Il Giornale dei Grandi Eventi 16 Dicembre 2004 Anno X / Numero 75 L’intervento Pubblicità senza parole di Radbot d’AsburgoLorena Arciduca d’Austria già Direttore del Turismo Austriaco a Roma G li Strauss, questa grande dinastia di compositori, un padre e tre figli, uno più conosciuto dell’altro, già nel loro tempo. Quattro Strauss, un vero impero di famiglia: produssero più di mille composizioni, disponevano di una propria orchestra, organizzavano tournée all’estero. Oggi, come allora, Strauss è sinonimo di valzer. Sono stati infatti loro che hanno reso conosciuta, al di là di ogni confine, questa danza popolare. Danza divenuta di moda, accettata in società, ammessa nella rigorosa Corte austriaca. Tre Strauss sono stati nominati successivamente Hofballdirektor, direttore dei balli alla Corte Imperiale di Vienna. Una carica di prim’ordine per la loro carriera, un biglietto da visita dorato che rese loro immensa pubblicità. Il Valzer, intanto, è Segue a pag. 12 Con il Pipistrello di Strauss torna la divertente Operetta A chiudere la stagione 2004 del Teatro dell’Opera di Roma arriva l’effervescenza dell’operetta Il Pipistrello di Johann Strauss figlio. Uno dei massimi capolavori di questo genere, divenuto il simbolo del fascino e della gioia di vivere viennesi. Un gioco sottile e divertente, fatto di colpi di scena, di travestimenti e di intrighi maliziosi. Ingredienti indispensabili come sfarzo, colori e luci, uniti ai tre tempi del valzer creano il magico e spumeggiante cocktail che è l’operetta. Una scelta ottima del Teatro dell’Opera di Roma, che sarebbe auspicabile divenisse una piacevole consuetu- dine durante le feste di Natale. La direzione dell’orchestra è affidata al maestro Donato Renzetti, al suo debutto nel genere, che torna a Roma dopo aver diretto Un ballo in Maschera e Francesca da Rimini. La regia è di Filippo Crivelli, il quale intelligentemente non ha voluto seguire le facili tentazioni di attualizzare la vicenda, ma l’ha mantenuta in un incantevole e validissimo passato, un tuffo nel mondo dorato delle melodie di Strauss. Il Pipistrello è presentato in italiano, con l’ottima traduzione di Gino Negri, per meglio far apprezzare al pubblico dialoghi e battute. La trama ATTO PRIMO - Salotto in casa Eisenstein - Dal giardino sale una canzone d'amore intonata da una voce nella quale Rosalinda riconosce quella di Alfredo, un tenore suo spasimante, ma evita di darle ascolto. Intanto la cameriera Adele le chiede la serata libera, col pretesto di una vecchia zia gravemente ammalata: in realtà vuole partecipare alla festa che sta per avere luogo nella villa del principe Orlofsky, ed alla quale una lettera della sorella Ida l'ha esortata a intervenire. Ma Rosalinda le rifiuta il permesso: non vuole restare sola proprio la sera in cui il marito deve presentarsi in prigione per scontare una pena di cinque giorni per offese a pubblico ufficiale e Alfredo insiste per avere in colloquio con lei. Ecco rientrare appunto il marito, Eisenstein, che discute animatamente con Blind, suo avvocato, il quale non solo non gli ha evitato la condanna, ma addirittura l’ha fatta prolungare di tre giorni. Nel frattempo arriva anche Falke, amico di Eisenstein, che gli propone di rinviare di qualche ora l'andata in prigione per partecipare alla festa del principe Orlofsky, alla quale saranno presenti molte ballerine e le donne più belle della città. Eisenstein si lascia convincere in nome dei bei tempi trascorsi con l'amico, quando non era ancora sposato. Lo stesso Falke gli ricorda il brutto scherzo che Eisenstein gli aveva fatto quando i due andarono ad una festa mascherata, Eisenstein travestito da farfalla e Falke da pipistrello: Falke aveva bevuto troppo ed Eisenstein, accompagnandolo a casa all'alba, lo lasciò crollare addormentato per terra e l'abbandonò. Quando Falke si svegliò, dovette camminare verso casa per le strade di Vienna ancora vestito da pipistrello, divenendo così lo zimbello della gente; da allora tutti lo chiamano “il pipistrello”. Segue a pag. 3 Le Repliche Venerdì 17 dicembre, 20,30 Sabato 18 dicembre, 18,00 Domenica 19 dicembre, 16,30 Martedì 21 dicembre, 20,30 Mercoledì 22 dicembre, 20,30 Giovedì 23 dicembre, 18,00 Storia dell’opera Successo a Berlino ma con ritardo A pag. 7 La lunga storia del valzer Dalle feste contadine ai ricevimenti di corte degli Asburgo A pag. 8 e 9 La famiglia Strauss Una dinastia per il valzer A pag. 10 e 11 Opera 2 Il Un incontro dei sovrintendenti col ministro Urbani L’Opera italiana guarda al suo futuro M artedì 14 dicembre si è svolto presso il Ministero per i Beni Culturali un incontro dedicato ai problemi dell’opera e dello spettacolo lirico-sinfonico. Con il Ministro Urbani si sono confrontati i sovrintendenti di tutti i teatri lirici italiani ed i sindaci delle rispettive città. Un incontro reso necessario per le preoccupazioni che ha suscitato il taglio del Fondo Unico dello Spettacolo (FUS) che nella nuova Finanziaria dovrebbe essere ridimensionato di circa un 15 %. Un piccolo sacrificio che il Governo chiede anche ai teatri d’opera ed al quale una sana gestione dovrebbe sopperire con piccoli risparmi a caduta. Il problema è che in molte Fondazioni liricho-sinfoniche sul territorio nazionale si tende ad addossare le responsabilità al sistema politico, rimanendo ancora aggrappati con le unghie al vecchio ed ormai desueto sistema del finanziamento statale che in altri tempi permetteva sperperi e gestioni dilettantistiche. Certo un taglio di fondi crea sempre dei problemi, ma gli amministratori dei teatri italiani dovrebbero sciogliersi dalla logica dell’assistenzialismo guardando piuttosto ad altre Teatro Costanzi Tutta la Stagione 2005 Opere SEMIRAMIDE di G. Rossini Gianluigi Gelmetti Daniela Barcellona, Michele Petrassi, Darina Takova, Antonino Siracusa Regia, scene e costumi: Pier Luigi Pizzi NUOVO ALLESTIMENTO 15 - 22 febbraio 2005 Direttore: 9 - 22 marzo 2005 ATTILA di Giuseppe Verdi Direttore: Antonio Pirolli Roberto Frontali, Ivan Inverardi, Dimitra Theodossiu, Roberto Scandiuzzi, Orlin Anastassov Regia e scene: Paolo Baiocco NUOVO ALLESTIMENTO 17 - 23 marzo 2005 Il Ministro Giuliano Urbani forme di autofinanziamento. Il Teatro dell’Opera di Roma non è esente da questi problemi. Il bilancio del 2004 si dovrebbe chiudere con un deficit di tre milioni di euro. Un deficit che però è essenzialmente “contabile”, poiché al Teatro in corso d’anno sono venuti meno due milioni del taglio del FUS - comunicato a luglio - ed il mancato apporto di un altro milione che sarebbe dovuto venire da uno sponsor (ricordiamo che la nuova legge sulle Fondazioni prevede che l’apporto dei privati dovrebbe essere del 12% rispetto al contributo dello Stato). Dunque, incidenti di percorso permettendo, questi dati presenterebbero per il tanto bistrattato Teatro capitolino una immagine di serietà ed oculata gestione. Cer- Il G iornale dei G randi Eventi Direttore responsabile Andrea Marini Direzione Redazione ed Amministrazione Via Courmayeur, 79 - 00135 Roma e-mail: [email protected] Editore A. M. Stampa Tipografica Editrice Romana S.r.l. Via Marcantonio Boldetti, 22 00162 Roma Registrazione al Tribunale di Roma n. 277 del 31-5-1995 © Tutto il contenuto del Giornale è coperto da diritto d’autore Kodak Giornale dei Grandi Eventi Le fotografie sono realizzate in digitale con fotocamera Kodak DC290 to di meglio si potrebbe fare. Ottimizzare le risorse e puntare maggiormente sui privati sono sicuramente le strade da percorrere. Nel corso dell’incontro si è riscontrata un’ identità di vedute tra il Ministro, i Comuni ed i Sovrintendenti sulla necessità di un intervento strutturale e duraturo per rilanciare l’opera quale una delle eccellenze del panorama culturale italiano. Si è quindi convenuto di istituire un comitato tecnico ristretto composto dai sindaci Diego Cammarata (Palermo) come coordinatore, Sergio Cofferati (Bologna), Rosa Russo Jervolino (Napoli) e Giuseppe Pericu (Genova), dai Sovrintendenti dei teatri di Torino WalterVerniano (coordinatore), Palermo, Bologna, Napoli e Genova e dal Direttore Generale dello Spettacolo dal Vivo. Il comitato dovrà affrontare i problemi legati alle produttività, al reperimento di nuove risorse e soprattutto alla revisione degli attuali modelli di gestione per portare in tempi brevi all’attenzione del Governo alcune proposte di riforma ormai necessarie per il superamento delle difficoltà in cui versano quasi tutte le Fondazioni liriche. La prima riunione è fissata per il 19 gennaio. A. M. CAVALLERIA RUSTICANA di P. Mascagni RAPSODIA SATANICA di P. Mascagni Direttore: Marcello Panni Giuseppe Giacomini, Natalia Tarasevich, Viorica Cortez, Ambrogio Maestri Regia: Stefano Vizioli ALLESTIMENTO DEL TEATRO DELL’OPERA 5 - 10 aprile 2005 SERATA STRAVINSKIJ OEDIPUS REX (Edipo Re) di Igor Stravinskij UCCELLO DI FUOCO di Igor Stravinskij Direttore: Zotlan Pesko John Ullenhop, Mario Luperi, Michail Ryssov, Barbara Pintor Regia: Luigi Squarzina ALLESTIMENTO DEL TEATRO DELL’OPERA E TEATRO DI RIGA 28 aprile - 11 maggio 2005 TURANDOT di G. Puccini Direttore: Alain Lombard Giovanna Cassolla, Nicola Martinucci, Carla Maria Izzo, Michail Ryssov Regia: Giuliano Montaldo ALLESTIMENTO DEL TEATRO CARLO FELICE DI GENOVA 17 - 25 giugno 2005 THAÏS di Jules Massenet Direttore: Pascal Rophè Amarilli Nizza, MarcoVinco, Claudio Di Segni Regia: Alberto Fassini ALLESTIMENTO DEL TEATRO DELL’OPERA Stagione estiva alle Terme di Caracalla (Due opere ed un balletto) 22 – 29 settembre Direttore: Regia e Scene: LE NOZZE DI FIGARO di Wolfgang Amadeus Mozart Gianluigi Gelmetti Anna Rita Taliento, Laura Cherici Marco Vinco, Laura Polverelli Quirino Conti NUOVO ALLESTIMENTO DAS RHEINGOLD (L’Oro del Reno) di Richard Wagner Direttore: Will Humburg Ralf Lukas, Kristian Frantz, Hartmunt Welker, Katia Litting, Hanna Schwarz, Eva Matos Regia, Scene e Costumi: Pier’ Alli ALLESTIMENTO TEATRO ALLA SCALA In lingua originale con sovratitoli 18 – 25 ottobre 23 Novembre – 1 Dicembre Direttore: Regia: LA SONNAMBULA di Vincenzo Bellini Bruno Campanella Stefania Bonfadelli, Nina Makarina Dimitri Korchak, Enzo Capuano Pier Francesco Maestrini Il Pipistrello Il Giornale dei Grandi Eventi 3 Parla il direttore Donato Renzetti “Il Pipistrello, cerniera tra Mozart e Massenet” D opo aver diretto Un ballo in maschera di Verdi nel 2001 e Francesca da Rimini di Zandonai nel 2003, il maestro Donato Renzetti torna al Teatro dell'Opera di Roma con questo titolo di tutt'altro genere. Da qualche mese Direttore principale del teatro S?o Carlos di Lisbona, il maestro Renzetti ci spiega cosa rappresenta per il suo percorso artistico l’operetta che dirige per la prima volta. «Volevo cimentarmi con questo tipo di musica, sia perché insieme a Lohengrin, Boris Godunov e Wozzek il Pipistrello era tra le opere che mi incuriosivano, sia perché dopo l’esperienza con il musical (il m° Renzetti ha diretto recentemente il ~~ Kiss me Kate di Porter al Regio di Torino, n.d.r.) volevo provare questo genere più particolare e raffinato». «Dopo aver visto molti Fledermaus in Germania – continua Renzetti - ho potuto constatare che è un titolo entrato nel repertorio di pochi direttori. Pochi lo hanno diretto, ma tra quei pochi ci sono nomi come Kleiber , Peter Maag e André Preven. Il motivo credo sia da ricercare nelle difficoltà di una partitura che non concede un momento di tregua: si deve dare una continua legatura ritmica alla musica, tra le parti recitate, l'intreccio, i ritmi, i balli, i movimenti continui...l'opera non deve mai "cadere", e la verve dinamica deve essere sempre alle stelle. La piacevolezza e la facilità La Locandina ~ ~ IL PIPISTRELLO (Die fledermaus) Operetta in tre atti Libretto di Karl Haffner e Richard Genée Dal vaudeville Le Réveillon (Il veglione) di Henri Meilhac e Ludovic Halévy Musica di Johann Strauss jr. Prima rapp.: Vienna, Teatro an der Wien 5 aprile 1874, Maestro concertatore e Direttore d’orchestra Donato Renzetti Regia: Scene: Costumi: Coreografia: Filippo Crivelli Maurizio Varamo Anna Biagiotti Gerlinde Dill Personaggi - Interpreti Rosalinde (S) Darina Takova Danielle Streiff (17, 21/12) Alfred (T) Francesco Grollo Danilo Formaggia (17, 19, 22 /12) Adele (S) Anna Maria Dell’Oste Donata D’Annunzio Lombardi (17,19,21,23/12) Falke (Bar) Dario Solari / Mauro Utzeri (17, 19, 22 /12) Frank (Bar) Giampiero Ruggeri Orlofsky (Ms) Francesca Provvisionato Eisenstein (T) Armando Ariostini Stefano Antonucci (17, 19, 22 /12) Dr. Blind (T) Stefano Consolini Mario Bolognesi (22, 22, 23 /12) Con la partecipazione di Massimo Dapporto nel ruolo di Frosch e di Carla Fracci nelle danze del II atto. In italiano – Traduzione di Gino Negri Orchestra, Coro e Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma NUOVO ALLESTIMENTO di questa musica sono qualità di cui fruisce maggiormente l'ascoltatore piuttosto che l'esecutore. La sinfonia del Pipistrello è tra i brani più difficili da realizzare, sia dal punto di vista musicale che di direzione, mentre anche tra le parti vocali quella di Eisenstein è molto complicata, richiedendo una vasta estensione vocale su tutta la gamma ». A questo punto è da ricordare che il baritono Antonucci ha sostituito nel ruolo di Eisenstein a tempo di record l’ammalato Alfonso Antoniozzi. «Quest'opera - continua Renzetti - la definisco una specie di "cerniera": da una parte c'è Strauss e dall'altra Mozart, le reminiscenze mozartiane sono presenti nella storia, nell'intreccio e nel movimento, che ricorda un po' le Nozze di Figaro. Pensiamo al personaggio di Adele, la servetta che vuol fare l'attrice... è il carattere della Susanna delle Nozze! Ricorda Mozart soprattutto nell'orchestrazione che è un accompagnamento al canto e forma un autonomo tappeto melodico alle voci. Pure la strumentazione è straordinaria: molto francese, impressionista direi. Assimilabile a Massenet. Strauss usa la tavolozza dei colori orchestrali, con un leggero contrappunto, senza molti effetti speciali. Pensavo che vi fosse un intervento maggiore delle percussioni, delle arpe e dei tromboni di cui il genere dell'operetta di solito abbonda... Invece la musica è dolce e Segue Trama da pag. 1 Rosalinda rimane esterrefatta nel vedere il marito, in frac e cilindro, congedarsi in tutta fretta senza cenare; ripensa allora alla promessa fatta ad Alfredo, e per rimanere sola concede a Adele il permesso per la serata. Uscita la cameriera, riceve lo spasimante e quando Frank, il direttore delle carceri, viene a prelevare il condannato ritardatario, trova invece Alfredo che, in veste da camera, per salvare la reputazione di Rosalinda, è costretto a fingersi Eisenstein e a seguire il funzionario in carcere, mentre la donna può finalmente leggere la misteriosa lettera che Falke le ha lasciato. ATTO SECONDO - Salone nella villa del principe Orlofsky - Il giovane principe Orlofsky è un uomo blasé, annoiato di tutto, ma Falke promette di divertirlo con la burla che ha organizzato e che si chiamerà “la vendetta del pipistrello”. Ignaro protagonista è Eisenstein, che Falke ha fatto travestire da marchese di Renard; poi Adele, che indossa un vestito della sua padrona e che viene presentata come giovane attrice; Frank, direttore delle carceri, sotto il nome di cavaliere di Chagrin; e infine Rosalinda, a cui Falke con la sua lettera ha fatto sapere in quale dorata prigione si trovi il marito, la quale interviene mascherata da contessa ungherese. Eisenstein, non riconoscendo la moglie, subito la corteggia; la donna sta al gioco e riceve in dono l'orologio del marito, abituale pegno d'amore per le sue conquiste. Per dimostrare di essere una contessa ungherese Rosalinda intona una czárdás; fra canti e danze la festa giunge al culmine, finché Eisenstein e Frank, ognuno con motivi diversi, si allontanano per raggiungere il carcere. funzionerebbe anche senza l'apporto delle voci». «Abbiamo scelto di proporre l'opera in italiano sfruttando una bellissima traduzione del libretto di quel grande e poliedrico compositore che fu Gino Negri. Seguire i sottotitoli italiani in Wagner, dove l’azione è piuttosto statica è un conto, ma nel Pipistrello dove il tutto si basa su ritmi veloci, leggere la traduzione nei sovratitoli avrebbe significato costringere lo spettatore a una continua distrazione, perdendo l’effetto dei movimenti coreografici e delle battute comiche che nell’operetta sono essenziali». And. Cio. ATTO TERZO - Nell'ufficio del direttore delle carceri - Ancora sotto i fumi dello champagne, Frank trova nel suo ufficio Frosch, il guardiano del carcere, anch'egli ubriaco, col quale inizia una schermaglia. Intanto Alfredo, in cella, canta brani del suo repertorio per ingannare il tempo, mentre aspetta di poter uscire di prigione. Il direttore delle carceri vorrebbe riposare, ma una serie di visite glielo impedisce: dapprima arriva Adele a chiedergli una raccomandazione per la sua carriera di attrice; poi Eisenstein si costituisce per scontare la sua pena e si meraviglia di trovare, nel direttore delle carceri, nientemeno che il suo nuovo amico, il cavaliere di Chagrin. Frank, da parte sua, è altrettanto stupefatto quando il suo amico, il marchese di Renard, dichiara di essere Eisenstein, perché la sera precedente era andato di persona ad arrestarlo e aveva trovato un uomo ben diverso che tuttora si trova in cella. Ormai fremente di gelosia, Eisenstein vuole conoscere l'identità dell'impostore. L 'avvocato Blind è stato convocato per assistere Alfredo e Eisenstein lo costringe a prestargli gli abiti. Quando Rosalinda arriva, Alfredo viene accompagnato nell'ufficio per il colloquio coll'avvocato; Eisenstein, travestito da Blind, incomincia un minuzioso interrogatorio. Alla fine non può più trattenere la propria gelosia e giura di vendicarsi. Ma Rosalinda gli mostra l'orologio che lui le ha donato, e finalmente Eisenstein comincia a rendersi conto di essere stato vittima di una beffa. Falke, che ora gode della vendetta, sopraggiunge con il principe Orlofsky e tutti gli altri invitati della festa. Eisenstein si prepara a passare i prossimi giorni in carcere, ma ogni cosa finisce per il meglio: l'unico colpevole è lo champagne e tutti brindano alla “vendetta del pipistrello”. Il Giornale dei Grandi Eventi Il Pipistrello Armando Ariostini e Stefano Antonucci 5 Darina Takova e Danielle Streiff Eisenstein, marito farfallone Rosalinde, moglie furba N el ruolo di Eisenstein si alterneranno i baritoni Armando Ariostini e Stefano Antonucci (17, 19, 22 dicembre). Il milanese Armando Ariostini ha studiato canto presso la “Scuola di perfezionamento per Artisti Lirici del Teatro alla Scala” conseguendo importanti riconoscimenti in occasione dei concorsi “Voci Verdiane” di Busseto e “Maria Callas” di Treviso. Ha debuttato con successo nel ruolo di Eisenstein ne Il Pipistrello nel 1984 al Teatro La Fenice di Venezia e si è distinto per l’eterogeneità delle sue interpretazioni (dai ruoli buffi a quelli drammatici) ne: Il Barbiere di Siviglia, Linda di Chaumonix, Carmen, Pagliacci, La Vedova Allegra, Turandot. Nel maggio 2002 è stato applaudito interprete di Randy Curtis nel musical Lady in the dark, al Teatro dell’Opera di Roma. Sempre a Roma ha cantato con Daniela Dessy e Placido Domingo in Fedora.. Il baritono Stefano Antonucci, ha studiato presso il Conservatorio “Niccolò Paganini” di Genova. Dopo aver debuttato nel 1986 in Lucia di Lammermoor ad Alessandria, ha cantato nei più importanti teatri italiani e d’Europa. Nel 1988 ha debuttato alla Scala Anna Maria Dell’Oste e Donata D’Annunzio Lombardi Adele, cameriera bugiarda dividersi il ruolo della ca- mina Burana, Gloria di Vivaldi, Remeriera di Rosalinde, sa- quiem di Mozart) e al Teatro delranno i soprano Anna Ma- l’Opera (Cantata di Bach e Requiem di Donizetria Dell’Oste e Doti). nata D’Annunzio Donata D’AnLombardi (17, 19, nunzio Lombar22, 23 dicembre). di, dopo aver vinNata a Udine, Anto il concorso na Maria Dell’O“Mattia Battististe si è diplomata ni” nel 1991, inpresso il Conserterpretando Muvatorio “Arrigo setta ne La BohèBoito” di Parma. me, ha iniziato Nel 1994 ha deuna prestigiosa buttato alla Scala carriera artistica. di Milano nell’InDeterminante è coronazione di Popstato l’incontro pea con i ruoli di Anna Maria Dell’Oste con la soprano Virtù e Damigella. All’ Opera di Roma è stata parti- Raina Kubaivanska, che l’ha colarmente applaudita in Un bal- scelta come sua allieva al primo lo in maschera, ne L’Elisir d’amore e Corso Lirico e da Camera a Toriin Cenerentola, mentre in vari tea- no. All’Opera di Roma, è stata tri d’Europa ha cantato con suc- applaudita ne La sonnambula, ne cesso ne Il ratto del serraglio, Il flau- Il matrimonio segreto e ne La proto magico, Il Barbiere di Siviglia, va di un’opera seria e ha interpreL’Elisir d’amore, Les Contes d’Hoff- tato brillantemente Violetta ne La Traviata a Lugano e a Basilea mann, La Bohème. Vasto anche il suo repertorio e poi Musetta a Sassari, Lucca, concertistico: a Roma, ha cantato Pisa, Mantova, Parma e Zurigo. all’Accademia di S. Cecilia (Car- A ed infedele di Milano nella Bohème, dove è tornato per interpretare Manon Lescaut, La Bohème e successivaue soprano presteranno mente Fedora. la voce alla furba RosaNella stagione 1996-1997 ha delinde: Darina Takova e buttato con grande successo coDanielle Streiff (17, 21 dicemme protagonista in Rigoletto a bre). Bergamo: ruolo interpretato anNata a Soche a Mafia, dove ha cerata, Gestudiato alnova, Pal’Accadelermo, Romia di Muvigo, Trensica, la bulto, Bolzagara Darino, Sassari, na Takova Lucca, Liha cantato vorno e nei più imTrieste. portanti Nelle ultiteatri d’Eume stagioropa e del ni è stato mondo e ha acclamato vinto premi protagoniprestigiosi sta in alcucome il ne tra le “Francisco più note Viñas” di opere verBarcellona diane, qua- Armando Ariostini e Darina Takova nel 1993 ed li La Traviail “Toti dal ta (Berlino e Catania), Falstaff Monte” di Treviso nel 1994. Al (Torino, Berlino e Parigi), Luisa Teatro dell’Opera di Roma ha riMiller (Losanna, Napoli, Como, Piacenza, Cremona), Il Trovatore (Roma, Verona, Parigi), La forza Francesco Grollo e del destino (Torino e Parma), Simon Boccanegra (Como, Rovigo, Pisa, Lucca e Trapani). D scosso notevole successo ne La Traviata, in Rigoletto, ne La Rondine, ne I due Foscari, nello Stabat Mater e nel Faust. Nel 1998 ha debuttato alla Scala di Milano come Regina della Notte nel Flauto Magico, mentre nel 1999 è stata Amenaide nel Tancredi al Rossini Opera Festival di Pesaro. Il soprano Danielle Streiff, dopo essersi diplomata con il massimo dei voti al CNR di Bordeaux in Arte drammatica e canto, ha studiato alla Scuola d’Arte Lirica dell’Opera di Parigi. Ha cantato in Italia riscuotendo particolare successo a Trieste con i Dialogues des Carmélites e con Manon Lescaut e a Palermo e Taormina con La Traviata. E’ stata molto applaudita a Liegi (Racconti d’Hoffmann, La Traviata, Carmen, Il Pipistrello), a Lione (La Bohème e Parsifal), a Marsiglia (La Bohème), a Vichy (Racconti d’Hoffmann) e ad Angres (Nozze di Figaro). Danilo Formaggia Alfred, amante sfortunato ue tenori si alterneranno zioni del 2003 che lo hanno vinel ruolo di Alfred: Fran- sto a Oslo con La Traviata, a Macesco Grollo e Danilo For- laga e Praga con La Bohème e ad Alessandria con il Rigoletto. maggia (17, 19, 22 dicembre). Il trevigiano Francesco Grollo, Danilo Formaggia, nato a Milaha compiuto i suoi studi presso i no, dopo aver studiato piano, si Maestri Barbon, Corelli e Gibel- è dedicato al canto, perfezionandosi con Kraus e lato. Nel 1993 ha la Olivero. debuttato in SloNel 1998 è stato venia ne La Tral’unico tenore itaviata e nel 1995, in liano a ricevere il occasione riaper“Premio Caruso”. tura del Teatro Dopo aver debutVerdi di Padova, tato nel 1996 nelle ha cantato nel RiDue Contesse di goletto. ParticolaPaisiello e nei Due re successo ha riBaroni di Cimaroscosso nel 1998 in sa al Festival delCanada con il Ril’Opera Buffa, si è goletto, a Bonn esibito nei più con il Nabucco, a importanti teatri Copenaghen con Darina Takova e Francesco Grollo internazionali. La Bohème e nel 2000 ha debuttato al Teatro Re- Particolarmente applaudito a gio di Torino con Madama But- Lugano ne La Traviata e a Cataterfly. Al Teatro dell’Opera di nia in Rigoletto. Ha riscosso poi Roma, nel gennaio 2001, è stato grande successo con le interpreRuggero ne La Rondine e, nel tazioni nel Barbiere di Siviglia e maggio 2002, Hoffmann ne Les nel Don Pasquale a Malta, ne La Contes d’Hoffmann e Danilo ne Bohème a Salerno e Savona, ne La La Vedova Allegra. Molto ap- Traviata a Budapest e nella Lucia plaudite anche le rappresenta- di Lammermoor a Seoul. D Pagina a cura di Claudia Fagnano - Foto di Corrado M. Falsini 6 Il Pipistrello Il Giornale dei Grandi Eventi La Storia dell’opera Successo a Berlino, ma con ritardo D ie Fledermaus (Il pipistrello) appartiene a quel genere musicale definito “operetta” il cui termine nel corso del secolo trascorso ha acquisito, a torto, una connotazione vagamente spregiativa, principalmente a causa di quei musicisti e critici che, con una punta di snobismo, tendono a considerarla una sorta di genere musicale da intrattenimento, figlio quasi disconosciuto della più nobile madre “opera”. Ai detrattori si è soliti opporre il favore che l’operetta gode tra il pubblico, unico vero giudice della musica, e la grandezza dei musicisti che si sono cimentati nella composizione e nella direzione di questi lavori, si pensi solo ad Offenbach. Anche il compositore Franz Lehàr, autore della celeberrima Vedova Allegra, alle sterili polemiche rispondeva con lapidarie parole: “Per me non esiste il concetto di musica da divertimento. Io conosco solo musica buona o cattiva. La prima continua a vivere, la seconda muore a causa della sua intrinseca insufficienza”. Da tragedia a commedia Questo giudizio vale sicuramente per un’operetta come Die Fledermaus, il cui pregio musicale è unanimemente riconosciuto. Il soggetto, tratto da un lavoro di Roderich Benedix Das Gefangnis (La prigione), fu trasformato dai francesi Henry Meilhac e Ludovic Halévy in una commedia, Le Reveillon (Il veglione), rappresentata con enorme successo al Palais Royal di Parigi il 10 settembre 1872. All’indomani delle fortunate repliche il direttore del teatro An der Wien, Maximilian Steiner, acquistò i diritti del testo e lo affidò ai librettisti Richard Genee e Carl Haffner che lo rimaneggiarono aggiungendo il personaggio di Falke, mancante nella versione originale. Strauss, letto il libretto, ne rimase stregato e decise di mettersi im- mediatamente a lavoro solo sedici volte consecuper la nuova operetta, la tive e dopo sessantotto sua terza dopo Le allegre rappresentazioni commogli di Vienna (mai rap- plessive l’opera scomparpresentata) ed Indigo La ve momentaneamente composizione fu ultimata dal cartellone. La ragioni in sole sei settimane nella di questa tiepida acconuova casa in campagna glienza da parte dei viendove gli Strauss andaro- nesi sono da ricondursi no ad abitare, una deli- essenzialmente alla graziosa casetta su due piani vissima crisi economica ancora oggi nota come che aveva colpito la città Fledermausevilla (villa l’anno precedente. In del pipistrello) e sita nel prospettiva dell’Esposisobborgo di Heitzing, al 18 di Hetzendorfer Strasse (oggi Maxingstrasse 18), nei pressi del castello di Schönbrunn. A riguardo si racconta un curioso aneddoto: un giorno il pianista Robert Fischhof, vicino di casa, durante una visita del compositore gli chiese di ascoltare il suo rampollo che studiava pianoforte. Il giovane, credendo di omaggiare il maestro, strimpellò proprio il valzer del pipistrello, che Strauss stava Marie Geistinger, prima Rosalinde componendo in quei giorni. Tra lo stupore zione Mondiale di Viengenerale, il ragazzo con- na, inaugurata il 1 magfesso` candidamente di gio 1873 nei padiglioni averlo ascoltato attraverso del Prater, l’Impero aule sottili pareti che separa- striaco sembrava aver vano le due case. Il com- raggiunto il suo apice positore viennese non economico. Nacquero gradì affatto il singolare banche e società` per omaggio e il giorno suc- azioni sull’onda dell’encessivo trasferì il pianofor- tusiasmo, ma la reale site in una stanza sull’altro tuazione economica era lato della villa per non es- ben diversa: i lavoratori sere più ascoltato da indi- si trovavano in una situascreti curiosoni. zione estremamente precaria e il boom economiDebutto felice, ma non co presto si rivelò solo fittravolgente tizio. Il 9 maggio 1873 la borsa ebbe un crollo fiDie Fledermaus, in tre atti, nanziario, che passò alla andò in scena il 5 aprile storia come il famoso 1874 al teatro An der “venerdì nero” della borWien di Vienna con la fa- sa. In pochi mesi oltre mosa cantante d’operetta trentotto banche dichiae soubrette Marie Gei- rarono il fallimento, sestinger nel ruolo di Rosa- guite dalle principali solinda, la Charles-Hirsc in cietà industriali e imprequello di Adele ed il te- se di costruzioni. Intere nore Jani Szika in quello famiglie di viennesi finidi Alfred. Il successo fu rono sul lastrico e la siimmediato, ma discreto: tuazione non mancò di rile recite furono replicate flettersi anche sulla Mit- teleuropa. Il contesto in cui fu rappresentato il lavoro di Strauss non era ovviamente dei migliori per un’operetta spensierata in cui le feste gioiose e l’allegria richiamavano nostalgicamente i bei tempi andati. L’opera però era comunque destinata ad uno sfolgorante successo, seppur ritardato: nel giugno del 1874 Die Fledermaus andò in scena a Berlino, con Alexander Girardi nella parte di Falke, un attore-cantante letteralmente idolatrato. In soli due anni nella città tedesca ottenne più di duecento rappresentazioni. Poco dopo Die Fledermaus fu riproposta a Vienna sempre all’An der Wien e da li iniziò a svolazzare allegramente per tutti i teatri europei. Le invidie francesi Una situazione piuttosto incresciosa accadde, invece, per le rappresentazioni di Parigi: Meilhac e Halévy, forse gelosi del maggiore consenso ottenuto dall’opera straussiana, rivendicarono la paternità del testo da cui era stato tratto il libretto e intentarono una causa per impedire che l’operetta di Strauss fosse rappresentata in Francia. Gustav Lawy, che era l’agente ufficiale per i diritti di rappresentazione dell’opera, escogitò un furbo stratagemma: la musica e il libretto sarebbero stati rimaneggiati. Strauss inserì alcuni brani tratti da Cagliostro a Vienna, composta nel frattempo, ed il soggetto fu leggermente modificato dai librettisti Wilder e Delacour. Così rielaborata la versione spuria di Die Fledermaus, in gran parte molto simile al futuro Sogno di un valzer (1907) di Oscar Straus, andò in scena con il titolo La tzigane (La zigana) nel 1877 al Théâtre de la Renaissance. Il successo non fu enorme e le repliche appena 86. Solo nel 1904 i parigini ebbero modo di ascoltare l’operetta di Strauss nella sua versione originale, che andò in scena al Théâtre des Variétés il 22 aprile con il titolo La chauve-souris (Il pipistrello). Poi fu la volta di Londra nel 1876 e infine di New York nel 1879. Nel 1894 Gustav Mahler diresse DieFledermaus all’opera di Vienna, aprendo le porte per quest’opera anche ai palcoscenici dei così detti teatri seri. Da allora il successo di quella che fu definita “la più viennese delle operette viennesi” è stato indiscusso. E’ proprio a questo lavoro che Strauss deve la stima di musicisti del calibro di Brahams, Wagner e Ravel. Quest’ultimo ebbe addirittura a dire, con una punta di polemica, che non si trova nell’opera omnia di Meyerber tanta musica quanta ce n’è nel Die Fledemaus. A Roma Infine, al Teatro dell’Opera di Roma Il Pipistrello è andato in scena solo tre volte. La prima dal 31 gennaio 1962 con 10 repliche diretta dal maestro Samuel Krachmalnick con Edda Vincenzi nei panni di Rosalinda, Arnoldo Foà in quelli del Principe Orlofsky e Giuseppe Campora come Alfredo. Passano tre soli anni e questo titolo di Strauss è riproposto l’8 aprile 1965 con lo stesso allestimento e praticamente lo stesso cast. L’ultima volta è andato in scena dal 25 febbraio 1993 (7 repliche) voluto dall’indimenticabile Sovrintendente Gian Paolo Cresci. Nel cast, guidato dal podio dal maestro Fabrizio Ventura, Eva Mei (Rosalinda), Alfonso Antoniozzi (Eisenstein), Paolo Barbacini (Alfredo) e Daniela Mazzuccato (Adele). Claudia Capodagli Il Pipistrello Il Giornale dei Grandi Eventi 7 L’analisi musicale Il Pipistrello, apoteosi del valzer menti che si rincorrono, tornano ora sostenuti da ritmi brillanti ora impreziositi da parentesi di più malinconica poesia. Già l’Ouverture è in tal senso straordinaria, imperniata su uno dei temi di valzer più celebri dell’intero repertorio straussiano, articolata in più sezioni che costituiscono un materiale musicale liberamente circolante in tutta la partitura. Il libretto del Fledermaus non si distacca dal tipico repertorio del teatro musicale leggero. C’è una società che vuole divertirsi, c’è il consueto inganno amoroso del marito che finge di andare in un luogo e si reca in un altro in cerca di avventure, c’è la moglie che lo pedina e in qualche modo lo punisce. Ci sono inganni e travestimenti come nella miglior tradizione del teatro Jacques Offenbach, padre dell’operetta francese comico: il tutil capolavoro, “Die Fleder- to a un ritmo forsennato. maus”, una vera e propria Un aspetto, questo, degno di rilievo: Strauss non conapoteosi della danza. Mai come nel Pipistrello, il cede tregua all’ascoltatopur generoso inventore di re, lo avvince in un gioco temi, si fece “prendere la musicale che lo trascina al mano” e riversò nella par- finale senza cedimenti, titura un’incredibile senza pause, senza interquantità di spunti, d’ele- ruzioni. «V oi dovreste scrivere un’operetta». L’invito sarebbe stato rivolto (il condizionale è d’obbligo) nel 1864 a Johann Strauss junior da Jacques Offenbach. Offenbach, il padre dell’operetta francese, era allora in visita a Vienna ed ebbe naturalmente modo di incontrare il Re del Valzer. E’ certamente difficile pensare che l’autore di Orfeo all’inferno abbia incoraggiato il celebre collega ad entrare nel suo stesso campo. E’ però indubbio che l’incontro fra i due artisti spinse Johann sulla strada del teatro, anche per le insistenze della moglie, la cantante Jetty Treffz. E così Strauss si trovò ad inventare l’operetta viennese, allontanandosi immediatamente dal modello francese assai più satirico e graffiante. Strauss, naturalmente, puntò su quei valzer che avevano saputo fondere nello stesso spirito d’allegria tutte le classi sociali. E al suo terzo tentativo (dopo “Le allegre mogli di Vienna”, mai rappresentata e “Indigo”) creò E’ una “folle giornata” di ispirazione quasi mozartiana nel suo perfetto meccanismo teatrale. La partitura La costruzione della partitura privilegia i concertati, i pezzi d’insieme, alle pagine solistiche, pur bellissime. Il che garantisce ancor più brillantezza teatrale. I personaggi sono caratterizzati in modo geniale, alcuni attraverso arie e couplet, altri mediante duetti e terzetti. Adele, la vivace cameriera, esordisce con una cascata di note veloci che ne rivelano immediatamente lo spirito sbarazzino. Da notare nel prosieguo del suo intervento iniziale, lo stile quasi parlato su un fluente tema orchestrale, prassi comune anche nell’opera comica italiana (si pensi a Rossini). Il Principe Orlofsky, al quale Strauss dà una voce di mezzosoprano, si presenta nel secondo atto esprimendo la tristezza di un’esistenza solo appa- rentemente vanno citate, in particolafelice (“Ado- re, due, entrambe nel sero dar spetta- condo atto. Adele intona colo, adoro le una spiritosa e celebre aria s o i r e e s … ” ) prendendo in giro il pacon una me- drone Eisenstein (“Mein lodia langui- Herr Marquis”- Mio sida e molle. gnor Marchese) in un diFalk appare scorso musicale di sapore al pubblico in quasi rossiniano, con tanmodo scan- to di contagiosa risata che zonato duet- dalla interprete si propatando con Ei- ga al coro in un finale di senstein. Per- trascinante allegria. Di rasonaggio se- ra raffinatezza, infine, la c o n d a r i o , “Csardas” interpretata da Blind, l'avvo- Rosalinde. Molti amici cato di Eisen- avevano cercato di disstein, con il suadere Strauss dal comsuo goffo in- porre una csardas per l'atervento in ria della contessa: solo un trio con Ro- ungherese, sostenevano, salinde e Ei- era in grado di scriverne senstein in- una “genuina”. In realtà c a r n a Strauss è riuscito a cogliegustosamen- re lo spirito della danza te la figura con estrema intensità dell'Azzec- creando una delle sue pacagarbugli, gine più belle ed eleganti. buffo e ridi- Die Fledermaus debuttò al colo. Piacevole il terzetto Theater An der Wien il 5 fra Alfred, Rosalinde e aprile 1874. Sul Morgen Frank (finale atto I) che Post apparve questo giudopo un avvio in forma di dizio, estremamente sivalzer sensuale, si anima gnificativo a proposito per offrire una pagina di della partitura: «Tutto risuona nelle orecchie e penespigliata vitalità. Talvolta, Strauss diventa tra nel sangue, giù fino nelironico. Nel terzetto del primo atto fra Rosalinde, Adele e Eisenstein, il “dolore” della separazione fra marito e moglie (Eisenstein, ufficialmente, sta per entrare in prigione; in realtà si appresta a recarsi al ballo mentre Rosa- Johann Strauss jr, re del valzer linde attende in casa l'ex amante Alfre- le gambe e anche lo spettatodo) contrasta in modo evi- re più pigro comincia, senza dente con la musica co- volerlo, ad ammiccare con il struita sui leggeri temi capo, a dondolarsi con il corpo e a battere il tempo con i dell'Ouverture. piedi…». Una lunga, interminabile, trascinante danIl secondo atto za, appunto. Roberto Iovino Fra le pagine solistiche ne 8 Il Pipistrello Il Giornale dei Grandi Eventi La lunga storia del valzer Dalle feste contadine ai ricevimenti di Corte degl Danza in ritmo ternario, solitamente in 3/4, caratterizzata da un forte accento sul primo quarto. Questa è l'essenza ritmica del valzer, una forma musicale che trae origine dal verbo tedesco walzen che, a propria volta, discende dal latino volvere - girare, roteare. Fin dal Medioevo, i contadini dei paesi tedeschi ballavano una danza chiamata Laendler, una specie di giocondo volteggiare di uomini e donne abbracciati. Forme similari di ballo con volteggiamenti e passi pestati e cadenzati erano presenti anche in Francia e in Italia, dove prendevano il nome di volte. Simili danze erano generalmente precluse al mondo aristocratico che preferiva invece balli non eccessivamente promiscui, bensì più cerimoniosi ed eleganti - come il minuetto - e che dessero modo di poter sfoggiare gli abiti sontuosi senza danneggiarli. Solamente in Inghilterra, poteva accadere che in occasione di speciali festività i padroni danzassero con i contadini nelle cosiddette country dances, molto simili alle Volte e ai Laendler. Dai cortili e dalle aie dei popolani il valzer comincia a prendere forma più definita in alcune composizioni di Bach, particolarmente in una del 1742, intitolata per l'appunto "Festa paesana". Caratteristico di questa cantata è infatti il ritmo ternario e la ripetizione rotatoria della melodia, tipica dei Laendler. Il termine valzer non è ancora diffuso. Don Giovanni precursore Un eccezionale riscontro della varietà delle danze in rapporto alla classe sociale, si trova nel Don Giovanni di Mozart: alla fine del primo atto di quest'opera vi è descritta una grande festa nel palazzo del libertino e, mentre l'imbalsamato aristocratico don Ottavio balla il minuetto con Donna Anna, mentre il popolano Leporello distrae Masetto con il Teitsch, rustica danza popolare, Don Giovanni volteggia con Zerlina in una "contradan- za", storpiatura di country dance, appunto l'anglosassone antesignana del valzer. Nella stessa opera mozartiana, nell'ultimo atto, vi è poi una citazione di quello che è considerato da alcuni musicologi il primo valzer in assoluto nella storia della musica: il brano in questione è tratto da La cosa rara, opera del compositore spagnolo Vincente Martin y Soler, scritto nel 1786, un anno prima del Don Giovanni. «Bravi! Cosa rara!», commenta infatti Leporello riconoscendo la simpatica melodia in 6/8 (e sfruttando il titolo del brano per una frecciata agli strumentisti). Chiede allora Don Giovanni: «Che ti par del bel concerto?» Leporello: «E' conforme al vostro merto!». La sensualità sottintesa a questo ballo, che preoccupava gli animi più puritani del clero e dell'aristocrazia, trova dunque, ben presto, il suo uomo-simbolo nell'impenitente libertino Don Giovanni. Già un decennio prima del capolavoro mozartiano, Goethe descriveva nel Werther le inebrianti sen- sazioni provate dal protagonista, durante un valzer con la fanciulla amata. Il valzer trovò l'ambiente più adatto per evolversi e prosperare nella Vienna imperiale di fine '700: la città, tradizionalmente gaia e spensierata era governata con paternalistica bonomia da Giuseppe II, particolarmente incline ad accontentare l'indole festaiola dei suoi sudditi. Alla sua corte Mozart compose circa una settantina di musiche per danza tra cui moltissimi valzer, anche detti "tedeschi da ballo": Il Valzer del canarino, il Valzer dell'organetto e il Valzer della corsa in slitta, tutti venati da una sottile malinconia. Anche Beethoven compose numerosi valzer, (insolitamente allegri e spensierati per il carattere di questo compositore), ma soprattutto Schubert scrisse una quantità di Laendler e Danze tedesche, che erano però poco adatte al ballo: fornivano piuttosto un pretesto per melodie nobili e sentimentali in ritmo ternario. Sotto la ghigliottina della Francia rivoluzionaria era caduto anche il Minuetto, ultimo ricordo dell'Antico Regime, ed anche dopo la Restaurazione del 1815, rimase definitivamente relegato nel baule dei ricordi dell'aristocrazia, insieme alla parrucca incipriata. Il valzer non aveva dunque più rivali e trionfava in Europa: si diffuse infatti come l'espressione di una spensierata gioia di vivere, tra tutte le classi sociali. Il Il Pipistrello Giornale dei Grandi Eventi 9 Il valzer a Vienna i Asburgo Le fondamentali innovazioni degli Strauss A Carl Maria von Weber scrisse nel 1819 il brano pianistico Auffoderung zum Tanz, Invito alla danza: fu una tappa fondamentale per l'evoluzione del valzer, poiché nacque quella che sarà la struttura basilare del valzer: una introduzione, quattro o cinque piccoli motivi di valzer e una coda finale che li riassume e li assembla. Andrea Cionci ll'inizio dell'800, in particolare a Vienna, in ogni caffè, parco, o sala da ballo, il valzer imperversava costringendo i compositori e i praticanti di musica ad una super produzione di musiche da ballo. Nella capitale dell'Impero Austro-Ungarico nacque nel 1819 una nuova orchestrina formata dai fratelli boemi Drahanek e dal tirolese Josef Lanner; al loro gruppo si aggiungerà come rinforzo un giovanissimo e promettente violinista di nome Johann Strauss. Ben presto il nuovo arrivato affiancherà il pur bravo Lanner nella produzione di musiche da ballo, per far fronte alle fameliche richieste del pubblico viennese. Le sue composizioni hanno notevole successo tanto da rovinare il rapporto d’amicizia con il suo socio. Nel 1825 sposa Anna Streim, da cui avrà due femmine e tre figli maschi: Johann jr., Joseph ed Eduard. Così Strauss si mette in proprio con un'orchestra personale e comincia la sua frenetica attività di direttore e compositore in tutta Europa, riscuotendo grande ammirazione da Berlioz, Brahms e Paganini. Fondamentali innovazioni Egli apportò fondamentali innovazioni alla forma del valzer: rinnovò la ritmica, liberandola dalla pesante pulsazione cadenzata tradizionale e gli conferì quel carattere elegante e quel gusto melodico viennese tipici del valzer nella sua forma moderna. Non solo, egli creò un nuovo colore timbrico attraverso una nuova strumentazione che privilegiava il violino, poiché, come lui stesso sosteneva: «è più adatto al passo scivolato sul parquet, mentre gli strumenti a fiato, dal suono grave, si addicono piuttosto a un valzer con movimenti meno regolari, danzato su terra battuta». Wagner ricordava di una volta in cui aveva assistito all'esecuzione di alcuni suoi ballabili: «Trovai tutti gli ascoltatori infiammati[...] per ogni pezzo si produceva un'eccitazione generale che confinava col furore. Questo demone dello spirito musicale del popolo viennese trasaliva all'inizio di ogni nuovo valzer, e l'eb- brezza dell'auditorio, provocata dalla musica e non dalle bevande, raggiungeva culmini paurosi...». Anche i suoi tre figli maschi dimostravano di avere talento musicale, tuttavia Johann padre osteggiò caparbiamente la loro propensione verso la musica e solo dopo la sua separazione dalla madre il figlio Johann poté mettere su una propria orchestra. Nonostante i ripetuti tentativi di distensione messi in atto dal figlio Johann, il padre non volle mai giungere a una pacificazione, tanto che il loro dissidio si acuì anche per ragioni politiche: il padre, conservatore e reazionario, compose la Radetzsky marsch, mentre il figlio scriveva marce studentesche durante i moti del '48. Alla morte del padre, nel '49, il figlio fu perdonato dall'Imperatore, per il quale compose Viribus Unitis. Ottenne anche la carica di “Direttore delle musiche da ballo di Corte”. La fama del padre era definitivamente oscurata ed era adesso lo Strauss figlio, l'incontrastato Re del valzer. Spensieratezza in musica Fu per la corte viennese che egli compose la maggior parte dei circa 170 valzer della sua produzione, in cui seppe tradurre in musica l'ambiente spensierato e gaudente della corte asburgica. Secondo la tradizione del sinfonismo viennese, queste composizioni rappresentano il vertice ineguagliato nella loro forma musicale, per l'inesauribile fecondità della vena melodica, per la genialità della strumentazione e per lo slancio ritmico. Ancor oggi hanno una vastissima popolarità titoli come Storielle del bosco viennese, Sangue viennese, il Valzer dell'imperatore e soprattutto Sulle rive del Danubio blu, composto nel 1867 per l'Esposizione universale di Parigi, la cui celebrità l'ha portato a divenire quasi un ufficiale inno nazionale austriaco. Molti di queste composizioni potevano essere eseguite sia in forma di concerto, sia per ritmare e accompagnare effettivamente la danza. Dopo gli Strauss il valzer comincia a perdere la propria natura di ballabile, trasmigrando dalle sale da ballo a quelle da concerto, divenendo una classica e fortunata forma pianistica con Chopin e una forma sinfonica romantica con Berlioz. L'espressionismo tedesco lo usò in modo variamente dissacratorio e autori francesi come Ravel e Debussy, lo trattarono poi con ironica malinconia, fino all'ultima ripresa, alle soglie del Neo-classicismo da parte di Stravinskij. Con la famiglia Strauss si è potuto realizzare un miracolo estetico in cui l'arte dell'intrattenimento leggero si è mescolata con la grande arte in cui si realizzano valori assoluti. La corte viennese ha fornito la più splendida cornice dorata per la fioritura del valzer viennese dell'800. Citiamo ancora Wagner: «Un solo valzer di Strauss [stavolta riferendosi al figlio] sovrasta, per quanto concerne grazia, finezza e vero contenuto musicale, la maggior parte dei faticosi prodotti operistici importati dall'estero: e questo nella misura in cui la cattedrale di santo Stefano supera le vuote colonne accanto ai boulevards di Parigi». A. C. Il Pipistrello 10 Il Giornale dei Grandi Eventi Johann Strauss jr. Una vita per il Valzer…sul bel Danubio blu «N on dimenticherò mai l’omaggio con cui Strauss veniva accolto nei suoi concerti dal pubblico accalcato. Pareva assai commosso dal saluto, ma dopo un minuto si voltava verso i suoi devoti ed iniziava a suonare con una dolcezza del suono, una sensibilità ed una verve che ai presenti faceva l’effetto di un angelo alla testa di una normale orchestra di suonatori di violino». Così si espresse il diplomatico inglese Horace Rumbold a proposito di Johann Strauss jr. Nato a Vienna il 25 ottobre 1825, Johann Strauss, figlio di quel musicista che portava il suo stesso nome e che ebbe il merito di far conoscere in tutto il mondo il valzer, si prefisse nella sua vita l’obiettivo di rendere ancor più celebre il famoso ballo viennese. In realtà, il padre avrebbe voluto che si dedicasse al commercio, tanto che una volta, trovandolo intento a suonare il violino, andò su tutte le furie. «Un giorno raccontava lo stesso Strauss - ero in piedi allo specchio e sviolinavo, quando si aprì la porta ed entrò mio padre. “Ma come” urlò, “suoni il violino?” Non aveva la più pallida idea che avevo l’inten- zione di diventare musicista professionista…Mio padre non ne voleva proprio sapere dei miei progetti». Il difficile rapporto con il padre provocò gravi nevrosi al musicista, il quale all’età di dieci anni rimase sconvolto nell’apprendere che il genitore aveva avuto un Johann Strauss jr. figlio da una modista, con la quale decise poi di andare a convivere. Questo evento, che segnò l’artista per tutta la vita, contribuì certamente a farlo diventare psicologicamente fragile e può spiegare alcune stranezze della sua vita. «Johann Strauss - raccontava un giornalista del tempo conduceva una vita singolare. Molti la definivano in- sensata, eppure era emersa quasi come una necessità naturale del suo modo di fare e della situazione nella quale viveva. Dormiva fino alle due del pomeriggio… e si dice che a quell’ora non avesse ancora scritto alcuni pezzi che avrebbe dovuto eseguire la sera…». Il conflitto con il padre fa pensare anche che la vita del musicista fu soltanto in apparenza sempre lieta e spensierata, quale la descrisse il giornalista Friedrich Uhl: «…aveva ereditato il talento paterno, cui si era associato un altro genio: la gaiezza. Da essa il giovane Strauss si faceva guidare. Si sarebbe quasi potuto parlare di una divina spensieratezza». Fu soltanto grazie alla ma- dre Anna che l’artista riuscì a dedicarsi allo studio della musica nonostante l’opposizione paterna. A soli diciannove anni formò una piccola orchestra che successivamente fuse con quella del padre dopo la morte di quest’ultimo e con la quale si recò nelle principali città francesi, tedesche, russe, inglesi e americane, ottenendo grandi successi. Negli anni Sessanta compose i migliori Walzer (ne scrisse circa 500, fra i quali il celeberrimo Sul bel Danubio blu) che fecero scrivere ad Uhl: «Si danzava in maniera diversa, si mettevano le ali ai piedi quando Johann Strauss invitava alle danze viennesi». Fu in questo periodo che conobbe e sposò la cantante Jetty Treffz (di sette anni più anziana): fu amore a prima vista e il 27 agosto 1862 il matrimonio venne celebrato in gran segreto. Con la carica di Hofballdirektor (nella quale successe al padre) diresse i balli di Corte fino agli anni ’70 (incarico che lasciò poi ai fratelli Eduard e Joseph) e iniziò successivamente a scrivere operette (una quindicina circa), tra le quali la più famosa è certamente Il Pipistrello del 1874. Dopo debutto applaudito ma modesto, questo titolo ottenne un successo mondiale che venne funestato dalla morte dell’amatissima moglie per un’apoplessia cerebrale. Incapace di una solitudine che lo tormentava, dopo soli sei mesi sposò la cantante Angelica Dittrich, poco più che ventenne, da cui divorziò nel 1887 per unirsi in matrimonio con Adèle Deutsch. Per sposarla fu costretto a prendere la cittadinanza della Sassonia, ciò che gli valse l’avversione dell’Austria ufficiale. Da quel momento, la Corte imperiale, l’aristocrazia e i rappresentanti dello Stato, lo esclusero dal loro ambiente, nonostante avesse ormai raggiunto una fama mondiale. Il giorno di Pentecoste del 1899, dopo aver diretto l’overture de Il Pipistrello, uscendo accaldato dall’Hofoperntheater sul Ring, prese un brutto raffreddore, il quale degenerò nella polmonite che pose fine alla sua esistenza. “Il re del valzer” morì il 3 giugno 1899 e fu seppellito in una tomba d’onore dopo un grandioso funerale a cui assistettero migliaia di persone. Claudia Fagnano Durante il Nazismo Gli Strauss purificati N Silhouette di J. Strauss jr. di Hans Schiliessmann el 1936 alcuni studiosi tedeschi scoprirono che Johann Michael Strauss, nonno di Strauss senior, era di origine ebraica. Nel registro matrimoniale della Cattedrale di Santo Stefano a Vienna risultava infatti che l’11 febbraio 1762 era stato celebrato un matrimonio religioso fra Johann Michael Strauss e Rosalia Bu- schin. Michael era figlio di Wolf e di Theresia entrambi ebrei. Il certificato matrimoniale lo definiva un “ebreo battezzato”. Nel più stretto riserbo, gli studiosi protagonisti della scottante scoperta furono convocati presso il comando della Gestapo. Non si poteva proibire la musica degli Strauss a Vienna. Fu allora imposto loro il silen- zio. Considerata la lontananza dell’ascendenza, venne quindi deciso di eliminare la pagina dal registro della Cattedrale di Santo Stefano (dove figurava l'atto matrimoniale di Johann Michael). Il registro fu fotografato e restituito alla chiesa senza la pagina. Gli Strauss erano stati purificati! R.Iov. Il Il Pipistrello Giornale dei Grandi Eventi I l pomeriggio del 3 giugno 1899 al Volksgarten di Vienna, Eduard Kremser stava dirigendo un concerto benefico destinato a raccogliere fondi per la costruzione di un monumento a Lanner ed a Strauss padre. Qualcuno si avvicinò al direttore, gli mormorò qualcosa. Kremser fermò l’orchestra, stette assorto qualche minuto, poi parlò piano al primo violino. Il pubblico rimase immobile e quando sentì attaccare, pianissimo, il tremolo e le prime note del “Danubio blu” capì: poco distante, nella sua casa, si era spento Johann Strauss junior, l’imperatore del valzer. La gente si alzò, in silenzio e se ne andò con il dolore nel cuore. Quel pomeriggio si era chiusa un’epoca, era calato il sipario su una grande dinastia musicale che, idealmente affiancata agli Asburgo, aveva governato Vienna al ritmo di tre quarti. Johann junior era “salito” alla guida dell’impero di famiglia più o meno contemporaneamente all’Imperatore Francesco Giuseppe, marito di Sis- Johann Strauss padre si. E qualcuno sostiene che, per singolare coincidenza, fu proprio la sua morte a segnare anche l’inizio del tramonto degli Asburgo, perché, a pochi mesi dall’inizio del nuovo secolo, ormai tutto stava mutando. Di lì a poco con l’attentato di Sarajevo l’Europa non Una famiglia consacrata ai valzer L’Impero Strauss Johann Strauss figlio sarebbe stata più la stessa e il valzer sarebbe divenuto un divertimento anacronistico. Nella storia della musica gli Strauss hanno svolto un ruolo alquanto particolare. La loro dinastia ha creato un vero e proprio impero commerciale. La prima orchestra La loro avventura iniziò negli anni Venti dell’Ottocento quando il giovanissimo Johann senior entrò nel Quintetto di Josef Lanner. Il gruppo si impose ben presto all’attenzione generale tanto che Lanner e Strauss pensarono di formare una vera e propria orchestra. Furono loro ad imporre il prezzo di un biglietto al loro pubblico e furono loro a dare titoli ai valzer ispirati alla cronaca, in modo da creare un legame stretto con la città ed i suoi abitanti. Poi, nel 1825, al culmine della gloria, i due si separarono. Johann senior mise così in piedi una propria orchestra auto- noma. Carattere esuberante, comunicativo, ottenne un facile successo, imponendo il proprio stile e creando una vera e propria moda. Con il suo complesso si esibì nei principali locali viennesi (in particolare l’Apollo e lo Sperl, i più lussuosi), per poi partire in tournée alla ricerca di nuove e più ampie platee. Toccò le maggiori città tedesche, passò a Parigi, attraversò la Manica, prese parte ai festeggiamenti per l’incoronazione della Regina Vittoria. Ovunque suscitò l’ammirazione del pubblico e dei colleghi. Berlioz, ad esempio, dedicò alla sua orchestra un lungo articolo elogiativo. Il debutto di Johann jr. Tornò a Vienna carico d’onori, osannato dai suoi concittadini, ma in aperto contrasto con la moglie ed i figli. Innamoratosi di una modista, Johann decise infatti di separarsi dalla consorte Anna che aveva sposato proprio nel 1825, l’anno in cui era nato pure il figlio maggiore Johann junior. Il divorzio dalla moglie ebbe però positive ripercussioni in campo musicale. Il vecchio Johann, infatti, aveva proibito ai figli di dedi- 11 Strauss come il lascito più caro di mio padre e sono certo che lui mi avrebbe lasciato volentieri in eredità questo amore per la tradizione viennese che lo ha seguito fino quasi alla morte». Da allora “l’impero” passò sotto la guida di Johann presto affiancato dai fratelli Josef e Eduard. Al loro servizio c’erano circa duecento dipendenti fra musicisti, copisti, cocchieri, uscieri, contabili e personale amministrativo. Più “Orchestre Strauss” suonavano contemporaneamente nei locali viennesi oppure andavano in tournée con uno dei componenti della famiglia. Johann junior morì, come si è detto, nel 1899. Nel 1870 si era spento il fratello Josef, di due anni più giovane, musicista per caso: era un ingegnere abbastanza affermato, ma era dovuto salire sul podio per sostituire il fratello ammalato. Amava la musica, ma preferiva la matematica. Debuttò con un valzer significativamente intitolato “Il primo e l’ultimo”: ne scrisse poi in rapida successione altri duecentosettanta e carsi alla musica, dimenticando che anche a lui era stato vietato invano di fare il musicista! Ma una volta allontanatosi da casa il genitore, Johann junior si sentì libero di consacrarsi al valzer e di seguire le orme di un padre che nonostante tutto ammirava come ogni viennese. Debuttò nel 1844 a 19 anni al Casino Dommayer, un modesto locale vicino a Schönbrunn. Il padre non intervenne, ma mandò alcuni osservatori di fiducia che lo informarono prontamente del successo incredibile arriso al giovane Strauss. Da allora due orchestre Strauss lavorarono in contemporanea a Vienna, capeggiate da padre e figlio che, pur rispettandosi, non ebbero mai modo di collaborare. Allo scoppio dei moti del Quarantotto, anzi, si trovarono su opposte barricate: Johann senior, autore della Marcia Radetzky, fu accuJoseph Lanner (1901-1843), sato di essere amico e rivale di Johann Strauss padre un reazionario; Johann Junior finì persimorì esausto a soli 43 anno in prigione per qualni. L’impero rimase affiche ora per aver eseguito dato al fratello minore, in concerto la Marsigliese. Eduard, il meno geniale L’anno dopo il vecchio sul piano creativo, ma il Strauss morì e il giovane più abile come organizriunì sotto la sua direzione zatore. Fu lui, nel 1901, a tutte le orchestre Strauss. sciogliere i complessi «Io – dichiarò Johann juStrauss ponendo fine ad nior ad un giornale vienun sogno lungo 76 anni. nese – porto avanti il nome Roberto Iovino Il Pipistrello 12 Il Giornale dei Grandi Eventi Generi e forme Il Vaudeville, antenato dell’operetta D as Fledermaus di Haffner e Genée è tratto dal vaudeville Le rèveillon (Il veglione) di Meilhac e Halévy, rappresentato al Palais Royal di Parigi il 10 settembre 1872. Ripercorrendo la genesi del vaudeville troviamo che nel XV secolo questo era un genere di poesia satirica - diffusa nella Francia occidentale leggera e licenziosa, di tono sagace, che si scagliava contro i costumi e i vizi di ogni rango sociale, le cui strofe venivano liberamente intonate su melodie popolari preesistenti. Tale forma si diffuse nel Settecento, entrando nei teatri come sezione cantata, alternata alle parti recitate del teatro leggero. Ciò fu permesso dal fatto che si trattava di canzoni semplici, eseguibili anche da attori non musicisti. Col tempo il vocabolo finì per indicare non più le sole canzoni, ma l’intera rappresentazione. L’etimologia del termine risale al XIV secolo. Nella città di Vire, sulle sponde dell’omonimo fiume che scorre tra le colline della Normandia, viveva una comunità di compagnons gallois, che usavano annotare le loro melodie, come le canzoni delle vaux de Vire cioè delle valli del Vire. Il mutare della forma, da vaudevire a vaudeville, dipese sia dall’im- equivoci, filosofia, ma mira solo a scambi, batcostruire complicate e tute salaci ed precise macchine narraallusive. In tive, quasi congegni ad voga nel Setorologeria, giochi di tecento, il geporte che consentono nere dominò una giostra di persoParigi, ma naggi, scambi, equivoci approdò e veloci colpi di scena ovunque e per sorprendere e divisse una vertire il pubblico. La straordinaria sua assoluta teatralità fortuna fra fa sì però che i persoOtto e Novenaggi non posseggano cento grazie profondità psicologica, ai suoi massisono delle maschere mi esponenti, con ruoli fissi, privi di Eugène Laevoluzione. biache (1815 La nascita di questo ge– 1888) e nere è quindi da ascriGeorges Feyversi all’esigenza di svadeau (1862 go ed alla volontà di ri–1921), gevincita del teatro popoLes Grands Boulevards et Théâtre du Vaudeville in un quadro di Antoine Blanchard niali per trolare della Francia rivoluprecisione della trasmiscostruita su note ribattuvate e sisione orale, che dalla te e piccoli salti, priva di tuazioni. coincidenza per cui nel modulazioni (eccetto Quando Cinquecento furono pubpassaggi alla dominante ancora ai blicate raccolte di canzoo alla relativa maggiore) dialoghi si ni intitolate voix de ville, a e in assenza di uno svialternava sottolinearne l’origine luppo agogico. Si trattala musica, popolare piuttosto che va dunque di disegni di tono pocortigiana. melodici orecchiabili e polare, era senza note sostenute, causo che gli Arie semplici ratterizzati da un forte attori intoma eleganti senso ritmico. L’appanassero rente elementarità riveq u e l l e Si trattava di arie molto lava però toni eleganti, semplici semplici, che si potevano finemente racchiusi nella strofette cantare a una voce, prive geniale concisione aforicantate, di accompagnamento o, stica. quei coual massimo, con un’arIl teatro comico francese plets che, monizzazione elementadi Sette-Ottocento ricorconquistare. Forme musicali quasi se per primo all’uso di to il camsempre costruite su un tali canzoni finché, nella po, daranritmo di danza (minuetmetà del XIX secolo i no vita alto, gavotta o simili), sencanti scomparvero, ma l’operetta, za rispettarne fedelmenrestò la definizione per che invece te lo schema, ma con caindicare uno spettacolo svilupperà denza alla fine di ogni teatrale di prosa basato solo le seThéâtre du Vaudeville sezione. La melodia era su una comicità ricca di zioni musicali di quel teatro pozionaria se pensiamo polare di prosa. che, dopo la legge sulla La musica, il più bello e suadente mezSegue intervento da pag. 1 Il vaudeville è una comlibertà dei teatri, due atzo di comunicazione, è di conseguenza sempre più entrato nel DNA degli aumedia agile e scanzonata tori di vaudeville, Piis e divenuta anche uno straordinario veistriaci e dei popoli di quello che fu il che, se nelle origini era Barré, aprirono in rue de colo per la promozione turistica, un veigrande Impero asburgico, divenendone ricca di numeri di canto, Charter una sala deputacolo universale: senza parole, senza traun elemento fondamentale della cultueliminate le parti musita a questo genere, la cui duzioni tutti capiscono. Ed una musica ra e dell’identità. cali, si caratterizza per vivace comicità era cacosì nota, così tipica come il valzer, è imCosì se Strauss è sinonimo di valzer, valuna spiccata comicità, pace di illuminare gli mediatamente identificabile con l’Auzer è sinonimo di Vienna. Ma non solo dal ritmo veloce e ricco animi scuriti dalla crisi stria, e con la città di Vienna. Un eledi una Vienna Imperiale di 150 anni fa, di colpi di scena: un artidei tempi, democratizmento ormai indispensabile a tutta l’atma anche nella Vienna di oggi. Chi non ficio teatrale, costruito di zando la tradizione scetività di promozione turistica, la splenconosce il concerto di Capodanno dalla solito a più mani, con nica. Insomma non è un dida ed elegantissima cornice di ogni Sala d’Oro del Musikverein che rimane una struttura narrativa caso se il Théâtre du Vaumanifestazione che guarda al mito deluna delle trasmissioni televisive più sefragile, finanche pretedeville aprì i battenti nell’Austria Felix. guite a livello mondiale? Un concerto stuosa. Teatro teatrale, la sanguinosa Parigi del Radbot d’Asburgo Lorena inimmaginabile senza i valzer, senza le insomma, che non ri1792! Arciduca d’Austria melodie degli Strauss. spetta la letteratura o la Stefania Soldati già Direttore del Turismo Austriaco a Roma Il Il Pipistrello Giornale dei Grandi Eventi 13 Genere musicale del nuovo gusto borghese L’operetta fino a Johann Strauss figlio F u la Francia di metà Ottocento la culla dell’operetta, proprio quando grazie all’avvento dell’industrializzazione si stava affermando la classe borghese, il cui gusto fece di Parigi il simbolo della spensieratezza e del divertimento, che sfociò, nel primo Novecento, nella cosiddetta Belle Époque. Questa matrice sociale influenzò i testi delle prime operette francesi di uno spirito quasi intellettualistico, che si stemperò col tempo, avvicinandosi sempre più al genere comico, ricco di equivoci e situazioni montate ad effetto, per mettere in ridicolo le apparenze e le convenzioni sociali. Si tratta formalmente di una commedia composta da pezzi recitati e pezzi musicati, le cui sezioni cantate svolgono un ruolo fondamentale. Non per questo tale genere deve essere confuso con una derivazione dell’opéra-comique francese e del Singspiel mitteleuropeo, come s’ingannò lo stesso SaintSaëns quando la dichiarò figlia mal tournée dell’opéra-comique. Queste forme nacquero precedentemente ed in contrasto con il teatro dell’opera italiana, indiscussa dominatrice delle scene europee nel Settecento, con la volontà di opporre una reale alternativa di matrice popolare: adottarono quindi le lingue nazionali per i libretti e sostituirono il recitativo cantato, più aulico, con quello parlato, più snello e leggero. L’operetta si affacciò, invece, sulla scena in tempi successivi, a metà del XIX secolo, quando nel teatro di prosa vennero inserite sezioni musicali tratte da vaudeville o testi popolari, da cui il riflesso a contenuti attuali, dal divertito schizzo sociale alla satira politica. Il genere operettistico quindi non rappresenta il risultato di un impoverimen- to, ma costituisce una forma indipendente, con caratteristiche proprie, pur se arricchita dalle movenze del teatro musicale maggiore. La nuova scrittura si diffuse presto in tutta Europa distinguendosi inizialmente con caratteristiche nazionali, finché, a cavallo del XX secolo, prese corpo una forma di respiro cosmopolita, mista di tradizione locale e contaminazioni musicali e culturali nuove. Non è un caso però se tale genere abbia subito un forte declino tra le due guerre, una volta spento lo spirito borghese dell’Ottocento anche in conseguenza della grande recessione del 1929. Die Lustige Witwe (La vedova allegra) di Franz Lehár, del 1905. Dal valzer all’operetta: Johann Strauss figlio L’operetta viennese e all’intreccio. Richard Genée spiccò tra i librettisti. Egli era solito lavorare in coppia, prediligendo la redazione delle parti cantate (come musicista e autore di operette) e lasciando ai colleghi l’invenzione della trama e dei dialoghi. Alla fine del XIX secolo il genere sembrava esaurirsi, quando da Berlino si diffuse al resto della Ger- Quando nei teatri di Vienna era costante il repertorio francese, proprio Johann Strauss figlio esordì nel genere con Indigo (1871) e Das Fledermaus (1874). Benché i lavori viennesi fossero quasi sempre ricavati da testi francesi, lo stile dei primi si distanzia da quello parigino per una maggiore presenza della musica (spesso forme da ballo quali valzer, lied e danze da salotto) e il testo risulta meno vivace rispetto alle trame francesi, proprio perché viene dato maggior spazio alla parte musicale piuttosto che ai dialoghi mania e poi all’Europa intera, arricchendo l’originaria tradizione viennese con la vivacità del folklore danubiano, il cui esempio più eloquente rimane Con i suoi trascinanti valzer e le divertenti operette Johann Strauss jr. è il musicista più rappresentativo della spensierata Vienna asburgica. Dalle notizie riportate sulla stampa del tempo sembra che fosse stato Offenbach a consigliare a Johann Strauss jr. di scrivere operette, quando, nel 1864, i due si incontrarono in un ristorante di Vienna, dopo che al Concordia Ball il valzer Fogli della sera di Offenbach era stato più acclamato dal pubblico rispetto a quello Fogli del mattino di Strauss. La notizia possiede un concreto riscontro musicale, se pensiamo che il valzer e tutte le forme da ballo tanto care alla società viennese dell’epoca, costituiscono il fondamento dell’operetta straussiana, la quale, quindi, si presenta molto diversa da quella di un Suppè, che faceva coesistere stili operistici diversi, o di un Offenbach, in cui la musica era una sezione aggiunta all’interno dell’azione di prosa. Nella scrittura straussiana vi fu però un passag- gio intermedio. Prima dell’esordio nel genere dell’operetta, Strauss si distinse per aver composto brevi poemi sinfonici sottoforma di valzer, ma lontani dalla valse francese, più ridotta e semplice. Queste forme sono riconducibili ad una sorta di preistoria dell’operetta, permessa dalla canonizzazione della danza come forma musicale autonoma. Fu questo un fenomeno frequente nella musica europea dell’Ottocento, che vide, a partire dalle mazurke e polacche di Chopin alle Ungarische Tänze di Brahms, appositi quaderni pianistici di danze di luoghi esotici, fino a forme coreutiche introdotte nella musica sinfonica. A Vienna tale riconoscimento riguardò anche il repertorio di consumo, soprattutto grazie alla famiglia Strauss, che ereditò e fuse sia la tradizione colta delle danze di Schubert, che la vena popolare dei valzer di Josef Lanner. Questi nel 1819 istituì un modello di orchestra d’intrattenimento, come quartetto e poi come insieme sinfonico, il cui direttore scriveva l’intero repertorio di danze. Nel 1825 Strauss padre mise in piedi una orchestra personale, per il quale compose quei valzer che divennero tanto celebri, consegnandolo alla storia come il padre del valzer. Nel 1844 Strauss jr. si distaccò dal padre, creando una propria grande orchestra che, divenuta famosa a Vienna per l’intrattenimento, portò il suo direttore ad essere idealmente incoronato il re del valzer. St. Sol. Il Pipistrello 14 L’autore della commedia originale Roderich Julius Benedix L’ ispirazione originaria del libretto del Fledermaus fu la commedia Das Gefängnis (La Prigione) di Roderich Julius Benedix, poi ripresa nel Réveillon di Henri Meilhac e Ludovic Halévy e ulteriormente riadattata e tradotta da Carl Haffner e Richard Genée per l’opera di Johann Strauss. Benedix, nato a Lipsia il 21 gennaio 1811, fu autore drammatico, direttore e regista tedesco. Studiò alla Fürstenschule di Gromma e alla Thomasschule di Lipsia, per poi abbandonare nel 1831 gli studi di teologia e dedicarsi alla scena. Per dieci anni recitò e cantò come tenore nei teatri della Renania e della Westfalia e divenne direttore del teatro di Wesel dove mise in scena la commedia Das bemooste Haupt (1841), che incontrò un notevole successo. In quel periodo pubblicò anche un volume di leggende tedesche, Deutsche Volkssagen, un Handbuch für die Reise von Rotterdam nach Strassburg, un Gedenkbuch für das Leben e diresse il diffuso giornale Sprechen. Dopo aver passato un periodo a Colonia nel 1842, diresse il nuovo teatro a Elberfeld tra il 1844 e il 1845 e in quello stesso anno fu di nuovo a Colonia dove tenne lezioni di letteratura e declamazione e svolse il ruolo di regista, oltre che di insegnante per la scuola di musica della città. Nel 1855 diresse il teatro municipale di Francoforte sul Meno, ma con scarsa fortuna, quindi si ritirò nel 1861 e nella città natale sposò l’attrice Leontine Paulmann. Morì a Lipsia il 26 settembre 1873. Il Giornale dei Grandi Eventi Le sue opere più conosciute sono: Der Steckbrief (Satira della polizia) Der Störenfried (Satira della suocera), Eigensinn e Doctor Vespe. Scrisse circa un centinaio di commedie, caratterizzate da un chiaro intreccio e un semplice dialogo. Il suo umorismo bonario, mai graffiante o volgare, lo rese l’au- Richard Genée tore teatrale prema europea, poiché fu diletto dal gusto medio, rappresentato con grande tradizionale e moraleg- fortuna anche fuor di pagiante della piccola bor- tria tra il 1840 e il 1870. ghesia non solo tedesca, Ali.Cal. Gli autori del Vaudeville da cui è tratto il libretto Ludovic Halévy I ndissolubilmente legato al librettista Meilhac e al compositore Offenbach, Ludovic Halévy, nato a Parigi il 1 gennaio 1834, rappresenta uno scrittore tra i più originali e innovativi nel genere dell’operetta. Grazie al padre Leon (18021883), autore noto al pubblico parigino e allo zio Fromental, l’opera costitutiva già nell’infanzia di Ludovic un elemento centrale. Impiegato, poi, presso il Ministero degli Interni e poi nel Ministero per l’Algeria svolse i suoi compiti con misura e ponderatezza, riservando uno speciale riguardo per il valore della famiglia, quasi in contrasto con le abitudini dei personaggi che scaturivano dalla sua fantasia. Con Meilhac fornì per anni commedie e trame ai teatri e ai compositori francesi, in particolare a Offenbach, componendo per quest’ultimo i libretti di operette come La Belle Hélène (1864), Barbe-Bleu (1866), La Périchole (1868) e Les Brigands (1869), oltre a Orphée aux Enfers (1858), scritta in collaborazione con Crémieux, e Bataclan. Con garbo, brio e sottili tocchi di audace ironia la società parigina del Se- condo Impero si svelava di volta in volta nella sua frivolezza (La vie Parisienne, 1866, scritta con Meilhac) o nella misera condizione della sua aristocrazia (Le Chateau à Toto 1868), in opere in cui la satira è sempre in gioco con indulgenza e bontà. Nel 1869 venne meno la collaborazione con Offenbach. Nei lavori che seguirono, Halévy e Meilhac abbandonarono l’intento satirico, pur continuando a ritrarre con sensualità e audacia i costumi dell’epoca. In questo periodo compose un capolavoro come Frou-Frou (1869), riflessione sulla futilità della vita e sulle grandi virtù femminili, e più tardi Le Reveillon (1872) da cui fu tratto il libretto per il Pipistrello. Halévy però pensava ad un teatro nuovo, sentiva la necessità di affrontare i grandi temi sociali, a differenza dell’amico Meilhac forte di altri sentimenti sulla vita e sul teatro; conclusa la loro collaborazione Halévy diede alle stampe Abbé Costantin (1882). Alla fine degli anni Settanta, il suo salotto parigino era frequentato da tutti gli esponenti del mondo artistico e letterario e nel 1884 divenne membro dell’Accademia di Francia. Morì a Parigi l’8 maggio del 1908. Henri Meilhac Il librettista francese Henri Meilhac, nato a Parigi il 21 gennaio 1831, prima del consenso ottenuto con Garde, toi, je me garde, commedia in un atto presentata al Palais Royal di Parigi nel 1855, era impiegato in una libreria e dal 1852 collaborava sotto lo pseudonimo di “Thalin” al Journal pour rire con disegni e scritti satirici. Da quel successo, il genere del vaudeville, allora molto in voga, lo occupò freneticamente e dal 1855 al 1861 compose ben tredici commedie. Ma la produzione più significativa e memorabile legata al nome di Meilhac risale agli anni di lavoro a fianco di Ludovic Halévy, con cui collaborò per vent’anni dal 1861 al 1881, soprattutto ai libretti musicati da Offenbach, per il quale i due scrissero tra l’altro opere buffe come La Belle Hélène (1864) e Barbe-Bleu (1866), La Granduchessa di Gérolstein (1867), La Périchole (1868), Les Brigands (1869), Le Petit Duc (1878) o commedie come Fanne Lear (1868), Frou-Frou (1869), Tricoche et Cacolet e Le Reveillon (1872). Due personalità profondamente diverse, quelle di Meilhac e Halévy, in alcuni aspetti contrapposte, ma sicuramente complementari: l’arte del boulevardier e della continua parodia dei costumi in Meilhac e un’acuta sensibilità verso i grandi temi politici e sociali in Halévy. Meilhac compose anche libretti per proprio conto, fra i quali quello di Manon (1884) per Massenet, e collaborò con Millaud (Le Mari de Babette, 1882, Santarellina, 1883), Gauderaux (Pépa, 1894), Delavigne e Gille. Nel repertorio di Meilhac non mancano lavori impegnativi e sofisticati come Le Petit-fils de Mascarille (1859), Decoré (1888) e Grosse Fortune (1896), opere che caratterizzano l’autore come particolare rappresentatore – ma anche protagonista - della “Belle époque” e della vita parigina. Solo o in collaborazione, si conta che abbia firmato 115 lavori dei più diversi generi. Il 6 aprile 1888 fu nominato membro dell’Accademia di Francia. Nel maggio del 1897, all’età di 66 anni, Henri Meilhac fu colpito da un’emiplegia che dopo averlo paralizzato lo condusse in due mesi alla morte, avvenuta a Parigi il 6 luglio. Il Giornale dei Grandi Eventi Il Pipistrello 15 La fine di tutta la produzione della famiglia del valzer L’archivio Strauss alle fiamme D ue anni dopo la morte di Johann Strauss Junior, il 13 febbraio 1901, il fratello minore Eduard sciolse le orchestre della famiglia, la prima delle quali era stata fondata circa settantacinque anni prima dal padre. E il 22 ottobre 1907 compì un altro gesto estremo con il quale ruppe definitivamente con il passato. Riportiamo la testimonianza del fabbricante viennese di stufe, Karl Raus: «Non è vero che l’archivio del direttore musicale dei Balli di Corte Eduard Strauss sia stato dato al macero come pensano in molti; venne invece dato alle fiamme nella mia fabbrica». Eduard Strauss si era messo in testa di bruciare il suo grande archivio di spartiti musicali che si era trascinato dietro nelle sue tournèes per tutta l’Europa e al di là dell’Oceano fino in America, perché dopo di lui nessuno se ne impossessasse e potesse magari usarlo per concerti. L’archivio conteneva infatti numerosi manoscritti originali e opere inedite della famiglia Strauss di cui non erano state fatte copie e che avevano quindi un valore particolare. «In una lettera del 18 settembre 1907 – sostenne ancora Karl Raus - Eduard Strauss mi chiese a quali condizioni avrei bruciato nella mia fabbrica di stufe di ceramica nel 6° Distretto al- Eduard Strauss Eduard Strauss, Johann Strauss e Karl Raus. cune centinaia di chili di “carta da macero”. Ci mettemmo d’accordo per due corone ogni cento chili. Strauss mi comunicò poi che i pacchi, alti due piedi e larghi uno, avrebbero dovuto essere prima liberati dalla loro “copertina” rigida. Infine arrivò la comunicazione che la distruzione avrebbe avuto luogo Martedì 22 ottobre 1907. Quel giorno arrivò innanzitutto un carico di molti e pesanti pacchi di spartiti su un carro e vennero scartati. Al pomeriggio, prima delle due, Eduard Strauss si presentò con un suo domestico nel mio ufficio. Cercai ancora di convincerlo a rinunciare a tutto. Strauss guardò un po’ fisso davanti a sé e poi gridò: “Non posso!”. Allora andammo in fabbrica, dove si trovavano due grandi forni per la cottura delle stufe e di altri oggetti di ceramica. Uno di questi era stato preparato per ricevere l’archivio musicale. Eduard Strauss si sedette in una poltrona di fronte al forno, un mio operaio apriva i pacchi e spargeva i fogli delle musiche nelle fiamme che divampavano nella grande bocca del forno, di fronte agli occhi del direttore musicale dei Balli di Corte. Quando veniva il turno di alcuni pacchi di musiche che contenevano particolari ricordi di famiglia, Strauss era evidentemente commosso. Si alzava, guardava da un’altra parte, tornava per qualche attimo in ufficio». Eduard non risparmiò neppure un foglio e lasciò la fabbrica solo dopo che l’ultimo spartito dell’ultimo pacco era stato divorato dalle fiamme. L’intera operazione durò ben 5 ore, dalle due del pomeriggio alle sette di sera: andarono in fumo oltre 2500 parti per voci e strumenti, testimonianza di circa un secolo di storia di una delle più grandi dinastie musicali del mondo. Perché Eduard compì un atto così nefasto? «Tra me e mio fratello - scrisse ancora l’artista nelle sue Memorie - fu stipulato un accordo, nel 1869, in virtù del quale il sopravvissuto avrebbe dovuto distruggere tutti gli arrangiamenti fatti dagli altri». Francesca Oranges DA VEDERE Con questo numero iniziamo una piccola rubrica che intende segnalare, in modo breve, mostre, esposizioni ed eventi di particolare rilievo che talvolta sfuggono nella grande offerta di appuntamenti della città. MONACI IN ARMI Gli ordini religiosi militari, dai Templari alla Battaglia di Lepanto Una grande mostra su gli ordini religioso-militari che vede la partecipazione dei più importanti musei del mondo, dal Metropolitan agli Uffizi di Firenze. La mostra presenta la storia degli Ordini religiosi militari nati sull'onda emozionale delle Crociate e propugnati a difesa dei luoghi santi in Terra d'Oriente, nonché per la protezione e l’assistenza spirituale e sanitaria dei pellegrini cristiani che si recavano per venerazione nelle terre in cui aveva vissuto Cristo. Roma, Castel Sant’Angelo dal 16 dicembre 2004 MARIO MAFAI Una calma febbre di colori A quarant’anni dalla scomparsa, Roma dedica una grande mostra al principale creatore delle cosiddetta “Scuola di via Cavour”, Mario Mafai (1902 – 1965). Una mostra antologica studiata con l’intento filologico di ricostruire fedelmente il mondo dell’artista attraverso la sua pittura (sono presenti circa 90 opere), ma anche con i suoi sodalizi intellettuali e con il clima storico in cui egli operò. Roma, Palazzo Venezia, dal 7 dicembre 2004 al 27 febbraio 2005 DA SAPERE La Deposizione di Raffaello, conservata alla Galleria Borghese di Roma, rappresenta un sommo esempio della pittura del Rinascimento europeo. Fu dipinta da Raffaello a ventiquattro anni nel 1507 su commissione di Atlanta Baglioni per la chiesa di San Francesco a Perugia, da dove il dipinto fu sottratto nella notte del 19 marzo 1608 per ordine del Cardinale Scipione Borghese che lo voleva inserito nella propria quadreria. Ora, per motivi di conservazione e di microclima, la Deposizione di Raffaello viene restaurata grazie all’intervento della Jaguar Italia nella stessa sala del museo di Villa Borghese dopo sei mesi di indagini e misure preliminari che sono in parte ancora in corso per verificare il comportamento del supporto ligneo. La fase attuale del restauro consente di confrontare aree ancora coperte dall'ultima vernice alterata che risale al 1972 e altre aree già pulite. Pur nel massimo rispetto della patina antica sottostante si sta “risvegliando” il colorito di Raffaello con notevoli scoperte. Pubblicità FS Santa Cecilia