DEL POPOLO ce vo /la .hr dit w.e ww musica & An no V il pentagramma 9 200 • n. 3 e l i r 8 • Mercoledì, 29 ap De pedagogia musicale di Patrizia Venucci Merdžo In questo capriccioso mese d’aprile pari pari all’incantevole risveglio della natura stiamo assistendo ad una specie di fioritura musicale che sta coinvolgendo, nella nostra regione, adulti, giovani e piccini; a ennesima prova dell’importante ruolo che la musica ricopre nella vita sociale, culturale, personale e della necessità d’ impartire una valida educazione musicale a cominciare dalla più tenera età. Psicologi dell’età evolutiva, pedagogisti, esperti del settore sono concordi nell’affermare che un’attività musicale ben strutturata possa contribuire in maniera sostanziale allo sviluppo armonico e complessivo del bambino. Si tratta di un percorso graduale che coinvolge l’intera sensorialità e personalità del bambino procurandogli benefici molteplici – anche nel caso di bambini autisti, iperattivi, con problemi scolastici, con difficoltà di linguaggio... – che riguardano il coordinamento dei movimenti, l’uso della voce, la comunicazione e socializzazione, lo sviluppo della fantasia e della creatività, dell’emotività e dell’intelligenza musicale e dell’intelligenza in genere. È stato dimostrato scientificamente che nei bambini “musicisti” l’ incremento del quoziente d’intelligenza è significativamente superiore rispetto a quelli che praticano altre attività extrascolastiche. Perlomeno fino a prova contraria. Ed è per tutte queste ragioni - ed altre ancora - che mi sembra sia il caso di ribadire il peso e la funzione dell’ educazione musicale nelle scuole, materia a volte sottovalutata. I cui compiti fondamentali sono quelli di sviluppare il senso della melodia, della tonalità, dell’armonia, del timbro, del ritmo, mediante l’approccio attivo, facendo Musica Attiva; cantando, suonando, (ottimi gli strumentini Orf) scandendo il ritmo, “illustrando“ la musica con dei movimenti coordinati. Le canzoncine popolari rapprentano compendi perfetti di melodia-ritmo-forma. Molto più degli sballati e sfasati successi di un certo repertorio adulto per nulla adatto all’educazione musicale di base, in quanto “scompigliato“ negli elementi fondamentali di cui sopra, spesso ridotti a livelli di involuzione preoccupante. Ma la formazione musicale – specie a livelli più avanzati - ha un suo peso pure sotto il profilo culturale e della valutazione critica. Cioè, una persona di solito non è in grado di esprimersi criticamente su una certo brano o genere musicale se non ha dei chiari termini di confronto, dei riferimenti consolidati. Per cui, la trasmissione della tradizione e della “memoria storico –musicale”, la formazione dei gusti, rientrano pure nell’impegno dei programmi scolastici; ma pure dell’ambiente sociale il quale invece - anche in questo settore –, si rivela spiccatamente negativo. Cioè, di fronte a certe cacofonie, a certe aggressioni e torture uditivo-mentali assolutamente nocive si dovrebbe contrapporre il nostro deciso “no!”. Mi riferisco in particolare alla strumentalizzazione del mezzo acustico - dire “musicale” sarebbe una concessione esagerata - da parte di cantanti e complessi rockettari che esplicitamente, o tramite messaggi subliminali (Led Zeppelin, i “Queen”, Marylin Manson, Alice Cooper, i “Rolling Stones”, ecc.) incitano in maniera martellante e continuativa – effettuando un subdolo lavaggio del cervello - al disordine sessuale, al satanismo, all’uso della droga, al suicidio, alla violenza, all’odio. Un “genere”, purtroppo promosso su scala mondiale, che ha mietuto e miete le sue vittime soprattutto tra i giovani e tra le personalità più influenzabili e sprovvedute. Un fenomeno che va contrastato in primis con mezzi culturali, oltre che con misure giuridiche. A meno che l’incitamento all’autodistruzione non rientri nella “libertà d’espressione”. Ineludibilmente Vostra 2 musica Mercoledì, 29 aprile 2009 IL PERSONAGGIO Si articola tra il Quirinale, il Vaticano e Kiev l’attività del Maestro Gli affettuosi omaggi musicali di Lu S i presenta fitto d’impegni il carnet del Maestro Luigi Donorà, dignanese di nascita, ritenuto uno dei compositori italiani contemporanei di maggior spicco. Riandando agli ultimi mesi ricorderemo l’esecuzione natalizia in Vaticano della “Lauda per la Natività del Signore” con l’Orchestra da Roma Classica, il coro “Tullio Ultimo successo in ordine di tempo, il 17 c.m. con il concerto al Duomo di Capodistria il cui programma prevedeva cinque canti patriarchini, o canti aquileiesi, e brani di autori istriani; l’evento è stato ripreso dalla TV e da Radio Capodistria. Quali sono le sue impressioni riguardo a questa serata particolare che ha riportato alla luce gli Nel Concertino - Divertimento dignanese uso il discanto, l’Inno a Dignano, l’Inno all’Istria e antichi canti popolari dignanesi Serafin” e voci soliste, l’esecuzione al Quirinale di “Là dove il Quarnero” con Franco Squarcia e Nina Kovačić in occasione della Giornata del Ricordo; ha fatto seguito, il 13 marzo al Centro Culturale Altinate di Padova, l’interpretazione da parte di Donorà e di Elisa Rumici del Concertino per pianoforte a quattro mani ed Orchestra. Il 31 marzo invece ha avuto il luogo il recital della fisarmonicista ucraina Eugenia Cherkazova che ha eseguito in prima assoluta “Mentire”, composizione che il Maestro Donorà ha dedicata alla concertista stessa. La Cherkazova inoltre eseguirà in prima assoluta, nel corso dell’anno al Conservatorio “Ciaikovski” di Kiev, il “Concerto a quattro”. antichi canti liturgici del Patriarcato di Venezia che per secoli sono stati in uso pure in Istria, Quarnero e Dalmazia? E’ stato un concerto molto bello ed ottimamente accolto dal foltissimo pubblico. La Cattedrale di Capodistria era strapiena. Ho eseguito, assieme al soprano Giovanna Di Liso ed al tenore sloveno Rusmir Redžić, cinque canti aquileiesi tratti da due codici - un Antifonario ed un Graduale rispettivamente del 1500 e 1503 - che si conservano alla Biblioteca Centrale di Capodistria. Ho effettuato la trascrizione dei canti in notazione moderna - nei codici sono scritti in notazione quadrata su tetragramma - e li ho quindi armonizzati”. Trattandosi di canti antichi creati nel sistema modale che mal sopportano l’armonizzazione di Al Quirinale; da sinistra, Luigi Donorà, Nina Kovačić, Gianfranco Fini, Franco Squarcia Sento un profondo senso di gratitudine nei confronti dei miei avi che mi hanno tramandato il ricco tesoro musicale dell’Istria sostegno come ha risolto le difficoltà legate appunto all’armonia tonale? Non ho avuto difficoltà particolari nell’armonizzazione, nel senso che ho proceduto come si fa con il canto gregoriano. Certo, per ren- Luigi Donorà a Capodistria durante una conferenza dere il canto più fluido, omogeneo ed addolcito ho dovuto tramutare i “si” in “si bemolle”, onde smussare l’asprezza dei tritoni. Il canto patriarchino fu abolito con il Concilio di Trento, tuttavia, essendo profondamente radicato a Venezia, in Istria e Dalmazia, ha resistito molto più a lungo; è stato tramandato oralmente, per cui i vari canti presentano una gran quantità di variazioni e di differenze. Nella seconda parte invece abbiamo eseguito brani di Tartini, Mozart, Bizet, Smareglia. E’ stato anche divertente. Si figuri che ho suonato nientemeno che su un organo “Gaetano Callido” del 1793. Non essendo in uso da tanto tempo il parroco disperava che potesse funzionare. Naturalmente ha gli antichi registri a tirante, per cui mi sembrava di ingranare la terza e la quarta marcia; insomma mi sembrava quasi di guidare l’automobile. Questo concerto l’ho dedicato ad un mio cugino sacerdote che aveva studiato nel Seminario di Capodistria. Motivo di particolare soddisfazione per lei è sicuramente stato il concerto di febbraio al Quirinale. L’invito a presenziare al concerto del 10 febbraio al Quirinale in occasione della Giornata del Ricordo, alla presenza del Capo dello Stato Giorgio Napolitano e del Governo italiano è stato per me oltremodo graditissimo; un’occasione unica più che rara nel corso della quale si è svolto il concerto del violista Francesco Squarcia e della pianista Nina Kovačić, entrambi nativi di Fiume, che hanno interpretato musiche di Tartini e la mia partitura “Là dove il Quarnero”, riscuotendo un vivo successo e numerosi complimenti da parte del Presidente Napolitano e del numeroso pubblico e dei Parlamentari presenti” Originariamente, lei ha composto questo brano per orchestra. Che effetto le fa sentirlo nella trascrizione per viola e pianoforte? Questo lavoro, ridotto a due strumenti non è poi così “ristretto” a differenza della partitura per orchestra d’archi; certo è che il risultato fonico è del tutto diverso. Poco cambia l’effetto del contenuto, anche perché lo spessore strumentale diventa più spoglio e facilmente emergono eventuali “vuoti” armonici, specialmente nel pianoforte, poiché gli “armonici” di questo strumento svaniscono rapidamente, in modo particolare se la viola li contrappone con passi verso la regione acuta. Ho scritto la parte della viola, tenen- ETNOMUSICOLOGIA Intrigante relazione di Dario Marušić e di Marino Kranjac sul ricco La varietà strumentale e modale dell’Istria come frutto di una r PIRANO - Proseguono gli appuntamenti musicali dedicati al grande Giuseppe Tartini. La CI di Pirano ha di recente ospitato dueautentiche personalità nel campo della musica folcloristica: l’etnomusicologo Dario Marušič ed il musicista Marino Kranjac, i quali hanno presentato il ricco patrimonio musicale dell’Istria eseguendo su strumenti particolari dei brani musicali popolari. Marušič ha utilizzato cordofoni, membranofoni, aerofoni ecc, e mediante un power point ha fatto notare al pubblico, che il territorio istriano è musicalmente molto variegato in quanto ospita tre culture – italiana, croata e slovena - nonché due gruppi etnici rappresentati dagli istro-romeni e dai montenegrini di Peroj. L’etnomusicologo ha inoltre proposto vari spezzoni di brani popolari sia dal vivo che registrati. Marušič e Kranjac hanno stupito i presenti facendo ascoltare loro il noto brano popolare “Na planincah sončece sije” nella sua versione primigena, che suona decisamente differente da come siamo abituati a sentirla. Sono stati presentati frammenti di brani nel criptico dialetto istroromeno, una villotta interpretata da De Grassi di Buie nel 1908, il Balun, un antico ballo istriano, le mantignade di Sissano, i bassi dignanesi, una bitinada rovignese che viene prodotta mediante la voce a imitazione degli strumenti. I due conferenzieri, nella seconda parte del laboratorio, hanno presentato gli strumenti musicali dell’area istriana, ognuno dei quali con le particolari caratteristiche sonore. Si sono potuti apprezzare una cornamusa o piva, i pifferi ed i violini, che vengono appoggiati sul petto e la cui presa del manico è superiore rispetto alla postura classica. Tipico della tradizione dell’Istria settentrionale, assieme al violino, è il bajs, ovvero un contrabasso. A differenza del violino, questo strumento non è mai stato fabbricato industrialmente se non da liutai esperti come quelli di Montona. Del gruppo degli aerofoni ad ancia semplice fanno parte gli chalumeau, che sono gli antenati del clarinetto, la fisarmonica detta “triestina”, nata nella seconda metà dell’ Ottocento, la quale dopo un venten- nio dalla sua ‘creazione’ fu importata anche in territorio istriano. Dei membranofoni Dario Marušič ha fatto vedere uno strumento tipico di Gallesano, il tamburo. In passato, le scarse risorse economiche affinavano l’ingegno di molti suonatori che si fabbricavano gli strumenti desiderati. Nascevano così il bidofono, un pettine avvolto dalla carta di sigarette sul quale si soffia e si canta contemporaneamente; un corno costituito da lamine sottili circolari di legno, vari pifferi, il violino in canna di bam- musica 3 Mercoledì, 29 aprile 2009 dignanese. Concerto storico di Canti Patriarchini al Duomo di Capodistria igi Donorà alla sua terra natale In “Là dove il Quarnero” ho cercato di inserire nelle parti della viola e del pianoforte alcune melodie popolari istriane incastonandole contrappuntisticamente tra loro Il Maestro Donorà con il cardinale Raffaele Farina Per rendere più fluida e dolce la melodia dei canti patriarchini ho tramutato i “si” in “si bemolle”, onde smussare l’asprezza dei tritoni. Il canto patriarchino fu abolito con il Concilio di Trento, tuttavia, essendo profondamente radicato a Venezia, in Istria e Dalmazia, ha resistito molto più a lungo do presente le peculiarità dello strumento mettendo in evidenza in particolar modo, il virtuosismo tecnico e le capacità del dedicatario. Ho cercato il modo di inserire nei due strumenti alcune melodie popolari istriane incastonandole contrappuntisticamente tra loro, ottenendo così un lavoro musicale specifico nella sua forma e nel suo effetto. La prima esecuzione di questa mia composizione è avvenuta presso l’ex Palazzo del Governo di Fiume il 2 giugno 1999 in occasione della Festa della Repubblica Italiana. All’Auditorium del Centro Culturale Altinate di Padova nello scorso marzo lei e la pianista Elisa Rumici avete eseguito in prima assoluta il Concertino per pianoforte a 4 mani (Divertimento dignanese). Può illustrarci le peculiarità tecnico-musicali del brano? Questa composizione vuole essere un omaggio al mio paese nata- le ed è composto sopra melodie che ricordano l’Istria ed in particolar modo Dignano. Composto in occasione del 36mo Raduno Internazionale dignanese svoltosi in Dignano il 4 maggio del 2008, è dedicato alla giovane pianista Elisa Rumici, una ragazza che a quindici anni ha ottenuto riconoscimenti e vinto premi in concorsi prestigiosi. Nel Concertino che è diviso in tre tempi uso forme antiche quali il “discanto”, la “villotta dignanese”. Nel primo movimento “Allegro” cito alcuni frammenti melodici dell’Inno a Dignano di Caenazzo e dell’Inno all’Istria di Giorgieri. Il secondo movimento “Adagio, quasi largo”, inizia con un motivo popolare dignanese “Bara Biaso” in tonalità minore, sostenuto da un pedale di semiminime suonate dal solista nella regione grave del pianoforte, seguito dal motivo “patriarchino” tratto dalle lamentazioni del Venerdì Santo, che si cantavano in Duomo e che dà luminosità, non solo spirituale. In omaggio ai nostri patrimonio musicale istriano ealtà culturale multipla bù dal suono esile e stridulo e le raganelle, strumenti tipici del periodo pasquale. Nella famiglia dei fiati senza fori su canna di bambù o di altro materiale di fortuna, gli strumentisti potevano produrre numerosi suoni utilizzando le dita della mano per variarne l’altezza. Anche un portaombrelli, come dimostrato da Marušič, può diventare uno strumento, così come pure una foglia di alloro. Non tutti gli strumenti istriani sono caratteristica esclusiva di questa regione, ha fatto notare il relatore. Fra questi si annovera il piffero istriano – sopile, sopele o roženice che è un antenato dell’oboe. Generalmente viene suonato in coppia ( due strumenti di dimensioni differenti ) e nasce come bombarda diffondendosi in tutta Europa durante il periodo del Rinascimento. Riguardo alla teoria musicale Marušić ha voluto specificare che la scala istriana non è una successione di 6 note intervallate da mezzi toni e toni interi perché in realtà ne esistono ben quattro tipi, che vengono utilizzati nella musica cari defunti uso alcune battute tratte da “La grande porta di Kiev” di Musorskij; quei tocchi di campana inquadrano molto bene l’ambien- te cimiteriale e la tristezza della morte. Il terzo tempo “Allegro, tempo di Villotta”, illustra l’allegria ed il folclore dignanese tramite il motivo “‘sto carneval che se marideremo”, il quale ricorda i cortei nuziali con gli sposi in testa accompagnati dal suono del violino e del violoncello (leròn). Fa seguito una breve e mesta melodia tratta dalla pastorale natalizia dell’”Laetentur coeli”. La ripresa della Villotta (quasi una tarantella) chiude il concertino nel più puro spirito dignanese. Nello scorso Natale ha avuto la soddisfazione di presenziare alla prima esecuzione assoluta, a Roma, della sua “Lauda per la natività del Signore”, per soli, coro e orchestra su testi di anonimi del ‘700 istriano. Può darci qualche notizia in merito? Commissionatami dal Vaticano, la Lauda ha avuto la prima esecuzione assoluta nella chiesa di S. Anna con i solisti Begonia Alberdi (soprano), Concetta D’Alessandro (mezzosoprano) e Andrea Castello (baritono), col coro “Tullio Serafin” e l’orchestra “Roma Classica”, diretti dal maestro Renzo Banzato. Ho composto questa “Lauda” ispirandomi ai canti di questua che s’intonavano nel passato in Istria, ma particolarmente a Dignano, mio paese natale I testi li ho dedotti sempre dai medesimi canti, addatandoli secondo i vari “quadri” in cui si svolgeva la narrazione della Natività del Signore. Ho trovato facile comporre questo lavoro poiché ero ispirato, ma soprattutto perché ho sentito un profondo senso di gratitudine nei confronti dei miei avi che mi hanno tramandato questo ricco tesoro musicale (da me raccolto dalla tradizione orale dei miei genitori e parenti). Ho cercato di creare un lavoro ricco di “trovate” contrappuntistiche, e brani di intensa spiritualità e perché no, anche, brani solenni come il canto del “gloria in excelsis Deo”. Il successo ottenuto in Vaticano ha permesso alla compagine corale – strumentale di replicarlo in giorni successivi nel Duomo di Cavarzere, paese natale del grande direttore d’orchestra Tullio Serafin, e in quello di Chioggia. Posso ritenermi sodisfatto per tutto questo, anche perché ho avuto un gradito plauso dal Cardinale Raffaele Farina, in rappresentanza dell Pontefice Benedetto XVI. (pvm) Dopo secoli di oblio i Canti Patriarchini rivedono la luce CAPODISTRIA - Concerto di rilievo storico nel Duomo della SS. Vergine Assunta di Capodistria con il Maestro Luigi Donorà (di origione dignanese), il soprano Giovanna de Liso dell’ Opera di Torino ed il tenore Rusmir Redžić dell’ Opera di Lubiana. L’evento dovuto alla biblioteca centrale Srečko Vilhar di Capodistria, ha avuto il suo esito di maggior rilievo nell’esecuzione di cinque canti patriarchini trascritti ed armonizzati dal M° Luigi Donorà. I canti patriarchini di cui sopra, sono tratti dal Graduale del 1500 e dall’ Antifonario del 1503 e vengono custoditi nell’archivio di Capodistria. Ad introdurre l’atteso concerto sono stati Ivan Marković e Peter Štoka della Biblioteca Centrale e Timotej Pirjevec, assessore alla cultura di Capodistria, i quali insieme al Maestro Donorà hanno ringraziato il vescovo capodistriano msg. Metod Pirih che ha reso possibile l’iniziativa. Il compositore Luigi Donorà, attualmente professore presso il Conservatorio di Musica di Torino, ha spiegato l’importanza della serata in quanto riscoperta e valorizzazione degli antichi canti liturgici del Patriarcato di Aquileia. popolare a piacere senza seguire un ordine fra i gradi. I suoni, che costituiscono tali scale, vengono spesso sovrapposti polifonicamente in modo da ottenere quel caratteristico melos folcloristico presente pure su altri territori, ad esempio in Italia. Come si è potuto apprezzare dagli esempi sonori, la musica popolare istriana non ha a che vede- Dopo un brano introduttivo suonato all’organo del Duomo, un Gaetano Callido del 1793, Donorà, insieme ai cantanti, ha interpretato gli estatici “Omnis Terra”, “Misereris Omnium”, “Ad te Levavi”, “Ecce Nomen Domini”, “Aspicens a Longe”, per proseguire con l’ “Adagio” per Oogano di G.Tartini e l’ “Ave Verum” di W. A. Mozart. Nella seconda parte del concerto, i musicisti si sono posizionati presso l’ altare maggiore per proporre composizioni, questa volta con l’accompagnamento strumentale del pianoforte. Ad aprire la seconda parte della serata è stato “Vulmera Domine” del maestro rovignese F.Usper - Spongia, seguito dal capodistriano A.Tarsia per proseguire con “Pietà Signore” di A. Stradella, il “Panis Angelicus” di C.Franck, “Vedete Biagio”, dall’opera Nozze Istriane di A. Smareglia e con due romanze in dialetto italiano del maestro Donorà intitolate: “El pianto de me mama” e “L’Altarin de me pare”, per voce di soprano e pianoforte. Il pubblico entusiasta ha applaudito gli artisti che hanno salutato il numeroso pubblico presente in Chiesa con l’ interpretazione dell’ “Ave Maria” di F.Schubert e l’”Ave Maria” dal “Otello” di G.Verdi. (ns) re con i suoni ‘’puliti’’ del sistema temperato ed è proprio per la sua specificità, insita nel timbro sonoro frammentato in frazioni di tono, che essa non rientra nella musica tonale classica. Ai giorni nostri però, la musica contemporanea classica espande lo spettro sonoro servendosi anche delle tradizioni folcloristiche. Marušič ha ribadito, che la musica non è un linguaggio universale in quanto esistono codici diversi che permettono di affrontare e comprendere un determinato genere musicale. Universali invece rimangono le emozioni, che ci fanno venire la voglia di conoscere più a fondo il ricco patrimonio culturale della penisola istriana. Neven Stipanov 4 musica Mercoledì, 29 aprile 2009 Mercoledì, 29 aprile 2009 5 ANNIVERSARIEGGIANDO Duecentocinquant’anni fa moriva a Londra Georg Friedrich Händel Ancora escluso dai palcoscenici d’Italia il più «italiano» dei musicisti europei di Fabio Vidali L’ assettico ticchettìo dell’orologio (a volte fastidioso nel silenzio d’una notte insonne) continua a riproporci la fredda liturgia delle ricorrenze. Stavolta è il turno di Georg Friedrich Händel (23.2.1685 – 14.4.1759). Ben duecentocinquanta anni fa moriva a Londra il più “italiano” degli operisti settecenteschi europei, paradossalmente il più dimenticato e “straniero” come presenza nelle programmazioni operistiche italiane. Eppure fu un astro di prima grandezza, cui si deve il predominio mondiale dell’Opera Italiana nel Melodramma Barocco. Servirà questo duecentocinquantenario a farlo “riscoprire” in Italia, mentre, ad ogni altra latitudine, se ne approfitta per approfondirne la circolazione e la conoscenza con importanti manifestazioni musicali? Sembrerebbe, dai programmi finora annunciati, proprio di no. Già, ma in Italia c’è l’ennesima “crisi” musical-teatrale: un’ottima scusa per rimandare il tutto ai soliti “tempi migliori” e vivere alla giornata. Pagare i debiti non è propriamente un’usanza italica, nemmeno quando da ciò all’Italia deriverebbero lustro e quattrini. Siamo fatti così: pigri e smemorati. Chi, da noi, sa (o ricorda) che, fino all’ultimo recente restauro, addirittura al Covent Garden di Londra, tutti i cartelli indicatori erano scritti prima in italiano e poi in inglese? Un merito proprio di Händel, certo da non sottovalutare oggi, quando l’italiano, un tempo la “lingua mondiale della Musica”, sta affogando, sommerso dalla globalizzazione anglofona. Eppure Händel, in Italia, continua ad essere pastura di soli eruditi. Visse per la Musica Nacque a Halle (Sassonia meridionale) dalle seconde nozze del vedovo sessantenne Georg Händel, cerusico e chirurgo dei duchi di Sassonia, con la trentaduenne Dorotea Taust, illibata figlia d’un pastore luterano. Georg Friedrich smentì subito ogni timore collegato all’età non più “verde” dei suoi genitori. Si presentò come un vispo bambinone grande e grosso, sem- pre affamatissimo e ghiottone; caratteristiche che conservò ed incrementò nella sua lunga vita. Precocissima la sua attitudine alla musica, incoraggiata da una zia materna, mentre il padre lo sognava “dottore”. Già ad otto anni, accanto all’istruzione generale, intraprese quella musicale col migliore musicista di Halle e dopo solo tre anni il maestro lo congedò, dichiarando di non aver più altro da insegnargli. Per obbedienza figliale frequentò anche l’Università di Halle. Morto il padre (1697), si dedicò interamente alla musica, divenendo in breve organista titolare della Cattedrale di Halle, posizione ragguardevole che però non lo soddisfaceva; tanto che si trasferì ad Amburgo (1703) dove aveva sede l’unico teatro pubblico della Germania. Qui si accontentò d’un posto modestissimo (violinista di ripieno in quell’orchestra) pur di studiare dall’interno il funzionamento dell’intero meccanismo operistico. Una puntata a Lubecca gli servì per co- Haydn lo definì “il Maestro di tutti noi”; Mozart ne esaltò il “divino genio”; Beethoven lo proclamò “il più grande compositore che sia mai vissuto” noscere le magistrali interpretazioni all’organo di Dietrich Buxtehude che depositò nella sua prodigiosa memoria. Georg Friedrich sperava di succedere a Buxtehude nell’incarico presso il Duomo di Lubecca ma, per ottenerlo, avrebbe dovuto sposare la sgraziata figlia del vecchio maestro. Così ci rinunciò. Del resto, pur molto sensibile al fascino femminile, Georg Friedrich mai si sposò. Ad Amburgo, Georg Friedrich aveva conosciuto Johann Matthenson, valente musicista suo coetaneo, destinato a diventare un critico e teorico di risonanza europea e ne era diventato amico. Ma era in ballo un posto di clavicembalista al Gäsenmarkt (al quale fu preferito Händel). La rivalità portò ad un incruento duello fra i due che però subito dopo si riconciliarono, tanto che Matthenson successivamente L’”eticità” della sua concezione musicale, il cui fine “non doveva essere quello di far divertire gli spettatori ma quello di renderli migliori”. Un lato della “lezione” händeliana che troppo spesso sfugge oggi ai più A farla breve, già dal 1712, la lancetta della bussola di Händel segna stabilmente Londra, dalla quale si assenterà solo per brevi periodi connessi alla sua attività di impresario (specialmente di se stesso) e di direttore artistico della Regia Accademia di Musica. Nel 1726 diverrà cittadino britannico. Dopo la morte di Giorgio Primo Un’alluvione di creazioni Solo sogguardando il catalogo delle sue composizioni (peraltro largamente incompleto, dato che molte Händel e Re Giorgio sul Tamigi no delle “costanti” sin dalle prime “composizioni giovanili”, a partire dal 1698 quando, in una breve visita a Berlino, viene per la prima volta in contatto con la musica italiana, alla corte di Sofia Carlotta. Come noto, il fascino della musica italiana lo conquistò pienamente nei successivi quattro anni (1706 – 1709) in cui risiedette in Italia. Donde la prima di queste “costanti”: la sua convinzione che il “belcanto” fosse strettamente connesso con la lingua italiana. Da Nell’impero austroungarico e nei paesi slavi non godette di simpatie. In Francia, Berlioz ed Eduard Lalo lo attaccarono ferocemente Il Maestro in età matura Autografo di Händel divenne anche suo biografo. Già nel 1705, Händel debuttava ad Amburgo con l’opera “Almira”, preceduta (1704) dalla “Johannespassion”, e aveva messo in cantiere altre due (1727), il partito avverso alla dinastia ed al successore Giorgio Secondo, fa fallire la Regia Accademia di Musica anche con l’apporto nazionalistico della “Beggar’s Opera” di John Gay e La riduzione dei “recitativi” divenne una “costante” anche per le sue composizioni vocali in lingua inglese, con conseguente beneficio del “ritmo drammatico”, precorrendo così la “riforma” di Gluck Westminster Abbey teatro di tanta musica händeliana che coglie le spoglie mortali del Maestro di Halle Garden: un altro trionfo. Muore otto giorni dopo e viene sepolto (rarissimo onore) nell’Abbazia di Westminster. opere (“Florindo” e “Dafne”). Ma, nel 1706, altra partenza, questa volta per l’Italia: Firenze, Roma, Venezia e Napoli. Ad indurlo a questo nuovo viaggio fu Gian Gastone de’ Medici (primogenito del regnante Cosimo Terzo) conosciuto ad Amburgo, che lo incuriosì sbandierandogli i meriti delle scuole musicali italiane e quanto avrebbe potuto apprendervi, e commissionandogli la sua prima opera italiana (“Rodrigo”). Per George è un vero “colpo di fulmine”. Vi trova la benevolenza di Alessandro Scarlatti, Arcangelo Corelli, della Corte Papale, del veneziano Vicerè di Napoli. Ciò gli vale la nomina a maestro di cappella del Principe Elettore Georg Ludwig a Hannover, quello stesso che, nel 1714 salirà sul trono d’Inghilterra col nome di Giorgio Primo. la fondazione di una nuova Opera Italiana diretta da Nicola Porpora. Händel fu costretto a trasferirsi prima al Teatro di Lincoln Field e poi al Covent Garden. Le sue azioni sono in netto recupero. Ma solo tre anni dopo (1737) Händel viene colpito da un attacco di paralisi. Passa le acque ai bagni di Aquisgrana e si rimette miracolosamente. Con un solo concerto a proprio beneficio riesce a riportare in sesto la sua situazione finanziaria. Si dedica con fervore alla composizione di Oratori. Il 13 aprile 1742 presenta a Dublino con travolgente successo il suo Oratorio “Messiah”. Riconquista il favore del pubblico. Nel 1752 perde l’uso della vista ma continua a suonare l’organo ed a comporre dettando le partiture ai suoi copisti specializzati. Il sei aprile 1759 assiste all’esecuzione del suo “Messiah” al Covent risultano ancora non rintracciate) si rimane a bocca aperta: oltre 40 Opere liriche (prevalentemente su libretti in italiano); 19 “pasticci” e musiche di scena: 21 Oratori e Passioni; 11 Odi ed Oratori profani; 67 composizioni liturgiche e religiose; 34 Cantate con strumenti; 26 duetti e trii italiani; 72 cantate italiane; 45 arie di vario genere; 37 composizioni per orchestra; 21 concerti per organo; 63 titoli strumentali da camera; 142 composizioni per clavicembalo. Il tutto compreso in un’Opera Omnia di 93 grandi volumi, in costante accrescimento. Ma ancor più meraviglia la cura certosina che Händel riserva ad ogni suo brano (sia esso di minute o grandi dimensioni). La sua fluente vena inventiva, unita alla sua eclettica “permeabilità” ad ogni spunto anche “estraneo od esterno” che gli pervenisse, gli consente di “fondere” in prodotti musicali di “alto livello” anche reperti “popolari” di “consumo” assicurando alle sue musiche pronta “comunicativa” sia presso i “raffinati” che presso il “grosso pubblico”, tanto che rivoluzionerà il rapporto storico che privilegiava il “mecenatismo” dei nobili e dei potenti, introducendo lo “sbigliettamento” e consentendo così ad ogni strato sociale l’accesso a pagamento ai concerti ed agli spettacoli. Una “democratizzazione” che di fatto sottraeva ai “capricci” dei “mecenati” ogni facoltà di “condizionarne” le fortune o le disgrazie. Accanto a ciò va sottolineata l’”eticità” della sua concezione musicale, il cui fine “non doveva essere quello di far divertire gli spettatori ma quello di renderli migliori” (parole sue). Un lato della “lezione” händeliana che troppo spesso sfugge oggi ai più. Se l’alluvionale produzione händeliana va logicamente suddivisa in “periodi” e “generi”, in essa esisto- te. Fu il primo compositore ad essere effigiato, ancora vivente, in una statua (1738, nel giardino londinese di Vaux-Hall). Il primo a godere di ben due biografie (1730 ad opera di Johann Mattheson e 1760 nel volume di John Mainwaring). Haydn lo definì “il Maestro di tutti noi”; Mozart ne esaltò il “divino genio”; Beethoven lo proclamò “il più grande compositore che sia mai vissuto”; Schumann giudicò “ideale la sua opera corale”; Mendelssohn lo prese a modello nei nipolazioni che le musiche di Händel subirono in Europa nel Ventesimo Secolo. Del resto, anche nell’Italia dell’Ottocento, circolò poco. Era troppo in anticipo su quel fenomeno di “sfruttamento” editoriale dei “depositi” dei “fondi teatrali” inventato molto più tardi dell’Editore Ricordi (che esordì appena nel 1808) e condizionò pesantemente la Storia Musicale italiana. Anzi, da tale fenomeno, Händel fu addirittura messo “fuori mercato”. Il Genio di Halle riteneva che il “belcanto” fosse strettamente connesso con la lingua italiana. Da cui la sua ricerca di libretti e testi italiani per le sue Opere e brani vocali qui la sua ricerca di libretti e testi italiani per le sue Opere e in genere per le sue composizioni richiedenti l’intervento del canto. Primaria esigenza, in questi casi, l’abbreviazione e lo snellimento dei “recitativi” che, se eseguiti in italiano, risultavano incomprensibili al pubblico anglofono. Riduzione dei “recitativi” che divenne una “costante” anche per le sue composizioni vocali in lingua inglese, con conseguente beneficio del “ritmo drammatico”, precorrendo così la “riforma” di C. W. Gluck. Altra sua “costante” la subordinazione della parola alle “ragioni della Musica”. Altra “costante” ancora, per quanto riguarda gli “influssi italiani”, la fusione degli apporti delle diverse “scuole italiane” suoi “Eliah” e “Paul”; Nietzsche lo ritenne “il rappresentante del migliore spirito tedesco”. Nell’impero austroungarico e nei paesi slavi non godette di simpatie. In Francia, Berlioz ed Eduard Lalo lo attaccarono ferocemente. In Germania si ritenne d’importanza secondaria la sua figura d’operista, probabilmente in odio ai suoi “italianismi”. In Italia contò qualche successo fra Settecento ed Ottocento. Non conobbe interruzioni, invece, in Inghilterra il culto di Händel, anzi si amplificò a dismisura, dal 1784 ai nostri giorni, con puntuali rievocazioni e commemorazioni di massa che puntarono sempre più sulla progressiva elefantiasi del Händel rivoluzionerà il rapporto storico che privilegiava il “mecenatismo” dei nobili e dei potenti, introducendo lo “sbigliettamento” e consentendo così ad ogni strato sociale l’accesso a pagamento ai concerti ed agli spettacoli (napoletana, veneta ecc.) in un “unicum” poliedrico nel quale trovavano spazio il dramma, il buffo e il balletto, e la “rivalutazione drammatica” della voce di basso. Esaltato, respinto e strumentalizzato Caleidoscopiche le “fortune” del lascito händeliano, sia in vita che a duecentocinquant’ anni dalla mor- numero degli esecutori (dai 525 orchestrali di quell’anno, ai 2765 cantori e 460 strumentisti del 1859) per arrivare alla formula dei cosiddetti “Mammouth Festivals” del Crystal Palace che, nel 1923, contarono su ben quattromila esecutori con l’unico risultato di generare caotici affollamenti sonori in pieno contrasto con lo stile händeliano che furono duramente bollati anche da G.B. Shaw. Non minori furono i danni e le ma- Così, per tutto il Novecento, il grosso pubblico italiano conobbe di lui solo qualche brano operistico (il celebre Largo “Ombra mai fu” del “SERSE”, l’aria “Lascia ch’io pianga” del “Rinaldo”) e l’”Alleluja” dell’Oratorio “Messiah”, spesso sconciati da “trascrizioni” commerciali. Ma il peggio doveva ancora venire. Con l’ascesa al potere di Hitler, la Germania si ricordò improvvisamente di lui per esaltarlo nel Walhalla dei “genii germanici”, arianizzarlo mutando i suoi titoli “semiti” (biblici) ed “esportandolo” così in tutta Europa ed anche in Italia. Vezzo che continuò anche nel secondo dopoguerra, ad opera della Germania Est, che lo contrabbandò rivestendolo di contenuti “ideologico-sociali marxisti”. Ora queste strumentalizzazioni sono finite e pian piano si fa strada l’esigenza delle interpretazioni autentiche e filologiche, adesso in primo piano anche in Germania, con un’opportuna “Händel Renaissance” tesa a rivendicarne le origini “tedesche” quale antesignano dei “Musikdrama”. La natia Halle vuole giustamente riappropriarsi del vanto d’essergli stata madre, in barba alla sua scelta di farsi inglese. Pensiero che nemmeno sfiora l’Italia che fu la sua culla musicale. In questo tira e molla, nel Regno degli Spiriti Eletti, forse nemmeno Händel ci si raccapezza più su chi veramente sia stato. Difatti, in vita, si firmava “George Frideric Handel”, ma qualche volta “Hendel” ed anche “Georg Friedrich Händel”, o addirittura “Haendel”. Lui, tanto pignolo, alla sua grafia anagrafica non ci teneva affatto. Gli premeva solo che le sue musiche non fossero sconciate. Sarebbe ora, finalmente, l’occasione buona per accontentarlo. 6 musica Mercoledì, 29 aprile 2009 VITA NOSTRA A colloquio con Denis Stefan, presidente della SAC “Fratellanza”, segno Una tradizione amatoriale importante di Helena Labus FIUME - Essere a capo della Società artistico culturale “Fratellanza” è certamente un’onore, ma anche un compito piuttosto impegnativo. È un ruolo che richiede capacità organizzative, senso della diplomazia, una grande dedizione e amore verso l’attivismo amatoriale e, non meno importante, un grande rispetto per la pluridecennale storia della SAC. Tutte qualità che riscontriamo nell’attuale presidente della SAC “Fratellanza”, Denis Stefan, titolare pure dei Settori Ricerca e Cultura in seno all’Unione Italiana e insegnante di psicologia alla Scuola Media Superiore Italiana. Stefan è entrato in carica di presidente della SAC qualche mese fa, in seguito alle dimissioni di Roberto Haller. Che cosa l’ha spinta a candidarsi alla carica di presidente della “Fratellanza”? Devo dire che un ruolo significativo nella mia candidatura lo hanno avuto anche le persone che mi circondano. Comunque, il fattore più importante che mi ha spinto a candidarmi è stata la mia decennale attività in seno alla “Fratellanza”. Il Coro misto Denis Stefan, presidente della SAC Fratellanza I tempi d’oro della Mandolinistica risalgono al 198284. Allora si suonavano i bellissimi arrangiamenti del compianto Maestro Floris. Ricordo un concerto all’aperto all’Auditorio di Portorose nell’estate del 1983, al quale l’orchestra contava 41 elementi Trent’ anni e passa di attivismo nella SAC e una discreta conoscenza delle varie leggi e dei regolamenti che definiscono il lavoro delle diverse sezioni, ovvero delle associazioni no-profit e non-governative. Oltre a ricoprire la carica di presidente della SAC, è an- che membro attivo della Mandolinistica... Ho iniziato a frequentare la Comunità degli Italiani dalla più tenera età, da quando avevo sette anni. All’epoca ero entrato nella sezione dei minicantanti, dove sono stato per tre anni. A quattordici anni sono entrato nella Man- dolinistica – era il 1979 – e da allora ne faccio parte ininterrottamente. Periodicamente, quando ce n’era bisogno, davo una mano anche nelle altre sezioni, cioè al coro maschile e alla filodrammatica, quando questa ancora esisteva. Ho fatto anche altro attivismo nella sezione giovanile come stu- Il “Collegium Musicum Fluminense” Il Trio Julius alla CI di Isola Dal romanticismo al tango argentino Il Trio Julius alla CI di Isola Servizi di Neven Stipanov ISOLA - Il noto Trio Julius ha recentemente tenuto concerto presso la Comunità degli Italiani “Pasquale Besenghi” degli Ughi di Isola. Del gruppo cameristico fanno parte il pianista Bojan Glavina, il clarinettista Robert Stanič ed il violoncellista Igor Švarc, prestigiosi musicisti diplomati presso l’Accademia di Musica di Lubiana. Oltre all’attività concertistica, gli artisti sono impegnati pure come pedagoghi e non solo. Bojan Glavina ha finora composto più di cento opere, Robert Stanič ha suonato per varie orchestre, è membro di varie formazioni cameristiche ed è autore di arrangiamenti. Igor Švarc ha partecipato a varie tournèe internazionali. Gli interpreti si sono presentati al pubblico isolano con tre brani rispettivamente di Emil Hartman, Nino Rota ed Astor Piazzolla. Il concerto è stato aperto con un brano del periodo romantico che è stato molto gradito dal pubblico. Durante l’esecuzione, gli interpreti hanno plasmato la sonorità con particolare gusto per le sfumature dinamiche ed altrettanta attenzione all’ l’intonazione. L’intreccio sonoro di domande e risposte è culminato nel terzo tempo, nel vivace Rondò conclusivo. Dopo la Serenata Op. 24 di Hartman, il trio ha eseguito un brano di Nino Rota che ha suscitato negli ascoltatori uno stato di profonda riflessione. Il brano di Nino Rota si apre con un Allegro che, a dispetto del titolo, non viene caratterizzato da un tempo veloce. Il compositore italiano lo ha imbevuto di drammaticità che si rivela particolarmente intesa nell’Andante. I primi due tempi possono essere interpretati come degli interrogativi mentre L’Allegrissimo, tempo conclusivo, disorienta l’ascoltatore per il suo carattere dichiaratamente popolaresco. Nella terza parte del concerto, gli artisti hanno interpretato le famose ‘’Cuatro Estaciones Por- tenas’’ di Astor Piazzolla, tecnicamente molto ardue soprattutto per i repentini cambi di tempo. Le stagioni suonano come un puzzle sonoro, ma non sono concepite come una Suite. Si tratta invece di un’opera unica, anche se all’ascolto, ogni brano mantiene la propria identità caratteriale. Le stagioni sono tutte aggettivate come ’’portene’’ ovvero, appartenenti al porto principale dell’Argentina di Buenos Aires. Nell’originale, le quattro stagioni Primavera, Verano, Otono e Invierno, sono state composte per bandoneon, violino e viola, pianoforte, chitarra elettrica e contrabasso. In genere, tutti i tempi sono costituiti dall’alternanza di momenti di eccitazione a momenti lirici. Nel primo tempo de ‘’La primavera’’, il brioso fugato introduttivo viene placato dal violoncello. Ad introdurre la melodia dell’Estate è il pianoforte di cui alcuni intervalli del brano ricordano frammenti di canzoni pop. La melodia del ‘’Verano’’ passa al clarinetto per ritornare al tema introduttivo. Nell’Estate Piazzolla descrive musicalmente la canicola estiva che fiacca gli uomini del porto. Durante l’introduzione dell’autunno, il lungo e meditativo cuore del tema introdotto dal violoncello dialoga con il pianoforte. L’intera opera musicale è caratterizzata dall’impulso ritmico ’’tanguero’’, dai procedimenti contrappuntistici, da richiami del mondo del jazz dati dalle sincopi, dai glissati del pianoforte e dal jazzato del clarinetto, evidente soprattutto nel tema autunnale. L’inverno, di gusto romanticheggiante si conclude con una reminescenza barocca. Il pacato finale dell’opera musicale dà un senso compiuto all’intera composizione. Infatti, il compositore argentino vive l’inverno con serenità e non come un dramma dovuto alla caducità dell’essere umano. A conclusione della serata, i musicisti sono stati salutati con lunghi e calorosi applausi. musica 7 Mercoledì, 29 aprile 2009 tangibile dell’italianità a Fiume. Problematico il ricambio generazionale segnata dalla precarietà del presente ca, il “Collegium musicum fluminense”, “I Virtuosi fiumani”. Gli attivisti sono circa centoventi. Secondo lei, in quale direzione dovrebbe svilupparsi la “Fratellanza”? Più che di sviluppo, devo purtroppo parlare di mantenimento della Società. Qualunque passo falso o mossa sbagliata potrebbe portare allo scioglimento di qualche sezione. Attualmente esiste il sentito problema della sezione dei pittori che attualmente non hanno uno spazio adeguato dove lavorare. La crisi economica globale incide anche sul lavoro della SAC? Per ora, gli effetti della crisi non si fanno sentire. Si parla di tagli ai finanziamenti, ma bisogna rendersi conto che le società artistico-culturali non hanno mai richiesto delle cifre esorbitanti per portare avanti la loro attività. Pertanto, ritengo che La Mandolinistica diretta dalla prof.ssa Arianna Bossi Più che di sviluppo, devo purtroppo parlare di mantenimento della Società. Qualunque passo falso o mossa sbagliata potrebbe portare allo scioglimento di qualche sezione dente del Liceo... Posso dire che la Comunità degli Italiani è una seconda casa per me. Quali soddisfazioni le dona il suo attivismo nella Mandolinistica? Quale è stato il periodo di maggior splendore dell’ensemble? Dal mio punto di vista, credo che il periodo di maggior splendore dell’orchestra sia stato quello che va dal 1982 al 1983-84. A quei tempi, la Mandolinistica contava quaranta elementi, il che ci permetteva di suonare degli arrangiamenti più complessi, fatti dal compianto maestro Floris. Eravamo in grado di interpretare brani sicuramente più impegnativi con un organico talmente ampio. Ricordo un concerto all’aperto all’Auditorio di Portorose nell’estate del 1983, al quale l’orchestra contava 41 elementi. Oggi ne conta da dieci a quindici. Quali sono i criteri in base ai quali si può prendere parte alla Mandolinistica? Uno deve suonare già il mandolino, oppure questo non è una condizione necessaria? Se ci sono delle persone interessate a suonare nell’orchestra, noi abbiamo la possibilità di organizzare dei corsi di mandolino, dei quali finora mi sono occupato io. Ultimamente, tra i giovani ci sono pochi interessati. La musica è un’arte specifica per la quale non tutti sono portati. La situazione ideale sarebbe se alla Mandolistica si unissero persone che hanno già delle basi musicali e che conoscono le nozioni di base del solfeggio. Su “I Virtuosi fiumani” queste è poi più facile insegnare i rudimenti dello strumento. Quali sono i maggiori problemi che al momento attuale devono affrontare non solo la Mandolinistica, ma anche la “Fratellanza”? Ciascuna sezione è un caso a parte. Quello che ci accomuna forse un po’ tutti, soprattutto le sezioni musicali come lo sono i cori maschile e femminile e la Mandolinistica, è la carenza di organico. Questa è in parte comprensibile perché abbiamo una situazione abbastanza specifica. In genere, infatti, al canto corale si dedicano oramai soltanto le persone anziane. I cori della maggioranza forse riescono ancora a trovare nuovi membri, ma per noi questo presenta un problema. Nella situazione in cui ci troviamo posso dire che si fa quello che si può. Al momento, in seno alla SAC operano il coro maschile, femminile e un coro giovanile di recente Eventuali tagli finanziari non dovrebbero riguardare le attività artistico-culturali delle Comunità. La nostra presenza nella società si sente proprio grazie alla cultura e all’arte. Se ci tagliano i fondi, cosa ci rimane? formazione: la Schola Cantorum. Secondo l’idea del mio predecessore Roberto Haller, questo coro dovrebbe un giorno contribuire a rimpolpare le file dei cori maschile e femminile. Per ora questo non è ancora avvenuto, ma speriamo bene. Quante sezioni e quanti attivisti conta la SAC? Le sezioni sono tredici o quattordici; oltre alle sezioni di arti figurative e ceramica contiamo i tre cori di cui sopra e la mandolinisti- se fossero necessari dei tagli questi non dovrebbero riguardare le attività artistico-culturali delle Comunità. In fin dei conti, credo che la nostra presenza nella società si sente proprio grazie alla cultura e all’arte. Se ci tagliano i fondi, cosa ci rimane? Il suo augurio per il futuro della “Fratellanza”? Di esserci ancora, di contare più membri e di dare il meglio di noi stessi. A Pirano si ride con il duo “Caffè Sconcerto” Brillante serata cabarettistica PIRANO - Divertentissima serata cabarettistica presso il Teatro Tartini di Pirano con il duo “Caffè Sconcerto’’ di Venezia. La coppia di attori e registi professionisti Monica Zuccon e Salvatore Esposi- to nasce nel 1990 nel noto locale ZELIG di Milano, attuale tempio del cabaret italiano. I ”Caffè Sconcerto’’ sono stati invitati a numerose trasmissioni televisive per la Rai, Mediaset nonché per emittenti regionali quali Antennatre Nordest e TeleVenezia. Attualmente gli attori collaborano con lo Zelig di Milano e, dal 1999, sono direttori artistici del Festival del Veneto - Teatro Comico e Cabaret di Mestre. Lo spigliato duo, oltre ad esibirsi in tutta Italia, ha già ottenuto eccellenti riscontri in Croazia e, per la prima volta anche in Slovenia, grazie all’ organizzazione dell’evento da parte della Comunità degli italiani “Giuseppe Tartini’’ di Pirano. Un’offerta visiva vivace fatta di pennacchi, luci colorate, lustrini, abiti rossi e neri come pure tanto buonumore sono stati gli ingredienti di cui gli artisti hanno fatto uso durante la brillante serata. In apertura i comici hanno interpretato il brano “Vieni Avanti Cretino’’ su testo e musica degli stessi. Dopo il frizzante inizio gli attori hanno alternato degli sketch con famosi brani musicali cantati in dialetto veneto, in napoletano e in inglese, ovviamente arrangiati per l’occasione. Il pubblico ha ascoltato vari brani tra cui: il malinconico’’Reginella’’ di Bovio/ Lama, “Cabaret’’ di J. Kander, “Voglio Vivere Cosi’’’ di M.Galdieri e G.D Anzi, “Ba...Ba...Baciami Piccina’’ di R. Mordelli, per ascoltare infine il raffinato “Guardastelle’’ e “Vivere’’ accompaganto dal canto e dal ritmico scandire di tutti i presenti. Gli attori hanno proposto una comicità incentrata sui rapporti familiari tra mo- glie, marito e suocere, figli, sui tabù legati alla sessualita’, sull’ attuale politica, soprattutto quella italiana non tralasciando di evidenziare comicamente i tanti pregiudizi. A fine spettacolo il duo ha simpaticamente invitato il pubblico ad acquistare il loro CD “.. e due! Ambo!’’, che propone alcune delle canzoni interpretate al Teatro Tartini di Pirano. 8 musica Mercoledì, 29 aprile 2009 DISCOGRAFIA L’ ultimo CD dell’ Ensemble “Sans Souci” Settecenteschi piaceri musicali regrinazioni attraverso l’Europa, con virtuosi o semplici strumentisti che probabilmente li sollecitarono a scrivere per un rganico poco comune o raramente sfruttato da altri autori italiani. La presenza dei due oboi e del fagotto concertante è infatti tipica della cultura strumentale del Nord Europa, e di Dresda in particolare. Esempi di questo genere di composizione sono estremamente rari tra altri autori italiani del Settecento e lo saranno ancor più nei secoli successivi. Ensemble Barocco SANS SOUCI Passione e abilità al servizio della musica strumentale e vocale DEL SONAR PITORESCO: Piaceri musicali nella repubblica veneziana al tempo di Tiepolo Musiche di Vivaldi, Lotti, Steffani, Platti, Brescianello, Montanari. Ensemble Sans Souci: Giuseppe NALIN: oboe e direzione Marco DEL CITTADINO: oboe Paolo TOGNON: fagotto Pier Luigi POLATO: arciliuto Lorenzo FEDER: clavicembalo Dynamic: CDS 637: www.dynamic.it - Distribuzione: Jupiter: www.jupiterclassics.com La città, e più ampiamente la Repubblica di Venezia, può vantare un ruolo di primissimo piano nell’evoluzione della musica strumentale per i fiati, tanto che sotto questo aspetto non sarebbe improprio definirla come “provincia pedagogica” verso il resto d’Italia. La musica, ovviamente, ma anche l’iconografia e l’editoria musicale veneta contribuirono ad arricchire il livello di sofisticatezza culturale italiana in generale. È possibile ad esempio, riscontrare una straordinaria somiglianza tra gli strumenti mu- L’Ensemble Barocco Padovano SANS SOUCI fondato da Giuseppe Nalin nel 1986, si dedica espressamente all’esecuzione di musiche che vanno dalla metà del 1600 fino alla fine del 1700. Il Sans Souci ha tenuto numesicali costruiti a Venezia e quelli raffigurati nelle grandi opere pittoriche di Baschenis, Tiepolo, Bellini, Tintoretto, Guardi, Bellotto e molti altri. Il programma di questo CD segue un preciso filo logico conduttore, che si dipana nella ricerca e realizzazione di triosonate e sonate (termine che deriva dal veneziano sonada), composte da autori di area o formazione veneta per un organico fondato su due strumenti ad ancia sicastello” di Merano, “Festival Cusiano di Musica Antica del Lago D’Orta”, Festival di Musica Barocca di Zagabria (ZABAF), “Festival Lodoviciano” di Viadana (MN), Festival internazionale di musica antica di Bruges, (Belgio), “Monastir de Pedralbes”, (Barcellona), “Segni Barocchi” di Foligno, Festival e concorso internazionale “Guido d’Arezzo di Arezzo, Musick Sommer di Norimberga, festival barocco di Viterbo, Rassegna “Nei suoni dei Luoghi” del Friuli, Istituto Italiano di Cultura di Parigi. Ha suonato inoltre in Svezia, Inghilterra, Dublino, Irlanda, Francia, Germania, Austria, Ungheria, Spagna, Egitto, Repubblica Ceca, Belgio, Svizzera, Tunisia. In ambito italiano è stato uno dei primi ensemble a riscoprire e incidere la musica di J. F. Fasch e a produrre tre importanti CD con sonate di A. Califano, Carlo e Alessandro Besozzi per la casa discografica Tactus e ri- doppia, l’oboe e il suo basso naturale, il fagotto, che si imposero in Italia proprio agli inizi del Settecento. I compositori delle musiche presentate in questo programma, oltre ad essere accumunati da un legame con la Repubblica veneziana sviluppato per nascita, per studi o frequentazioni, furono tutti attratti dalla speciale bellezza timbrica e particolarità di questi due strumenti a fiato; molti di questi autori vennero in seguito a contatto, durante le loro pe- Saggi di Pasqua della SM “Ivan Matetić Ronjgov” Piccoli concertisti all’opera FIUME - Ottimo successo dei concerti di Pasqua degli alunni della Scuola di Musica di Fiume “Ivan Matetić Ronjgov” tenutisi nella splendida cornice del Museo del Mare che hano visti impegnati sia i ragazzi del livello elementare - con il saggio pomeridiano - che i “giovani concertisti” della scuola media superiore. I Sans Souci rosi concerti per: “Associazione Musicale Romana”, Palazzo dei Congressi di Ivrea, Auditorium del Conservatorio di Torino, festival di musica antica “Echi Lontani” di Cagliari, Festival Internazionale dei Concerti per Organo nella Chiesa di St. Etienne di Aosta, Salone del Museo di Castelvecchio di Verona, Castello “Cini” di Monselice e Castello del “Catajo” di Battaglia Terme Festival Internazionale “Mu- prese anche in un filmato in DVD. Nel 2007 la sua produzione si è arricchita di un CD con un programma vivaldiano (Dynamic) mentre nel 2008 ha prodotto un CD con pagine di Lotti, Vivaldi Brescianello, Platti, Steffani con un organico di due oboi, fagotto concertante e b.c. in uscita per il 2009 ed edito sempre da Dynamic. Numerose le registrazioni tv e radiofoniche per emittenti italiane ed estere. giro giro tondo quanto suona il mondo Stjepan Hauser al “Rostropovich day” Al suono della chitarra... Ivan Vihor Krsnik Čohar alle prese con lo Studio in fa min. di Chopin Al pianoforte, al violoncello, all’arpa, ai fiati, alla chitarra o impegnati nel canto, gli allievi hanno dato lodevolissima prova d’impegno e musicalità dando a presagire, per alcuni, un futuro da concertisti di livello; se sorretti da lavoro costante e volontà di porsi al servizio della Musica, più che da ambizioni di affermazione personale. Non possiamo che esprimere il nostro plauso pure ai solerti insegnanti che pazientemente, e mossi dal desiderio di trasmettere la più bella delle Arti, formano generazioni di valenti futuri musicisti. (pvm) ERRATA CORRIGE In seguito ad un disguido tecnico, nel supplemento Musica inpiù di marzo l’articolo dedicato ai Canti Patriarchini di Luigi Donorà (pag. 4-5) è uscito erroneamente con la firma di Fabio Vidali. Nell’articolo sul futurismo (pag. 2-3) di Fabio Vidali invece è saltata mezza frase che, riportata integralmente, doveva essere la seguente: “ tanto che la prima ‘grande azione squadristica’ (1919) vedrà tra i suoi ‘comandanti’ lo stesso Marinetti che, nel novembre di quell’anno, figurerà nella lista dei candidati fascisti in campagna elettorale”. Ci scusiamo vivamente con gli autori dei testi e con i lettori. LONDRA - Il violoncellista polese Stjepan Hauser parteciperà, il prossimo 2 maggio, al “Rostropovich day” che si terrà alla Wigmore Hall di Londra. Astro in ascesa del concertismo internazionale Hauser interpreterà accompagnato un complesso da camera composto dai migliori violoncellisti londinesi, il Concertino per violoncello e orchestra op.132 di Prokofiev. La trascrizione per tale di tipo di compagine porta la firma del grande violoncellista russo venuto a mancare qualche anno fa. Stjepan Hauser aveva suonato alla presenza di Rostropovich in un concerto a Palazzo Vecchio. In tale occasione il grande artista aveva dichiarato, a proposito di Stjepan Hauser Hauser, di non aver mai udito un talento simile. (pvm) Anno V / n. 38 del 29 aprile 2009 “LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina IN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat edizione: MUSICA [email protected] Redattore esecutivo: Patrizia Venucci Merdžo Impaginazione: Željka Kovačić Collaboratori: Helena Labus, Neven Stipanov e Fabio Vidali Fotografie: Claudio Chicco, Ivor Hreljanović e Zlatko Majnarić La pubblicazione del presente supplemento viene supportata dall’Unione Italiana grazie alle risorse stanziate dal Governo italiano con la Legge 193/04, in esecuzione al Contratto N° 83 del 14 gennaio 2008, Convezione MAE-UI N° 2724 del 24 novembre 2004