ECHI CARIGE
Echi Carige
Inaugurazione delle Filiali di Gavi e Viterbo
L’espansione della rete operativa di Banca Carige, caratterizzata nell’ultimo periodo da
un’intensa attività di acquisizione di sportelli da altre banche, prosegue parallelamente
con l’apertura di nuove filiali, in diverse regioni italiane, per acquisire una presenza sempre più capillare e vicina alle diverse realtà nazionali.
Nel mese di settembre sono state inaugurate due nuove filiali, marchio Carige: la filiale di
Gavi, in Piemonte, e la filiale di Viterbo nel Lazio.
Gavi
Il giorno 16 settembre è stata presentata alla cittadinanza la nuova filiale di Gavi, situata
nella centrale Piazza Dante, filiale che va ad aggiungersi alle dodici già presenti sul territorio della provincia di Alessandria, una realtà geograficamente e storicamente legata alla Liguria e a Genova in particolare.
Dopo la benedizione impartita da don Marco Repetti, parroco della chiesa di San Giacomo Maggiore, il presidente, dottor Giovanni Berneschi, ha portato il saluto di Banca Carige, sottolineando come stretti e intensi siano i legami economici tra Gavi, terra del Cortese, e la Liguria, legami che Banca Carige vuole rafforzare ponendosi al servizio delle imprese e delle famiglie gaviesi, finanziando l’espansione agricola e industriale della zona.
Il presidente era accompagnato dalla Direzione Generale al completo e dal professor Adalberto Alberici e da Paolo Cesare Odone, membri del Consiglio d’amministrazione.
In rappresentanza della Fondazione Carige, è intervenuto il presidente professor Vincenzo Lorenzelli.
A porgere il saluto della città è stato il sindaco Francesco Repetto. Tra le autorità locali
sono intervenuti il Presidente del Consiglio Provinciale di Alessandria, dottor Adriano
Icardi, accompagnato dal consigliere dottor Carlo Massa, il questore di Alessandria, dottor Antonio Nanni, e l’onorevole Renzo Patria.
L’inaugurazione di Gavi.
Fra le Autorità,
il Questore dott.
Nanni, l’On. Patria
e l’Assessore Gualco
del Comune di Gavi.
In rappresentanza di
Banca Carige, i dirigenti
Cavanna, Da Passano
e Seronello.
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Gavi. Il Sindaco
Francesco Repetto
e il presidente della
Carige, dott. Berneschi,
si stringono la mano
a conclusione della
cerimonia, alla presenza
del direttore generale
Sanguinetto e dei
vicedirettori Poggio
e Arzani.
Viterbo
Un bel sole autunnale ha salutato, il giorno 22 settembre, l’inaugurazione della filiale
di Viterbo, capoluogo dell’ultima provincia laziale dove ancora mancava la presenza di
Banca Carige. Sale così a 33 il numero delle filiali e dipendenze Carige presenti nel Lazio, a cui si aggiungono, a livello di gruppo, le oltre 50 agenzie delle società Carige Assicurazioni e Carige Vita Nuova.
A fare gli onori di casa, nei nuovi locali di Via Genova, sono stati il professor Adalberto
Alberici, consigliere d’amministrazione e membro del comitato esecutivo, docente alle
Facoltà di Economia di Genova e di Milano, il direttore generale Alfredo Sanguinetto, il
vice direttore generale dottor Carlo Arzani, insieme ad altri alti dirigenti, il direttore
della nuova agenzia Giorgio Mirasole con i suoi collaboratori. La benedizione è stata impartita dal vicario generale della diocesi di Viterbo, Monsignor Pietro Concioli,
assistito dal parroco di Santa Maria del Paradiso, don Egidio Bongiorni. La città è stata rappresentata dal sindaco,
dottor Giancarlo Gabbianelli.
Banca Carige si è presentata così ai viterbesi: una banca
che guida un gruppo bancario di notevoli dimensioni, il
tredicesimo a livello nazionale, ma che ha mantenuto la
propria identità originaria di “cassa” legata al territorio
e vicina alle esigenze delle famiglie e delle piccole e medie imprese.
In basso
Nell’immagine
a sinistra, l’intervento
del prof. Alberici
a Viterbo. Alla sua
sinistra il direttore
generale Sanguinetto
e il vicedirettore
generale Arzani.
Nell’immagine a destra,
il Sindaco di Viterbo,
Giancarlo Gabbianelli, si
intrattiene col direttore
generale Sanguinetto.
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Collezioni d’arte di Banca Carige: una visita che è quasi una tradizione
È ormai un appuntamento tradizionale dell’autunno genovese la visita alle collezioni d’arte
di Banca Carige, l’occasione per conoscere un patrimonio artistico solitamente non visibile,
custodito negli uffici del palazzo della sede di Genova. Per il terzo anno consecutivo, in associazione con la giornata “Invito a Palazzo” organizzata, a livello nazionale, dall’Associazione
Bancaria Italiana, sono state aperte al pubblico, per otto giorni, le sale che contengono i pezzi più significativi di una raccolta ricca e variegata, secondo
lo spirito dell’antico collezionismo genovese. Ecco quindi la
collezione di dipinti, che spazia dai maestri italiani del Cinquecento ai pittori contemporanei, passando per Van Dyck
e Guercino, a cui sono affiancati arazzi, stampe, maioliche,
monete, argenti, per la soddisfazione degli appassionati dell’arte e della bellezza. In più, quest’anno, Banca Carige ha voluto riservare al pubblico, accorso numerosissimo, una sorpresa eccezionale, un capolavoro della pittura europea del
XVII secolo. Grazie alla disponibilità di un collezionista privato, è stato esposto per la prima volta al pubblico, nel salone di rappresentanza del XIV piano, il dipinto di Rubens L’educazione di Bacco, uno svolgimento in forma particolarmente vibrante e insolita di un tema profano, espressione
della gioia di vivere, molto caro al maestro d’Anversa e alla
dorata società genovese del Seicento.
Il Salone
di Rappresentanza
di Banca Carige dove è
stato esposto il dipinto
di Rubens L’educazione
di Bacco (nella pagina
a fronte).
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“Una magistrale padronanza nella conduzione del pennello produsse una modulazione “sprezzante” della pasta cromatica,
come solo il maestro di Anversa era solito fare negli stadi progettuali. Con una prassi fluente e concitata l’artista applicò colori pastosi, dove il segno dello strumento di stesura è lasciato a vista nei
contorni marroni e nel tratteggio delle ombreggiature, mentre è condotto a non finito nella zona
inferiore di fondo, dove emerge la preparazione terrosa della tela. Colpi di pennello, apparentemente del tutto ingovernabili, applicano nuove gamme cromatiche sulla base di fondo creando,
ad esempio nella resa della corteccia lignea o del vello delle gambe caprine del satiro, un effetto di
vibrazione indefinibile. Gli incarnati sono ricchi ora di ombre profonde, ora di intense velature di
un rosa intenso, ora di lumeggiature a biacca per le parti colpite dalla luce. Il cielo consiste in una
fittissima tramatura marezzata di impasti spumosi e grumosi bianchi, azzurri e cobalto. La tigre
acquista una straordinaria forza formale in virtù di un impasto denso e variegatissimo che suggerisce la consistenza tattile del manto di pelliccia tramite un tratteggio risolto in microcreste di
biacca.”
Così si esprime Daniele Sanguineti a proposito di questo dipinto mettendone in evidenza
la qualità straordinariamente alta, che lo inserisce nella intensa produzione rubensiana di
opere raffiguranti temi bacchici; l’artista infatti, in seguito agli studi su gruppi marmorei
classici e alla visione diretta dei Baccanali di Tiziano - eseguiti per Alfonso d’Este e portati a Roma dal card. Aldobrandini – trattò più volte questo soggetto. Vengono ricordati il
Satiro e Ninfa con leopardi, Montreal Museum of Fine Arts, il grandioso Sileno ebbro della
Alte Pinacothek di Monaco, il più tardo Bacco di Leningrado, lo splendido Baccanale della Collezione Durazzo Pallavicini di Genova. Del dipinto qui esposto lo studioso sottolinea
le caratteristiche di estrema immediatezza e scioltezza di linguaggio comuni a tutta una
serie di bozzetti su vari supporti (carta, legno, tela) eseguiti per lo più in preparazione ad
opere di dimensioni monumentali e, in ogni caso, riconducibi alla mano del Maestro; il
tema bacchico trovò un mezzo di straordinaria diffusione nelle incisioni, come il Sileno con
le due tigri di Lucas Vosterman, alle quali soprattutto si deve la divulgazione dell’iconografia con le diverse varianti che ebbe diffusione non solo in area fiamminga. Alle opere
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maturate all’interno della cerchia dei seguaci e collaboratori di Rubens, appartiene il dipinto dell’Accademia Albertina di Torino, attribuibile forse a Vincenzo Malò (D.S. Un Bacco da Rubens, Accademia Albertina di Torino, Soprintendenza per il Patrimonio Storico,
Artistico e Demoetnoantropologico del Piemonte, Torino 2004) del quale si conoscono diverse copie: nella stessa collezione torinese, nel Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo a
Roma e presso la collezione Defort di Bruxelles. Inoltre si ricordano il Baccanale del Museo Pushkin di Mosca, il Bacco ebbro montato su una pantera che Antonio van Dyck regalò all’amico Cornelio de Wael prima di partire da Genova e il Sileno ebbro di Jan Roos della Galleria di Palazzo Bianco a Genova.
Proprio a Genova in particolare il
tema sembra aver avuto singolare
fortuna al tempo della formazione
delle numerose, ricchissime collezioni: Carlo Giuseppe Ratti, nel
1780, indica un Baccanale con Sileno e putti del Rubens nel palazzo
di Pietro Gentile, un Sileno, quadro
sopraporta del Rubens nella casa di
Domenico e Giuseppe Pallavicini,
un Bacco con due figure del Rubens
nella collezione di Maria Margherita de Caron de Nisas Spinola. Federigo Alizeri nelle sue Guide,
1846-1847 e 1875, ricorda a sua volta due dipinti rubensiani con Scene bacchiche nel Palazzo di Agostino Pinelli, oltre al sopra indicato
dipinto Durazzo Pallavicini, al Baccanale che sa di Rubens nel Palazzo Spinola di Pellicceria, un Sileno
ubriaco tra forme di baccanti e di satiri “che ride e sfavilla di magiche
tinte” nel palazzo De Mari Sopranis e, infine, un Sileno tra un fauno
e una baccante nella quadreria dei
fratelli Spinola. Di particolare interesse, nel discorso relativo al dipinto esposto, è l’indicazione dell’Alizeri (1846) riferita a un dipinto raffigurante “un Satiro
con putti e una tigre lattante del Rubens” nel palazzo di Francesco Donghi che si inserisce nella serie di opere citate dalle fonti.
Non sarà inutile ricordare inoltre, nell’ambito delle collezioni genovesi, lo straordinario dipinto raffigurante Venere e Marte (1635 c.) della Galleria di Palazzo Bianco che si trovava
nella collezione Brignole Sale già nella seconda metà del secolo XVII: il tema bacchico che
apparentemente è relegato in secondo piano, in realtà informa tutta la composizione nello sciogliersi della violenza della guerra in una ricerca del piacere, mentre un amorino
gioca con le armi del lanzichenecco. Nella stessa collezione, e nella stessa epoca, esisteva anche una Tigre di Pietro Paolo Rubens.
Il tema rubensiano, presente in così numerose opere, non mancò di venire ripreso anche
nella pittura genovese come testimoniano, oltre ad un dipinto attribuibile a Gio Lorenzo Bertolotto in collezione privata, anche la frequentazione che ne fece Domenico Piola il quale in-
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terpretò il tema bacchico come Allegoria della stagione autunnale nella splendida tela della
collezione Torriglia a Chiavari e nel Baccanale di putti di collezione privata genovese, rielaborandolo inoltre in affreschi (Palazzo Rosso e Cambiaso in Fossatello). Del resto, alla fonte
rubensiana del Satiro con cesto di frutta di collezione privata non dembra estraneo L’Autunno di Gioachino Assereto (Dole, Musée des BeauxArts); senza dimenticare che il tema è ancora vitale in Bartolomeo Biscaino (disegno con il Trionfo di Sileno al Prado, n.F.D.1881, incisione raffigurante Satiro con una Ninfa e tre bambini, Bartsh, XXI, 39) e, nei suoi esiti più
lontani, nello stravolgimento panico di Gio Benedetto Castiglione, il Grechetto.
Veronese a Parigi
Il 2004 è un anno di grandi spostamenti per le opere d’arte della collezione di Banca Carige.
Il record di distanza spetta senz’altro alla tela di Paolo Veronese “Susanna e i vecchioni “
che, dopo l’apparizione nella mostra genovese “L’Età di Rubens. Dimore, committenti e
collezionisti genovesi”, è partita alla volta di Parigi per essere esposta nella mostra ‘Veronese Profano’, dedicata all’opera del grande pittore veneto, allestita nel Palazzo del Lussemburgo, sede del Senato francese, fino al 30 gennaio 2005. Date le sue notevoli dimensioni, l’opera non aveva mai lasciato la sua sede abituale da quando, alla fine degli anni
’60 del Novecento, era entrata a far parte della raccolta di dipinti antichi della banca.
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