perché l`acido nitrico scioglie il rame?

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Antonio Toffoletti
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CORSO DI PERFEZIONAMENTO
“METODOLOGIA E DIDATTICA DELLA CHIMICA”
A.A. 2011-2012
Materiale di supporto inviato dal Prof. Antonio Testoni - Ferrara
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Noi riteniamo che l’educazione scientifica debba consistere in un processo di costruzione di conoscenza che, partendo da modi di guardare
ai fenomeni naturali caratteristici della conoscenza comune, porti
gradualmente e sempre più consapevolmente gli allievi ad appropriarsi di nuovi modi di guardare il mondo, caratteristici della
conoscenza scientifica. Tale costruzione deve avere innanzitutto un
valore culturale, cioè consentire il raggiungimento esplicito di una
visione della Scienza come una delle tante forme di conoscenza
elaborate dalla specie umana nel corso della sua storia,
caratterizzata
da
finalità
e
descrizione/interpretazione della realtà.
2
metodi
specifici
di
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“In molti ambiti scientifici si possono interpretare i fenomeni secondo
una varietà di livelli di raffinatezza, tutti quanti utili sotto qualche
profilo […] Per gli alunni che trovano difficoltà a capire le idee
teoretiche delle scienze è forse necessario riconsiderare il livello a
cui si presenta la teoria. […] Dal punto di vista degli alunni è forse
preferibile possedere un modello che funziona nell’interpretazione
dei fenomeni, anche se lo si dovrà modificare più avanti, piuttosto
che dover imparare delle idee più raffinate che servono solo a
confondere. Ci sono coloro che si opporranno ad una simile indicazione, argomentando che non dovremmo insegnare mai nulla che
debba essere «disappreso» in seguito. La mia risposta sarebbe che
quest’ultima concezione semplicemente non rispecchia molto della
nostra
esperienza, sia
per
quanto
riguarda
i contesti di
apprendimento formale che le situazioni quotidiane. Noi siamo posti
continuamente in situazioni nelle quali dobbiamo rivedere, sviluppare
o scartare delle idee alla luce di nuovi dati. La sfida a cui siamo
posti di fronte nell’educazione scientifica consiste nel dover
presentare agli alunni le teorie in modo tale che le possano capire
senza prenderle però come verità immutabili.”
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R. Driver “L'allievo come scienziato?” Zanichelli
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Se si vuol costruire un percorso didattico che sia culturalmente significativo, cioè volto alla costruzione di significati e non solo alla
conoscenza
di
leggi,
teorie,
modelli,
soprattutto
quando
l'insegnamento scientifico diventa disciplinare, la storia della scienza
costituisce un riferimento importante (non l'unico!) nell'insegnamento
delle scienze.
Perché il dare i risultati della scienza senza il complesso dei
procedimenti che vi hanno condotto vuol dire travisarne il senso,
svuotarne il significato e, conseguentemente, non permetterne l'effettiva comprensione. Significato che può essere compreso se si ricostruisce il contesto teorico e sperimentale nel quale quei concetti
sono nati (i quadri teorici che hanno reso possibile l’enucleazione del
problema).
Tutto ciò non significa sostituire l’insegnamento
tradizionale delle scienze con la storia delle scienze, ma utilizzare
momenti e aspetti della storia delle scienze e dell’epistemologia
particolarmente adatti per collocare problemi, ipotesi e soluzioni
nella giusta cornice.
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“In un momento in cui la veemente irrazionalità diffusa sul pianeta
insidia il destino stesso della cultura occidentale, le scienze e la
storia del loro sviluppo restano forse la testimonianza migliore della
capacità di ragionare dell’umanità, e di conseguenza se non ci
preoccuperemo di comprendere e rivendicare con orgoglio la nostra
storia,
non
avremo
reso
pienamente
giustizia
alle
nostre
responsabilità di scienziati e di insegnanti [...] La prova più
convincente
del
potere
della
mente
umana
di
progredire,
individualmente e collettivamente, dall’ignoranza e dal disordine a
una concezione del mondo assennata, condivisibile e dimostrabile quel trionfo del potenziale razionale dell’uomo di cui la scienza è una
testimonianza eloquente - è stata in pratica sabotata dal modo in cui
viene presentata, che denuncia la nostra riluttanza ad onorare gli
imperativi della ragione [...] Neppure una volta ci è stata proposta
l’idea liberatrice che le scoperte ed i metodi stessi della scienza sono
il risultato di un processo storico mediante cui dei semplici esseri
umani cercano il senso e smascherano il non senso, e che il
potenziale per portare avanti tale processo è in ciascuno di noi.”
(G. Holton, Scienza educazione e interesse pubblico, Società Editrice Il Mulino)
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“Dai tempi di Dalton, cioè da due secoli, la chimica fa uso di due
livelli di descrizione della materia: il livello macroscopico, o
fenomenologico, delle proprietà e delle trasformazioni delle sostanze,
e il livello microscopico (o più esattamente submicroscopico) degli
atomi e delle molecole. I chimici si sono da tempo adattati a questa
duplicità di livelli, sviluppando una forma mentis che consente loro di
passare con naturalezza da un livello all'altro pur tenendoli ben
distinti. Ma ciò non è affatto ovvio per gli studenti che si avvicinano
per la prima volta alla chimica, specialmente se sono molto giovani
... soprattutto quando l'insegnamento è fortemente sbilanciato a
favore del livello microscopico come avviene molto spesso nelle
scuole italiane …”
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L'atomismo daltoniano costituì la base concettuale della teoria
chimica dell'Ottocento, ma il termine «atomismo» va precisato con il
termine «chimico» e distinto dall'atomismo «fisico», occorre cioè
separare le discussioni filosofiche sulla struttura ultima della materia
dai criteri utilizzati per costruire le formule delle sostanze ... In
conclusione, l'atomismo chimico costituì la base teorica per
assegnare i pesi relativi agli atomi degli elementi ed attribuire le
formule molecolari ai composti e come tale venne accettato, mentre
l'atomismo fisico fu oggetto di innumerevoli controversie.
Controversie che, comunque, non risparmiarono anche l'atomismo
daltoniano, tant'è che, alla fine del XIX secolo, eminenti scienziati
nutrivano ancora forti dubbi circa l'esistenza degli atomi e delle
molecole1.
1
W. Ostwald (1853-1932) riteneva che l'atomismo non fosse altro che “una comoda ipotesi da non prendere troppo alla
lettera”; Lord Kelvin (1824-1907) sosteneva che si dovesse rifiutare “la mostruosa assunzione di pezzi di materia
infinitamente duri ed infinitamente rigidi”; E. Mach (1838-1916) asseriva che si “dovesse porre fine all'abitudine,
impropria e fuorviante di costruire teorie che facevano ricorso ad enti non osservabili, come lo erano appunto gli atomi...
Teorie di questo genere sono espedienti provvisori che vanno sostituite con altre più vicine alla realtà” e sulla stessa linea
di pensiero si muoveva anche P. Duhem (1861-1916).
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La teoria Lavoisieriana dell’acidità
Nel 1776 Lavoisier enunciò per la prima volta la sua teoria dell’acidità,
secondo la quale tutti gli acidi sono composti da una sostanza specifica,
caratteristica per ciascuno di essi, e da ossigeno.
« (...) Ho fatto vedere, nel primo volume dei miei opuscoli fisici e
chimici, che, quando si brucia del fosforo di Kunckel sotto una
campana di vetro capovolta nell’acqua, 1/5 circa dell’aria contenuta
sotto la campana era assorbita; che ciò che si trova in meno
nell’aria si trovava in più nell’acido fosforico che risultava dalla
combustione, e ne ho concluso che questo acido era in gran parte
composto di aria o, almeno, di una sostanza elastica contenuta
nell’aria. Poiché gli stessi fenomeni hanno luogo esattamente nella
combustione dello zolfo e nella formazione dell’acido vetriolico, ho
ugualmente diritto di concludere che l’aria entra nella composizione
di quest’ultimo acido. Questi primi passi mi hanno fatto riflettere
sulla natura degli acidi in generale e, esaminando le circostanze
della loro formazione e della decomposizione, ho ipotizzato che tutti
fossero composti in gran parte di aria; che questa sostanza era
comune a tutti e che essi fossero differenti gli uni dagli altri per
l’addizione di differenti principi particolari per ciascun acido. Ciò
che all’inizio non era che una congettura assai verosimile, si è ben
presto trasformata in certezza, quando ho applicato l’esperienza alla
teoria; e sono oggi nella condizione di affermare che non solamente
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l’aria, ma per la precisione, la porzione più pura dell’aria, entra
nella composizione di tutti gli acidi senza eccezione; che è questa
sostanza che determina la loro acidità, al punto che si può, a
volontà, togliere loro o rendere la qualità di acido, togliendo o
dando loro la porzione d’aria essenziale alla loro composizione.
Non essendo i metodi di decomposizione e di preparazione gli stessi
per tutti gli acidi, tratterò di ciascuno di essi in altrettanti articoli
specifici; inizio oggi con quello dell’acido nitrico, poiché è quello di
cui è maggiormente importante conoscerne la natura e la
composizione … Comincerò, prima di entrare in argomento, con
l’avvertire il pubblico che una parte delle esperienze contenute in
questo
articolo
non
mi
appartengono;
potrebbe
essere,
rigorosamente parlando, che non ce n’è nessuna di cui M. Priestley
non potrebbe attribuirsi la prima idea; ma poiché gli stessi fatti ci
hanno condotto a delle conseguenze diametralmente opposte, spero
che, se mi si rimprovererà di aver preso delle prove dalle opere di
questo celebre fisico, nessuno mi contesterà la proprietà delle
conclusioni. »
A. Lavoisier, Mèmoire sur l’existence de l’air dans l’acide nitreux, in Oeuvres de Lavoisier, tome II,
Paris, Impremerie Imperiale, 1862, p. 120-130.
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Nell’acido nitrico “c’è dell’aria”
Lavoisier introdusse in un matraccio collegato ad un bagno pneumatico una
quantità nota di mercurio ed acido nitrico concentrato; riscaldò moderatamente
per accelerare la dissoluzione e quasi immediatamente si manifestò una viva
effervescenza:
I Quando alla fine nel matraccio non rimase che una sale mercuriale bianco,
la quantità di aria nitrosa ottenuta risultò 190 pollici
mercurio + acido nitrico
→
sale mercuriale +
aria nitrosa
(incolore)
II Continuando a riscaldare il matraccio, Lavoisier constatò ad un certo
punto la formazione di vapori rossi e contemporaneamente la
trasformazione del sale mercuriale in una sostanza rossa (calce di
mercurio):
sale mercuriale →
calce di mercurio + vapori rossi
III Infine riscaldando questa sostanza rossa per sette ore, Lavoisier ricavò
ossigeno e la stessa quantità di mercurio che aveva utilizzato inizialmente
(2 once e 1 gros):
calce di mercurio → mercurio + ossigeno
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Lavoisier poté quindi concludere che, essendo il mercurio uscito inalterato in
questa serie di reazioni, i gas ricavati non potevano che derivare dalla
decomposizione dell’acido nitrico:
« (...) era dunque evidente che l’acido nitrico, per la sua
combinazione con il mercurio, era stato decomposto in due gas, che
separatamente non erano per nulla acidi; non rimaneva che di
rimettere insieme queste due arie e di vedere se ne sarebbe risultato
un acido, e se questo acido sarebbe stato quello del nitro. Ho
conseguentemente riempito di acqua un tubo ... vi ho introdotto sette
parti e 1/3 di aria nitrosa e vi ho aggiunto quattro parti di ossigeno ...
si sono formati dei vapori molto rossi di spirito di nitro fumante, che
sono stati istantaneamente condensati dall’acqua, e in alcuni secondi,
le undici parti e 1/3 di aria sono stati ridotti a 1/3 di misura circa,
cioè alla trentaquattresima parte del loro volume originario.. L’acqua
contenuta nel tubo è stata trovata sensibilmente acida al seguito di
questa operazione ... saturandola d’alcali, ne ho ricavato del vero
nitro per evaporazione. »
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Negli anni immediatamente successivi, Lavoisier fu in grado, grazie anche alle
scoperte effettuate da due grandi chimici, Bergman e Scheele, di constatare la
proprietà dell’acido nitrico di cedere ossigeno non soltanto con il rame, ma
anche con molte altre sostanze (oggi l’acido nitrico è considerato un energico
ossidante).
L’acido nitrico si rivelò un reagente prezioso:
- Lavoisier fu in grado di affermare che determinati acidi contenevano
ossigeno, in quanto li aveva ricavati per ossidazione di specifiche sostanze
con acido nitrico, quali ad esempio l’acido ossalico (Lavoisier aveva
ricavato, rifacendosi a Bergman, questo acido per ossidazione dello
zucchero con acido nitrico);
-
Lavoisier, quando venne a conoscenza che l’acido fosforico poteva essere
preparato a partire dal fosforo non soltanto per combustione, ma anche per
reazione con l’acido nitrico, poté affermare che la condizione necessaria per
convertire una sostanza in acido è l’acquisto di ossigeno e che la reazione di
combustione non è che una “circostanza accessoria”:
fosforo + acido nitrico →
acido fosforico + aria nitrosa
Nel 1779 Lavoisier, con le verifiche effettuate con gli acidi allora conosciuti, si
ritenne in grado di effettuare la generalizzazione, cioè di poter indicare nel
componente attivo dell’aria la causa dell’acidità.
Propose conseguentemente di assegnare a questo gas il nome di ossigeno, che
significa appunto generatore di acido.
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Per ciò che riguarda funzione conoscitiva delle teorie “sbagliate”
particolarmente interessanti sono le riflessioni di K. Popper:
“Una teoria falsa può rappresentare una grande conquista,
quanto una vera. Le teorie false hanno giovato alla ricerca della
verità più di altre, meno interessanti, ancora oggi accettate. Le
teorie false possono infatti essere di aiuto in molteplici modi: per
esempio, suggerendo alcune modifiche più o meno radicali, e
stimolando la critica.”
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acido nitrico + rame = ossido di rame + aria nitrosa
os s i ge no
ac i d o n i t r i c o
nitratoto di rame (soluz.)
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Acido nitrico diluito
3Cu + 8HNO3 3Cu(NO3)2 + 2NO + 4H2O
2NO + O2 2NO2
incolore
rosso bruno
2NO2 + H2O H+ + NO3¯ + HNO2
3HNO2 H+ + NO3¯ + 2NO + H2O
Acido Nitrico concentrato
Cu + 4HNO3 Cu(NO3)2 + 2NO2 + 2H2O
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La legge delle proporzioni multiple
Dalton analizzando anche altri composti costituiti dagli stessi elementi, giunse
a formulare una legge, nota appunto come legge di Dalton o delle proporzioni
multiple, la quale asserisce l’esistenza di una relazione matematica tra la
composizione dei diversi composti costituiti dagli stessi elementi. Tale legge
può essere enunciata nel seguente modo:
le quantità di un elemento che si combinano con una quantità fissa
dell’altro stanno fra di loro in rapporti espressi da numeri interi piccoli
(1:2; 2:3; 2:5; 3:5; …).
La conferma della legge delle proporzioni multiple diventa fondamentale,
in quanto questa
avvalora l’ipotesi di Dalton secondo cui gli atomi entrano sempre interi in
qualsiasi reazione chimica.
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Formule molecolari: il caso dell'acido carbonico (anidride carbonica)
anidride carbonica
ossido di carbonio
carbonio
28%
44%
ossigeno
72%
56%
g72 ossigeno : g28 carbonio = g X ossigeno : g44 carbonio
Tabella n.1
Anidride
Carbonica
Ossido
di carbonio
Carbonio g
Ossigeno g
44 x 1
56 x 2 ≈ 113,14
44
56
g56 ossigeno : g44 carbone = g72 ossigeno : gX carbonio
da cui: X = 44 · 72 / 56 = 56.57
Tabella n.2
Anidride
Carbonica
Ossido
di carbonio
Carbonio g.
28
56.57 ≈ (28x2)
Ossigeno g.
72
72x1
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Riassumendo:
Tabella n.1 (Massa carbonio costante)
Carbonio
Ossigeno
Anidride
44
113.14 ≈56 x 2
Carbonica
Ossido
56
44
di carbonio
Tabella n.2 (Massa ossigeno costante)
Carbonio
Ossigeno
Anidride
28
72
Carbonica
Ossido
72
56.57 ≈ 28x2
di carbonio
Formula: ipotesi 1
CO2
CO
Formula: ipotesi 2
CO
C2O
In base a queste considerazioni, quale ritieni possa essere la formula
dell’anidride carbonica? CO o CO2 ?
Considera ora i dati della tabella seguente.
Tabella n.3
Anidride
Solforica
Anidride
Solforosa
Zolfo g
32
Ossigeno g
48 (32 x 1,5)
32
32
Secondo te, che significato assume il fatto che 48 non sia un multiplo intero di
32? È ancora accettabile l’ipotesi che nelle reazioni chimiche gli atomi si
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combinano interi?
I composti dell’azoto
p.s.
Composizione %
N
O
rapporti atomici
Gas nitroso
NO
1,102
46,6
44,2
42,3
53,4
55,8
57,7
6,1 : 7
5,5 : 7
5,1 : 7
Ossido nitroso
N2O
1,614
63,5
62,0
61,0
36,5
38,0
39,0
2 · 6,1 : 7
2 · 5,7 : 7
2 · 5,4 : 7
Acido nitrico
NO2
2,444
29,5
29,6
28,0
25,3
70,5
70,4
72,0
74,6
5,8 : 7 · 2
5,9 : 7 · 2
5,4 : 7 · 2
4,7 : 7 · 2
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“Nei manuali, i numeri che si ricavano dalla misura appaiono usualmente
come gli archetipi di <<fatti irriducibili e testardi>> ai quali lo scienziato
deve, con fatica, far sì che le sue teorie si adeguino. Ma nella pratica
scientifica, come è visibile attraverso le riviste, lo scienziato spesso sembra
piuttosto lottare con i fatti, tentando di imporre loro una conformità ad una
teoria che non pone in dubbio. I fatti quantitativi cessano di sembrare
semplicemente <<il dato>>...”
A supporto delle sue considerazioni, Kuhn riporta fra i molteplici esempi
quello di John Dalton, che è molto significativo.
“All’inizio del XIX secolo, i chimici non sapevano come effettuare analisi
quantitative che ponessero in evidenza le proporzioni multiple. Nel 1850
avevano imparato, ma solo facendosi guidare dalla teoria di Dalton.
Conoscendo quale risultato si dovessero attendere dalle analisi chimiche, i
chimici furono in grado di escogitare tecniche che permettessero di
ottenerlo. Di conseguenza i manuali di chimica possono ora affermare che le
analisi quantitative confermano l’atomismo di Dalton e dimenticano che,
storicamente, le tecniche analitiche importanti sono basate sulla stessa teoria
che, si dice, esse confermino. Prima che la teoria di Dalton fosse enunciata le
misure non davano gli stessi risultati...
Questi esempi possono mostrare il motivo per il quale nuove leggi della
natura vengono molto raramente scoperte esaminando semplicemente i
risultati delle misure fatte, senza conoscenze precedenti di queste leggi.
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Perché la maggior parte delle leggi quantitative hanno così pochi punti di
contatto con la natura, poiché le indagini di questi punti di contatto
richiedono usualmente strumentazioni ed approssimazioni e poiché la stessa
natura deve essere forzata per fornire i risultati appropriati, la strada dalla
teoria o dalla legge alla misura non può quasi mai essere percorsa in senso
inverso. I numeri raccolti senza una qualche conoscenza delle regolarità da
attendersi non sono quasi mai significativi di per sé. Quasi certamente essi
restano solo dei numeri".
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Acidi, Basi e Sali: formule dualistiche e formule unitarie
La teoria unanimemente accettata da tutti i chimici, relativa alla costituzione
dei sali, riteneva che i sali si formassero dagli acidi e dagli ossidi per
semplice reazione di addizione. Questa teoria era, a sua volta, strettamente
connessa alla concezione, risalente a Lavoisier, che gli acidi inorganici fossero
sostanze binarie (fossero cioè costituiti da un non metallo e da ossigeno).
Conseguentemente, per esempio, la reazione tra acido solforico ed ossido di
calcio veniva concepita come reazione di addizione:
SO3 (a. solforico) + CaO (ossido di calcio) → CaO·SO3 o CaSO4
f. dualistica
f. unitaria
Quindi, quando Liebig e Wohler affrontarono il problema della formula
dell’acido benzoico, presero le mosse da questo quadro teorico.
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Il problema della formula dell’acido benzoico
L’acido benzoico veniva ricavato dalla seguente reazione:
olio di mandorle amare + ossigeno → acido benzoico (1)
Nel 1832 Liebig e Wohler, dopo aver analizzato diversi campioni di acido
benzoico ottenuto dall’olio di mandorle amare, ricavarono un rapporto di
combinazione degli atomi (C, H, O) che portava a ritenere che la formula
dell’acido fosse C7H6O2, contrariamente a quanto ricavato da Berzelius
(C15H12O3) nel 1814.
Allo scopo di confermare la formula dell’acido benzoico e determinarne il
peso molecolare, Liebig e Wohler presero in considerazione anche la seguente
reazione :
ossido d’argento + acido benzoico → benzoato d’argento (2)
Partendo dall’ipotesi che la formula del benzoato di argento fosse data
dall’addizione di quella dell’ossido di argento (AgO) con quella dell’acido
benzoico, procedettero alla decomposizione del sale per ricavare il peso
molecolare e la formula dell’acido. A seguito di questo procedimento,
assegnarono all’acido benzoico la formula C14H10O3. Sulla base delle relazioni
espresse dalle reazioni (1) e (2), la formula dell’acido benzoico ricavata
dall’olio di mandorle doveva, tuttavia, coincidere con quella ricavata dal
benzoato. Per questo motivo, Liebig e Wohler raddoppiarono la formula del
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primo (C7H6O2), ma constatarono con stupore che conteneva una molecola
d’acqua in più (C14H12O4).
In sintesi:
Formula dell’acido
benzoico
ricavato dal Benzoato di
Argento
C14H10O3
Formula dell’acido
benzoico
ricavato dall’Olio di
mandorle
C14H12O4
L’acido benzoico sembrava perdere, durante la reazione, una molecola
d’acqua:
C14H12O4 + AgO → AgO · C14H10O3 + H2O
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La teoria idrogenica
Liebig osservò che la teoria idrogenica degli acidi (al contrario di quella
basata sull’ossigeno) riuniva tutti gli acidi in un’unica classe di sostanze che
presentavano reazioni simili.
Egli scrisse:
“Si chiamano acidi determinati composti dell’idrogeno nei quali
l’idrogeno può essere sostituito dai metalli. I sali neutri sono composti
nei quali l’idrogeno è sostituito dall’equivalente di un qualsivoglia
metallo. I corpi che oggi chiamiamo acidi anidri (anidridi) possiedono
la capacità di combinarsi con gli ossidi metallici per dare i sali, ma per
la maggior parte solo per aggiunta di acqua. Il principio della teoria di
Davy, che dobbiamo tener presente per la sua valutazione, è che la
capacità saturatuiva degli acidi dipende dal numero di atomi di
idrogeno in essi contenuto, così che, se noi chiamiamo radicale
dell’acido l’insieme di tutti i rimanenti suoi elementi, la composizione
del radicale non eserciterà la minima influenza su questa capacità
saturatuiva”
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Prove di conducibilità elettrica di acidi, basi e sali
Lo schema del circuito elettrico dell’apparecchiatura utilizzata è il seguente:
Generatore
+
interruttore
lampadina
Sostanze: acido tartarico, acido acetico,
acido cloridrico, idrossido di sodio,
cloruro di sodio, nitrato di potassio,
saccarosio, acqua distillata.
anodo
catodo
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Sostanza
pura/soluzione
Acqua distillata
Acido tartarico
Acido tartarico in
soluzione
Acido cloridrico in
soluzione
Acido acetico in
soluzione
Idrossido di sodio
Idrossido di sodio in
soluzione
Cloruro di sodio
Cloruro di sodio in
soluzione
Nitrato di potassio
Nitrato di potassio fuso
Nitrato di potassio in
soluzione
Saccarosio
Saccarosio in soluzione
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Conduce
Fenomeni osservabili
Non conduce
molto / poco
agli elettrodi
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anodo
+
catodo
−
Cl
Cl-
Cl
H
H
+
H
anodo (+): 2Cl- → Cl2 + 2ecatodo (−): 2H+ + 2e- → H2
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Il significato delle formule
Le tre formule dell’acido nitrico - H2O·N2O5; H2N2O6; 2HNO3 - possono
sembrare del tutto simili; si potrebbe quindi pensare che l’adozione dell’una o
dell’altra sia stata soltanto il frutto di convenzioni arbitrarie, invece
ogni formula ha un significato preciso:
I. il passaggio dalle formule dualistiche alle formule unitarie venne
effettuato quando si comprese che la molecola della sostanza ricavata
da una reazione di addizione, benché si fosse formata dall’unione delle
molecole dei componenti, non era costituita dalla semplice
giustapposizione di queste molecole (ma che si verificava una
ridislocazione degli atomi nella nuova molecola);
II. il passaggio dalla formula H2N2O6 alla formula HNO3 non avvenne per
una semplificazione di tipo matematico, ma quando si fu in grado di
ipotizzare che la molecola dell'acido nitrico fosse costituita di 1 atomo
di idrogeno, 1 atomo di azoto e di 3 atomi di ossigeno;
III. la formula HNO3 potrebbe evidentemente anche essere scritta nei
seguenti modi: NHO3, NO3H, O3NH, O3HN, HO3N. La scelta della
formula HNO3 non è avvenuta per caso. La convenzione di scrivere la
formula degli acidi in questo modo venne stabilita nella seconda metà
dell'Ottocento, quando venne definitivamente accettata la teoria della
dissociazione elettrolitica di Arrhenius e si comprese che:
a) gli elettroliti erano dissociati in ioni prima dell’elettrolisi e che la
dissociazione non aveva luogo sotto l’azione della corrente
elettrica;
b) tutti gli acidi avevano la caratteristica di scindersi in acqua in due
parti dotate di carica elettrica opposta, cioè in uno o più atomi di
idrogeno dotati di una carica positiva (indicati con il simbolo H+
e chiamati ioni idrogeno) e nel gruppo acido restante dotato di
una o più cariche negative:
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HNO3 → H+ + NO3–
H2SO4 → 2H+ + SO4=
La teoria idrogenionica degli acidi
Gli acidi vennero dunque definiti come quelle sostanze che in acqua
liberavano ioni idrogeno.
Come mai l’acido cloridrico ha una conducibilità più elevata
dell’acido tartarico e dell’acido acetico? Vi è una relazione fra la forza
dell’acido e la sua conducibilità?
La conducibilità dipende dalla concentrazione degli ioni. Secondo Arrhenius,
l’acido cloridrico, come tutti gli acidi forti, in acqua si scioglie dissociandosi
completamente in ioni, a differenza degli acidi deboli, che sono parzialmente
dissociati.
H+ + Cl-
HCl
C2H3O2- + H+
C2H4O2
Maggiore è il grado di dissociazione, più elevato è il numero di ioni che vanno
in soluzione e, di conseguenza, più elevata è la conducibilità.
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La distinzione tra ossidi e idrossidi
Anche per le basi si comprese che vi erano due classi di sostanze simili nel
comportamento chimico, ma diverse nella costituzione molecolare; si capì cioè
che gli ossidi (i composti binari ricavati dalla combinazione dei metalli con
ossigeno), quando venivano solubilizzati in acqua, si combinavano
innanzitutto con una parte precisa d’ acqua, formando dei composti ternari che
vennero chiamati idrossidi:
metallo + ossigeno → ossido
ossido + acqua → idrossido
Riportiamo alcuni esempi:
CaO + H2O → CaO·H2O o Ca(OH)2 idrossido di calcio
Fe2O3 + H2O → Fe2O3·3H2O o 2Fe(OH)3 idrossido ferrico
Na2O + H2O → Na2O·H2O o 2NaOH idrossido di sodio
Anche per la scrittura delle formule degli idrossidi sono valide le
considerazioni effettuate a proposito degli acidi. Le formule molecolari degli
acidi e degli idrossidi potrebbero essere scritte nello stesso modo; per esempio
la formula dell’idrossido ferrico potrebbe essere scritta in modo simile a quella
dell’acido solforico:
acido solforico H2SO4
idrossido ferrico
H3FeO3
La convenzione di scrivere la formula degli idrossidi nel modo sopra
indicato (e cioè Me(OH)n ) venne stabilita quando si comprese che, in acqua,
anche gli idrossidi si scindevano in due parti cariche, ma, diversamente dagli
acidi, davano dei gruppi OH carichi negativamente (indicati come OH–
ovvero ione ossidrile) ed il metallo, carico positivamente.
NaOH → Na+ + OH–
Ca(OH)2 → Ca+2 + 2OH–
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Le reazioni di neutralizzazione\salificazione
Quando finalmente venne effettuata la distinzione tra anidridi ed acidi e tra
ossidi ed idrossidi, fu possibile comprendere:
1. che la formazione dei sali avveniva effettivamente con una reazione
di addizione soltanto quando i reagenti erano costituiti da un ossido e
da un’anidride;
2. che la reazione di salificazione avveniva anche con la formazione
(eliminazione) di acqua negli altri tre casi, e cioè quando i reagenti
erano: a) un ossido e un acido; b) un idrossido e un’anidride; c) un
idrossido e un acido.
Alla luce della teoria idrogenionica la reazione di neutralizzazione viene
interpretata supponendo che:
NaOH
Na+
+
HCl
+
OH–
H+
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+
Cl–
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