distanza di un ammasso aperto

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PERCORSO DI APPROFONDIMENTO CICLO 2008-2011
DISTANZA DI UN AMMASSO APERTO
Calcolo della distanza dell’ammasso h Persei, prendendo come riferimento χ Persei
21 dicembre 2010
Bernard Martino, Chinaglia Stefano, Larcher Fabrizio, Riz Luca
1
1 INTRODUZIONE
1.1 Ammassi aperti
Gli ammassi aperti sono oggetti astronomici tra i più studiati ed interessanti. Sono gruppi di stelle
relativamente giovani, pertanto luminosi e di facile osservazione.
In particolare χ e h Persei sono molto ricchi di stelle e tra i più osservati.
Gli ammassi aperti sono classificati in base ad una tripla serie di parametri:
• numeri romani:
I) ammassi molto concentrati e risaltanti chiaramente sul fondocielo
II) ammassi poco concentrati ma comunque risaltanti
III) ammassi non concentrati ma comunque risaltanti
IV) ammassi non concentrati e poco distinguibili dalle stelle di fondocielo
• numeri arabi:
1 − 3: da piccola a grande escursione di luminosità tra le stelle appartenenti all’ammasso
• lettere:
p: poor, meno di 50 stelle
m: moderate, tra 50 e 100 stelle
r: rich, più di 100 stelle
Figura 1: Ammassi χ e h Persei
2
Nello specifico, gli ammassi χ e h Persei sono classificati entrambi I 3 r.
Lo studio degli ammassi aperti è importante al fine della comprensione dell’evoluzione stellare,
perché le stelle di un ammasso hanno una storia comune, e le differenze evolutive sono determinate dalla sola differenza di massa (infatti le stelle di grande massa consumano più velocemente
la loro riserva di idrogeno e dunque tendono ad evolversi molto rapidamente).
1.2 Distanza di ammassi
Un altro importante aspetto per il quale sono studiati è la calibrazione della scala delle distanze
cosmiche, basata proprio sulle misurazioni, con metodi trigonometrici di misura della parallasse
e di misura di effetto Doppler, degli ammassi aperti più vicini. Una volta stabilite le distanze degli ammassi più vicini, queste prime tecniche possono essere estese per calcolare la scala delle
distanze di ammassi più lontani. Infatti le stelle di un ammasso sono pressochè tutte alla stessa distanza dalla Terra, quindi le differenze di magnitudine apparenti sono uguali a quelle vere. Si sono
trovate sperimentalmente delle correlazioni: ad esempio tra la magnitudine totale e la differenza
di intensità emessa in vari colori. Le stelle si dispongono lungo curve piuttosto definite in questo
genere di diagrammi. Utilizzando la “sliding fit tecnique”che consiste nel sovrapporre la sequenza
principale sul diagramma di Hertzsprung-Russell per un ammasso ad una distanza nota con quella
di un altro ammasso più lontano, si può stimare la distanza di quest’ultimo ammasso.
La misura delle distanze di ammassi aperti (come dei globulari) con questo metodo, rispetto ai
metodi trigonometrici e di moto proprio (che rimangono comunque fondamentali per i riferimenti
anche di questo metodo), è assai più agevole, in quanto tali metodi richiederebbero precisioni
difficilmente ottenibili da terra (dell’ordine dei millesimi di secondo d’arco).
3
2 CAMERA CCD
Uno dei primi modi di ottenere delle misurazioni archiviabili è stata l’introduzione della fotografia su lastra. Al giorno d’oggi, una tecnica largamente più diffusa, rapida e vantaggiosa è quella
dell’aquisizione attraverso una camera CCD. Queste camere, similmente alle lastre, permettono di
aquisire immagini ben definite per proporzioni ed intensità, da cui poi ricavare dei dati numerici
attraverso il calcolatore. I fotodetectors sono stati introdotti nel 1976.
2.1 Struttura
Una fascia di condensatori di ossido metallico (photosites), caricati prima dell’acquisizione su un
substrato isolante di silicio. Le dimensioni dei fotositi variano tra 6 e 25 micron e sono disposti in
quadrati di lato compreso tra 102 e 8192 fotositi, con un tempo di risposta tra da 0.1 a 10 secondi
circa.
2.2 Funzionamento
Quando il CCD è colpito da fotoni, gli elettroni della banda di valenza sono eccitati nella banda
di conduzione; si crea una corrente che scarica i condensatori colpiti, proporzionale al numero
di fotoni incidenti. Al termine dell’esposizione una sequenza di impulsi di clock trasferisce gli
elettroni rimasti a un sensore; il segnale è amplificato e misurato. (Il tempo di esposizione utilizzato
per la camera CCD è stato di 1 secondo).
Il silicio ha una piccola differenza energetica tra la banda di valenza e quella di conduzione (ca.
1.1 eV) e riflette gli elettroni troppo energetici: la sua efficienza è tra il 40% e il 90% per lunghezze
d’onda tra 500 nm e 1100 nm circa. Poichè i fotositi sono ben isolati tra loro, la risposta di ciascuna
cella resta lineare fintanto che la carica in ogni cella è la metà della carica iniziale.
2.3 Tipi di CCD
Figura 2: Tipi di CCD
Progressive scan:
contengono una fascia di fotositi (figura 1, in giallo) ad alta conduzione. Terminata l’esposizione, un segnale di clock trasferisce
gli elettroni delle colonne nel rispettivo fotosito e il segnale è poi
tramsesso; si ottiene così una corrente (funzione del tempo), digitalizzabile.
Frame transfers:
funzionano sullo stesso principio; in questo caso viene trasferita l’intera regione esposta: durante l’acquisizione metà del
rilevatore (figura 2, in rosso) resta coperta; al termine della esposizione la carica nella metà superiore del CCD viene trasferita in quella inferiore e quindi alla fascia conduttrice.
Interline transfer:
hanno alternativamente una colonna esposta e una coperta (figura 3, in rosso); la carica sulle colonne esposte passa a quelle coperte e quindi alla fascia conduttrice.
4
La camera CCD dell’Osservatorio Astronomico del Celado è una SBIG ST10 XME (sensore
KAF3200 XME da 14.9 mm X 10 mm, 2184 pixel X 1472 pixel di 6.8 micrometri di lato,
campo inquadrato 14’ X 11’). Uleriori informazioni sulla camera CCD utilizzata sono reperibili
all’indirizzo www.sbig.com/sbwhtmls/st10.htm.
5
3 ELABORAZIONE DATI
3.1 Raccolta dati
All’osservatorio di Celado sono state effettuate delle
fotografie con camera CCD sui due ammassi aperti h
Persei e χ Persei, utilizzando per ciascun ammasso i
seguenti filtri:
• Ultravioletto (λeff = 355 nm)
• Blu (λeff = 435 nm)
• Visibile (λeff = 540 nm)
Figura 3: Filtri U, B, V
Il telescopio con il quale abbiamo lavorato ha le seguenti specifiche tecniche: diametro = 800
mm, focale = 3200 mm, fuoco Newton, correttore di coma Baader, filtri UBV di Johnson secondo
Bessell. Le coordinate della posizione del telescopio sono N 46:01:46.39;E 11:39:28.41. Le coordinate a cui è stato puntato il telescopio sono: ascensione retta (a.r.) 02h18m54.9 e declinazione
(d.) +57◦ 08′ 31′′ per l’ammasso h Persei e a.r. 02h22m28.5 e d. +57◦ 07′ 10′′ per χ Persei.
3.2 Analisi dei dati del telescopio
Abbiamo seguito la numerazione delle stelle della NASA Astrophysics Data System. Di seguito
viene riportata un’immagine:
Figura 4: Numerazione
(a) h Persei
(b) χ Persei
La camera CCD restituisce dei file immagine .fits che sono delle matrici contenenti un conteggio
proporzionale al numero dei fotoni rilevati nel fotositoij .
Abbiamo usato il programma IRIS (version 5.59, http://www.astrosurf.com/buil) per poter raccogliere le intensità delle stelle di entrambi gli ammassi per tutti e tre i filtri U, B e V. Per ogni stella
abbiamo usato la Point Spread Function per ottenere FWHM (in intensità), e abbiamo raccolto i
conteggi ridotti a un pixel già detratti del fondocielo calcolati su una circonferenza con raggio 2.5
volte la FWHM. Il fondocielo tiene conto della luce rilevata dallo strumento ma non appartenente
6
alle stelle in osservazione, che deve quindi essere sottratta. Il fondocielo è stato calcolato come la
mediana dei conteggi sulla corona circolare tra la circonferenza attorno alla stella e una circonferenza di raggio circa doppio. Per motivi statistici il fondocielo non è la media dei conteggi sulla
corona circolare teorica che risentirebbe pesantemente di eventuali altre stelle “parassite ”, ma la
mediana.
Figura 5: Immagine catturata dal telescopio di χ Persei - filtro B
Per ogni filtro la mediana del fondocielo è risultata essere sostanzialmente costante con bassissima
deviazione standard. La magnitudine strumentale mstrum si ottiene come log10 (N) mentre l’errore
sulla magnitudine è 1/N con N numero di conteggi. Il contributo all’errore totale dato dall’errore
del fondocielo è risultato trascurabile. Si sono quindi ottenute sei magnitudini strumentali: una per
ogni colore per entrambi gli ammassi.
3.3 Calibrazione dello strumento
Abbiamo poi graficato mstrum di χ contro i valori teorici presi dalla NASA Astrophysics Data
System per ogni filtro, ottenendo tre coppie di parametri sperimentali fittando rette y = a + bx.
Figura 6: Valori teorici e valori sperimentali dei filtri.1
14
18
13
u
fit
16
Teorici
Teorici
12
14
12
11
u
fit
10
9
10
8
8
-13
-12
-11
-10
-9
Sperimentali
-8
-7
7
-13
-6
(a) Filtro U
-12
-11
-10
-9
Sperimentali
(b) Filtro U
7
-8
-7
-6
Figura 7: Valori teorici e valori sperimentali dei filtri.2
14
14
b
fit
13
13
12
12
Teorici
Teorici
v
fit
11
11
10
10
9
9
8
-14
-13.5
-13
-12.5
-12
-11.5
-11
-10.5
-10
-9.5
8
-13.5
-9
-13
-12.5
-12
Sperimentali
-11.5
-11
-10.5
-10
-9.5
-9
-8.5
Sperimentali
(a) Filtro V
(b) Filtro B
Riportiamo una tabella con i paramentri ottenuti sperimentalmente.
Tabella 1: Parametri strumento
a
b
U
V
B
21.19 ± 0.24
1.10 ± 0.03
23.38 ± 0.31
1.08 ± 0.03
22.75 ± 0.21
1.05 ± 0.02
Abbiamo dovuto scartare una coppia di stelle, in quanto erano visibilmente lontane dalla regressione lineare. In particolare abbiamo scartato la 40 e la 283, come si vede in figura.
Tabella 2: Stelle χ Persei
N. stella
1
31
36
40
42
60
69
80
Scartate
x
N. stella
Scartate
N. stella
113
165
168
171
172
174
178
185
Scartate
186
187
190
209
214
222
227
238
N. stella
245
248
250
251
276
283
289
Scartate
x
Utilizzando questi parametri abbiamo poi ricavato delle magnitudini apparenti per l’ammasso h
operando un antiregressione con i parametri ottenuti. Quindi, per ogni filtro:
mapparente = a + b · mstrum
Alleghiamo una tabella delle stelle che abbiamo utilizzato per h Persei e quelle che abbiamo
dovuto scartare perché troppo poco intense sul filtro U o di difficile lettura in quanto troppo vicine
tra loro.
8
Tabella 3: Stelle h Persei
N. stella
60
61
66
73
74
75
119
178
Scartate
N. stella
199
202
218
219
224
259
263
264
Scartate
x
x
x
x
N. stella
Scartate
N. stella
265
266
268
270
280
281
283
287
x
290
291
292
297
298
300
301
304
x
x
x
Scartate
x
x
x
3.4 Determinazione di E(B-V)
Abbiamo costruito un grafico U-B / B-V con le magnitudini apparenti da noi ricavate per h Persei
nei tre colori U,B,V. Abbiamo notato che tutte le nostre stelle si trovano nella regione alta e molto
lineare della curva empirica tratta da Compendium of practical Astronomy, volume 3 pag 142, fig
27.8.
Figura 8: Diagramma a due colori teorico
Abbiamo quindi realizzato una regressione lineare per trovare la retta a pendenza fissata che meglio
approssimi i nostri dati. La traslazione della curva lungo l’ordinata è dovuto all’arrossamento per
effetto del pulviscolo interstellare ed è chiamato eccesso di colore E(B-V). Abbiamo sovrapposto
i dati utilizzando la “sliding fit tecnique”.
9
Figura 9: Diagramma a due colori
-0.8
h
sper
teo
-0.6
U-B
-0.4
-0.2
0
0.2
0.4
-0.4
-0.2
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
B-V
3.5 Diagramma Hertzsprung-Russell
L’effetto del pulviscolo interstellare può essere
modellizzato come un assorbimento A(λ) che
ha effetto sulla magnitudine e il già ricavato
eccesso di colore E(B-V) dovuto al fatto che
l’assorbimento da parte della materia interstellare è maggiore a frequenze basse e tende a zero al crescere della lunghezza d’onda (è cioè
meno opaca per il rosso che per il blu). Come
si può vedere dalla figura 10 l’ andamento è
molto lineare nella zona attorno al visibile e in
generale in tutta la zona interessata dai filtri U,
B e V. Ci è quindi possibile definire il rapporto
A(λ)
. Nel nostro caso siamo inteR=
E(λ1 − λ2 )
ressati ad A nel visibile e E(B-V). Il valore di
Figura 10
R ottenuto da osservazioni sperimentali trovato
in letteratura è R= 3. Grazie alla magnitudine
apparente nel visibile mV e al coefficiente di assorbimento R × E(B-V) abbiamo calcolato la magnitudine non arrossata mV0 = −3× E(B-V), cioè la magnitudine con cui ci apparirebbe la stella,
lo spazio interstellare fosse idealmente trasparente. Con la magnitudine non arrossata nel visibile
mV0 è possibile costruire un diagramma H-R graficando mV0 contro (B-V)0 (cioè B-V - E(B-V)) ed
eseguire una “sliding fit tecnique”utilizzando il diagramma sperimentale MV contro (B-V)0 , tratto da COELVM, G. Chincarini, N.11-12, Vol XXX Anno XXXII, Bologna, novembre-dicembre
1962 pag 166.
10
Figura 11: Diagramma Hertzsprung-Russell teorico
Figura 12: Diagramma Hertzsprung-Russell
-5
h
teo
sper
V0
0
5
10
15
-0.4
-0.2
0
0.2
0.4
0.6
B-V
Abbiamo trovato che MV − mV0 ≈ 11.4
3.6 Distanza dell’ammasso h Persei
Si è calcolata infine la distanza dell’ammasso h Persei, utilizzando la relazione:
MV = mV0 + 5 − 5 log10 r
⇒
r = 10
5+mV −MV
0
5
Si è trovato r ≈ 1905pc. Il valore ottenuto è un ottima stima del valore teorico (2207pc), dal
quale si discosta di circa il 14%. La ragione sull’errore sulla differenza di magnitudine potrebbe
11
essere una sottostima dell’arrossamento. Si potrebbe migliorare estendendo lo studio alla parte
bassa della sequenza mediante una posa molto più lunga (una posa di 100 secondi permetterebbe
di allungare di cinque magnitudini la sequenza) di quella usata.
Riferimenti bibliografici
[1] G.D. Roth, Compendium of pratical astronomy, Springer, 1994;
[2] NASA Astrophysics Data System
[3] V. Castellani, Fondamenti di astrofisica stellare, http://astrofisica.altervista.org/;
[4] G. Chincarini, COELVM, N.11-12, Vol XXX Anno XXXII, Bologna, novembre-dicembre
1962 pag 166;
[5] Hawley J.F., Lectures on Astronomy, 1999;
[6] HR TRACE, http://xoomer.virgilio.it/waphil/.
12
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