1 Codice Civile Sezione XIII Delle società con partecipazione dello

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE SULLE SOCIETÀ PARTECIPATE DAGLI ENTI LOCALI
(aggiornamento a novembre 2009)
Codice Civile
Sezione XIII
Delle società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici
2449. Società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici.
Se lo Stato o gli enti pubblici hanno partecipazioni in una società per azioni che
non fa ricorso al mercato del capitale di rischio, lo statuto può ad essi conferire
la facoltà di nominare un numero di amministratori e sindaci, ovvero
componenti del consiglio di sorveglianza, proporzionale alla partecipazione al
capitale sociale.
Gli amministratori e i sindaci o i componenti del consiglio di sorveglianza
nominati a norma del primo comma possono essere revocati soltanto dagli enti
che li hanno nominati. Essi hanno i diritti e gli obblighi dei membri nominati
dall'assemblea. Gli amministratori non possono essere nominati per un periodo
superiore a tre esercizi e scadono alla data dell'assemblea convocata per
l'approvazione del bilancio relativo all'ultimo esercizio della loro carica.
I sindaci, ovvero i componenti del consiglio di sorveglianza, restano in carica
per tre esercizi e scadono alla data dell'assemblea convocata per
l'approvazione del bilancio relativo al terzo esercizio della loro carica.
Alle società che fanno ricorso al capitale di rischio si applicano le disposizioni
del sesto comma dell'articolo 2346. Il consiglio di amministrazione può altresì
proporre all'assemblea, che delibera con le maggioranze previste per
l'assemblea ordinaria, che i diritti amministrativi previsti dallo statuto a favore
dello Stato o degli enti pubblici siano rappresentati da una particolare categoria
di azioni. A tal fine è in ogni caso necessario il consenso dello Stato o dell'ente
pubblico a favore del quale i diritti amministrativi sono previsti
D.Lgs. 18-8-2000 n. 267
Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 28 settembre 2000, n. 227, S.O.
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112. Servizi pubblici locali.
1. Gli enti locali, nell'àmbito delle rispettive competenze, provvedono alla
gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed
attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e
civile delle comunità locali.
2. [I servizi riservati in via esclusiva ai comuni e alle province sono stabiliti
dalla legge] (1).
3. Ai servizi pubblici locali si applica il capo III del decreto legislativo 30 luglio
1999, n. 286, relativo alla qualità dei servizi pubblici locali e carte dei servizi.
(1) Comma abrogato dal comma 12 dell'art. 35, L. 28 dicembre 2001, n. 448.
113. Gestione delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza
economica (1).
1. Le disposizioni del presente articolo che disciplinano le modalità di gestione
ed affidamento dei servizi pubblici locali concernono la tutela della concorrenza
e sono inderogabili ed integrative delle discipline di settore. Restano ferme le
altre disposizioni di settore e quelle di attuazione di specifiche normative
comunitarie. Restano esclusi dal campo di applicazione del presente articolo i
settori disciplinati dai decreti legislativi 16 marzo 1999, n. 79, e 23 maggio
2000, n. 164 (2).
1-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano al settore del
trasporto pubblico locale che resta disciplinato dal decreto legislativo 19
novembre 1997, n. 422, e successive modificazioni (3).
2. Gli enti locali non possono cedere la proprietà degli impianti, delle reti e
delle altre dotazioni destinati all'esercizio dei servizi pubblici di cui al comma 1,
salvo quanto stabilito dal comma 13.
2-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli impianti di
trasporti a fune per la mobilità turistico-sportiva eserciti in aree montane (3).
3. Le discipline di settore stabiliscono i casi nei quali l'attività di gestione delle
reti e degli impianti destinati alla produzione dei servizi pubblici locali di cui al
comma 1 può essere separata da quella di erogazione degli stessi. È, in ogni
caso, garantito l'accesso alle reti a tutti i soggetti legittimati all'erogazione dei
relativi servizi.
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4. Qualora sia separata dall'attività di erogazione dei servizi, per la gestione
delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali gli enti locali, anche
in forma associata, si avvalgono:
a) di soggetti allo scopo costituiti, nella forma di società di capitali con la
partecipazione totalitaria di capitale pubblico cui può essere affidata
direttamente tale attività, a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale
sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui
propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria
attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano (4);
b) di imprese idonee, da individuare mediante procedure ad evidenza
pubblica, ai sensi del comma 7.
5. L'erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel
rispetto della normativa dell'Unione europea, con conferimento della titolarità
del servizio:
a) a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con
procedure ad evidenza pubblica;
b) a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato
venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza
pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e
comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate
dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche;
c) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli
enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo
analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte
più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la
controllano (5).
5-bis. Le normative di settore, al fine di superare assetti monopolistici,
possono introdurre regole che assicurino concorrenzialità nella gestione dei
servizi da esse disciplinati prevedendo, nel rispetto delle disposizioni di cui al
comma 5, criteri di gradualità nella scelta della modalità di conferimento del
servizio (6).
5-ter. In ogni caso in cui la gestione della rete, separata o integrata con
l'erogazione dei servizi, non sia stata affidata con gara ad evidenza pubblica, i
soggetti gestori di cui ai precedenti commi provvedono all'esecuzione dei lavori
comunque connessi alla gestione della rete esclusivamente mediante contratti
di appalto o di concessione di lavori pubblici, aggiudicati a seguito di procedure
di evidenza pubblica, ovvero in economia nei limiti di cui all'articolo 24 della
legge 11 febbraio 1994, n. 109, e all'articolo 143 del regolamento di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554. Qualora la
gestione della rete, separata o integrata con la gestione dei servizi, sia stata
affidata con procedure di gara, il soggetto gestore può realizzare direttamente i
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lavori connessi alla gestione della rete, purché qualificato ai sensi della
normativa vigente e purché la gara espletata abbia avuto ad oggetto sia la
gestione del servizio relativo alla rete, sia l'esecuzione dei lavori connessi.
Qualora, invece, la gara abbia avuto ad oggetto esclusivamente la gestione del
servizio relativo alla rete, il gestore deve appaltare i lavori a terzi con le
procedure ad evidenza pubblica previste dalla legislazione vigente (6).
6. Non sono ammesse a partecipare alle gare di cui al comma 5 le società che,
in Italia o all'estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù
di un affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica, o a
seguito dei relativi rinnovi; tale divieto si estende alle società controllate o
collegate, alle loro controllanti, nonché alle società controllate o collegate con
queste ultime. Sono parimenti esclusi i soggetti di cui al comma 4.
7. La gara di cui al comma 5 è indetta nel rispetto degli standard qualitativi,
quantitativi, ambientali, di equa distribuzione sul territorio e di sicurezza
definiti dalla competente Autorità di settore o, in mancanza di essa, dagli enti
locali. La gara è aggiudicata sulla base del migliore livello di qualità e sicurezza
e delle condizioni economiche e di prestazione del servizio, dei piani di
investimento per lo sviluppo e il potenziamento delle reti e degli impianti, per il
loro rinnovo e manutenzione, nonché dei contenuti di innovazione tecnologica
e gestionale. Tali elementi fanno parte integrante del contratto di servizio. Le
previsioni di cui al presente comma devono considerarsi integrative delle
discipline di settore (7).
8. Qualora sia economicamente più vantaggioso, è consentito l'affidamento
contestuale con gara di una pluralità di servizi pubblici locali diversi da quelli
del trasporto collettivo. In questo caso, la durata dell'affidamento, unica per
tutti i servizi, non può essere superiore alla media calcolata sulla base della
durata degli affidamenti indicata dalle discipline di settore.
9. Alla scadenza del periodo di affidamento, e in esito alla successiva gara di
affidamento, le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali di proprietà
degli enti locali o delle società di cui al comma 13 sono assegnati al nuovo
gestore. Sono, inoltre, assegnati al nuovo gestore le reti o loro porzioni, gli
impianti e le altre dotazioni realizzate, in attuazione dei piani di investimento di
cui al comma 7, dal gestore uscente. A quest'ultimo è dovuto da parte del
nuovo gestore un indennizzo pari al valore dei beni non ancora ammortizzati, il
cui ammontare è indicato nel bando di gara.
10. È vietata ogni forma di differenziazione nel trattamento dei gestori di
pubblico servizio in ordine al regime tributario, nonché alla concessione da
chiunque dovuta di contribuzioni o agevolazioni per la gestione del servizio.
11. I rapporti degli enti locali con le società di erogazione del servizio e con le
società di gestione delle reti e degli impianti sono regolati da contratti di
servizio, allegati ai capitolati di gara, che dovranno prevedere i livelli dei servizi
da garantire e adeguati strumenti di verifica del rispetto dei livelli previsti.
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12. L'ente locale può cedere tutto o in parte la propria partecipazione nelle
società erogatrici di servizi mediante procedure ad evidenza pubblica da
rinnovarsi alla scadenza del periodo di affidamento. Tale cessione non
comporta effetti sulla durata delle concessioni e degli affidamenti in essere (8).
13. Gli enti locali, anche in forma associata, nei casi in cui non sia vietato dalle
normative di settore, possono conferire la proprietà delle reti, degli impianti, e
delle altre dotazioni patrimoniali a società a capitale interamente pubblico, che
è incedibile. Tali società pongono le reti, gli impianti e le altre dotazioni
patrimoniali a disposizione dei gestori incaricati della gestione del servizio o,
ove prevista la gestione separata della rete, dei gestori di quest'ultima, a
fronte di un canone stabilito dalla competente Autorità di settore, ove prevista,
o dagli enti locali. Alla società suddetta gli enti locali possono anche assegnare,
ai sensi della lettera a) del comma 4, la gestione delle reti, nonché il compito
di espletare le gare di cui al comma 5 (8).
14. Fermo restando quanto disposto dal comma 3, se le reti, gli impianti e le
altre dotazioni patrimoniali per la gestione dei servizi di cui al comma 1 sono di
proprietà di soggetti diversi dagli enti locali, questi possono essere autorizzati a
gestire i servizi o loro segmenti, a condizione che siano rispettati gli standard
di cui al comma 7 e siano praticate tariffe non superiori alla media regionale,
salvo che le discipline di carattere settoriale o le relative Autorità dispongano
diversamente. Tra le parti è in ogni caso stipulato, ai sensi del comma 11, un
contratto di servizio in cui sono definite, tra l'altro, le misure di coordinamento
con gli eventuali altri gestori.
15. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle regioni a statuto
speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, se incompatibili con
le attribuzioni previste dallo statuto e dalle relative norme di attuazione (9).
15-bis. Nel caso in cui le disposizioni previste per i singoli settori non
stabiliscano un congruo periodo di transizione, ai fini dell'attuazione delle
disposizioni previste nel presente articolo, le concessioni rilasciate con
procedure diverse dall'evidenza pubblica cessano comunque entro e non oltre
la data del 31 dicembre 2006, relativamente al solo servizio idrico integrato al
31 dicembre 2007, senza necessità di apposita deliberazione dell'ente
affidante. Sono escluse dalla cessazione le concessioni affidate a società a
capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato sia stato scelto
mediante procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto
delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza, nonché quelle
affidate a società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti
pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo
a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più
importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano.
Sono altresì escluse dalla cessazione le concessioni affidate alla data del 1°
ottobre 2003 a società già quotate in borsa e a quelle da esse direttamente
partecipate a tale data a condizione che siano concessionarie esclusive del
servizio, nonché a società originariamente a capitale interamente pubblico che
entro la stessa data abbiano provveduto a collocare sul mercato quote di
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capitale attraverso procedure ad evidenza pubblica, ma, in entrambe le ipotesi
indicate, le concessioni cessano comunque allo spirare del termine equivalente
a quello della durata media delle concessioni aggiudicate nello stesso settore a
seguito di procedure di evidenza pubblica, salva la possibilità di determinare
caso per caso la cessazione in una data successiva qualora la stessa risulti
proporzionata ai tempi di recupero di particolari investimenti effettuati da parte
del gestore (10).
15-ter. Il termine del 31 dicembre 2006, relativamente al solo servizio idrico
integrato al 31 dicembre 2007, di cui al comma 15-bis, può essere differito ad
una data successiva, previo accordo, raggiunto caso per caso, con la
Commissione europea, alle condizioni sotto indicate:
a) nel caso in cui, almeno dodici mesi prima dello scadere del suddetto
termine si dia luogo, mediante una o più fusioni, alla costituzione di una nuova
società capace di servire un bacino di utenza complessivamente non inferiore a
due volte quello originariamente servito dalla società maggiore; in questa
ipotesi il differimento non può comunque essere superiore ad un anno;
b) nel caso in cui, entro il termine di cui alla lettera a), un'impresa
affidataria, anche a seguito di una o più fusioni, si trovi ad operare in un
àmbito corrispondente almeno all'intero territorio provinciale ovvero a quello
ottimale, laddove previsto dalle norme vigenti; in questa ipotesi il differimento
non può comunque essere superiore a due anni (11).
15-quater. A decorrere dal 1° gennaio 2007 si applica il divieto di cui al comma
6, salvo nei casi in cui si tratti dell'espletamento delle prime gare aventi ad
oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa. Con
regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23
agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sentite le Autorità
indipendenti del settore e la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Governo definisce le condizioni
per l'ammissione alle gare di imprese estere, o di imprese italiane che abbiano
avuto all'estero la gestione del servizio senza ricorrere a procedure di evidenza
pubblica, a condizione che, nel primo caso, sia fatto salvo il principio di
reciprocità e siano garantiti tempi certi per l'effettiva apertura dei relativi
mercati (12) (13).
(1) Rubrica così modificata dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003,
n. 269.
(2) Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003,
n. 269, come modificato dalla relativa legge di conversione.
(3) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 48, L. 15 dicembre 2004, n. 308.
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(4) Lettera così modificata dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003,
n. 269.
(5) Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003,
n. 269, come modificato dalla relativa legge di conversione.
(6) Comma aggiunto dall'art. 4, comma 234, L. 24 dicembre 2003, n. 350.
(7) Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003,
n. 269. La Corte costituzionale, con sentenza 13-27 luglio 2004, n. 272 (Gazz.
Uff. 4 agosto 2004, n. 30 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, ai
sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità del presente
comma, limitatamente al secondo ed al terzo periodo.
(8) Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003,
n. 269.
(9) Articolo così sostituito dal comma 1 dell'art. 35, L. 28 dicembre 2001, n.
448. Vedi, anche, le altre disposizioni dello stesso articolo 35.
(10) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n.
269 e poi così modificato dal comma 234 dell'art. 4, L. 24 dicembre 2003, n.
350 e dall'art. 15, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, come modificato dalla relativa
legge di conversione. Vedi, anche, l'art. 204, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
(11) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n.
269, come modificato dalla relativa legge di conversione e poi così modificato
dall'art. 15, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, come modificato dalla relativa legge di
conversione.
(12) Comma aggiunto dall'art. 4, comma 234, L. 24 dicembre 2003, n. 350.
Vedi, anche, il comma 4-bis dell'art. 46-bis, D.L. 1° ottobre 2007, n. 159,
aggiunto dal comma 175 dell'art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244.
(13) Il presente articolo è stato abrogato dal comma 11 dell'art. 23-bis, D.L.
25 giugno 2008, n. 112, aggiunto dalla relativa legge di conversione, nelle
parti con esso incompatibili.
116. Società per azioni con partecipazione minoritaria di enti locali.
1. Gli enti locali possono, per l'esercizio di servizi pubblici di cui all'articolo 113bis e per la realizzazione delle opere necessarie al corretto svolgimento del
servizio nonché per la realizzazione di infrastrutture ed altre opere di interesse
pubblico, che non rientrino, ai sensi della vigente legislazione statale e
regionale, nelle competenze istituzionali di altri enti, costituire apposite società
per azioni senza il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria anche in
deroga ai vincoli derivanti da disposizioni di legge specifiche. Gli enti interessati
provvedono alla scelta dei soci privati e all'eventuale collocazione dei titoli
azionari sul mercato con procedure di evidenza pubblica. L'atto costitutivo delle
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società deve prevedere l'obbligo dell'ente pubblico di nominare uno o più
amministratori e sindaci. Nel caso di servizi pubblici locali una quota delle
azioni può essere destinata all'azionariato diffuso e resta comunque sul
mercato (1).
2. La costituzione di società miste con la partecipazione non maggioritaria degli
enti locali è disciplinata da apposito regolamento adottato ai sensi dell'articolo
4, comma 1, del decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito, con
modificazioni dalla legge 29 marzo 1995, n. 95, e successive modifiche e
integrazioni.
3. Per la realizzazione delle opere di qualunque importo si applicano le norme
vigenti di recepimento delle direttive comunitarie in materia di lavori pubblici.
4. Fino al secondo esercizio successivo a quello dell'entrata in funzione
dell'opera, l'ente locale partecipante potrà rilasciare garanzia fidejussoria agli
istituti mutuanti in misura non superiore alla propria quota di partecipazione
alla società di cui al presente articolo.
5. Per i conferimenti di aziende, di complessi aziendali o di rami di essi e di
ogni altro bene effettuati dai soggetti di cui al comma 1, anche per la
costituzione con atto unilaterale delle società di cui al medesimo comma, si
applicano le disposizioni dell'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 30 luglio
1990, n. 218, e successive modificazioni (2).
(1) Comma così modificato prima dall'art. 2-ter, D.L. 27 dicembre 2000, n.
392, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e poi dal comma 12
dell'art. 35, L. 28 dicembre 2001, n. 448.
(2) Il presente articolo corrisponde ai commi 1, 3, 7 e 8 dell'art. 12, L. 23
dicembre 1992, n. 498, ora abrogati, e all'art. 4, comma 1, D.L. 31 gennaio
1995, n. 26.
D.L. 4-7-2006 n. 223
Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la
razionalizzazione della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di entrate e
di contrasto all'evasione fiscale.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 4 luglio 2006, n. 153.
13. Norme per la riduzione dei costi degli apparati pubblici regionali e locali e a
tutela della concorrenza.
1. Al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e
di assicurare la parità degli operatori nel territorio nazionale, le società, a
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capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle
amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi
strumentali all'attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione
dei servizi pubblici locali e dei servizi di committenza o delle centrali di
committenza apprestati a livello regionale a supporto di enti senza scopo di
lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo 3, comma 25, del
codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonchè, nei casi consentiti dalla legge, per lo
svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza,
devono operare con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono
svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, nè in
affidamento diretto nè con gara, e non possono partecipare ad altre società o
enti aventi sede nel territorio nazionale. Le società che svolgono l'attività di
intermediazione finanziaria prevista dal testo unico di cui al decreto legislativo
1° settembre 1993, n. 385, sono escluse dal divieto di partecipazione ad altre
società o enti (1).
2. Le società di cui al comma 1 sono ad oggetto sociale esclusivo e non
possono agire in violazione delle regole di cui al comma 1.
3. Al fine di assicurare l'effettività delle precedenti disposizioni, le società di cui
al comma 1 cessano entro quarantadue mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto le attività non consentite. A tale fine possono cedere, nel
rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, le attività non consentite a terzi
ovvero scorporarle, anche costituendo una separata società. I contratti relativi
alle attività non cedute o scorporate ai sensi del periodo precedente perdono
efficacia alla scadenza del termine indicato nel primo periodo del presente
comma (2).
4. I contratti conclusi, dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, in
violazione delle prescrizioni dei commi 1 e 2 sono nulli. Restano validi, fatte
salve le prescrizioni di cui al comma 3, i contratti conclusi dopo la data di
entrata in vigore del presente decreto, ma in esito a procedure di
aggiudicazione bandite prima della predetta data (3) (4).
(1) Comma così modificato prima dal comma 4-septies dell'art. 18, D.L. 29
novembre 2008, n. 185, aggiunto dalla relativa legge di conversione, e poi dal
comma 1 dell’art. 48, L. 23 luglio 2009, n. 99.
(2) Comma così modificato prima dal comma 720 dell'art. 1, L. 27 dicembre
2006, n. 296, poi dal comma 7 dell'art. 4, D.L. 3 giugno 2008, n. 97 ed infine
dal comma 1-bis dell'art. 20, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, aggiunto dalla
relativa legge di conversione.
(3) Comma così modificato dal comma 720 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n.
296.
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(4) Articolo così sostituito dalla legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248.
L. 27-12-2006 n. 296
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 2007).
Pubblicata nella Gazz. Uff. 27 dicembre 2006, n. 299, S.O.
art. 1
725. Nelle società a totale partecipazione di comuni o province, il compenso
lordo annuale, onnicomprensivo, attribuito al presidente e ai componenti del
consiglio di amministrazione, non può essere superiore per il presidente al 70
per cento e per i componenti al 60 per cento delle indennità spettanti,
rispettivamente, al sindaco e al presidente della provincia ai sensi dell'articolo
82 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Resta
ferma la possibilità di prevedere indennità di risultato solo nel caso di
produzione di utili e in misura comunque non superiore al doppio del compenso
onnicomprensivo di cui al primo periodo. Le disposizioni del presente comma si
applicano anche alle società controllate, ai sensi dell'articolo 2359 del codice
civile, dalle società indicate nel primo periodo del presente comma (1).
(1) Comma così modificato dal comma 12 dell'art. 61, D.L. 25 giugno 2008, n.
112, come sostituito dalla relativa legge di conversione e con la decorrenza
indicata nel comma 13 dello stesso articolo 61. La Corte costituzionale, con
sentenza 7-20 maggio 2008, n. 159 (Gazz. Uff. 28 maggio 2008, n. 23 - Prima
serie speciale), ha dichiarato, tra l’altro, l'illegittimità del presente comma,
nella parte in cui esso trova applicazione per gli enti locali delle Province
autonome di Trento e di Bolzano.
726. Nelle società a totale partecipazione pubblica di una pluralità di enti locali,
il compenso di cui al comma 725, nella misura ivi prevista, va calcolato in
percentuale della indennità spettante al rappresentante del socio pubblico con
la maggiore quota di partecipazione e, in caso di parità di quote, a quella di
maggiore importo tra le indennità spettanti ai rappresentanti dei soci pubblici
(1).
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(1) La Corte costituzionale, con sentenza 7-20 maggio 2008, n. 159 (Gazz. Uff.
28 maggio 2008, n. 23 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l’altro,
l'illegittimità del presente comma, nella parte in cui esso trova applicazione per
gli enti locali delle Province autonome di Trento e di Bolzano.
727. Al presidente e ai componenti del consiglio di amministrazione sono
dovuti gli emolumenti di cui all'articolo 84 del testo unico di cui al decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, alle condizioni e
nella misura ivi stabilite (1).
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 7-20 maggio 2008, n. 159 (Gazz. Uff.
28 maggio 2008, n. 23 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l’altro,
l'illegittimità del presente comma, nella parte in cui esso trova applicazione per
gli enti locali delle Province autonome di Trento e di Bolzano.
728. Nelle società a partecipazione mista di enti locali e altri soggetti pubblici o
privati, i compensi di cui ai commi 725 e 726 possono essere elevati in
proporzione alla partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali, nella misura
di un punto percentuale ogni cinque punti percentuali di partecipazione di
soggetti diversi dagli enti locali nelle società in cui la partecipazione degli enti
locali è pari o superiore al 50 per cento del capitale, e di due punti percentuali
ogni cinque punti percentuali di partecipazione di soggetti diversi dagli enti
locali nelle società in cui la partecipazione degli enti locali è inferiore al 50 per
cento del capitale (1).
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 7-20 maggio 2008, n. 159 (Gazz. Uff.
28 maggio 2008, n. 23 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l’altro,
l'illegittimità del presente comma, nella parte in cui esso trova applicazione per
gli enti locali delle Province autonome di Trento e di Bolzano.
729. Il numero complessivo di componenti del consiglio di amministrazione
delle società partecipate totalmente anche in via indiretta da enti locali, non
può essere superiore a tre, ovvero a cinque per le società con capitale,
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interamente versato, pari o superiore all'importo che sarà determinato con
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per gli
affari regionali e le autonomie locali, di concerto con il Ministro dell'interno e
con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città e
autonomie locali, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge. Nelle società miste il numero massimo di componenti del consiglio di
amministrazione designati dai soci pubblici locali comprendendo nel numero
anche quelli eventualmente designati dalle regioni non può essere superiore a
cinque. Le società adeguano i propri statuti e gli eventuali patti parasociali
entro tre mesi dall'entrata in vigore del citato decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri (1).
(1) Vedi, anche, il comma 17 dell'art. 3, L. 24 dicembre 2007, n. 244. Con
D.P.C.M. 26 giugno 2007 (Gazz. Uff. 7 agosto 2007, n. 182) è stato
determinato l'importo di capitale delle società partecipate dagli enti locali ai fini
dell'individuazione del numero massimo dei componenti del consiglio di
amministrazione.
730. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano ai
princìpi di cui ai commi da 725 a 735 la disciplina dei compensi degli
amministratori delle società da esse partecipate, e del numero massimo dei
componenti del consiglio di amministrazione di dette società. L'obbligo di cui al
periodo che precede costituisce principio di coordinamento della finanza
pubblica (1).
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 7-20 maggio 2008, n. 159 (Gazz. Uff.
28 maggio 2008, n. 23 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l’altro,
l'illegittimità del presente comma.
L. 24-12-2007 n. 244
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 2008).
Pubblicata nella Gazz. Uff. 28 dicembre 2007, n. 300, S.O.
art. 3
12. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 1, commi 459, 460, 461, 462 e
463, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ovvero da eventuali disposizioni
12
speciali nonché dai provvedimenti di attuazione dell'articolo 5, comma 4, del
decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla
legge 24 novembre 2003, n. 326, gli statuti delle società non quotate,
direttamente o indirettamente controllate dallo Stato ai sensi dell’articolo 2359,
primo comma, numero 1), del codice civile, si adeguano alle seguenti
disposizioni (1):
a) ridurre il numero massimo dei componenti degli organi di
amministrazione a cinque se le disposizioni statutarie vigenti prevedono un
numero massimo di componenti superiore a cinque, e a sette se le citate
disposizioni statutarie prevedono un numero massimo di componenti superiore
a sette. I compensi deliberati ai sensi dell’articolo 2389, primo comma, del
codice civile sono ridotti, in sede di prima applicazione delle presenti
disposizioni, del 25 per cento rispetto ai compensi precedentemente deliberati
per ciascun componente dell’organo di amministrazione;
b) prevedere che previa delibera dell'assemblea dei soci, sulle materie
delegabili, al presidente possano essere attribuite deleghe operative da parte
dell'organo di amministrazione che provvede a determinarne in concreto il
contenuto ed il compenso ai sensi dell'articolo 2389, terzo comma, del codice
civile (2);
c) sopprimere la carica di vicepresidente eventualmente contemplata dagli
statuti, ovvero prevedere che la carica stessa sia mantenuta esclusivamente
quale modalità di individuazione del sostituto del presidente in caso di assenza
o impedimento, senza dare titolo a compensi aggiuntivi;
d) prevedere che l'organo di amministrazione, fermo quanto previsto ai
sensi della lettera b), possa delegare proprie attribuzioni a un solo
componente, al quale possono essere riconosciuti compensi ai sensi
dell'articolo 2389, terzo comma, del codice civile unitamente al Presidente nel
caso di attribuzione di deleghe operative di cui alla lettera b) (3);
e) prevedere, in deroga a quanto previsto dalla lettera d), fermo quanto
previsto ai sensi della lettera b), la possibilità che l’organo di amministrazione
conferisca deleghe per singoli atti anche ad altri membri dell’organo stesso, a
condizione che non siano previsti compensi aggiuntivi;
f) prevedere che la funzione di controllo interno riferisca all’organo di
amministrazione o, fermo restando quanto previsto dal comma 12-bis, a un
apposito comitato eventualmente costituito all’interno dell’organo di
amministrazione;
g) prevedere il divieto di corrispondere gettoni di presenza ai componenti
degli organi sociali (4).
(1) Periodo così modificato dall'art. 19, comma 13, D.L. 1° luglio 2009, n. 78.
13
(2) Lettera così sostituita dall'art. 19, comma 7, D.L. 1 luglio 2009, n. 78,
come modificato dalla relativa legge di conversione, con i limiti di applicabilità
previsti dal comma 8-bis dello stesso articolo 19.
(3) Lettera così sostituita dall'art. 19, comma 7, D.L. 1 luglio 2009, n. 78 con i
limiti di applicabilità previsti dal comma 8-bis dello stesso articolo 19, aggiunto
dalla relativa legge di conversione.
(4) L’originario comma 12 è stato così sostituito con gli attuali commi 12 e 12bis dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 71, L. 18 giugno 2009, n. 69.
12-bis. Le società di cui al comma 12 provvedono a limitare ai casi
strettamente necessari la costituzione di comitati con funzioni consultive o di
proposta. Per il caso di loro costituzione, in deroga a quanto previsto dal
comma 12, lettera d), può essere riconosciuta a ciascuno dei componenti di tali
comitati una remunerazione complessivamente non superiore al 30 per cento
del compenso deliberato per la carica di componente dell’organo
amministrativo (1).
(1) L’originario comma 12 è stato così sostituito con gli attuali commi 12 e 12bis dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 71, L. 18 giugno 2009, n. 69.
13. Le modifiche statutarie, ad eccezione di quelle di cui alle lettere b) e d) del
comma 12, hanno effetto a decorrere dal primo rinnovo degli organi societari
successivo alle modifiche stesse (1).
(1) Comma così sostituito dall'art. 19, comma 10, D.L. 1° luglio 2009, n. 78.
14. Nelle società di cui al comma 12 in cui le amministrazioni statali detengono
il controllo indiretto, non è consentito nominare, nei consigli di
amministrazione o di gestione, amministratori della società controllante, a
meno che non siano attribuite ai medesimi deleghe gestionali a carattere
permanente e continuativo ovvero che la nomina risponda all’esigenza di
14
rendere disponibili alla società controllata particolari e comprovate competenze
tecniche degli amministratori della società controllante. Nei casi di cui al
presente comma gli emolumenti rivenienti dalla partecipazione agli organi della
società controllata sono comunque riversati alla società controllante.
15. Le società di cui ai commi da 12 a 18 adottano, per la fornitura di beni e
servizi, parametri di qualità e di prezzo rapportati a quelli messi a disposizione
delle pubbliche amministrazioni dalla Consip Spa, motivando espressamente le
ragioni dell’eventuale scostamento da tali parametri, con particolare riguardo
ai casi in cui le società stesse siano soggette alla normativa comunitaria sugli
appalti pubblici.
16. Le disposizioni dei commi da 12 a 18 non si applicano alle società quotate
in mercati regolamentati, nonché, relativamente al comma 12, lettera b), alle
società di cui all’articolo 1, commi 459 e 461, della legge 27 dicembre 2006, n.
296.
17. Ai fini di quanto disciplinato dai commi da 12 a 18, alle società di cui
all’articolo 1, comma 729, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, continuano
ad applicarsi le disposizioni del predetto comma 729, nonché le altre ad esse
relative contenute nella medesima legge n. 296 del 2006.
27. Al fine di tutelare la concorrenza e il mercato, le amministrazioni di cui
all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non
possono costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di
15
servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità
istituzionali, né assumere o mantenere direttamente partecipazioni, anche di
minoranza, in tali società. È sempre ammessa la costituzione di società che
producono servizi di interesse generale e che forniscono servizi di committenza
o di centrali di committenza a livello regionale a supporto di enti senza scopo di
lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo 3, comma 25, del
codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e l’assunzione di partecipazioni in tali società
da parte delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nell’ambito dei rispettivi livelli di
competenza (1).
(1) Comma così modificato prima dal comma 4-octies dell'art. 18, D.L. 29
novembre 2008, n. 185, aggiunto dalla relativa legge di conversione, e poi
dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 71, L. 18 giugno 2009, n. 69.
27-bis. Per le amministrazioni dello Stato restano ferme le competenze del
Ministero dell’economia e delle finanze già previste dalle disposizioni vigenti
alla data di entrata in vigore della presente legge. In caso di costituzione di
società che producono servizi di interesse generale e di assunzione di
partecipazioni in tali società, le relative partecipazioni sono attribuite al
Ministero dell’economia e delle finanze, che esercita i diritti dell’azionista di
concerto con i Ministeri competenti per materia (1).
(1) Comma aggiunto dalla lettera c) del comma 1 dell’art. 71, L. 18 giugno
2009, n. 69.
28. L’assunzione di nuove partecipazioni e il mantenimento delle attuali devono
essere autorizzati dall’organo competente con delibera motivata in ordine alla
sussistenza dei presupposti di cui al comma 27. La delibera di cui al presente
comma è trasmessa alla sezione competente della Corte dei conti (1).
(1) Periodo aggiunto dall'art. 19, comma 2, lett. a), D.L. 1° luglio 2009, n. 78.
28-bis. Per le amministrazioni dello Stato, l’autorizzazione di cui al comma 28 è
data con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del
16
Ministro competente per materia, di concerto con il Ministro dell’economia e
delle finanze (1).
(1) Comma aggiunto dalla lettera d) del comma 1 dell’art. 71, L. 18 giugno
2009, n. 69.
29. Entro trentasei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge le
amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, cedono a terzi
le società e le partecipazioni vietate ai sensi del comma 27. Per le società
partecipate dallo Stato, restano ferme le disposizioni di legge in materia di
alienazione di partecipazioni (1).
(1) Comma così modificato dalla lettera e) del comma 1 dell’art. 71, L. 18
giugno 2009, n. 69. Il presente comma era stato, inoltre, modificato dalla
lettera b) del comma 2 dell’art. 19, D.L. 1 luglio 2009, n. 78, soppressa dalla
relativa legge di conversione.
30. Le amministrazioni che, nel rispetto del comma 27, costituiscono società o
enti, comunque denominati, o assumono partecipazioni in società, consorzi o
altri organismi, anche a seguito di processi di riorganizzazione, trasformazione
o decentramento, adottano, sentite le organizzazioni sindacali per gli effetti
derivanti sul personale, provvedimenti di trasferimento delle risorse umane,
finanziarie e strumentali in misura adeguata alle funzioni esercitate mediante i
soggetti di cui al presente comma e provvedono alla corrispondente
rideterminazione della propria dotazione organica.
17
Legge 6/08/2008, n. 133,
Conversione in l., con mod.ni, del dl 25 giugno 2008, n. 112, recante
disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitivita', la stabilizzazione della finan.pubbl. e la perequazione tributaria.
(GU n. 195 del 21-8-2008 - Suppl. Ordinario n.196).
Art. 18. Reclutamento del personale delle società pubbliche
1. A decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in
vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, le società che
gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica adottano, con
propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per
il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3
dell'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (1).
2. Le altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo adottano, con
propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per
il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di derivazione
comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità.
2-bis. Le disposizioni che stabiliscono, a carico delle amministrazioni di cui
all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e
successive modificazioni, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale si
applicano, in relazione al regime previsto per l’amministrazione controllante,
anche alle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che
siano titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara, ovvero
che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi
carattere non industriale né commerciale, ovvero che svolgano attività nei
confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative
di natura pubblicistica inserite nel conto economico consolidato della pubblica
amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT)
ai sensi del comma 5 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Le
predette società adeguano inoltre le proprie politiche di personale alle
disposizioni vigenti per le amministrazioni controllanti in materia di
contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o
indennitaria e per consulenze. Con decreto del Ministro dell’economia e delle
finanze, di concerto con i Ministri dell’interno e per i rapporti con le regioni,
sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da emanare entro il 30
settembre 2009, sono definite le modalità e la modulistica per
l’assoggettamento al patto di stabilità interno delle società a partecipazione
pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di
servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgano funzioni volte a
soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale né
commerciale, ovvero che svolgano attività nei confronti della pubblica
amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica
(2).
18
3. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle società
quotate su mercati regolamentati.
(1) Comma così modificato dalla legge di conversione 6 agosto 2008, n. 133.
(2) Comma inserito dall'art. 19, comma 1, D.L. 1° luglio 2009, n. 78,
convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2009, n. 102.
Capo VI
Liberalizzazioni e deregolazione
Art. 23-bis. Servizi pubblici locali di rilevanza economica (1).
1. Le disposizioni del presente articolo disciplinano l’affidamento e la gestione
dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, in applicazione della disciplina
comunitaria e al fine di favorire la più ampia diffusione dei principi di
concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti
gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse generale
in ambito locale, nonché di garantire il diritto di tutti gli utenti alla universalità
ed accessibilità dei servizi pubblici locali ed al livello essenziale delle
prestazioni, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettere e) e m), della
Costituzione, assicurando un adeguato livello di tutela degli utenti, secondo i
principi di sussidiarietà, proporzionalità e leale cooperazione. Le disposizioni
contenute nel presente articolo si applicano a tutti i servizi pubblici locali e
prevalgono sulle relative discipline di settore con esse incompatibili. Sono fatte
salve le disposizioni del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, e
dell’articolo 46-bis del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con
modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, in materia di
distribuzione di gas naturale, le disposizioni del decreto legislativo 16 marzo
1999, n. 79, e della legge 23 agosto 2004, n. 239, in materia di distribuzione
di energia elettrica, nonché quelle del decreto legislativo 19 novembre 1997, n.
422, relativamente alla disciplina del trasporto ferroviario regionale. Gli ambiti
territoriali minimi di cui al comma 2 del citato articolo 46-bis sono determinati
dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per i rapporti
con le regioni, sentite la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, e l’Autorità per
l’energia elettrica e il gas, tenendo anche conto delle interconnessioni degli
impianti di distribuzione e con riferimento alle specificità territoriali e al numero
dei clienti finali. In ogni caso l’ambito non può essere inferiore al territorio
comunale (2).
2. Il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via
ordinaria:
a) a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite
individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto
19
dei principi del Trattato che istituisce la Comunità europea e dei principi
generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di
economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non
discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità;
b) a società a partecipazione mista pubblica e privata, a condizione che la
selezione del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza
pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a), le quali abbiano ad
oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione dei compiti
operativi connessi alla gestione del servizio e che al socio sia attribuita una
partecipazione non inferiore al 40 per cento (3).
3. In deroga alle modalità di affidamento ordinario di cui al comma 2, per
situazioni eccezionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche,
sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento,
non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l'affidamento può
avvenire a favore di società a capitale interamente pubblico, partecipata
dall'ente locale, che abbia i requisiti richiesti dall'ordinamento comunitario per
la gestione cosiddetta “in house” e, comunque, nel rispetto dei principi della
disciplina comunitaria in materia di controllo analogo sulla società e di
prevalenza dell'attività svolta dalla stessa con l'ente o gli enti pubblici che la
controllano (3).
4. Nei casi di cui al comma 3, l'ente affidante deve dare adeguata pubblicità
alla scelta, motivandola in base ad un'analisi del mercato e contestualmente
trasmettere una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all'Autorità
garante della concorrenza e del mercato per l'espressione di un parere
preventivo, da rendere entro sessanta giorni dalla ricezione della predetta
relazione. Decorso il termine, il parere, se non reso, si intende espresso in
senso favorevole (3).
4-bis. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in forza
dell'autonomia organizzativa e funzionale attribuita dalla legge 10 ottobre
1990, n. 287, e successive modificazioni, individua, con propria delibera, le
soglie oltre le quali gli affidamenti di servizi pubblici locali assumono rilevanza
ai fini dell'espressione del parere di cui al comma 4 (4).
5. Ferma restando la proprietà pubblica delle reti, la loro gestione può essere
affidata a soggetti privati.
6. E' consentito l’affidamento simultaneo con gara di una pluralità di servizi
pubblici locali nei casi in cui possa essere dimostrato che tale scelta sia
economicamente vantaggiosa. In questo caso la durata dell’affidamento, unica
per tutti i servizi, non può essere superiore alla media calcolata sulla base della
durata degli affidamenti indicata dalle discipline di settore.
7. Le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze e d’intesa
con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281, e successive modificazioni, possono definire, nel rispetto delle
normative settoriali, i bacini di gara per i diversi servizi, in maniera da
20
consentire lo sfruttamento delle economie di scala e di scopo e favorire una
maggiore efficienza ed efficacia nell’espletamento dei servizi, nonché
l’integrazione di servizi a domanda debole nel quadro di servizi più redditizi,
garantendo il raggiungimento della dimensione minima efficiente a livello di
impianto per più soggetti gestori e la copertura degli obblighi di servizio
universale.
8. Il regime transitorio degli affidamenti non conformi a quanto stabilito ai
commi 2 e 3 è il seguente:
a) le gestioni in essere alla data del 22 agosto 2008 affidate
conformemente ai principi comunitari in materia di cosiddetta “in house”
cessano, improrogabilmente e senza necessità di deliberazione da parte
dell'ente affidante, alla data del 31 dicembre 2011;
b) le gestioni affidate direttamente a società a partecipazione mista
pubblica e privata, qualora la selezione del socio sia avvenuta mediante
procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla
lettera a) del comma 2, le quali non abbiano avuto ad oggetto, al tempo
stesso, la qualità di socio e l'attribuzione dei compiti operativi connessi alla
gestione del servizio, cessano, improrogabilmente e senza necessità di
apposita deliberazione dell'ente affidante, alla data del 31 dicembre 2011;
c) le gestioni affidate direttamente a società a partecipazione mista
pubblica e privata, qualora la selezione del socio sia avvenuta mediante
procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla
lettera a) del comma 2, le quali abbiano avuto ad oggetto, al tempo stesso, la
qualità di socio e l'attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del
servizio, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio;
d) gli affidamenti diretti assentiti alla data del 1° ottobre 2003 a società a
partecipazione pubblica già quotate in borsa a tale data e a quelle da esse
controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, cessano alla scadenza
prevista nel contratto di servizio, a condizione che la partecipazione pubblica si
riduca anche progressivamente, attraverso procedure ad evidenza pubblica
ovvero forme di collocamento privato presso investitori qualificati e operatori
industriali, ad una quota non superiore al 30 per cento entro il 31 dicembre
2012; ove siffatta condizione non si verifichi, gli affidamenti cessano,
improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell'ente
affidante, alla data del 31 dicembre 2012;
e) le gestioni affidate che non rientrano nei casi di cui alle lettere da a) a
d) cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2010, senza
necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante (5).
9. Le società, le loro controllate, controllanti e controllate da una medesima
controllante, anche non appartenenti a Stati membri dell'Unione europea, che,
in Italia o all'estero, gestiscono di fatto o per disposizioni di legge, di atto
amministrativo o per contratto servizi pubblici locali in virtù di affidamento
diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica ovvero ai sensi del comma
2, lettera b), nonché i soggetti cui è affidata la gestione delle reti, degli
impianti e delle altre dotazioni patrimoniali degli enti locali, qualora separata
dall'attività di erogazione dei servizi, non possono acquisire la gestione di
21
servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi, né svolgere servizi o attività
per altri enti pubblici o privati, né direttamente, né tramite loro controllanti o
altre società che siano da essi controllate o partecipate, né partecipando a
gare. Il divieto di cui al primo periodo opera per tutta la durata della gestione e
non si applica alle società quotate in mercati regolamentati. I soggetti affidatari
diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere alla prima gara
svolta per l'affidamento, mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica,
dello specifico servizio già a loro affidato (5).
10. ll Governo, su proposta del Ministro per i rapporti con le regioni ed entro il
31 dicembre 2009, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, nonché
le competenti Commissioni parlamentari, adotta uno o più regolamenti, ai sensi
dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, al fine di (6):
a) prevedere l’assoggettamento dei soggetti affidatari cosiddetti in house
di servizi pubblici locali al patto di stabilità interno, tenendo conto delle
scadenze fissate al comma 8, e l’osservanza da parte delle società in house e
delle società a partecipazione mista pubblica e privata di procedure ad
evidenza pubblica per l’acquisto di beni e servizi e l’assunzione di personale
(7);
b) prevedere, in attuazione dei principi di proporzionalità e di adeguatezza
di cui all’articolo 118 della Costituzione, che i comuni con un limitato numero di
residenti possano svolgere le funzioni relative alla gestione dei servizi pubblici
locali in forma associata;
c) prevedere una netta distinzione tra le funzioni di regolazione e le
funzioni di gestione dei servizi pubblici locali, anche attraverso la revisione
della disciplina sulle incompatibilità;
d) armonizzare la nuova disciplina e quella di settore applicabile ai diversi
servizi pubblici locali, individuando le norme applicabili in via generale per
l’affidamento di tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica in materia di
rifiuti, trasporti, energia elettrica e gas, nonché in materia di acqua;
[e) disciplinare, per i settori diversi da quello idrico, fermo restando il
limite massimo stabilito dall’ordinamento di ciascun settore per la cessazione
degli affidamenti effettuati con procedure diverse dall’evidenza pubblica o da
quella di cui al comma 3, la fase transitoria, ai fini del progressivo allineamento
delle gestioni in essere alle disposizioni di cui al presente articolo, prevedendo
tempi differenziati e che gli affidamenti di retti in essere debbano cessare alla
scadenza, con esclusione di ogni proroga o rinnovo (8);]
f) prevedere l’applicazione del principio di reciprocità ai fini dell’ammissione
alle gare di imprese estere;
g) limitare, secondo criteri di proporzionalità, sussidiarietà orizzontale e
razionalità economica, i casi di gestione in regime d’esclusiva dei servizi
pubblici locali, liberalizzando le altre attività economiche di prestazione di
servizi di interesse generale in ambito locale compatibili con le garanzie di
universalità ed accessibilità del servizio pubblico locale;
h)
prevedere nella disciplina degli affidamenti idonee forme di
ammortamento degli investimenti e una durata degli affidamenti strettamente
proporzionale e mai superiore ai tempi di recupero degli investimenti;
22
i) disciplinare, in ogni caso di subentro, la cessione dei beni, di proprietà
del precedente gestore, necessari per la prosecuzione del servizio;
l) prevedere adeguati strumenti di tutela non giurisdizionale anche con
riguardo agli utenti dei servizi;
m) individuare espressamente le norme abrogate ai sensi del presente
articolo.
11. L’articolo 113 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali,
di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni,
è abrogato nelle parti incompatibili con le disposizioni di cui al presente
articolo.
12. Restano salve le procedure di affidamento già avviate alla data di entrata
in vigore della legge di conversione del presente decreto.
(1) Articolo inserito dalla legge di conversione 6 agosto 2008, n. 133.
(2) Comma così modificato dall'art. 30, comma 26, L. 23 luglio 2009, n. 99 e,
successivamente, dall'art. 15, comma 1, lett. a), D.L. 25 settembre 2009, n.
135.
(3) Comma così sostituito dall'art. 15, comma 1, lett. b), D.L. 25 settembre
2009, n. 135.
(4) Comma inserito dall'art. 15, comma 1, lett. c), D.L. 25 settembre 2009, n.
135.
(5) Comma così sostituito dall'art. 15, comma 1, lett. d), D.L. 25 settembre
2009, n. 135.
(6) Alinea così modificato dall'art. 15, comma 1, lett. e), D.L. 25 settembre
2009, n. 135.
(7) Lettera così modificata dall'art. 15, comma 1, lett. f), D.L. 25 settembre
2009, n. 135.
(8) Lettera soppressa dall'art. 15, comma 1, lett. g), D.L. 25 settembre 2009,
n. 135.
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RASSEGNA DI MASSIME GIURISPRUDENZIALI
Sulle tipologie di Società a partecipazione pubblica operanti nei
mercati di Servizio Pubblico Locale
a cura di Giuseppe Piperata
(aggiornamento a novembre 2009)
PROFILI GENERALI
Condizioni per la costituzione o partecipazione
Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Piemonte, 3/12/2008 n. 33
Sull'interpretazione e la concreta applicazione della normativa introdotta dall'art. 3, c. 27 e
seguenti, della l. n. 244 del 2007, in materia di società partecipate da amministrazioni pubbliche.
La finanziaria per il 2008 (l. n. 244 del 2007) ha inteso circoscrivere il fenomeno della
proliferazione di società pubbliche o miste, considerato una delle cause dell'incremento della spesa
pubblica degli enti locali, al fine di prevenire un ricorso a tale strumento elusivo delle discipline
pubblicistiche in materia contrattuale o di finanza pubblica, e soprattutto per assicurarne un utilizzo
correlato alle reali necessità degli enti. Le uniche tipologie di società partecipate di cui il legislatore
espressamente consente la costituzione e il mantenimento sono, dunque, le società che svolgono
attività strettamente necessarie alle finalità istituzionali degli Enti e le società che producono servizi
di interesse generale. L'assunzione di nuove partecipazioni e il mantenimento delle attuali deve
essere autorizzato, secondo il disposto del c. 28 dell' art. 3 della finanziaria 2008, dall'organo
consiliare, con delibera motivata, che accerti la sussistenza dei presupposti di cui al c. 27.
L'inquadramento tra le società che perseguono finalità istituzionali dell'Ente o tra le società rivolte
alla produzione di servizi d'interesse generale, è, dunque, rimesso alla valutazione dell'Ente
attraverso il proprio organo consiliare (art. 3, c. 28 della citata legge 244 del 2007).
Se il ricorso allo strumento societario è consentito solo per attività strettamente necessarie alle
finalità istituzionali degli enti e per servizi d'interesse generale, la possibilità di costituire o
mantenere una partecipazione societaria deve dunque essere verificata in ragione delle finalità che
l'ente intenda con essa realizzare, nell'ambito delle proprie competenze istituzionali.
Pertanto, con riferimento al caso di specie ovvero in merito alla partecipazione ad una costituenda
banca di credito cooperativo di un Comune, quest'ultimo, attraverso il proprio organo consigliare, è
chiamato a verificare quali finalità intenda perseguire con tale strumento, se queste sono da
considerarsi fra i compiti riservati dall'ordinamento all'ente comunale e soprattutto se l'attività della
costituenda società possa considerarsi strettamente necessaria alle finalità dell'Ente stesso, anche
alla luce del proprio statuto.
Corte di giustizia europea, Sez. III, 13/11/2008 n. C-324/07
E' legittima la scelta di un comune di associarsi ad una società cooperativa intercomunale al fine di
trasferirle la gestione di un servizio pubblico senza previa gara d'appalto, purché rispetti i requisiti
dell'in house.
Gli artt. 43 CE e 49 CE, i principi di parità di trattamento e di non discriminazione in base alla
nazionalità nonché l'obbligo di trasparenza che ne discende non ostano a che un'autorità pubblica
assegni, senza bandire una gara d'appalto, una concessione di servizi pubblici a una società
cooperativa intercomunale i cui soci sono tutti autorità pubbliche, dal momento che dette autorità
pubbliche esercitano su tale società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che
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la società in parola svolge la parte essenziale della sua attività con dette autorità pubbliche.
Nel caso in cui le decisioni relative alle attività di una società cooperativa intercomunale detenuta
esclusivamente da autorità pubbliche sono adottate da organi statutari di detta società composti di
rappresentanti delle autorità pubbliche associate, il controllo esercitato su tali decisioni dalle
autorità pubbliche in parola può essere considerato tale da consentire loro di esercitare sulla società
di cui trattasi un controllo analogo a quello che esercitano sui propri servizi.
Qualora un'autorità pubblica si associ ad una società cooperativa intercomunale i cui soci sono tutti
autorità pubbliche, al fine di trasferirle la gestione di un servizio pubblico, il controllo che le
autorità associate a detta società esercitano su quest'ultima, per poter essere qualificato come
analogo al controllo che esse esercitano sui propri servizi, può essere esercitato congiuntamente
dalle stesse, deliberando, eventualmente, a maggioranza.
Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Puglia, 27/2/2008 n. 3
Sulla possibilità per un comune di assumere la gestione di farmacie mediante la costituzione di una
società di capitali.
La nuova disciplina introdotta dall’art. 3, commi 27-32, della n. 244/2007, recante la legge
finanziaria per il 2008, deve essere interpretata nel senso che non impedisce al Comune di
assumere, ai sensi dell’art. 9, c. 1, lett. d) della L. 02/04/1968 n. 475 come sostituito dall’art. 10
della L. 08/11/1991 n. 362, la gestione delle farmacie di cui l’Ente abbia la titolarità mediante la
costituzione di società di capitali.
Il concreto inquadramento della farmacia comunale tra le società che perseguono finalità
istituzionali dell’Ente o tra le società rivolte alla produzione di servizi di interesse generale è
rimessa all’esclusiva valutazione dell’Organo Consiliare.
Corte di giustizia europea, Sez. IV, 18/12/2007 n. C-357/06
Sull'incompatibilità con la direttiva 92/50/CEE sugli appalti pubblici di servizi dell'art. 113, c. 5,
del d. lvo n. 267/2000 che limita l'affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica
alle sole società di capitali.
L'art. 26, nn. 1 e 2, della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le
procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, come modificata dalla direttiva della
Commissione 13 settembre 2001, 2001/78/CE, osta a disposizioni nazionali come l'art. 113, c. 5, del
d. lvo n. 267/2000, che riserva alle sole società di capitali l'affidamento dei servizi pubblici locali ,
che impediscono a candidati od offerenti autorizzati, in base alla normativa dello Stato membro
interessato, ad erogare il servizio di cui trattasi, ivi compresi quelli costituiti in raggruppamenti di
prestatori di servizi, di presentare offerte nell'ambito di una procedura di aggiudicazione di pubblici
appalti di servizi il cui valore superi la soglia di applicazione della direttiva 92/50, soltanto per il
fatto che tali candidati od offerenti non hanno la forma giuridica corrispondente ad una determinata
categoria di persone giuridiche, ossia quella delle società di capitali. Il giudice nazionale è tenuto a
dare a una disposizione di diritto interno, avvalendosi per intero del margine di discrezionalità
consentitogli dal suo ordinamento nazionale, un'interpretazione ed un'applicazione conformi alle
prescrizioni del diritto comunitario e, qualora siffatta interpretazione conforme non sia possibile, a
disapplicare ogni disposizione di diritto interno contraria a tali prescrizioni.
Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Lombardia, 13/10/2006 n. 17
Per rispettare gli obiettivi previsti dalla normativa sul patto di stabilità interno, i risultati delle
società a partecipazione pubblica totalitaria o maggioritaria devono essere conteggiati insieme a
quelli dell'ente pubblico costitutore.
I risultati delle società a partecipazione pubblica totalitaria o maggioritaria in termini di ammontare
di spese e di debito debbono essere conteggiati insieme a quelli dell'ente pubblico costitutore
poiché, in caso contrario, quest'ultimo potrebbe trovarsi, contemporaneamente, da un parte in una
situazione di sostanziale pareggio di bilancio e sana situazione finanziaria e, dall'altra, essere
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azionista di una società di capitali gravata di ingenti debiti, dei quali dovrebbe comunque rispondere
in modo illimitato se azionista unico o pro-quota se azionista di maggioranza. La mancata
considerazione dei risultati delle società partecipate totalmente o maggioritariamente insieme con
quelle dell'ente pubblico di riferimento comporta la possibilità che si creino situazioni occulte di
debito che, prima o poi, finiscono col gravare sulla collettività pubblica e sul mancato rispetto degli
impegni che lo Stato con l'art. 104 del Trattato di Maastricht ha assunto nei confronti dell'Unione
Europea e degli altri Stati europei.
Potere di nomina e requisiti degli amministratori
TAR Veneto, Sez. III, 29/9/2009 n. 2455
Sulla spettanza al sindaco della competenza alla nomina dei rappresentanti di un comune nel
consiglio d'amministrazione di un soggetto esterno.
Ove lo statuto attribuisca al sindaco il potere di nomina degli amministratori, lo stesso potrà
esercitare il potere speculare di revoca, pur in difetto di esplicita previsione statutaria, laddove il
soggetto designato dall'amministrazione comunale operi discostandosi o in contrasto con la linea di
azione che l'orientamento politico-amministrativo dell'ente locale intende perseguire attraverso la
propria rappresentanza nell'istituzione.
Consiglio di Stato, Sez. V, 19/6/2009 n. 4033
Per svolgere le funzioni di consigliere di amministrazione di un ente che gestisce una casa di
ricovero è sufficiente possedere quelle doti normali di ragionevolezza e avvedutezza, proprie del
buon padre di famiglia.
La regola generale fissata dagli art. 50, c. 8, e dell'art. 42, c. 2, lett. m) del d.lvo n. 267 del 2000
laddove dispongono che le nomine dei rappresentanti del comune presso enti da esso vigilati, o
comunque ad esso collegati, vanno effettuate sulla base delle esperienze culturali e delle
competenze necessarie, non ha un valore assoluto, in quanto va adattata alla natura delle funzioni
che il designato deve svolgere, sulla base degli statuti e dei regolamenti dell'ente cui è destinato.
Lo svolgimento delle funzioni di consigliere di amministrazione di un ente che gestisce una casa di
ricovero per vecchi inabili al lavoro non richiede particolari competenze tecniche o culturali, come
sarebbe stato nell'ipotesi in cui invece il designato fosse stato chiamato a svolgere funzioni di
concreta gestione dell'istituto. Il consigliere di amministrazione dell'ente deve semplicemente
possedere quelle doti normali di ragionevolezza e avvedutezza, proprie del buon padre di famiglia.
TAR Puglia, Bari, sez. II, 21/3/2008 n. 672
La permanenza nell’incarico dei rappresentanti del Comune presso enti aziende, istituzioni, non
costituisce un diritto del nominato, essendo condizionata dalla sussistenza del rapporto fiduciario
con l’ente di cui sono espressione.
L’art. 50, c. 8 del D.Lgs. 8 agosto 2000, n.267 (cd.Tuel), assegna al Sindaco il potere di procedere
alla nomina, alla designazione ed alla revoca dei rappresentanti del Comune presso enti, aziende ed
istituzioni, precisando in proposito che le nomine e le designazioni debbono essere formalizzate
entro 45 giorni dall’insediamento del Sindaco sulla base degli indirizzi stabiliti dal Consiglio
comunale. Secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza, tali nomine e designazioni
debbono considerarsi sicuramente di carattere fiduciario, nel senso che riflettono il giudizio di
affidabilità espresso, attraverso la nomina, sulle qualità e le capacità del nominato di rappresentare
gli indirizzi di chi l’ha designato, orientando l’azione dell’organismo nel quale si trova ad operare in
senso quanto più possibile conforme agli interessi di chi gli ha conferito l’incarico.
Pertanto, trovando giustificazione la nomina e la designazione cui si è fatto cenno, in un rapporto
fiduciario basato non soltanto sull’affidamento delle capacità tecniche e professionali del nominato,
ma anche sulla sua riposta fiducia politica e, quindi, ritenuta idoneità del nominato a garantire,
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nell’esercizio dell’incarico amministrativo presso l’Ente di destinazione, una gestione coerente con
gli indirizzi di politica-amministrativa del Comune di cui il designato costituisce espressione, ne
consegue che la cessazione del mandato del Sindaco e lo scioglimento del Consiglio comunale,
finiscono inevitabilmente con il travolgere tutte le nomine effettuate durante il mandato elettivo.
Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Lombardia, 18/10/2007 n. 46
Sull'art. 1, c. 729, della l. n. 296/06, (l. finanziaria 2007) che ha previsto una semplificazione nella
composizione dei consigli di amministrazione delle società alle quali partecipano enti pubblici
territoriali.
La disciplina pubblicistica introdotta con la l. 27 dicembre 2006, n. 296, (legge finanziaria per il
2007), non modifica le regole di diritto societario relative alla nomina ed alla revoca degli
amministratori, quanto piuttosto incide, limitandoli fortemente, sui poteri dei soci, imponendo che
vengano predisposte ed approvate modifiche alla parte dello statuto sociale che investe la nomina
dell'organo amministrativo.
Lo statuto disciplina le regole di funzionamento della società (art. 2328 u.c. cod. civ.) ed ogni sua
modifica implica l'adeguamento dell'attività sociale ai dettami statutari, non solo a garanzia dei soci,
ma anche dei terzi che entrano in contatto con la società e non possono che fare affidamento sulle
previsioni statutarie. Quindi, la modifica che riguardi il numero degli amministratori, riducendolo,
comporta la cessazione dalla carica dell'organo amministrativo che risulterebbe formato in modo
difforme dalla previsione dello statuto.
Dopo la modifica statutaria e la cessazione degli amministratori la gestione della società, sino alla
ricostituzione dell'organo amministrativo, è regolata dalle ordinarie disposizione del codice civile.
TAR Trentino-Alto Adige, Sede di Trento, 12/7/2007 n. 131
Sul carattere fiduciario dell'incarico di sindaco di una società a partecipazione pubblica.
Le nomine e le designazioni di rappresentanti delle Amministrazioni locali presso altri Enti,
rispettivamente, di competenza del Sindaco e del Presidente della Provincia, devono considerarsi di
carattere fiduciario, nel senso che riflettono il giudizio di affidabilità espresso attraverso la nomina,
ovvero la fiducia sulla capacità del nominato di rappresentare gli indirizzi di chi l'ha designato,
orientando l'azione dell'organismo nel quale si trova ad operare in senso quanto più possibile
conforme agli interessi di chi gli ha conferito l'incarico. In tale contesto, oltre al carattere
rappresentativo degli interessi dell'ente, la designazione assume anche connotati fiduciari,
esprimendo così un valore non più neutrale, ossia di mera rappresentanza, ma di vera e propria
espansione all'esterno della volontà politica di maggioranza. La cessazione del mandato del Sindaco
e del Presidente della Provincia e lo scioglimento del consiglio comunale finiscono col travolgere
tutte le nomine effettuate durante il mandato elettivo, in applicazione della regola di diritto comune,
che esige non solo che i poteri del rappresentante siano conferiti dal rappresentato, ma anche che
persista il rapporto fiduciario fra l'uno e l'altro. Pertanto, è legittimo l'esercizio da parte del Sindaco
(ovvero del Presidente dell'amministrazione provinciale) neo eletti di procedere - ove non ritengano
sussistente detto rapporto fiduciario - alla revoca dei rappresentanti del comune (ovvero della
provincia) in enti, aziende e istituzioni.
Responsabilità
Corte dei conti, sez. giurisd. Regionale per il Trentino Alto Adige con sede in Trento,
10/4/2008 n. 19
Sulla responsabilità amministrativa dei componenti di un consiglio comunale per aver costituito
una società mista allo scopo di attuare il sistema del project financing per la realizzazione di aree
di parcheggio in mancanza dei presupposti di legge.
Nella costituzione delle società miste per la gestione di servizi pubblici a rilevanza economica ed
imprenditoriale - la scelta del socio dovrebbe (per non dire: deve) essere congruente con l'attività
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che ci si propone nel futuro contesto, poiché costituisce principio giurisprudenziale costante, in sede
comunitaria e nazionale, che "in tutti i casi in cui si debba pervenire alla creazione di una società
mista, oggetto del concorso non è né una formula di project finance, né una concessione, né un
appalto, bensì la scelta concorsuale del socio o dei soci della costituenda entità mista. Ciò con
particolare riguardo alla definizione dei requisiti e delle caratteristiche dei soci, in relazione agli
obiettivi e al tipo di attività che l'ente committente si propone" (cfr. Corte dei conti, Sezione
Centrale di Controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato, delibera n. 15/2006).
Sussiste la responsabilità amministrativa dei componenti di un consiglio comunale aver attivato
l'operazione di realizzazione di aree di parcheggio col sistema della "finanza di progetto" appositamente costituendo, allo scopo, una società a capitale misto a prevalente capitale pubblicoper poi accorgersi, in tempi successivi, della insussistenza del fondamentale supporto normativo alla
relativa attuazione anche perché gli elementi presupposti dalla legge provinciale n. 3/99 (e da essa
demandata in dettaglio all'emanando Regolamento attuativo) assumevano un rilievo fondamentale,
suscettibile di travolgere l'intera procedura appena intrapresa.
Corte dei conti, sez. giurisd. per la Regione Lombardia, 4/3/2008 n. 135
Sulla responsabilità per danno erariale, derivante dalla percezione di tangenti nell’ambito di
operazioni di approvvigionamento, di un dipendente di una società totalitariamente partecipata da
una s.p.a. con azioni quotate a cap. parzialmente pubblico.
Sussiste la responsabilità per danno erariale, derivante dalla percezione di tangenti nell’ambito di
operazioni di approvvigionamento, di un dipendente di una società totalitariamente partecipata da
una s.p.a. con azioni quotate a capitale parzialmente pubblico.
Corte dei conti, sez. giurisd. per la Regione Campania, 27/12/2007 n. 4174
Sulla responsabilità amministrativa contabile di un Commissario per l'emergenza rifiuti per avere
costituito una società mista prevedente l'impiego di LSU, individuando il socio privato senza previa
gara.
Sussiste la responsabilità amministrativa contabile nei confronti di un Commissario di Governo per
l'Emergenza Rifiuti, Bonifiche e Tutela delle Acque, per avere costituito una società mista
prevedente l'impiego di lavoratori socialmente utili, rimasti peraltro inutilizzati, per finalità di
"informazione ambientale" nell'ambito di un progetto denominato "Call Center Ambientale - S.O.S.
Ambiente" ed individuando il socio privato senza previa gara, per aver ingiustificatamente
travalicato, adottando la suddetta iniziativa, i propri compiti istituzionali. Risulta, infatti,
gravemente carente da parte del Commissario la valutazione sulla sussistenza dei presupposti per
dare vita al progetto e sulla sua effettiva utilità e attuabilità nonché il palese ed ingiustificato
travalicamento dei propri compiti istituzionali diretti al superamento dell'emergenza, cui è
conseguita la grave illegittimità dell'iniziativa, "a fronte della quale si è avuto un rilevante impegno
finanziario senza che vi sia stata una corrispondente utilità per la collettività amministrata".
Corte dei conti, sez. giurisd. per la Regione Lombardia, 5/9/2007 n. 448
Sussiste la giurisdizione della corte dei conti nei confronti di amministratori e dipendenti di
persone giuridiche aventi le caratteristiche di imprese pubbliche.
Sussiste la giurisdizione della corte dei conti nei confronti di amministratori e dipendenti di persone
giuridiche aventi le caratteristiche di imprese pubbliche.
La configurabilità di un' "impresa pubblica" è da presumere, in base all'art. 3, c.28, del d.lgs. n. 163
del 2006, laddove vi sia un'amministrazione aggiudicatrice in grado di esercitare su di essa,
direttamente o indirettamente, un'influenza dominante. E tuttavia l'influenza dominante può
sussistere indipendentemente dalla ricorrenza delle circostanze che, per legge, secondo la norma
testé indicata, ne rendano ex lege da presumere la sussistenza.
Deve altresì essere riconosciuta la giurisdizione della corte dei conti nell'ambito delle operazioni di
approvvigionamento compiute da società a partecipazione pubblica, le quali per legge debbono
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svolgersi, di regola, applicando le medesime regole che sono tenute ad osservare le amministrazioni
a conformazione tradizionale (Ministeri, Enti pubblici non economici, enti pubblici territoriali, etc.)
al fine di procurarsi beni e servizi.
Corte dei conti, sez. giurisd. per la Regione Umbria, 8/11/2006 n. 354
Sulla responsabilità degli amministratori di un consorzio per non aver valutato la convenienza
economica di continuare a partecipare in una società, nonostante il fine fosse mutato, realizzando
una "società fittizia".
Esistono, nell'articolato e variegato mondo delle società partecipate, le c.d. società in house, le quali
hanno come cliente esclusivo l'ente pubblico che le ha costituite; tuttavia, esse devono comportare
necessariamente il conseguimento di economie per l'amministrazione che le ha costituite.
Nel caso di specie, non è contestabile il fatto che un Consorzio di bonifica possa costituire e
partecipare ad una società in misura maggioritaria che avrebbe dovuto occuparsi di intermediazione
e di fornitura di servizi nel settore proprio del consorzio. E', contestata la "convenienza" economica
di siffatta permanenza della p.a. al suo interno, per non aver espletato un'adeguata vigilanza,
affinché questa scelta, in sé corretta, non decampasse, nella sua attuazione concreta, dai fini
istituzionali che l'avevano ispirata, realizzando una "società fittizia", ovvero una "scatola vuota",
secondo il linguaggio in uso nell'imprenditoria privata. Le carenze strutturali nell'organizzazione
aziendale della società (tale società non ha avuto una sede propria) hanno comportato che essa,
lungi dal porre in essere realmente una qualche attività di produzione diretta dei servizi che le
venivano chiesti dal Consorzio, ha semplicemente "girato" le richieste stesse agli operatori esterni
(nella stragrande maggioranza dei casi già fornitori diretti del Consorzio), ponendo in essere una
attività che non può neanche definirsi di "produzione indiretta o di scambio", propria delle imprese
commerciali, ossia delle imprese che attendono ad una attività di "intermediazione", ex art. 2195 cc
ma che va definita di mera "interposizione fittizia" tra il Consorzio ed i suoi precedenti fornitori,.
Pertanto, il danno procurato alle casse del consorzio deve attribuirsi per la maggior parte al
presidente e, in misura minore al vicepresidente, che hanno omesso ogni cura nell'assicurare il
concreto soddisfacimento degli interessi pubblici perseguiti dal consorzio, agendo e persistendo
nella piena consapevolezza di venir meno ai loro doveri istituzionali verso la pubblica
amministrazione, nonché, in misura residuale, anche ai componenti del collegio dei revisori dei
conti del consorzio, per aver omesso ogni controllo sull'andamento della partecipazione del
consorzio nella società partecipata.
Corte dei conti, sez. giurisd. per la Regione Lombardia, 22/2/2006 n. 114
Sussiste la giurisdizione di responsabilità della Corte dei conti sui dipendenti di imprese che,
ancorché siano costituite in forma di s.p.a., hanno in realtà natura pubblica.
Corte dei conti, sez. giurisd. per la Regione Abruzzo, 14/1/2005 n. 67
Sussiste la giurisdizione della Corte dei conti nei confronti degli amministratori di un Consorzio
pubblico nonostante la successiva trasformazione in S.p.A..
Sussiste la giurisdizione della Corte dei conti nei confronti degli amministratori e dipendenti dei
Consorzi pubblici sebbene il Consorzio abbia assunto la natura di S.p.A. a prevalente partecipazione
pubblica.
La P.A. svolge ormai attività amministrativa non solo quando esercita pubbliche funzioni e poteri
autoritativi, ma anche quando, nei limiti consentiti dall'ordinamento, persegue le proprie finalità
istituzionali mediante un'attività disciplinata in tutto od in parte dal diritto privato.
Ancorché in forme privatistiche, gli enti pubblici svolgono dunque anch'essi attività amministrativa,
rispetto alla quale tali forme sono nient'altro che lo strumento a tali fini utilizzabile ed utilizzato.
Eguali considerazioni valgono, quando i pubblici servizi sono realizzati con ricorso ad altre forme o
istituti propri del diritto privato, quali le S.p.A., purchè con impiego di denaro proveniente dalla
generalità dei contribuenti o dai fruitori dei servizi medesimi.
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Di tal che il discrimen tra le due giurisdizioni ( civile e contabile) risiede, come espressamente ha
affermato la Cassazione, "unicamente nella qualità del soggetto passivo e pertanto nella natura pubblica o privata- delle risorse finanziarie di cui esso si avvale , avendo il legislatore del 1994
inteso più incisivamente tutelare il patrimonio di amministrazioni ed enti pubblici".
In presenza di tali condizioni sussiste la giurisdizione della Corte dei conti, irrilevante essendo la
qualificazione del soggetto agente ( S.p.A. od altro) e gli strumenti attraverso cui realizzano i fini
pubblici assegnati.
Accesso
TAR Lazio, Roma, Sez. II ter, 4 maggio 2007 n. 4004
Accesso agli atti amministrativi. Applicabilità ai gestori di un pubblico
La disciplina sull’accesso agli atti della p.a., di cui agli artt. 25 e ss., L. 241/90, si applica, ex art.
23, l. 241/90, come riformato dalla novella del 2005, anche agli atti di diritto privato posti in essere
da organismi societari aventi conformazione pubblicistica, sia sul piano della struttura che della
peculiare funzione istituzionale, consistente nell’esercizio di un pubblico servizio. Peraltro,
l’applicabilità della normativa de qua ai predetti soggetti, può affermarsi anche in base alla
normativa previgente, posto che gli stessi rientrano nella nozione di pubblica amministrazione
venutasi a delineare nel tempo nella giurisprudenza successivamente recepita dal novellato art. 22,
L. 241/90.
È ammissibile l’accesso agli atti attinenti alla gestione del rapporto di lavoro alle dipendenze di un
soggetto privato, gestore di pubblico servizio, dovendosi ritenere sussistente il presupposto
indispensabile per l’accessibilità degli atti di diritto privato di società del tipo suddetto, vale a dire il
nesso di strumentalità tra l’attività privatistica, oggetto di accesso, e l’interesse pubblico curato da
tale soggetto, tenuto conto che il rilievo pubblicistico del servizio va valutato con riguardo alla sua
dimensione soggettiva, oltre che oggettiva
TAR Lazio, Sez. III ter, 4/12/2006 n. 13599
Sulla sussistenza del diritto di accesso anche per gli atti degli enti pubblici economici e dei gestori
di pubblici servizi.
Anche l' attività degli Enti pubblici economici e dei gestori di pubblici servizi, quando coinvolge
interessi pubblici, rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 97 Cost., essendo svolta, pur se
sottoposta di regola al diritto comune, oltre che nell'interesse proprio, anche per soddisfare quelli
della collettività, con la conseguenza che i relativi atti sono soggetti all'accesso ex l. n. 241 del
1990. La normativa sull'accesso ha il medesimo ambito di applicazione dell'art. 97 e riguarda quindi
gli atti dell'Amministrazione in quanto tali. Pertanto, ai fini dell'accesso non rileva la loro disciplina
sostanziale pubblicistica o privatistica e neppure se, nel caso di controversia, ricorra la giurisdizione
ordinaria o quella amministrativa (di legittimità, esclusiva o di merito). Infatti, tranne le eccezioni
tassativamente previste dalla legge, per tutti gli atti dell'Amministrazione sussistono le esigenze
della trasparenza, che agevola il concreto perseguimento dei valori costituzionali del buon
andamento e dell'imparzialità. L'Amministrazione e anche il privato gestore di un pubblico servizio
non possono dunque negare l'accesso agli atti riguardanti la loro attività di diritto privato solo in
ragione della natura non pubblicistica degli stessi.
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SINGOLI TIPI
Società In House
Legittimità
Consiglio di Stato, Sez. V, 28/9/2009 n. 5808
E' legittima la scelta di un comune di gestire il servizio pubblico locale di igiene urbana attraverso
l'adesione ad una società a capitale interamente pubblico, piuttosto che esternalizzare il servizio
affidandolo a trattativa privata.
E' legittima la scelta di un comune di gestire il servizio pubblico locale di igiene urbana attraverso
l'adesione ad una società a capitale interamente pubblico, piuttosto che esternalizzare il servizio
affidandolo a trattativa privata, essendo andata deserta la gara ad evidenza pubblica. Il ricorso alla
trattativa privata è, infatti, frutto di una scelta discrezionale, pertanto, non può ragionevolmente
negarsi alla stessa amministrazione il potere di valutare la sussistenza di altri strumenti, anche
diversi dall'affidamento in appalto, per la gestione del servizio di raccolta rifiuti e di igiene urbana e
dunque, anche il potere di modificare l'originaria scelta di fondo, passando cioè
dall'esternalizzazione del servizio all'affidamento in house, atteso che, al contrario, la nuova
determinazione amministrativa, è motivata, inspirandosi, nel rispetto dei principi fondamentali
sanciti dall'art. 97 della Costituzione, ad un conseguimento dell'interesse pubblico inteso non già in
una visione meramente statica (limitata cioè esclusivamente al buon funzionamento del servizio di
igiene urbana cittadina), ma dinamica in cui il nuovo approccio alla realizzazione dell'interesse
pubblico attraverso l'internalizzazione e l'affidamento del servizio ad una società di capitali
interamente pubblico possa costituire il momento iniziale e dialogo di confronto con gli altri enti,
partecipanti alla società pubblica, per l'individuazione di nuove prospettive di tutela e di
conseguimento dell'interesse pubblico.
Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Lombardia, 11/5/2009 n. 195
Sull'ambito di applicazione dell'art. 23bis del D.L. n. 112/08, convertito nella L. n. 133/08.
Solo in via di deroga e per casi adeguatamente motivati ai sensi e nei limiti del comma 3 dell'art.
23bis è possibile l'affidamento in house ovvero a società partecipate dall'ente secondo i principi del
diritto comunitario. L'affidamento, peraltro, deve avvenire secondo le procedure di cui al successivo
comma 4 dell'art. 23bis. Spetta all'ente valutare le modalità ottimali di espletamento del servizio con
riguardo ai costi, ai margini di copertura degli stessi, alle migliori modalità di organizzazione del
servizio in termini di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto dei principi di tutela della
concorrenza da un lato e della universalità e dei livelli essenziali delle prestazioni dall'altro.
Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Sicilia, 2/4/2008 n. 14
Sulle condizioni legittimanti l’affidamento in house.
L’affidamento diretto (c.d. in house providing) è ammesso, in deroga alla procedura di normale
evidenza pubblica, tutte le volte in cui un ente pubblico decida di affidare la gestione del servizio, al
di fuori del sistema della gara, avvalendosi di una società esterna che presenti caratteristiche tali da
poterla qualificare come una sua longa manus. Trattandosi di una palese deroga ai principi di
concorrenza e trasparenza, che potrebbe determinare delle forme di distorsione del mercato,
l’istituto in questione è stato ritenuto ammissibile solo nel rispetto di alcune condizioni, individuate
in prima analisi attraverso numerose pronunce della Corte di Giustizia europea, successivamente
avallate e interpretate, laddove necessario, dalla Giustizia amministrativa di primo e secondo grado,
sia in sede giurisdizionale che in sede consultiva. Le condizioni legittimanti l’affidamento in house
("controllo analogo" e "attività prevalente"), così come in origine elaborate nella pronuncia Teckal
C-107/98, hanno subito un forte processo evolutivo da parte della giurisprudenza europea e
31
nazionale attraverso un percorso volto a rendere sempre più stringente e rigoroso il contenuto dei
presupposti, con particolare attenzione al cd. "controllo analogo".
Requisiti
Corte di giustizia europea, Sez. II, 17/7/2008 n. C-371/05
Sui requisiti che devono sussistere affinchè l'affidamento in house di un servizio pubblico possa
considerarsi legittimo: controllo analogo e prevalenza dell’attività.
L’indizione di una gara pubblica, conformemente alle direttive relative all’aggiudicazione degli
appalti pubblici, non è obbligatoria, anche quando l’affidatario è un ente giuridicamente distinto
dall’amministrazione aggiudicatrice, qualora siano soddisfatte le due condizioni seguenti. Da un
lato, l’amministrazione pubblica, che è un’amministrazione aggiudicatrice, deve esercitare sull’ente
giuridicamente distinto di cui trattasi un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi e,
dall’altro, tale ente deve svolgere la parte più importante della sua attività con l’ente o gli enti
pubblici che lo detengono.
Corte di giustizia europea, Sez. II, 19/4/2007 n. C-295/05
Sui presupposti necessari affinchè sia legittimo un affidamento diretto.
Le direttive del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione
degli appalti pubblici di servizi, 14 giugno 1993, 93/36/CEE, che coordina le procedure di
aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, e 14 giugno 1993, 93/37/CEE, che coordina le
procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, non ostano ad un regime giuridico
quale quello di cui gode la Transformación Agraria SA, che le consente, in quanto impresa pubblica
operante in qualità di strumento esecutivo interno e servizio tecnico di diverse amministrazioni
pubbliche, di realizzare operazioni senza essere assoggettata al regime previsto dalle direttive in
parola, dal momento che, da un lato, le amministrazioni pubbliche interessate esercitano su tale
impresa un controllo analogo a quello da esse esercitato sui propri servizi e che, dall’altro, la detta
impresa realizza la parte più importante della sua attività con le amministrazioni di cui trattasi.
Controllo analogo
Consiglio di Stato, Sez. V, 28/9/2009 n. 5808
Irrilevanza della partecipazione.
E' legittima la scelta di un comune di gestire il servizio pubblico locale di igiene urbana attraverso
l'adesione ad una società a capitale interamente pubblico, nonostante la minima partecipazione
(quasi simbolica, pari allo 0,26% del capitale societario), in quanto nello statuto sono stati previsti
accorgimenti tesi a chiarire e precisare le modalità per la sussistenza del requisito del controllo
analogo.
TAR Lombardia, Milano, sez. III, 10/12/2008 n. 5759
E' legittimo un affidamento in house anche nel caso di una partecipazione esigua di un comune al
capitale sociale di una società affidataria di un servizio pubblico.
L'esiguità della partecipazione al capitale di una società affidataria di un servizio pubblico da parte
di un comune non è di per sé indice dell'impossibilità, per il comune, di esercitare sulla predetta
società il cd. controllo analogo. Ed invero, nel caso di specie, essendo statutariamente imposto che
società affidataria indirizzi la parte più rilevante della propria attività alla collettività degli Enti
locali soci, è in tal maniera soddisfatto uno dei due requisiti che la costante giurisprudenza della
Corte di Giustizia CE richiede perché si possa ammettere la configurazione di un affidamento in
house.
Consiglio di Stato, Sez. V, 26/8/2009 n. 5082
32
Sui requisiti che devono sussistere per ritenere legittimo l'affidamento in house in favore di una
società partecipata da più enti pubblici.
In caso di affidamento in house in favore di società partecipata da più enti pubblici, per verificare se
sussiste il presupposto del controllo analogo si applica il criterio sintetico imperniato sui rapporti tra
la collettività degli enti pubblici soci rispetto alla società affidataria rispetto all'approccio atomistico
che considera singulatim la posizione di ogni ente locale.
Ai fini della configurabilità di un "controllo analogo", non è necessaria la ricorrenza, in capo ad un
socio pubblico, di un potere di controllo individuale del singolo socio affidante sulla società-organo
assimilabile a quello, individuale, delineato dai primi due commi dell'art. 2359 c.c.. è
imprescindibile però che il controllo della mano pubblica sull'ente affidatario sia effettivo, ancorché
esercitato congiuntamente e, deliberando a maggioranza, dai singoli enti pubblici associati. La
giurisprudenza amministrativa, recependo le indicazioni della giurisprudenza comunitaria, ha
rimarcato che il controllo analogo, idoneo ad escludere la sostanziale terzietà dell'affidatario
domestico rispetto al soggetto affidante, é da escludere in presenza di un potere assoluto di
direzione, coordinamento e supervisione dell'attività del soggetto partecipato da parte dell'ente
controllante-affidante che consenta a quest'ultimo di dettare le linee strategiche e di influire in modo
effettivo ed immediato sulle decisioni dell'affidatario. Risulta quindi indispensabile che le decisioni
più importanti siano sempre sottoposte al vaglio preventivo dell'ente affidante o, in caso di in house
frazionato, della totalità degli enti pubblici soci. Inoltre, osta alla configurabilità dell'affidamento in
house l'acquisizione, da parte dell'impresa affidataria, di una vocazione schiettamente commerciale
tale da rendere precario il controllo dell'ente pubblico. Detta vocazione, può, in particolare, risultare
dall'ampliamento, anche progressivo, dell'oggetto sociale e dall'apertura obbligatoria della società
ad altri capitali o dall'espansione territoriale dell'attività della società: l'affermarsi di una vocazione
strategica basata sul rischio di impresa finisce infatti per condizionare le scelte strategiche dell'ente
asseritamene in house, distogliendolo dalla cura primaria dell'interesse pubblico di riferimento e,
quindi, facendo impallidire la natura di costola organica, pur se entificata, dell'ente o degli enti
istituenti.
Consiglio di Stato, Sez. V, 9/3/2009 n. 1365
Sul requisito del controllo analogo nel caso di società partecipate da più enti pubblici.
Nel caso di società partecipate da più enti pubblici il controllo della mano pubblica sull'ente
affidatario deve essere effettivo, ancorché esercitato congiuntamente e, deliberando a maggioranza,
dai singoli enti pubblici associati. Il requisito del controllo analogo necessario per ritenere legittimo
l'affidamento in house di servizi pubblici ad una società di società partecipate da più enti pubblici
non sottende una logica "dominicale", rivelando piuttosto una dimensione "funzionale": affinché il
controllo sussista anche nel caso di una pluralità di soggetti pubblici partecipanti al capitale della
società affidataria non è infatti indispensabile che ad esso corrisponda simmetricamente un
"controllo" della governance societaria. In particolare, nel caso di specie, attraverso l'istituzione di
un organo, denominato Assemblea dei Sindaci, i Comuni soci si sono riservati, oltre a rafforzati
poteri di controllo sulla gestione, il potere, ad esercizio necessariamente congiunto (stante il metodo
di voto all'unanimità), di approvare in via preventiva tutti gli atti più rilevanti della società,
ovverosia, tra le altre, tutte le deliberazioni da sottoporre all'assemblea straordinaria, quelle in
materia di acquisti e cessioni di beni e partecipazioni, quelle relative alle modifiche dei contratti di
servizio, quelle in tema di nomina degli organi e quelle in ordine al piano industriale.
E' evidente che, in questo quadro, la mancata considerazione della sola gestione ordinaria non
esclude la sussistenza di un controllo analogo concreto e reale, posto che gli atti di ordinaria
amministrazione non potranno discostarsi dalle determinazioni preventivamente assunte
dall'Assemblea dei Sindaci in ordine a tutte le questioni più rilevanti.
33
Consiglio di Stato, Sez. V, 3/2/2009 n. 591
Sull'illegittimità di un affidamento diretto di un servizio pubblico a favore di una società il cui
capitale è interamente pubblico, in quanto lo statuto di quest'ultima non garantisce in via certa e
permanente l'incedibilità a privati delle azioni.
E' illegittimo l'affidamento diretto del servizio di trasporto pubblico locale a favore di una società il
cui capitale sociale è interamente posseduto dallo stesso Comune, in quanto lo statuto di
quest'ultima non garantisce, infatti, in via certa e permanente l'incedibilità a privati delle azioni.
Nel caso in cui, infatti, nel corso della durata di un rapporto di concessione sorto per affidamento
diretto muta la compagine sociale dell'affidatario (con l'ingresso anche minoritario di privati) ciò
comporta la vulnerazione dei principi sanciti dal Trattato in materia di concorrenza.
Pertanto, la proprietà pubblica della totalità del capitale sociale, oltre a dover sussistere nel
momento genetico del rapporto, non solo deve permanere per tutta la durata del rapporto ma deve
anche essere garantita da appositi e stabili strumenti giuridici, quali il divieto di cedibilità delle
azioni posto ad opera dello statuto.
Il possesso dell'intero capitale sociale da parte dell'ente pubblico, pur astrattamente idoneo a
garantire il controllo analogo a quello esercitato sui servizi interni, perde tale qualità se lo statuto
della società consente che una quota di esso, anche minoritaria, possa essere alienata a terzi.
TAR Lombardia, Milano, sez. III, 10/12/2008 n. 5759
Sulla verifica della sussistenza del controllo analogo.
La verifica del controllo analogo non può che effettuarsi sul piano dell'esistenza di previsioni che
conferiscano, agli Enti aventi una partecipazione esigua alla società affidataria, dei poteri di
controllo nell'ambito in cui si esplica l'attività decisionale della società tramite gli organi di questa:
poteri che si esplichino non solo in forma propulsiva, sub specie di proposte da portare all'ordine del
giorno di detti organi, ma anche e principalmente di poteri di inibizione di iniziative o decisioni che
contrastino con gli interessi dell'Ente locale nel cui territorio si esplica il servizio, quali
rappresentati dall'Ente stesso con le suindicate proposte. Occorre, inoltre, che i predetti poteri
inibitivi siano esercitabili dall'Ente pubblico come tale, a prescindere dalla misura della
partecipazione di esso al capitale della società affidataria, ma per il semplice fatto che l'Ente, nel cui
territorio si svolge il servizio, consideri le deliberazioni o le attività societarie contrastanti con i
propri interessi ed abbia per tal ragione il potere di paralizzare le suddette deliberazioni e attività.
La giurisprudenza ha in particolare rinvenuto l'esistenza del controllo analogo in presenza di
clausole, contenute nello statuto societario e nel contratto di servizio, attributive all'Ente locale
affidante delle seguenti prerogative, che l'Ente stesso può esercitare, ai fini del controllo sul
servizio, indipendentemente dalla quota di capitale posseduta:
- potere dell'Ente di effettuare nei confronti dell'organo amministrativo proposte di iniziative
attuative del contratto di servizio;
- diritto di veto sulle deliberazioni assunte in modo difforme dal contenuto delle proposte;
- diritto di recesso dalla società, con revoca dell'affidamento del servizio, qualora il Comune abbia
diritto di far valere la risoluzione o comunque lo scioglimento del contratto di servizio, nonché nel
caso di violazione delle competenze assembleari, quando cioè l'organo amministrativo assuma
iniziative rientranti nelle competenze dell'assemblea senza l'autorizzazione di questa.
A ciò si sono poi aggiunte la riserva all'assemblea ordinaria del potere di trattare argomenti inerenti
a pretese o diritti delle società sugli Enti locali nascenti dal contratto di servizio e il diritto di veto di
ogni Ente locale interessato sulle relative determinazioni. Nel caso di specie, sussistono un
complesso di elementi sufficiente, per quantità ed importanza, a configurare il cd. controllo analogo
e, per l'effetto, a far rientrare la fattispecie stessa nell'in house providing, essendo fuori discussione
l'altro requisito prescritto (cioè lo svolgimento, da parte della società, della parte più importante
della propria attività con l'Ente o gli Enti pubblici che ne detengono il capitale: Corte di Giustizia
CE, 17 luglio 2008, in C-371/05).
34
TAR Marche, 11/4/2007 n. 500
Il requisito del controllo "analogo" previsto dall'art. 113, c. 5, lett. c), del d.l.vo 267/2000 (e succ.
modif.), dev'essere inteso in modo diverso dal vincolo di subordinazione che esiste tra organi ed
uffici interni all'ente locale.
Il requisito del controllo "analogo" a quello esercitato sui propri servizi previsto dall'art. 113,
comma 5, lett. c), del d.l.vo 267/2000 (e succ. modif.), dev'essere inteso in modo ben diverso dal
vincolo di subordinazione che esiste tra organi ed uffici interni all'ente locale, giacchè,
diversamente, sarebbe impossibile gestire i servizi pubblici locali mediante società a totale capitale
pubblico, come, invece, espressamente consente la citata disposizione del d.l.vo 267/2000.
Il requisito del controllo "analogo" a quello esercitato sui propri servizi previsto dall'art. 113,
comma 5, lett. c), del d.l.vo 267/2000 (e succ. modif.), ricorre allorché, in considerazione dell'entità
della quota azionaria di cui è titolare l'ente locale, il medesimo ente locale ha la concreta possibilità
di condizionare tutte le decisioni che sono di competenza non solo dell'assemblea degli azionisti,
ma anche quelle di competenza del consiglio di amministrazione della società.
Consiglio di Stato, Sez. V, 8/1/2007 n. 5
Sull'illegittimità di un affidamento in house del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei
rifiuti solidi urbani ad una spa intercomunale per la mancanza del requisito del controllo analogo.
E' illegittimo l'affidamento in house del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi
urbani ad una spa intercomunale per violazione dell'articolo 113, c. 5, alinea "c" del tuel emanato
con d.lvo 18 agosto 2000 n. 267, perché la suddetta spa non era una società sulla quale il comune
esercita il "controllo analogo", previsto dalla disposizione di legge come una delle condizione per
poterle affidare, senza gara, il servizio pubblico. Lo statuto è quello di una normale società per
azioni, nella quale i poteri appartengono agli organi sociali, e non è previsto nessun raccordo tra gli
enti pubblici territoriali e la costituzione degli anzidetti organi: il presidente del Consiglio
d'amministrazione e il direttore sono eletti dal Consiglio d'amministrazione, il quale a sua volta è
nominato dall'assemblea senza vincoli di provenienza o di proposta, e la stessa assemblea è
composta "dai soci" senza ulteriori specificazioni; del collegio sindacale è previsto solo che si
compone di tre sindaci elettivi e due supplenti, che durano in carica tre anni e sono rieleggibili. Gli
enti pubblici soci, non sono neppur menzionati, e anzi una disposizione stabilisce che "Il Consiglio
di Amministrazione è investito dei più ampi poteri per la gestione ordinaria e straordinaria della
società ed ha facoltà di compiere tutti gli atti che ritenga opportuni per l'attuazione ed il
raggiungimento degli scopi sociali, fatta eccezione soltanto per gli atti che a norma di legge e del
presente statuto sono di competenza dell'Assemblea".
Corte di giustizia europea, Sez. I, 11/5/2006 n. C-340/04
Il fatto che l'ente locale eserciti la sua influenza sulla società aggiudicataria per il tramite di una
società holding può incidere negativamente sulla sussistenza del "controllo analogo" ai fini della
legittimità di un affidamento in house.
Non è compatibile con la direttiva 93/36 l'affidamento diretto di un appalto per la fornitura di un
appalto di forniture e di servizi, con prevalenza del valore della fornitura, ad una società per azioni
il cui consiglio di amministrazione possiede ampi poteri di gestione esercitabili in maniera
autonoma e il cui capitale è interamente detenuto da un'altra società per azioni, della quale è a sua
volta socio di maggioranza l'amministrazione aggiudicatrice. La circostanza che il controllo
esercitato dal comune su queste due società si risolve sostanzialmente nei poteri che il diritto
societario riconosce alla maggioranza dei soci, la qual cosa limita considerevolmente il suo potere
di influire sulle decisioni delle società. Inoltre l'influenza del comune sulle decisioni della società
aggiudicataria viene esercitata mediante una società holding. L'intervento di un siffatto tramite può,
a seconda delle circostanze del caso specifico, indebolire il controllo eventualmente esercitato
dall'amministrazione aggiudicatrice su una società per azioni in forza della mera partecipazione al
suo capitale. Ne consegue che, in tali circostanze, previa verifica di queste ultime da parte del
35
giudice di merito di cui alla causa principale, l'amministrazione aggiudicatrice non esercita sulla
società aggiudicataria dell'appalto pubblico in questione un controllo analogo a quello esercitato sui
propri servizi.
Attività prevalente dedicata
Corte Costituzionale, 23/12/2008 n. 439
Sul requisito dell’attività prevalente.
L'art. 3, comma 3 , della legge della Provincia autonoma di Bolzano 16 novembre 2007, n. 12 nel
prevedere che l'affidamento in house possa essere giustificato se, tra l'altro, "la società realizzi la
parte più rilevante della propria attività con uno o più degli enti che la controllano" prevede, che "la
rilevanza dell'attività (…) è considerata in base al fatturato e alle risorse economiche impiegate".
Il giudizio di verifica della sussistenza del requisito in esame è, dunque, limitato alla valutazione di
dati di tipo quantitativo; e tali devono ritenersi quelli che, al fine di stabilire se il soggetto in house
possa considerarsi "attivo" sul mercato in ragione della rilevanza esterna dell'attività di impresa
svolta, attribuiscono valenza esclusiva all'entità del fatturato e delle risorse economiche impiegate.
Nella prospettiva comunitaria, invece, è necessario assegnare rilievo anche ad eventuali aspetti di
natura qualitativa idonei a fare desumere, ad esempio, la propensione dell'impresa ad effettuare
determinati investimenti di risorse economiche in altri mercati - anche non contigui - in vista di una
eventuale espansione in settori diversi da quelli rilevanti per l'ente pubblico conferente.
Corte di giustizia europea, Sez. III, 10/9/2009 n. C-573/07
Sui limiti alla capacità di azione.
L'attività della società in house deve essere limitata allo svolgimento dei servizi pubblici nel
territorio degli enti soci, ed è esercitata fondamentalmente a beneficio di questi ultimi.
Nel caso di specie, anche se il potere riconosciuto alla società aggiudicataria, di fornire servizi ad
operatori economici privati è meramente accessorio alla sua attività principale, l'esistenza di tale
potere non impedisce che l'obiettivo principale di detta società rimanga la gestione di servizi
pubblici. Pertanto, l'esistenza di un potere siffatto non è sufficiente per ritenere che detta società
abbia una vocazione commerciale che rende precario il controllo di enti che la detengono.
Tar Sicilia-Catania, sez. II, 13/2/2006 n. 198
Sull'illegittimità dell'affidamento in house ad una società mista di un servizio pubblico, nel caso in
cui la medesima società svolga una cospicua attività esterna, tanto da rendere non prevalente
l'attività svolta a favore dell'Ente controllante.
E’ illegittima la scelta di un comune di procedere all'affidamento diretto ad una società mista del
servizio del servizio di illuminazione votiva del cimitero comunale, nel caso in cui la medesima
società svolga una cospicua attività esterna (circa il 40% del fatturato), tanto da rendere non
prevalente l'attività svolta a favore dell'Ente controllante.
Corte di giustizia europea, Sez. I, 11/5/2006 n. C-340/04
Sul requisito dell’attività prevalente.
Nel valutare se un'impresa svolga la parte più importante della sua attività con l'ente pubblico che la
detiene, al fine di decidere in merito all'applicabilità della direttiva 93/36, si deve tener conto di
tutte le attività realizzate da tale impresa sulla base di un affidamento effettuato
dall'amministrazione aggiudicatrice, indipendentemente da chi remunera tale attività, potendo
trattarsi della stessa amministrazione aggiudicatrice o dell'utente delle prestazioni erogate, mentre
non rileva il territorio in cui è svolta l'attività.
36
Orientamenti recenti
Corte di giustizia europea, Sez. III, 10/9/2009 n. C-573/07
Sulla compatibilità con il diritto comunitario dell'affidamento diretto di un servizio ad una spa a
capitale interamente pubblico nel caso in cui esista la possibilità che investitori privati entrino nel
capitale della società.
Nel caso in cui il capitale della società aggiudicataria è interamente pubblico e in cui non vi è alcun
indizio concreto di una futura apertura del capitale di tale società ad investitori privati, la mera
possibilità per i privati di partecipare al capitale di detta società non è sufficiente per concludere che
la condizione relativa al controllo dell'autorità pubblica non è soddisfatta. L'apertura del capitale
rileva solo vi è un'effettiva prospettiva di ingresso di soggetti privati nella compagine sociale,
altrimenti, il principio di certezza del diritto esige di valutare la legittimità dell'affidamento in house
sulla base della situazione vigente al momento della deliberazione dell'Ente locale affidante.
Limiti di operatività
Consiglio di Stato, Sez. V, 16/6/2009 n. 3920
In applicazione dell'art. 113, c. 6, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, non deve essere ammessa ad
una gara per l'affidamento di un servizio pubblico locale una società già affidataria diretta di un
spl in un altro comune.
In base a quanto previsto dall'art. 113, c. 6, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, non sono ammesse a
partecipare alle gare per l'affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica "le società
che in Italia o all'estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un
affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica o a seguito dei relativi rinnovi; tale
divieto si estende alle società controllate o collegate, alle loro controllanti, nonché alle società
controllate o collegate con queste ultimi; sono parimenti esclusi i soggetti di cui al c. 4"(gestori
delle reti). Pertanto, nel caso di specie, la società aggiudicataria essendo affidataria diretta da parte
di un altro comune della gestione dell'impianto di discarica sita nel territorio comunale non doveva
essere ammessa alla gara indetta dall'Azienda Servizi Ambientali per l'affidamento del servizio di
stesura, compattazione, copertura dei rifiuti, esecuzione di sbancamenti e di trasporto del percolato
relativo alla discarica di un comune.
Consiglio di Stato, Sez. V, 30/4/2009 n. 2765
Il concessionario in house di un servizio pubblico può affidarne, anche in parte, lo svolgimento a
terzi selezionati tramite gara.
Non esiste nell'ordinamento e tanto meno è desumibile dall'art. 118 del D.Lgs. n. 163/2006 in
materia di subappalto, una regola che impone al concessionario in house di un servizio pubblico di
svolgerlo interamente in proprio, con il corrispondente divieto di affidarne, anche in parte, lo
svolgimento a terzi (selezionati tramite gara). Anzi, risulta vigente una regola che obbliga gli
organismi di diritto pubblico (categoria nella quale rientra una società che svolge in house
providing) ad osservare, per i propri affidamenti "a valle", i principi e le norme dell'evidenza
pubblica (art. 3, commi 25 e 26, e 32 del D.Lgs. n. 163/2006).
TAR Toscana, Sez. I, 13/3/2009 n. 417
Sull'art. 13 del D.L. n. 223/06 (c.d. decreto Bersani): ratio legis.
La ratio legis indicata dall'art. 13 del D.L. n. 223/06 nel suo incipit - evitare alterazioni o distorsioni
della concorrenza e assicurare la parità tra gli operatori - trova la sua principale esplicazione nella
precisa delimitazione del ruolo delle società costituite o comunque partecipate dagli enti locali per
la produzione in house di beni e servizi strumentali alla loro attività, delimitazione realizzata
attraverso la imposizione di una corrispondenza soggettiva tra enti pubblici titolari del capitale
sociale, ed esercitanti il c.d. "controllo analogo", ed enti beneficiari delle prestazioni delle società.
37
In breve il significato precipuo della normativa è questo: è ben possibile che gli enti pubblici
possono costituire società in house per lo svolgimento di attività strumentale, e nel far questo
possono sottrarsi alle procedure di gara, però poi le società che ne derivano dovranno operare solo
per gli enti che le hanno generate, non potendo utilizzare il vantaggio che deriva loro da quella
particolare origine, e dallo svolgimento privilegiato delle attività per conto degli enti costituenti, per
partecipare a procedure di affidamento da parte di altri soggetti pubblici in condizione di solo
apparente concorrenza con gli altri operatori economici.
TAR Veneto, Sez. I, 2/2/2009 n. 236
Sulla possibilità di disporre l'affidamento in house solo nel caso in cui il soggetto affidatario ha
l'effettiva possibilità, all'interno del proprio contesto organizzativo, di svolgere con le proprie
risorse il servizio oggetto dell'affidamento medesimo.
L'affidamento in house deve essere disposto allorquando il soggetto affidatario ha l'effettiva
possibilità, all'interno del proprio contesto organizzativo, di svolgere con le proprie risorse il
servizio oggetto dell'affidamento medesimo o, comunque, una sua parte significativamente
consistente. Se, per contro, l'affidatario in house deve a sua volta rivolgersi a soggetti esterni - sia
pure nelle necessarie forme dell'evidenza pubblica quale "organismo di diritto pubblico" a' sensi
dell'art. 2, comma 26, del D.L.vo 12 aprile 2006 n. 163 - per reperire risorse non marginali al fine
dell'espletamento del servizio reso oggetto di affidamento, risulta ben evidente che
l'Amministrazione affidante realizza nei propri confronti non già un vantaggio economico, ma una
vera e propria diseconomia, non solo finanziaria in quanto il costo dello svolgimento del servizio
stesso sarà intuitivamente aggravato dall'intermediazione dell'affidatario c.d. "in house", ma anche per così dire - "funzionale" sotto il profilo dell'efficacia e dell'economicità dell'azione
amministrativa, all'evidenza appesantita dall'ingresso di un soggetto che funge da mero tramite tra
l'Amministrazione affidante e l'imprenditore che materialmente svolge il servizio.
TAR Abruzzo, Sez. L'Aquila, 17/12/2008 n. 1316
Sulla ratio della previsione di cui all’art. 113, c. 15 quater, del T.U. 267/00.
La ratio della disposizione di cui all’art. 113, c. 15 quater, del T.U. 267/00 consiste nel garantire che
le società affidatarie (dirette) del servizio pubblico locale non siano esposte al rischio di essere
estromesse dal mercato di riferimento alla scadenza del rapporto in corso e per tutta la durata degli
affidamenti disposti medio tempore; la previsione normativa, tende infatti, a scongiurare l’insorgere
di siffatto pregiudizio garantendo alle società impegnate nella gestione di servizi pubblici locali le
opportunità connesse alla partecipazione alle prime gare indette al termine della fase transitoria, al
prezzo dell’anticipata cessazione, rispetto alla scadenza naturale, dei rapporti costituiti in base alla
precedente normativa.
38
Società Mista
Legittimità
Consiglio di Stato, Sez. V, 16/3/2009 n. 1555
Societa' miste: il modello delineato dall'art. 113 c. 5 lett. b) del d.lgs. 267/2000 costituisce un
paradigma completo valido' anche al di fuori dei servizi pubblici locali.
Il modello delle società miste è previsto in via generale dall'art. 113 c. 5 lett. b) d.lgs. n. 267 del
2000, come modificato dall'art. 14 d.l. n. 269 del 2003 e dalla relativa legge di conversione, n. 326
del 2003, norme che, pur avendo attinenza ai contratti degli enti locali, delineano un completo
paradigma, valido anche al di fuori del settore dei servizi pubblici locali. E che tale modello valga
anche al di fuori del settore dei servizi, lo si evince dall'art. 1 c. 2 e dall'art. 32 del codice dei
contratti pubblici (d.lgs. n. 163 del 2006), che contemplano il caso di società miste per la
realizzazione di lavori pubblici e per la realizzazione e/o gestione di un'opera pubblica.
Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 3/3/2008 n. 1
Sulla legittimità del modello di società mista.
Il modello di società mista elaborato dalla sez. II del Consiglio di Stato, con il parere n. 456/2007,
rappresenta una delle possibili soluzioni delle problematiche connesse alla costituzione di tali
società e all’affidamento del servizio alle stesse.
Il modello di società costruito con il citato parere n. 456/2007 non è rinvenibile allorchè il socio non
venga scelto mediante procedura a evidenza pubblica nella quale la gestione del servizio sia stata
definita e precisata.
Consiglio di Stato, Adunanza Sezione II, 18/4/2007 n. 456
Sulla possibilità di costituire società miste pubbliche/private per l'erogazione di servizi pubblici.
E' ammissibile l'affidamento diretto ad una società mista pubblico/privata ai sensi dell'art. 113, c. 5,
lett. b), t.u.e.l., a condizione che detta società sia costituita appositamente per l'erogazione di uno o
più servizi determinati, da rendere almeno in via prevalente a favore dell'autorità pubblica che
procede alla costituzione, attraverso una gara che miri non soltanto alla scelta del socio privato, ma
anche - tramite la definizione dello specifico servizio da svolgere in parternariato con
l'amministrazione e delle modalità di collaborazione con essa - allo stesso affidamento dell'attività
da svolgere e che limiti, nel tempo, il rapporto di parternariato, prevedendo allo scadere una nuova
gara.
In altri termini, laddove vi siano giustificate ragioni per non ricorrere ad un affidamento esterno
integrale, appare legittimo configurare, un modello organizzativo in cui ricorrano, quantomeno, due
condizioni
:
- che vi sia una sostanziale equiparazione tra gara per l'affidamento del servizio pubblico e gara per
la scelta del socio, in cui quest'ultimo si configuri come un "socio industriale od operativo", che
concorre materialmente allo svolgimento del servizio pubblico o di fasi dello stesso;
- che si preveda un rinnovo della procedura di selezione "alla scadenza del periodo di affidamento"
(art. 113, c. 5, lett. b), t.u.e.l. in connessione con il successivo c. 12), evitando così che il socio
divenga "socio stabile" della società mista, possibilmente prevedendo che sin dagli atti di gara per la
selezione del socio privato siano chiarite le modalità per l'uscita del socio stesso (con liquidazione
della sua posizione), per il caso in cui all'esito della successiva gara egli risulti non più
aggiudicatario.
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Condizioni
Consiglio di Stato, Sez. V, 16/3/2009 n. 1555
Condizioni che devono sussistere per l'affidamento diretto a una società mista
Le condizioni che devono sussistere affinchè il ricorso ad una società mista, sia legittimo sono:
1) che esista una norma di legge che autorizzi l'amministrazione ad avvalersi di tale "strumento";
2) che il partner privato sia scelto con gara;
3) che l'attività della costituenda società mista sia resa, almeno in via prevalente, in favore
dell'autorità pubblica che ha proceduto alla costituzione della medesima;
4) che la gara (unica) per la scelta del partner e l'affidamento dei servizi definisca esattamente
l'oggetto dei servizi medesimi (deve trattarsi di servizi "determinati");
5) che la selezione della offerta migliore sia rapportata non alla solidità finanziaria dell'offerente,
ma alla capacità di svolgere le prestazioni specifiche oggetto del contratto;
6) che il rapporto instaurando abbia durata predeterminata.
TAR Veneto, Sez. I, 26/3/2009 n. 879
Non è necessaria una seconda gara per l'affidamento diretto di un appalto ad una società mista nel
caso in cui il socio privato è stato scelto con procedura di evidenza pubblica.
In relazione agli affidamenti a società miste, sono due i momenti e le tematiche esaminati dalla
giurisprudenza nazionale: la scelta del socio privato (e contestuale affidamento dell'appalto cui è
finalizzata la costituzione della società) e l'affidamento di ulteriori appalti alla società mista.
In relazione al primo profilo, nel diritto italiano è ormai incontroverso che per la scelta del partner
privato occorra seguire procedure di evidenza pubblica, anche se si tratta di socio di minoranza, con
la conseguenza, che se si è seguita la procedura di evidenza pubblica per la scelta del socio privato,
non occorra ulteriore gara per l'affidamento alla società mista dell'appalto originario cui è
finalizzata la sua costituzione.
La procedura di evidenza pubblica va seguita nel caso di scelta del socio privato di maggioranza in
quanto, la costituzione delle società a capitale pubblico maggioritario per l'affidamento di un
pubblico servizio non si sostanzia nella scelta di un socio qualsiasi, ma nella scelta di un socio
imprenditore, con la conseguenza che essa deve avvenire avvalendosi di quegli strumenti
concorsuali che l'ordinamento ha via via affinato ai fini dell'individuazione del soggetto privato
chiamato a svolgere attività o servizi in favore dell'amministrazione pubblica. Ciò stante,
limitatamente ai servizi originari per i quali è stata costituita la società, è sufficiente una sola
procedura di evidenza pubblica, e cioè quella utilizzata per la scelta dei soci privati, da intendersi
come finalizzata alla selezione dei soci più idonei anche in relazione ai lavori e servizi da affidare
alla società. In sostanza, la mancata osservanza della procedura concorsuale nell'affidamento
dell'appalto è compensata dal rispetto di una procedura di evidenza pubblica per la scelta del socio
privato.
Considerato che una società a capitale misto con capitale pubblico maggioritario è costituita
attraverso procedura ad evidenza pubblica e allo specifico scopo di affidarle i servizi pubblici
dell'Ente locale che la ha costituita, è immediatamente conseguenziale che il relativo affidamento
debba avvenire in modo diretto. Altrimenti opinando, la costituzione di tali società miste non
avrebbe alcuna pratica utilità, mentre la procedura ad evidenza pubblica per l'affidamento dei
singoli servizi costituirebbe un'inutile duplicazione di un procedimento già esperito.
Consiglio di Stato, Sez. V, 13/2/2009 n. 824
Sulla questione se gli appalti pubblici possano essere affidati a società miste in via diretta, o se
occorra seguire procedure di evidenza pubblica.
Sull'inammissibilità di una società mista aperta o generalista cui affidare in via diretta, dopo la sua
costituzione, un numero indeterminato di appalti o di servizi pubblici.
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In merito alla questione se gli appalti pubblici possano essere affidati a società miste in via diretta, o
se occorra seguire procedure di evidenza pubblica, la risposta deve essere differenziata, occorrendo
distinguere l'ipotesi di costituzione di una società mista per una specifica missione, sulla base di una
gara che abbia per oggetto sia la scelta del socio che l'affidamento della specifica missione, e
l'ipotesi in cui si intendano affidare ulteriori appalti ad una società mista già costituita. Con
riferimento al primo caso, a seguito di una complessa evoluzione, la giurisprudenza nazionale (cfr.
da ultimo Cons. St., ad.plen., 3 marzo 2008, n. 1; sez. V, 23 ottobre 2007, n. 5587; sez. II, 18 aprile
2007, n. 456/07) e comunitaria (cfr. Corte giust. CE, sez. I, 11 gennaio 2005, n. C-26/03) è
pervenuta alla conclusione che, nel rispetto di precisi paletti, è sufficiente una unica gara. Nel
secondo caso (che caratterizza il caso di specie), invece, occorre una gara per l'affidamento degli
appalti ulteriori e successivi rispetto all'originaria missione.
Prima del d.lgs. n. 163 del 2006, si preferiva la soluzione secondo cui, limitatamente ai lavori e
servizi specifici e originari, per i quali fosse stata costituita una società mista, fosse sufficiente una
sola procedura di evidenza pubblica, e dunque bastasse quella utilizzata per la scelta dei soci privati,
da intendersi come finalizzata alla selezione dei soci più idonei anche in relazione ai lavori e servizi
da affidare alla società. Tale soluzione è stata sostanzialmente recepita dal d.lgs. n. 163 del 2006
c.d. codice dei contratti pubblici. Dispone infatti l'art. 32, co. 3, del d.lgs. n. 163 cit., che le società
miste non sono tenute ad applicare le disposizioni del medesimo d.lgs. (e dunque non sono tenute a
seguire procedure di evidenza pubblica), limitatamente alla realizzazione dell'opera pubblica o alla
gestione del servizio per i quali sono state specificamente costituite, se ricorrono le condizioni
specificamente indicate dalla norma. Ne discende che la società mista opera nei limiti
dell'affidamento iniziale e non può ottenere senza gara ulteriori missioni che non siano già previste
nel bando originario. Con riferimento alla materia degli appalti e delle concessioni in caso di
partenariato pubblico - privato, anche la Commissione europea, con la comunicazione 5 febbraio
2008, si è mossa lungo la medesima traiettoria argomentativa, affermando che sia sufficiente una
sola procedura di gara se la scelta del partner oggetto di preventiva gara è limitata all'affidamento
della missione originaria, il ché si verifica quando la scelta di quest'ultimo è accompagnata sia dalla
costituzione del partenariato pubblico privato istituzionale (id est attraverso la costituzione di
società mista), sia dall'affidamento della missione al socio operativo.
Non è dunque ammissibile una società mista aperta o generalista cui affidare in via diretta, dopo la
sua costituzione, un numero indeterminato di appalti o di servizi pubblici.
Consiglio di Stato, Sez. V, 28/10/2008 n. 5392
Sulla illegittimità della scelta del socio della costituenda società mista mediante una forma di
negoziazione diretta da parte di un comune.
E' illegittimo il comportamento del Comune, che contraddicendo alle prescrizioni che esso stesso si
era imposto, è venuto meno all'obbligo di porre in essere la procedura concorsuale, che aveva
stabilito di effettuare e ha proceduto alla scelta del socio di minoranza della costituenda società
mista per la gestione dell'impianto di metanizzazione, in base a valutazioni eseguite liberamente
senza la previa fissazione di criteri selettivi.
Consiglio di Stato, Sez. VI, 23/9/2008 n. 4603
Sulla legittimità della costituzione di società miste e sulla necessità di indicare nella gara per la
selezione del socio privato i concreti compiti operativi che la nuova società sarà chiamata ad
assolvere.
Il modello delle società miste è previsto in via generale dall’art. 113 c. 5 lett. b) d.lgs. n. 267 del
2000, norme che, pur avendo attinenza ai contratti degli enti locali, delineano un completo
paradigma, valido anche al di fuori del settore dei servizi pubblici locali. La condizione perché
possa essere ritenuto legittimo il ricorso alla scelta del socio, al fine della costituzione di una società
che divenga affidataria dell’esecuzione dell’opera senza necessità di gara, è che, attraverso la
procedura, non si realizzi un affidamento diretto alla società mista, ma piuttosto un affidamento con
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procedura di evidenza pubblica dell’attività operativa della società mista al partner privato, tramite
la stessa gara volta all’individuazione di quest’ultimo. Il modello, in altre parole, trae la propria
legittimità dalla circostanza che la gara ad evidenza pubblica per la scelta del socio privato abbia ad
oggetto, al tempo stesso, l’attribuzione dei compiti operativi e quella della qualità di socio.
Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Sicilia, 2/4/2008 n. 14
Sulle condizioni legittimanti l’affidamento diretto ad una società mista.
L’affidamento diretto ad una società mista può operare laddove vi sia stata, oltre ad una procedura
di evidenza pubblica per la scelta del socio privato, anche, e al tempo stesso, una procedura che
definisca il servizio operativo da affidare direttamente al medesimo socio. È evidente la ratio di
questa corrente di pensiero: se l’amministrazione, in sede di procedura di evidenza pubblica per la
scelta del socio privato, fissa con chiarezza e trasparenza anche l’oggetto del servizio che la società
mista dovrà realizzare, appare coerente con i principi di libera concorrenza evitare una successiva
ed ulteriore gara per l’affidamento del servizio, nel presupposto che tale valutazione è già stata
effettuata in favore del socio privato. Prevedendo, inoltre, una scadenza del periodo di affidamento
e che, a tal riguardo, siano chiarite le modalità di uscita dello stesso socio privato dalla società
mista, allo scopo di evitare che possa divenire un socio stabile della società. Tale orientamento,
basato sulla fungibilità tra contratto di appalto e contratto sociale, rappresenta un ottimo
compromesso tra le esigenze di partenariato pubblico e privato, proprie della potestà organizzativa
dell’amministrazione pubblica, rispetto alle esigenze della comunità europea di tutela dei principi di
libera concorrenza volti a prevenire eventuali distorsioni del mercato.
Consiglio di Stato, Sez. V, 4/3/2008 n. 889
Sulla necessità per la p.a. di far ricorso a procedure di evidenza pubblica ogniqualvolta debba
scegliere un socio privato per la costituzione di una società mista, indipendentemente dal tipo di
attività che tale società debba espletare.
Un’amministrazione pubblica è tenuta a seguire le procedure di evidenza pubblica ogniqualvolta
debba scegliere un socio privato per la costituzione di una società mista, indipendentemente dal tipo
di attività che tale società debba espletare (servizi pubblici locali, attività di produzione di beni o
servizi nel pubblico mercato, ecc.).
Il principio fondamentale dell’attività contrattuale della pubblica amministrazione è contenuto
nell’art. 3 del R.D. 18..11.1923 n. 2440, il quale prevede che ogni contratto della p.a. da cui derivi
un’entrata o una spesa deve essere preceduto da una gara, salvo che non ricorrano le ipotesi
eccezionali in cui si possa far ricorso alla trattativa privata. Tra i contratti in questione rientrano
anche quelli di società, perché dagli stessi derivano spese (conferimenti) ed entrate (eventuali utili).
Consiglio di Stato, Sez. V, 18/9/2007 n. 4862
Una società mista destinataria di un affidamento diretto ex art. 22 l. n. 142/1990 non deve
necessariamente essere sorta per gestire un solo determinato servizio.
L'art. 22 della l. n. 142 del 1990, alla lett. e), sostituita dall'art. 17, c. 58, della l. 15.5.1997, n. 127
(normativa oggi sostituita dall'art. 114 bis, c. 3, del D.P.R. n. 267 del 2000), che consente
l'affidamento diretto di servizi pubblici a società miste costituite o partecipate dall'ente titolare del
servizio, non impone affatto che la società destinataria dell'affidamento diretto, costituita ad hoc o
solo partecipata, debba necessariamente essere sorta per gestire un solo determinato servizio.
Consiglio di Stato, Sez. VI, 20/2/2007 n. 919
Nella scelta del socio privato la p.a. può riservarsi ampie valutazioni discrezionali.
In una gara indetta per la scelta del socio privato di una società mista, è legittima la clausola del
bando in cui l'amministrazione si riserva di negoziare in contraddittorio con il soggetto prescelto
diverse ed ulteriori condizioni per la partecipazione alla società deputata alla gestione degli impianti
di potabilizzazione, come pure si riserva di non procedere, a suo insindacabile giudizio, alla
individuazione di alcun socio senza che i concorrenti possano avanzare pretese al riguardo. Nella
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scelta di un socio di una s.p.a. pubblica, infatti, l'amministrazione può ben riservarsi ampie
valutazioni discrezionali, decidendo di non vincolarsi a rigidi schemi di evidenza pubblica.
Conseguentemente, è legittima la revoca della procedura costituendo un atto previsto dallo stesso
bando di gara, che si inserisce all'interno della sequenza procedimentale.
Limiti di operatività
Consiglio di Stato, Sez. V, 16/6/2009 n. 3845
E' illegittima la partecipazione ad una procedura per l'assegnazione della farmacia comunale di
una società che è stata istituita esclusivamente per la gestione della farmacia comunale di un altro
comune.
Deve essere esclusa da una gara per l'affidamento, con il criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa, del servizio di gestione della farmacia comunale una società che è stata istituita
esclusivamente per la gestione della farmacia comunale di un altro comune con conseguente
vincolo territoriale ostativo alla partecipazione a procedure relative ad altri ambiti territoriali.
La disciplina costitutiva della società, nel caso di specie, infatti, non si limita ad una mera
enunciazione esemplificativa delle attività istituzionali ma stabilisce un puntuale vincolo di scopo
che conduce ad un conseguenziale limite territoriale di azione. La perentorietà di tale vincolo
funzionale ed operativo, sancita dalla delibera costituiva e dalla normativa statutaria, rende
irrilevante l'insussistenza di un superfluo divieto esplicito di partecipazione alle gare indette da altro
comune per assumere l'esercizio e la gestione di altra farmacia comunale.
Consiglio di Stato, Sez. V, 25/8/2008 n. 4080
Sui limiti per lo svolgimento di attività extraterritoriale delle società miste: necessità di dimostrare
di non sottrarre risorse alle collettività di riferimento.
Le società miste, pur legittimate in via di principio a svolgere la propria attività anche al fuori del
territorio del comune dal quale sono state costituite, in quanto munite dal legislatore di capacità
imprenditoriale sono pur sempre tenute, per il vincolo genetico-funzionale che le lega all’ente di
origine, a perseguire finalità di promozione dello sviluppo della comunità locale di emanazione.
Tale vincolo funzionale implicitamente imposto alle imprese miste va confrontato con l’impegno
extraterritoriale richiesto in concreto e inibisce tale attività quando diventino rilevanti le risorse e i
mezzi eventualmente distolti dalla attività riferibile alla collettività di riferimento senza apprezzabili
utilità per queste ultime. Si tratta, in definitiva, di verificare che l’impegno da assumere non
comporti una distrazione di mezzi e risorse tali da arrecare pregiudizio alla predetta collettività, in
sostanza la necessità di una concreta verifica intesa ad accertare se l’impegno extraterritoriale
eventualmente non distolga, e in caso positivo in che rilevanza, risorse e mezzi, senza apprezzabili
ritorni di utilità (anch’essi da valutarsi in relazione all’impegno profuso e agli eventuali rischi
finanziari) per la collettività di riferimento. Tale verifica non può che ritenersi rimessa alle
commissioni giudicatrici delle gare quando a queste chiedano di partecipare società miste. La
capacità, in termini di mezzi tecnici e finanziari, della società mista ad assumere, in aggiunta a
quelle derivanti dal servizio svolto per l’ente di riferimento, anche il servizio oggetto della specifica
gara alla quale chiede di partecipare, attiene alla legittimazione della società a partecipare alla gara
ed assume quindi la valenza di un requisito soggettivo che, in quanto tale, deve essere assoggettato
a verifica come avviene per altri requisiti soggettivi. La prova di tale requisito soggettivo, secondo i
principi stessi della partecipazione alle gare, incombe sull’aspirante.
Consiglio di Stato, Sez. VI, 11/7/2008 n. 3499
Sulla legittimità della partecipazione di una società mista alla gara bandita dalla stessa
amministrazione aggiudicatrice che ne è socia.
E’ legittima la partecipazione di una società mista alla gara bandita (nel caso di specie, per
l’affidamento della concessione del servizio di distribuzione del gas) dalla stessa amministrazione
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aggiudicatrice che ne è socia. La giurisprudenza sia nazionale che comunitaria ha affermato in più
occasioni che la compartecipazione societaria dell’amministrazione aggiudicatrice alla società
concorrente non determina alcuna automatica violazione dei principi concorrenziali e di parità di
trattamento. Una limitazione a carico delle società miste a partecipazione pubblica alle gare si
porrebbe, anzi, in contrasto con i principi dell’ordinamento comunitario, il quale esige che le
imprese pubbliche abbiano possibilità di agire in regime di parità di trattamento con la imprese
private. Le garanzie offerte dalla procedura dell’evidenza pubblica valgono, infatti, ad escludere che
la partecipazione all’interno della società da parte dell’ente pubblico che bandisce la gara possa
rappresentare, di per sé, un fattore distorsivo della concorrenza e, quindi, offrire alla società
partecipata un illegittimo vantaggio a scapito delle altre imprese. Pertanto, in assenza di prove in
ordine a specifiche violazione delle regole di evidenza pubblica, deve escludersi che la mera
partecipazione dell’ente pubblico ad una società concorrente rappresenti un elemento tale da
pregiudicare la regolarità della gara.
TAR Lazio, Sez. III, 30/6/2008 n. 6333
Sulla legittimità alla partecipazione di una gara di una società mista operante come soggetto
autonomo nel mercato dei servizi pubblici locali.
E' legittima la partecipazione alla gara, nel caso di specie, di una società mista, in ATI con un'altra
società, in quanto il divieto di cui all'art. 13 del DL 4.7.06 n. 223, si riferisce unicamente alle
società pubbliche o miste costituite unicamente per produrre beni o servizi strumentali all'attività
dell'amministrazione che partecipa al capitale sociale, le quali, pertanto, sotto tale aspetto
costituiscono una sorta di articolazione funzionale dell'ente pubblico di riferimento. Nella specie, la
società mista (Hera spa) anche se partecipata da n.115 comuni e da alcune province, ha una parte
del proprio capitale sociale quotato in borsa ed un azionariato diffuso tra privati, e costituisce una
realtà imprenditoriale totalmente svincolata in relazione alla sua attività dalle amministrazioni
pubbliche partecipanti al capitale sociale, in quanto non svolge attività strumentale ai compiti
istituzionali delle suddette amministrazioni, ma opera come soggetto autonomo nel mercato dei
servizi pubblici locali, come si evince ictu oculi dallo statuto.
TAR Abruzzo, Sez. Pescara, 11/3/2008 n. 164
Sull’illegittimità dell’affidamento del servizio relativo all’igiene urbana ad una società mista
preesistente non appositamente costituita per quella specifica attività.
L’indirizzo espresso dalla giurisprudenza comunitaria risulta compatto nel senso di giudicare
illegittimo l’affidamento di servizi a società preesistenti e non appositamente costituite per quella
specifica attività e che non è sufficiente che i soci privati siano stati selezionati con gara,
occorrendo anche che tale scelta sia stata effettuata previa predeterminazione delle finalità proprie
della società al momento della scelta dei soci.
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Società strumentale
Definizione e caratteri
Consiglio di Stato, Sez. V, 12/6/2009 n. 3766
Sul divieto previsto dall'art. 13 c. 1, d.l. 4 luglio 2006 n. 223 e sulla definizione di società
strumentali.
Possono definirsi strumentali all'attività delle amministrazioni pubbliche regionali e locali, con
esclusione dei servizi pubblici locali, tutti quei beni e servizi erogati da società a supporto di
funzioni amministrative di natura pubblicistica di cui resta titolare l'ente di riferimento e con i quali
lo stesso ente provvede al perseguimento dei suoi fini istituzionali.
Le società strumentali sono, quindi, strutture costituite per svolgere attività strumentali rivolte
essenzialmente alla pubblica amministrazione e non al pubblico, come invece quelle costituite per la
gestione dei servizi pubblici locali che mirano a soddisfare direttamente ed in via immediata
esigenze generali della collettività.
Il divieto di svolgere attività per soggetti diversi dall'ente costituente o partecipante prescritto
dall'art. 13 c. 1, d.l. 4 luglio 2006 n. 223, convertito con modificazioni nella l. 4 agosto 2006 n. 248,
non opera nei confronti della società a capitale pubblico affidataria di servizi pubblici locali.
Corte Costituzionale, 1/8/2008 n. 326
Sull’infondatezza della q.l.c. dell'art. 13 del d.l. n. 223/06 (c.d. decreto Bersani) che impone alcune
limitazioni alle società partecipate da Regioni ed enti locali per lo svolgimento di funzioni
amministrative o attività strumentali alle stesse
E’ infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223,
recante «Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la
razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto
all'evasione fiscale», (c.d. decreto Bersani) convertito, con modificazioni, dalla l. 4 agosto 2006, n.
248, che impone alcune limitazioni alle società partecipate da Regioni ed enti locali per lo
svolgimento di funzioni amministrative o attività strumentali alle stesse, con riferimento all'art. 117
Cost.
TAR Lazio, Sez. III, 21/3/2008 n. 2514
Sulla definizione di società strumentali ex art. 13, co. 1, d.l. 223/06, conv. in l. 248/06 (c.d. decreto
Bersani). Sui poteri della commissione di gara in sede di verifica di anomalia dell’offerta.
Le società ricadenti nel divieto di cui all’art.13 co. 1, d.l. 223/06, conv. in l. 248/06 sono quelle
partecipate da regioni o enti locali che risultano essere strutture costituite per svolgere attività
finalizzate alla produzione di beni e servizi da erogare a supporto di funzioni amministrative di
natura pubblicistica di cui resta titolare l'ente di riferimento e con i quali lo stesso ente provvede al
perseguimento dei suoi fini istituzionali, e sono rivolte, quindi, essenzialmente alla pubblica
amministrazione e non al pubblico, diversamente dalla società costituite per la gestione dei servizi
pubblici locali che mirano a soddisfare direttamente in via immediata esigenze generali della
collettività.
Nel caso di specie, poiché è pacifico che l’ATI Asmea opera in mercati completamente liberalizzati
in concorrenza con molteplici imprese è evidente che non può essere ricompresa nella tipologia di
società cui si riferisce il divieto dell’art.13. Per quanto concerne l’ASM Brescia è tranciante, al fine
di escludere l’applicazione nei confronti della stessa del ripetuto divieto, la circostanza che la
suddetta società opera nel comparto delle gestione dei servizi pubblici locali ovunque e da chiunque
richiesti.
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Limiti di operatività
Consiglio di Stato, Sez. V, 15/5/2009 n. 3001
Sull'interpretazione dell'art. 13, c. 4, del cd. decreto Bersani (d.l. 4 luglio 2006 n. 223).
La sanzione della nullità prevista nell'art. 13, c. 4, del d.l. n. 223/2006 (c.d. decreto Bersani),
colpisce i contratti scaturiti da una procedura ad evidenza pubblica svoltasi in epoca in cui era già
cogente il divieto normativo, altrimenti non troverebbe giustificazione plausibile la previsione di cui
al c. 3 del citato art. 13, la quale delinea un procedimento di graduale conformazione da compiersi a
mezzo della cessione a terzi delle attività non consentite, ovvero la costituzione di separate società
da allocare sul mercato. La lettura interpretativa dell'art. 13, c. 4, del d.l. n. 223/2006, nel senso
anzidetto si evince, inoltre, dal contenuto della modifica apportata al c. 4 dell'art. 13 dal c. 720
dell'art.1 della l. 27 dicembre 2006 n. 296, secondo cui "restano validi, fatte salve le prescrizioni di
cui al c. 3, i contratti conclusi dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, ma in esito a
procedure di aggiudicazione bandite prima della predetta data" . E' evidente, infatti, che il
legislatore ha inteso far chiarezza una volta per tutte introducendo una disposizione che, in quanto
di natura interpretativa, ha efficacia retroattiva e dunque si applica a tutte le fattispecie - ivi
comprese quella che forma oggetto del caso di specie - in cui le procedure sono state bandite prima
ma i relativi contratti sono stati stipulati dopo l'entrata in vigore del decreto suddetto.
L'art. 13 del dl. 223/2006, nel rendere definitivamente cogente per le società miste il principio di
esclusività nel rapporto di committenza con gli enti costituenti o affidanti, ha implicitamente
suggellato, con carattere generale, il suo corollario, e cioè che le stesse devono necessariamente
operare intra moenia.
TAR Liguria, Sez. II, 9/1/2009 n. 39
Sull’inapplicabilità del divieto di cui all’art. 13 D.L. n. 223/2006 (c.d. decreto Bersani) per le
forme di partecipazione societaria indiretta o mediata.
Il divieto di cui all’art. 13 D.L. n. 223/2006 (c.d. decreto Bersani) di svolgere prestazioni a favore di
soggetti diversi dagli enti pubblici costituenti, partecipanti o affidanti non si estende alle forme di
partecipazione indiretta o mediata. Tale divieto è riferito solo per le società "a capitale interamente
pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali": infatti,
il riferimento al capitale sociale ed alla figura della costituzione e della partecipazione evoca
chiaramente la necessità che l’ente locale sia socio, come tale titolare di una partecipazione al
capitale sociale. A sostegno di tale interpretazione si sottolinea che il legislatore, diversamente da
altri casi in cui parimenti si trattava di vietare la partecipazione alle gare di determinate società a
tutela dei valori della par condicio e della concorrenza (cfr., per esempio, l’art. 34 c. 2 e 90 c. 8 del
D. Lgs. n. 163/2006), non ha fatto alcun riferimento alle figure del controllo e del collegamento
societario ex art. 2359 c.c., idonee a ricomprendere nello specchio applicativo della norma anche le
società di terza generazione.
Consiglio di Stato, Sez. VI, 7/10/2008 n. 4829
Il divieto di cui all'art. 13 del DL n. 223/2006 (c.d. decreto Bersani) opera anche nel caso che la
partecipazione dell'ente locale ad una società sia meramente indiretta.
Il divieto di cui all'art. 13 del DL n. 223/2006, conv. in legge n. 248/2007, è stato interpretato dalla
prevalente giurisprudenza amministrativa in modo conforme alla ratio del medesimo, che è quella,
illustrata nell'incipit della citata disposizione, di "evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza
e del mercato e di assicurare la parità degli operatori".
Non può, pertanto, considerarsi rilevante, ai fini della non ricorrenza del divieto previsto dalla citata
disposizione "la circostanza che la partecipazione dell'ente locale alla società sia meramente
indiretta, come nel caso di specie. Infatti, ammettere che i vincoli posti dalla norma speciale
riguardino esclusivamente le partecipazioni dirette degli enti pubblici alle società di cui trattasi,
varrebbe a sostenere che i vincoli stessi possano agevolmente essere aggirati mediante meccanismi
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di partecipazioni societarie mediate. Al contrario, anche nelle società c.d. di terzo grado, come nel
caso in esame, individuandosi, con detta definizione, quelle società che non sono state costituite da
amministrazioni pubbliche e non sono state costituite per soddisfare esigenze strumentali alle
amministrazioni pubbliche medesime, rimane pur sempre il rilievo che l'assunzione del rischio
avviene con una quota di capitale pubblico, con ciò ponendo in essere meccanismi potenzialmente
in contrasto con il principio della par condicio dei concorrenti. L'interpretazione anzidetta trova
ulteriore e indiretta conferma nel c.3 del medesimo art. 13 suindicato, laddove il legislatore ha
previsto un regime transitorio, durante il quale le società pubbliche o miste dovranno dismettere in
particolare le loro partecipazioni in altre società".
TAR Sardegna, sez. I, 11/7/2008 n. 1371
Sull’applicabilità del divieto previsto dall’art. 13 del d. Bersani per le società miste che hanno
come oggetto sociale esclusivo i servizi strumentali e per quelle che hanno come oggetto sociale sia
servizi strumentali che servizi pubblici locali.
Le società miste che hanno per oggetto la gestione dei servizi pubblici locali, pur non rientrando in
via diretta nell’ambito di applicazione del secondo comma dell’art. 13, d.l. n. 223/2006, convertito
nella l. n. 248/2006 devono avere oggetto sociale esclusivo. Se, infatti, sono assoggettate a tale
prescrizione le società di cui al c. 1, dell'art. 13 cit., ossia le società che svolgono (attività di
produzione di beni e) servizi strumentali, le quali pertanto non possono comprendere nel loro
oggetto sociale lo svolgimento di servizi pubblici locali, ne deriva come conseguenza che anche le
società miste, le quali intendano dedicarsi alla gestione di questi ultimi, devono prevedere quale
loro oggetto sociale esclusivo la gestione dei servizi pubblici locali. Pertanto, alle procedure di gara
pubbliche (indette da soggetti diversi da «gli enti costituenti o partecipanti o affidanti») non
possono partecipare né le società miste che hanno come oggetto sociale (esclusivo) i servizi
strumentali né le società miste che hanno come oggetto sociale sia servizi strumentali che servizi
pubblici locali, in quanto le società in questione per il fatto della presenza di soggetti pubblici nella
struttura della partecipazione societaria, sono in grado di provocare quelle «alterazioni o distorsioni
della concorrenza e del mercato e di (alterare) la parità degli operatori», che le norme di cui all’art.
13, commi 1 e 2, intendono evitare.
Consiglio di Stato, Sez. IV, 5/3/2008 n. 946
Sulla legittimità dell’esclusione da una gara di una società a capitale misto privato e pubblico,
costituita dal comune ed avente come oggetto sociale "attività di supporto" all’amministrazione
comunale.
E’ legittima l'esclusione di una società mista da una gara per l’affidamento di un servizio in
applicazione dell'art. 13 del d.l. n. 223 del 2006 (c.d. decreto Bersani), come modificato dalla legge
di conversione 4 agosto 2006, n. 248, trattandosi di una società a capitale misto privato e pubblico,
costituita dal comune ed avente come oggetto sociale "attività di supporto" all’amministrazione
comunale, che in base alla norma succitata preclude in radice la possibilità di svolgere prestazioni a
favore di altri soggetti pubblici o privati anche a seguito di gara, con comminazione della nullità dei
contratti eventualmente conclusi in tal senso dopo la data di entrata in vigore della normativa in
discorso (4 luglio 2006).
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