
specie.
Trascurando particolari tecnici difficilmente comprensibili in una sintesi
destinata al non specialista, ci si sofferma soltanto sull’ultimo punto: l’analisi
dei risultati. Ai quali tuttavia occorre premettere una indicazione terminologica
e una considerazione di metodo. La prima riguarda la posizione dell’uomo
nella natura. In estrema sintesi, l’uomo appartiene tradizionalmente all’ordine
dei primati, in particolare alla superfamiglia ominoidei che comprende tre
famiglie: ominidi che include l’uomo (genere Homo) e i predecessori; pongidi
che include lo scimpanzé (Pan) e il gorilla (Gorilla) diffusi nell’Africa
equatoriale e l’orangutan (Pongo) diffuso nel Borneo e a Sumatra; ilobatidi
(gibboni) diffusi nel sud-est asiatico. I dati moderni della biologia molecolare,
che documentano un elevato grado di affinità del DNA dell’uomo con quello di
scimpanzé e gorilla, hanno suggerito un altro tipo di classificazione, secondo
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cui la famiglia degli ominidi comprende la sottofamiglia dell’uomo (ominine) e
dello scimpanzé (panine) ed è raggruppata insieme alla famiglia degli ilobatici
(gibboni) e dei pongidi (orangutan) nella superfamiglia degli ominoidi.
La considerazione metodologica ha due aspetti che vanno tenuti presente. Il
primo è quello del campionamento geografico dei reperti, spesso casuale e
distribuito in modo non omogeneo: la ricerca ed il ritrovamento del materiale
fossile seguono criteri non chiari, talvolta guidati da interessi extra-scientifici.
Il secondo aspetto riguarda il DNA antico di cui si ottiene la sequenza:
occorre distinguere il DNA nucleare, ovvero contenuto nei cromosomi del
nucleo di ogni cellula dell’organismo, da quello mitocondriale, ovvero
contenuto nei mitocondri, organelli situati in gran numero nel citoplasma delle
cellule di tutti gli ominidi, la cui importantissima funzione è quella di fornire
loro energia dagli zuccheri e da altre molecole degli alimenti. Le sequenze di
DNA nucleare e mitocondriale sono diverse: la prima è composta, nella
nostra specie, da 3,5 miliardi di elementi (nucleotidi), la seconda da 16,569.
Tuttavia la differenza più rilevante in termini evolutivi è che il DNA nucleare si
trasmette secondo le consuete regole mendeliane, mentre il DNA
mitocondriale si trasmette esclusivamente per via femminile matrilineare: in
altre parole, una determinata costellazione di nucleotidi del DNA
mitocondriale viene trasmessa di generazione in generazione dalla madre ai
discendenti di entrambi i sessi, ma soltanto le figlie la trasmettono a loro
volta, mentre i maschi la ricevono dalle sole madri e, in mancanza di sorelle
quella costellazione si estingue con loro, cioè non manifesta “evoluzione”.
“A mitochondrial genome sequence of a hominin from Sima de los Huesos”
(Meyer, Fu, Aximu-Petri, & al., 2014) è il titolo della pubblicazione che riporta
i sorprendenti risultati ottenuti dal gruppo di ricercatori del Max Plank Institute
for Evolutionary Anthropology di Lipsia: guidati da Svante Pääbo, scienziato
che da anni occupa la scena internazionale con i suoi studi del DNA antico,
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hanno sequenziato e datato il DNA mitocondriale estratto dal femore di un
ominine e paragonato tale sequenza con quella di 54 individui viventi della
nostra specie viventi, di 9 individui della nostra specie antichi, di 7
Neandertal, di 24 scimpanzé e di 2 fossili Denisoviani (da Desinova, un sito
archeologico nell’omonima grotta nei monti Altaj in Siberia) il cui DNA
mitocondriale sembra identificare una forma “sorella” del Neandertal,
insediata nell’Eurasia orientale. Il risultato piuttosto sorprendente è che il
Dna mitocondriale del fossile di Sima de los Huesos (di insediamento
spagnolo) è simile più a quello dei fossili Denisoviani (di insediamento
orientale) che a quello dei fossili Neanderteliani (di insediamento europeo).
Per orizzontarsi in questo percorso evolutivo il cui modello sembra
approssimarsi più a un “network” che a una filogenesi rigidamente ad
“albero”, può essere utile riferirsi alla figura 1.
Figura 1. Da: Callaway, Ewan (5 December 2013). "Hominin DNA baffles experts". Nature (journal) 504: 16–
17. doi:10.1038/504016a. Retrieved 4 December 2013.
Prima che fosse sequenziato e datato il DNA mitocondriale del femore di
Sima de los Huesos, si riteneva che i fossili rinvenuti nel sito potessero
essere attribuiti sia a prime forme di Neandertal, sia all’Homo
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Heidelbergensis , una popolazione di ominini da cui probabilmente derivarono
i Neandertal in Europa e forse anche l’ Homo Sapiens (Stringer, 2012). Il
2014 non ha dato risposta a questo dubbio, e ha invece posto un’altra
domanda: come mai il DNA di un reperto trovato a Sima de los Huesos in
Spagna assomiglia maggiormente a quello di una popolazione – i Denisoviani
– vissuta a migliaia di chilometri di distanza in Siberia, invece che a quello dei
più vicini Neandertal? Secondo Svante Pääbo, i genomi nucleari di
Neandertal e Denisoviani suggerirebbero che le due specie (?) avessero un
antenato comune vissuto fino a 700,000 anni fa. Perché non supporre che gli
ominini di Sima los Huesos possano aver rappresentato una popolazione
eurasiatica dalla quale si sarebbero poi generati due gruppi: uno eurasiatico
occidentale e uno orientale ? Chris Stringer è di altro parere. Non lontano da
Sima los Huesos sono state scoperte ossa di ominini di circa 800,000 anni fa
che erano state attribuite a un ominine arcaico chiamato Homo antecessor
(vedi fig. 1), ritenuto discendente europeo dell’Homo erectus. Stringer
propone che l’Homo antecessor si sia accoppiato con individui di una
popolazione antenata sia dei Denisoviani, sia degli ominini di Sima de los
Huesos e che tale ibridazione possa spiegare la sequenza del DNA
mitocondriale dei reperti fossili di entrambe le popolazioni.
Ritengo molto improbabile che i dati attuali siano in grado di sciogliere dubbi
di tal genere e saggiare ipotesi alternative. Questo perché il genoma
mitocondriale racconta soltanto la parte femminile del nostro percorso
evolutivo: se una donna non genera una figlia, il profilo genomico
mitocondriale si estingue; quindi, per esempio, i Neandertal potrebbero avere
semplicemente perso tale profilo, mentre nelle donne di Denisova potrebbe
essere stato conservato. La sfida è dunque quella di estrarre il DNA di un
fossile antico 400,000 anni dal nucleo anziché dal mitocondrio. L’impresa è
più difficile perché la presenza di DNA nell’osso di DNA nucleare è irrisoria,
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ma l’auspicio è che nel 2015 lo stesso gruppo di brillanti ricercatori riesca a
raggiungere anche questo obiettivo.
Riferimenti bibliografici:
Dabney, J. e. (2013). Complete mitochondrial genome sequence of a middle Pleistocene cave bear
reconstructed from ultrashort DNA fragments. Proc. Natl. Acad. Sci. USA 110, 15758-15763.
Meyer, M., Fu, Q., Aximu-Petri, A., & al., e. (2014). A mtochondrial genome sequence of a hominin from
Sima de los Huesos. Nature 505, 403-406.
Stringer, C. (2012). The Status of Homo heidelbergensis. Evolutionary Anthropology 21, 101-107.
Alberto Piazza
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