INDICAZIONI STRADALI SPARSE PER TERRA di Nedzad Maksumic, Diego Acampora, Chiara Bosco con Chiara Bosco Marta Campigotto Davide Simonetti scenografie Maurizio Fò regia Diego Acampora in collaborazione con Scheda tecnica Lo spettacolo è stato replicato in posti diversi e in modalità diverse. E' stato pensato per poter essere presentato ovunque, in qualsiasi spazio aperto, chiuso, piccolo o grande, con una zona scenica di minimo 2x6 m. La scenografia è camaleontica, si adatta a quel che c'è nel luogo che ci ospita, è portatile e leggera. Per questioni di trasporto, chiediamo la presenza in scena di un tavolo, 3 sedie di legno. Audio: non vi sono strumenti amplificati. Alcuni brani musicali sono registrati, per questo ci occorrono due casse acustiche e un mixer, il pc portatile lo portiamo noi. Luci: sono minimamente necessari 3 spot da 500W Fresnel laterali orientabili e controluce, 2 spot piano convessi, un sagomatore. Sinossi "Se ti imbatti nel pericolo, non essere coraggioso, anche spinto dalla disperazione. Tenta di sopravvivere." Un prontuario, un manuale di istruzioni, una cinica descrizione della vita in una città in stato d'assedio. La Bosnia della guerra raccontata attraverso le parole di Nedzad Maksumic diventa così il simbolo di tutte le guerre, quelle degli uomini, delle donne, dei bambini. Un collage di indicazioni per preservare la propria umanità anche quando tutto sembra essere distrutto. Cosa significa vivere in una città assediata? Come si affronta giorno dopo giorno la presenza di cecchini che sparano dall'alto, vicini di casa che spariscono e non tornano più? Come si vive con la guerra incasa? Queste e molte altre domande hanno cominciato a premere qualche anno fa: le risposte, quando ci sono, non sono per nulla facili. Nel 1992, le guerre balcaniche entravano nel vivo con l'inizio dell'assedio di Sarajevo. Da allora abbiamo assistito alla fine dell'iniziativa bellica – culminata nell'intervento NATO sulla Serbia del Marzo-Maggio 1999 - e allo smembramento totale dell'ex-Jugoslavia. Sono passati venti anni che hanno cambiato il volto dell'area orientale dell'Europa, quella che si affaccia verso il medio oriente e le regioni caucasiche. Vent'anni che hanno messo alla prova un'Europa sempre più in difficoltà da un punto di vista politico. Vent'anni che hanno messo la exJugoslavia sotto i riflettori per poi confinarla nell'oblio e nella disinformazione. Indicazioni stradali è il nostro modo di raccontare la ex-Jugoslavia e la sua storia, che è la nostra Storia, che parla di noi, di quel che eravamo e potevamo essere, di quel che siamo diventati, di ciò che ci attende come cittadini europei. Indicazioni stradali è, infine, un atto d'amore verso un popolo, una cultura, una terra che, fortunatamente, non è solo guerra. La storia Lo spettacolo nasce nel 2010 da un'idea di Diego Acampora, esperto e «ammalato di Jugoslavia», e di Chiara Bosco, attrice torinese contagiata. Ha poi preso vita attraverso i corpi di Marta Campigotto, Gabriele Pupo, Davide Simonetti e Federico Palumeri, che, come Chiara, fanno parte della compagnia Doppeltraum. La storia dello spettacolo segue il corso delle riflessioni della compagnia sul tema del conflitto balcanico e, per questo, negli anni si sono susseguite edizioni sempre diverse. Nato come una lettura di testi di Adriano Sofri e Paolo Rumiz, accompagnati dall'oboe di Federico Forla, si è evoluto verso un vero e proprio testo collettivo, in cui lo scritto del regista bosniaco Maksumic è diventato la cornice per il ritratto delle umanità colpite dalla guerra. Le storie si raccolgono, la complessità dei temi aumenta e lo spettacolo riflette dubbi, perplessità, interrogativi. O, semplicemente, le persone incontrate. I luoghi delle repliche sono stati, negli anni, i più diversi: circoli Arci, festival, serate dedicate alla Jugoslavia. Poi una tournée nei Balcani: Novi Sad, in Serbia, il Nišville Jazzfestival di Niš (Serbia) e il famoso Kino Bosna di Sarajevo. “Proteggi i ricordi, le fotografie, le prove scritte del fatto che sei esistito. Se tutto brucia, se perdi tutto, se ti prendono tutto… dovrai dimostrare anche a te stesso che una volta eri” Note di regia Quando ci avvicinammo alla Jugoslavia fu attraverso immagini e parole difficilmente comprensibili che arrivavano dalla televisione e dai giornali. Erano gli anni '90: l'Europa, intesa come comunità sociale e politica, muoveva i suoi primi, problematici passi. Le notizie che arrivavano dalla Croazia e poi dalla Bosnia erano troppo complesse per le nostre visioni provinciali, e ne scaturiva una reazione solo emotiva, dettata dalla ferocia degli scontri e dalle crude immagini. L'approccio più sbagliato: niente, più di un primo piano sul pianto di una bambina profuga sofferente, negava la possibilità di una messa a fuoco che abbracciasse la complessità di quel conflitto. Poi vennero i libri, e i viaggi. I luoghi, le interviste, le persone incontrate, il confronto - anche aspro - tra coloro che scrissero di quelle guerre. Ancora oggi, a distanza di un ventennio dall'assedio di Sarajevo, non è così facile rimettere le tessere del puzzle al loro posto. Un'interminabile serie di cause ed effetti aveva introdotto la Modernità dentro a quel paese nella maniera più tragica possibile. È stata questa constatazione a stimolare la scrittura di uno spettacolo teatrale sulla Jugoslavia degli anni Novanta. La sensazione, sempre più ingombrante col passare del tempo, che ciò che accadeva al di là del Mar Adriatico stava parlando a noi europei pacificati e tranquillizzati dal normale corso delle nostre vite globalizzate. Parlare di Jugoslavia costringeva a rivedere molte delle nostre convinzioni rispetto a concetti quali convivenza, guerra, pace, socialismo, multiculturalismo, etnie, intervento umanitario. Parlava alla sinistra, senza dubbio: già scossa dagli eventi dell'89, essa si trovò smembrata e conflittualmente divisa nel giudizio sugli eventi jugoslavi. Segno che non era possibile una visione manichea rispetto ai cambiamenti in atto: troppo semplice osservarli con uno sguardo novecentesco, troppo cinico giudicarli attraverso la categoria di male ineluttabile. A distanza di anni, Indicazioni stradali sparse per terra è un primo tentativo di squarciare il velo di quella complessità: data la mole di fatti ed interpretazioni, non è stato possibile nè auspicabile concentrarsi sugli aspetti - pur centrali - geopolitici o economici delle vicende, che nella messa in scena rimangono sullo sfondo, e solo "sfiorati" dalle parole pronunciate dai personaggi. Se, come hanno dimostrato Paolo Rumiz e Luca Rastello, le guerre jugoslave furono eminentemente conflitti perpetrati dalle dirigenze contro i popoli che abitavano quelle terre, era da questi ultimi che dovevamo ripartire per raccontarle. L'umanità jugoslava alle prese con il caos, con le bombe, con la tragedia quotidiana. Con la materialità della vita che ti esplode davanti all'improvviso e costringe ad un ripensamento di azioni e idee. Ci è venuto incontro Nedzad Maksumic, regista teatrale bosniaco che nel 1995 scrisse degli appunti e li chiamò, appunto, Indicazioni stradali sparse per terra. In quel "manuale di istruzioni" è condensato tutto l'amore per l'uomo e il tragico cinismo - non sempre condivisibile - di chi si appresta a vivere l'inferno. La guerra trasforma le persone, torce il corso delle loro vite, rende banale qualsiasi arroccamento o riferimento a ideologie e convinzioni che appaiono vuote davanti a brandelli di corpi che schizzano in aria. C'è dell'altro, però. L'umanità non reagisce in modo uniforme a questi avvenimenti: il ventaglio di reazioni comprende l'ingenuità, la saggezza, il crudo cinismo, la rabbia e la violenza, la volontà di tenere assieme i nuclei umani più stretti, la possibilità di ricostruzione e di cura delle relazioni. I personaggi che accompagnano l'andatura dello spettacolo sono simbolo e manifestazione di tali differenti approcci alla guerra e alle tragedie sociali in genere. Questo affresco jugoslavo degli anni novanta, pur nella sua distanza storica dagli eventi contemporanei, parla di noi: quel che siamo, quel che potremmo (evitare di) diventare. Diego Acampora Dicono di noi «Quel testo, che prova a spiegare cosa è la guerra, è tratta dal diario di guerra Indicazioni stradali sparse per terra del poeta bosniaco Nedzad Maksumic. Lo spettacolo che porta lo stesso nome, portato nel 2013 in scena dalla compagnia Doppeltraum Teatro con la regìa di Diego Acampora, riprende idealmente e tecnicamente il testimone, facendone l'asse privilegiato della propria scrittura e narrazione e riproponendo con analoga sensibilità – dolente e vigile senza essere orrorifica – la stessa costellazione etico-politica: lo mette in gioco e apre scenari attorno al testo, dandogli materialità attraverso i corpi di tre personaggi – una bambina, un mercenario, una studentessa – ed evocando ectoplasmi allucinati che raccontano un presente assurdo e un futuro impossibile. [...] Indicazioni stradali coglie nel segno e ci ricorda cosa continuiamo a dimenticare. Non solo per chi nei » Novanta non c'era, davvero utile e auspicabile. Enrico Manera - ISTORETO Istituto Piemontese Per La Storia Della Resistenza e Della Societa' «La scenografia essenziale, la musica e i suoni catapultano lo spettatore nella Sarajevo sotto assedio dove un giovane uomo cade preda della semplice quanto brutale realtà dei gruppi paramilitari. Arruolatosi per sfuggire ad una povertà ormai insostenibile diventa suo malgrado carnefice assoggettato alla violenza di una guerra che troppo spesso è stata semplificata con 'motivazioni etniche'. Il soldato vive una banalizzazione del male, in contrapposizione con il secondo personaggio che nei panni di una bimba tanto ingenua quanto saggia sembra cogliere verità incomprensibili ai più. Spetta a lei puntare il dito verso le Nazioni Unite e il loro immobilismo quando, scambiando i carri armati per macchine del gelato, fra una corsa e l'altra per scampare alle “punture” dei cecchini, domanda loro “perché se avete i fucili vi nascondete dietro le arance?”. Ma la speranza per un domani senza guerra è riposta nel terzo personaggio: una giovane donna, spaventata ma coraggiosa, l'unica dei tre a conservare quella lucidità da cui, un giorno, ripartire. E' il suo istinto materno a preservare gli oggetti e le amicizie, a consegnare allo spettatore un monito pesante quanto un macigno per cui tra le pieghe di un breve e incompleto notiziario televisivo e il primo piano sul pianto di una bambina profuga ». sofferente si celano storie di uomini e donne Lorenzo Bodrero – IRPI Investigative Reporter Projects Italy Doppeltraum Teatro Un doppio sogno Doppeltraum Teatro è una compagnia torinese nata nel 2012. Il suo nome è al tempo stesso una presentazione e una dichiarazione di intenti: doppio sogno, cioè unire il teatro alle cose da dire sul mondo in cui viviamo. Doppeltraum ama raccontare storie, narrando, cantando o suonando, con testi originali o già editi, attraverso una ricerca sulla parola che testimonia, vive e tenta di sopravvivere. Lavora a Torino e organizza laboratori e seminari teatrali rivolti alla cittadinanza, conciliando ricerca artistica e sviluppo del territorio. È di casa al +SpazioQuattro di Torino e gestisce la programmazione delle Officine Folk, bottega teatrale del progetto Cortocircuito della rete Piemonte dal Vivo. Gli spettacoli Doppeltraum Indicazioni stradali sparse per terra, di Diego Acampora Umane Risorse, di Francesco Marabeti Nikola - Ricordi di chi inventò un secolo, di Davide Simonetti I Dialoghi del Terzo Tipo, di Ferdinando De Blasio Gli spettacoli patrocinati Piemonte dal Doppeltraum da dal Vivo, Ministero Culturali e Comune del dei di Torino, Regione Beni e Turismo sono rete Piemonte delle Attività (MiBACT). e Info e contatti in collaborazione con Sede operativa 8 R à8 +SpazioQuattro, Via Saccarelli, 1 Officine Folk, Via Luserna di Codice fiscale Partita iva or , - Torino - Torino 97761280011 10837660017 Per informazioni e contatti: 011 19116226 - [email protected] www.doppeltraum.it www.facebook.it/doppeltraum.teatro