Il cambiamento dei sistemi di welfare: quali politiche e processi di

Il cambiamento dei sistemi di
welfare: quali politiche e processi
di governance
Venezia 17-18 2012
L’integrazione socio-sanitaria
Paola Di Nicola
(Università di Verona)
Nicoletta Pavesi
(Università Cattolica di Milano)
Introduzione
Oggetto del presente contributo è il tentativo
di ricostruire, avvalendosi dell’apporto
conoscitivo della ricerca, il quadro dei
modelli di welfare locale che le diverse
regioni italiane hanno prodotto sul terreno
dell’integrazione socio-sanitaria. Il lavoro di
ricostruzione si giustifica per tre motivi di
fondo
1. nel momento in cui il tema del federalismo
è entrato nell’agenda politica, il
‘rendimento’ delle istituzioni regionali
diventa una potente cartina di tornasole per
comprendere e prevedere la capacità delle
singole realtà territoriali di camminare da
sole con una certa autonomia sul terreno
dell’organizzazione di servizi sociali e
sanitari, che costituiscono il cuore
dell’azione redistributiva delle realtà locali
2.l’integrazione socio-sanitaria è una modalità di
erogazione delle prestazioni che l’istituzione del
Servizio sanitario nazionale ha previsto sin
dall’inizio come strumento per promuovere nei
cittadini migliori condizioni di salute: una
concezione della qualità della vita che contempla
sia aspetti sanitari, che psicologici, relazionali e
sociali. La spesa sanitaria è il capitolo che
maggiormente pesa sui bilanci regionali, mentre la
spesa sociale costituisce il cuore dei costi che i
comuni sostengono per i servizi alle persone:
l’integrazione socio-sanitaria, dunque,
mettendo in un rapporto sinergico il
comparto sanitario con quello sociale,
rappresenta la sfida-opportunità che le
amministrazioni locali devono raccogliere e
sulla quale si gioca la valutazione del loro
rendimento istituzionale
3. l’integrazione socio-sanitaria intesa come
strumento e non come fine a sé stessa,
diventa tanto più necessaria quanto più la
vita si allunga, la popolazione invecchia,
crescono le cronicità e la non
autosufficienza, aumentano le patologie da
‘usura del vivere’.
inoltre, le aspettative di elevate performance
sociali all’interno di dinamiche sociali che
tendono a frammentare e distinguere le sfere
di appartenenza e le sfere funzionali: per cui
promuovere e realizzare un maggiore
benessere e una migliore qualità della vita
dipendono dalla possibilità di ricomporre
capacità funzionali e relazionali che le
dinamiche sociali ed i saperi esperti tendono
a frazionare e segmentare
Definizione
Per prestazioni socio-sanitarie si intendono tutte le
attività atte a soddisfare
mediante percorsi assistenziali integrati
i bisogni di salute della persona, che richiedono
unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di
protezione sociale in grado di garantire
anche nel lungo periodo
la continuità tra le azioni di cura e quelle di
riabilitazione
L’integrazione tra servizi socio-sanitari non è una
soluzione tecnica che favorisce rapidità di
interventi ed economie gestionali: è una esigenza
che rimanda ad una precisa concezione della
persona
Se ogni persona si presenta come un progetto di vita
globale ed unitario, integrare servizi non significa
predisporre un organigramma ad incastro, ma un
indirizzo operativo che ha come riferimento la
persona, la sua storia, il suo ambiente
Ribadire la centralità dell’integrazione significa
ribadire la centralità della persona, della sua
unicità e non frazionabilità
Il contesto storico-culturale
Il problema dell’integrazione sociosanitaria è un
problema che viene da lontano: ha preso corpo e
spessore nel momento in cui la nostra società che
stava sperimentando un sostanziale miglioramento
delle condizioni materiali di vita (boom
economico) si è potuta permettere il lusso di
rivedere, riformare il nostro sistema assistenziale e
di protezione sociale, nel tentativo di traghettarlo
verso un welfare istituzionale di tipo
universalistico
In tale quadro, l’istituzione del servizio
sanitario (l.n.833 del 1978) introduce il
concetto di integrazione socio-sanitaria
Si individuano i primi strumenti di azione a
livello regionale, in attesa della riforma del
comparto assistenziale che arriverà solo nel
2000 con la legge n.328
Strumenti che si identificano nella
individuazione o meno, accanto alle USL, di
altri enti territoriali (consorzi, comuni
singoli e associati, ecc.)
Nel 1985 si individuano le persone interessate agli
interventi socio-sanitari: malati di mente, portatori
di handicap, tossicodipendenti, anziani non
autosufficienti. Tali prestazioni sono a carico della
sanità
Nel 1992, si sancisce la separazione delle risorse
materiali e professionali tra comparto sanitario e
sociale
si introduce lo strumento delle delega alle Usl delle
attività sociali fondamentali per il buon esito delle
prestazioni sanitarie
con l’Atto di indirizzo e coordinamento in
materia di prestazioni socio-sanitarie, si
identificano le prestazioni relative all’area
socio-sanitaria, i principi di
programmazione e di organizzazione delle
attività e i criteri di finanziamento (2001)
Con il d.p.c.m. 29/11/2001: si definiscono i
Livelli essenziali di assistenza (Lea) e, nella
parte sulla integrazione socio-sanitaria, si
indicano le percentuali di costo non
imputabili al Ssn per le prestazioni nelle
quali la componente sanitaria e quella
sociale non sono distinguibili e stabilisce
che rimangono a carico degli enti locali o
degli utenti le percentuali di costo relative
ad alcune prestazioni
L’ampia produzione legislativa, che è tornata
spesso sul tema dell’integrazione, se da una
parte conferma la centralità
dell’integrazione socio-sanitaria come
strumento principe per raggiungere e
promuovere adeguati livelli di qualità della
vita a favore, soprattutto, ma non
esclusivamente, di soggetti particolarmente
vulnerabili (malati mentali, soggetti non
autosufficienti, soggetti affetti da
dipendenza ecc.), per i quali le risposte
devono essere complesse
d’altro canto assolve alla funzione di
stimolare, accompagnare le diverse regioni
a sperimentare e maturare un peculiare e
specifico modello di integrazione
Se, indubbiamente, le leggi di indirizzo sono
necessarie anche per dare linee guida e
ricondurre le diverse realtà territoriali entro
modelli diversi, ma confrontabili, è anche
vero che spesso le linee di indirizzo possono
supplire a deficit di progettualità e
organizzativi a livello periferico
Alle soglie del 2000, si può dire che in tema
di integrazione socio-sanitaria, nonostante
un dibattito quasi ventennale sulla necessità
di integrare, paradossalmente la
separazione tra sanitario e sociale si è
definitivamente compiuta
Da una parte abbiamo l’ambito dei servizi sociosanitari che sono di competenza (pagati) della
sanità e che attraverso la definizione dei Lea
diventano diritti soggettivi esigibili
Dall’altra parte abbiamo i servizi sociali (che devono
integrare il sanitario e sono a carico dei comuni)
per i quali non si arriva alla definizione dei livelli
essenziali (leas), per cui sono servizi che non sono
esigibili, in quanto non si configurano come
soddisfazione di diritti sociali
I servizi sociali, quelli che costituiscono il
cuore dei servizi degli enti locali non sono
sottoposti a vincoli di bilancio: i fondi sono
messi a disposizione nel budget di ogni
anno, come tali sono sottoposti ai tagli dei
finanziamenti pubblici per i servizi alla
persona
Molti di tali servizi sono e rimangono servizi
a richiesta (ad es. nidi e servizi di mensa e
trasporto), che richiedono sempre una
compartecipazione all’utente
Il tema dell’integrazione dei servizi sociosanitari si sviluppa all’interno di un contesto
istituzionale in cui i due soggetti – sanità e
servizio sociale, partono da posizioni
differenti e tali differenze non vengono
recuperate nel tempo, anzi per molti aspetti
si radicalizzano
•  Con l’istituzione del servizio sanitario
nazionale si assiste alla lenta costruzione di
un sistema che per molti versi parte da zero:
nel senso che azzera tutto il sistema
mutualistico
•  Il Servizio sanitario nazionale deve stabilire
relazioni di parternariato con un sistema –
assistenza – centenario la cui riforma arriva
venti anni dopo
•  Con il tempo, il comparto sanitario si
stabilizza, si amplia, introduce correttivi e,
soprattutto diventa soggetto gestore di un
budget che ha molto peso sulle spese sociali
•  Con il tempo, il sistema assistenziale si
modifica, ma più per effetto del crescente
regionalismo che non per effetto di una
progettazione originale e specifica
•  Alle soglie del 2000, sanitario e sociale si
confrontano ancora sul tema
dell’integrazione, ma a partire da situazioni
diametralmente apposte quanto a:
•  Finanziamenti
•  Conoscenze e competenze
•  Reputazione
•  Situazione che i risultati della ricerca
confermano
La ricerca empirica
Stante la situazione sopra delineata, la ricerca,
di cui si presentano i risultati, si è mossa
nella direzione di individuare i modelli di
welfare locale, in rapporto alle politiche di
integrazione, con l'obiettivo di verificare la
corrispondenza fra il dato legislativo e le
pratiche e le culture organizzative
Consapevoli dell'estrema difficoltà di
ricondurre le diverse aree territoriali
all'interno di una modellistica semplificata e
tenendo conto che in tema di servizi sociali
e sanitari le regioni sono chiamate ad
attuare il dettato legislativo nazionale,
producendo a loro volta uno specifico
quadro istituzionale
nella presente ricerca ad un'analisi precisa e puntuale
della normativa regionale in tema di integrazione
socio sanitaria, ha fatto seguito una serie di
colloqui in profondità con dirigenti regionali e
focus group con funzionari ed operatori dei servizi
con l'obiettivo di verificare il livello e il grado di
attuazione della legge regionale, i nodi critici
individuati nel processo di implementazione dei
servizi, le difficoltà organizzative, le resistenze da
parte di operatori che hanno alle spalle diverse
culture professionali a seconda dell'ente di
appartenenza (sanitario o sociale), elementi e
fattori che hanno facilitato o meno la transizione
verso un modello integrato di servizi sociali e
sanitari
Risultati
Indicazioni legislative
Coordinamento
Concertazione
Cooperazione
tra i diversi soggetti
Dall’analisi della normativa e delle interviste
emerge che le tre dimensioni sopra
evidenziate non vanno considerate come
alternative all’interno della stessa regione o
territorio, ma tutte e tre trovano spazio nel
dettato legislativo e nella prassi operativa
Nella normativa, tuttavia, il tema
dell’integrazione socio-sanitaria è sempre
presente
La discriminante per quanto riguarda il livello
di integrazione sembra essere da una parte
la presenza o meno di una cultura
cooperativa del territorio, e dall’altra
l’ambito di intervento
ad es. l’integrazione è molto presente nella
non autosufficienza, ma meno nell’ambito
dei minori, questo anche perché nel settore
della non autosufficienza è apparentemente
più immediato cogliere il
nesso fra sociale e sanitario
Organizzazione politica
Unico Dipartimento/
Direzione
Unitarietà tecnica
Più Dipartimenti/Direzioni
Negoziazione tecnica
Unico Assessorato
Unitarietà strategica
Basilicata, FVG
Sardegna
Più Assessorati
Negoziazione
strategica
Emilia Romagna,
Liguria, Toscana,
Umbria, Veneto
Campania, Marche, Molise, Puglia
L’organizzazione tecnica
Due piani distinti
Unico piano con parti
separate
Unico piano
Marche, Campania,
Emilia Romagna, Liguria
Basilicata
Veneto (1996-1998)
Entrambi con una parte
sull’integrazione ss
(Umbria)
Toscana
Con parte dei Lea
condivisa (Puglia)
Approvata solo la parte
sanitaria (Sardegna)
Molise, FVG
L’organizzazione tecnica
In 8 regioni sulle dieci che, come abbiamo analizzato,
presentano una analoga organizzazione territoriale, è stato
possibile individuare modalità analoghe di gestione delle
pratiche dell’integrazione. In generale, infatti, è possibile
trovare – seppure con specificazioni regionali diverse –
una struttura simile rappresentata dall’assemblea/
conferenza dei sindaci di ambito/distretto che definisce le
linee di indirizzo per l’integrazione sociosanitaria sul
territorio, attiva il processo programmatorio per la stesura
dei Pdz (o altrimenti detti) e promuove gli accordi di
programma per l’attuazione di Pdz.
Questa organizzazione è stata rinvenuta in FVG,
Molise, Marche, Basilicata, Veneto, Emilia
Romagna, Sardegna, Umbria
In Puglia viene evidenziato come l’integrazione
passi attraverso la coincidenza dei tempi di
approvazione dei Piani sociali di zona (Pdz) e dei
Pat dei distretti, che seguono l’approvazione dei
Pal delle Asl. Inoltre si sottolinea la necessità di
un raccordo fra Pdz e Pat, ma non vi è la
esplicitazione delle strutture organizzative che
devono provvedere a garantire tale raccordo
In Campania, invece, si indica la necessità di
una coincidenza nella programmazione di
ambito e distretto e della creazione di
strutture/strumenti di raccordo quali i tavoli
e i protocolli di intesa fra Pat, Pal e Pdz,
senza però entrare nel dettaglio
Toscana e Liguria, invece, evidenziano nelle
strutture specifiche delle SdS e dei distretti
sociosanitari e nei loro organismi di
governo e gestione i luoghi di integrazione
Gli strumenti dell’integrazione
Unico piano
locale
Piani locali
separati ma
armonizzati
Accordo di
programma
Altri strumenti
Delega, tavoli
tematici
Emilia-Romagna
Sardegna
Liguria
Toscana
Basilicata
Campania
Friuli VG
Puglia
Umbria
Marche
Veneto
Molise
EmiliaRomagna
Friuli VG
Liguria
Toscana
Umbria
Basilicata
Emilia-Romagna
Friuli VG
Liguria
Toscana
Marche
Veneto
Strumenti dell’integrazione
professionale
Integrazione tra le professioni
Accesso integrato
Gestione unitaria del caso
Emilia-Romagna:formazione
congiunta
Veneto
Mrache
Toscana
Emilia-Romagna
Sardegna
Friuli VG
Unità di valutazione integrata:
Basilicata, Marche, Molise,
Toscana, Emilia-Romagna,
Campania, Sardegna, Friuli VG,
Liguria, Umbria, Puglia
Molise: linee guida
Sardegna, Friuli VG: strumenti di
lavoro multiprofessioonali
Marche
Molise
Campania
Liguria
Umbria
Puglia
Toscana
Referente del progetto: Molise,
Campania,. Friuli VG, Umbria
Piano Assistenziale
individualizzato: Marche,
Toscana, Saedegna, Friuli VG,
Ligurua, Umbria
Gestione unitaria cartella:
Marche, Molise
Integrazione a livello territoriale
•  ASL
•  Comune (distretto)
Quali modelli?
1
dipartimen
to
2 piani
1
Friuli VG
assessorato
2
assessorati
EmiliaRomagna
Liguria
Umbria
1
dipartimen
to
1 piano
con parti
distinte
1
dipartimen
to
1 piano
2
dipartimen
ti.
2 piani
Basilicata
2
dipartimen
ti
1 piano
con parti
distinte
2
dipartimen
ti
1 piano
Sardegna
Toscana
Veneto
Campania
Marche
Molise
Puglie
Alta integrazione politica (1 assessorato) e gestionale (1 dipartimento)
Basilicata, Friuli Venezia Giulia
Alta integrazione politica (1 assessorato) e bassa integrazione gestionale
(2 dipartimenti)
Sardegna
Bassa integrazione politica (2 assessorati) e alta integrazione gestionale (1
dipartimento)
Emilia-Romagna, Liguria, Umbria, Toscana Veneto
Bassa integrazione politica (2 assessorati) e bassa integrazione gestionale
(2 dipartimenti)
Campania, Marche, Molise, Puglia
Strumenti di integrazione locale
•  Campania, Marche, Molise, Puglia
producono piani locali separati ma
armonizzati; e ad esse si aggiungono: Friuli
VG, Umbria, Veneto
•  Le altre regioni producono un piano locale
unico (Emilia-Romagna, Sardegna, Liguria,
Toscana e Basilicata) ovvero piani separati
Strumenti di integrazione
professionale
Tutte le regioni prevedono l’accesso integrato
e/o la gestione unitaria del caso
Sintesi
•  Come si può osservare, al di là di quella che è la
cornice istituzionale e politica, nelle singole realtà
regionali, spesso si è cercato di recuperare il
concetto di unitarietà degli interventi a livello di
progettazione dei piani di intervento e di
erogazione delle prestazioni
•  Livello in cui entrano in campo la cultura dei
servizi delle singole realtà regionali e la capacità
di raccordo tra i diversi ambiti e le diverse
professionalità
Nodi problematici
• 
• 
• 
• 
Difficoltà di rapporti tra asl e comuni
Differenze territoriali
Problemi di ordine economico
Scarsa incidenza sui territori delle
indicazioni regionali
•  Rischio di muoversi verso la distribuzione
delle competenze anziché verso
l’integrazione
•  Come si può notare molti di questi problemi
sono gli stessi che furono evidenziati da
ricercatori e studiosi che si sono confrontati
con il tema-problema dell’integrazione
socio-sanitaria subito dopo l’istituzione del
servizio sanitario, quando si parlava ancora
di Unità locale socio-sanitaria.
•  Nel frattempo le unità sono diventate
aziende, la prima ‘esse’ è caduta e sembra
non agevole ripristinarla!