Tom Waits sulla strada

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Carta canta
Tom Waits sulla strada
Esce «Orphans»,
nuova trilogia del grande cantautore americano
T
om Waits è da parecchio tempo alla ricerca
della «vera voce dei diseredati d’America». Lo
confessava al sottoscritto quasi cinque anni fa,
al tempo dell’uscita di Blood Money e Alice, vecchie idee
riadattate e preludio alla sua ultima fase artistica, ben
spiegata in Real Gone (2004), scabro ed essenziale, album
fondato su un blues e un soul distorto, «cubista», per
citare le parole esatte del suo artefice. Un tragitto, come conferma oggi la trilogia Orphans, che procede senza grandi
ossessioni per le vendite né sogni
Tom Waits
di gloria a ogni costo: «sono arrivato ad un’età (è nato a Pomona, California, nel 1949) in cui
si ha la tendenza a guardarsi alle
spalle, non per senso di sconfitta
o per pura nostalgia. Diventano,
di colpo, più importanti le radici,
il senso di comunità, se si vuole,
che è l’essenza del nostro trascorrere da queste parti».
Così, nelle 54 tracce dei cd, suddivise fra Brawlers, Bawlers e Bastards – «tutti appellativi tipici dei
vagabondi» – Waits girovaga fra
i confini: quelli degli Stati Uniti,
fatti di juke box dimenticati, di
casematte, di bar polverosi, ma
pure in generale della nostra cultura rock, che si mescola con valzer, ballate, folk e la musica nera, da sempre. «Un incontro fra la
vecchia Europa e il Nuovo Continente, che, secondo me, sta alla base dei suoni più interessanti del Novecento. I racconti sono
rimasti gli stessi, ma si sono messe assieme cose diverse, immaginari lontanissimi, in un periodo
cruciale per la storia dell’umanità». Si tratta di veri e propri ritratti, fisici ed emotivi, che si appaiano a quelli d’antan che ha offerto
recentissimamente Bruce Springsteen con le sue The Seeger Sessions:
qui però il cantautore americano
attinge a un repertorio variegato,
facendo riaffiorare ogni sorta di pezzi rari e dimenticati, uniti da un senso di ricerca che rende l’ascolto particolarmente aperto. Non ci sono solo le sue creature, ma
lo spazio è diviso fra spunti registrati per il cinema, per
il teatro ed altri progetti estemporanei, qui raccolte in
modo quasi sistematico, oltre a cover di nomi quali Ramones, Leadbelly, scritti musicati di Jack Kerouac, Daniel Johnston, Bertolt Brecht.
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di John Vignola
Un caleidoscopio, insomma, in cui gli echi dei teatrini
dei primi del secolo scorso si innestano sulle vie rurali
delle città nascenti negli USA, le ninnananna si uniscono agli incubi e il cinema muto e quello noir contemporaneo convivono. Il senso di pietà, di comunanza con i
diseredati, è la costante di una scrittura che rifiuta l’effetto facile e, in questo caso, la sperimentazione dadaista di album come Swordfishtrombones, Rain Dogs o Frank’s
Wild Years, nel cuore degli anni ottanta.
Il tempo delle registrazioni affonda dalla fine dei Settanta al presente: almeno trenta pezzi sono stati registrati oggi, per dare al tutto una forma definitiva, contemporanea. Non si tratta esattamente di una raccolta di chicche, appannaggio unico dei feticisti waitsiani,
anzi. Se i suoi fan più accaniti riconosceranno molti dei
brani, l’idea portante, sottolineata dal libretto che ac-
Carta canta
compagna l’uscita, è quella di «fornire un punto di partenza non solo per ciò che ho fatto con le canzoni, da
quando pubblico dischi (esattamente dal 1973, con Closing Time), ma con le faccende che ho raccontato. È come se con questi tre cd volessi rivisitare le mie case, i
miei personaggi, il mio passato». Per fare questo, piuttosto che compilare una semplice antologia, Waits ha stilato un diario di viaggio alternativo. Si parte dalle composizioni di Brawlers, le più
rauche e ineducate (le rissose,
per riferirsi al titolo), ma pure quelle che forse colpiscono più direttamente al cuore.
Sono i momenti legati maggiormente al richiamo, anche
fosco, della terra, alla passione, alle vicende, per così dire,
periferiche. È qui che emergono le caratteristiche dell’hobo presenti nella sua opera,
eredità di un flusso migratorio che dal nostro Continente porta verso «la perdita assoluta di identità».
Bawlers indaga l’aspetto lirico, poetico, della produzione
Tom Waits
dell’artista, attraverso forme
malinconiche, un po’ evanescenti, classiche del suo repertorio. Nessuna forzatura o impeto, ma piuttosto una
tendenza al sussurro e al rimpianto, per la patria lasciata o per gli amori che si sono consumati in fretta. È la
strada a richiamare il vagabondo, ancora una volta, al
viaggio.
Infine, Bastards si occupa degli incroci, dei raccordi fra
letteratura e suoni. Lo fa nell’unico modo che il Nostro sa praticare, quello di versi e note minimali, dissonanti, che feriscono più che sanare: è forse il momento davvero lancinante dell’ascolto. Un ascolto che, alla
fine, assomiglia a un percorso parallelo rispetto al corpus maggiore di Tom Waits: Orphans è fatto di glosse,
precisazioni, poesie che ne arricchiscono la conoscenza, lo lambiscono, senza togliere nulla al passato, ma arricchendo il presente del musicista. Un lavoro fatto, con
le sue parole, di «canzoni dure e tenere. Rumbe e sire-
ne, tarantelle sugli insetti, madrigali sull’annegamento.
Canzoni orfane impaurite e dirette, che parlano di estasi e di malinconia. Canzoni che sono cresciute in modo
difficile. Canzoni di origini dubbie ritrovate dal destino
crudele ed ora lasciate sole a desiderare qualcuno che si
prenda cura di loro. Fate vedere che non avete paura e
portatele a casa. Non mordono, hanno solo bisogno di
attenzione».
Un’attenzione che si accorda loro, molto volentieri, magari per ritornare ai dischi storici e riascoltarli meglio.
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Carta canta
La musica «veneziana» di Antonio Lotti
Un cd molto raffinato spazia tra la produzione sacra e
quella profana del compositore
A
D
nche se il luogo della nascita di Antonio Lotti
narrata attraverso sonorità cristalline che compongono
(1666-1740) non è certo, dato che il padre Matimmagini quasi palpabili della sofferenza di Cristo.
teo era in quegli anni maestro di cappella ad HanAnche sul versante profano Lotti propone cantate conover, questo prolifico compositore appartiene comunme Mira sul verde o L’usignolo che nel duolo, nelle quali la proque per intero alla cultura musicale veneziana sei e
fonda ispirazione può far presagire, secondo alcuni
settecentesca. E nella città lagunare Lotti vistudiosi, alcune suggestioni preromantiche.
ve gran parte della sua vita, allontananNell’arco della sua vita, oltre all’attividovisi per lungo tempo soltanto tra
tà compositiva, si dedica all’insegnail 1717 e il 1719, quando, già in età
mento ed è maestro di una serie di
adulta, si reca a Dresda insieme
future autorità della musica citalla moglie Santa Stella e a Fatadina, tra cui Giuseppe Giarinelli. Anche la sua producomo Caratelli, Domenico
zione artistica è fortemenAlberti, Girolamo Bassani,
te legata a Venezia, entranGiambattista Pescetti, Baldo nel 1687 alla cappella
dassare Galuppi e Benedetducale di San Marco coto Marcello (che tuttavia
me cantore aggiunto e due
nella sua Lettera Famigliaanni dopo come contraltire d’un Accademico Filarmonista. Ma è l’organo lo struco non risparmierà aspre crimento che lo vede protatiche al suo contrappunto,
gonista, facendolo divenire
che giudica profondamente
nel 1690 aiuto organista della
scorretto).
C
del
chiesa e permettendogli di conLa larghissima gamma di sfuna
i
t
r
e
p
quistare, dodici anni dopo, l’ammature
dell’arte di Lotti è descritta
o
c
par t. dalla
bitissimo posto di primo organista,
magnificamente in Antonio Lotti sacro
che mantiene per
e profano, un prezioso
tutta la vita.
disco inciso presso
Lo stile di Lotti è
la Chiesa dell’Ospefortemente influendaletto circa un anzato dalla cultura
no fa dal Complesso
del proprio tempo,
Vocale e Strumentaha solide radici nelle Antonio Lotti, già
la prassi compositiva
attivo da molti ansecentesca e si esprini e diretto da Paome nelle più varie
lo Cammozzo, performe, a cominciasonalità poliedrica e
re dalle opere teatraimpegnata su diverli come Il trionfo delsi fronti musicali oll’innocenza (1692), Sitre che da anni cudonio (1706), lo scherratore della catalozo pastorale La ningazione delle opere
fa Apollo (1709), o andel compositore seIl complesso vocale e strumentale Antonio Lotti, direttore Paolo Cammozzo
cora Porsenna (in due
centesco. Nella seversioni, una datalezione, eseguita con
ta 1712, l’altra l’anestrema chiarezza e
no successivo) fino alle più tarde Alessandro Severo (1716) e
attenzione filologica, si alternano infatti brani conosciuti
Giove in Argo (scritto per la Regia Elettoral Corte di Dree non del repertorio lottiano. L’incisione prende le mossda nel 1717). Dopo il ritorno da Dresda il musicista prense dai tre monimenti Allegro – Adagio – Allegro di Giode la decisione, le cui motivazioni restano ignote, di abve in Argo, una tra le più riuscite opere pastorali dell’autobandonare il genere melodrammatico e dedicarsi esclure, e propone poi la sinfonia dalla cantata Le stelle fortunasivamente alla musica sacra e vocale. E anche qui Lotti
te e il Trio per flauto traverso, oboe d’amore e fagotto. Per
si distingue per originalità, soprattutto quando il motila musica sacra si va dal bellissimo Confitebor per soli, coro
vo religioso assume intensità drammatica, come nel caso
ed orchestra al Kyrie della Missa sapientiae passando per un
del famoso Crucifixus o degli altrettanto celebri Requiem e
nutrito corpus estratto dal Requiem. Il tutto raccolto con
Miserere. Nel Crucifixus particolarmente la Passione viene
molta eleganza in un disco da ascoltare. (l.m.)
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L’«Ada» di Nabokov
secondo Fanny & Alexander
In volume il percorso onirico
del gruppo ravennate all’interno del romanzo-kolossal
«Q
uesto non è un libro. È un gioco in forma
Queste sono le «Istruzioni per l’uso» che Fanny &
di libro. Ogni sezione determina l’accesso
Alexander, gruppo di punta del teatro di ricerca itaa una stanza il cui nome è il titolo di uno
liano, fornisce al lettore per costruirsi un percorso alspettacolo ispirato al romanzo Ada o ardol’interno di Ada, romanzo teatrale per enigmi in sette dimore di Vladimir Nabokov. Ogni stanza-spettacolo, a sua
re, il prezioso volume edito da Ubulibri che fa il punvolta, immette in altre stanze, variamente collegate tra
to (prima di tutto fotografico, grazie alle belle immaloro: in quali di queste
gini di Enrico Fedrivorrete dimorare?
goli) sul lungo lavoro
1. Adescamenti. Ogni
che Luigi De Angelis,
cosa da qui vi riporteChiara Lagani e comrà sulla soglia di una
pagni hanno svilupdelle dimore successipato per anni a partive. Sarete al centro di
re dal romanzo-kolosun misterioso universal dell’autore russo.
so di segni: gli ami, le
Il libro ricalca il peresche, gli adescamencorso a tappe che la
ti di Ada… Alcuni piccompagnia ravennacoli rettangoli grigi a
te ha condotto sviscefianco del testo conrando e ricercando sitengono il rimando algnificati abilmente nale altre dimore.
scosti dall’autore tra le
2. Aqua marina. Penpieghe della sua narsate di trovarvi all’inrazione. E si presenta
terno di un cervello.
quindi, come è ovvio,
Questo cervello è, di
sotto forma di opera
fatto, un teatrino deaperta, che continualizioso in cui alcumente rimanda ad alne ossessioni prendetri punti, altri luoghi,
ranno la forma di una
altre «dimore», come
rappresentazione…
recita lo stesso tito3. Ardis I. Immaginalo. Introdotto da una
te un giardino in una
suggestiva prefazione
sala da concerto, e una
sotto forma di Appungalleria d’arte in quel
ti firmata da Cristina
giardino…
Ventrucci, da sempre molto attenta
Fanny & Alexander,
4. Villa Venus. Qui inizia il vostro
nel leggere il lavoro del gruppo (coAda, romanzo teatrale
cammino da detective in cui le tracce
me dimostra, tra gli altri, anche l’artiper enigmi in sette dimore
sono solo le sembianze…
colo scritto per VeneziaMusica e dinliberamente tratto da
5. Ardis II. In questa dimora il romantorni n. 5 p. 60), il libro guida il lettoVladimir Nabokov ,
zo apparirà come un sogno cifrato, e il
re in un cammino a metà tra parole
testidiCristinaVentrucci,
suo aspetto di crittogramma sarà suge immagini dai tratti fortemente evoFanny & Alexander,
gerito dal racconto stesso…
cativi, che si ricollega alle tradizionali
Stefano Bartezzaghi,
6. Lucinda Museum. Pensate a questa diatmosfere onirico-giocose che caratMargherita Crepax,
mora come a un’estensione di quella coterizzano la sperimentazione di FanAntonella Sbrilli,
sa che voi siete ormai in questa storia…
ny & Alexander sin dal primo spetChiara Alessi,
7. Vaniada. Ada si è unita a Van e Van
tacolo, Ponti in core, e che si radicalizRodolfo Sacchettini,
si è unito ad Ada. Sì. Si sono uniti. E
zano nei successivi Sulla turchinità delMarina Grishakova,
adesso sono insieme. Sono una cosa
la fata e Romeo e Giulietta – et ultra. Un
Maria Sebregondi,
sola: Van e Ada. Van i Ada.
volume dunque ricco di enigmi (e di
Marco Belpoliti,
Scopo del gioco è individuare il perveri e propri rebus) che si può godeLuca Scarlini,
corso più avvincente tra le stanze di
re in tanti modi diversi, che racconta
Ubulibri, Milano 2006,
questo immaginario palazzo, dimora di
e rappresenta, accenna e strizza l’oc192 pagine colore,
dimore, mitica magione romanzesca.»
chio, tra echi fanciulleschi e allusioni
euro 27.
Fanny & Alexander
sensuali. (l.m.)
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«Lo show del secolo» dei Pink Floyd
In un libro la storia del mitico concerto dell’89
P
ochi eventi hanno ottenuto tanta risonanza su
giornali e tv come il celeberrimo o famigerato, a
seconda delle opinioni, concerto tenuto dai Pink
Floyd su una piattaforma galleggiante la sera del Redentore del 1989, cui hanno assistito oltre 200.000 giovani. Quasi a voler esorcizzare il peso di una responsabilità a lui forse non del tutto giustamente attribuita,
David Gilmour, una delle anime della storica band inglese, ha quest’estate, a diciassette anni di distanza, voluto tornare in laguna a presentare il suo ultimo lavoro,
Bacino San Marco, il palco galleggiante dei Pink Floyd
On An Island. Anche in quell’occasione peripezie e contrattempi non sono mancati, e i problemi sono stati efficacemente riassunti nella malinconica immagine del
palco pericolante di Piazza San Marco, che ha costretto tutti a posticipare il duplice evento di due settimane. Ma il ritorno della star a Venezia è stata anche l’occasione migliore per la pubblicazione del bel volume di
Tommaso Gastaldi, giovane firma costantemente presente nella nostra rivista. Si tratta di Lo
Show del secolo, un’ampia e molto documentata cronaca degli eventi che hanno preceduto e accompagnato il concerto, a torto o
a ragione entrato a far parte dei miti della musica rock. L’autore, che di quei fatti si
era occupato da vicino per la sua tesi di laurea, divide il libro in tre parti, ciascuna delle quali affianca alla versione italiana la traduzione inglese. Nel primo capitolo vengono ripubblicati in sequenza tutti gli articoli
del Gazzettino in cui si parla della questio80
ne, sin dai primi accenni di notizia che si fanno strada
e da rumori isolati diventano chiacchiericcio diffuso e
insistente. La ricostruzione giornalistica è capillare, e
permette, con la distanza che ormai ci separa da quei
fatti, di costruirsi un’opinione meno urlata e scandalistica degli stessi. Si passa successivamente alla sezione
più nutrita del volume, dedicata a una serie di interviste
a tutti i protagonisti di allora, dall’organizzatore Fran
Tomasi via via fino all’allora sindaco Antonio Casellati passando per il giornalista Giò Alaimo e Nereo Laroni, all’epoca assessore comunale alla cultura. L’ultimo capitolo, infine, raccoglie le
conclusioni di Gastaldi, che senza sposare
esplicitamente una tesi o l’altra ridimensiona i termini della vicenda, fortunatamente conclusasi senza
gravi incidenti ma tra
tante, tantissime polemiche. (l.m.)
«Non era la prima
volta che Venezia faceva da cornice a un
concerto rock: il 25
settembre del 1976,
per esempio, suonò in
piazza San Marco Paul
McCartney. Fu un concerto a pagamento organizzato dall’Unesco
a conclusione di una serie di spettacoli classici, folcloristici e leggeri per promuovere le iniziative a favore della salvaguardia di Venezia. Molti altri poi erano stati gli eventi
che avevano portato in città enormi folle di visitatori, basti pensare ai tanto discussi carnevali organizzati durante la metà degli anni ottanta. Il concerto dei Pink Floyd
scatenò una serie di polemiche che sortirono anche degli
effetti positivi: molti cittadini dopo quell’esperienza vollero esprimere la loro opinione perché, proprio grazie al concerto, si resero consapevoli di abitare in una città che è da salvaguardare e rispettare, che è usufruibile da molti ma
non usabile per gli interessi di pochi, e che rimane soprattutto una città da vivere.» TomTommaso Gastaldi, Lo show del secolo.
I Pink Floyd a Venezia, Free Media, Milano 2006, euro 25.00.
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