6. DIVISIONE DEL LAVORO, PRODUZIONE E CAPITALISMO

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FIORENZO PARZIALE
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6.1. ECONOMIA E DIFFERENZIAZIONE SOCIALE
ECONOMIA: INSIEME DELLE ATTIVITA’ STABILMENTE INTRAPRESE DAI
MEMBRI DI UNA SOCIETA’ PER PRODURRE, DISTRIBUIRE E SCAMBIARE
PRODOTTI DEL LAVORO UMANO
SISTEMA ECONOMICO: INSIEME DELLE ISTITUZIONI CHE ORIENTANO E
REGOLANO LE ATTIVITA’ ECONOMICHE (PARSONS PARLA DI ADATTAMENTO:
V. SCHEMA AGIL)
ISTITUZIONE ECONOMICA CENTRALE NELL’ECONOMIA MODERNA E’ IL
MERCATO
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KARL POLANYI (1944) INDIVIDUA 3 FORME DI REGOLAZIONE DELLE ATTIVITA’
ECONOMICHE
1. RECIPROCITA’: REGOLAZIONE BASATA SU OBBLIGHI MORALI (ES. LAVORO IN
FAMIGLIA, VOLONTARIATO, ETC.)
2. REDISTRIBUZIONE: AUTORITA’ CENTRALE RACCOGLIE LE RISORSE DI UN
TERRITORIO E DELLE POPOLAZIONI CHE LO ABITANO E SUDDIVIDE QUESTE
RISORSE SULLA BASE DI UN CRITERIO DI PRESTIGIO SOCIALE (ES. ANTICHI
IMPERI, COME QUELLO EGIZIANO, OPPURE IL FEUDALESIMO)
3. MERCATO: CONCORRENZA TRA PRODUTTORI E SCAMBIO DI BENI
MERCATO SI SVILUPPA PROGRESSIVAMENTE CON PROCESSO DI
MODERNIZZAZIONE = CALCOLABILITA’, RAZIONALITA’ STRUMENTALE,
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IMPERSONALITA’ E UNIVERSALISMO
EGUAGLIANZA FORMALE
INTESO
SOPRATTUTTO
COME
ISTITUZIONI DI MERCATO: MONETA E CONTRATTO
PIU’ IN GENERALE LE ISTITUZIONI ECONOMICHE SONO COLLEGATE
ALL’ATTIVITA’ LAVORATIVA
+ DIFFERENZIAZIONE SOCIALE = + DIVISIONE DEL LAVORO
ABBIAMO VISTO CHE PER DURKHEIM 3 CAUSE DELLA DIFFERENZIAZIONE
SOCIALE: CRESCITA DEMOGRAFICA; CONCENTRAZIONE IN CITTA’; SVILUPPO
DEI MEZZI COMUNICAZIONE = + INTERAZIONI E + COMPETIZIONE;
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PER CONTRASTARE LA COMPETIZIONE, LE PERSONE SI SPECIALIZZANO E
DIFFERENZIANO LE LORO ATTIVITA’ = DIVISIONE DEL LAVORO SOCIALE E
DIFFERENZIAZIONE DELLE ISTITUZIONI
PRIMA DI DURKHEIM MARX AVEVA PARLATO DI DIVISIONE SOCIALE DEL
LAVORO = PRAXIS (AZIONE DI TRASFORMAZIONE DELLA NATURA) ALLA
BASE DELLA COSTRUZIONE DELLA SOCIETA’: MEZZI DI PRODUZIONE E
FORZE DI PRODUZIONE
RAPPORTI SOCIALI DI PRODUZIONE
ECONOMIA
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6.2. STRATIFICAZIONE SOCIALE
Per stratificazione sociale si intende sia il processo sia il prodotto della
differenziazione sociale (formazione di società sempre più complesse)
Strato: insieme di individui accomunati dallo stesso ammontare di risorse
rilevanti in una data società (denaro, potere, istruzione, etc.)
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Gerard Lensky (1954): la stratificazione delle società dipende dal livello di
surplus economico e di concentrazione politica
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Per Lensky
Fattori che concorrono alla stratificazione sociale sono: nomadismo (stratificazione), innovazione tecnica (+ accumulazione = + concentrazione),
rivoluzioni politiche (in genere = – stratificazione = + eguaglianza)
Esistono varie gerarchie (di reddito, cultura, potere, etc.) = differenze tra
individui/gruppi con posizione sociale “cristallizzata” (equilibrio/congruenza di
status) e individui/gruppi con posizione sociale “non cristallizzata (squilibrio di
status)
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Teoria funzionalista della stratificazione sociale
Kingsley Davis e Wilbert Moore (1945):
la società è un sistema che necessita di una serie di funzioni, ma alcune sono
più importante di altre per la riproduzione del sistema stesso
e richiedono capacità e competenze che solo pochi (“i talenti”) hanno
La società, dunque, ha la necessità di ricompensare (distribuzione) gli individui
in maniera differente, in modo da mettere “le persone giuste al posto giusto”
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Dunque, la stratificazione sociale è considerata inevitabile e anche desiderabile
È sottovalutata la dimensione relazionale delle diseguaglianze: meccanismi di
chiusura sociale, rapporti di potere (ad es. v. SLIDES 7)
Si sposta l’attenzione sul quanto (quanto si guadagna, quanto si è apprezzati,
etc.) non sul come (da dove deriva reddito, prestigio, etc.)
Non si considera il conflitto, anche rispetto al giudizio su ciò che è da
considerare +/- utile e per chi
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La maggior parte dei sociologi, sebbene adottando diversi schemi e approcci,
sostengono invece che nel capitalismo industriale si sono formate vere e proprie classi
sociali = TEORICI DEL CONFLITTO (approccio marxiano e approccio weberiano)
Studi empirici hanno confermato l’esistenza di sistematiche diseguaglianze tra
individui/famiglie distinti analiticamente in classi sociali
diseguaglianze di reddito, salute, educazione, mobilità sociale, etc.
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CLASSE SOCIALE
Partiamo dalle definizioni sintetiche di alcuni sociologi italiani negli ultimi 30 anni
Insieme relativamente ampio di individui o di famiglie accomunati dalla stessa posizione
nei principali rapporti di potere nella società e nella connessa distribuzione dei privilegi
(Schizzerotto, 1988)
Ampie categorie sociali di persone accomunate dalla stessa posizione nella divisione del
lavoro dalla quale dipendono i livelli di reddito, ma che in virtù di tale posizione
tendono ad assomigliarsi anche per i legami sociali, i modi di vita, la cultura,
l’orientamento politico (Bagnasco, 2010)
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TORNIAMO A MARX E WEBER (GIA’ INCONTRATI IN PRECEDENZA)..
KARL MARX (1818-1883)
La storia dell’uomo si basa sulla lotta tra classi sociali: tutte le classi dominanti vengono
alla fine rovesciate da quelle subordinate, che diventano a loro volta dominanti
(dialettica)
Il criterio distintivo delle classi sociali è il possesso o meno dei mezzi di produzione
La forma di produzione e la forma di proprietà variano a seconda del tipo di società.
Tuttavia, è solo col capitalismo che prendono forma vere e proprie classi sociali,
caratterizzate da uomini giuridicamente eguali e – sebbene in forma assai variabile in
base proprio alla classe sociale di appartenenza – liberi.
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Le diseguaglianze relazionali (sfruttamento e alienazione derivante da proprietà/non
proprietà dei mezzi di produzione) sono alla base delle diseguaglianze distributive
NOTE
Marx è interessato molto di più alle diseguaglianze relazionali che a quelle distributive.
Inoltre, egli distingue tra:
Classe in sé = posizione nei rapporti di produzione
Classe per sé = coscienza della propria posizione
Non propone un preciso schema di classe, ma prevalentemente si sofferma su conflitto
borghesia-proletariato.
La concezione marxiana, però, non è solo dicotomica (es. Marx parla della piccola
borghesia agricola: v. Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte, scritto nel 1852)
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MAX WEBER (1864-1920)
Rinviene le classi non in relazione al processo produttivo ma in relazione al MERCATO:
del lavoro : operai/imprenditori
del credito: creditori/debitori
delle merci: consumatori/venditori
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Weber fa distinzione tra:
classe (gruppi distinti per livelli di reddito e potere per mezzo del mercato)
ceto (comunità di persone accomunate da stili di vita, status, cultura, religione)
partito (organizzazione i cui membri condividono interessi e valori politici e puntano
alla conquista del potere)
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CONCLUSIONI
Ereditarietà + ACQUISIZIONE
Classi sociali
Confini mobili: eguaglianza formale.
NON SI TRATTA DI CASTE
(GRUPPI CHIUSI E SEPARATI GLI UNI DAGLI ALTRI,
ANCHE SE LEGATI DA RAPPORTI DI POTERE)!!!
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6.3. IL CAPITALISMO
Definizione
Marx (1867): Modo di produzione basato sull’accumulazione
di capitale secondo formule come D-M-D’
Nota. Ma esiste anche il meccanismo D-D’ (v.dopo capitalismo finanziario)
Proprietà privata dei mezzi di produzione e lavoro salariato: la logica del
plusvalore e il lavoro ridotto a merce
Enclosures a fine Settecento in Inghilterra
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Urbanizzazione, aumento della divisione del lavoro, accentramento in unità
produttive sempre più grandi
Immanuel Wallerstein (1980)
ci sono cinque meccanismi centrali per mezzo dei quali la rete delle strutture
produttive permette l'accumulazione incessante di capitale: 1. La
mercificazione; 2. la molteplicità di modi di controllo sul lavoro; 3. le catene di
merci; 4. lo scambio ineguale fra centro e periferia (es. Nord e Sud del Mondo);
5. e il gruppo di capitalisti monopolistici non specializzati che funziona come
l'anti-mercato (fine della concorrenza)
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Dinamica del capitalismo (Braudel, 1977)
ORIGINI: lento sviluppo nel tempo, ma centrale è stato il proto capitalismo
italiano all’epoca dei Comuni, rottura col feudalesimo: centralità della città e
della borghesia imprenditoriale
AFFERMAZIONE tra ‘600 e ‘700 in seguito a rivoluzione industriale e scientifica:
crescente dipendenza dei sovrani dai banchieri e grandi mercanti
Colonizzazione del mondo della vita da parte della produzione di massa e della
logica di mercato (es. attività del tempo libero diventano merci..)
Globalizzazione economica e doppio movimento del capitalismo (centrifugo e
centripeto): lacerazione dei rapporti di solidarietà precedenti (es. enclosures) e
rottura col potere centrale, ma poi nuovi monopoli e accentramento di potere
economico e politico
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IL RUOLO DELLA BORGHESIA
Sombart (1863-1941): imprenditori come innovatori perché provenienti da
minoranze emarginate
Razionalità strumentale e ascetismo (Weber, 1922)
Proprietà privata dei mezzi di produzione e affermazione del mercato
Le dinamiche economiche sono sempre costruite socialmente: es. scelte
politiche
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Nell’Ottocento borghesia rompe con le istituzioni del feudalesimo e ne crea di
nuove: Stato di diritto e mercati nazionali e laissez faire (liberismo economico
con Stato ridotto ad amministrare e mantenere l’ordine)
IL CAPITALISMO SI CONNOTA PER IL SUO DINAMISMO: ELEVATO CAMBIAMENTO,
ROTTURA DELLE COMUNITA’ E RAZIONALIZZAZIONE DELLA VITA= NUOVE FORME DI
DISEGUAGLIANZE, MA ANCHE NUOVI MARGINI DI LIBERTA’
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IL CAPITALISMO HA ASSUNTO DIVERSE FORME NELLO SPAZIO A SECONDA DEL:
1. TIPO DI ISTITUZIONI PRECEDENTI AL CAPITALISMO E CULTURE NAZIONALI
2. STRUTTURA PRODUTTIVA E LIVELLO DI INNOVAZIONE TECNOLOGICA
3. COALIZIONI DI ATTORI COLLETTIVI DIFFERENTI: CENTRALITA’ STRUTTURA DELLE
CLASSI SOCIALI
Es. Capitalismo anglosassone (libero mercato, concorrenza e dinamicità nella
creazione di posti di lavoro, più possibilità di scalata sociale, ma anche + povertà, +
diseguaglianze e insicurezza) vs Capitalismo renano (co-gestione delle imprese,
investimenti pubblici in ricerca, formazione e protezione sociale, - dinamismo, ma +
eguaglianza, sicurezza e migliori retribuzioni medie)
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IL CAPITALISMO HA ASSUNTO DIVERSE FORME NEL TEMPO:
1. PROTOINDUSTRIALE E CONCORRENZIALE (FINO AI PRIMI TRENT’ANNI DEL ‘900)
2. INDUSTRIALE MONOPOLISTICO E REGOLATO (IN PARTICOLARE DAL SECONDO
DOPOGUERRA FINO AL 1975)
3. TERZIARIZZATO E DE-REGOLAMENTATO
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IL CAPITALISMO INDUSTRIALE REGOLATO (1945-1975)
NELLE SOCIETA’ DEMOCRATICHE MODERNE PIU’ FORZE SOCIALI CONCORRONO
ALL’ORGANIZZAZIONE SOCIALE = la regolazione è frutto di relazioni in parte
cooperative, in parte conflittuali
COMPROMESSI SOCIALI: FORME DI GESTIONE DELLE DISEGUAGLIANZE SOCIALI CHE
SONO COSI’ REGOLATE DALLE ISTITUZIONI. SONO SPESSO FRUTTO DI LUNGHI
CONFLITTI (BAGNASCO, 2010)
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4 TRATTI SALIENTI
1. MOVIMENTO OPERAIO E ISTITUZIONI SINDACALI CENTRALI NELLA COSTRUZIONE
DEL CAPITALISMO MODERNO
2. SCOLARIZZAZIONE DI MASSA = MOBILITA’ SOCIALE, SEBBENE LIMITATA
3. INNOVAZIONE TECNOLOGICA GUIDATA ANCHE DALLO STATO
PROGRESSIVAMENTE DIVENUTO DEMOCRATICO (STATO DI DIRITTO
COSTITUZIONALE VS STATO DI DIRITTO LIBERALE DELL’OTTOCENTO)
4. WELFARE STATE = INSIEME DI ISTITUZIONI DI PROTEZIONE E PROMOZIONE
SOCIALE (V. PROSSIME LEZIONI SU STATO MODERNO)
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6. DIVISIONE DEL LAVORO, PRODUZIONE E CAPITALISMO
SETTORE ECONOMICO
PREVALENTE
CLASSI SOCIALI
PREVALENTI
SOCIETA’ PREINDUSTRIALE
AGRICOLTURA
SOCIETA’ INDUSTRIALE
CONCORRENZIALE
INDUSTRIA
SOCIETA’ INDUSTRIALE
RIFORMISTA
INDUSTRIA E SERVIZI
SOCIETA’ POSTINDUSTRIALE
SERVIZI
PROPRIETARI TERRIERI
E CONTADINI
BORGHESIA
INDUSTRIALE E CLASSE
OPERAIA
BORGHESIA, CLASSE
OPERAIA MA ANCHE CETI
MEDI (PBA E CLASSE MEDIA
IMPIEGATIZIA)
REGOLAZIONE SOCIALE
RECIPROCITA’
MERCATO
MERCATO+REDISTRIBUZIONE
PUBBLICA
RUOLO STATO
DEBOLE
(SOPRATTUTTO
ORDINE)
DEBOLE: REGOLATORE
DELLA CONCORRENZA
RELATIVAMENTE FORTE,
SOPRATTUTTO IN EUROPA,
PRODUTTORE DEL WELFARE
MOBILITA’ SOCIALE
MOLTO SCARSA, PREV.
STATUS ASCRITTI
ESPANSIONE STATUS
ACQUISITI
FAVORITA DAL WELFARE
STATE
4 CLASSI CAPITALISMO
RIFORMISTA+ OPERAI
DI SERVIZIO E
LAVORATORI
COGNITIVI
NUOVA EGEMONIA
DEL MERCATO
(CONTRAZIONE RED.)
CALANTE,
SUBORDINATO A
SVILUPPO
COMPETIZIONE
PROBLEMATICA:
NUOVE
POLARIZZAZIONI
SOCIALI
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6. DIVISIONE DEL LAVORO, PRODUZIONE E CAPITALISMO
6.4. MODELLI DI PRODUZIONE
Capitalismo industriale concorrenziale: unità produttive medio-piccole + poche
corporations, operai artigianali si organizzano nei primi sindacati di mestiere; elevato
conflitto: società operaie di mutuo soccorso vs imprese legate a logica del profitto e
Stato “neutrale” (ma anche prime forme di welfare dall’alto..v. prossime lezioni)
Capitalismo industriale organizzato (primi trent’anni del Novecento e poi regolazione
soprattutto 1945-1975): Organizzazione standardizzata e verticale + salari rel. alti =
fordismo; Organizzazione taylor-fordista (v. slides 05) = il ruolo del “cronometrista” e
l’alienazione del lavoro; L’operaio massa e i sindacati di categoria (universalismo)
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6. DIVISIONE DEL LAVORO, PRODUZIONE E CAPITALISMO
Capitalismo post-industriale
3 forme di uscita dall’organizzazione industriale
1. Specializzazione flessibile e organizzazione per distretto industriale:
l’industria diffusa, il capitale sociale a livello territoriale, il ruolo dei partiti e delle
istituzioni locali (è stato tipico del NEC, ossia Nord-Est-Centro Italia)
2. La diversificazione di qualità: il neofordismo tedesco basato sull’innovazione
tecnologica (robotica e microelettronica), polivalenza e legame scuola-lavoro, alti
salari e formazione continua (Germania)
3. Toyotismo: produzione snella basata su razionalizzazione dei costi di produzione,
just in time, circoli di qualità (Giappone)
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6. DIVISIONE DEL LAVORO, PRODUZIONE E CAPITALISMO
Tratti in comune dell’organizzazione post-industriale
A partire dagli ultimi 2-3 decenni del XX secolo il capitalismo industriale e regolato si è
trasformato.
Tra i principali fenomeni che hanno segnato questo passaggio troviamo:




Diversificazione dei prodotti come risposta alla sovra-riproduzione
Specializzazione flessibile e Organizzazione post-fordista (impresa a rete)
Terziarizzazione occupazionale e individualizzazione dei rapporti di lavoro
Innovazione tecnologica: dalla microelettronica alle nuove tecnologie della
comunicazione (la rivoluzione digitale: Castells, 2014)
 Globalizzazione e crescita della finanza nelle strategie di impresa
Maggiore potere dei detentori di grande capitale su lavoratori e loro rappresentanti
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6. DIVISIONE DEL LAVORO, PRODUZIONE E CAPITALISMO
IL CONFLITTO TRA FINANZA E PRODUZIONE:
Si è passati dal capitalismo dei manager a quello degli investitori: la logica del
profitto nel breve periodo prevale sulle strategie aziendali di lungo periodo
Si guadagna dal Downsizing più per motivi finanziari (tagli al personale possono
comportare crescita delle azioni), meno per motivi legati alla produzione (minori costi
grazie a maggiore produttività)
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6. DIVISIONE DEL LAVORO, PRODUZIONE E CAPITALISMO
2 Note
1. Definizione di capitalismo finanziario già coniata dallo studioso marxista di inizio
Novecento R. Hilferding, il quale considerava la crescita delle grandi
banche,avvenuta verso la fine del XIX, come l’inizio di una nuova fase del
capitalismo, in cui il potere economico è concentrato nelle mani di grandi
istituzioni finanziarie.
2. Arrighi (1994) evidenzia come il capitalismo abbia da sempre due “anime”:
capitalismo territoriale (organizzato e gestito a livello centrale: es. Stato) e
capitalismo di flusso (scambio di merci su scala globale)
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6. DIVISIONE DEL LAVORO, PRODUZIONE E CAPITALISMO
6.5. IL LAVORO NELLA SOCIETA’ POST-INDUSTRIALE
La società attuale può essere definita “società dei servizi”, “società post-industriale”
o, ancora “società dei lavori”
Infatti una delle caratteristiche principali è la terziarizzazione economica ed
occupazionale, processi che hanno trasformato il lavoro: quest’ultimo si è
ulteriormente diversificato (tanti lavori di tipo diverso) e “frammentato” (diverse
forme occupazionali, molte delle quali caratterizzate da scarsa stabilità/regolarità
della prestazione lavorativa)
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6. DIVISIONE DEL LAVORO, PRODUZIONE E CAPITALISMO
DUE TESI SU TRASFORMAZIONE DEL LAVORO IN SEGUITO A TERZIARIZZAZIONE:
1. PROLETARIZZAZIONE E DEQUALIFICAZIONE CRESCENTI (SULLA SCIA DI
BRAVERMAN, 1974, V. GALLINO 2009) = “I MACJOBS” (FACILE SOSTITUIBILITA’,
CATTIVE CONDIZIONI DI LAVORO: I WOORKING POOR)
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6. DIVISIONE DEL LAVORO, PRODUZIONE E CAPITALISMO
2. ESPANSIONE LAVORI QUALIFICATI: I KNOWLEDGE WORKERS (Drucker, 1993;
Butera, 2008) = + PROFESSIONI INTELLETTUALI E TECNICHE, CIOE’ LAVORO
COGNITIVO E QUALIFICATO: richiesta maggiore conoscenza e relazionalità anche nel
lavoro operaio industriale e terziario
COL TEMPO PARE CHE ENTRAMBE LE TESI SIANO VERE, PERCHE’:
ALLA DISEGUAGLIANZA TRA LAVORO MANUALE E LAVORO NON MANUALE
SI AGGIUNGE QUELLA TRA LAVORO QUALIFICATO E LAVORO ESECUTIVO; E LA
POLARIZZAZIONE PROFESSIONALE RIGUARDA SIA IL LAVORO MANUALE CHE QUELLO
NON MANUALE
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IL LAVORO OGGI
 FORTE RELAZIONALITA’ E COINVOLGIMENTO EMOTIVO (“VENDERE ANCHE LA
PROPRIA PERSONALITA”: ESSERE SORRIDENTE E DISPONIBILE)
 ELEVATA SOSTITUIBILITA’ COME LAVORATORI DE-QUALIFICATI DELL’IMPRESA
 MINORE SFORZO FISICO, MA RESISTENZA A LUNGHE GIORNATE DI LAVORO
 IN ALCUNI CASI LAVORO SIMIL-SERVILE O COMUNQUE DOMESTICO COME
NELLA SOCIETA’ PRE-CAPITALISTICA (SOPRATTUTTO LAVORATORI STRANIERI:
ES. BADANTI); IN ALTRI CASI LAVORO RELAZIONALE DALLE CONDIZIONI PIU’
COMODE (ES. ALCUNI COMMESSI, SEGRETARIE, ETC.)
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 SPECIALMENTE CON PROFESSIONI QUALIFICATE: FORTE IDENTIFICAZIONE COL
LAVORO, E NON COL POSTO DI LAVORO; FEDELTA’ ALLA COMUNITA’
PROFESSIONALE E MENO ALL’AZIENDA..
 ..E SVILUPPO CREATIVITA’ – MA ANCHE STRESS DA PRESTAZIONE:
ALIENAZIONE CREATIVA? Il lavoro può assorbire la persona fino a ridurne le
competenze extra-lavorative..??? = es. tante ore a lavoro = minore tempo da
dedicare alla sfera pubblica e sociale
IN GENERALE = + RESPONSABILITA’ PERCHE’ IMPRESA SCARICA IL RISCHIO SUL
LAVORATORE (STRUMENTO DI PRODUZIONE ISOLATO, COSTRETTO A
CONTRATTARE DA SOLO CON L’ORGANIZZAZIONE)
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