La divisione nella chiesa universale, la divisione nella singola

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Romani 14, 13-18
25 marzo 2012 (s)
Romani 14: 13 Smettiamo dunque di giudicarci gli uni gli altri; decidetevi piuttosto a non porre
inciampo sulla via del fratello, né a essere per lui un'occasione di caduta. 14 Io so e sono persuaso
nel Signore Gesù che nulla è impuro in se stesso; però se uno pensa che una cosa è impura, per lui è
impura. 15 Ora, se a motivo di un cibo tuo fratello è turbato, tu non cammini più secondo amore.
Non perdere, con il tuo cibo, colui per il quale Cristo è morto! 16 Ciò che è bene per voi non sia
dunque oggetto di biasimo; 17 perché il regno di Dio non consiste in vivanda né in bevanda, ma è
giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo. 18 Poiché chi serve Cristo in questo, è gradito a Dio e
approvato dagli uomini.
La divisione nella chiesa universale, la divisione nella singola comunità
sono delle situazioni che storicamente, purtroppo, sono state non solo
riscontrate, ma anche documentate nella storia della chiesa.
C'è un vecchio libro1 di cui ogni tanto si parla ancora che mette in
evidenza come, ad esempio, il cattolicesimo ed il protestantesimo, nonostante
i baci ed abbracci ufficiali “erano e restano in rotta di collisione” per cui
l'ecumenismo che oggi ci viene presentato è solo “capitolazione e confusione
dottrinale, al di là della prudenza e della fede”.
La visione del suo autore, monsignor Gherardini, è sicuramente
interessante perchè mette in risalto la criticità dell'inefficace ecumenismo nel
suo desiderio di vedere prima di tutto quello che ci unisce, anzichè parlare di
quello che ci divide, o meglio, dico io, del non avere il coraggio di entrare nel
merito di un conflitto e delle regole umane da cui scaturisce.
L'autore conclude il volume con questa speranza: “sogno una chiesa non
più luterana e riformata, anglicana ed ortodossa; per assurdo una chiesa
neanche più cattolico-romana”, peccato che nella sua visione, però, a
1 Brunero Gherardini, 'Una sola fede una sola Chiesa. La Chiesa cattolica dinanzi all'ecumenismo', 2001,
Castelpetroso, Casa Mariana Editrice, pagine 336, non commerciabile.
Romani 14, 13-18
25 marzo 2012 (s)
convertirsi dovranno essere solo gli altri!
Ho portato questo esempio perchè neanche noi siamo indenni dalla
tentazione di vedere meglio i problemi in casa degli altri anziché in casa
nostra.
Il testo di Paolo ci porta a riflettere sulla liceità di mangiare o non
mangiare la carne dei sacrifici pagani e con questo ci mette dinnanzi un
gruppo di credenti “forti”, che mai si sognerebbe di mangiarla, ed uno di
“deboli”, che lo fa, ma nessuno di essi sembra essersi preso la responsabilità
di valutare queste diverse libertà, per cui quella della carne dei sacrifici come
tante altre vicende sono divenute oggetto di divisione nelle chiese.
L'apostolo Paolo di fronte a queste posizioni che si manifestano nella
vita della chiesa,
spesso con la scusa di una ortodossia di fede da
salvaguardare, ci fa domandare se la differenza di vedute, talora anche visioni
opposte come nel caso che abbiamo letto, nel testo possono avere spazio
all'interno della comunità.
L'unità di una chiesa non è una questione di facciata o di relazioni
sociali che devono mostrare concordia, ma l'unità in una chiesa esiste perchè
si è consapevoli che la legge è stata data per mezzo di Mosè; ma la grazia e
la verità sono venute per mezzo di Cristo Gesù (Giov. 1, 17).
Gesù Cristo è dunque colui che ci ha portato un nuovo schema di
relazione che è anche uno stile di vita: l'Evangelo della libertà!
Romani 14, 13-18
25 marzo 2012 (s)
Nel parlarci di questa libertà e per sdoganarci dalle nostre regole
umane, che spesso vengono invocate per garantire una presunta ortodossia,
Paolo non solo ci ricorda che “nulla è impuro in se stesso”, ma utilizza esempi
molto concreti per sottolineare che il cibo e la bevanda che vengono tanto
strenuamente difesi dai “forti” non sono il Regno di Dio.
La proposta di Dio non è dunque quella di farci seguire regole ferree
della religione ma di affidarci alla promessa di una vita nuova che si fonda su
giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo.
La libertà messa a confronto con il legalismo, parole come “giustizia,
pace e gioia” che già forniscono il senso di libertà che vengono ulteriormente
rafforzato dal loro dove, cioè dal luogo nel quale si esprimono, ovvero nello
Spirito Santo.
Proprio nello Spirito Santo è il modo più evidente con il quale Dio, oggi,
manifesta la sua libertà di azione e nella quale coinvolge anche per il credente
tanto da fare dire a Gesù: (Giovanni 3:8) Il vento soffia dove vuole, e tu ne
odi il rumore, ma non sai né da dove viene né dove va; così è di chiunque è
nato dallo Spirito».
Queste parole, o meglio i concetti che troviamo in questi passi sono il
punto centrale della teologia paolina, prima, e di quella riformata, dopo,
perchè ruotano sui principi della libertà del credente, del servizio a cui è
chiamato e dell'amore di Dio che è entrato nella sua vita.
La croce di Cristo dunque non solo segna il tempo di un'epoca che
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25 marzo 2012 (s)
cambia, ma è anche il terremoto della mia vita, è la vocazione a cui devo
rispondere e che mi fa comprendere la mia libertà non come possibilità di fare
quello che mi pare, seguendo lo sfizio del momento, quanto piuttosto godere
della mia libertà di coscienza, con tutta la ressponsabilità che ci sta dietro.
La chiamata a libertà nell'Evangelo è responsabilità verso il mondo ed il
servizio verso l'altro, è invito al rispetto, è scegliere se essere mangiatore di
carne o vegetariano, ma non è certo ho il diritto a giudicare secondo una legge
umana non è cercare rassicurazione nelle istituzioni religiose (chiesa
apparato, fondamentalismo, integralismo, ecc.) a discapito di Dio sino al
punto, per citare Barth2 che sembrerebbe raccomandabile la possibilità di
tornare a gettarci nelle braccia materne della Chiesa cattolica, riconoscendo
che siamo andati troppo lontano!
La libertà che abbiamo trovato in Cristo ci impedisce di cadere in questo
genere di tentazioni e ci fa impedire di giudicarci gli uni gli altri perchè
sappiamo bene che il regno di Dio non passa per il legalismo del cibo e della
bevanda, ma si afferma attraverso giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo.
2 BARTH Karl, in L’Epistola ai Romani, Feltrinelli, 2002, p. 500
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