CAPITOLO 1: "A CHE COSA SERVONO I TASTI NERI?"
La nostra sala prove era nientemeno che lo scantinato del Liceo Scientifico Galilei,
opportunamente equipaggiato grazie al fondo studenti. Avrò avuto sì e no diciott’anni
quando il gruppo iniziò a suonare nei locali dopo un lungo periodo di gestazione. Era
il giorno di una delle prime uscite dei “famosissimi” Relapse, cinque ragazzi che si
divertivano a suonare canzoni di Bon Jovi, oltre a qualche composizione del nostro
cantante, Michele. Mancava un’ora all’inizio del concerto e iniziavano ad arrivare i
nostri fan: amici e compari che con curiosità e un poco di ammirazione venivano a
garantire il loro appoggio a quei cinque scalmanati (e un po’ esaltati) che provavano
l’esperienza del palco. Il mio grande amico Matteo mi si avvicina, guarda la mia
tastiera come un artefatto alieno, mi osserva titubante, poi mi chiede: «Senti, ma a
che cosa servono i tasti neri?» Sorrido…
1.1 UNA QUESTIONE DI FREQUENZA
La prima risposta è che «sono note esattamente come le altre». Per andare oltre
abbiamo però bisogno di qualche altra informazione: partiamo dal presupposto che
sul pianoforte ogni tasto corrisponde a una singola nota. Innanzitutto, se vogliamo
sapere a che cosa servono i tasti neri, dobbiamo prima sapere a che cosa servono i
tasti bianchi.
Il disegno toglie molti dubbi, ma non tutti. Innanzitutto, le note sono disposte
secondo un ordine ben preciso: dalla più grave (bassa) alla più acuta (alta), da sinistra
a destra. Ora attenzione, perché l’altezza della singola nota dipende solo e soltanto
dalla sua frequenza, cioè dalla velocità con cui vibra la corda che l’ha prodotta! Se
poi pensiamo che il LA che sta al centro della tastiera ha frequenza 440 Hertz
(vibrazioni al secondo), sappiamo già tutto. Confusi? Allora sappiate che tra un LA a
440 Hertz e quello posto otto tasti bianchi dopo (cioè un’ ottava sopra) la frequenza è
doppia, cioè 880 Hertz! That’s Incredible!!! E indovinate un po’ il LA che sta
un’ottava SOTTO a quello centrale? Bravi, 220 Hertz…
Il disegno vi ha certamente chiarito le idee, vero? Giusto per cultura, sappiate che se
io pizzico una corda di una certa lunghezza (sufficientemente tesa), la stessa corda
lunga la metà emette un suono di frequenza doppia, cioè un’ottava sopra!
Questi principi ovviamente non valgono solo per il LA, ma per tutte le note. Ad
esempio la frequenza del DO centrale è 261.63 Hz. E così, se prendiamo la distanza
tra un DO e quello un’ottava sopra, e la dividiamo in maniera opportuna, otteniamo
tutte le note!
E ora vediamo qual è questa “maniera opportuna”…
Non vi tedierò con le regole necessarie per derivare ogni nota tramite gli armonici, i
rapporti, gli intervalli, la scala inequabile, il temperamento, niente di tutto questo:
preferisco che stanotte non abbiate gli incubi! Vi basti sapere che quello che
spiegherò ora non cade dal cielo, ma è sorretto da regole fisiche e matematiche che
caratterizzano la natura dei suoni e delle note musicali.
1.2 TASTI BIANCHI E TASTI NERI
In un certo senso, alcune note sono più “belle” di altre, sotto due punti di vista. Dato
il titolo, capirete anche voi che sto parlando di Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si: i tasti
bianchi del pianoforte sono proprio queste note, cerchiamo di capire ora la loro
“bellezza”. La caratteristica più importante è che all’orecchio umano esse suonano
particolarmente aggraziate, sia quando le si suonano l’una dopo l’altra, sia (in modo
opportuno) a gruppi di due, tre, o quattro. Dietro tutto ciò c’è la fisica e la teoria che
vi ho risparmiato poco fa. Il fatto poi che le “star” della tastiera siano proprio quelle è
un’eredità storica.
Ed ecco ora la prima cosa veramente importante: queste note non sono alla stessa
distanza l’una dall’altra! Guardate la figura seguente: se disponiamo le note su una
scala vera e propria, vediamo che i suoi gradini non hanno tutti la stessa altezza.
Questo significa che la divisione dell’ottava (dal Do al Do un’ottava sopra) non è in
parti uguali! Per esempio il gradino che va dal Do al Re è alto due spazi, quello tra il
Mi e il Fa è alto uno, e anche tra il Si e il Do il gradino è alto uno. Guardate ora le
note corrispondenti sull’ottava del pianoforte: tra il Do e il Re c’è un tasto nero, tra il
Mi e il Fa invece no!
E’ il momento di chiamare le cose col loro nome: tra il Do e il Re la distanza è di UN
TONO, tra il Mi e il Fa la distanza è UN SEMITONO, cioè mezzo tono. Va da sé che
1 tono = 2 semitoni. Confusione? Acidità? Eccovi un disegnino chiarificatore!
Ebbene, le note Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si, Do costituiscono una Scala di Do
Maggiore. E la conseguenza è che tra due note che distano un tono, si infila un tasto
nero, che è esattamente una nota come le altre! Il concetto (non ortodosso ma chiaro)
è che i tasti neri sono le note da non suonare per ottenere la scala di Do maggiore.
Ritorniamo alla nostra scala: come potete vedere anche le note dei tasti neri hanno un
nome. La nota tra il Do e il Re la chiamiamo Do# (si legge Do diesis) oppure Re b (si
legge Re bemolle), che significano rispettivamente “Do alzato di mezzo tono” e “Re
abbassato di mezzo tono”. Do# e Re b nel nostro sistema musicale temperato (che è
quello usato al giorno d’oggi) sono quindi due modi diversi di indicare la stessa nota.
Riassumendo: le note da Do a Si sono 12, ognuna di mezzo tono più alta della
precedente. Se suoniamo solo i tasti bianchi (cioè solo alcune delle 12 note),
otteniamo la scala di Do Maggiore.
Un’ultima osservazione importante: la sequenza 1T-1T-½T-1T-1T-1T-½T che vedete
riportata in fondo alla figura è fondamentale, perché indica a quali distanze devono
essere le note per ottenere una scala maggiore! E’ quella, più dei nomi delle note o
del colore dei tasti (che sono solo convenzioni) a caratterizzare una scala maggiore!
Tenetelo a mente.