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“La Traviata” di Giuseppe Verdi a Savona: doppio
appuntamento al Priamar
Venerdì 26 giugno 2015
Savona. Tante vecchie fotografie che fissano i ricordi, ora nitidi, ora vaghi, catturati da un
primo piano, poi dispersi da sfocature e dissolvenze: una galleria di immagini in cui il
tempo scorre lentamente, seguendo i sogni e le illusioni, inevitabili, di Violetta e di Alfredo.
E in cui sbocciano grandi fiori senza profumo.
Così il regista Stefano Monti dipinge La Traviata, melodramma lirico in tre atti di Giuseppe
Verdi su libretto di Francesco Maria Piave, in scena sabato 4 e martedì 7 luglio, ore 21.15,
alla Fortezza del Priamàr di Savona.
Il cast: Saioa Hernandez (Violetta Valery), Antonio Gandia (Alfredo Germont), Damiano
Salerno (Giorgio Germont) Adriana Iozzia (Flora Bervoix), Antonella Romanazzi (Annina),
Raffaele Feo (Gastone), Hyun Kyu Ra (Il Barone Douphol), Michele Patti (Il Marchese
d’Obigny), Pietro Toscano (Dottor Grenvil), Giampiero De Paoli (Giuseppe), Loris Purpura
(Un commissionario), Roberto Conti (Un domestico). Regia, scene e costumi: Stefano
Monti. Coreografie: Giovanna Badano
Danzatori: Giovanna Badano, Angelo Lupi.
Direttore d’orchestra: Aldo Sisillo; Direttore del Coro: Patrizia Priarone; Orchestra e Coro
della Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova. Allestimento a cura del Teatro dell’Opera
Giocosa di Savona.
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09.06.2017
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Uno dei più grandi fiaschi nella storia del teatro lirico. Traviata fu accolta, quel 6 marzo
del 1853 alla Fenice di Venezia, con una pioggia di fischi e proteste. Il soggetto era
scabroso – inammissibile, nella mentalità dei benpensanti di allora, avere come
protagonista una donna di facili costumi – del titolo non parliamo nemmeno (fu proposto
dalla censura un cambiamento in Amore e morte); infine ci si metteva persino la musica,
anch’essa piuttosto audace per i canoni artistico-compositivi in voga in quegli anni.
Insomma, un disastro su tutta la linea.
Sembra impossibile, data la fortuna che le arride ormai in tutto il mondo. Perché Traviata,
in realtà, è una grande opera. Tratta dal romanzo La dame aux camélias di Alexandre
Dumas figlio (libretto di Francesco Maria Piave), fa parte della cosiddetta “Trilogia
Popolare” verdiana insieme a Rigoletto e a Trovatore ed è tra i titoli più amati dal grande
pubblico, più “utilizzati” dal cinema, più citati in saggi e romanzi, le sue arie sono tra le
più celebri del repertorio lirico; il linguaggio musicale è decisamente innovativo ed intensa
la componente drammatica, che va oltre la facciata di vezzi e orpelli per scandagliare
l’intimità dei personaggi in scena. La musica fagocita la parola, la rende parte di sé ed è da
qui, da questa unità inscindibile, che sgorga, generoso, il pathos del dramma: tutto nasce
dal pentagramma. Tanto da rendere chiaro in un baleno il giudizio di Marcel Proust, che
riteneva l’opera un capolavoro assoluto Verdi ha dato alla Dame lo stile che mancava al
dramma di Dumas, innalzandola al regno dell’Arte…”.
Vero è che la progressiva evoluzione psicologica della protagonista è resa da una parallela
modificazione del linguaggio musicale: il ruolo di Violetta Valery è tra i più complessi nel
nostro repertorio lirico, tra i più ambiti dai soprani, passando dall’animo spensierato della
cocotte – con il trionfo dei brillanti virtuosismi belcantistici – a quello profondamente
innamorato di una donna passionale, ma anche matura ed orgogliosa, seppur straziata dal
dolore e dalla malattia: ed ecco che la musica, convulsa, gridata, disperata, tocca i vertici
dell’intensità espressiva. Alla faccia del falso moralismo borghese. Donna “deviata” che
spera, con l’amore, di uscire dal ruolo di cortigiana in cui l’ha confinata la società, Violetta
è il compendio, universale, di tutte le eroine verdiane.
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