IL NOSTRO MONDO GIOVANNINO GENTILE, SESSANTA ANNI DOPO C. Bernardini e L. Bonolis Dipartimento di Fisica dell'UniversitaÁdi Roma «La Sapienza» e Comitato Nazionale per le Celebrazioni del Centenario della nascita di Enrico Fermi Sessanta anni fa, il 30 marzo 1942, moriva a 36 anni, a causa di una setticemia allora incurabile per mancanza della penicillina, un fisico teorico di notevole statura, Giovanni Gentile jr., grande amico e compagno di studi e di ricerca di Ettore Majorana, scomparso appena quattro anni prima di lui. Forse alla memoria di Giovanni Gentile jr. non eÁ stata resa completa giustizia per motivi non ancora del tutto chiariti, che alcuni peroÁ fanno risalire al suo «ingombrante» e omonimo padre, il filosofo attualista Giovanni Gentile, legato al regime fascista. GiaÁ il sodalizio con l'esigente e ipercritico Ettore Majorana, che non era personaggio di gusti facili nei rapporti intellettuali, dovrebbe far venire il pensiero che Gentile fosse un fisico teorico di notevoli capacitaÁ e idee; ma poi, una ricognizione dei suoi studi e della sua produzione scientifica fa rapidamente capire che c'erano buoni motivi per considerarlo una figura di punta nel panorama dei fisici di quell'epoca; cosa del resto confermata e sottolineata da un'accorata commemorazione funebre pubblicata sul «Nuovo Cimento» nel 1943 a firma nientemeno che di Arnold Sommerfeld: «La scienza ha perso molto con la sua morte...» (1). Nella rievocazione, Sommerfeld parla assai diffusamente di alcuni lavori scientifici di Gentile che lo hanno molto colpito e che costituiscono soluzioni di problemi che Sommerfeld stesso aveva affrontato pur non arrivando a soluzioni complete ed eleganti come quelle del giovane collega scomparso. Giovanni Gentile, inizialmente tentato dalla matematica, decide poi per lo studio della fisica 7 e in questa disciplina si laurea presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. LõÁ conosce Gilberto Bernardini, con il quale la simpatia intellettuale ed umana crea immediatamente un legame che IL NUOVO SAGGIATORE 8 dureraÁ per sempre. A quegli anni risale anche l'inizio della sua profonda amicizia con Delio Cantimori, con il quale avraÁ un notevole scambio epistolare su comuni interessi culturali. Gentile avrebbe dovuto laurearsi con Giovanni Polvani Ð allora giovane assistente di Luigi Puccianti e incaricato del corso di Fisica Superiore Ð con una tesi sull'effetto Stark-Lo Surdo. Ma, alla partenza di Polvani per la sua nuova collocazione accademica, a Bari, Gentile rimane senza relatore e decide di sua iniziativa di rielaborare la matematica dell'allora neonata equazione di SchroÈdinger. Come ha ricordato Giuseppe Giuliani (2), questo saraÁ il primo esempio di una tesi teorica in Italia: siamo nel 1927 e Gentile contravviene alla regola che le tesi fossero essenzialmente sperimentali. Subito dopo viene chiamato a Roma come assistente di Enrico Fermi. La sua competenza trova subito una eccezionale applicazione: ha studiato teoria dei gruppi con il grande Luigi Bianchi e si puoÁ dire che, anticipando di molto i tempi, «Giovannino» Gentile sia tra i primissimi fisici ad apprezzare l'importanza dei metodi gruppali in fisica teorica; tant'eÁ che col giovanissimo Ettore Majorana, ancora studente, si imbarca nello studio di un'applicazione dell'equazione di Dirac, ancora fresca di stampa, ai doppietti spettroscopici prodotti dallo spin dell'elettrone in alcune righe del gadolinio, dell'uranio e del cesio. Con pari disinvoltura i due giovanissimi compagni impiegano, per la rappresentazione del potenziale prodotto dalla nube elettronica in questi atomi, la teoria statistica appena elaborata da Enrico Fermi che andraÁ sotto il nome di «atomo di Thomas-Fermi». Nonostante l'influente padre, Giovannino spenderaÁ un anno e mezzo per il servizio militare, terminato il quale approfitta di una borsa ministeriale per recarsi a Berlino e poi a Lipsia, dove stabilisce apprezzati e duraturi contatti con Werner Heisenberg e il suo ambiente. Se in quel periodo la scuola che andava rapidamente affermandosi in Italia era quella romana di Enrico Fermi e collaboratori, alla quale pure sia Gentile che Majorana erano in qualche modo legati, tuttavia eÁ opportuno C. BERNARDINI E L. BONOLIS: GIOVANNINO GENTILE, SESSANTA ANNI DOPO Il seminario di Heisenberg a Lipsia. Di fronte, da sinistra: G. Placzek. R. Peierls, W. Heisenberg; F. Bloch dietro a Heisenberg e, vicino a lui, V. Weisskopf.; sul retro davanti alla lavagna G. C. Wick (a destra) e G. Gentile jr.; all'estrema destra F. Sauter. distinguere le personalitaÁ dei due da quelle decisamente piuÁ pragmatiche che in quel momento, con Fermi a capo e sotto il patrocinio di Orso Mario Corbino, stavano per intraprendere attivitaÁ di ricerca nella nascente fisica nucleare. EÁ molto probabile che la predilezione di Gentile e Majorana per l'impiego delle matematiche astratte li abbia un po'emarginati dai filoni di ricerca della scuola romana; non per questo peroÁ tenendoli lontani dalla grande fisica teorica che vedeva in Paul Dirac il suo piuÁ avanzato esponente dell'epoca. EÁ lo stesso Dirac che, con le sue idee su l'antielettrone e sul mare di elettroni congelati negli stati di energia negativa, suscitava estrema diffidenza nella maggior parte dei fisici di allora; saraÁ peroÁ riscattato dai clamorosi risultati sperimentali di Carl Anderson e poi di Patrick Blackett e Giuseppe Occhialini. Nella corrispondenza Gentile-Majorana eÁ possibile rintracciare le basi culturali del loro sodalizio; questo va al di laÁ dei loro interessi strettamente scientifici ed eÁ del resto comprensibile che sia il figlio di un illustre filosofo sia l'erede di una famiglia di personaggi di spicco della politica e della cultura di quegli anni non limi- tassero la propria curiositaÁ intellettuale all'argomento della fisica che pure, probabilmente, li affascinava proprio in virtuÁ delle sue maggiori difficoltaÁ concettuali. Per questo motivo Gentile non rifugge dall'esprimere il suo raffinato pensiero su argomenti che non sono particolarmente congeniali ai fisici suoi contemporanei; come quando per esempio, nel 1936, scrive per la SocietaÁ Italiana per il Progresso delle Scienze un saggio sui «Motivi speculativi kantiani nella fisica moderna», o traduce un libro di divulgazione dell'inglese James Jeans o cura un testo di Pasqual Jordan (3) ai quali fa anche una prefazione o quando scrive per l'Enciclopedia Italiana voci generali come quella sul «Metodo sperimentale» o quella sulle «Trasformazioni fisiche» o quando, infine, non disdegna di partecipare a un concorso bandito da un editore romano con il quale pubblica una «Fisica nucleare» a carattere divulgativo di cui Majorana si dichiara ammirato e entusiasta in una lettera del 20 giugno 1937. I lavori che impiegano la teoria dei gruppi, che all'epoca ha come massimi esperti Hermann Weyl e Bartel van der Waerden Ð intanto che 9 IL NUOVO SAGGIATORE 10 La lettera di Sommerfeld del 23 giugno 1937 inizia cosõÁ : «Chiarissimo Collega, poiche da 40 anni sono alle prese, e inutilmente, con il problema delle fenditure, mi ha molto interessato la Sua soluzione del problema ...» C. BERNARDINI E L. BONOLIS: GIOVANNINO GENTILE, SESSANTA ANNI DOPO 11 sta nascendo l'astro ungherese, poi naturalizzato americano, Eugene Paul Wigner Ð non sono affatto da principianti del settore. Sia Majorana che Gentile sono in grado di formulare conce- zioni originali di estrema difficoltaÁ come la rappresentazione infinito dimensionale delle trasformazioni di Lorentz e entrambi lavorano a generalizzazioni dell' equazione relativistica di IL NUOVO SAGGIATORE 12 Dirac in cui addirittura si perviene a primi risultati che rappresentano uno spettro di masse dipendente dal momento angolare intrinseco: i risultati sono soprattutto di valore accademico, interessanti come «teoria giocattolo», e precorrono un filone analogo che saraÁ quello basato sui poli di Regge che verraÁ in voga negli anni '50. Ma dimostrano una profonda conoscenza delle matematiche necessarie. Il primo a elaborare queste teorie eÁ indubbiamente Ettore Majorana, ma il contributo successivo di Giovannino Gentile, che riprenderaÁ l'argomento anche subito dopo la scomparsa dell'amico, eÁ tuttora di grande eleganza e valore didattico. Il calcolo spinoriale di van der Waerden e l'uso sapiente di operatori di momento angolare permettono formulazioni efficaci ancora oggi perfettamente leggibili; cosõÁ come assai moderne sono le trattazioni del gruppo di Lorentz ottenute mediante l'impiego dei quaternioni con cui Gentile realizza un suggerimento contenuto in un articolo di Sommerfeld del 1936. CioÁ che impressiona molto eÁ l'insieme delle attivitaÁ svolte nell'arco di pochi anni (tra il 1928 e il 1942): la varietaÁ e l'attualitaÁ degli argomenti eÁ veramente notevole. Non eÁ difficile farsi un'idea degli interessi dominanti nell'ambiente dei fisici in quegli anni sfogliando le riviste (per gli italiani, «Il Nuovo Cimento»): qualcosa di ormai antiquato balza subito agli occhi dalle pagine, sia per quanto riguarda gli argomenti (che sono stati sapientemente analizzati nel lavoro di Giuseppe Giuliani (2)) che per quanto riguarda lo stile che denota un retroterra culturale ancora molto povero in tutti gli aspetti teorici. GiaÁ al suo esordio il dottor Giovannino Gentile polemizza nientemeno che con Lord Ernest Rutherford, il quale giusto poco tempo prima, al convegno Volta del 1927 a Como, aveva proposto una ingegnosa «teoria dei satelliti» nella quale si svolgeva un tentativo di ricavare le dimensioni dei nuclei sulla base dei dati riguardanti la presenza di particelle alfa nei nuclei; ma Gentile, nel febbraio del 1928, confuta sugli atti dell'Accademia dei Lincei la teoria di Rutherford con un articolo presentato da Orso Mario Corbino che appare nella rivista subito dopo la seconda memoria di Fermi sulle applicazioni dell'atomo statistico. Successivamente Gentile si occuperaÁ di problemi spettroscopici (tra cui dei doppietti del gadolinio, dell'uranio e del cesio, nell'articolo giaÁ citato con Ettore Majorana). Nel 1929, subito dopo il servizio militare, va in Germania, prima a Berlino, nell'Istituto di fisica teorica diretto da Erwin SchroÈdinger, dove ha anche occasione di incontrare Albert Einstein; in quell'Istituto Gentile lavora per qualche tempo con Fritz London al problema delle interazioni idrogeno-elio e elio-elio. Subito dopo, si trasferisce a Lipsia e con Felix Bloch, allora assistente di Heisenberg, si occupa di ferromagnetismo dei metalli in relazione alle forze di scambio e allo spin dell'elettrone. Questo lavoro continueraÁ anche dopo il ritorno in Italia, prima brevemente a Roma e poi a Pisa, dove lo chiameraÁ Luigi Puccianti che avraÁ la meglio su Giovanni Polvani che lo voleva a Milano. A Pisa impartisce lezioni di meccanica quantistica che verranno prodotte dall'ufficio dispense del gruppo universitario Curtatone e Montanara nell'anno accademico 1933/1934. Il testo, manoscritto, come allora si usava, dagli estensori, appare di particolare semplicitaÁ e completezza, anche se molti che lo hanno conosciuto riferiscono come le sue lezioni fossero faticose da seguire. In queste lezioni, in veritaÁ molto aÁ la C. BERNARDINI E L. BONOLIS: GIOVANNINO GENTILE, SESSANTA ANNI DOPO page, si espone la meccanica quantistica in tutte le sue versioni, ivi compresa la teoria delle trasformazioni, che per l'epoca era certamente una novitaÁ. Ma la dimensione della sua personalitaÁ di fisico si apprezza particolarmente bene rileggendo oggi un singolare lavoro di fisica classica («Per la teoria degli effetti polarizzanti delle fenditure») che, seguendo un filone battuto da grandi esperti come Sommerfeld e altri suoi allievi, Gentile daÁ alle stampe privatamente, nel 1937, e Polvani riterraÁ opportuno ristampare su «Il Nuovo Cimento» dopo la sua morte; questo lavoro sottolinea il grande virtuosismo di Gentile nell'uso delle matematiche avanzate, ma anche la luciditaÁ dell'intuizione fisica che gli fa scegliere il modello giusto per l'interpretazione del fenomeno. Nel 1937 vince il concorso alla cattedra di fisica teorica e viene chiamato all'UniversitaÁ di Milano. CioÁ che ha reso Gentile memorabile nella letteratura scientifica internazionale eÁ il suo studio, nato a Milano in discussioni con Giovanni Polvani, delle cosiddette «statistiche intermedie», o «parastatistiche» o «statistiche di Gentile». Si tratta di distribuzioni statistiche quantistiche in cui il numero di occupazione degli stati eÁ un qualsiasi intero finito 1; evidentemente il caso in cui eÁ proprio 1 corrisponde alla statistica di Fermi-Dirac, mentre il caso in cui si raggiunge il limite infinito corrisponde alla statistica di Bose-Einstein. Gentile spera, utilizzando particolarmente il caso in cui il numero massimo di occupazione eÁ proprio uguale al numero di particelle presenti nel campione, di interpretare alcuni risultati relativi ai fenomeni nell'elio liquido II, superfluido e con la tendenza a risalire lungo le pareti dei recipienti in uno strato sottile che aderisce alle pareti stesse (effetto fontana). La sua proposta genera non poche curiositaÁ ed eÁ tuttora oggetto di speculazioni in altri campi, particolarmente nel campo dei modelli subnucleari. In definitiva vogliamo sottolineare che ci eÁ sembrato sia doveroso che utile riproporre brevemente la figura scientifica di Giovannino Gentile nella galleria dei personaggi di spicco della fisica italiana, cosõÁ come avevano fatto subito dopo la sua morte Giovanni Polvani, Carlo Salvetti ed altri suoi estimatori ed allievi, perche pensiamo che il nostro sia un grande Paese soprattutto in queste manifestazioni di alcuni suoi figli che peroÁ, nella fretta della ricerca militante, vengono troppo spesso ingiustamente dimenticati. Bibliografia (1) A. S OMMERFELD, Zum GedaÈchtnis an Giovanni Gentile jun., «Il Nuovo Cimento», 1945, p. 151. (2) G. G IULIANI , Il Nuovo Cimento. Novant'anni di fisica in Italia, 1855-1944 (La Goliardica Pavese) 1996. (3) J. J EANS, I nuovo orizzonti della scienza (Sansoni, Firenze) 1934 (1ã edizione) 1943 (2ã edizione); P. J ORDAN , La fisica nel secolo XX (Sansoni, Firenze) 1940. Pubblichiamo qui di seguito la lista dei premiati del Concorso della Fondazione ANGELO DELLA RICCIA, il cui bando eÁ stato pubblicato nel Nuovo Saggiatore vol. 17, no. 1-2, 2001. CONCORSO 2001-2002 RELAZIONE La Commissione della Fondazione, riunita presso il Dipartimento di Fisica dell'UniversitaÁ degli Studi di Firenze, composta dai Professori: R. Fieschi (Presidente Commissione Scientifica), E. Beltrametti, A. Di Giacomo, G. Longhi (Membri permanenti della Commissione) e dai Professori: F. Beltram, G. Mantovani, G. Susinno (Membri annuali della Commissione); funge da segretaria la signora D. Scarselli. Dopo aver proceduto alle operazioni per l'espletamento del concorso di cui al bando, dichiara di aver assegnato, all'unanimitaÁ, contributi ai seguenti candidati nella misura a fianco indicata (in milioni di lire). Alberghi Gianluigi Baggio Chiara Boccali Tommaso Bonciani Roberto Botti Silvana Carbone Gaspare Cariglia Marco Colizzi Giuseppe Congeduti Alberta 17 6 24 12 7 15 24 3 30 Contino Roberto De Felice Antonio Fazio A. Raffaele GiardinaÁ Cristian Greco Vincenzo Gruppuso Alessandro Ladisa Massimo Lamanna Giovanni Mezzetti Alberto Nicolini Piero 10 5 10 30 9 30 15 10 14 13 Orselli Marta Pellicane Giuseppe Raineri Emanuele Rossini Matteo Savona Giorgio Sottile Francesco Suppa Domenico Tardocchi Marco Verbeni Michela 8 6 20 18 7 7 17 15 18 13 RICORDO DI FRANCO RASETTI G. Salvini UniversitaÁ di Roma «La Sapienza», Roma 14 Franco Rasetti ci ha lasciato in etaÁ di cento anni, il 5 Dicembre 2001. Gli storici della scienza sono ormai al lavoro in ogni Paese civile, per meditare quella straordinaria vicenda umana che eÁ il sorgere della nuova fisica nei primi cinquanta anni del secolo ormai trascorso. In questo quadro si inserisce, splendida, la vicenda italiana delle scoperte dei «ragazzi di via Panisperna». Essi sono tutti fisici illustri, che hanno avuto in Enrico Fermi il maggiore maestro, ma che hanno lasciato l'impronta del loro genio anche in personali fondamentali scoperte. I loro nomi sono ormai noti: Enrico Fermi, Franco Rasetti, Emilio SegreÁ, Edoardo Amaldi, Bruno Pontecorvo ed il chimico Oscar D'Agostino. Franco Rasetti era l'ultimo a noi rimasto e con la sua scomparsa si chiude la vicenda terrena di quello storico gruppo. La sua eÁ una vita magnifica originale ed intensa, che resteraÁ nella nostra memoria: Ð per la sua capacitaÁ di fare nascere scienza e scoprire il nuovo in laboratori vuoti e da lui stesso attrezzati; Ð per la fermezza delle sue idee e dei suoi principi morali in occasioni storiche di immensa importanza; Ð per l'interesse continuo sottile verso il mondo che ci circonda, in utti i suoi livelli, dai nuclei, agli atomi, alle molecole piuÁ semplici, alla storia della vita ed alle prime formazioni della vita animale, ai fiori di ogni paese, ed in particolare dell'Italia e delle sue Alpi, portando in ognuno di questi campi risultati e scoperte originali; Ð per il suo desiderio di fare conoscere alle nuove generazioni l'importanza delle scienze naturali e la bellezza dell'Universo. Confesso che il ricordo di questo grande scienziato, che ho avuto il privilegio di conoscere personalmente ricevendone suggerimenti ed indicazioni, mi commuove profondamente. Lo ricordo come un esempio di capacitaÁ di originale azione scientifica in campi diversi. Un esempio rarissimo nel secolo ora trascorso. Ne racconto ora la vita, nella forma quasi disadorna da lui preferita, e mi permetteroÁ alla fine alcuni commenti. Parto dalla sua stessa nota autobiografica, da lui lasciata per facilitare il compito a «quegli amici e colleghi che dovranno scrivere il mio obituario per le Accademie e le UniversitaÁ di cui ho fatto parte». Franco Rasetti nacque il 10 Agosto 1901 in Pozzuolo Umbro, nella provincia di Perugia. EÁ un ragazzo precoce, legge, disegna e ritaglia animali in etaÁ di quasi quattro anni. Inizia presto a raccogliere specie particolari, licheni ed insetti. All'etaÁ di sei o sette anni distingueva gli insetti nei diversi ordini, e conosceva centinaia di nomi scientifici. Questo interesse straordinario per la natura era vivissimo giaÁ nei suoi parenti e ascendenti. In particolare egli fu in cioÁ incoraggiato dallo zio materno, Gino Galeotti, professore di patologia nelle UniversitaÁ italiane, ma di grande ed estesa cultura naturalistica e letteraria. Franco non fece le scuole elementari, ma venne educato in famiglia dalla madre. All'etaÁ di dieci anni venne ammesso senza alcuna difficoltaÁ al ginnasio. CompletoÁ in Pisa le scuole secondarie e gli studi universitari. LascioÁ il liceo con un anno di anticipo, sollecitato a questo G. SALVINI: RICORDO DI FRANCO RASETTI anche dalla situazione di guerra italiana (siamo al 1918). Del liceo ricorda i buoni insegnamenti umanistici, la scarsa educazione alla matematica ed al pensiero scientifico, ricevuta dai suoi non eccellenti insegnanti. La scelta della facoltaÁ universitaria non fu facile, avendo egli ormai tanti seri, quasi professionali, interessi in varie discipline. Sicche scelse ingegneria, pensando di passare eventualmente nel futuro alla fisica. All'inizio dell'universitaÁ incontroÁ Enrico Fermi, studente al primo anno di fisica. Dice Franco Rasetti: «Egli mi impressionoÁ immediatamente come persona straordinaria per la sua evidente maturitaÁ umana, e per la sua profonda conoscenza della matematica e della fisica. Ero molto ignorante su questo, ma sapevo abbastanza per riconoscere il suo genio, e sin dai primi mesi dal nostro incontro mi sentii di prevedere per lui i grandi successi che raggiunse presto, e che gli furono ampiamente riconosciuti. Mi spiaceva osservare che la mia educazione scientifica era sufficiente soltanto per assorbire una pare limitata del suo sapere matematico e scientifico». Al terzo anno di universitaÁ Franco si iscrisse a fisica, ancora per l'influenza di Enrico Fermi. Gli studi di fisica in Pisa non erano molto avanzati, ed ignoravano i piuÁ recenti sviluppi. Franco fece una tesi in spettroscopia sotto la guida del prof. Luigi Puccianti, sui rapporti di intensitaÁ dei doppietti degli alcalini con misure di dispersione anomala. Questi risultati confermarono per i doppietti piuÁ elevati della serie principale, le larghe deviazioni dal valore due, che erano giaÁ state stimate, ma con minore precisione, da precedenti autori. Si laureoÁ con lode nell'autunno del 1922. InizioÁ presto, per il giovane Franco, una carriera professionale in fisica. Il primo impegno lo ebbe come assistente del Prof. Garbasso, direttore del Laboratorio di Fisica dell'UniversitaÁ di Firenze. Quel laboratorio era giaÁ bene attrezzato per lavori di spettroscopia. Intanto Enrico Fermi, nel 1925, divenne professore incaricato di Fisica Teorica in Firenze. Dice Rasetti: «Ero allora meglio preparato per assorbire il suo insegnamento e collaborare con lui. Nei due anni spesi insieme a Firenze noi pubblicammo insieme alcuni lavori». Nel 1926 Fermi lascioÁ Firenze per Roma, dove divenne professore di Fisica Teorica. Rasetti lo seguõÁ poco dopo, nel 1927, come aiuto di Orso Mario Corbino. Franco Rasetti si trovoÁ immediatamente a suo agio con Fermi ed i nuovi allievi, Emilio SegreÁ ed Edoardo Amaldi. Dopo tre anni in Roma, Rasetti concorse per una cattedra universitaria in Catania, e vinse il concorso. Ma Corbino non se lo fece scappare, e creoÁ in Roma per lui una cattedra di spettroscopia. Durante quegli anni, e precisamente nel 192829, Rasetti trascorse un anno presso l'Istituto di Tecnologia della California con una borsa della Fondazione Rockefeller. In quell'ambiente, e con inziativa personale, egli effettuoÁ lo studio dell'effetto Raman sui gas, subito dopo la scoperta del fenomeno. Rasetti colse immediatamente le implicazioni teoriche del fenomeno, e le applicoÁ alle molecole diatomiche. Fu di particolare interesse il risultato per l'azoto, che condusse a concludere che il nucleo dell'azoto 14 N era un bosone. Questo divenne in quel momento il piuÁ significativo ostacolo per accettare l'ipotesi che il nucleo fosse fatto di protoni e di elettroni. La scoperta del neutrone doveva risolvere, due anni dopo, il serio problema. Nel 1931 Rasetti lascioÁ ancora Roma per una successiva borsa delle fondazione Rockefeller. AndoÁ al Kaiser Wilhelm Institut fuÈr Chemie, in Berlin Dahlen. Insieme a Fermi i fisici di via Panisperna avevano concluso che il futuro della ricerca in fisica era nella fisica nucleare; da qui la decisione di imparare e di importare tecniche nucleari. La scoperta del neutrone colse Rasetti in Dahlen, ed egli fu tra i primi a dimostrare gli effetti del neutrone in camera di Wilson, fotografando le particelle emergenti nella disintegrazione dell'azoto. Questo periodo fu fondamentale allo sviluppo della fisica nucleare in Roma; sicche nel 1932-33 si poterono preparare intense sorgenti di neutroni. EÁ da dire che per merito di Franco Rasetti, formidabile preparatore di strumenti e rivelatori, Roma era ormai attrezzata per le scoperte famose, fondamentali per la storia umana, che ne discesero. I meriti di Rasetti sulle interazioni dei neutroni lenti e sulle implicazioni che ne seguirono sono giustamente riconosciuti, e fondamentali. Nel 1935-36 Franco Rasetti andoÁ alla Columbia University, lavoroÁ sulle proprietaÁ di risonanza dei neutroni lenti, e insegnoÁ ai corsi estivi della Cornell University. Erano ormai iniziati per l'Italia gli anni difficili, la tirannia politica, la guerra etiopica e la guerra di Spagna, ed il patto d'Acciaio con Hitler. Rasetti non era ebreo, ma sentõÁ la vergogna, anzi l'orrore di tutto questo. RientroÁ in Italia nel 15 IL NUOVO SAGGIATORE 16 1936. Vide la partenza di SegreÁ nel 1937, e di Fermi per Stoccolma, per ricevere il premio Nobel, e quindi per l'America. EÁ merito di Franco Rasetti in quel periodo, insieme ad Edoardo Amaldi, la realizzazione dell'Acceleratore Elettrostatico da un milione di volt, presso l'Istituto di SanitaÁ di Roma. Nel 1939 Franco ricevette un interessante invito dalla UniversitaÁ Cattolica del Canada, Laval University. Gli fu offerta la direzione del Dipartimento di Fisica della nascente FacoltaÁ di Ingegneria. La situazione politica italiana e mondiale era ormai deteriorata, e Franco Rasetti accettoÁ. Non fu facile aggiustare carte e passaporti, ma egli riuscõÁ a partire insieme a sua madre per il Canada con il permesso di un anno. Al Laval non c'era nulla di vivo e moderno. Ma in soli tre mesi egli inizia alcune ricerche sui neutroni lenti. Intanto prepara una impegnativa esperienza che saraÁ il suo capolavoro solitario in Fisica: intraprende la misura della vita media dei mesoni cosmici (i muoni di oggi) che si fermano in un assorbitore. Dopo avere costruito con le sue mani sessanta contatori di Geiger ed i circuiti elettronici necessari, Franco Rasetti arriva nel 1939 alla prima misura della vita media dei mesoni in laboratorio. Ma ormai la seconda guerra mondiale era iniziata. Sua madre e lui erano cittadini nemici. ma furono soggetti a ben poche restrizioni. Nel 1945 entrambi divennero cittadini canadesi. Durante gli anni di guerra inizia il distacco di Franco Rasetti dalla fisica. Nel 1943 rifiutoÁ di associarsi a un gruppo inglese inteso allo studio dell'energia nucleare ed agli impieghi nucleari. L'impiego militare era ormai un ostacolo insormontabile per un suo reinserimento nella fisica. Alla fine della guerra cessoÁ la necessitaÁ di restare in Canada, e gli venne concessa la libertaÁ di andare ovunque. Ormai il Laval era un posto troppo isolato e ristretto: vennero a Rasetti molte nuove offerte, ed egli scelse un posto di professore alla John Hopkins University. Un posto che tenne per tutti i restanti anni di insegnamento e ricerca scientifica. Rimase alla Hopkins per molti anni, godendo anche di prolungate visite in vari paesi, trascorrendo in diversi periodi vari mesi in Italia. La sua attivitaÁ scientifica come fisico sperimentale non arrivoÁ mai alla intensitaÁ degli anni precedenti. Per i primi anni egli non era persuaso di restare alla Hopkins, e addirittura di restare negli Stati Uniti. Questi dubbi si riferivano in particolare alla fisica. Infatti i fondi sarebbero dovuti venire da agenzie governative, e Franco Rasetti aveva forti obiezioni a questo riguardo: soprattutto la pretesa della «U.S. Atomic Energy Commission» che un contratto di ricerca dovesse avere una «clearance», diciamo un lasciapassare per l'ammissione alla conoscenza dei dati piuÁ recenti della ricerca fisica nucleare, anche se il programma non richiedeva l'accesso al lavoro riservato o segreto (classified). Inoltre la caratteristica della ricerca in fisica era cambiata, e si andava verso imprese di molte persone, e con caratteristiche di organizzazioni industriali. Erano finiti, scrisse Rasetti, «i bei giorni degli anni venti e trenta, quando i fisici erano soli od in piccolo gruppo, e non erano costretti ad interrompere le vacanze per una faticosa ingiustificata gara di prioritaÁ scientifica». I dieci anni di ricerca in fisica alla Hopkins furono dunque svolti con contratti stipulati da altri colleghi. Ma questo periodo di stasi nel campo della fisica fu tutt'altro che scientificamente improduttivo, perche permise a Franco Rasetti di raggiungere significativi risultati in geologia ed in paleontologia, le scienze dei suoi primi interessi giovanili. Sin dal suo primo arrivo in Canada Franco si chiese quali attrattive naturalistiche poteva offrire quella regione. Fu presto evidente che un campo promettente era offerto dai fossili del paleozoico. GiaÁ nel 1936, esplorando dei giacimenti Devoniani e riferendone nelle lezioni all'UniversitaÁ di Cornell, Franco si era meravigliato dei bellissimi fossili di trilobiti raccolti sul luogo. (Si noti che l'interesse naturalistico accompagnoÁ Franco Rasetti sempre, anche durante i piuÁ intensi periodi di attivitaÁ in fisica nucleare.) Ben presto Rasetti si dedicoÁ alle ricerche sulle trilobiti del Cambriano, abbondamentemente distribuite nella famosa localitaÁ di Lavis, non lontana da Quebec, e taversata dal fiume S. Lorenzo. Egli era ormai in contatto con i migliori specialisti mondiali (il suo valore di paleontologo verraÁ riconosciuto da importanti premi e da lauree ad onore) e scoprõÁ con sua meraviglia che le conoscenze sulle trolobiti Cambriane e sul paleolitico in quella zona erano incomplete, ed anzi alcune specie non erano ancora identificate. Su questi problemi Rasetti, con un lavoro di anni, mise ordine e rigore scientifico. Sicche venne invitato a pubblicare i suoi risultati, e molti esperti si mossero e con nuova lena insieme a lui. Nacque da qui il volume definitivo sulle trilobiti, che fa parte dell'International Treatise of Invertebrate Paleontology, e si aprirono nuovi studi sulla fauna del Cam- G. SALVINI: RICORDO DI FRANCO RASETTI briano, che continuarono per molti anni. Debbo ricordare che in Franco Rasetti, dotato di memoria prodigiosa per i fatti, i risultati, gli avvenimenti, la capacitaÁ di lavorare in fisica non venne mai meno. Nel 1959 trascorse un periodo presso l'Istituto di Fisica Guglielmo Marconi, ed i Laboratori di Frascati del CNEN. Il Professore Martellucci, giovanissimo a quel tempo, ricorda l'intensa collaborazione di Ugo Ascoli Bartoli, troppo presto scomparso, con Franco Rasetti. Questi due fisici arrivarono insieme, nel 1959 alla misura, prima nel mondo, della densitaÁ elettronica di un plasma mediante interferometro ottico. Negli ultimi decenni di sua vita, Rasetti riordinoÁ i suoi ricordi ma aggiunse nuove intense attivitaÁ. Occorre ricordare il suo lavoro nel campo della botanica. Questa attivitaÁ, nata nelle vacanze estive in Europa, divenne sistematica e precisa. Per molti anni, ogni sua estate venne spesa nel cercare e fotografare a colori la flora delle regioni elevate delle Alpi (oltre la linea degli alberi). In questo modo egli raccolse una collezione di diecimila fotografie a colori, che rappresentano almeno il 97% dei fiori ricordati nel suo programma. Durante vari periodi di primavera, tutte le orchidee proprie dell'Italia furono trovate e fotografate. Si tratta di collezioni piuÁ ricche e complete di ogni altra pubblicazione esistente. Alcuni personali commenti. Ecco dunque una vita che ci lascia attoniti, ma piuÁ ancora ci porta a meditare sin dove l'uomo, da solo, puoÁ arrivare. Siamo davanti ad un nostro compagno dotato di una memoria prodigiosa, di un immenso amore per la natura in tutte le sue forme, e che ha lasciato in ogni sua attivitaÁ la marca di originali professionali scoperte. Ed insieme dotato di un'attenta capacitaÁ e volontaÁ etica di meditare, scegliere, giudicare il senso dell'avventura umana. Fatemi solo aggiungere ancora qualche commento sui punti ricordati da me all'inizio. Sul primo punto, la capacitaÁ di fare nascere laboratori e strumenti dal nulla, voglio solo ricordare che l'effetto Raman studiato in California, e la misura della vita media dei mesoni (oggi i muoni) al Laval, facendo tutto da se, sono esempi da non dimenticare, anzi da tramandare. Sul secondo, la fermezza delle sue idee, le affermazioni della sua autobiografia in proposito sono piuttosto nette. Egli invoca la pace, pensa che i grandi stati non possono raggiungerla, poiche sono quasi costruiti come macchine di guerra. Auspica una intesa mondiale, senza la quale avremo nuovi olocausti e nuove Hiroshima. Conferma di aver laciato la fisica per il suo crescente potenziale di orrori, e di non essersi mai pentito di questa scelta. Sul terzo punto, l'interesse continuo verso il mondo che ci circonda, le sue collezioni e l'amore per esse, la cura e la volontaÁ di capire sono quasi il segno di un'arcana umiltaÁ per il mondo ove ci troviamo ad essere. Non riporto qui i suoi pensieri un po' ironici sulle grandi sintesi della filosofia e sulla metafisica. Non mi ricordo di avergli sentito mai un commento, retorico o no, sulla sintesi maestosa del creato. Era dotato di una naturale capacitaÁ di ironia; ma sui problemi fondamentali ne ha fatto sempre un uso contenuto. Sul quarto punto, conviene che io riporti le sue parole alla fine della sua biografia. Sono parole che possono sorprendere in un austero severo scienziato quale egli sembrava. Ma per chi meglio l'ha conosciuto, esse appaiono piuttosto naturali. Eccole dalla sua autobiografia: «Sono ben consapevole che la geologia e la paleontologia non hanno l'alto rango della fisica nella gerarchia delle creazioni dell'intelletto umano. Io apprezzo il supremo valore estetico della relativitaÁ generale e della meccanica quantistica, e ammiro le menti umane che sono riuscite ad esprimere una infinitaÁ di fenomeni in poche ed eleganti equazioni matematiche. Invece, per ricostruire la storia della terra e l'evoluzione della vita, occorre un'immensa massa di osservazioni pazienti. Per me comunque, la contemplazione delle meraviglie della natura, una montagna, un fiore, un insetto, un fossile, non mi hanno dato minor piacere che ammirare le creazioni della nostra mente fisica e matematica». Io ebbi la ventura di portare a Rasetti, nel suo eremo in Belgio, l'ultima edizione del suo libro «I fiori delle Alpi» ed una massima onorificienza assegnata a lui dalle nostre UniversitaÁ e dal nostro Presidente della Repubblica. Le ricevette con calma e viva gratitudine, come forse avrebbe accettato un insetto raro da un suo studente, od un ragno dall'Imperatore della Cina. Sentiva che aveva ormai vissuto molto e molto visto, e me lo disse. Voglio ricordare in chiusura le sue ultime righe, nella sua autobiografia: «Il libro sulla flora Alpina eÁ quasi pronto: ... EÁ mia forte convinzione che le scienze naturali sono state troppo ingiustamente dimenticate, e che ogni tentativo di farle maggiormente conoscere, soprattutto tra le piuÁ giovani generazioni, eÁ veramente cosa degna e da farsi». 17 IL NUOVO SAGGIATORE RICORDO DI PAOLINO PAPALI 18 Si eÁ spento improvvisamente, il 25 gennaio, nella sua Sicilia, a Messina, dove si era ritirato negli ultimi anni, dopo una vita spesa alla SIF e per la SIF, Paolino Papali, all'etaÁ di 79 anni. Era nato il 2 settembre 1922 a Messina e aveva trascorso parte della sua giovinezza in Africa. Era arrivato alla Societa Italiana di Fisica nel dicembre 1959, assunto da Giovanni Polvani, come giovane e valente collaboratore di Rene Corbi, un'istituzione della SIF. Ma egli stesso doveva diventare una vera e propria istituzione da quando, dieci anni dopo, fu chiamato a sostituire Corbi nella responsabilitaÁ della redazione del Nuovo Cimento. Piu ancora durante quegli anni condivideva, con il compianto Gioacchino GermanaÁ, la sovrintendenza alle attivitaÁ della SIF, per la parte editoriale. Fu un prezioso, colto e raffinato collaboratore dei Presidenti che vide succedersi durante la sua piu che quarantennale presenza alla SIF, dopo Polvani, con Bernardini, con Toraldo, con Castagnoli e con chi scrive. Fu non solo apprezzato ma, sia pure sotto un'apparenza a volte umile ma una sostanza ferma e tenace, degno di affetto oltre che di grande stima da parte dei consiglieri, del personale e dei soci della SIF. Nel 1984 il suo 25mo anniversario di attivitaÁ nella SIF fu affettuosamente ricordato come una specie di nozze d'argento. La SIF era tutta la sua vita. Alla SIF ha dato molto, contribuendo alla sua efficienza editoriale, alla preparazione di uno staff di prim'ordine, strumento essenziale cui anche si deve il periodo glorioso del Nuovo Cimento. Comprese la necessitaÁ di rinnovarsi e rinnovare un'editoria scientifica che non poteva piu essere quella artigianale, anche se di prim'ordine, di un tempo. Ma, in cuor suo, come per molti di noi, la SIF e il Nuovo Cimento erano una cosa unica. EÁ andato in pensione nel 1988, ma ha continuato a collaborare con noi fino al 2000. Nonostante il suo trasferimento in Sicilia degli ultimi tempi, la sua vera casa, credo, eÁ sempre stata la SIF. Ci eÁ mancato, ci manca...... Renato Angelo Ricci Presidente Onorario ✂