Il nostro mondo - Società Italiana di Fisica

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IL NOSTRO MONDO
GIOVANNINO GENTILE, SESSANTA ANNI
DOPO
C. Bernardini e L. Bonolis
Dipartimento di Fisica dell'UniversitaÁdi Roma
«La Sapienza» e
Comitato Nazionale per le Celebrazioni del
Centenario della nascita di Enrico Fermi
Sessanta anni fa, il 30 marzo 1942, moriva a 36
anni, a causa di una setticemia allora incurabile
per mancanza della penicillina, un fisico teorico
di notevole statura, Giovanni Gentile jr., grande
amico e compagno di studi e di ricerca di Ettore
Majorana, scomparso appena quattro anni prima di lui. Forse alla memoria di Giovanni Gentile jr. non eÁ stata resa completa giustizia per
motivi non ancora del tutto chiariti, che alcuni
peroÁ fanno risalire al suo «ingombrante» e
omonimo padre, il filosofo attualista Giovanni
Gentile, legato al regime fascista. GiaÁ il sodalizio
con l'esigente e ipercritico Ettore Majorana, che
non era personaggio di gusti facili nei rapporti
intellettuali, dovrebbe far venire il pensiero che
Gentile fosse un fisico teorico di notevoli capacitaÁ e idee; ma poi, una ricognizione dei suoi
studi e della sua produzione scientifica fa rapidamente capire che c'erano buoni motivi per
considerarlo una figura di punta nel panorama
dei fisici di quell'epoca; cosa del resto confermata e sottolineata da un'accorata commemorazione funebre pubblicata sul «Nuovo Cimento» nel 1943 a firma nientemeno che di Arnold Sommerfeld: «La scienza ha perso molto
con la sua morte...» (1). Nella rievocazione,
Sommerfeld parla assai diffusamente di alcuni
lavori scientifici di Gentile che lo hanno molto
colpito e che costituiscono soluzioni di problemi
che Sommerfeld stesso aveva affrontato pur non
arrivando a soluzioni complete ed eleganti come
quelle del giovane collega scomparso.
Giovanni Gentile, inizialmente tentato dalla
matematica, decide poi per lo studio della fisica
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e in questa disciplina si laurea presso la Scuola
Normale Superiore di Pisa. LõÁ conosce Gilberto
Bernardini, con il quale la simpatia intellettuale
ed umana crea immediatamente un legame che
IL NUOVO SAGGIATORE
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dureraÁ per sempre. A quegli anni risale anche
l'inizio della sua profonda amicizia con Delio
Cantimori, con il quale avraÁ un notevole scambio epistolare su comuni interessi culturali.
Gentile avrebbe dovuto laurearsi con Giovanni
Polvani Ð allora giovane assistente di Luigi
Puccianti e incaricato del corso di Fisica Superiore Ð con una tesi sull'effetto Stark-Lo Surdo.
Ma, alla partenza di Polvani per la sua nuova
collocazione accademica, a Bari, Gentile rimane
senza relatore e decide di sua iniziativa di rielaborare la matematica dell'allora neonata
equazione di SchroÈdinger. Come ha ricordato
Giuseppe Giuliani (2), questo saraÁ il primo
esempio di una tesi teorica in Italia: siamo nel
1927 e Gentile contravviene alla regola che le
tesi fossero essenzialmente sperimentali. Subito
dopo viene chiamato a Roma come assistente di
Enrico Fermi. La sua competenza trova subito
una eccezionale applicazione: ha studiato teoria
dei gruppi con il grande Luigi Bianchi e si puoÁ
dire che, anticipando di molto i tempi, «Giovannino» Gentile sia tra i primissimi fisici ad
apprezzare l'importanza dei metodi gruppali in
fisica teorica; tant'eÁ che col giovanissimo Ettore
Majorana, ancora studente, si imbarca nello
studio di un'applicazione dell'equazione di Dirac, ancora fresca di stampa, ai doppietti spettroscopici prodotti dallo spin dell'elettrone in
alcune righe del gadolinio, dell'uranio e del cesio. Con pari disinvoltura i due giovanissimi
compagni impiegano, per la rappresentazione
del potenziale prodotto dalla nube elettronica in
questi atomi, la teoria statistica appena elaborata da Enrico Fermi che andraÁ sotto il nome di
«atomo di Thomas-Fermi». Nonostante l'influente padre, Giovannino spenderaÁ un anno e
mezzo per il servizio militare, terminato il quale
approfitta di una borsa ministeriale per recarsi a
Berlino e poi a Lipsia, dove stabilisce apprezzati
e duraturi contatti con Werner Heisenberg e il
suo ambiente. Se in quel periodo la scuola che
andava rapidamente affermandosi in Italia era
quella romana di Enrico Fermi e collaboratori,
alla quale pure sia Gentile che Majorana erano
in qualche modo legati, tuttavia eÁ opportuno
C. BERNARDINI E L. BONOLIS: GIOVANNINO GENTILE, SESSANTA ANNI DOPO
Il seminario di Heisenberg a Lipsia. Di fronte, da sinistra: G. Placzek. R. Peierls, W. Heisenberg; F. Bloch dietro a
Heisenberg e, vicino a lui, V. Weisskopf.; sul retro davanti alla lavagna G. C. Wick (a destra) e G. Gentile jr.; all'estrema destra F. Sauter.
distinguere le personalitaÁ dei due da quelle decisamente piuÁ pragmatiche che in quel momento, con Fermi a capo e sotto il patrocinio di
Orso Mario Corbino, stavano per intraprendere
attivitaÁ di ricerca nella nascente fisica nucleare.
EÁ molto probabile che la predilezione di Gentile
e Majorana per l'impiego delle matematiche
astratte li abbia un po'emarginati dai filoni di
ricerca della scuola romana; non per questo
peroÁ tenendoli lontani dalla grande fisica teorica che vedeva in Paul Dirac il suo piuÁ avanzato
esponente dell'epoca. EÁ lo stesso Dirac che, con
le sue idee su l'antielettrone e sul mare di elettroni congelati negli stati di energia negativa,
suscitava estrema diffidenza nella maggior parte
dei fisici di allora; saraÁ peroÁ riscattato dai clamorosi risultati sperimentali di Carl Anderson e
poi di Patrick Blackett e Giuseppe Occhialini.
Nella corrispondenza Gentile-Majorana eÁ possibile rintracciare le basi culturali del loro sodalizio; questo va al di laÁ dei loro interessi strettamente scientifici ed eÁ del resto comprensibile
che sia il figlio di un illustre filosofo sia l'erede
di una famiglia di personaggi di spicco della
politica e della cultura di quegli anni non limi-
tassero la propria curiositaÁ intellettuale all'argomento della fisica che pure, probabilmente, li affascinava proprio in virtuÁ delle sue
maggiori difficoltaÁ concettuali. Per questo motivo Gentile non rifugge dall'esprimere il suo
raffinato pensiero su argomenti che non sono
particolarmente congeniali ai fisici suoi contemporanei; come quando per esempio, nel
1936, scrive per la SocietaÁ Italiana per il Progresso delle Scienze un saggio sui «Motivi speculativi kantiani nella fisica moderna», o traduce un libro di divulgazione dell'inglese James
Jeans o cura un testo di Pasqual Jordan (3) ai
quali fa anche una prefazione o quando scrive
per l'Enciclopedia Italiana voci generali come
quella sul «Metodo sperimentale» o quella sulle
«Trasformazioni fisiche» o quando, infine, non
disdegna di partecipare a un concorso bandito
da un editore romano con il quale pubblica una
«Fisica nucleare» a carattere divulgativo di cui
Majorana si dichiara ammirato e entusiasta in
una lettera del 20 giugno 1937.
I lavori che impiegano la teoria dei gruppi, che
all'epoca ha come massimi esperti Hermann
Weyl e Bartel van der Waerden Ð intanto che
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IL NUOVO SAGGIATORE
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La lettera di Sommerfeld del 23 giugno 1937 inizia cosõÁ : «Chiarissimo Collega, poiche da 40 anni sono alle prese, e
inutilmente, con il problema delle fenditure, mi ha molto interessato la Sua soluzione del problema ...»
C. BERNARDINI E L. BONOLIS: GIOVANNINO GENTILE, SESSANTA ANNI DOPO
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sta nascendo l'astro ungherese, poi naturalizzato americano, Eugene Paul Wigner Ð non sono
affatto da principianti del settore. Sia Majorana
che Gentile sono in grado di formulare conce-
zioni originali di estrema difficoltaÁ come la
rappresentazione infinito dimensionale delle
trasformazioni di Lorentz e entrambi lavorano a
generalizzazioni dell' equazione relativistica di
IL NUOVO SAGGIATORE
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Dirac in cui addirittura si perviene a primi risultati che rappresentano uno spettro di masse
dipendente dal momento angolare intrinseco: i
risultati sono soprattutto di valore accademico,
interessanti come «teoria giocattolo», e precorrono un filone analogo che saraÁ quello basato sui poli di Regge che verraÁ in voga negli
anni '50. Ma dimostrano una profonda conoscenza delle matematiche necessarie. Il primo a
elaborare queste teorie eÁ indubbiamente Ettore
Majorana, ma il contributo successivo di Giovannino Gentile, che riprenderaÁ l'argomento
anche subito dopo la scomparsa dell'amico, eÁ
tuttora di grande eleganza e valore didattico. Il
calcolo spinoriale di van der Waerden e l'uso
sapiente di operatori di momento angolare permettono formulazioni efficaci ancora oggi perfettamente leggibili; cosõÁ come assai moderne
sono le trattazioni del gruppo di Lorentz ottenute mediante l'impiego dei quaternioni con cui
Gentile realizza un suggerimento contenuto in
un articolo di Sommerfeld del 1936.
CioÁ che impressiona molto eÁ l'insieme delle
attivitaÁ svolte nell'arco di pochi anni (tra il 1928
e il 1942): la varietaÁ e l'attualitaÁ degli argomenti
eÁ veramente notevole. Non eÁ difficile farsi
un'idea degli interessi dominanti nell'ambiente
dei fisici in quegli anni sfogliando le riviste (per
gli italiani, «Il Nuovo Cimento»): qualcosa di
ormai antiquato balza subito agli occhi dalle
pagine, sia per quanto riguarda gli argomenti
(che sono stati sapientemente analizzati nel lavoro di Giuseppe Giuliani (2)) che per quanto
riguarda lo stile che denota un retroterra culturale ancora molto povero in tutti gli aspetti
teorici.
GiaÁ al suo esordio il dottor Giovannino Gentile polemizza nientemeno che con Lord Ernest
Rutherford, il quale giusto poco tempo prima, al
convegno Volta del 1927 a Como, aveva proposto una ingegnosa «teoria dei satelliti» nella
quale si svolgeva un tentativo di ricavare le dimensioni dei nuclei sulla base dei dati riguardanti la presenza di particelle alfa nei nuclei; ma
Gentile, nel febbraio del 1928, confuta sugli atti
dell'Accademia dei Lincei la teoria di Rutherford con un articolo presentato da Orso Mario
Corbino che appare nella rivista subito dopo la
seconda memoria di Fermi sulle applicazioni
dell'atomo statistico. Successivamente Gentile
si occuperaÁ di problemi spettroscopici (tra cui
dei doppietti del gadolinio, dell'uranio e del cesio, nell'articolo giaÁ citato con Ettore Majorana). Nel 1929, subito dopo il servizio militare, va
in Germania, prima a Berlino, nell'Istituto di fisica teorica diretto da Erwin SchroÈdinger, dove
ha anche occasione di incontrare Albert Einstein; in quell'Istituto Gentile lavora per qualche
tempo con Fritz London al problema delle interazioni idrogeno-elio e elio-elio. Subito dopo, si
trasferisce a Lipsia e con Felix Bloch, allora
assistente di Heisenberg, si occupa di ferromagnetismo dei metalli in relazione alle forze di
scambio e allo spin dell'elettrone. Questo lavoro
continueraÁ anche dopo il ritorno in Italia, prima
brevemente a Roma e poi a Pisa, dove lo chiameraÁ Luigi Puccianti che avraÁ la meglio su Giovanni Polvani che lo voleva a Milano. A Pisa
impartisce lezioni di meccanica quantistica che
verranno prodotte dall'ufficio dispense del
gruppo universitario Curtatone e Montanara
nell'anno accademico 1933/1934. Il testo, manoscritto, come allora si usava, dagli estensori,
appare di particolare semplicitaÁ e completezza,
anche se molti che lo hanno conosciuto riferiscono come le sue lezioni fossero faticose da
seguire. In queste lezioni, in veritaÁ molto aÁ la
C. BERNARDINI E L. BONOLIS: GIOVANNINO GENTILE, SESSANTA ANNI DOPO
page, si espone la meccanica quantistica in tutte
le sue versioni, ivi compresa la teoria delle
trasformazioni, che per l'epoca era certamente
una novitaÁ.
Ma la dimensione della sua personalitaÁ di fisico si apprezza particolarmente bene rileggendo oggi un singolare lavoro di fisica classica
(«Per la teoria degli effetti polarizzanti delle
fenditure») che, seguendo un filone battuto da
grandi esperti come Sommerfeld e altri suoi allievi, Gentile daÁ alle stampe privatamente, nel
1937, e Polvani riterraÁ opportuno ristampare su
«Il Nuovo Cimento» dopo la sua morte; questo
lavoro sottolinea il grande virtuosismo di Gentile nell'uso delle matematiche avanzate, ma
anche la luciditaÁ dell'intuizione fisica che gli fa
scegliere il modello giusto per l'interpretazione
del fenomeno. Nel 1937 vince il concorso alla
cattedra di fisica teorica e viene chiamato all'UniversitaÁ di Milano. CioÁ che ha reso Gentile
memorabile nella letteratura scientifica internazionale eÁ il suo studio, nato a Milano in discussioni con Giovanni Polvani, delle cosiddette
«statistiche intermedie», o «parastatistiche» o
«statistiche di Gentile». Si tratta di distribuzioni
statistiche quantistiche in cui il numero di occupazione degli stati eÁ un qualsiasi intero finito
1; evidentemente il caso in cui eÁ proprio 1
corrisponde alla statistica di Fermi-Dirac, mentre il caso in cui si raggiunge il limite infinito
corrisponde alla statistica di Bose-Einstein.
Gentile spera, utilizzando particolarmente il
caso in cui il numero massimo di occupazione eÁ
proprio uguale al numero di particelle presenti
nel campione, di interpretare alcuni risultati
relativi ai fenomeni nell'elio liquido II, superfluido e con la tendenza a risalire lungo le pareti
dei recipienti in uno strato sottile che aderisce
alle pareti stesse (effetto fontana). La sua proposta genera non poche curiositaÁ ed eÁ tuttora
oggetto di speculazioni in altri campi, particolarmente nel campo dei modelli subnucleari.
In definitiva vogliamo sottolineare che ci eÁ
sembrato sia doveroso che utile riproporre
brevemente la figura scientifica di Giovannino
Gentile nella galleria dei personaggi di spicco
della fisica italiana, cosõÁ come avevano fatto
subito dopo la sua morte Giovanni Polvani,
Carlo Salvetti ed altri suoi estimatori ed allievi,
perche pensiamo che il nostro sia un grande
Paese soprattutto in queste manifestazioni di
alcuni suoi figli che peroÁ, nella fretta della ricerca militante, vengono troppo spesso ingiustamente dimenticati.
Bibliografia
(1) A. S OMMERFELD, Zum GedaÈchtnis an Giovanni Gentile
jun., «Il Nuovo Cimento», 1945, p. 151.
(2) G. G IULIANI , Il Nuovo Cimento. Novant'anni di fisica in
Italia, 1855-1944 (La Goliardica Pavese) 1996.
(3) J. J EANS, I nuovo orizzonti della scienza (Sansoni, Firenze) 1934 (1ã edizione) 1943 (2ã edizione); P. J ORDAN , La
fisica nel secolo XX (Sansoni, Firenze) 1940.
Pubblichiamo qui di seguito la lista dei premiati del Concorso della Fondazione ANGELO DELLA RICCIA,
il cui bando eÁ stato pubblicato nel Nuovo Saggiatore vol. 17, no. 1-2, 2001.
CONCORSO 2001-2002 RELAZIONE
La Commissione della Fondazione, riunita presso il Dipartimento di Fisica dell'UniversitaÁ degli Studi di
Firenze, composta dai Professori: R. Fieschi (Presidente Commissione Scientifica), E. Beltrametti, A. Di
Giacomo, G. Longhi (Membri permanenti della Commissione) e dai Professori: F. Beltram, G. Mantovani, G.
Susinno (Membri annuali della Commissione); funge da segretaria la signora D. Scarselli. Dopo aver proceduto
alle operazioni per l'espletamento del concorso di cui al bando, dichiara di aver assegnato, all'unanimitaÁ,
contributi ai seguenti candidati nella misura a fianco indicata (in milioni di lire).
Alberghi Gianluigi
Baggio Chiara
Boccali Tommaso
Bonciani Roberto
Botti Silvana
Carbone Gaspare
Cariglia Marco
Colizzi Giuseppe
Congeduti Alberta
17
6
24
12
7
15
24
3
30
Contino Roberto
De Felice Antonio
Fazio A. Raffaele
GiardinaÁ Cristian
Greco Vincenzo
Gruppuso Alessandro
Ladisa Massimo
Lamanna Giovanni
Mezzetti Alberto
Nicolini Piero
10
5
10
30
9
30
15
10
14
13
Orselli Marta
Pellicane Giuseppe
Raineri Emanuele
Rossini Matteo
Savona Giorgio
Sottile Francesco
Suppa Domenico
Tardocchi Marco
Verbeni Michela
8
6
20
18
7
7
17
15
18
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RICORDO DI FRANCO RASETTI
G. Salvini
UniversitaÁ di Roma «La Sapienza», Roma
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Franco Rasetti ci ha lasciato in etaÁ di cento
anni, il 5 Dicembre 2001.
Gli storici della scienza sono ormai al lavoro
in ogni Paese civile, per meditare quella straordinaria vicenda umana che eÁ il sorgere della
nuova fisica nei primi cinquanta anni del secolo
ormai trascorso. In questo quadro si inserisce,
splendida, la vicenda italiana delle scoperte dei
«ragazzi di via Panisperna». Essi sono tutti fisici
illustri, che hanno avuto in Enrico Fermi il
maggiore maestro, ma che hanno lasciato l'impronta del loro genio anche in personali fondamentali scoperte. I loro nomi sono ormai noti:
Enrico Fermi, Franco Rasetti, Emilio SegreÁ,
Edoardo Amaldi, Bruno Pontecorvo ed il chimico Oscar D'Agostino.
Franco Rasetti era l'ultimo a noi rimasto e con
la sua scomparsa si chiude la vicenda terrena di
quello storico gruppo. La sua eÁ una vita magnifica originale ed intensa, che resteraÁ nella
nostra memoria:
Ð per la sua capacitaÁ di fare nascere scienza e
scoprire il nuovo in laboratori vuoti e da lui
stesso attrezzati;
Ð per la fermezza delle sue idee e dei suoi
principi morali in occasioni storiche di immensa
importanza;
Ð per l'interesse continuo sottile verso il
mondo che ci circonda, in utti i suoi livelli, dai
nuclei, agli atomi, alle molecole piuÁ semplici,
alla storia della vita ed alle prime formazioni
della vita animale, ai fiori di ogni paese, ed in
particolare dell'Italia e delle sue Alpi, portando
in ognuno di questi campi risultati e scoperte
originali;
Ð per il suo desiderio di fare conoscere alle
nuove generazioni l'importanza delle scienze
naturali e la bellezza dell'Universo.
Confesso che il ricordo di questo grande
scienziato, che ho avuto il privilegio di conoscere personalmente ricevendone suggerimenti ed indicazioni, mi commuove profondamente. Lo ricordo come un esempio di capacitaÁ di originale azione scientifica in campi
diversi. Un esempio rarissimo nel secolo ora
trascorso.
Ne racconto ora la vita, nella forma quasi disadorna da lui preferita, e mi permetteroÁ alla
fine alcuni commenti.
Parto dalla sua stessa nota autobiografica, da lui
lasciata per facilitare il compito a «quegli amici e
colleghi che dovranno scrivere il mio obituario per
le Accademie e le UniversitaÁ di cui ho fatto parte».
Franco Rasetti nacque il 10 Agosto 1901 in
Pozzuolo Umbro, nella provincia di Perugia. EÁ un
ragazzo precoce, legge, disegna e ritaglia animali
in etaÁ di quasi quattro anni. Inizia presto a raccogliere specie particolari, licheni ed insetti. All'etaÁ di sei o sette anni distingueva gli insetti nei
diversi ordini, e conosceva centinaia di nomi
scientifici. Questo interesse straordinario per la
natura era vivissimo giaÁ nei suoi parenti e ascendenti. In particolare egli fu in cioÁ incoraggiato
dallo zio materno, Gino Galeotti, professore di
patologia nelle UniversitaÁ italiane, ma di grande
ed estesa cultura naturalistica e letteraria.
Franco non fece le scuole elementari, ma
venne educato in famiglia dalla madre. All'etaÁ di
dieci anni venne ammesso senza alcuna difficoltaÁ al ginnasio. CompletoÁ in Pisa le scuole
secondarie e gli studi universitari. LascioÁ il liceo
con un anno di anticipo, sollecitato a questo
G. SALVINI: RICORDO DI FRANCO RASETTI
anche dalla situazione di guerra italiana (siamo
al 1918). Del liceo ricorda i buoni insegnamenti
umanistici, la scarsa educazione alla matematica ed al pensiero scientifico, ricevuta dai suoi
non eccellenti insegnanti.
La scelta della facoltaÁ universitaria non fu
facile, avendo egli ormai tanti seri, quasi professionali, interessi in varie discipline. SiccheÂ
scelse ingegneria, pensando di passare eventualmente nel futuro alla fisica.
All'inizio dell'universitaÁ incontroÁ Enrico Fermi, studente al primo anno di fisica. Dice Franco
Rasetti:
«Egli mi impressionoÁ immediatamente come
persona straordinaria per la sua evidente maturitaÁ umana, e per la sua profonda conoscenza
della matematica e della fisica. Ero molto ignorante su questo, ma sapevo abbastanza per riconoscere il suo genio, e sin dai primi mesi dal
nostro incontro mi sentii di prevedere per lui i
grandi successi che raggiunse presto, e che gli
furono ampiamente riconosciuti. Mi spiaceva
osservare che la mia educazione scientifica era
sufficiente soltanto per assorbire una pare limitata del suo sapere matematico e scientifico».
Al terzo anno di universitaÁ Franco si iscrisse a
fisica, ancora per l'influenza di Enrico Fermi. Gli
studi di fisica in Pisa non erano molto avanzati,
ed ignoravano i piuÁ recenti sviluppi. Franco fece
una tesi in spettroscopia sotto la guida del prof.
Luigi Puccianti, sui rapporti di intensitaÁ dei
doppietti degli alcalini con misure di dispersione anomala. Questi risultati confermarono
per i doppietti piuÁ elevati della serie principale,
le larghe deviazioni dal valore due, che erano giaÁ
state stimate, ma con minore precisione, da
precedenti autori. Si laureoÁ con lode nell'autunno del 1922.
InizioÁ presto, per il giovane Franco, una carriera
professionale in fisica. Il primo impegno lo ebbe
come assistente del Prof. Garbasso, direttore del
Laboratorio di Fisica dell'UniversitaÁ di Firenze.
Quel laboratorio era giaÁ bene attrezzato per lavori
di spettroscopia. Intanto Enrico Fermi, nel 1925,
divenne professore incaricato di Fisica Teorica in
Firenze. Dice Rasetti:
«Ero allora meglio preparato per assorbire il
suo insegnamento e collaborare con lui. Nei due
anni spesi insieme a Firenze noi pubblicammo
insieme alcuni lavori».
Nel 1926 Fermi lascioÁ Firenze per Roma, dove
divenne professore di Fisica Teorica. Rasetti lo
seguõÁ poco dopo, nel 1927, come aiuto di Orso
Mario Corbino.
Franco Rasetti si trovoÁ immediatamente a suo
agio con Fermi ed i nuovi allievi, Emilio SegreÁ ed
Edoardo Amaldi. Dopo tre anni in Roma, Rasetti
concorse per una cattedra universitaria in Catania, e vinse il concorso. Ma Corbino non se lo
fece scappare, e creoÁ in Roma per lui una cattedra di spettroscopia.
Durante quegli anni, e precisamente nel 192829, Rasetti trascorse un anno presso l'Istituto di
Tecnologia della California con una borsa della
Fondazione Rockefeller. In quell'ambiente, e
con inziativa personale, egli effettuoÁ lo studio
dell'effetto Raman sui gas, subito dopo la scoperta del fenomeno. Rasetti colse immediatamente le implicazioni teoriche del fenomeno, e
le applicoÁ alle molecole diatomiche. Fu di particolare interesse il risultato per l'azoto, che
condusse a concludere che il nucleo dell'azoto
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N era un bosone. Questo divenne in quel momento il piuÁ significativo ostacolo per accettare
l'ipotesi che il nucleo fosse fatto di protoni e di
elettroni. La scoperta del neutrone doveva risolvere, due anni dopo, il serio problema.
Nel 1931 Rasetti lascioÁ ancora Roma per una
successiva borsa delle fondazione Rockefeller.
AndoÁ al Kaiser Wilhelm Institut fuÈr Chemie, in
Berlin Dahlen. Insieme a Fermi i fisici di via
Panisperna avevano concluso che il futuro della
ricerca in fisica era nella fisica nucleare; da qui
la decisione di imparare e di importare tecniche
nucleari. La scoperta del neutrone colse Rasetti
in Dahlen, ed egli fu tra i primi a dimostrare gli
effetti del neutrone in camera di Wilson, fotografando le particelle emergenti nella disintegrazione dell'azoto.
Questo periodo fu fondamentale allo sviluppo
della fisica nucleare in Roma; sicche nel 1932-33
si poterono preparare intense sorgenti di neutroni. EÁ da dire che per merito di Franco Rasetti,
formidabile preparatore di strumenti e rivelatori, Roma era ormai attrezzata per le scoperte
famose, fondamentali per la storia umana, che
ne discesero. I meriti di Rasetti sulle interazioni
dei neutroni lenti e sulle implicazioni che ne
seguirono sono giustamente riconosciuti, e
fondamentali.
Nel 1935-36 Franco Rasetti andoÁ alla Columbia
University, lavoroÁ sulle proprietaÁ di risonanza dei
neutroni lenti, e insegnoÁ ai corsi estivi della Cornell University. Erano ormai iniziati per l'Italia gli
anni difficili, la tirannia politica, la guerra etiopica
e la guerra di Spagna, ed il patto d'Acciaio con
Hitler. Rasetti non era ebreo, ma sentõÁ la vergogna,
anzi l'orrore di tutto questo. RientroÁ in Italia nel
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IL NUOVO SAGGIATORE
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1936. Vide la partenza di SegreÁ nel 1937, e di Fermi
per Stoccolma, per ricevere il premio Nobel, e
quindi per l'America. EÁ merito di Franco Rasetti in
quel periodo, insieme ad Edoardo Amaldi, la realizzazione dell'Acceleratore Elettrostatico da un
milione di volt, presso l'Istituto di SanitaÁ di Roma.
Nel 1939 Franco ricevette un interessante invito dalla UniversitaÁ Cattolica del Canada, Laval
University. Gli fu offerta la direzione del Dipartimento di Fisica della nascente FacoltaÁ di
Ingegneria. La situazione politica italiana e
mondiale era ormai deteriorata, e Franco Rasetti accettoÁ. Non fu facile aggiustare carte e
passaporti, ma egli riuscõÁ a partire insieme a sua
madre per il Canada con il permesso di un anno.
Al Laval non c'era nulla di vivo e moderno. Ma
in soli tre mesi egli inizia alcune ricerche sui
neutroni lenti. Intanto prepara una impegnativa
esperienza che saraÁ il suo capolavoro solitario
in Fisica: intraprende la misura della vita media
dei mesoni cosmici (i muoni di oggi) che si fermano in un assorbitore. Dopo avere costruito
con le sue mani sessanta contatori di Geiger ed i
circuiti elettronici necessari, Franco Rasetti arriva nel 1939 alla prima misura della vita media
dei mesoni in laboratorio.
Ma ormai la seconda guerra mondiale era
iniziata. Sua madre e lui erano cittadini nemici.
ma furono soggetti a ben poche restrizioni. Nel
1945 entrambi divennero cittadini canadesi.
Durante gli anni di guerra inizia il distacco di
Franco Rasetti dalla fisica. Nel 1943 rifiutoÁ di
associarsi a un gruppo inglese inteso allo studio
dell'energia nucleare ed agli impieghi nucleari.
L'impiego militare era ormai un ostacolo insormontabile per un suo reinserimento nella fisica.
Alla fine della guerra cessoÁ la necessitaÁ di
restare in Canada, e gli venne concessa la libertaÁ
di andare ovunque. Ormai il Laval era un posto
troppo isolato e ristretto: vennero a Rasetti
molte nuove offerte, ed egli scelse un posto di
professore alla John Hopkins University. Un
posto che tenne per tutti i restanti anni di insegnamento e ricerca scientifica. Rimase alla
Hopkins per molti anni, godendo anche di prolungate visite in vari paesi, trascorrendo in diversi periodi vari mesi in Italia.
La sua attivitaÁ scientifica come fisico sperimentale non arrivoÁ mai alla intensitaÁ degli anni
precedenti. Per i primi anni egli non era persuaso di restare alla Hopkins, e addirittura di
restare negli Stati Uniti. Questi dubbi si riferivano in particolare alla fisica. Infatti i fondi sarebbero dovuti venire da agenzie governative, e
Franco Rasetti aveva forti obiezioni a questo
riguardo: soprattutto la pretesa della «U.S.
Atomic Energy Commission» che un contratto
di ricerca dovesse avere una «clearance», diciamo un lasciapassare per l'ammissione alla
conoscenza dei dati piuÁ recenti della ricerca fisica nucleare, anche se il programma non richiedeva l'accesso al lavoro riservato o segreto
(classified). Inoltre la caratteristica della ricerca in fisica era cambiata, e si andava verso
imprese di molte persone, e con caratteristiche
di organizzazioni industriali.
Erano finiti, scrisse Rasetti, «i bei giorni degli
anni venti e trenta, quando i fisici erano soli od
in piccolo gruppo, e non erano costretti ad interrompere le vacanze per una faticosa ingiustificata gara di prioritaÁ scientifica». I dieci anni
di ricerca in fisica alla Hopkins furono dunque
svolti con contratti stipulati da altri colleghi.
Ma questo periodo di stasi nel campo della fisica
fu tutt'altro che scientificamente improduttivo,
perche permise a Franco Rasetti di raggiungere
significativi risultati in geologia ed in paleontologia, le scienze dei suoi primi interessi giovanili.
Sin dal suo primo arrivo in Canada Franco si
chiese quali attrattive naturalistiche poteva offrire quella regione. Fu presto evidente che un
campo promettente era offerto dai fossili del paleozoico. GiaÁ nel 1936, esplorando dei giacimenti
Devoniani e riferendone nelle lezioni all'UniversitaÁ di Cornell, Franco si era meravigliato dei
bellissimi fossili di trilobiti raccolti sul luogo. (Si
noti che l'interesse naturalistico accompagnoÁ
Franco Rasetti sempre, anche durante i piuÁ intensi periodi di attivitaÁ in fisica nucleare.) Ben
presto Rasetti si dedicoÁ alle ricerche sulle trilobiti
del Cambriano, abbondamentemente distribuite
nella famosa localitaÁ di Lavis, non lontana da
Quebec, e taversata dal fiume S. Lorenzo. Egli era
ormai in contatto con i migliori specialisti mondiali (il suo valore di paleontologo verraÁ riconosciuto da importanti premi e da lauree ad onore) e
scoprõÁ con sua meraviglia che le conoscenze sulle
trolobiti Cambriane e sul paleolitico in quella zona erano incomplete, ed anzi alcune specie non
erano ancora identificate.
Su questi problemi Rasetti, con un lavoro di
anni, mise ordine e rigore scientifico. SiccheÂ
venne invitato a pubblicare i suoi risultati, e
molti esperti si mossero e con nuova lena
insieme a lui. Nacque da qui il volume definitivo sulle trilobiti, che fa parte dell'International Treatise of Invertebrate Paleontology, e
si aprirono nuovi studi sulla fauna del Cam-
G. SALVINI: RICORDO DI FRANCO RASETTI
briano, che continuarono per molti anni.
Debbo ricordare che in Franco Rasetti, dotato
di memoria prodigiosa per i fatti, i risultati, gli
avvenimenti, la capacitaÁ di lavorare in fisica non
venne mai meno. Nel 1959 trascorse un periodo
presso l'Istituto di Fisica Guglielmo Marconi, ed i
Laboratori di Frascati del CNEN. Il Professore
Martellucci, giovanissimo a quel tempo, ricorda
l'intensa collaborazione di Ugo Ascoli Bartoli,
troppo presto scomparso, con Franco Rasetti.
Questi due fisici arrivarono insieme, nel 1959 alla
misura, prima nel mondo, della densitaÁ elettronica
di un plasma mediante interferometro ottico.
Negli ultimi decenni di sua vita, Rasetti riordinoÁ i suoi ricordi ma aggiunse nuove intense
attivitaÁ. Occorre ricordare il suo lavoro nel
campo della botanica. Questa attivitaÁ, nata nelle
vacanze estive in Europa, divenne sistematica e
precisa. Per molti anni, ogni sua estate venne
spesa nel cercare e fotografare a colori la flora
delle regioni elevate delle Alpi (oltre la linea
degli alberi). In questo modo egli raccolse una
collezione di diecimila fotografie a colori, che
rappresentano almeno il 97% dei fiori ricordati
nel suo programma. Durante vari periodi di
primavera, tutte le orchidee proprie dell'Italia
furono trovate e fotografate. Si tratta di collezioni piuÁ ricche e complete di ogni altra pubblicazione esistente.
Alcuni personali commenti. Ecco dunque una
vita che ci lascia attoniti, ma piuÁ ancora ci porta a
meditare sin dove l'uomo, da solo, puoÁ arrivare.
Siamo davanti ad un nostro compagno dotato di
una memoria prodigiosa, di un immenso amore
per la natura in tutte le sue forme, e che ha lasciato
in ogni sua attivitaÁ la marca di originali professionali scoperte. Ed insieme dotato di un'attenta
capacitaÁ e volontaÁ etica di meditare, scegliere,
giudicare il senso dell'avventura umana. Fatemi
solo aggiungere ancora qualche commento sui
punti ricordati da me all'inizio.
Sul primo punto, la capacitaÁ di fare nascere
laboratori e strumenti dal nulla, voglio solo ricordare che l'effetto Raman studiato in California, e la misura della vita media dei mesoni (oggi i muoni) al Laval, facendo tutto da se, sono
esempi da non dimenticare, anzi da tramandare.
Sul secondo, la fermezza delle sue idee, le
affermazioni della sua autobiografia in proposito sono piuttosto nette. Egli invoca la pace,
pensa che i grandi stati non possono raggiungerla, poiche sono quasi costruiti come macchine di guerra. Auspica una intesa mondiale,
senza la quale avremo nuovi olocausti e nuove
Hiroshima. Conferma di aver laciato la fisica per
il suo crescente potenziale di orrori, e di non
essersi mai pentito di questa scelta.
Sul terzo punto, l'interesse continuo verso il
mondo che ci circonda, le sue collezioni e l'amore
per esse, la cura e la volontaÁ di capire sono quasi il
segno di un'arcana umiltaÁ per il mondo ove ci
troviamo ad essere. Non riporto qui i suoi pensieri
un po' ironici sulle grandi sintesi della filosofia e
sulla metafisica. Non mi ricordo di avergli sentito
mai un commento, retorico o no, sulla sintesi
maestosa del creato. Era dotato di una naturale
capacitaÁ di ironia; ma sui problemi fondamentali
ne ha fatto sempre un uso contenuto.
Sul quarto punto, conviene che io riporti le
sue parole alla fine della sua biografia. Sono
parole che possono sorprendere in un austero
severo scienziato quale egli sembrava. Ma per
chi meglio l'ha conosciuto, esse appaiono piuttosto naturali. Eccole dalla sua autobiografia:
«Sono ben consapevole che la geologia e la
paleontologia non hanno l'alto rango della fisica
nella gerarchia delle creazioni dell'intelletto umano. Io apprezzo il supremo valore estetico della
relativitaÁ generale e della meccanica quantistica, e
ammiro le menti umane che sono riuscite ad
esprimere una infinitaÁ di fenomeni in poche ed
eleganti equazioni matematiche. Invece, per ricostruire la storia della terra e l'evoluzione della vita,
occorre un'immensa massa di osservazioni pazienti. Per me comunque, la contemplazione delle
meraviglie della natura, una montagna, un fiore,
un insetto, un fossile, non mi hanno dato minor
piacere che ammirare le creazioni della nostra
mente fisica e matematica».
Io ebbi la ventura di portare a Rasetti, nel suo
eremo in Belgio, l'ultima edizione del suo libro «I
fiori delle Alpi» ed una massima onorificienza assegnata a lui dalle nostre UniversitaÁ e dal nostro
Presidente della Repubblica. Le ricevette con calma e viva gratitudine, come forse avrebbe accettato un insetto raro da un suo studente, od un ragno
dall'Imperatore della Cina. Sentiva che aveva ormai vissuto molto e molto visto, e me lo disse.
Voglio ricordare in chiusura le sue ultime righe, nella sua autobiografia:
«Il libro sulla flora Alpina eÁ quasi pronto: ... EÁ
mia forte convinzione che le scienze naturali
sono state troppo ingiustamente dimenticate, e
che ogni tentativo di farle maggiormente conoscere, soprattutto tra le piuÁ giovani generazioni,
eÁ veramente cosa degna e da farsi».
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IL NUOVO SAGGIATORE
RICORDO DI PAOLINO PAPALI
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Si eÁ spento improvvisamente, il 25 gennaio,
nella sua Sicilia, a Messina, dove si era ritirato
negli ultimi anni, dopo una vita spesa alla SIF e
per la SIF, Paolino Papali, all'etaÁ di 79 anni.
Era nato il 2 settembre 1922 a Messina e aveva
trascorso parte della sua giovinezza in Africa.
Era arrivato alla Societa Italiana di Fisica nel
dicembre 1959, assunto da Giovanni Polvani,
come giovane e valente collaboratore di ReneÂ
Corbi, un'istituzione della SIF.
Ma egli stesso doveva diventare una vera e propria istituzione da quando, dieci anni dopo, fu
chiamato a sostituire Corbi nella responsabilitaÁ
della redazione del Nuovo Cimento. Piu ancora
durante quegli anni condivideva, con il compianto
Gioacchino GermanaÁ, la sovrintendenza alle attivitaÁ della SIF, per la parte editoriale.
Fu un prezioso, colto e raffinato collaboratore
dei Presidenti che vide succedersi durante la
sua piu che quarantennale presenza alla SIF,
dopo Polvani, con Bernardini, con Toraldo, con
Castagnoli e con chi scrive.
Fu non solo apprezzato ma, sia pure sotto
un'apparenza a volte umile ma una sostanza
ferma e tenace, degno di affetto oltre che di
grande stima da parte dei consiglieri, del personale e dei soci della SIF.
Nel 1984 il suo 25mo anniversario di attivitaÁ
nella SIF fu affettuosamente ricordato come una
specie di nozze d'argento.
La SIF era tutta la sua vita. Alla SIF ha dato
molto, contribuendo alla sua efficienza editoriale, alla preparazione di uno staff di prim'ordine, strumento essenziale cui anche si deve il periodo glorioso del Nuovo Cimento.
Comprese la necessitaÁ di rinnovarsi e rinnovare un'editoria scientifica che non poteva piuÂ
essere quella artigianale, anche se di prim'ordine, di un tempo. Ma, in cuor suo, come per molti
di noi, la SIF e il Nuovo Cimento erano una cosa
unica.
EÁ andato in pensione nel 1988, ma ha continuato a collaborare con noi fino al 2000. Nonostante il suo trasferimento in Sicilia degli ultimi
tempi, la sua vera casa, credo, eÁ sempre stata la
SIF.
Ci eÁ mancato, ci manca......
Renato Angelo Ricci
Presidente Onorario
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