i ragni italiani tra mito e realtà… e una sana dose di evidenza

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FOCUS DISINFESTAZIONE
i ragni italiani tra mito e realtà…
e una sana dose di evidenza scientifica
Claudio Venturelli, Lorenza Baiardi*, Silvia Mascali Zeo**
Gli autori riportano una serie di informazioni utili cui attingere per
conoscere le caratteristiche e la pericolosità relativa alle specie di
ragni più comuni presenti sul territorio italiano. Per destreggiarsi,
con un po’ di concretezza scientifica, tra inutili allarmismi e sciocche sottovalutazioni del problema.
I ragni rappresentano una delle maggiori fobie nelle culture occidentali, spesso associati
ad una reazione di timore e disgusto per chi
li osserva. La paura nei confronti di questo
animale sembra risalire al medioevo, rappresentanti di un simbolismo negativo, divennero presagio dell’arrivo di avvenimenti nefasti, soprattutto durante il periodo della diffusione della peste in Europa.
Appartengono alla Classe degli Aracnidi e
all’ordine degli Aranei, attualmente a livello mondiale sono note 110 famiglie di ragni
con 3565 generi e 38663 specie; per l’Italia
sono note 49 famiglie con 375 generi e 1534
specie (Trotta, 2005).
Carnivori e predatori, possiedono due appendici articolate davanti alla bocca, con cui
afferrano la preda, i cheliceri, dove sono alloggiate delle ghiandole contenenti veleno,
racchiuse in una sottile membrana elastica
e dotate di un canale velenifero che sbocca
nella parte apicale dell’uncino.
I ragni presentano il corpo diviso in due parti collegate da un ristretto peduncolo, una
regione anteriore fortemente sclerificata, e
una regione posteriore. Sono dotati di 1 paio
di cheliceri, 1 paio di pedipalpi e 4 paia di zampe. La caratteristica che forse più delle altre
ha reso famosi i ragni, è la capacità di secernere la seta attraverso delle ghiandole che
si trovano nella parte posteriore del corpo.
Questa viene utilizzata sia per la costruzione delle ragnatele sia per avvolgere le pre-
de. Nel mondo esistono circa 40.000 specie
di ragni conosciute, ma di queste sono circa 200 quelle considerate pericolose per l’uomo. Con il termine aracnidismo, infatti, si definisce l’azione prodotta dal loro veleno, che
può contenere tossine ad azione neurotossica, sul sistema nervoso e sulle attività che
regolano il funzionamento muscolare o necrotico sui tessuti, cioè in grado di provocarne
la distruzione a livello locale. Le specie più
pericolose appartengono ai generi Latrodectus, Steatoda, Loxosceles, Atrax, Phoneutria, Cheiracanthium. Nel mondo sono
presenti oltre 40 specie di ragni conosciuti
volgarmente come vedove nere appartenenti
al gruppo Latrodectus, inclusi L.hasselti
(red back spider-ragno dalla schiena rossa), L. mactans diffuso soprattutto in Nord
America e nelle Antille L. tredecimguttatus
(falsa vedova nera europea). Il morso dei ragni appartenenti a questo genere, è causa di
una sindrome che prende il nome di latrodectismo, rilevata in diversi paesi con rari casi
di morte. I sintomi più riconosciuti sono ipertensione, ipertermia,rigidità muscolare, diaforesi, lacrimazione, senso di soffocamento.
Dalla stessa famiglia dei Latrodectus (Theridiidae), provengono i ragni appartenenti al gruppo Steatoda, ormai presenti in tutti i continenti, anche se le specie più pericolose provengono dall’Australia. E’ nota
come steatodismo, la sindrome causata dal
morso di uno dei rappresentanti di questo
gruppo, i cui sintomi sono simili ma meno
gravi rispetto al latrodectismo. Casi di steatodismo sono stati rinvenuti in Europa per
S.nobilis, importata dalle Canarie sulle isole inglesi. La letteratura riporta di una donna con dolori locali e diffusi, sudorazione e
stati febbrili (Warrel et al.,1991). I ragni appartenenti al gruppo Loxosceles sono responsabili di aracnidismo necrotico, conosciuto come Loxoscelismo. Sono diffusi in
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FOCUS
Tegenaria Parietina e
la sua tana
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molte parti del mondo, specialmente negli
Stati Uniti e Sud America anche se casi di morsi sono riportati in Europa (L.rufescens). Il
morso di questo ragno risulta fastidioso e frequentemente ha luogo di notte quando il paziente è a letto e può schiacciarlo inavvertitamente. E’ scarsamente aggressivo ma il suo
morso causa edemi, necrosi ed ulcere nelle parti colpite, sintomi generalmente accompagnati da febbre. A queste manifesta-
zioni possono aggiungersi gravi complicazioni
sistemiche. Le specie di ragni più diffuse in
Italia sono: Argiope bruennichi (Araneidae),
Cheiracanthium punctorium (Clubionidae), Dolomedes fimbriatus (Pisauridae),
Hogna radiata (Lycosidae), Micrommata
virescens (Eusparassidae), Segestria florentina (Segestriidae), Tegenaria parietina
e agrestis (Agelenidae) Zoropsis spinimana
(Zoropsidae), Steatoda paykulliana. Instancabili tessitori sono anche il Ragno crociato ( Araneus diadematus ), l’ Argiope fasciata, dall’addome giallo e nero, o la Zygiella.
Le conoscenze sulla pericolosità dei ragni
sono molto scarse e anche in Italia le informazioni passano attraverso il web dove è possibile incappare in vere e proprie “bufale”.
Con un po’ di pazienza e tempo si possono
visitare i numerosi forum nei quali, appassionati aspiranti zoologi si dilettano a rispondere alle domande più stravaganti che
provengono da mamme impaurite o persone
“aracnofobiche”. Le notizie che si leggono
sono a volte molto ben dettagliate ma ben
più spesso, lasciano spazio al dubbio sulla loro
veridicità e concretezza scientifica. Molto più
frequentemente sono fonte di falsi allarmismi. In realtà sono poche le specie di ragni
italiani definite pericolose, e fra queste
elenchiamo: Latrodectus tredecimguttatus,
Steatoda paykulliana, Loxosceles rufuscens, Dolomedes fimbriatus, Lycosa tarentula, Cheiracanthium punctorium, Tegenaria agrestis. Latrodectus tredecimguttatus, malmignatta, il suo morso non causa
quasi mai le gravi conseguenze imputabili al
suo parente americano, ma può essere co-
munque molto pericolosa soprattutto per
bambini e anziani. La malmignatta è di colore nero lucido, ha il corpo globoso con tredici piccole macchie rosse sulla superficie dorsale dell’addome. . Si può trovare soprattutto
in Maremma, in Liguria, nel meridione e nelle isole, ma è presente anche in Emilia-Romagna (Calista et al, 2003). Su Steatoda paykulliana le informazioni trovate in internet
danno adito a interpretazioni diverse tra loro:
in alcuni casi suggeriscono una sua presunta
pericolosità, in altri tutti i rappresentati del
genere Steatoda sono definiti innocui per
l’uomo; in realtà una pubblicazione degli anni
‘60 riferisce come il veleno di questo ragno
risulti tossico nei confronti dei mammiferi,
avendo un effetto sulle cavie (Guinea pig),
paragonabile a quello della latrotossina (Z.
Maretic,1964). Nonostante ciò non siamo stati in grado di ritrovare in letteratura informazioni su casi di avvelenamento nei confronti dell’uomo provocati da questo ragno.
Una delle spiegazioni fornite è: “o le popolazioni italiane di queste specie non sono
velenose per l’uomo oppure (ipotesi più probabile) il loro modo di vita è tale da rendere difficili gli incontri con l’uomo” (Brignoli, 1969a).In realtà, proprio nel mese di
dicembre 2010, siamo stati contattati da una
persona che ci ha consegnato un esemplare di Steatoda paykulliana (identificata da
noi). La paziente ha dichiarato di aver ucciso il ragno dopo che questi l’aveva morsa ad
un polpaccio procurandole non pochi problemi. Aspetti clinici descritti dalla dott.ssa
Daniela Bartolini: “Inizialmente il morso ha
procurato dolore nel punto di contatto che
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fica (4 mm) depigmentata nell’area di inoculazione”. Cheiracanthium punctorium, è
diffuso in Italia (in particolare Veneto, Emilia
Romagna, Calabria e Toscana) e nelle isole. E’
di color giallo-rossiccio, ha un addome piccolo.
Il suo morso può essere responsabile di lesioni
necrotiche. La letteratura riporta in Italia il caso
di una donna morsa da questo ragno in provincia di Lecce, la quale evidenzia lesioni e forti dolori in conseguenza al morso dell’animale
e necrosi anche a distanza di mesi dall’accaduto (Pepe et al.2002).
* [Dipartimento di sanità pubblica
AUsl di Cesena]
* tirocinante ** borsista
Le foto dell’articolo sono tratte da google
si irradiava al lato interno del ginocchio ed
alla faccia mediale della coscia, verosimilmente sedi di gangli linfatici, con produzione
di un’area di arrossamento di 1 cm nella sede
e di una stria linfangitica (lungo il decorso
dei vasi linfatici) verso le aree suddette. Dolore ed arrossamento si sono protratti per due
giorni accompagnati, ma solo inizialmente, a minime parestesie. A distanza di una
settimana, durante la quale nessun sintomo
era presente, la zona dell’inoculazione è divenuta pruriginosa e dolente e progressivamente si è prodotto un pomfo arrossato ed
infiltrato delle dimensioni 7 x 4 cm. Solo dopo
alcuni giorni è stato applicato cortisone sulla lesione. La terapia è stata protratta per una
decina di giorni con apparente risoluzione
della lesione che si è resa di nuovo evidente, in forma minore dopo alcuni giorni e definitivamente debellata con ulteriore trattamento cortisonico locale. Permane a distanza di settimane una piccola area atro-
L’articolo integrale
e la bibliografia
sono pubblicate sul sito
www.gsanews.it
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