Bonanni lascia...Arriva la Furlan

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Bonanni lascia...Arriva la Furlan
Il 24 settembre 2014 rappresenta senza dubbio una
data storica per tutti coloro che si sentono parte attiva della nostra Confederazione: Raffaele Bonanni,
dal 2006 Segretario Generale Cisl , annuncia le sue
dimissioni con 6 mesi di anticipo rispetto alla fine del
suo mandato (Giugno 2015).
Coloro che osservano con sguardo attento le vicende
sindacali concordano sul fatto che la decisione di Bonanni non sia l’atto finale di una valutazione improvvisa, legata alle contingenze del dibattito politico.
Si tratta piuttosto di una scelta che, se da una parte è
in linea con la riorganizzazione che tutte le strutture
Cisl hanno subito in questi anni, dall’altra affonda le
sue origini in una profonda riflessione di carattere
personale, una riflessione ponderata e, in un certo
senso annunciata.
Durante il Consiglio Generale Confederale riunitosi a
Roma il 24 giugno di quest’anno, la nomina di An-
namaria Furlan a Segretario Generale Aggiunto tracciava in maniera evidente l’inizio di un nuovo corso,
necessario soprattutto in relazione ad un momento
sociale in cui il confronto tra le sigle sindacali ed il
potere politico è ai minimi storici.
Come Bonanni stesso ha dichiarato in un’intervista
rilasciata in questi giorni: “Sento l’esigenza di dare
forma, oltre che sostanza , al cambiamento. Con la
scelta di Annamaria Furlan diamo un segno di discontinuità nella gestione organizzativa, pur nella
continuità della cultura sindacale Cisl. Con lei ho
condiviso molte battaglie e ci lega, oltre all’amicizia,
una visione consonante sui valori che devono guidare
l’azione sindacale. Peraltro, oggi, indicare una donna è una scelta cha ha un valore aggiunto”.
Valentina Pascali
Bonanni ed il suo impegno
sindacale.
Raffaele Bonanni, nato nel 1949, abruzzese di Bomba,
é al terzo mandato alla guida della Cisl. Nel 1981 diventa Segretario Generale della Cisl di Palermo e nel
1989 viene eletto Segretario Generale della Cisl siciliana.
Nel 1991 è chiamato a guidare la Filca, la categoria
dei lavoratori dell’edilizia della Cisl, e nel 1998 entra
nella segreteria confederale, quando alla guida c’era
Sergio D’Antoni.
E’ stato riconfermato segretario confederale nei congressi della Cisl del maggio 2001 e del luglio 2005.
E’ stato eletto segretario generale della Cisl il 27 aprile
2006. Consigliere del Cnel (Consiglio Nazionale
dell’Economia e del Lavoro) dal 7 luglio 2006 (VIII
Consiliatura), è stato riconfermato nella attuale, IX
(2010-2015).
Annamaria Furlan
una vita tra i lavoratori
Cinquantasei anni, genovese, Annamaria Furlan ha iniziato la sua attività sindacale nel 1980 come delegata del
Silulap, la categoria Cisl dei lavoratori postali di cui poi
è divenuta segretaria provinciale e regionale. Successivamente Furlan ha guidato la Cisl di Genova e la Cisl
regionale della Liguria.
Dal 2002 è segretario confederale della Cisl dove si occupa del settore terziario e servizi, che comprende commercio, turismo, banche, assicurazioni, telecomunicazioni, spettacolo, editoria, trasporti, poste, authority,
politiche agroalimentari ed energetiche.
“Oggi per contrastare il declino del paese e la sfiducia
dei cittadini – ha affermato Furlan in un suo recente intervento – abbiamo bisogno di tornare tra i lavoratori e
i pensionati e proporre il nostro modello sociale e sindacale, interpretando i bisogni e le speranze delle persone
che rappresentiamo”.
Valentina Pascali
LICENZIATI PER TROPPE MALATTIE?
Una sentenza che, più che discutere, dovrebbe far riflettere
Molto clamore ha suscitato la recente sentenza della
Corte di Cassazione relativa alla conferma del licenziamento di un dipendente per “malattie reiterate e
sistematiche, costantemente agganciate ai giorni di
riposo del lavoratore” . Provo quindi ad analizzare
esattamente il contesto e il merito della sentenza sia
per fare chiarezza che per condividere le mie considerazioni.
Anzitutto il merito: la vicenda di un dipendente che
di continuo (fino a 520 ore annue di malattia che sono
circa tre mesi di giorni lavorativi per un full time) dichiarava quello che i giuristi del lavoro definiscono
“uno stato patologico tale da determinare una condizione di incapacità al lavoro specifico svolto da
quel lavoratore”. Questo elemento, la condizione di
incapacità, è il primo fattore che dovremo tenere a
mente.
Ed infatti la Suprema Corte non ha sanzionato la “veridicità o meno” dello stato di malattia perché non è
suo compito: per quello ci sono i medici. Anzi, i giudici hanno confermato lo stato di “incolpevolezza”
del lavoratore, cioè hanno chiarito che non si trattava
di valutare se la malattia fosse finta o meno. Quanto
piuttosto, e confermando le sentenze dei giudici di
primo e secondo grado, che tali assenze erano così
numerose ma frammentate in modo da essere sempre
agganciate a giorni di riposo o libertà e per turni serali
o scomodi che, al di là della fondatezza che il dipendente medesimo fosse malato, ciò che si veniva producendo era una condizione di “scarso rendimento
che rendeva la prestazione non più utile per il datore
di lavoro, incidendo negativamente sulla produzione
aziendale”.
In sostanza la Cassazione applica per la prima volta un
principio che supera il dettato letterale dell’art.2110
del codice civile che prevede l’impossibilità del licenziamento se non si sia superato il periodo di comporto, quel limite fino al quale il lavoratore ha diritto
alla conservazione del posto e che, ricordiamo, nel
caso del CCNL TLC è pari a 365 giorni (di cui 180
indennizzati al 100% e i restanti al 50%) per un periodo di osservazione dei tre anni precedenti rispetto
all’ultimo giorno di malattia.
Nella sensibilità dei giudici quindi vanno contemperate due esigenze: quella del lavoratore a potersi curare astenendosi dalla prestazione quando non sta bene,
ma anche quella delle aziende di non avere un pregiudizio insostenibile dalla mancanza di prestazione.
Questa interpretazione nuova si inserisce, a mio avviso, in un più ampio scenario di revisione dei “diritti
acquisiti” o presunti tali che dovranno essere sempre
più coniugati con le mutate e continuamente nuove
esigenze di produttività del sistema italiano.
Quindi, nel bene e nel male, saremo chiamati tutti
(lavoratori, sindacati, aziende) in un prossimo futuro
a confrontarci con una serie di sfide e di innovazioni,
anche legislative, che richiederanno un approccio intelligente e innovativo. In una parola: riformista.
Salvatore Castrignanò
Un break di 17 minuti ogni 52 di lavoro:
La ricetta giusta per la produttività
Una pausa di 17 minuti ogni 52 di lavoro.
È questa, secondo la società lettone Draugiem Group,
la giusta combinazione che garantirebbe una buona
produttività consentendo di rendere al massimo nello
svolgimento della propria attività lavorativa. La ricerca è stata condotta su alcuni dipendenti adoperando il software DeskTime.
Impostando un apposito cookie, è stato possibile classificare l’attività del dipendente come “produttiva” o
“non produttiva”, e da quanto osservato è emerso che
il 10% dei dipendenti più produttivi e creativi effettuano pause regolari.
Ma i più produttivi in assoluto sono coloro che
fanno uno stop della durata di 17 minuti ogni 52
di lavoro. Una tale alternanza di tempi consentirebbe, infatti, di essere pienamente concentrati su
ciò che si sta svolgendo in ambito lavorativo.
Le pause qui trattate sono da intendersi come stop effettivi, non come “giri” su Facebook o chiacchierate
di lavoro con colleghi.
Secondo i ricercatori sono ammesse le chiacchiere con
i colleghi, purché non trattino di argomenti di lavoro,
così come risultano consentite le piccole passeggiate a piedi e la lettura di qualche pagina di un libro.
Appare pressoché evidente che non tutte le attività
lavorative consentono simili tempi di pausa e ripresa,
ma secondo i ricercatori lettoni è fondamentale effettuare regolari break durante il giorno, dal momento
che non è possibile garantire una concentrazione uniforme durante l’intera giornata lavorativa.
Fistel Informa, mensile
a diffusione elettronica
Anno II, Numero 10
Direzione e supervisione:
Salvatore Castrignanò
Coordinamento
Valentina Pascali
Redazione :
Francesca De Simone, Valentina Perrone, Daniela
D’Aprile, Giampiero Rizzo, Francesca Viceconte.
Valentina Perrone
COLLABORA ANCHE TU !!
[email protected]
La Riforma dell’Articolo 18: Tra Incubo e Realtà.
L’emendamento alla legge delega
sulla riforma del mercato del lavoro è vago, come a quanto pare
solo le leggi delega nella loro generalità sanno essere.
Si può notare facilmente come
esso non citi espressamente l’art.
18 ma, in sostanza, proprio con
esso il governo avrà il mandato di
riformare il contratto a tempo indeterminato, che per ogni nuovo
assunto diventerà il “contratto a
tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di
servizio”.
Contrariamente all’apprendistato, il
contratto unico sarebbe applicabile
a tutti, non soltanto agli under 30,
quindi facilita in teoria l’ingresso
delle donne dopo il periodo di maternità e il reintegro di lavoratori
più anziani. E non prevede riduzioni dei contributi previdenziali,
come avviene per l’apprendistato.
Il periodo di inserimento assorbe
anche il periodo di prova. Oggi,
durante il periodo di prova (che
può durare fino a sei mesi), si può
essere licenziati senza preavviso e
senza alcun indennizzo. In caso di
interruzione involontaria del rapporto di lavoro il contratto unico
prevede un indennizzo monetario
fin da subito.
Il contratto a tutele crescenti prevede quindi due fasi: l’inserimento
e la stabilità.
La prima dura per i primi tre anni
di contratto. Nel periodo di inserimento, il lavoratore viene tutelato
dall’articolo 18 dello Statuto dei
lavoratori per quanto riguarda il
licenziamento disciplinare e discriminatorio, ma soltanto dalla
protezione indennitaria (che gli
riconoscerebbe da due a sei mesi
di salario, e non la reintegrazione nell’azienda) nel caso di licenziamento economico. Alla fine del terzo anno, la tutela
reale, cioè il reintegro nel caso di
licenziamento, viene estesa anche
al licenziamento economico se il
lavoratore è assunto in un’impresa
con più di quindici addetti. A questo punto per l’azienda, che
ha già investito molto nel capitale
umano del lavoratore, sarebbe comunque molto costoso interrompere il rapporto di lavoro.
Facendo un breve excursus si rileva come l’Italia partiva da una
protezione molto elevata del posto
di lavoro negli anni ‘80, grazie
allo Statuto degli anni ‘70 e le
leggi sul licenziamento individuale e collettivo; nel 1997, grazie
alla c.d. legge Treu, conosciuta
anche come “pacchetto Treu” che
istituiva l’apprendistato, il lavoro interinale, il part-time ecc., la
protezione diminuisce.
Nel 1999 con la legge c.d. Bassanini, che rende più flessibile il lavoro
dei dipendenti pubblici la protezione diminuisce ulteriormente ed
arriva al livello attuale con la legge
c.d. Biagi. Il risultato è che siamo
diventati il Paese con il lavoro più
flessibile e variegato.
Inutile sottolineare come tutte le
riforme adottate negli anni a nulla
sono servite nemmeno ad intravedere da lontano quel milione di
posti di lavoro promessi da qualcuno.
E allora, mi domando, perché ci
si ostina a pensare che l’ostacolo
alla crescita ed alle assunzioni in
Italia sia costituito dalle tutele introdotte dall’ Art. 18 e non prendere invece coscienza del fatto che
a penalizzare il nostro Paese sia
esclusivamente la circostanza che
le imprese non investono nel nostro Paese per l’alta tassazione, per
l’assenza di adeguate infrastrutture
e per l’elevata burocrazia?
Francesca De Simone
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Musica d’ Autore:
Intervista ad Alfonso Girardo
Violinista, compositore, arrangiatore e anche direttore
d’orchestra. Non si ferma Alfonso Girardo, classe
1978, bambino prodigio che già a 2 anni e mezzo
suonava il pianoforte, senza nemmeno saper leggere
uno spartito.
Si racconta per noi!
Partiamo dalle tue origini artistiche, quando hai
iniziato a interessarti alla musica?
La musica nasce praticamente con me. La mia prima
esperienza musicale risale a quando, all’età di 2 anni,
i miei genitori mi regalarono una di quelle tastiere
‘bontempi’ tanto in voga negli anni ’70.
Ero ammaliato da quello strumento, ‘buttavo’ letteralmente le mani sulla tastiera e contemporaneamente la studiavo, la analizzavo, cercavo soluzioni a
me piacevoli.
Ho imparato da solo a suonare quello strumento, utilizzando entrambe le mani, con un accompagnamento
molto rudimentale, in poco più di un anno. Erano le
sigle televisive ad attrarre la mia attenzione e uno dei
primi brani che ho eseguito del repertorio classico è
stato il celeberrimo Rondò alla Turca dalla Sonata n°
11 in La maggiore di W.A. Mozart.
Ovviamente tutto ciò che suonavo all’epoca era senza
spartito, mi guidava il mio orecchio, che, all’inizio
degli studi musicali, ho scoperto essere assoluto.
I miei genitori all’epoca mi portarono subito da alcuni maestri per imparare il pianoforte e da altri per
conoscere la musica, la ritmica e l’armonia.
Dopo un fortuito incontro con Uto Ughi, ho iniziato
ad interessarmi al violino, strumento fantastico, che
ho poi studiato in conservatorio fino al raggiungimento del diploma con il massimo dei voti. Comunque
il primo amore non si scorda mai! Il pianoforte ha accompagnato tutta la mia vita e l’ho sempre suonato
cercando di sviluppare anche un mio linguaggio armonico ed improvvisato.
L’unico modo per esprimere il mio concetto di linguaggio personale, di improvvisazione era quello di avvicinarsi alla musica jazz, al mondo dell’improvvisazione,
ad un universo unico che avrebbe portato poi la mia
creatività al massimo della sua espressione.
Le origini non si dimenticano mai, sono la causa di
quello che si è adesso e, nonostante tanti viaggi per il
mondo a studiare il violino, a suonare nelle orchestre,
nei gruppi da camera, non potrei vivere un solo giorno della mia vita senza mettere le mani sulla tastiera
di un pianoforte.
Violinista, compositore, arrangiatore, direttore
d’orchestra. Com’è il lavoro da musicista?
Credo che per fare il musicista, come del resto tutti i
mestieri, ci debba essere una base sostanziale di passione travolgente.
Il lavoro del musicista è molto complicato: pieno di
ore di studio, incontri sociali, contatti con il pubblico,
viaggi e spostamenti di vario genere.
E’ proprio la passione che non ti fa stancare di essere
un musicista!
La fortuna di essere poi un musicista eclettico, di
saper spaziare dai generi colti a quelli popolari, mi
rende ancora più fortunato, poiché si è completamente immersi in una dimensione fatta di suoni. La
musica la si usa come medicina per guarire dai momenti non belli della vita, come espediente per andare avanti in una società non spesso limpida, come
comunicazione.
Personalmente utilizzo molto la musica per spiegarmi,
per esprimermi: lo faccio con il violino nei confronti
del mio pubblico e dei miei allievi, lo faccio quando
compongo o arrangio qualcosa, cercando di mettere
tutto ciò che di me si può esprimere in quella partitura, e lo faccio anche quando dirigo l’orchestra, interpretando e suonando l’orchestra innescando sempre
un rapporto assolutamente stretto tra me, la partitura
che sto dirigendo e i professori d’orchestra che guardano ed interpretano i miei gesti.
Raggiungere un proprio stile e una propria identità, quanto è importante per un musicista?
Credo sia di fondamentale importanza.
Certo, non si raggiungono subito un proprio stile ed
una propria identità: ci vuole tanto, ma veramente
tanto studio, tantissima passione, continua ricerca di
ciò che al tuo orecchio suona bene. La maturità musicale la si raggiunge con il tempo. D’altronde, anche
i grandi bambini prodigio del passato – mi vengono
in mente Mozart e Mendelssohn – pur avendo composto ed espresso il proprio linguaggio sin da piccoli, hanno comunque dato un’evoluzione alla propria produzione, cercando sempre quell’identità che
poi con il passare del tempo li ha contraddistinti in
qualche modo.
Ci vuole uno stile ed un’identità anche nel suonare: si
riconosce subito, all’ascolto, il violino di Itzak Perlman o di David Oistrak, il sassofono di Charlie Parker o di John Coltrane, il pianoforte di Horowitz. Tutti,
a loro modo, hanno elaborato un proprio linguaggio
comunicativo che li ha resi unici nel loro genere.
Raccontaci della tua esperienza da direttore dell’Orchestra Sinfonica “Tito Schipa”.
Ho diretto per la prima volta l’Orchestra Sinfonica
“Tito Schipa” lo scorso Aprile in una produzione, da
me arrangiata, dal titolo “Jazz Bistrot”.
Essere sul podio è stata per me un’esperienza quasi
metafisica!
Ho un forte legame affettivo con questa Istituzione.
Quando ero piccolo, mio padre, grande musicofilo,
mi portava ad ascoltare tutti i concerti della Stagione
Sinfonica e, nonostante ogni volta mi addormentassi,
pazientemente mi riportava la settimana successiva.
Sono nato e cresciuto ascoltando la musica che usciva da quei violini, da quegli ottoni, da quei legni e
ritrovarsi, dopo 30 anni, sul quel podio è stato per me
motivo di immenso orgoglio.
Il livello è altissimo, tutti i professori sono molto
preparati e questo ha reso la mia esperienza ancor
più forte!
Sono stato accolto benissimo da tutti i colleghi, miei
amici da tanti anni, dal Direttore Artistico, il M° Ivan
Fedele e da tutto lo staff dell’Orchestra.
So che il periodo che sta affrontando l’Istituzione è
molto precario e trovo assurda la perdita di una colonna portante per la nostra cultura.
Proprio nell’ultimo concerto che ho diretto, lo scorso 25 Luglio, ho precisato che un’orchestra che dà
lustro ad una città come Lecce, che esiste da quasi
quarant’anni, che è composta da persone splendide
e sempre dedite al loro lavoro, deve essere portata
avanti, ora e per tutte le future generazioni.
Il mio desiderio infatti è proprio quello di poter portare un giorno il mio piccolo figlioletto così come mio
padre faceva con me.
Io sono quello che sono ora anche grazie al contributo musicale di quest’Orchestra e sono e sarò sempre in prima linea per scongiurare qualsiasi tipo di
crisi.
La musica a Lecce non deve morire e l’Orchestra
deve essere il fondamento di questa cultura nella nostra città.
Spero tanto di ritornare di nuovo sul podio qui a
Lecce…..ne sarò sempre enormemente onorato!
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Beh, di progetti ce ne sono veramente tanti.
Adesso sto cercando di portare avanti le produzioni
che ho arrangiato ultimamente: Jazz Bistrot con Raffaele Casarano, una splendida collaborazione con il
Puglia Jazz Factory, una produzione dedicata interamente a Whitney Houston ed una a Frank Sinatra.
Sto facendo anche promozione per “Inside” il mio
Concerto per Serpentone e Orchestra che ha riscosso
tantissimo successo qui in Italia ed ha avuto degli ottimi feedback anche negli Stati Uniti.
Continuo sempre e comunque a dedicarmi ai miei allievi e cerco, in qualche modo, di trasmettere sia a
loro che all’intera comunità l’importanza della musica.
Insomma…..suono, insegno, compongo, arrangio e
dirigo……meglio di così non si può!
Valentina Pascali
LINUX vs WINDOWS
Ho cominciato ad usare Linux in ambiente universitario, quando le correnti dei “Linuxiani” erano fortemente presenti nei corridoi della facoltà e nei primi
esami di “Sistemi Operativi”, all’epoca (circa 10 anni
fa) sembrava completamente differente da Windows,
si faceva tutto da riga di comando e ogni funzione
richiedeva una conoscenza approfondita di ogni comando da digitare. Il tempo passato è poca cosa per
gli essere umani, ere geologiche per i computer e i
software, oggi Linux è un sistema operativo intuitivo,
facile e semplice da utilizzare da tutti.
Molti associano l’uso di un computer al diffuso e
strausato sistema Windows ma in realtà questo è
uno dei tanti sistemi operativi esistenti, e certamente
quello più vulnerabile e meno stabile, ora cercheremo
di capire le potenzialità del passaggio ad un sistema
“open source” come Linux o una sua distribuzione
dal blasonato Windows, analizzando i principali motivi che dovrebbero spingerci a passare a linux.
Linux è come Microsoft Windows un OS (operating
system: sistema operativo), ma è del tutto gratuito. Il
nome preciso è GNU/Linux ma “Linux” è usata più
spesso, le distribuzioni cambiano completamente
l’aspetto e il funzionamento di Linux. Ce ne sono
di grandi ed elaborate (sviluppate principalmente da
aziende), ma anche di leggere (spesso sviluppate da
volontari) che si adattano a una memoria USB, oppure a vecchi computer. Linux ha i suoi punti di forza
e di certo non sono da sottovalutare. Alcuni dei maggiori vantaggi sono:
Assenza di virus
Abbandonato Microsoft ci si lascia alle spalle tutti i
virus. Con Windows si è costretti a installare firewall,
antivirus, antispyware e chi più ne ha più ne metta.
A parte l’ovvia conseguenza che il computer diventava più lento, e nostro malgrado si può constatare
che questi rimedi hanno a volte delle falle. Linux non
è sicuro al 100%, ma quasi. Primo perché gli hacker
mirano a danneggiare le grandi multinazionali e non
progetti open source, e poi perché per ogni modifica
del sistema, su Linux ti verrà chiesta la password. I
tuoi dati e il tuo PC sono come te, preferiscono non
ammalarsi!
È veloce
Chi ha provato il Pinguino sul suo computer sa benissimo di cosa parliamo. La velocità di accensione e
di spegnimento sono a dir poco sorprendenti, così
come quella di esecuzione. I tanti utenti di Windows
noteranno una differenza abissale tra il loro OS e Linux, non solo su PC moderni, ma anche su quelli più
È stabile
Quando un sistema va in crash ha bisogno di essere riavviato o spento, perciò, se il tuo computer
può restare acceso e funzionante per molto temÈ gratis
po, indi-pendentemente da quanto lo usi, allora
Per avere Windows abbiamo due possibilità: com- puoi dire che il sistema è stabile. Bene, Linux può
prarlo o copiarlo illegalmente (pirata). I prezzi di funzionare per anni senza bisogno di essere riavWindows Vista variano da 150 € a 600 €, secondo le viato (molti server hanno Linux, lavorano intensaversioni (listino ufficiale Microsoft).
mente e difficilmente devono essere riavviati).
Magari si pensa: “Oh, io Windows non l’ho pagato, Sicuramente, con aggiornamenti sostanziali che
me lo hanno dato col computer”. Si è assolutamente magari interessano il cuore del sistema, anche Linux
certi? Se il computer aveva già Windows, allora è sta- necessita di essere riavviato. Ma se hai Linux e lasci il
to pagato, anche se il rivenditore non ce l’ha comuni- computer acceso, puoi tranquillamente continuare per
cato, oppure ha installato una copia “pirata”.
anni senza spegnerlo e senza alcuna preoccupazione.
Il prezzo di una licenza per Windows è pari ad un Nella maggior parte dei casi non lascerai il computer
ammontare variabile tra un terzo e l’intero prezzo di acceso per tutto questo tempo, ma è una dimostraziogni nuovo computer (dipende dalla versione di Win- one di quanto sia stabile Linux.
dows e dalle caratteristiche del computer). Quindi, a
meno che non si sia ottenuto Windows illegalmente, Perché c’è Wine
l’abbiamo pagato. Al contrario, si può avere Linux Non si riesce a fare a meno di utilizzare applicazioni
completamente gratis. Questo perchè tanta gente, nel che funzionano solo su Windows? No problem, c’è
mondo, ha lavorato duramente per creare un sistema WINE. Wine Is Not An Emulator, questo è il signifipreciso, sicuro, efficiente e graficamente bello. Con- cato dell’acronimo, è un programma che premette di
tinuano a farlo, gratuitamente e per passione, affin- installare la maggior parte delle applicazioni di Winché tutti possano usarlo liberamente. Molto si deve dows sul Pinguino. Questa è una soluzione funziopure ai sostegni economici di uomini ricchi e grosse nante, ma se proprio non si riesce a fare a meno del
aziende.
sistema Microsoft, si può sempre installare una macchina virtuale, come VirtualBox, con l’OS di RedÈ bello e pronto
mond.
Molte versioni di Linux hanno già tutti i principali Nel caso non abbia ancora convinto, si può sempre
programmi installati, e che programmi! Da Firefox a provare Linux accanto ad altri OS anche senza instalun client BitTorrent, passando per OpenOffice, una larlo. Si può scaricare gratuitamente l’ultima versione
utility per gli screenshot e un client di posta come di Ubuntu (la distribuzione di Linux più famosa),
Evolution. Ma anche Empathy Internet Messanging masterizzarla su disco e inserirlo nel CD-ROM.
e Gwibber Social Client, due validissimi software: il Oppure, in modo ancor più facile, ci si può scaricare
primo utilizzabile per chat, videochiamate e trasferi- Wubi e provare Ubuntu sul Windows come se fosse
mento di file attraverso gli account dei più famosi IM una qualsiasi applicazione. Provare per credere!
(come MSN, Yahoo o ICQ) e il secondo per interagire
sui principali social media (come Facebook, Twitter
o Flickr). Non solo, con Linux non si ha bisogno di
Giampiero Rizzo
installare i driver e si aggiorna periodicamente.
datati. Occorre considerare che la rapidità è uno dei
motivi che ci porta ad acquistare un computer nuovo,
2+2=...
È personalizzabile
La superiorità dell’OS di Redmond (Windows)
viene rivendicata per la possibilità di customizzarlo
(concedere cioè un certo grado di libertà all’utente
riguardo a presentazione, navigazione e contenuto
degli elementi) mentre l’unico vantaggio dei sistemi Mac sarebbe la stabilità ma questo è esattamente
l’opposto: uno dei fattori chiave di OS Linux è proprio l’altissimo livello di personalizzazione di moltissimi elementi. Costruiscilo come ti piace!
La certificazione De.Co.
Le De.Co. non sono marchi di qualità, ma delle attestazioni che legano in maniera anagrafica la derivazione di un prodotto/produzione al luogo storico
d’origine; sono dei certificati notarili contrassegnati
dal sindaco a seguito di una delibera comunale; sono
dei censimenti di produzioni che hanno un valore
identitario per una comunità. Sono dunque strumenti
flessibili per valorizzare le risorse delle propria terra
nel tentativo di garantire la biodiversità, traendone
talvolta vantaggi anche sul piano turistico ed economico. Rappresentano, insomma, il vero, autentico
passaggio dal generico prodotto tipico al prodotto del
territorio.
La De.Co. è una certificazione che ogni comune
d’Italia può adottare per valorizzare quei prodotti,
agroalimentari o artigianali, realizzati all’interno del
comune stesso, identificando quindi il prodotto come
proprio, riconoscendone il tratto identitario.
La Denominazione Comunale è un orientamento
consapevole che molti Comuni (più di 1000) hanno
concepito come strumento di salvaguardia delle proprie produzioni e di sviluppo endogeno del proprio
territorio. Sono uno strumento semplice in grado di
costituire una vera rivoluzione culturale nell’ambito
della salvaguardia delle identità territoriali legate alla
tradizione agroalimentare, enogastronomia e artigianale di un luogo.
Il prodotto certificato come De.Co. si differenzia rispetto ad altri che potremmo definire “tipici”, poiché
ha determinati caratteri che lo circoscrivono in una
determinata area comunale di origine la quale rappresenta la discriminante di base affinché esso possa
essere riconosciuto come Denominazione Comunale.
In più, tale ambito geografico specifico gli concede
un’unicità assoluta in cui tradizione e storia legittimano l’intera filiera produttiva.
La De.Co. è rilevante per due motivi. Il primo è legato alla sua capacità di salvaguardia delle produzioni
locali conferendo direttamente al comune il potere di
identificare, coordinare e controllare l’intera fase di
adozione ed attuazione delle Denominazioni Comunali. Il secondo, invece, è connesso alla sua capacità di divenire un mezzo di promozione dei prodotti
stessi.
Daniela D’Aprile
Scuola di Musica Associazione “Santa Cecilia” Onlus
ANSPI CASARANO
Sono aperte le iscrizioni ai nuovi corsi di strumento
musicale della scuola di musica dell’Associazione
“Santa Cecilia” Onlus di Casarano.
I corsi saranno tenuti da alcune prime parti
dell’Orchestra della Fondazione ICO “T. Schipa” Onlus di Lecce, da docenti di Conservatorio di Musica
e da concertisti affermati nel panorama nazionale ed
internazionale.
I docenti dei corsi sono:
Pianoforte – Davide Milone
Oboe – Giuseppe Contaldo
Flauto, Teoria e Solfeggio – Consiglia Corvaglia
Clarinetto e Saxofono – Vito Corvaglia
Fagotto – Sergio Polimeno
Corno – Antonio Bene
Tromba, Trombone e Musica d’insieme – Antonio
Mariani
Violino – Pierpaolo Del Prete
Viola – Laura Pellè
Violoncello – Anna Carla Del Prete
Percussioni e Batteria – Francesco Mangialardo
Chitarra – Danilo Legari
Canto lirico e leggero – Raffaella Liccardi
Composizione, Armonia, Storia della Musica e Video
scrittura musicale – Leonardo Antonio Di Chiara
Fisarmonica – Michele Bianco
Per informazioni rivolgersi presso
Ente Santa Cecilia Onlus ANSPI
Tel/Fax 0833.512645
Cell 327.0906084
www.entesantacecilia.it
email: [email protected]
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