Università degli Studi di Napoli “Federico II” Scuola Politecnica e delle Scienze di Base Area Didattica di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Dipartimento di Fisica Laurea triennale in Fisica MISURE DI TRASPARENZA E GUADAGNO DI UN RIVELATORE MICROMEGAS PER L’UPGRADE DI ATLAS AD LHC Relatori : Candidato: Ch.mo Prof. Giovanni Chiefari Pasqualina Iovine Dott.sa Camilla Di Donato N85/177 Anno Accademico 2013-2014 La più bella e profonda emozione che possiamo provare è il senso del mistero; sta qui il seme di ogni arte e di ogni vera scienza. (Albert Einstein) Ai miei genitori; a mia sorella Paola; alle mie nonne; a zia Enza e a tutti coloro che, con costante presenza, arricchiscono il mio quotidiano. Indice Introduzione.............................................................................Ӏ Capitolo1……………………………………………………..1 Il Modello Standard e Gli Esperimenti a LHC…………….1 1.1 Le Particelle Fondamentali nel Modello Standard…….1 1.2 Le Interazioni Fondamentali nel Modello Standard…..3 1.3 Il Collisore LHC…………………………………………5 1.4 L’Esperimento ATLAS………………………………….7 1.5 MicroMegas per l’Upgrade dello Spettrometro a Muoni di ATLAS……………………………………………………12 1.6 ATLAS ED IL BOSONE DI Higgs….............................15 2.1 Interazione delle particelle cariche con la materia……17 2.2 Moltiplicazione a valanga………………………………18 2.3 Descrizione di un rivelatore MicroMegas……………..20 2.4 Principio di funzionamento…………………………….22 2.5 La MicroMegas R20……………………………………23 2.6 La miscela di gas………………………………………...25 Capitolo 3…………………………………………………….26 Misura della trasparenza e del guadagno per tre diverse miscele di gas………………………………………………...26 3.1 La sorgente 55Fe…………………………………………26 3.2 Effetto Auger…………………………………………….28 3.3 La catena di acquisizione……………………………….29 3.4 Trasparenza……………………………………………..30 3.5 Misura di guadagno……………………………………31 3.6 Analisi dati……………………………………………...32 Conclusioni…………………………………………………41 Bibliografia…………………………………………………43 Introduzione Argomento del presente lavoro di tesi è lo studio della Trasparenza e del Guadagno di particolari rivelatori a gas, le MicroMegas, che nascono nel 1992 ad opera di I.Giomataris e G. Charpak, per migliorare la risoluzione spaziale e la capacità di sostenere rate elevati di particelle nei rivelatori a gas. Le Micromegas sono rivelatori costituiti da tre elettrodi che individuano due zone: la zona di formazione del segnale, detta zona di deriva, e la zona di amplificazione; l’elettrodo, che separa le due zone, è costituito da una griglia metallica detta mesh. La Trasparenza di una Micromegas misura la percentuale di elettroni, prodotti dalla ionizzazione nella regione di formazione del segnale, che vengono trasmessi nella regione di amplificazione. Lavorare in condizioni di massima Trasparenza è fondamentale per l’efficienza del rivelatore. Infatti, dato che l’efficienza del rivelatore è definita come il rapporto tra il segnale che viene rivelato e quello che effettivamente attraversa il rivelatore, una parziale trasmissione comprometterebbe le performance del rivelatore. Come si evince dallo studio effettuato nel presente lavoro di tesi, la Trasparenza del rivelatore introduce una relazione tra il valore del campo nella regione di deriva e quello nella regione di amplificazione. Tale studio è stato effettuato nel Laboratorio di Fisica Subnucleare del Dipartimento di Scienze Fisiche e dell’INFN di Napoli, sottoponendo un prototipo di camera MicroMegas, a radiazioni emesse dal 55 Fe e a raggi cosmici. Lo studio di questi rivelatori è di particolare interesse, in quanto essi saranno impiegati nell’upgrade dello Spettrometro per Muoni, nell’esperimento ATLAS, al Cern, previsto per il 2018, quando LHC lavorerà a valori di massima luminosità. Gli esperimenti che lavorano a LHC sono stati costruiti per effettuare test sul Modello Standard e per cercare segnali di Nuova Fisica, oltre il Modello Standard. I L’elaborato si articola in 3 capitoli. Il Modello Standard delle particelle ed il ruolo del bosone di Higgs in questa teoria, saranno argomento del primo capitolo insieme con una breve introduzione su LHC e uno dei suoi principali esperimenti: ATLAS. Nel secondo capitolo saranno descritti i principi di funzionamento delle MicroMegas ed il prototipo R20, scelto per questo lavoro di tesi. Infine, nel terzo capitolo, saranno presentati i dati sperimentali e le analisi svolte su di essi, per lo studio della trasparenza e del guadagno del rivelatore, per una miscela gassosa di Argon ed anidride carbonica, in percentuali variabili. II Capitolo1 Il Modello Standard e Gli Esperimenti a LHC Il Modello Standard delle interazioni fondamentali descrive le interazioni elettromagnetiche, deboli e adroniche che si manifestano tra i costituenti delle materia e nasce con l’unificazione elettrodebole, formalizzata da Glashow-WeinbergSalam (GWS), e la formulazione della CromoDinamica Quantistica (QCD). Il Modello descrive le particelle elementari e le loro interazioni fino all’energia di centinaia di GeV. Il principale scopo degli esperimenti ATLAS [1] e CMS, ad LHC, è la ricerca del bosone di Higgs, il quale è fondamentale per verificare il meccanismo di rottura spontanea della simmetria delle interazioni elettrodeboli all’interno della teoria del Modello Standard. In aggiunta i principali esperimenti ad LHC (ATLAS, CMS, LHCb, ALICE) studieranno l’esistenza e le predizioni di possibili modelli supersimmetrici e faranno misure di precisione sulle proprietà dei quark pesanti. 1.1 Le Particelle Fondamentali nel Modello Standard Le particelle elementari, descritte nel Modello Standard, si distinguono in due classi diverse: bosoni e fermioni. I fermioni sono particelle di spin semi-intero ed obbediscono alla statistica di Fermi Dirac ed al Principio di esclusione di Pauli, a differenza dei bosoni, che sono particelle di spin intero governate dalla statistica di Bose Einstein. I fermioni comprendono i leptoni, elettroni, muoni e tau, con i loro corrispondenti neutrini, e i sei quark: up, down, strange, charm, top e botton. I neutrini interagiscono solo debolmente; elettroni, muoni e tau interagiscono sia debolmente che elettromagneticamente; i quark interagiscono debolmente, elettromagneticamente e anche per interazione forte. I quark, inoltre, sono 1 caratterizzati dal fatto che non essendo liberi, sono osservabili solo come sottostrutture di altre particelle, gli adroni. Tali particelle hanno tutte l’antiparticella corrispondente. Le proprietà dei quark sono riportati nella seguente tabella. Tabella 1.1 Quark ed antiquark con relativi simboli e cariche. I bosoni W, Z, γ e gli 8 gluoni hanno il ruolo di mediatori delle forze. Sia nella teoria elettrodebole, che nella cromodinamica quantistica, le interazioni tra particelle vengono descritte da teorie di campo, ognuna delle quali è costruita a partire da una particolare simmetria, detta invarianza di gauge, che prevede bosoni di campo di spin 1 e massa 0, quali il fotone per le interazioni elettromagnetiche, i gluoni per le interazioni forti ed i bosoni W+ W- e Z per l'interazione debole. Figura 1-­‐2 Modello Standard delle particelle elementari. 2 1.2 Le Interazioni Fondamentali nel Modello Standard Sebbene il Modello Standard sia convalidato da risultati sperimentali di elevata precisione, non spiega la gravità e la quantità di Materia Oscura presente nell’Universo. I fisici vorrebbero verificare la validità di una possibile nuova teoria oltre il Modello Standard, che porti ad una unificazione delle quattro forze o interazioni fondamentali: forte, elettromagnetica, debole e gravitazionale. La forza forte agisce con un range di 1 fermi=10 -15 m sui quark e sui gluoni, legandoli per formare gli adroni; questa è l’interazione che lega i protoni e i neutroni nel nucleo. La forza elettomagnetica agisce, invece, sulle particelle dotate di carica permettendo che particelle con la stessa carica si respingano e quelle di carica opposta si attraggano. L’interazione debole è a corto range (10-18 m) ed agisce tra leptoni e quark o tra soli leptoni o tra soli quark. La forza gravitazionale è l’interazione più debole in intensità e agisce con range infinito tra tutte le particelle dotate di massa. 3 Figura 1-­‐2 Diagrammi che descrivono lo scambio dei bosoni mediatori delle forze. A metà degli anni sessanta, i fisici avevano intuito l'esistenza di un legame tra due delle quattro forze fondamentali, la forza debole e la forza elettromagnetica. Esse potevano essere descritte dalla stessa teoria, che forma le basi del Modello Standard delle particelle elementari. L’unificazione elettrodebole implica che l'elettricità, la luce, il magnetismo e alcuni tipi di radioattività sono manifestazioni di un'unica forza, nota come forza elettrodebole. Le equazioni del modello standard descrivono le forze elettrodebole e quella forte e le particelle ad esse associate. In particolare i bosoni mediatori, 8 gluoni, il fotone, i due bosoni W e il bosone Z, secondo la teoria, non hanno massa. Sperimentalmente invece era stato osservato che W e Z pesavano cento volte più di un protone. Furono i fisici Robert Brout, François Englert e Peter Higgs a proporre per la prima volta l’esistenza di un campo, detto campo di Higgs, in grado di conferire massa ai bosoni W e Z. Come ogni campo, doveva necessariamente essere associato ad una particella, detta poi bosone di Higgs, particella la cui scoperta è stata annunciata dalle collaborazioni ATLAS e CMS il 4 Luglio 2012. Varie Teorie, oltre il Modello Standard, sono già state formulate per capire se la particella scoperta è il tanto cercato bosone di Higgs e se il bosone di Higgs sia più di uno. 4 Ad esempio, secondo la teoria delle SuperSimmetrie, per ogni particella ordinaria esisterebbe una particella con spin, che differisce di ±1/2. Ai fermioni corrispondono quindi bosoni supersimmetrici con spin intero, mentre ai bosoni ordinari corrispondono fermioni supersimmetrici. Dati i costituenti della materia ordinaria (quark e leptoni), i mediatori delle interazioni forti (gluoni), elettromagnetiche (fotoni), deboli (W e Z) e gravitazionali (gravitoni) e la particella di Higgs, responsabile della massa di tutte le particelle, esisterebbero i partner supersimmetrici, particelle non ancora osservate sperimentalmente e con massa più elevata rispetto alle particelle standard. Le coppie particella–partner supersimmetrico ad oggi ipotizzate sono: elettrone-selettrone, quark-squark, neutrino-sneutrino, gluonegluino, fotone-fotino, bosone W-Wino, bosone Z-Zino e gravitone-gravitino. Questa teoria porterebbe a spiegare perché le quattro forze si manifestano in maniera separata, anche se si suppone che siano manifestazioni diverse di un’unica forza. Quest’ultima, secondo la teoria supersimmetrica, sarebbe una super-forza che si è cristallizzata, nel corso del tempo nelle diverse forze osservabili. La supersimmetria, sebbene sia teoricamente coerente, non è stata ancora confermata dalla scoperta di alcuna delle particelle ipotizzate. 1.3 Il Collisore LHC Fondato nel 1954 da 12 Stati Europei, il CERN, Centro Europeo per la Ricerca Nucleare, è il più grande centro di fisica delle particelle del mondo. A cavallo tra la frontiera svizzera e quella francese, vicino a Ginevra, risulta essere un modello di cooperazione internazionale. Oggi conta 20 stati membri. Circa 6500 scienziati di 85 nazionalità vi collaborano per studiare i costituenti della materia e le forze che li legano insieme. Per condurre le sue ricerche il CERN ha costruito un complesso unico di acceleratori collegati tra loro. Queste macchine così sofisticate accelerano i fasci di particelle e le fanno entrare in collisione allo scopo di creare una densità di energia intensa come quella presente nei primi istanti dell’Universo. L’ LHC( Large Hadron Collider) è il più grande e potente acceleratore del mondo costituito da un anello di 27 km di magneti superconduttori. Può accelerare adroni fino a velocità prossime a quella della luce, facendoli scontrare ad energie fino a raggiungere, nei prossimi anni, valori di 14 TeV. Questi fasci collidono in quattro punti dove sono 5 situati i principali esperimenti della fisica delle particelle: ATLAS (A Toroidal LHC ApparatuS) e CMS (Compact Muon Solenoid) che hanno lo scopo di osservare sperimentalmente il bosone di Higgs e altre particelle; LHCb (LHC-beauty) per lo studio del quark b e ALICE (A Large Ion Collider Experiment) che studia le collisioni tra ioni piombo. Gli esperimenti più piccoli sul LHC sono TOTEM (TOTal Elastic and diffractive cross section Measurement) e LHCf (LHCforward). L’esperimento TOTEM utilizza rivelatori posizionati subito prima e subito dopo CMS e misura la probabilità e le modalità degli urti tra protoni in LHC. LHCf rivela le particelle "in avanti" infatti, essendo l'esperimento posizionato a 140 m dal punto di interazione dei fasci in ATLAS, ha la possibilità di rivelare le particelle di alta energia prodotte nella stessa direzione del fascio di LHC. Queste particelle ci permettono di capire meglio i meccanismi di interazione dei raggi cosmici con l'atmosfera. Su LCH è situato, infine, l’esperimento MoDEAL (Monopole and Exotics Detector At the LHC) che utilizza rivelatori posti nei pressi di LHCb per la ricerca del monopolo magnetico. Figura 1-­‐3 LHC con i suoi principali esperimenti. LHC produce collisioni frontali tra due fasci di particelle dello stesso tipo, protoni o ioni di piombo. I fasci vengono preparati nella catena di acceleratori del CERN prima di essere iniettati in LHC, dove circolano in un vuoto paragonabile a quello dello spazio intergalattico. I due fasci sono guidati da magneti superconduttori, raffreddati a temperature fino a 1,9 kelvin. Ogni fascio è costituito da circa 3000 pacchetti, che a loro volta contengono almeno 100 miliardi di particelle. La probabilità di scontro tra fasci di particelle è estremamente bassa. Nel punto in cui i fasci si scontreranno, infatti, le collisioni saranno solo 20 su 200 miliardi di 6 particelle. Poiché i fasci si incroceranno circa 30 milioni di volte al secondo, LHC produrrà fino a 600 milioni di collisioni al secondo. I fasci di particelle sono accelerati ad un’energia di 0,45 TeV nella catena di acceleratori più piccoli, prima essere iniettati nell’anello di LHC. Ad ogni giro, ricevono un’ulteriore spinta da un campo elettrico generato in apposite cavità, fino a raggiungere l’energia necessaria per raggiungere un valore, nel centro di massa di 14TeV (valore di progetto). Per guidare i fasci di particelle ad un’energia così alta, LHC utilizza 1800 magneti superconduttori in niobio-titanio. Questo materiale è in grado di condurre elettricità senza resistenza a temperature bassissime di circa 1,9 kelvin, ossia -271ºC. In questo modo i campi magnetici generati sono più intensi di quelli prodotti da elettromagneti tradizionali. Nei prossimi anni LHC funzionerà a circa 8 tesla, un’intensità quattro volte superiore a quella dei magneti tradizionali che producono campi magnetici di massimo 2 tesla. 1.4 L’Esperimento ATLAS Lungo 46 m, 25 m di altezza e 25 m di larghezza, ATLAS [2] (7000 tonnellate di rivelatori) è il più imponente dei rivelatori di LHC. Si trova in una caverna a 100 m sotto terra nei pressi del sito principale del CERN, vicino al villaggio di Meyrin in Svizzera. Più di 3000 scienziati provenienti da 174 istituti di 38 paesi vi lavorano. Fasci di particelle, all’interno di LHC, collidono al centro del rivelatore ATLAS. I detriti di collisione e, quindi, nuove particelle si spostano fuori dal punto di collisione in tutte le direzioni. Sei diversi sottosistemi di rivelatori disposti a strati attorno al punto di collisione registrano i percorsi, quantità di moto ed energia delle particelle, permettendo loro di essere identificati individualmente. Un enorme sistema di magneti, che genera un campo non uniforme che raggiunge un valore massimo di 4.7 tesla, modifica i percorsi delle particelle cariche in modo che i loro momenti possano essere misurati. ATLAS vanta il più grande magnete superconduttore mai realizzato al mondo lungo 26 metri. Le sue bobine sono state costruite in Italia. Questo tipo di rivelatore riesce a riprodurre la traiettoria delle particelle con la precisione di un capello sottile (0,01 millimetri). 7 Le interazioni nei rivelatori di ATLAS creano un enorme flusso di dati selezionati con un avanzato sistema di trigger, che permette di distinguere i dati da registrare e quelli da ignorare. Sistemi informatici di acquisizione vengono usati per analizzare gli eventi di collisione registrati. L’apparato ATLAS [3] ha una struttura a guscio, costituita da diversi tipi di rivelatori disposti a simmetria cilindrica intorno all’asse dei fasci. La parte del cilindro orizzontale, detta barrel, è lunga 46m, mentre le due basi, che svolgono le funzioni di tappi, sono chiamate end-caps ed hanno un diametro di 22m. Per la descrizione del rivelatore si utilizza un sistema di riferimento polari (r,θ,ɸ), utilizzando come seconda coordinata la pseudorapidità definita come ɳ= -ln tan(θ/2). Figura 1-­‐4 Struttura interna di ATLAS. Questo tipo di rivelatore è in grado di effettuare misure ad alta precisione dell'impulso dei muoni, garantendo un’ottima efficienza di tracciamento ad alta luminosità e permettendo l’identificazione di elettroni, fotoni, leptone τ e quark pesanti. Al fine di ottenere un'elevata efficienza per la maggior parte dei processi di LHC, ATLAS [4] deve avere un’ottima capacità di trigger e di misura dell’impulso trasverso delle particelle. La struttura è a strati concentrici con vari tipi di rivelatori ad ogni strato, ciascuno con uno scopo specifico. Il primo rivelatore che si incontra è l’inner detector, che 8 permette di ricostruire le tracce prodotte dalle particelle cariche. Le traiettorie vengono curvate da un intenso campo magnetico uniforme, di circa 2 tesla generato da un magnete solenoidale in cui è inserito l’inner detector. È possibile risalire al momento delle particelle tramite la misura del raggio di curvatura. Infatti, dalla legge di Lorentz, sappiamo che ogni particella carica sottoposta a campo magnetico curva la sua traiettoria secondo l’espressione: F = q(vxB). Quando v è ortogonale a B, si ricava che l’impulso della particella risulta essere legato al raggio di curvatura (r) della stessa, immersa in campo magnetico, dalla relazione: q B r = mv Conoscendo poi il verso di percorrenza della traiettoria e la direzione del campo magnetico, possiamo risalire al segno della loro carica. L'inner detector è costituito dal Pixel Tracker, il Rivelatore di Traccia a Semiconduttore (SCT) e dal Rivelatore di Traccia a Radiazione di Transizione (TRT). Il Pixel Tracker, per la ridottissima dimensione dei pixel, è quello più vicino al punto di interazione, avente una risoluzione spaziale di circa 10µm. Questo rivelatore è in grado di fornire almeno tre punti per traccia ad altissima risoluzione, permettendo l'individuazione del vertice primario dell'interazione p-p e di eventuali vertici secondari di particelle dalla vita media relativamente lunga, che decadono in particelle cariche più leggere. Questo rivelatore è suddiviso in 1744 moduli, organizzati nel barrel in tre strutture cilindriche e nell’end-cap in corone circolari. L'SCT è composto da quattro strati di microstrip di silicio, ognuna delle quali è lunga 12cm e larga 80µm, disposti parallelamente alla direzione del fascio. Questo tracciatore completa il tracciamento ad alta risoluzione, iniziato dal rivelatore a pixel, fornendo otto punti per traccia con precisione di circa 20µm. Il rivelatore più esterno è il TRT costituito da un sistema di tubi a deriva detti “straw” dal diametro di 4mm che, tramite la misura del tempo di deriva degli elettroni prodotti per ionizzazione all'interno dei tubi, è in grado di risalire alla distanza di transito della particella carica dal centro del tubo. 9 Tale sistema ha una risoluzione spaziale di circa 150 µm ed è in grado di fornire un numero di punti maggiore, rispetto ai due rivelatori precedenti. Seguono, all’esterno dei rivelatori di traccia due calorimetri, quello elettromagnetico (ECAL) e quello adronico (HCAL). Il primo misura l’energia dei fotoni ed elettroni, mentre il secondo rivela getti adronici che attraversano ECAL senza essere assorbiti. Alla base del funzionamento di un calorimetro c’è la formazione di uno sciame di particelle, che può essere elettromagnetico o adronico. Il primo è dovuto ad effetti fotoelettrici o Compton con la produzione di particelle cariche o produzione di coppie e+ e-, il secondo a reazioni nucleari. Il calorimetro assorbe completamente l’energia della particella incidente fornendo un segnale in uscita proporzionale ad essa. I muoni, non producendo sciame, attraversano il calorimetro senza essere assorbiti, pertanto all’esterno dei calorimetri è posizionato uno spettrometro a muoni di alta risoluzione. Queste particelle giungono in quest’ultimo rivelatore con un’energia superiore ai 5 GeV. Lo spettrometro a muoni è formato da tre livelli di rivelatori per il tracciamento (inner, middle e outer) immersi in un campo magnetico toroidale di circa 0.6 tesla. Il momento dei muoni viene ricostruito attraverso la loro traiettoria in campo magnetico che a differenza dell'inner detector viene generato attraverso un grande toroide realizzato con 8 bobine superconduttrici. Il sistema di magneti è progettato per coprire un intervallo di rapidità ɳ <3. Nello spazio interno al toroide sono situati rivelatori di posizione (tubi a drift) che permettono di misurare le traiettorie delle particelle. Un avanzato sistema di analisi ricostruisce l’intera traiettoria delle particelle che attraversano la struttura dello spettrometro, e dunque ci permette di conoscere il loro impulso. Infatti ricostruendo la traccia di un muone che viene deflesso dal campo magnetico è possibile determinare il momento. 10 Figura 1-­‐5 Identificazione delle particelle nell’esperimento ATLAS. 11 1.5 MicroMegas per l’Upgrade dello Spettrometro a Muoni di ATLAS L’esperimento ATLAS [5] studia le collisioni protone-protone originate al collisionatore adronico LHC del CERN a valori record di luminosità di 1034cm -2s -1e di energia di 14 TeV che verranno raggiunti nel run 2 del 2015. L’elevata luminosità di LHC è una delle più interessanti caratteristiche dell’acceleratore: infatti essa permetterà lo studio di eventi con bassissime sezioni d’urto. La frequenza R con cui è possibile produrre un certo evento è legata alla sezione d’urto σ ed alla luminosità L dalla relazione R = σL : di conseguenza, a patto di avere alte luminosità, è possibile osservare eventi con σ molto basse. La luminosità della macchina si può esprimere come segue: 𝐿= !"! ! !! !!"# !!!! !"∗ dove N è il numero di protoni per pacchetto, kb è il numero di pacchetti, frev è la frequenza di rivoluzione dei pacchetti, F è un fattore che tiene conto della non esatta collimazione dei fasci (F ~ 0.9), mp è la massa del protone, β* riguarda la focalizzazione dei fasci, E è l’energia del fascio ed ε è una grandezza legata alle dimensioni trasversali del fascio. Nei fasci dell’LHC i protoni viaggiano in pacchetti (bunch) che si incrociano ogni 25 ns. Poiché la sezione d’urto protone-protone stimata σp-p a 14 TeV è di circa 110 mb, alla luminosità di 1034cm -2s -1 si avranno circa 27 interazioni per ogni bunch crossing, stimato usando la formula: N = L · σp-p · ∆t ~ 27 Per la produzione di un bosone di Higgs nello stato finale, la sezione d’urto è stimata essere 10 pb e la frequenza di produzione di un Higgs per fusione di due gluoni sarà essere di 0,1 Hz, quindi sarà prodotto un bosone ogni 10 secondi. Nel 2018 un ulteriore upgrade porterà a valori di luminosità di 2*1034cm -2s -1. L’aumento di luminosità dei prossimi upgrade comporterà un aumento del tasso di muoni e di fondo di fotoni e neutroni. Meno del 10% di tale tasso dovrebbe provenire da muoni, circa il 20% da protoni e pioni ed 12 il resto è dovuto a interazioni di fotoni e neutroni che portano a grandi depositi energetici nelle camere a muoni. Figura 1-­‐6 New Small Wheel (NSW). L’aumento di luminosità e di energia nel centro di massa di LHC, nei prossimi run, richiederà che parte dei rivelatori descritti vengano modificati o anche sostituiti. In particolare, nel presente lavoro di tesi siamo interessati all’upgrade delle ruote piccole dello spettrometro a muoni NSW (New Small Wheel), dove si avrà la sostituzione del disco interno con un nuovo disco, costituito da MicroMeGas (MicroMesh GAseous Structure) per il tracciamento di precisione, e le sTGC (small Thin Gap Chambers), per il trigger. La proposta MAMMA (Muon Atlas MicroMegas) per la costruzione della NSW è di utilizzare 128 camere Micromegas di superficie compresa tra 0,5 e 2,5 m2. Ogni camera comprenderà otto strati di rivelatori raggruppati in gruppi di quattro. La struttura della NSW sarà divisa in due parti, in modo da avere un’alternanza di STGC e MMGS. La superficie totale del rivelatore sarà di circa 1200m2. I requisiti per i rivelatori delle NSW sono: capacità di sostenere rate di particelle di 15kHz/cm2; alta efficienza (> 98 %); risoluzione spaziale di circa 100µm su angolo di impatto fino a 30o; ottima risoluzione (pochi mm); ottima capacità di trigger; resistenza alle radiazioni e resistenza all’invecchiamento. Infatti ad alta luminosità le performance delle camere di tracciamento a muoni, in particolare nella regione end–cap diminuiscono, peggiorando le prestazioni di monitoraggio, sia in termini di efficienza che di risoluzione nella parte interna delle end-cap (Small Wheels). Dato che la risoluzione sulle misure del momento di muoni, 13 dipende dai punti misurati nelle Small Wheel, tale peggioramento risulta essere dannoso per le prestazioni del rivelatore ATLAS in generale. Il trigger di muoni a livello1, nella regione end-cap si basa sul tracciamento delle camere TGC, nel rivelatore di muoni EM (End-cap muon detector) che si trova dopo il magnete toroidale nelle end-cap. Le particelle di bassa energia, soprattutto protoni, generati nei materiali situati tra la SW e l’EM, producono trigger falsi, colpendo camere di trigger dell’end-cap con un'angolatura simile a quella di reali muoni ad alto momento trasverso. Come conseguenza, il tasso di muoni nell’end-cap è da otto a nove volte superiore a quello della regione del barrel. Le NSW saranno costituite da un insieme di rivelatori di trigger e tracciamento in grado di lavorare a ritmi elevati con una eccellente risoluzione spaziale e temporale . Figura 1-­‐7 Sezione di ATLAS Con l’utilizzo di questi rivelatori saranno notevolmente ridotti il tempo di formazione del segnale e la rimozione della carica prodotta. Ciò permetterà un funzionamento a rate molto elevati come richiesto. 14 1.6 ATLAS ED IL BOSONE DI Higgs ATLAS studia le forze fondamentali che hanno permesso l’evoluzione dell’Universo dalla sua origine allo stato attuale, e che determineranno il suo destino. Nel 2012 gli esperimenti ATLAS e CMS a LHC hanno pubblicato l’osservazione di una particella di massa 125 GeV, consistente con il bosone di Higgs.”The goddamn particle”, così definita per la prima volta da Lederman perché inafferrabile, è stata analizzata dall’esperimento ATLAS in tutti i suoi possibili decadimenti. In particolare, i decadimenti, definiti golden, sono in due fotoni e in quattro leptoni. Il primo genera molto fondo ma ha un’elevata sezione d’urto, mentre il secondo ha una bassa sezione e poco fondo. H0 ->ZZ*!4l e H0 ! 2γ. Figura 1-­‐8 Canali di decadimento del bosone di Higgs. Collisioni protone–protone a 7-8 TeV nel centro di massa, hanno permesso di osservare un eccesso di eventi a 126 GeV, che indicano l’esistenza di una particella, che ha i requisiti per essere il bosone di Higgs previsto dal Modello Standard. Il prossimo passo per ATLAS, LHC e la comunità di scienziati della fisica delle alte energie è la misura delle proprietà fisiche associate a questo eccesso ed il confronto di queste misure con quanto previsto per il bosone di Higgs, dal Modello Standard e dai molti modelli che cercano di andare oltre il Modello Standard stesso. 15 Per capire se sia proprio quello del modello standard, infatti, gli scienziati dovranno, per esempio, misurare precisamente il tasso con cui il bosone decade in altre particelle e confrontare i risultati con le previsioni. Ad oggi è stato osservato “solo” un bosone ogni trilione di collisioni protone-protone a 126 GeV. Quindi ci vorrà ancora un bel po' di tempo, prima di sapere altro. 16 Capitolo 2 Introduzione La parola Micromegas appare per la prima volta in un racconto di Voltaire, “Le Micromegas”, in cui l’autore propone un corpus letterario di rara coesione, tra dileggio della stupidità e confronto della sapienza. Le Micromegas, MICRO MEsh GAseous Structure, sono rivelatori a gas utilizzati principalmente in fisica delle particelle, in fisica nucleare e astrofisica. Essi permettono di rivelare particelle cariche che, attraversando il gas nel rivelatore, ionizzano gli atomi del gas stesso. In questo capitolo saranno descritti i principi di funzionamento di questi rivelatori e le loro principali caratteristiche: il Guadagno e la Trasparenza. 2.1 Interazione delle particelle cariche con la materia Una particella carica, che attraversa la materia, cede la sua energia agli atomi che incontra lungo il suo percorso. Le interazioni provocano l’eccitazione e la ionizzazione del mezzo attraversato, che nel nostro caso è una miscela gassosa di Argon e Anidride Carbonica. Quando l’energia ceduta dalla particella carica all’atomo è uguale o maggiore del potenziale di ionizzazione del gas, ha luogo il fenomeno della ionizzazione [8]: cioè la creazione di una coppia elettrone ione-positivo. L’energia media per creare una coppia sarà sempre maggiore del potenziale di ionizzazione degli elettroni dell’atomo. Lungo il suo percorso la particella, oltre a ionizzare il gas, ha una elevata probabilità di cedere agli atomi circostanti una energia minore del potenziale di ionizzazione, in questo caso l’energia acquisita dall’atomo viene spesa per portare un suo elettrone in un livello eccitato, pertanto gli atomi che hanno assorbito questa energia risultano eccitati. 17 2.2 Moltiplicazione a valanga In assenza di un campo elettrico esterno, le coppie elettrone-ione, formatesi a seguito della ionizzazione, si ricombinano tra loro [10]. Applicando un campo elettrico gli elettroni e gli ioni, prodotti nella ionizzazione primaria, accelerano in direzioni opposte. Gli elettroni accelerati possono a loro volta ionizzare il gas, producendo una moltiplicazione a valanga. Gli elettroni secondari possono produrre una nuova ionizzazione e così via, con la formazione di una valanga, conosciuta con il nome di valanga Townsend. A causa della grande mobilità degli elettroni rispetto agli ioni positivi, la valanga ha la forma di una goccia liquida con gli elettroni raggruppati in testa e gli ioni più lenti in coda. Figura 2.1 Forma a goccia della valanga: sul fronte sono presenti gli elettroni e sulla coda gli ioni. Quando si hanno n elettroni primari, la frazione di elettroni secondari formati per unità di percorso è data dalla equazione di Townsend: dn = n α dx dove α è la probabilità di ionizzazione per unità di percorso (coefficiente Townsend). Integrando su un percorso x si ottiene il numero di elettroni secondari: n = n0 exp (αx) dove n0 è il numero iniziale di elettroni. Si definisce fattore di moltiplicazione o di guadagno del gas il rapporto di n su n0. 18 M =n/n0= exp(αx) Se il campo elettrico non fosse uniforme dovremmo usare la seguente relazione: 𝑀=𝑒 !! !(!)!" !! . Quando 𝛼 assume valori non troppo elevati allora vale l’approssimazione di Rose e Korff ! ! = 𝐴𝑒 !!"/! con Z e R costanti che dipendono dal gas ed essendo P la pressione. Sempre per valori bassi, α dipende linearmente dall’energia media (ε) degli elettroni, mediante una costante k che dipende dal gas. Definito N come il numero di molecole per unità di volume segue che α=k(ε). Uno stesso valore di α si ottiene per campi elettrici maggiori, nel caso di una miscela di gas nobile-gas poliatomico, rispetto a quello in cui si ha solo gas nobile; infatti se si aggiunge un gas poliatomico l'energia media degli elettroni diminuisce insieme ad α. In questo caso l'approssimazione esponenziale di Rose e Korff è ancora valida. Il guadagno M non può, però, aumentare all'infinito in quanto, ad un certo punto, subentrano processi secondari che, tramite l'emissione di fotoni, tendono a far estendere il processo di valanga a tutto il volume di gas, generando effetti di carica spaziale che deformano il campo elettrico e portano alla scarica continua. Un limite è dato dalla condizione di Raether [6], secondo la quale al massimo si può avere αx ≈20 o M ≈108, dove x rappresenta la larghezza della gap di gas. Aumentando la gap x, il guadagno non può aumentare, in quanto la condizione di Raether si verifica per un valore più basso di α e quindi, fissato il campo elettrico, la probabilità di scarica aumenta all'aumentare della gap x. 19 2.3 Descrizione di un rivelatore MicroMegas Le camere MicroMegas [11] sono rivelatori a gas di geometria piana nate nella prima metà degli anni ’90, appartenenti alla classe dei rivelatori a micro-strip, costituite da un sistema di elettrodi paralleli. Una sottile micro griglia, detta micromesh, di spessore di 4 µm, separa lo spazio di conversione, o di deriva, dell’ordine dei mm, dalla zona di amplificazione, il cui spessore è dell’ordine dei 100 µm. Nella regione di conversione avviene la produzione e la deriva delle cariche prodotte a seguito della ionizzazione, mentre nella regione di amplificazione avviene la moltiplicazione a valanga. La micromesh poggia su pilastri isolanti del diametro di 200 µm, che definiscono la zona di amplificazione e sono fissati sul supporto isolante, dove sono stampate strisce anodiche di lettura. Questa configurazione ci permette di ottenere campi elettrici molto elevati, applicando tensioni basse sugli elettrodi. Il rapporto tra il campo elettrico nello spazio amplificazione e quello nella zona di conversione è legato ad una caratteristica fondamentale del rivelatore: la Trasparenza. Valori elevati del rapporto tra i due campi, ξ = E ampl/E der, garantiscono una buona trasmissione degli elettroni dalla zona di deriva alla zona di amplificazione. Quindi sotto l'azione del campo elettrico, la nube di ioni viene raccolta rapidamente sulla micromesh e gli elettroni passano nella regione di amplificazione. 20 Figura 2-­‐2 Struttura di una MicroMegas Come mostrato in figura 2-2 una MicroMegas è costituita dalle seguenti componenti: 1) Elettrodo anodico composto da strisce di rame rivestite in oro larghe 150 µm, aventi un passo di 200 µm. Lo spessore della striscia di rame è di 5 µm. Esse sono stampate su un substrato di 1 mm e permettono una sostanziale riduzione della capacità interstrip. Le strisce sono collegate a massa. 2) Gli spaziatori di quarzo aventi un diametro di 75 µm, disposti su un telaio con passo di 2mm. Il telaio di quarzo è montato sulla superficie delle strisce. Gli spaziatori definiscono con la loro altezza la zona di amplificazione. 3) La micro griglia metallica, solitamente in nichel, di spessore 3 µm. 4) L’elettrodo di deriva costituito da una griglia di nichel, spessa 100 µm, al fine di consentire una penetrazione efficace della radiazione prodotta. I vari elementi della struttura vengono collocati in un contenitore in acciaio inossidabile nel quale è presente una miscela di gas. I tempi di risposta di tale rivelatore sono dell’ordine del ns e la risoluzione spaziale può raggiungere anche 21 valori di 11µm. La risoluzione dipende dal pitch delle strip, dai campi elettrici e dalla miscela di gas, che influenza la diffusione trasversa durante la deriva. A limitare il massimo rate tollerato da questi rivelatori sono le scariche che avvengono nella zona di amplificazione; infatti quando si ha un grande deposito di energia per ionizzazione da parte di una particella incidente, può accadere che, il numero di elettroni presenti nella valanga sia superiore al limite di Raether, oltre il quale si genera una scarica. Ciò comporta una diminuzione del campo elettrico nella regione di amplificazione, dovuta ad un abbassamento di tensione sugli elettrodi. Sarà necessario attendere un tempo dell’ordine dei ms, affinché venga ristabilita dal generatore la differenza di potenziale iniziale; questa è la causa del tempo morto, che influisce sul massimo rate tollerato dal rivelatore. Per porre rimedio a questo problema sono state utilizzate le strip di lettura di rame sulle quali è depositato uno strato di materiale isolante di pochi µm al di sopra del quale si trovano le strip resistive con una resistività che varia da pochi MΩ/cm ad un centinaio di MΩ/cm. 2.4 Principio di funzionamento Le particelle cariche che attraversano la zona di deriva ionizzano il gas liberando elettroni che deviano verso la mesh. L’elettrodo di deriva è posto ad un potenziale HV1 negativo e la mesh ad un potenziale HV2 negativo ma di modulo inferiore ad HV1. La mesh risulta essere trasparente alla maggior parte degli elettroni fino ad un valore del campo elettrico nella regione di amplificazione 100 volte più grande del campo di deriva. Giunti nella zona di amplificazione gli elettroni, sotto l’azione di un campo elettrico molto elevato, vengono accelerati e si verifica il processo di moltiplicazione a valanga. La nube di elettroni, infine, viene raccolta dalle strips anodiche, a differenza degli ioni che vengono raccolti dalla mesh. La scelta della micro griglia come elettrodo centrale è dovuta al fatto che in questo modo possiamo creare zone in cui il campo elettrico è uniforme. La forma del campo elettrico risulta essere, tuttavia, disturbata vicino ai fori della micro griglia dove le linee di campo si addensano come mostrato in figura 2-3. La conoscenza della forma delle linee di campo vicino alla micro griglia risulta essere di fondamentale importanza per il 22 funzionamento del rivelatore, per l'efficienza del passaggio di elettroni attraverso la micro griglia e per la rapida evacuazione degli ioni positivi di accumulo nella zona di amplificazione. Figura 2-­‐3 Configurazione delle linee del campo elettrico in prossimità della mesh. 2.5 La MicroMegas R20 Il modello di rivelatore utilizzato in questo lavoro di tesi si chiama R20 [12]. Esso costituisce uno degli ultimi prototipi di MicroMegas la cui costruzione è basata sulla tecnologia, detta bulk MicroMegas. La caratteristica fondamentale di questo tipo di rivelatore è l’inversione dello schema di alimentazione. Sul piano di readout sono stampate le strip anodiche di rame, larghe 150 µm, lunghe 100mm e di spessore 18 µm. Le strip sono coperte da 64 µm di materiale isolante al di sopra del quale si trovano delle strip con resistività di 100 MΏ /cm. Le strip resistive hanno le stesse dimensioni di quelle anodiche, ma hanno uno spessore di 64 µm. La base della MicroMegas è costituita da un PCB, Printed Circuit Board largo1 (25.0±0.1)cm, lungo (32.4±0.1 )cm e spesso (1.70±0.05)mm. Una struttura quadrata di alluminio di lato (18.7±0.1)mm e altezza (2.27±0.05)mm accoglie l’intero apparato. Su di essa sono presenti due attacchi, che permettono di immettere il gas nel sistema. Il volume sensibile ha le dimensioni di 10 cm per lato ed è alto 5mm. Al suo interno possiamo notare la regione di amplificazione alta 2(128±4) µm e quella di deriva di (5.0±0.11)mm. La microgriglia è costituita da fili di acciaio inossidabile di 18 µm di diametro e si trova a 128µm dal piano delle strip resistive sostenuta da 23 spaziatori di materiale isolante di 400µm di diametro. Anche l’elettrodo di deriva posto al di sopra della mesh è costituito da una griglia di acciaio inossidabile, composta da fili di 22µm di diametro. L’ulteriore utilizzo della griglia per l’elettrodo di deriva permette di ottenere una maggiore trasparenza alla radiazione. Infine, la parte superiore termina con un foglio di Kapton spesso 50µm. La scelta di questo materiale è dovuta alle sue proprietà di elevata trasparenza ai raggi X, di stabilità meccanica ad alte temperature e di resistenza ai danni provocati dalle radiazioni. Infine, la protezione metallica mostrata in figura 2-4 copre un filtro passa basso che attenua il rumore di fondo prodotto dal generatore. Figura 2-­‐4 Foto della MicroMegas R20. 1 2 Queste misure sono state effettuate con un calibro ventesimale ed un metro. Misure ed errori riportati dai parametri di costruzione. 24 2.6 La miscela di gas La miscela di gas utilizzata è composta da Argon e CO2. Per le nostre misure abbiamo scelto di variare la miscela in tre percentuali: 93:7; 80:20; 85:15 (Ar:CO2). La scelta di questo tipo di gas è collegata alla velocità di deriva che dipende dalla miscela. Infatti, piccole aggiunte di gas molecolari ad un gas nobile assorbono energia negli stati rotazionali. Il gas viene inviato al nostro rivelatore tramite un flussimetro, che regola e misura il flusso del gas. Abbiamo flussato il gas a 100 ml/min. Nella parte finale del circuito del gas è presente un apparato in vetro, contenente paraffina, che oltre ad isolare la MM da agenti contaminanti esterni, tipo l’aria, permette di controllare, che il gas flussi di continuo. 25 Capitolo 3 Misura della trasparenza e del guadagno per tre diverse miscele di gas. Nel presente capitolo presentiamo i risultati dello studio della Trasparenza e del Guadagno di una Micromegas, modello R20, per tre diverse miscele di gas Ar:CO2. Le misure sono state effettuate utilizzando una sorgente di 55Fe. La Trasparenza di una Micromegas misura la percentuale di elettroni, che vengono trasmessi dalla regione di deriva alla regione di amplificazione, attraverso la mesh. Essa è un parametro fondamentale del rivelatore, perchè un buon funzionamento, ad alta efficienza, richiede che la MicroMegas lavori in regime di massima trasparenza. 3.1 La sorgente 55Fe Sulla parte superiore della MicroMegas è stata posta una sorgente radioattiva il 55Fe, uno degli isotopi più stabili del ferro. Esso è un elemento sintetico con un tempo di dimezzamento di 2.73 anni, e decade attraverso cattura elettronica 1 con un’energia di decadimento di 0,231 MeV secondo la relazione: 55 Fe → 55Mn∗ + νe Il suo prodotto di decadimento (Mn) si presenta nello stato eccitato. Quando esso si diseccita emette un fotone che, nell'88% dei casi ha un’energia di 5.894 keV, mentre nel restante 12% di 6.513 keV. 55 Mn∗ ! 55Mn + γ Se nel rivelatore entra il fotone da 5.894 keV, nell'85% dei casi vengono liberati due elettroni dall'Argon, di cui uno per effetto fotoelettrico2 dalla shell K, e l'altro per effetto Auger 26 γ + Ar → Ar2+ + e−K + e−Auger. Nel 15% dei casi, invece, viene liberato soltanto un elettrone per effetto fotoelettrico, accompagnato dall'emissione di un fotone dovuto alla diseccitazione dell'Argon γ + Ar → Ar+∗ + e−K + γd Gli elettroni liberati nei due processi perdono tutta la loro energia in circa 100 µm di spessore, pertanto, essendo il volume sensibile maggiore di 100 µm, si può ipotizzare che questi si fermino e depositino tutta la loro energia all'interno della camera. Per questo motivo nello spettro in energia del 55 Fe si vedranno due picchi corrispondenti a differenti energie rilasciate (Figura3-1). V(V) Figure 3-­‐ 1 Spettro del 55 Fe.Sono visibili tre contributi:un fondo esponenziale e due segnali di forma gaussiana corrispondenti ai processi descritti nel testo. 1 La cattura elettronica o decadimento beta inverso è un meccanismo di decadimento del nucleo quando esso assorbe uno dei suoi elettroni trasformando un protone in neutrone con conseguente emissione di un neutrino elettronico p + e − → n + νe 2 effetto fotoelettrico è un processo di interazione di un quanto gamma con gli elettroni legati. In questo processo il fotone si annichila e la sua intera energia viene trasferita all’elettrone. 27 3.2 Effetto Auger Scoperto nel 1925 dal fisico francese Pier Victor Auger, l’effetto Auger [5,9] consiste nell’emissione senza radiazione di un elettrone sottoposto a una transizione tra orbitali elettronici interni. Quando un atomo viene colpito da un elettrone (o fotone) di energia sufficientemente elevata può avvenire che un elettrone degli strati più interni (elettrone di core) venga espulso originando una lacuna elettronica. La configurazione risultante corrisponde ad un sistema atomico metastabile. Un elettrone appartenente ad un livello energetico più esterno va ad occupare il vuoto creatosi liberando una notevole quantità di energia emessa sotto forma di onda elettromagnetica. Si avrà emissione di raggi X, in quanto il fotone prodotto appartiene a tale parte dello spettro. Non sempre però l'energia rilasciata viene convertita nella produzione di un fotone in quanto può anche accadere che questa energia venga ceduta ad un terzo elettrone, del guscio più esterno, che riesce così a raggiungere il livello di vuoto e a fuoriuscire dall’atomo (elettrone Auger). L'energia cinetica dell'elettrone Auger espulso dipende esclusivamente dall'energia dei 3 livelli energetici coinvolti nel processo: T = E1 − E2 − E3 − EWF dove: E1 è l'energia del livello atomico su cui vi è la vacanza che determina lo stato metastabile dell'atomo; E2 è l'energia del livello energetico che occupava il secondo elettrone prima di andare ad occupare il posto liberatosi; E3 è l'energia del livello energetico del terzo elettrone che verrà emesso per effetto Auger; EWF è la funzione lavoro, cioè una funzione che rende conto del lavoro necessario per poter espellere l'elettrone Auger. 28 3.3 La catena di acquisizione Per la lettura del segnale sono state utilizzate solo le 116 strip centrali, sulle 360 disponibili, collegate insieme con un adeguato connettore. Un alimentatore di alta tensione della CAEN, modello N1470, permette di settare i valori della tensione sulle strip e sul piano di drift con una precisione di 0.02% sulla misura + 2V. Prima di essere acquisito, il segnale subisce due amplificazioni. Il primo stadio di amplificazione è dovuto ad un preamplificatore di carica ibrido (IO- 536) che integra il segnale in corrente negativo d’ingresso, fornendo un segnale in tensione positivo in uscita, proporzionale alla carica in ingresso. Il segnale viene successivamente trasformato da un amplificatore ORTEC 972, che permette di selezionare il guadagno opportuno per le operazioni di misura (figura3.2). Un oscilloscopio Agilent MSO 6104A legge il segnale in uscita dall’amplificatore ed un programma in LabVIEW(software di programmazione grafico) permette di scrivere su un file il valore della tensione del segnale. Figura 3-­‐2 Amplificatore ORTEC 972 29 3.4 Trasparenza La trasmissione degli elettroni dalla zona di deriva alla zona di amplificazione può essere variata cambiando il rapporto tra i campi di amplificazione e di deriva. Abbiamo quindi fatto variare il rapporto dei campi, ξ, variando le tensioni dell’elettrodo di deriva VD, ossia del catodo, mantenendo fissa la tensione sulle strip resistive. Le misure sono state eseguite fino ad un valore di ξ tale che un suo ulteriore aumento non apportasse variazioni al valore della tensione corrispondente al picco massimo, e quindi fino alla formazione di un plateau. Per differenti valori di VD abbiamo acquisito lo spettro del 55Fe, utilizzando il programma di LabVIEW che, per ogni acquisizione, ha prodotto un file contenente la tensione letta da ogni evento. Utilizzando il tool di analisi dati di ROOT [7], software di programmazione sviluppato al Cern per l’elaborazione dei dati, sono stati scritti dei programmi in linguaggio C++, al fine di realizzare gli istogrammi con i valori misurati. Con un fit si è ricavato il valore della tensione relativo al picco massimo dello spettro. Come si osserva dalla figura 3-1, il fit è stato fatto utilizzando tre tipi di curve, una esponenziale e due gaussiane. La macro effettua prima i singoli fit nei rispettivi intervalli, opportunamente scelti, e successivamente esegue un fit totale, dal quale viene ricavato il valore di tensione corrispondente al picco massimo della seconda gaussiana, con il suo errore. In alcuni casi, a tensioni elevate, è stato osservato un picco dovuto alla saturazione dell’oscilloscopio. La trasparenza è definita dalla seguente relazione: 𝑇 𝜉 = ! ! ! !"#$ essendo V(ξ) i valori del picco massimo ricavati dai parametri del fit sulla seconda gaussiana e ξMAX rappresenta il rapporto massimo dei campi elettrici fino al quale sono state acquisite le misure. Per ogni miscela è stato costruito un grafico di T, coefficiente di trasmissione o trasparenza in funzione del rapporto dei campi ξ. Infine, per ottenere la migliore corrispondenza con i dati è stato effettuato un fit con la funzione di Fermi-Dirac 30 f(x)= ! !!! (!!!)/! . I valori di a, b e c rappresentano i parametri del fit e rispettivamente indicano la massima trasmissione in plateau, il valore di ξ al quale si registra un valore di T del 50% e la pendenza della curva. 3.5 Misura di guadagno Il fattore di moltiplicazione M, o guadagno, è definito come il rapporto tra il numero di elettroni della valanga n ed il numero di elettroni prodotti dalla ionizzazione nella zona di deriva n0. Il valore di n0 è stimato mediante la seguente relazione: 𝑛0 = 𝑋 𝛥𝐸 𝛥𝐸 +𝑌 WAr WCO2 X e Y rappresentano le percentuali di gas nella miscela, WCO2 e WAr rappresentano le energie necessarie per produrre una coppia elettrone–ione in anidride carbonica e in Argon. L’energia ΔE persa dal fotone emesso dal 55 Fe è pari a 5.894 keV. Per il calcolo dell’errore su n0 è stata considerata la radice quadrata del valore di n0, in quanto è la statistica di Poisson, quando le probabilità sono molto piccole, a governare i processi in questione. La relazione tra il numero totale degli elettroni prodotti, ed il segnale letto dall’oscilloscopio è data dalla calibrazione della catena di acquisizione, secondo la quale la tensione relativa VR, letta alla fine della catena di acquisizione e la carica d’ingresso q del preamplificatore sono legate dalla seguente relazione VR =(1.776 q +0.0016 )V con q in pC. Il guadagno dell’amplificatore nella catena di acquisizione è stato selezionato di volta in volta al fine di ottimizzare la finestra di acquisizione degli spettri. 31 La misura del guadagno M è stata effettuata in condizioni di massima trasparenza fissando, quindi, la tensione sul piano di drift al valore opportuno, per ogni singola miscela e facendo variare quella sulle strip. L’errore sul guadagno è stato calcolato con la propagazione degli errori. L’intervallo di variazione della tensione sulle strip è stato scelto in maniera tale da evitare la saturazione dell’oscilloscopio. 3.6 Analisi dati Nel presente paragrafo sono riportati i dati raccolti per lo studio della Trasparenza e del Guadagno al variare della miscela. Gli spettri del ferro sono stati analizzati effettuando il fit con i tre contributi: esponenziale, gaussiana e gaussiana. I risultati sono riportati nelle tabelle. Miscela 93%Ar 7%CO2 Trasparenza Vs tensione sulle strip fissa a 550V (-­‐)VD (V) ΔVD (V) 200 220 240 260 280 320 340 360 440 460 480 500 520 540 560 580 600 ξ 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 Δξ V(ξ) (V) 107.42 97.66 89.52 82.63 76.73 67.14 63.19 59.68 48.83 46.71 44.76 42.97 41.32 39.79 38.36 37.04 35.81 1.14 0.96 0.81 0.70 0.62 0.49 0.44 0.40 0.28 0.26 0.25 0.23 0.22 0.21 0.20 0.19 0.18 ΔV (V) 5.52 5.52 5.42 5.38 5.34 5.27 5.22 5.14 5.06 4.94 4.85 4.67 4.56 4.48 4.41 4.34 4.26 TABELLA 3-­‐1 Valori misurati per il calcolo della trasparenza con Vs= 550V 32 T % 0.02 0.02 0.02 0.02 0.02 0.02 0.03 0.03 0.03 0.02 0.02 0.02 0.02 0.02 0.02 0.02 0.02 σT % 100.00 100.00 98.19 97.46 96.74 95.47 94.57 93.12 91.67 89.49 87.86 84.60 82.61 81.16 79.89 78.62 77.17 0.51 0.51 0.51 0.51 0.50 0.50 0.64 0.64 0.64 0.49 0.48 0.47 0.47 0.47 0.46 0.46 0.46 Figura 3 -­‐1 Grafico trasparenza in funzione di ξ per la miscela 93: 07 Ar:CO2 Lo studio della trasparenza per questa miscela ha mostrato che il rapporto tra il campo di amplificazione e quello di deriva deve essere maggiore di 50 per giungere al plateau. Guadagno VD sul piano di Drift fissata a- 300V no= 225±15 Vs (V) ΔVs (V) 500 510 520 530 540 550 560 570 n 2 2 2 2 2 2 2 2 2,8E+05 3,1E+05 4,2E+05 5,6E+05 7,3E+05 1,1E+06 1,4E+06 2,1E+06 σn V ΔV M σM (V) (V) 7,0E+04 0,08 0,02 1,2E+03 3,2E+02 7,0E+04 0,09 0,02 1,4E+03 3,2E+02 7,0E+04 0,12 0,02 1,9E+03 3,3E+02 7,0E+04 0,16 0,02 2,5E+03 3,5E+02 7,0E+04 0,21 0,02 3,3E+03 3,8E+02 7,0E+04 0,31 0,02 4,8E+03 4,5E+02 7,0E+04 0,39 0,02 6,0E+03 5,1E+02 7,1E+04 0,61 0,02 9,5E+03 7,1E+02 TABELLA 3-­‐2Misure per il calcolo del guadagno con VD =-­‐300V 33 Figura 2-­‐2 Grafico del guadagno in funzione di Vs per la miscela 93:07 Ar:CO2 34 Miscela 85%Ar 15% CO2 Trasparenza Vs tensione dulle strip fissata a 580V (-­‐)V D (V) ξ ΔVD σξ V (V) (V) 150 200 240 280 320 360 400 440 520 560 600 640 680 720 760 800 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 151,04 113,28 94,40 80,92 70,80 62,93 56,64 51,49 43,57 40,46 37,76 35,40 33,32 31,47 29,81 28,32 2,08 1,20 0,85 0,64 0,51 0,41 0,34 0,29 0,23 0,20 0,18 0,16 0,15 0,14 0,13 0,12 σV (V) 3,85 3,89 3,95 4,00 4,05 4,10 4,13 4,15 4,13 3,95 3,90 3,82 3,74 3,67 3,60 3,53 TABELLA 3-­‐3 Valori misurati per il calcolo della trasparenza con Vs =580V 35 T % 0,02 0,02 0,02 0,02 0,02 0,02 0,03 0,03 0,03 0,03 0,03 0,03 0,03 0,02 0,02 0,02 σT % 92,77 93,73 95,18 96,39 97,59 98,80 99,52 100,00 99,52 95,18 93,98 92,05 90,12 88,43 86,75 85,06 0,83 0,83 0,84 0,85 0,85 0,86 1,02 1,02 1,02 1,00 0,99 0,98 0,97 0,80 0,79 0,78 Figura 3-­‐3 Grafico trasparenza in funzione di ξ per la miscela 85:15Ar:CO2 Lo studio della trasparenza per questa miscela ha mostrato che il rapporto tra il campo di amplificazione e quello di deriva deve essere maggiore di 40 per giungere al plateau. 36 Guadagno VD fissata a -400V no= 219±15 VS (V) ΔVs (V) 540 550 560 570 580 590 600 610 620 630 640 n 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 σn 2,44E+05 3,14E+05 4,18E+05 5,58E+05 7,67E+05 9,76E+05 1,29E+06 1,78E+06 2,41E+06 3,17E+06 3,98E+06 3,49E+04 3,49E+04 3,50E+04 3,51E+04 3,53E+04 3,55E+04 3,59E+04 3,69E+04 3,85E+04 4,09E+04 1,08E+05 V (V) σV (V) 0,07 0,09 0,12 0,16 0,22 0,28 0,37 0,51 0,69 0,91 1,14 TABELLA 3-­‐4 Valori misurati per il calcolo del guadagno con VD=-­‐400V 37 M 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 0,03 1,08E+03 1,39E+03 1,86E+03 2,48E+03 3,41E+03 4,34E+03 5,73E+03 7,90E+03 1,07E+04 1,41E+04 1,77E+04 σM 1,71E+02 1,81E+02 1,99E+02 2,27E+02 2,76E+02 3,30E+02 4,14E+02 5,52E+02 7,33E+02 9,58E+02 1,27E+03 Figura 3-­‐4 Grafico guadagno M in funzione di Vs miscela 85:15 Ar:CO2 Miscela 80% Ar 20%CO2 Trasparenza Vs ,tensione sulle strip ,fissata a 640V ΔVD (-­‐)V D (V) ξ σξ V (V) (V) 25 50 100 200 400 600 800 1000 1200 1400 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 1000.00 500.00 250.00 125.00 62.50 41.67 31.25 25.00 20.83 17.86 80.06 20.06 5.06 1.31 0.37 0.19 0.13 0.09 0.07 0.06 σV (V) 5.78 6.32 6.16 6.19 6.30 6.14 6.00 5.68 5.19 4.89 TABELLA 3-­‐5 Valori misurati per il calcolo della trasparenza con Vs=640V 38 T % 0.02 0.02 0.02 0.02 0.02 0.02 0.02 0.02 0.02 0.02 σT % 91.46 100.00 97.47 97.94 99.68 97.15 94.94 89.87 82.12 77.37 0.43 0.45 0.44 0.44 0.45 0.44 0.44 0.43 0.41 0.40 Figura 3-­‐5 Grafico trasparenza in funzione di ξ per la miscela 80:20 AR :CO2 Lo studio della trasparenza per questa miscela ha mostrato che il rapporto tra il campo di amplificazione e quello di deriva deve essere maggiore di 100 per giungere al plateau. 39 Guadagno VD tensione sul piano di deriva fissa a -500V no= 217±15 Vs (V) ΔVs (V) 540 550 560 570 580 585 590 600 2 2 2 2 2 2 2 2 n σn 1,45E+05 1,84E+05 2,34E+05 2,92E+05 3,77E+05 4,19E+05 4,76E+05 5,43E+05 1,04E+03 1,29E+03 1,62E+03 2,01E+03 2,57E+03 2,85E+03 3,29E+03 3,73E+03 V ΔV M σM (V) (V) 0,0417 0,0001 6,46E+02 4,33E+01 0,0527 0,0001 8,17E+02 5,48E+01 0,0672 0,0001 1,04E+03 6,98E+01 0,0838 0,0001 1,30E+03 8,70E+01 0,1081 0,0001 1,68E+03 1,12E+02 0,1201 0,0001 1,86E+03 1,25E+02 0,1364 0,0002 2,11E+03 1,42E+02 0,1557 0,0002 2,41E+03 1,62E+02 TABELLA 3-­‐6 misure guadagno con VD fissata a -­‐500V Figura 3-­‐6 Guadagno in funzione di VS miscela 80:20 Ar:CO2 L’andamento del guadagno, analizzato per le tre differenti miscele, mostra come la maggiore concentrazione di CO2 sposta la tensione di lavoro, nella regione di amplificazione, verso valori maggiori. 40 Conclusioni Argomento del presente lavoro di tesi è stata la caratterizzazione di un particolare prototipo di MicroMegas. Tali rivelatori verranno utilizzati nell’upgrade di ATLAS nel 2018. Le loro caratteristiche fondamentali sono: la capacità di lavorare a tassi elevati di particelle, la risoluzione molto spinta (̴100µm) e l’elevata efficienza. Parametro fondamentale perché i rivelatori possano garantire ottime prestazioni in termini di efficienza è la Trasparenza; ovvero è necessario che le tensioni, che alimentano gli elettrodi, siano tali da garantire la massima trasmissione del segnale dalla regione di formazione a quella di amplificazione. Inoltre ponendoci in condizioni di massima trasparenza abbiamo potuto stimare il guadagno della MicroMegas in esame per le tre differenti miscele. Infatti per le misure del guadagno è stata fissata la VD a -300V per la miscela 93:7,-400V per la miscela 85:15 ed infine a-500V per la miscela 80:20. Per le tre diverse miscele si è osservato un valore massimo del guadagno M dell’ordine di 104 . L’operazione di misura effettuata sulla camera MicroMegas R20, infine, ha mostrato che l’aumento della percentuale di CO2 comporta un anticipo del ginocchio della curva della trasparenza, evidenziando il fatto che l’aumento di CO2 porta prima al raggiungimento del plateau. Tale lavoro è solo una fase preliminare di uno studio più approfondito necessario alla completa caratterizzazione delle MicroMegas. Ulteriori misure, per altre miscele, saranno necessarie, al fine di scegliere la composizione in gas, che possa garantire le migliori condizioni di lavoro in termini di Trasparenza e Guadagno. Ad oggi la miglior miscela sembra essere 93% Ar 7% CO2, in quanto la Trasparenza mostra un plateau più stabile. 41 Figure 3-­‐7. T vs ξ per le tre miscele. 42 Bibliografia 1. Retrieved from http://atlas.ch 2. ATLAS Collaboration, ATLAS Technical Proposal, CERN/LHC/94-­‐93 (1994). 3. ATLAS Collaboration, G. Aad et al., The ATLAS Experiment at ath CERN. 4. https://twiki.cern.ch/twiki/bin/viewauth/Atlas/MuonMicromegas. 5. PINCHERLE, L. (n.d.). effetto Auger. 6. Raether.. "Electron Avalanches and Breakdown in Gases". 7. ROOT, A. D. (n.d.). http://root.cern.ch/. 8. S.Sciuti. . Rivelatori delle radiazioni nucleari. 9. Treccani.. Pier Victor Auger. 10. W.J.Price.. Nuclear Radiation Detection. 11. W.R.Leo. (1994). Techniques for Nuclear and Particle Physics Experiments. 12. Y. Giomataris, G. C. (1996). MICROMEGAS: a high-­‐granularity position sensitive gaseous detectorfor high particle-­‐flux environments. 13. Y.Giomataris. Micromegas:result and prospects. 43 Ringraziamenti Ringrazio il Professore Giovanni Chiefari per la disponibilità mostrata in questi anni ed in particolare in questo lavoro di tesi, a conferma di un giudizio inconfutabile che lo attesta tra i grandi docenti per umanità e competenze scientifiche. Un doveroso ringraziamento va alla Dottoressa Camilla Di Donato per la generosa collaborazione, per l’aiuto, per la pazienza, per la sua versatilità, per il suo sorriso rassicurante che unite alle eccezionali competenze la rendono donna di inestimabile valore. Desidero ringraziare, inoltre, la Professoressa Mariagrazia Alviggi ed il Professore Riccardo de Asmundis per il contributo apportato a questo lavoro. Ringrazio la mia famiglia ed i miei amici Fabio, Lorenza, Angela, Chiara, Giusj Salvatore e Pierpaolo attenti e premurosi nei momenti di bisogno. Un ringraziamento ad Alessia ed Andrea con i quali ho condiviso questi mesi di intenso lavoro. Un ultimo ringraziamento lo rivolgo alla mia cara Professoressa Annamaria Casola, che ha guidato i miei primi passi nel mondo straordinario ed affascinante della Fisica. 44