RECENTI SCOPERTE NEL VALDARNO ARETINO E AD AREZZO Una serie di importanti scoperte avvenute negli ultimi anni nel territorio del Valdarno Superiore e ad Arezzo, per lo più in occasione di interventi di tutela e d’urgenza, hanno fornito una serie di interessanti dati che consentono una nuova lettura dell’ambito territoriale indicato in età etrusca, a partire dall’età orientalizzantearcaica (non altrimenti nota), attraverso la realtà insediativa di età ellenistica e la conseguente continuità di frequentazione in età romana, in particolare con riferimento alla viabilità principale che collegava Arretium con Faesulae-Florentia. Nuovi dati inoltre sono relativi alla topografia delle necropoli etrusche di Arezzo. S. MINIATO DI SOTTO In occasione dei lavori di raddoppio del metanodotto d’importazione dall’Algeria nel comune di Loro Ciuffenna, in località S. Miniato di sotto a monte della via dei Setteponti, sul limite occidentale dell’altopiano valdarnese e ai piedi delle propaggini collinari che salgono ripide verso le pendici del Pratomagno, sono venuti alla luce tre diversi settori insediativi tra loro strettamente connessi, costituiti da una struttura residenziale, un’area artigianale ed un tratto stradale. La posizione topografica del sito, sul versante destro del bacino del torrente Ciuffenna, risulta speculare rispetto a Gropina posta sulla riva sinistra del fiume all’incirca alla stessa quota altimetrica (370 m s.l.m.), in diretto contatto con la viabilità che da nord a sud attraversava questo territorio, come ora confermato, fin dal periodo etrusco. A S. Miniato di sotto infatti, dopo una fase iniziale di età arcaica (di cui si sono individuate significative tracce ed emergenze strutturali), l’area presenta una successione di interventi edilizi relativi all'impianto di un complesso residenziale con annessa area artigianale sorto su un terrazzamento regolarizzato che si affaccia sulla vallata, a partire dal III-II secolo a.C. e fino a tutto il I secolo d. C., con una fase edilizia intermedia attribuibile al I secolo a.C. Alla media età ellenistica è ascrivibile l'impianto, ad Est dell'edificio e a margine del terrazzamento, di un complesso sistema di opere d’arte con funzioni di drenaggio (canalette) e porzioni di massicciate soprastanti, conservato per circa 40 m di lunghezza con andamento nord-est/sud-ovest e per una larghezza massima di 4 m: tale struttura, vista nel suo insieme, è riconoscibile come il segmento di un asse viario che in questo punto risaliva il pendio, impostato direttamente sul piano di arenarie e marna. Il pavimentum della strada, conservato parzialmente, è costituito da pietre irregolari di piccole e medie dimensioni miste a pietrisco e pressate: tale coronamento permette pertanto di riconoscere il segmento viario individuato come una via glareata. L'opportunità di verifica della realtà archeologica e strutturale di una porzione dell'asse viario forse principale, ha consentito di porre qualche primo punto fermo su un argomento dibattuto su esclusive basi storiche. Il De Grassi identifica, con buone argomentazioni, il percorso che collegava Roma-Chiusi-ArezzoFiesole/Firenze-Pistoia-Lucca correndo, nel tratto Chiusi-Arezzo, ad Est del Chiana, e, nel tratto Arezzo-Fiesole (e successivamente Firenze) attraverso Pontassieve, lungo la riva destra dell’Arno, con la via Clodia ricordata da numerose fonti antiche e descritta dall’Itinerarium Antoninianum, riconoscendola come la più importante, la più diretta e la più antica via di comunicazione tra Roma e le regioni settentrionali passando attraverso l’Etruria: sulla scorta di indicazione storiche oggettive (la fondazione di Lucca del 180 o nel 177 a.C., come terminus post quem) tale intervento viene collocato nei primi decenni del II secolo a.C. I nuovi dati emersi negli interventi recenti qui ricordati da un lato confermano e provano la preesistenza del tracciato viario all'intervento di Roma, dall'altro permettono di collocare nella media età ellenistica le opere di ridefinizione e monumentalizzazione del percorso preesistente, che sembra comunque mantenere, almeno in questa zona, un costante andamento planimetrico e altimetrico rispetto alla fase etrusca arcaica. La presenza di innumerevoli insediamenti coevi lungo il suo percorso (riscontrate nel tratto da Ponte a Buriano fino Ad Fines Casas Caesarianas-Certignano) attribuibili al I secolo a.C., costituiscono inoltre un terminus ante quem e attestano la sua crescente importanza a partire da quel periodo nel collegamento tra Arezzo e Firenze lungo la riva destra dell'Arno. POGGIO DI MONTELEONI Poggio di Monteleoni è denominata l'altura che si erge alle spalle della chiesa di S. Maria di Levane (Bucine, AR) raggiungendo quota di m. 2,50 s.l.m. e che domina l'ultimo tratto della valle del torrente Ambra (tributario di sinistra dell'Arno nel quale sfocia poco più avanti): fa parte del sistema di basse colline che fiancheggiano la pianura dell'Arno, costituite da argille, sabbie e ciottoli in cui si è svolta l'attività di numerose cave che hanno fortemente modificato la morfologia originale del sito. Di media altitudine, con ampi pianori sommitali e profili arrotondati, situate ai margini occidentali della vasta pianura limitata ad Est dal Pratomagno, particolarmente favorevoli allo stanziamento umano, ubicati in una posizione che domina strategicamente le valli dell'Ambra e dell'Arno, in prossimità di importanti snodi viari, cui erano direttamente collegati, e di terreni fertili in presenza di acque sorgive, le alture erano occupate da un sistema di pagi, villaggi o aggregati di case: i numerosi manufatti a carattere idraulico rinvenuti, i pur esigui elementi pertinenti a strutture murarie, probabilmente costituite in elevato da materiali deperibili, gli abbondanti resti di crolli di coperture di edifici, le tracce dei piani d'uso e di cottura, la lunga struttura forse con funzione di drenaggio, la presenza di numerosi frammenti pertinenti a dolia, a vasellame da cucina e da mensa, i pesi da telaio ed i resti di pasto, sono indizi di una realtà insediativa sparsa a carattere rurale con funzione abitativa ed agricola. I pozzi individuati, di non grande profondità, costruiti con materiali lapidei provenienti da ambiti fluviali, i sistemi di raccolta e conservazione d'acqua, dovevano essere funzionali sia alla sussistenza della comunità umana ivi stanziata, sia all'irrigazione dei campi coltivati. La loro frequenza, anche a distanza molto ravvicinata, almeno nel pianoro sommitale di Monteleoni, può fare ipotizzare la presenza di più nuclei abitativi dotati ciascuno di un sistema per l'approvvigionamento idrico, per captazione dalla falda o per drenaggio dai livelli sabbiosi, o di una propria riserva d'acqua, raccolta e conservata in grossi contenitori. I numerosi anforacei, frammentari, ma pressochè ricomponibili per intero, rinvenuti sul fondo dei pozzi, come i recipienti metallici presenti in almeno due dei recuperi, possono essere riconducibili alle funzioni di attingitura e di trasporto dell'acqua per uso domestico. Uno dei pozzi, emerso alla profondità di circa mt. 0,40 dal piano di campagna, il cui diametro esterno misurava mt.2 circa e quello interno mt.0,80-1,00 raggiungeva la profondità di mt. 17,80. Si è proceduto, in concomitanza con i lavori di cava, allo svuotamento del suo riempimento fino al fondo che è risultato pavimentato con una grossa lastra di pietra disposta in piano, ed alla analisi della tecnica costruttiva. Il manufatto risulta dotato di una fossa di fondazione circolare che taglia le stratificazioni naturali della collina in cui si alternano in successione livelli di argille gialle, sabbie e argille azzurre, sabbie miste a ghiaie. Tale fossa circolare è stata poi foderata da un rivestimento di pietre rotondeggianti e rozzamente squadrate assemblate a secco e stuccate con argilla pura, per renderlo perfettamente impermeabile, fino al punto in cui la struttura penetra nel livello ghiaioso-sabbioso in cui era presente la ricchissima falda acquifera che affluiva nel pozzo per infiltrazione. Dall’analisi dei dati stratigrafici e dai materiali recuperati nel pozzo (circa 200 vasi per lo più da attingitura, ma anche di uso domestico e da mensa), si deduce che la costruzione della struttura risale al III secolo a.C. e che la vita dell’insediamento di Monteleoni perdura fino al I-inizi II secolo d.C. All’interno del pozzo è stata rinvenuta una chiave in ferro (lunga cm. 20) del tipo “a scorrimento” con immanicatura in osso animale molato e inciso con solchi paralleli realizzati al tornio, probabilmente riconoscibile come un metatarso di Equide. La monumentalità della struttura e la presenza della chiave (spesso connessa a pozzi e acque sorgive, simbolo di nascita e vita o garanzia di purezza e continuità della falda, come attestano altri rinvenimenti del territorio aretino, tra cui quello del Bagnoro) fanno ritenere che quello di Poggio di Monteleoni fosse il pozzo centrale della comunità rurale, probabilmente con valenza anche sacrale e cultuale (che trova continuità in età post antica nel Santuario di S. Maria sulle pendici del poggio, nelle cui vicinanze sgorga una sorgente perenne tradizionalmente considerata sacra), a conferma della definizione di Festo “pagi sunt qui eadem aqua utuntur”. POGGIO CASTIGLIONI Il sito di Poggio Castiglioni (m.429) è situato sulla riva destra dell'Ambra (tributario di sinistra dell'Arno), che lambisce la collina sui suoi lati meridionale ed occidentale, proprio dove il torrente ha creato un'ampia piana fertile circondata da alture in un punto di buon avvistamento e controllo della media valle dell'Ambra e, al di là di questa, dell'alta valle dell'Ombrone e dei Monti del Chianti, mentre sui lati Nord ed Est si ha un ottima visibilità della Valle dell'Arno e del massiccio del Pratomagno. In direzione Sud-Est la Val di Chiana risulta invece coperta alla vista dall'altura di Poggio all'Olmo (m. 533), che si erge al di là del Borro del Santo, pur essendo direttamente collegata alla Val d'Ambra dalla via che da Monte San Savino, per S. Pancrazio, sbocca subito a Nord di Poggio Castiglioni. Una serie di campagne di scavo hanno consentito di evidenziare nel settore Nord-Ovest del pianoro, lungo la curva di livello di margine al pianoro stesso, una notevole struttura muraria larga circa m. 2,40, con paramento costituito da pietre piatte e allungate assemblate a secco e sacco interno con pietrame di grande e media pezzatura. Piccoli sondaggi eseguiti sull'allineamento del muro in direzione Sud-Ovest, hanno evidenziato come tale struttura, con minor elevato, sia conservata per oltre m.40 di lunghezza. In direzione Nord-Est la struttura muraria, sempre seguendo la curva di livello, piega nettamente verso Est con andamento semicircolare e prosegue per circa m.20 attestandosi sul banco roccioso affiorante che risale di quota ed occupa, spianato, la porzione orientale del pianoro sommatale. Sembra pertanto configurarsi come struttura di terrazzamento a contenimento dell'ampliamento del pianoro sommitale di Poggio Castiglioni, funzionale alla costruzione di edifici che ivi sorgevano. Nella porzione Ovest del pianoro, all'interno della zona perimetrata dal lungo muro, è venuto alla luce un edificio (Edificio A) lungo circa m. 25 ripartito in ambienti. L'indagine effettuata nel 2003 ha consentito di identificare un secondo edificio (Edificio B), ortogonale al primo simile nella tecnica costruttiva, anch'esso di forma allungata ripartito in più ambienti. Al di sotto è riconoscibile un livello con strutture relativo ad una fase edilizia precedente. Saggi eseguiti in profondità, hanno inoltre portato alla luce un lembo del banco roccioso sommitale spianato artificialmente, nel quale erano state praticate una serie di cavità circolari di profondità e diametro vari, classificabili come buche di palo e alloggiamenti di contenitori alimentari o veri e propri silos, relative alla più antica frequentazione del luogo. L'ampliamento effettuato a Sud del saggio, unica zona indagata in cui non erano presenti crolli di pietre degli elevati, ha rivelato una serie di livelli notevolmente ricchi di materiali ceramici ed una base in arenaria di forma parallelepipeda (cm. 51 x 34 x 41 di altezza) con breve sagomatura circolare (Ø circa cm. 35) nella faccia superiore (base di colonna lignea?), non in posto. Il livello sottostante è costituito da uno scarico di materiali misti a bruciato, contenente numerosissimi reperti ceramici consistenti in massima parte in frammenti di calici, di varia tipologia, coppe e piattelli in bucchero, recanti decorazioni incise ed impresse a stampo, ed elementi in metallo (bronzo e piombo) che sono stati recuperati soltanto parzialmente. Pertanto nel sito di Poggio Castglioni si sono individuate almeno cinque fasi insediative che si susseguono senza soluzione di continuità con interventi edilizi, riporti e rialzamenti di livello succedutisi tra gli ultimi decenni del VII secolo e la seconda metà del VI secolo a.C., con successivo definitivo abbandono. L'insediamento di Poggio Castiglioni, in rapporto visivo diretto con le alture di S.Gusmè e del Chianti al di là del Monte di Rota (m. 655) che chiude il corridoio vallivo intermontano di Ambra lungo il suo lato Est, sembra rientrare nella tipologia di altri siti noti di età tardo orientalizzante ed arcaica, già individuati nell'alta Valle dell'Ombrone, ma anche nell’agro fiorentino. Tali insediamenti, sorti a non grande distanza l'uno dall'altro, risultano situati su piccole e medie alture o su crinali, in prossimità di terreni fertili facilmente coltivabili (vite, olivo) ed adatti alla pastorizia (ovini), nonchè di vie di transito che seguivano le valli dei corsi d'acqua principali e dei loro affluenti, collegando il territorio costiero tirrenico (e tramite questo l'Etruria meridionale) a quello interno chiusino, senese e fiorentino, e favorendo l'assorbimento e la diffusione di molteplici ed intensi influssi culturali (ampiamente attestati, per proporre qualche esempio, nei corredi tombali del Poggione, del Molinello, di Castellina in Chianti, di Artimino e di Montefortini). Interni ed apparentemente marginali, hanno tratto ricchezza, sviluppo ed autonomia, oltre che dallo sfruttamento delle risorse locali, proprio dal controllo di quegli itinerari fluviali, a partire dall'orientalizzante recente e fino al momento in cui l'egemonia sul territorio non fu assunta, nel corso del VI secolo a.C, da qualcuno dei grandi e potenti centri urbani dell'Etruria settentrionale interna: l'individuazione del sito di Poggio Castiglione colloca in una nuova luce l'itinerario della valle dell'Ambra e la sua funzione di raccordo delle realtà costiere con il bacino superiore dell'Arno e con le viabilità che, provenienti dalla Valdichiana, si dirigevano verso i ricchi centri dell'agro fiorentino. AREZZO, CAMPO DI MARTE In occasione di lavori di sistemazione del giardino pubblico di Campo di Marte effettuati dall'Amministrazione Comunale di Arezzo, nel realizzare lo scasso per la messa in opera di cassoni per il deposito dell'acqua per uso irriguo, sono venute alla luce alla profondità di circa m. 2,50, una serie di tombe a fossa, a volte perimetrate da laterizi posti per taglio, contenenti ventitre inumati con resti dei corredi, sovrapposte in livelli successivi che coprono un arco cronologico dal IV al II secolo a.C. La necropoli, che doveva proseguire in direzione Est verso il caseggiato posto tra via Alberti e via Vittorio Veneto, è apparsa sigillata e obliterata in antico da un livello di disfacimento edilizio (post II secolo a. C.) con mattoni ed embrici misti a frammenti di vernice nera spesso circa cm. 45 , individuato sotto almeno due metri di interro. Sotto tale livello e sotto uno strato limoso-argilloso con frustuli carboniosi, erano presenti nove tombe a fossa (III-II secolo a. C.) scavate in uno strato argilloso giallastro che copre il bisciaio sottostante, dove sono scavate le sei tombe più antiche (IV-III secolo a.C.). L’interessante scoperta attesta come la necropoli di Poggio del Sole sulle cui sommità sono state individuate le tombe più antiche (testimoniate dai rinvenimenti di Gamurrini alla metà dell’Ottocento, da successivi rinvenimenti del 1908, agli scavi del 1930 e del 1993) proseguisse espandendosi progressivamente fino al colle del Pionta a Sud (dove sono attestati rinvenimenti di età tardo etrusca) utilizzando la profonda vallecola intermedia, a confermare il già constatato progressivo spostamento delle sepolture di età tardo etrusca da Poggio del Sole in direzione Sud-Est, con rinvenimenti nel tratto tra Porta Santo Spirito e il Bastione di San Bernardo e in Corso Italia, in coincidenza con il periodo di notevole sviluppo demografico ed economico di Arezzo in quel periodo. SILVIA VILUCCHI POGGIO DI MONTELEONI (BUCINE, AR) Pozzo in corso di scavo SAN MINIATO DI SOTTO (LORO CIUFFENNA, AR) Tratto di via glareata: pavimentum