enrico borello, silvia mannori TEORIA E TECNICA DELLE COMUNICAZIONI DI MASSA Negli ultimi anni l’interesse per gli studi sulla comunicazione, stimolato anche da richieste provenienti dal mondo del lavoro, è cresciuto enormemente e ha dato vita a un vivace dibattito a cui partecipano, con posizioni spesso contraddittorie, numerose discipline. Questa situazione rende difficile trattare il complesso degli aspetti legati alla comunicazione in una prospettiva coerente e che possa essere universalmente accettata. L’opera si propone però di fare un tentativo in questo senso e, partendo da una ricognizione storica quanto più possibile completa, offrire una serie di ipotesi di lavoro riconoscibili come unificanti. La prima parte del volume esamina quindi i principali modelli comunicativi e presenta le posizioni che, in base alla nozione di competenza comunicativa, sembrano più valide. La seconda parte illustra invece le applicazioni di alcuni modelli comunicativi alla comunicazione pubblicitaria e alla comunicazione del sistema moda, contribuendo quindi a dare soluzioni anche a problemi pratici di management. e NRICO b ORELLO s ILVIA m ANNORI ENRICO BORELLO è presidente del corso di laurea in Comunicazione Linguistica e Multimediale dell’Università di Firenze e direttore del master in Pubblicità istituzionale, comunicazione multimediale e creazione di eventi. Insegna Didattica delle Lingue Straniere Moderne e Teoria e Tecnica delle Comunicazioni di Massa. Ha pubblicato tra gli altri Le parole dei mestieri. Gergo e comunicazione (2001) e (con B. Baldi) Teorie della comunicazione e glottodidattica (2003). TEORIA E TECNICA DELLE COMUNICAZIONI DI MASSA SILVIA MANNORI insegna Teoria e Tecnica delle Comunicazioni di Massa presso l’Università di Firenze ed è tutor didattico del master in Pubblicità istituzionale, comunicazione multimediale e creazione di eventi. Sui temi della comunicazione di massa ha pubblicato diversi articoli su periodici nazionali ed internazionali. 15,50 € ISBN 978-88-8453-590-0 9 788884 535900 FUP manuali umanistica – 6 – lettere strumenti – 2 – titoli già pubblicati 1. Francesco Michelazzo, Nuovi itinerari alla scoperta del greco antico. Le strutture fondamentali della lingua greca: fonetica, morfologia, sintassi, semantica, pragmatica, 2006 enrico borello silvia mannori Teoria e tecnica delle comunicazioni di massa Firenze University Press 2007 Teoria e tecnica delle comunicazioni di massa / Enrico Borello, Silvia Mannori. – Firenze : Firenze university press, 2007. (Manuali. Umanistica, 6) http://digital.casalini.it/9788884535894 ISBN 978-88-8453-589-4 (online) ISBN 978-88-8453-590-0 (print) 301.16 (ed. 20) Comunicazioni di massa Sono di E. Borello l’Introduzione, il capitolo 7 e il capitolo 8. I restanti capitoli sono di S. Mannori. © 2007 Firenze University Press Università degli Studi di Firenze Firenze University Press Borgo Albizi, 28 50122 Firenze, Italy http://epress.unifi.it/ Printed in Italy Sommario Introduzione Parte I La comunicazione di massa: teorie e modelli ix 1 Cap. 1 – La comunicazione di massa 3 1.1. La comunicazione 3 1.2. Elementi della comunicazione 4 1.3. I Media 5 1.4. Le comunicazioni di massa 8 8 1.5. I Modi di considerare la comunicazione 1.6. La teoria sistemica 10 1.7. Comunicazione interpersonale e comunicazione di massa 12 1.8. La comunicazione in rete 12 Cap. 2 – Le teorie della comunicazione di massa 2.1. Discorso introduttivo 2.2. La società di massa 2.3. La teoria ipodermica 2.4. Il modello di Lasswell 2.5. Opinion leader 2.6. Approccio empirico-sperimentale o della persuasione 2.7. Le teorie dell’influenza selettiva 2.8. La teoria funzionalista 2.9. Teoria culturologica 2.10.Teoria critica 15 15 15 16 17 18 19 21 22 24 25 Cap. 3 – Lo studio degli effetti a lungo termine 3.1. Discorso introduttivo 3.2. La teoria dell’agenda setting 3.3. La teoria della spirale del silenzio 3.4. La teoria della coltivazione 3.5. La teoria degli scarti di conoscenza 3.6. I cultural studies 27 27 27 28 29 29 30 VI sommario Cap. 4 – I modelli della comunicazione 4.1 Il modello matematico della comunicazione 4.2. Il modello di Jakobson 4.3. La scuola di Palo Alto 4.4. Il modello di Schramm 4.5. Il modello di Gerbner 4.6. Il modello semiotico informazionale 4.7. Il modello semiotico testuale 4.8. Encoding decoding model 4.9. Il modello semiotico-enunciazionale 33 33 34 40 41 42 42 43 44 45 Parte II Pubblicità e consumo 47 Cap. 5 – La pubblicità 5.1. Discorso introduttivo 5.2. La programmazione di una campagna pubblicitaria 5.3. Diversi modi di fare pubblicità 5.4. La determinazione degli obiettivi 5.5. La scelta fra i principali mezzi pubblicitari 5.6. L’elaborazione del messaggio pubblicitario e la sua struttura 5.7. La persuasione 5.8. La struttura del desiderio 5.9. Il linguaggio pubblicitario 5.10.Strategie di naming 5.11. Segni non lineari 5.12.Iconismi sintattici 5.13.Retorica e pubblicità 5.14.Il linguaggio poetico-letterario 5.15.Il linguaggio tecnico-scientifico 5.16.Le lingue straniere 5.17.Musica e colori 5.18.La decodifica della pubblicità 5.19.Il linguaggio dei pubblicitari 64 65 66 66 68 69 70 70 74 74 75 76 77 79 Cap. 6 – 6.1. 6.2. 6.3. 6.4. 6.5. 6.6. 6.7. 83 83 83 84 85 86 87 88 Il marketing e il nuovo consumatore Introduzione Nascita del marketing Marketing indifferenziato e a segmentazione di mercato La strategia promozionale Il processo di comunicazione La confezione Il nuovo consumatore 49 49 50 52 53 53 teoria e tecnica delle comunicazioni di massa 6.8. Il problema decisionale del consumatore 6.9. Ricognizione del problema 6.10.Natura del processo di ricerca delle informazioni 6.11.Il consumatore e la marca Cap. 7 – 7.1. 7.2. 7.3. 7.4. 7.5. 7.6. Pubblicità e consumo Discorso introduttivo Chi determina l’offerta? Dal linguaggio del prodotto al linguaggio della marca Persuasione nei messaggi pubblicitari Il consumo culturale tra élite e massa Conclusioni VII 88 92 92 94 97 97 97 98 107 108 110 Cap. 8 – Moda e consumo 8.1. Discorso introduttivo 8.2. Il consumo come diversificazione sociale 8.3. Le nuove tendenze nel consumo della moda 8.4. I nuovi significati della moda 8.5. Moda e mercati 8.6. Gli stili di vita 8.7. Il marketing del passaparola: le api dei Pokémon e di Harry Potter 8.8. Dopo gli Yuppies i bobos 8.9. Ibridi e forme tribali 8.10.Tendenze emergenti 8.11.La comunicazione seduttiva 124 125 126 127 132 Appendice La comunicazione pubblicitaria in Italia (1945-1985) 135 Glossario 141 Riferimenti Bibliografici 145 113 113 113 115 118 121 122 Introduzione Definire la comunicazione può sembrare una cosa facile e scontata. Ciò dipende dal fatto che la comunicazione è caratterizzata da un’estrema quotidianità: l’attività umana è attività di relazione e quindi di comunicazione. Quando al mattino la sveglia fa bip-bip e ci butta con malagrazia fuori dal letto senza badare minimamente al nostro umore, ci dice che è ora di alzarci e che per noi ha inizio una piacevole giornata di lavoro. La sveglia utilizza il linguaggio del suono e magari aggiungerà pure una deliziosa musichetta che ci manderà fuori dai gangheri. L’occhio rosso acceso del semaforo che ci ferma al crocicchio della strada ci avverte che non si può passare. Non utilizza il suono ma il colore, l’immagine visiva, usa il linguaggio iconico, e la stessa cosa fanno le strisce pedonali quando ci invitano in silenzio a passare: ci dicono che su di loro possiamo attraversare la strada sicuri, senza il pericolo di essere stirati a dovere e di lasciare orfani e vedove. E se poi per la strada scoppia un litigio per banali motivi di precedenza e vi viene fatto un gestaccio, non stupitevi più di tanto: il vostro “avversario” usa il linguaggio gestuale. Lo sapeva già Dante quando nell’Inferno incontra un suo conterraneo, ladro di sacrestia, che gli predice un sacco di cose cattive e poi suggella il suo triste oroscopo con un gesto sconcio: “Al fine delle sue parole il ladro / Le mani alzò con ambedue le fiche” (Inf. XXV). Anche il corpo ha dunque un suo linguaggio, e non solo quello originario ed ancestrale del suo odore, delle sue forme, dei suoi ammiccamenti, dei richiami erotici ma anche quello più propriamente comunicativo, funzionale ed espressivo, come il linguaggio mimico. E c’è persino un linguaggio che utilizza, in funzione comunicativa, anche il collocarsi nello spazio rispetto agli altri: il linguaggio prossemico. Quando Kennedy andava tra la gente e stringeva centinaia di mani protese, parlava un linguaggio democratico, o meglio, il suo stesso porsi nello spazio, vicino introduzione o addirittura dentro la folla ci diceva che era un democratico, uno tra i tanti. Quando Mussolini, alto su un podio inaccessibile, di fronte ad una folla sterminata ai suoi piedi, parlava il linguaggio del grande capo, comunicava oltre che con le parole, con il suo stesso porsi nello spazio, in alto e staccato dalla gente. Dipanando il filo del linguaggio prossemico all’inverso, è assai facile arrivare da Mussolini a Fantozzi. L’omino spaurito e balbettante cui si “incrociano i diti” e che, piccolissimo in prospettiva, avanza verso il Capo megagalattico, seduto dietro la scrivania megagalattica, in una sala megagalattica tocca il grottesco del linguaggio prossemico. E il sorriso benevolente-agghiacciante con cui il Grande Capo accoglie il piccolissimo suddito suggella tale linguaggio con un cannibalesco ossimoro. Il linguaggio dei suoni, quello iconico, gestuale, mimico o prossemico – oltre naturalmente a quello della parola che si apre ad infinite possibilità comunicative ed espressive – hanno un loro codice che la parola decodifica, spiega, giustifica nei diversi livelli: referenziale, emotivo, conativo, di contatto e metalinguistico. Un selvaggio che sentisse suonare la sveglia continuerebbe a dormire o la scaccerebbe come una zanzara, se non gli fosse stato spiegato il codice con la parola, e lascerebbe orfani e vedove dietro di sé se non gli fosse stato chiarito che il rosso del semaforo gli dice stop. Ognuno di questi linguaggi ha un proprio codice, ha registri ed impieghi particolari, ma ognuno può essere impiegato con due funzioni essenziali ben diverse: quella della pura e semplice informazione o quella espressiva, con un più profondo coinvolgimento emotivo che gli conferisce i caratteri propri dell’arte e della creatività. Il linguaggio dei suoni della sveglia mattutina è il linguaggio anonimo dell’informazione che ci comunica che è l’ora di alzarci; il linguaggio dei suoni di un jingle è il linguaggio espressivo della creatività che si suppone riesca comunicarci qualcosa di emotivamente più importante. Il linguaggio iconico del semaforo o delle strisce pedonali è il linguaggio anonimo della comunicazione ben diverso dal linguaggio iconico visivo di un quadro. Così il linguaggio gestuale, magari un po’ volgare, dell’autista furioso non può essere confuso con quello mimico di Charlot. Persino il linguaggio prossemico cui ricorrono i film di Fantozzi è qualcosa di diverso dal linguaggio prossemico del dittatore o dell’uomo politico, funzionale alla conquista del potere o alla sua gestione, ed è diverso perché nel primo caso ci procura un’emozione, del tutto disinteressata, tesa a rappresentare e denunciare una situazione umana degradata (la funzione morale del comico e del grottesco), mentre nel secondo ci procura una emozione pratica ed è frutto di calcolo e di interesse. A questo punto è già possibile intravedere come anche il linguaggio verbale possa caratterizzarsi sia come linguaggio della semplice comunicazione sia come linguaggio creativo – usato, ad esempio, nella pubblicità. Per queste ragioni, parlare di comunicazione, non è una cosa facile e scontata. Può infatti capitare di evidenziare in modo particolare gli aspetti teorici e razionali del fenomeno, tralasciando gli aspetti pratici, o di con- teoria e tecnica delle comunicazioni di massa XI siderare il messaggio informativo esclusivamente dal punto di vista dell’emittente, come se si trattasse di un testo asettico senza lettore. E infatti, il destinatario delle comunicazioni di massa ha impiegato molti decenni per diventare un soggetto comunicativo riconosciuto in attivo. Questo modo di vedere la comunicazione non è stato solo teorico, ma ha influenzato tutti i settori della società, con diverse ricadute: basta pensare al modo in cui le aziende hanno considerato il proprio destinatario, il quale, da target da bombardare, è diventato prima consumatore, e poi soggetto di bisogni da soddisfare. Bisogna infatti rilevare che esistono svariati modi di osservare ciascun elemento della comunicazione. Per esempio il ricevente può essere visto, da un punto di vista sociologico, come “pubblico”, ed allora si baderà agli “effetti” indotti dalla pubblicità, oppure può essere considerato, in una strategia comunicativa, come un ente astratto, ed ecco che allora il marketing (e la pragmatica) illustreranno le modalità con cui il testo si rivolge ad un determinato lettore. Discorsi simili valgono per il canale e per l’emittente. Il fenomeno è allora concettualmente più complesso di quanto non sembri a prima vista, e per essere adeguatamente spiegato implica la creazione di modelli interpretativi sofisticati, mutuati da discipline talvolta tra loro poco comunicanti. Questo libro rispecchia perciò la necessità di analizzare la comunicazione tanto in senso di produzione quanto in quello di comprensione del messaggio, ed il filo conduttore è la volontà di parlarne da punti di vista differenti, come è necessario in un corso di comunicazioni di massa. E. Borello parte i La comunicazione di massa: teorie e modelli Capitolo 1 La comunicazione di massa 1.1. La comunicazione La comunicazione può essere definita uno scambio di sapere e di emozioni tra due o più persone. Ugo Volli nel Libro della comunicazione esordisce con l’assioma formulato da Watzlawick della Scuola di Palo Alto: “non è possibile non comunicare”: infatti tutto intorno a noi può essere visto e interpretato come comunicazione. Il termine comunicare deriva dal latino communis che significa “mettere in comune”, “rendere partecipi”. Nel corso degli anni però questa accezione di significato è cambiata e l’interesse si è spostato sui meccanismi di trasmissione del messaggio fino ad arrivare all’attenzione verso il destinatario. La comunicazione deve avere almeno due caratteristiche: 1. la possibilità, per chi riceve, di trasmettere a sua volta; 2. partecipazione allo scambio comunicativo. Detto questo possiamo dare una definizione più precisa della comunicazione: La comunicazione può essere definita come uno scambio interattivo osservabile fra due o più partecipanti, dotato di intenzionalità reciproca e di un certo livello di consapevolezza, in grado di far condividere un determinato significato sulla base di sistemi simbolici e convenzionali di significazione e di segnalazione secondo la cultura di riferimento. (Anolli, 2002: 26) Bisogna fare attenzione a distinguere la comunicazione dall’informazione. L’informazione è un processo di acquisizione di conoscenze, un passaggio di dati; nella comunicazione, invece, l’informazione viene “messa