27/05/09 Diana G. e Sara M. Medicina di laboratorio Prof. Parisi 08

27/05/09
Diana G. e Sara M.
Medicina di laboratorio
Prof. Parisi 08
Sommario:
 Arboviruses
 Virus della rabbia
 Febbri emorragiche
 Sifillide
ARBOVIRUSES (arthropod born viruses)
Di questi virus si è già accennato a riguardo degli agenti patogeni capace di indurre infezioni del SNC.
Si tratta di una famiglia di virus trasmessi da artropodi a cui appartiene oltre al virus Toscana,
(scoperto in Toscana ma in realtà presente in tutta Italia e nel Mediterraneo, sicuramente in Spagna e
in Francia) anche i virus di West-Nile , che qualche anno fa hanno infestato gli stati Uniti. Gli Stati
Uniti sono stati particolarmente bravi a monitorare l’epidemia e hanno dimostrato come un nuovo
virus può prendere possesso di un territorio.
I virus di West-Nile costituiscono un classico caso di importazione traumatica di un agente nuovo ad
opera del vettore, in primis l’uccello e poi l’artropode responsabile della trasmissione dall’uccello
all’uomo. Se ne è parlato subito come di una nuova forma di pestilenza, ma sembra che abbia avuto
origine in Africa. Molte infezioni nell’uomo sono clinicamente in apparenti: una su cinque può dare
febbre e una su cento può dare coinvolgimento del SNC, (all’inizio si pensava che a rischio di
coinvolgimento del SNC fossero soprattutto gli anziani, ma poi questa supposizione è stata smentita)
e, inoltre, si nota la comparsa di un rash e di una linfadenopatia aspecifiche. Nei casi più gravi di
coinvolgimento neurologico si può avere la comparsa di paralisi flaccida acuta, convulsioni e segni
neurologici focali con una progressione infausta che può condurre a morte. Il periodo di incubazione è
estremamente variabile, da 2 a 15 giorni. Per quanto riguarda le modalità di trasmissione l’ospite
reservoir è dato da un uccello ( generalmente un corvo) che trasmette il virus a un artropode ( ospite
intermedio) che a sua volta lo trasferisce all’uomo oppure al cavallo. La diagnosi viene fatta
ricercando IgM in un campione di liquor o di sangue ed eventualmente si dovrà fare diagnosi
differenziale con l’infezione da entero- o herpes virus.
Si è cercata la presenza del virus di West-Nile anche in Italia, ritrovandola però solo in dei cavalli (
anche nel Veneto, a Rovigo) e non nell’uomo. In realtà una signora anziana di Rovigo, ricoverata in
ospedale, era risultata positiva per gli anticorpi contro West-Nile, ma, non essendosi trovato il virus,
non si riuscì a determinare se la sua patologia clinica fosse o meno correlata all’infezione di questo
patogeno. In ultima analisi, in Italia non si effettua lo screening sierologico per il virus, dato che nel
nostro Paese non si è ancora verificato il salto all’uomo. In Italia comunque si trovano due “parenti”
del West-Nile, quali il virus Toscana e TBE.
Prendiamo ora in considerazione l’invasione del West-Nile negli USA per far vedere come in 5-6 anni
gli americani abbiano saputo gestire, a fronte di centinaia di morti, una diagnostica tanto
estremamente difficile e costosa:

Nel 1999 notarono la presenza del virus negli uccelli e pochissimo nell’uomo, nelle coste
occidentali e orientali

Nel 2000 notarono un allargamento dell’area in cui si rinvenivano uccelli infetti e
incominciarono a divenire rilevanti i casi umani, a causa della facilità di diffusione in un
ambiente densamente popolato. Vi fu infatti un’espansione alle regioni meridionali e nel 2002
l’invasione raggiunse anche le regioni centrali, Nord e Sud, giungendo sino in Messico e pure
in Canada, dove riuscì a diffondersi nonostante il clima freddo.

Nel 2003 ormai si contavano centinaia di casi umani e nel 2004 l’infezione si spostò verso
ovest, lasciando un po’ scoperta una zona per mancanza di reservoir animali.

L’infezione, frattanto passata al Nord, divenne un grosso problema in California.

Nel 2005 l’espansione drammatica del virus ne aveva reso un problema per le trasfusioni e le
donazioni d’organo.
In totale si contarono 2.949 casi in 628 contee in 42 stati con ben 800 morti e tanti casi con malattia
neurologica. All’inizio si diagnosticavano soprattutto casi con manifestazione neurologica dato che
erano quelli più facili da individuare ma in seguito, passata l’ondata, si fece diagnosi di tanti casi
senza sintomatologia neurologica e subclinici. All’inizio sembrava che fosse un problema stagionale,
legato ad un vettore, ma poi si vide che la diffusione era di tale entità da estendersi a tutto il periodo
dell’anno, a indicare che probabilmente vi erano diversi vettori. A essere precisi, nel 2002-3 si rilevò
un’incidenza stagionale spostata verso i mesi estivi, che però venne meno negli anni successivi al
2003. Le fasce d’età più colpite sono state quelle centrali e degli anziani, mentre i bambini sono stati
poco colpiti.
Considerando la diffusione rapportata alla densità di popolazione si vede che in California, nonostante
i tantissimi casi manifestatisi, vi è stata una prevalenza bassa, a causa dell’elevato tasso di
popolazione, mentre in zone poco popolate sono bastati pochi casi per registrare una prevalenza
elevata.
Si pose il problema del “blood screening”, dato che per i soggetti trovati con anticorpi positivi si
temeva che avessero una bassa viremia e per quelli trovati con anticorpi negativi si temeva che fossero
in periodo finestra. Per ovviare a ciò si fece il NAT ( test di amplificazione degli acidi nucleici) sia ai
sierologici positivi che negativi e per avere il massimo della sensibilità si dovette fare NAT singole
anziché a pull. Si trovarono sacche positive in Texas, California, Stati centrali, perché vi erano come
vettori vari tipi di uccelli molto infettanti. Ovviamente vale la pena fare le NAT singole solo in casi
come questi in cui il pull di reservoir è estremamente infettante ( e non in paesi come il nostro). I casi
effettivamente dimostrati di infezione post-trsfusionale furono pochissimi: nel New England del 2005
furono riportate prevalenze stimate di 1,5 per diecimila donazioni e 0.44 per diecimila donazioni nel
2003 ( l’aumento dal 2003 al 2005 non è conseguenza di un peggioramento dello screening, ma i dati
dipendono dalle aree, a diversa densità di popolazione, in cui sono stati raccolti). Pochi furono anche
gli infettati per donazione d’organo.
Per capire quanto scrupoloso fu il monitoraggio dell’epidemiologia riporto i seguenti dati:

Furono testati 23 milioni di moschini, trovandone 11485 positivi;

Furono trovati 21000 uccelli morti per West-Nile e 8653 testati positivi

L’81% degli uccelli vettori erano corvi; il problema consisteva nel cercare di capire come si
fossero infettati e se avrebbero potuto estendere l’infezione a altri tipi di uccelli.
RABBIA
Anche se è da una decina di anni che non si fa diagnosi di un caso di rabbia in Italia, è giusto farne un
accenno dato che costituisce un problema di una certa attualità in paesi dell’Europa dell’Est come
l’Ungheria, la Romania e la Croazia e che animali in grado di trasmettere la malattia all’uomo, quali
essenzialmente volpi e cani selvatici, potrebbero eventualmente “attraversare la frontiera” e sconfinare
in Italia.
Il virus della rabbia si associa a tassi di mortalità elevatissimi (contro quelli bassi del virus Toscana,
TBE e del West-Niel che è del 10%) e non esiste una terapia. Tuttavia è disponibile un vaccino
complesso contro la rabbia che consiste in Ig specifiche da somministrarsi in sette-otto dosi a
1,3,7,15,30,60,120 giorni.
In caso di un morso da parte di un cane o un altro animale selvatico che si sospetta rabbioso si deve
badare a dove è il morso, quanto è lacerata la carne e a quanto stretto è stato il contatto tra la saliva
dell’animale e la carne morsa. Se possibile, è fondamentale verificare se l’animale è vaccinato o meno
contro la rabbia. Se l’animale non dovesse essere vaccinato (e quindi se non fosse possibile escludere
qualsiasi rischio di infezione del paziente dal virus della rabbia) si dovrà tenere sotto osservazione
l’animale per alcuni giorni: se il cane dopo 1-2 giorni dal morso manifesterà sintomi più gravi si potrà
fare una diagnosi tempestiva anche della possibilità che il paziente morso possa averla contratta,
mentre se il cane resterà in buona salute si potrà escludere il rischio di un’infezione da virus della
rabbia.
Praticamente in caso di sospetto contagio si procede subito somministrando le immunoglobuline (
immunità passiva), per poi dare il vaccino nel caso in cui l’animale particolarmente aggressivo sia
scappato e non sia più rintracciabile; se invece si è riusciti a mettere sotto osservazione l’animale, si
inizia il vaccino e lo si interrompe solo se , a distanza di alcuni giorni dal morso, l’animale dovesse
stare ancora bene.
Rhabdovirus
Caratteristiche peculiari: virus a forma di proiettile, provvisto di envelope, con genoma costituito da RNA a
singolo filamento, con polarità negativa, che codifica 5 proteine; modello per la replicazione del virus a
polarità negativa, dotati di envelope; replicazione nel citoplasma.
Meccanismi patogenetici del virus della rabbia: la rabbia si trasmette con la saliva ed in genere ci si infetta
tramite un morso di un animale affetto da rabbia. Il virus della rabbia non è marcatamente citolitico e
sembra rimanere associato alla cellula. Il virus replica nel muscolo, nella sede del morso, con sintomi
minimi o in modo asintomatico (fase d’incubazione). La durata del periodo di incubazione dipende dalla
dose infettante e dalla vicinanza del sito di infezione al SNC e al cervello. Dopo settimane o mesi il virus
infetta i nervi periferici e risale il SNC fino al cervello (Fase prodomica). L’infezione al cervello causa i
classici sintomi, coma e morte (fase neurologica). Durante la fase neurologica il virus diffonde alla
ghiandole, alla cute e alle altre parti del corpo comprese le ghiandole salivari, dalle quali viene emesso.
L0infezione non stimola una risposta anticorpale fino a quanto non sono raggiunti gli stadi avanzati della
malattia, quando il virus è passato dal sistema nervoso centrale ad altri siti. Gli anticorpi possono bloccare
la progressione del virus e la malattia. Il lungo periodo di incubazione consente l’immunizzazione attiva
come trattamento post-esposizionale.
ALTRI VIRUS EMERGENTI E FEBBRI EMORRAGICHE
L’infezione dal virus Chikungunya comporta l’insorgenza di generici sintomi influenzali, mal di testa,
sintomi di affaticamento, mialgie e in più poliartralgia. Per questo virus non esiste né vaccino, né
terapia antivirale, ma solo una terapia di supporto che è importante per ridurre i sintomi, dati
essenzialmente da dolori muscolari e artralgie. Il virus inizialmente descritto nel Sud Est asiatico si
espanse fino alla regione est dell’Africa centrale, Madagascar e , nel 2005-2006, diete vita ad un out
break nelle isole Reunion.
Da studi sull’evoluzione filogenetica del virus Chikungunya, si è visto che il virus era relativamente
diverso nelle varie regioni in cui era stato rinvenuto.
Particolarmente interessante apparve l’outbreak nelle isole Reunion, perchè sugli 800,000 abitanti
presenti ben 265, 000 furono contagiati, il che equivale a dire un caso ogni tre abitanti.
Fortunatamente il virus si associa a una mortalità molto bassa con neppure un morto ogni mille infetti.
Si è registrato anche qualche parto prematuro e morte in utero a danno di donne infettatesi durante la
gravidanza, ma non si è riusciti a stabilire un nesso di casualità assoluta.
Il vettore fu identificato in diverse zanzare, Aedes Aegypti e Aedes albopictus. Tali zanzare vettore
hanno una diffusione che cambia nel tempo: se prima degli anni ’80 le si ritrovava soprattutto in
Giappone, Indocina, sud-Est Asiatico, un po’ in Africa, dopo gli anni ’80 sono apparse in America,
Europa, Africa, Australia e nel 2007 hanno portato il virus Chikungunya anche in Italia, dove gli
infetti hanno manifestato sintomi come febbre, eritema, nausea, vomito e prurito. Nel 2007 su Lancet
da G. Rezza è stato pubblicato l’outbreak italiano coi suoi 205 casi, dimostrati anche nei moschini. I
casi erano tutti concentrati in zona di Cervia (Romagna), dove si fu molto bravi a far diagnosi e a
monitorare. Nel 2008 non si ebbero più casi e, a parere del nostro professore Parisi, oggi non ce ne
sono più.
Su Report è stato lanciato l’allarme attenzione ai casi importati”, perché oltre ai casi di Chikungunya
importati da viaggiatori dall’Asia e dall’Africa, si devono considerare i casi di Dengue, una febbre
emorragica classica, che conduce a morte. La Dengue si prende soprattutto nel Sud Est asiatico, (es .
in Thailandia), nel subcontinente indiano. La Dengue, oltre all’aumento delle transaminasi (con alti
livelli di ALT può simulare un’epatite), determina soprattutto piastrinopenia e quindi tendenza alle
febbri emorragiche. Vi è il rischio
I virus Marburg e Ebola attualmente sono classificati come filovirus.
che molti casi di Dengue siano sotto
Sono virus filamentosi, provvisti di envelope, con RNA a polarità
diagnosticati, per cui bisogna
negativa. Questi agenti causano febbri emorragiche gravi o fatali e
sono endemici in Africa. Questi virus possono essere endemici tra le
prestare particolare attenzione
scimmie selvagge, ma si possono trasmettere dalle scimmie all’uomo e
da uomo a uomo. Per la diagnosi di laboratorio tutti i campioni
prelevati da pazienti sospetti devono essere manipolati con misure di
biosicurezza di livello 4. Il virus Marburg può crescere rapidamente in
colture di tessuto (cellule Vero), ma l’enoculazione in animali (cavia),
può essere necessaria per isolare il virus Ebola. Le cellule infettate
hanno dei grandi corpi inclusi di natura eosinifila nel citoplasma. Gli
antigeni virali nel tessuto possono essere rilevati mediante analisi con
immunofluorescenza diretta e nei fluidi mediante ELISA. Si può usare
l’amplificazione del genoma virale mediante RT-PCR sulle secrezioni
per confermare la diagnosi. Gli anticorpi IgM e IgG diretti contro gli
antigeni dei filovirus possono essere rilevati mediante
immunoflorescenza, ELISA o RIA.
Altre febbri emorragiche si sono
verificate in Crimea-Congo e nel
settembre 2005 si verificò un primo
caso in Francia di importazione ( un
Senegalese si era infettato in
Senegal, aveva preso l’areo da sano e
poi la febbre emorragica gli fu
diagnosticata a Lione).
EBOLA E MARBURG.
Nel ’67 nella cittadina tedesca di Marburg un tecnico di laboratorio che lavorava con delle scimmie
importate dall’Africa per a preparare dei vaccini fu contagiato da queste e manifestò una febbre
emorragica che lo condusse a morte. il virus isolato, non legato a nessuna famiglia conosciuta, fu
chiamato Marburg. Dopo qualche anno nello Zaire si manifestò un’altra febbre emorragica causata da
un virus abbastanza correlato a quello di Marburg che fu chiamato Ebola, che è diventato il prototipo
di questo tipo di febbri.
Per fare diagnosi di infezione da virus Marburg e di Ebola,oltre al notare le manifestazioni cliniche, si
deve ricorrere all’ISOLAMENTO VIRALE in coltura che deve avvenire in BL4, perché l’operatore è
esposto a un rischio elevato. In Italia la BL4 non è disponibile. La BL4 è come una BL3 ( vi si accede
da un vestibolo, coperti con camice, mascherine, guanti, si ha un’atmosfera a pressione negativa, non
vi sono scambi d’aria con l’esterno, ci sono filtri, volumi d’aria che si cambiano e pressione
mantenuta costante dall’alto verso il basso) con la differenza che l’operatore è isolato totalmente
dall’ambiente tramite uno scafandro e non semplicemente coperto come nella BL3. In BL4 è possibile
fare:

Isolamento virale

Ricerca di anticorpi, che mi consentono di capire quante persone esposte non hanno fatto
malattia

PCR, che è fondamentale in caso di outbraek per avere un discrimine in base al quale decidere
se ricoverare o meno, evitando così di non diagnosticare un eventuale infetto e di mandarlo a
casa a sviluppare la febbre emorragica e contagiare i familiari oppure di commettere l’errore
opposto, facendo una falsa diagnosi e ricoverando in ospedale un non infetto che, però, posto a
contatto con gli altri malati si ammalerà anche lui di febbre emorragica.
Si riporta di seguito un elenco di tutti gli outbreak di febbre emorragiche descritte: Sudan, Angola,
costa d’Avorio, Congo e Uganda.
In America latina è stato descritto un nuovo virus detto Chaperre.
SIFILIDE
LA Sifilide è una malattia con un correlato culturale piuttosto antico che la associava a dei
comportamenti riprovevoli. L’infezione di sifilide è oggi facilmente curabile con un semplice
antibiotico, ma la cura antibiotica non fu disponibile solo a partire dagli anni dopo la seconda guerra
mondiale. Infatti, negli anni ’30-’40 con guerra compresa accadeva che il giovane papà che prendeva
la sifilide infettava la madre, la quale con alta probabilità infettava a sua volta il figlio, specie se la
donna aveva l’infezione clinica manifesta 3-5 anni prima della gravidanza. Se questo accadeva negli
anni ‘30- primi ‘50 era facilissimo avere negli anni ‘60-‘70 delle famiglie colpite, mentre ora la lue
non si vede più perché è facilmente curabile e quindi solo rarissimamente si trasmette al prodotto del
concepimento e quindi la lue del bambino diventato adulto non è più la norma. Divenuta facilmente
curabile la lue ha ormai perso la stigma di riprovazione sociale.
Fino a qualche anno fa si doveva fare” un certificato di sana e robusta costituzione” che prevedeva fra
l’altro l’esame sierologico della sifilide e il test della tubercolina, perché questo era una sorta di
screening per intercettare i soggetti non diagnosticati e curarli, dato che c’era una terapia sia per la
sifilide sia per la TB.
La sifilide fu riconosciuta e inventariata come molto intrusiva a fine ‘800, vi fu una recrudescenza
durante la prima guerra mondiale che si è poi attenuata e da dopo seconda guerra mondiale non si
rilevata un problema fino ai nostri giorni in cui è scoppiata una nuova emergenza, a causa della
importazione della lue soprattutto dai paesi dell’Est, con 12 milioni di nuovi malati ogni anno, contro i
quattro- cinque milioni dell’HIV. La sifilide è la malattia sessualmente trasmissibile con più alto tasso
di mortalità in assenza di terapia, ad eccetto dell’HIV.
Dei nuovi casi di sifilide se ne registrano pochi in America del Nord , tanti e in aumento in Europa
(specie dell’Est), e tanti anche nel Sud-Est asiatico, in Australia, in Nuova Zelanda e tanti anche in
Sud America dove sono in aumento.
Da uno studio condotto da un dermatologo è emerso che nella città di Milano vi è stato nel 2004 un
DIAGNOSI DI LABORATORIO PER SIFILIDE
ESAME MICROSCOPICO: La diagnosi di sifilide primaria, secondaria o congenita può essere rapidamente
effettuata mediante valutazione dell’essudato delle lesioni cutanee con il microscopio a campo oscuro.
T.pallidum può essere identificato specificatamente usando anticorpi antitreponema marcati con
fluoresceina .
ESAME COLTURALE: non disponibile.
TEST SIEROLOGICI: i due tipi di test usati sono test biologicamente non specifici (non treponemici) e test
specifici treponemici. I test non specifici per i treponemi misurano gli anticorpi IgG e IgM (detti anche
anticorpi reaginici) sviluppati contro i lipidi rilasciati dalle cellule danneggiate durante le fasi precoci della
malattia e presenti sulla superficie cellulare dei treponemi. L’antigene usato per i test non treponemici è la
cardiolipina che deriva da cuore di bue. Idue test usati più comunemente sono il test VDRL (Venereal
Disease Researc Laboratory)e il test RPR (Rapid Plasma Reagin). Entrambi i test misurano la flocculazione
dell’antigene cardiolipina con il siero del paziente. I test specifici per i treponemi sono esami anticorpali
specifici usati per confermare reazioni positive ottenute con i test VDRL o RPR. I test treponemici
possono rimanere positivi più precocemente rispetto a quelli non treponemici nella sifilide precoce o
possono rimanere positivi quando gli esami aspecifci diventano negativi in pazienti con sifilide terziaria. I
test più comunemente usati sono FTA-ABS (Fluorescent Treponemal Antibody- absorption) e TP-PA
(Treponema Pallidum Partcle Agglutinatium). FTA-ABS è un test in i mmunofluorescenza indiretta che usa
come antigene cellule di T. pallidum fissate su un vetrino. L’antigene viene cementato con il siero del
paziente pretrattato con un estratto di treponemi non patogeni. Si aggiungono quindi antiglobuline
umane marcate con un fluorocromo per evidenziare la presenza di anticirpi specifci nel siero del paziente.
TP-PA è una reazione di agglutinazione in micropiastra.
N.B. professore : “I test sierologici hanno una sensibilità varia: i test non treponemici sfruttano il
fenomeno di agglutinazione e di reazione per altri antigeni che si possono evidenziare in pazienti
con sifilide, come la VDRL. Se la VDRL è positiva e se avviene siero conversione serve per il
monitoraggio, tuttavia un singolo dato di VDRL negativa non può fare escludere una pregressa
infezione (perché la VDRL può essere molto bassa o assente in pazienti in stadio avanzato di
malattia).
I test treponemici sono più specifici e sensibili, ma difficili da interpretare e da eseguire.”
out break di nuovi casi di sifilide casi fra gli omosessuali che formano una comunità chiusa e si
frequentano molto ( si registrarono fra gli omosessuali 200 casi contro i 30 degli etero). Nel 2005 pure
a San Francisco è stato registrato un grosso aumento di casi di sifilide, di cui il 65% riguardava
omosessuali. Questi dati si spiegano col fatto che, per svariati motivi, si è verificato un decremento
delle pratiche sessuali sicure; tra questi motivi si annoverano i successi della HAART e delle terapie
contro malattie come epatite e sifilide, la possibilità di ampliare i contatti ( es. cercando partner
sessuali su internet), la diffusione di farmaci come il viagra e metanfetamina, la diffusione di
convinzioni erronee (come ad e. l’idea che queste malattie non siano trasmissibili col sesso orale) e
soprattutto il radicarsi del“siero sorting”( in altre parole i due partner fanno sesso non protetto o
perché entrambi sieronegativi all’HIV o perché entrambi positivi all’HIV, senza considerare il rischio
di possibile trasmissione per via sessuale di altre malattie diverse dall’AIDS). È quindi un problema di
sanità pubblica importante
tante.
La sifilide è una malattia genitale che dà ulcere che rendono il soggetto più infettante e che facilitano
l’eventuale trasmissione dell’Aids.
Si individuano diversi stadi di Sifilide:
1. STADIO I: si ha una singola ferita di solito nella zona dove c’è stato il contagio, può essere
piccola e indolore e può durare anche poco tempo e soprattutto guarisce da sola, per cui il
soggetto può non accorgersi di averla avuta.
2. STADIO II: in assenza di trattamento la malattia evolve in uno stadio secondario che comincia
dopo un tempo variabile, anche di mesi, con una eruzione cutanea che può essere anche ben
identificabile ( ad es. se prende le palme, cosa che gli altri tipi di rash in genere non fanno) ,
ma può anche passare inosservata.
3. FASE III, latente, in cui scompaiono i sintomi del secondo stadio, si ha una regressione
completa, ma qualche anno dopo si ha la comparsa della gomma luetica al cervello, agli occhi,
al cuore, alle articolazione, al fegato.
Si può curare la secondaria e sicuramente la terziaria con antibiotico.
La sifilide congenita può determinare morte in utero oppure danni permanenti nel 40% dei casi.
NOTE: Nei riquadri trovate delle integrazioni che ho preso dal nostro libro microbiologia, Murrey. Il
professore a lezione ha detto che essenzialmente all’esame domanda la diagnosi e le modalità di
trasmissione.