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SPECIALE NATALE 2009
Il nostro Marco Magheri ci propone un articolo denso di contenuti che ricer‐
ca le origini dei simboli del nostro Natale nella tradizione pagana antica. NATALE di ∆∆
Il rito, in continuità con il mito fondatore, implicita‐
mente tende a stabilire un continuum senza tempo e ricrea una relazione tra il passato e un presente che sempre cambia: “establish a timeless continuity between the moment of origins and the present day”. La parola rituale dà il senso e spiega la causa del mito come azione cultica. Il rito è creativo, non conservativo (al contrario del mito); è una forma di potere sociale e di comunicazione performativa “su cose che non potrebbero essere espresse in altro modo”, perché combina un contenuto minimale con una formalizzazione estetica (performance teatrale) persuasiva. L’immaginario del partecipante rende costantemente creativo il rapporto mito/rito. Tro‐
viamo un esempio funzionale di questo rapporto nella struttura storica e simbolica del Natale Cristia‐
no. Ma andiamo per ordine. Il 17 dicembre, tutte le nazioni legate alla civiltà romana affacciate sul Me‐
diterraneo celebravano l’inizio dei Saturnalia, una grande festa in onore del dio Saturno e della dea Ops, i patroni della ricchezza della terra, della liber‐
tà e dell’età dell’Oro, in cui l’umanità era felice e non afflitta da guerre e carestie. Per una settimana, ogni cosa era permessa e tutti gli uomini, liberi e schiavi, si comportavano da eguali. Il 24 dicembre, era invece un giorno di silenzio e purificazione dagli eccessi precedenti e il 25 la popolazone offriva un sacrificio pubblico al Sol Invictus per la grande festa del Sole, detta “Natalis Invicti”, la Nascita dell’Invincibile. Veniva illuminato l’Albero del Mon‐
do, si cantavano inni ad Apollo e all’Eroe fondatore della città (nel caso di Roma, ad Enea),si eseguivano giochi, ci si vestiva di bianco, si scambiavano libagio‐
ni e doni dorati. La religione cristiana conosce una liturgia del Natale a partire dalla prima metà del IV secolo d.C. In un elenco datato intorno al 336, la Depositio Martyrum del Calendario di Filocalo (336 d. C.) in testa all’elenco dei vescovi di Roma (martirologio‐necrologio con data della loro morte) si annota al 25.12 “VIII Kalendas Januarii natus Chri‐
stus in Betleem Judaeae”. La parte civile del calen‐
dario, il Cronografo Romano (a. 354) in cui tale elen‐
co era confluito, nota ancora alla stessa data la cele‐
brazione pagana “Natalis (Solis) Invicti”. Le due for‐
me del mito natalizio non erano ancora fuse e a Ro‐
ma si evidenzia l’aspetto storico, umano e martiriale della figura di Gesù. Ancora s. Agostino considera tale nascita una memoria, un anniversario, non un “sacramentum”, un segno sacro di dimensione e‐
xtraumana come accadeva già per la celebrazione della Pasqua. Il Natale ricorda solo la comparsa car‐
nale di un uomo, non della salvezza derivata dalla sua morte e resurrezione. Natale è commemorazio‐
ne catechetica, non teologica! Più tardi, circa un se‐
colo dopo, il Natale si sarebbe trasformato in una “festa di idea”, l’evocazione di una verità fonda‐
mentale legata alle due nature del Cristo, proclama‐
te come dogma nel 451 dal Concilio di Calcedonia. Il simbolismo della luce rimane rilevante nella festa pagana in cui si inserisce il senso della luce del mon‐
do; ma ancora il Na‐
tale non viene visto come mistero: Apol‐
lo offusca Gesù Bam‐
bino. La teologia tar‐
do antica era metafi‐
sicamente avanzata e compiuta rispetto a quella cristiana. Ne sia un esempio l’inno dell’Imperatore e Pontefice Massimo Giuliano ad Helios Re, diffuso in tutto l’impero come ome‐
lia celebrativa per il natale pagano: in esso si dice che l’uomo è generato dall’uomo e da Helios, allo scopo che si rivela nelle anime secondo il genere di vita che hanno scelto. I poteri, le energie, i benefici del sole trasmessi attra‐
verso tutte le manifestazioni cosmiche possono es‐
sere osservati ed anche sperimentati da coloro che si rendono capaci di vedere “il simile attraverso il simile”. Helios è “rampollo del Bene, che il Bene ha generato a sua somiglianza, luce la cui fonte è l’incontaminata energia dell’universo” (Platone Rep 508 B). Contemporaneamente, la teologia cristiana dei Padri Cappadoci si alimentava di questi stessi temi, per spiegare il mistero della Theofaneia, dell’apparizione del logos. Dio non nasce, si manife‐
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sta! Per questa ragione l’Oriente Cristiano rimane sostanzialmente fedele alla festa dell’Epifania, al 6 di gennaio, la ricorrenza di tipo più astratto e matu‐
ro che considera il Natale come manifestazione del Cristo, luce del Mondo. Tuttavia la non definitiva cognizione delle due nature influisce sulla celebra‐
zione rituale, che è il modo diretto di manifestazio‐
ne di un dogma. La festa di Natale del 25 dicembre proviene dall’uso romano e si stabilizza a partire dal 360; negli anni a partire dal 384 al 400 è attestata a Milano, in Gallia, Spagna, Africa Proconsolare; passa in Oriente alla fine del IV sec. E nel 430 anche a Ge‐
rusalemme; nel 432 Cirillo di Alessandria la introdu‐
ce in Egitto. Nel corso del IV secolo, a Gerusalemme, Costantinopoli, Asia Minore ed Egitto la solennità dell’Epifania ha per oggetto insieme e la nascita di Gesù e il suo battesimo, dunque il suo riconosci‐
mento sia come uomo che come “Cristo”, l’Unto del Signore, il Re della Gloria. E’ considerata una “festa delle luci”, ta photà. In Siria il 6 gennaio si celebra l’incoronazione del Signore. Ma il 6 gennaio, in Ar‐
menia Egitto Arabia veniva celebrata una festa in onore di Aiôn / Aeternitatis, il dio “presente” figlio della Vergine Kore, che si mostra in relazione astrale con il Solstizio di Inverno. A Roma nel ciclo di Natale si inserisce anche la celebrazione di Cristo Re, della sua gloria di persona divina, per contrastare la visio‐
ne ariana di Gesù che tentava di diminuire la sua funzione deifica come persona Trinitaria subordina‐
ta al Padre. Per la stessa ragione apologetica Roma adotta la festa di Natale anche secondo la data o‐
rientale, l’Epifania, in cui Gesù appare come rex a‐
dorato e riconosciuto dai reges della terra. Nel V sec. Due feste di tema identico, ancorché isolate, furono riconosciute in tutto l’Occidente, ma non ancora equiparate al medesimo grado liturgico e teologico della Pasqua. In Oriente, al contrario, la “Santa Notte” dell’Epifania fu onorata allo stesso rango della Pasqua, come festa battesimale; l’apparizione del “Lumen Christi” si con‐fondeva con l’illuminazione iniziatica del neofita che riceveva il battesimo “nello stesso momento” metafisico. A partire dal 567‐568, la festività liturgica del Natale viene accolta in Oriente accanto a quella dell’Epifania. Il dogma delle Due Nature ha modifi‐
cato sia il Mito che il Rito. Il Natale come Incarnazio‐
ne si affianca all’Epifania come manifestazione del Dei Filius, la sua nascita eterna aiôn, deus praesens, parousia come generazione eterna del verbo. Il rito liturgico adegua le parole e le lectiones. “Ecce a‐
dvenit Dominus” ingloba i due dominî umano (grotta “officium pastorum”) e quello divino (cosmo ricurvo come la volta di una grotta, “officium stella‐
e”). Papa Leone Magno (440‐461) rende teologico il Natale sottolineandone il mistero del passaggio dal‐
la morte alla vita con Cristo; e la sua liturgia si arric‐
chisce del senso della divino umanità: Tit 2, 11‐15 “Apparuit gratia Dei”; Es 16, 6‐7 “oggi saprete che il Signore viene a salvarci; domani vedrete la sua Glo‐
ria”. Verso il 400 la festa dell’Epifania, il vero natale orientale, era celebrato a Gerusalemme con un so‐
lenne Officio Notturno che prevedeva, a partire dal‐
la Città Santa, un pellegrinaggio a Betlemme (Peregrinatio Aetheriae) con Messa di mezzanotte celebrata sopra la Grotta della Natività, nella basili‐
ca edificata da Costantino. Alle prime luci dell’alba, sempre in processione, si tornava a Gerusalemme per una seconda messa. Tale celebrazione fu imitata a Roma . Dopo il 431 papa Sisto III ricostruì la Basili‐
ca Liberiana sub titulo Ad Sanctam Mariam Maio‐
rem, e la fece dotare di una cappella laterale imitan‐
te la Grotta della Natività di Betlemme detta “ad Presepem”; qui veniva cantato lo stesso Officium celebrato sulla strada di ritorno da Bethlem a Geru‐
salemme, conservato oggi nel Graduale della Secon‐
da Messa in die natalis domini: “Benedictus qui ve‐
nit in nomine domini”. La Messa di mezzanotte di Bethlem venne a Roma celebrata nel IV secolo nella Basilica di sant’Anastasia costruita apud Luperca‐
lem, sopra la grotta in cui il natale romano‐pagano del Sol Invictus celebra Cristo come il nuovo Sole che sorge dalle tenebre del vecchio mondo e dell’antica grotta di Romolo e Remo. Correlazione mitologica e rituale del natale Romano che si modifica nel tempo tramite una trasformazio‐
ne liturgica nella localizzazione e nell’azione stessa. In principio vi era uno Spazio Sacro consacrato da una tradizione millenaria: Roma Quadrata (Tetraktys della scuola pitagorica italica di Ennio) – Templum Apollinis – Sylva Apollinis – Lupercal (grotta lupa e gemelli; ara di Fauno; Janus, Pan) – Maenianum (Tribuna dalla quale la corte del prin‐
ceps presiedeva ai giochi del Circo Massimo, dedica‐
to al dio Helios); poi lo spazio stesso viene modifica‐
to ma non troppo per accogliere la “nuova versio‐
ne”, la “buona novella” dell’evangelo cristiano: il primo piano del Maenianum fu trasformato e ria‐
dattato nel Titulus Anatasiae, chiesa a pianta cruci‐
forme sui modelli dell’Asia Minore (V sec: riuso del‐
lo spazio di superficie quadrangolare del Maenia‐
num). Anastasis fu titulus della prima piccola cap‐
pella cristiano ortodossa a Costantinopoli in cui 18
venne insediato Gregorio di Nazianzo da Teodosio I nel 380). Attesta Ambrogio vescovo di Milano: “Forma Crucis Templum Est, Templum Victoria Christi Sacra, Triumphalis Signat Imago”. I titula ec‐
clesiae all’inizio indicavano sedi di culto domestico privato e in questo caso, essendo ubicato nella zo‐
na delle domus imperiali, si tratta della cappella ufficiale della corte del princeps costruita sul terre‐
no palatino della Domus Augustana. Santa Anasta‐
sia era statio della seconda messa delle tre celebra‐
te nel V sec. A Roma: Santa Maria Maggiore (per analogia con Gerusalemme); S. Anastasia (per ana‐
logia con Betlemme); S. Pietro (per analogia con la nuova Gerusalemme). S. Anastasia esisteva già sot‐
to papa Damaso (336‐384) che la fece ornare con pitture; forse il suo programma politico fu quello di contrastare le tre sedi del famosissimo culto patrio: quello di Apollo Febo nella casa di Augusto, il culto del Sole al Circo Massimo (di fronte al maenianum) culto di Fauno / Pan nella grotta del Lupercale. A‐
nastasia, so‐
rellastra di C o s t a n t i n o , figlia di Co‐
stanzo Cloro (amico del logos, ma non cristiano) e di Teodora prin‐
cipessa Siria‐
na, fu sposa al Cesare Bassiano, fatto uccidere da Costantino per la sua fedeltà al cesare pagano Licinio. Il titulus per Anastasia, forse legata al palazzo di Augusto, fu ria‐
dattato probabilmente nel 326, epoca del soggior‐
no di Costantino a Roma (poco accettato dalla capi‐
tale ancora fedele alla tradizione religiosa antica). E’ possibile che in occasione di questo soggiorno, papa Silvestro (314‐335) e Costantino abbiano deci‐
so di affiancare le due festività, il Natale cristiano e il Sole del Solstizio d’Inverno, assimilando il Sol al Cristo come sole della verità e della resurrezione. Anche qui si fa opera conciliatoria di due miti e due riti con il recupero del tema della “grotta” (la “spelonca” cara ai riti mitraici di gran parte dei sol‐
dati dell’esercito imperiale), equiparando Betlem‐
me, grotta della natività, ex grotta sacra ad Adone e il Palatino, grotta Lupercale, in un isomorfismo sincretistico: epifania di Romolo (grotta dei pastori) epifania di Cristo (grotta dei pastori), manifestazio‐
ne della regalità terrena e divina, il rex divi filius a Roma e a Betlemme. Miscuglio di Natività e di Epi‐
fania è la forma liturgica più antica del Natale. Il passaggio dal Sole al Cristo fu graduale. Nel 310 Costantino si pose ad ultimo restauratore del Re‐
gnum Apollonis Augusteo prima di renderlo cristia‐
no, sempre nel tema del “regno”. Fino al 317 furo‐
no coniate monete costantiniane con il sol invictus sopra la croce. La festività liturgica del Natale sem‐
bra sia stata istituita poco dopo Nicea (325). Duran‐
te l’ultima visita a Roma (luglio 326), Costantino snobba le feste pagane e costituisce il “doppio” della basilica di Betlemme, iniziativa che sconcerta un popolo ancora tradizionalista. La chiesa di Ana‐
stasia fu verosimilmente terminata per l’occasione del primo Natale celebrato a Roma e nel mondo cristiano dal vescovo Silvestro il 25.12.326, assente Costantino, presente Anastasia. Il segno esteriore sottolineante tale programma di rinnovamento po‐
litico e religioso fu l’isomorfismo culturale delle Du‐
e Grotte di epifanie fondatrici, la pagana e la cri‐
stiana, sentite come collegate fra loro anche dai cristiani del IV sec. San Girolamo, che fu a Roma tra il 382 e il 385, tornato a Gerusalemme paragonò la “casa Romuli” al “Lupercal”: Hieronym In Didimo de Spiritu Sanctu 105 Illico ego velut Postliminio, Jerosolymam sum reversus; et post Romuli casam et ludorum Lupercalia, diversorium Mariae et sal‐
vatoris spelonca aspexi. Dies Natalis celebra il rito della rinascita del sole e sembra spesso affiancato al glifo della spelonca, alla tenebra sotterranea do‐
ve si nascondono le forze del caos. Prima di passare alla figura del Cristo, l’Europa Mediterranea unifi‐
cata dalla cultura tardo romana e dalla civiltà mili‐
tare composita che la sosteneva, era portatrice di nozioni sincretiche relative al Sol Invictus, di origine indoeuropea, presente fino dalla letteratura vedica (dio del contratto personificato=del rapporto/
analogia con l’umano). E’ noto il magnifico Inno al Sole del filosofo stoico Cleante, a cui fece da paral‐
lelo uno stesso Inno (parola che vale come “preghiera”) da parte del vescovo cristiano Grego‐
rio di Nazianzo. Il dio delle legioni tardo antiche, prima di divenire il biblico “dio degli eserciti” fu ap‐
punto Sol Invictus, il dio Mithra iranico, il Sol Aure‐
liani. Con il poeta Stazio (Tebaide 1, 717‐720) com‐
pare per la prima volta nella letteratura romana la figura semidivina di Mitra, il sol invictus domatore del toro nell’antro persico. Il suo culto è segreto, nel senso di “tenuto in disparte”, noto solo fra gli adepti nei loro vari gradi iniziatici. A Roma sono state trovate sale simposiali nei mitrei di San Cle‐
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mente e delle Terme di Caracalla; ma c’è un esem‐
pio antico anche in Giordania, a Piccola Petra: un rettangolo con panca murata e sullo sfondo l’immagine del dio. Il Mithra iranico è nato il 25 di‐
cembre in una grotta, come “luce dalla roccia”. Il suo messaggio è quello della creazione che si rige‐
nera uccidendo le forze del caos (il toro della liturgia mitraica). E’ un dramma di salvezza rivissuto come religione attiva da individui dinamici, come si rileva da un graffito di un mitreo romano: “tu ci salva‐
sti (servasti) versan‐
do il sangue”. Nel corso dei sec. II e III d.C. il sincretismo romano, tollerante verso tutti i credi, tende ad inglobare, unificare, gerarchizzare, “orientalizzare” (a partire dagli imperatori punici e siriani, i Severi ed Eliogabalo). Dopo la vittotia dell’imperatore Aureliano su Palmira, viene portata a Roma una statua di baal shamim e posta nell’enorme tempio al Campo Marzio, consacrato nel 274 al “Sol Invictus”. In tal modo, seguendo un antichissimo uso romano di votare un tempio al dio portatore di vittoria, l’imperatore, nella sua qualità di pontifex maximus, instituisce un nuovo culto affi‐
dato ai sacerdoti de Sole, la cui celebrazione cade il25 dicembre, giorno del “Natalis Invicti”. In questa teologia romana del sole, il deus praesens viene rappresentato nella figura dell’imperator; Costanti‐
no e Teodosio e gli altri imperatori cristiani, una vol‐
ta risultati vincitori col favore del loro dio, faranno altrettanto, sostituendo il XRS al nome o al simbolo dell’antico astro. Il culto del sole invincibile è eno‐
teista, mistico‐filosofico e universale (una forma di deismo, si direbbe oggi; ma già l’antichità latina di‐
ceva “quisquis es”alla divinità, sempre ignota finché non si degna di manifestarsi), come da un esempio di iscrizione greca alle terme di Caracalla: “Unico è ZEUS SERAPIS HELIOS, il dominator mundi, l’invincibile”. Tutta questa tradizione, che affonda le radici nella preistoria della civiltà dei megaliti euro‐
pei, proviene nella sua cifra metafisica dalla teologia solare platonica (Apollinea, orfico‐pitagorica) e di‐
viene tradizione unica della philosophia perennis, fino al Rinascimento di Marsilio Ficino, Niccolò Cu‐
sano; fino ai Cavalieri Templari, Jakob Böhme etc. Porfirio scrisse un trattato Sul Sole, oggi perduto, da affiancare agli insegnamenti di Plotino protetto dall’imperatore Gallieno. Julianus Imperator il 25 dicembre 362 per la festa del Natalis Invicti celebra‐
ta in Roma, compone e recita un inno‐logos al Sole Re. Macrobio, Saturnalia (dialogo fra amici alla ma‐
niera platonica durante un simposio per le feste dei Saturnalia 383‐384), insegna che Sol è il culto degli altri déi uniti (forze minori derivanti da un’unica for‐
za infinita): Apollo, Liber Pater, Mars, Mercurius, Aesculapius, Hercules, Serapis, Adon, Attis, Osiris, Horus, Pan (Iunus Ianus) Saturnus, Juppiter. Hadad. E’ il pontifex maximus Praetestatus che presiede a tutti i culti “sacrorum omnium”. La riunificazione intellettuale delle funzioni divine riconduce facil‐
mente e fatalmente alla ricostruzione di un monote‐
ismo stretto in cui subentra il concetto della divini‐
tà gelosa, di un Pater YHVH che anche come impe‐
rator impone un unico credo facile da comprendere per un mondo fondato, cristianamente, sugli umili, gli oppressi, i sofferenti e gli ignoranti, a cui va di diritto indirizzato un logos comprensibile ed accet‐
tabile; così il sole astratto dei pitagorici, attraverso il passaggio nelle grotte orfiche e mitraiche, si cristal‐
lizza nella figura del Presepio e di Gesù Bambino, che per i duemila anni della sua storia ha continuato e continua a salvare efficacemente il mondo nell’immaginario collettivo dell’umanità e dei suoi semplificati schemi teologici. Il mito resta eterno, il rito si modifica nel corso dei tempi per spiegare con modi diversi la stessa realtà di nascita e di divinizza‐
zione proposta all’uomo “di buona volontà”! Pitago‐
ra: la vita umana partecipa del calore universale ed è in risonanza col sole, portatore di vita. Anche l’amore del cristiano può produrre il Fuoco del Sole, il luogo dove “Numen inest, habitat deus”, “Puer natus est nobis, puer aeternus”! Si tratta in definiti‐
va di un invito al trionfo sulla morte, di cui resta co‐
munque centrale (sia pur nella stella di Betlemme) il calore del fuoco solare come simbolo di vittoria e rinascita. Le insegne universali dell’esercito romano tardo antico contenevano simboli solari celtici (ruota, cerchi concentrici, croce uncinata), illirici, germanici (mezzaluna, disco su sostegno a verga). Sull’arco di Costantino si vede raffigurato il dio sole che guida l’esercito accanto alla Vittoria (Helios A‐
pollo Fuoco Agni!). Nei Symbola di Horapollo, il ge‐
roglifico del sole indica l’eternità. Anche il Natale spiegato ai bambini niente perde della ricchezza e nell’infinità di tutti i simboli antichi raccolti nel Pre‐
sepio. Tantissimi
Auguri di Buone
Feste a tutti!!!