Teatro San Carlo di Napoli "La serva padrona" di Pergolesi

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Teatro San Carlo di Napoli "La serva padrona" di Pergolesi
Napoli, Teatro San Carlo, Stagione Lirica 201o-2011
"LA SERVA PADRONA"
Intermezzo in due parti su libretto di Gennarantonio Federico
Musica di Giovanni Battista Pergolesi
revisione critica di Ivano Caiazza
Serpina ALESSIA GRIMALDI
Uberto DOMENICO COLOAIANNI
Vespone RAFFAELLO CONVERSO
Elementi dell'orchestra del Teatro "San Carlo" di Napoli
Direttore Giovanni Battista Rigon
Regia, drammaturgia e spazio scenico Mariano Bauduin
Costumi Marianna Carbone
Maestro al cembalo Roberto Moreschi
Napoli, 30 gennaio 2011
Nu pianefforte 'e notte sona, luntanamente, e 'a museca se sente pe ll'aria suspirà! Con questa
suggestione da canzone partenopea poteva benissimo avere il suo esordio la Serva Padrona
dal sopratitolo di “Intrattenimento a casa Di Giacomo” andata in scena nel Foyer del Teatro
San Carlo con elementi dell' Orchestra del San Carlo di Napoli diretta dal M° Giovanni
Battista Rigon; un arredamento in stile tardo 800, mobili e suppellettili di gusto retro quasi
ammassati in una soffitta e in fondo un vecchio pianoforte verticale, di quelli irrimediabilmente
scordati o, se non lo sono, con un suono velato e cisposo (ma non in questo caso)…ecco un
chitarrista (Edo Puccini) suonare mollemente nella penombra accompagnato dal pianista, e
poi, dopo un duettare in una melodia delle voci di soprano e basso, ecco l’inaudita sinfonia
de La Serva Padrona di G.B. Pergolesi che secondo la revisione critica di Ivano Caiazza,
doveva preludiare all’intermezzo. Il capolavoro dello jesino in chiave napoletana non poteva
avere una messa in scena più azzeccata: le schermaglie tra Serpina e Uberto in versione
cortometraggio comico cinematografico, e un Uberto con tanto di paglietta e caramella, una
Serpina in tenuta da “cammarera” sfiziosa e spiritosa. Le gags esilaranti avevano un sicuro
effetto: nulla di stucchevole o scontato.
I due attori – cantanti, il soprano Alessia Grimaldi e il basso Domenico Colaianni non hanno
nulla che invidiare a grandi attori di prosa; anche gli occhi esprimevano e sprizzavano comicità
e
pertinenza all’azione. Novità assoluta rispetto alla consueta versione della Serva
pergolesiana è lo sbalzo canoro messo in atto nel personaggio (altrimenti muto e mimico) di
Vespone: quello dell’edizione al San Carlo era un Vespone - Raffaello Converso - cantante
dalla bella e ampia voce di tenore (anche se in alcune note acute ricorreva al falsetto) e gran
suonatore di chitarra e mandolino. A lui erano affidate alcune scene che nell’operina hanno
funzionato da “ intermezzo nell’intermezzo”; e a ben vedere la natura della Serva Padrona può
benissimo sopportare tali aggiunte che peraltro sono costituite in questo caso da musiche
pergolesiane come la siciliana “Chi disse ca la femmina sa cchiù ‘e farfariello”, aria che
nell’altro capolavoro, “Lo Frate ‘nnamurato”, è cantata dalla serva Vannella, ed eseguita qui
nell’arrangiamento di Mimmo Napolitano. Converso si è dimostrato anche ottimo attore e
spalla dei due protagonisti e che risate quando compare alla fine travestito da carabiniere!
L’esecuzione dell’operina era comunque nel pieno rispetto della partitura originaria con tanto
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di da capo variati in modo chiaro ed elegante: le voci dei due protagonisti ampie e ben
proiettate nella sala più lunga che larga del foyer del San Carlo, hanno giocato le loro carte
sulla dizione perfetta ed espressiva; l’Uberto di Colaianni, anche se non fornito del sepolcrale
mi bemolle basso dell’aria Son imbrogliato io già (ma è proprio come andare a cercare il pelo
nell’uovo) è uno dei più affascinanti interpreti del ruolo che io abbia mai visto e sentito: burbero
e tenero allo stesso tempo ha trovato la giusta verve del personaggio senza scadere nel
guittesco e rendendo credibile la tenerezza per Serpina, che dal canto suo, è stata
splendidamente interpretata dalla Grimaldi con una vocalità presente in tutta la gamma, anche
(cosa non frequente) quella medio grave; e finalmente un soprano lirico interpretare Serpina,
appannaggio di tanti sopranini leggeri dal peso-piuma! L’uso del mandolino per l’aria A Serpina
penserete ha aperto una nuova strada interpretativa della lettera pergolesiana secondo lo
spirito dell’opera buffa. Mille allusioni e rimandi al mondo lirico e alle consuetudini della prosa
e del cinema di genere costellavano le evoluzioni sceniche dei tre salutate alla fine dagli
applausi unanimi di un pubblico contento e soddisfatto da tutte le componenti in gioco. Il finale è
stato quello alternativo tratto dal Flaminio dello stesso autore: Mi sta per te nel core. La regia,
drammaturgia e lo spazio scenico erano curati da Mariano Bauduin e i costumi da Marianna
Carbone, il Maestro al Cembalo era Roberto Moreschi. Foto Francesco Squeglia - Teatro San
Carlo di Napoli
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