DIALEGESTHAI

Direttori
Emilio Baccarini
Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
Giovanni Salmeri
Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
DIALEGESTHAI
μή νῦν ἓν ἧθος μοῦνον ἐν συτῷ φόρει,
ὡς φὴς σύ, κοὐδὲν ἄλλο, τοῦ’ὀρθῶς ἒχειν.
ὃστις γὰρ αὐτὸς ἤ φρονεῖν μόνος δοκεῖ,
ἢ γλῶσσαν, ἥν οὐκ ἂλλος, ἢ ψυχὴν ἓχειν,
οὗτοι διαπτυσθέντες ὢφθησαν κενοί,
ἀλλ’ἄνδρα, κεἴ τις ᾗ σοφός, τὸ μανθάνειν
πόλλ’αἰσχρὸν οὐδὲν καὶ τὸ μὴ τείνειν ἄγαν.
Non portare nell’animo l’idea, solitaria,
che la verità sia tua e che nient’altro sia vero.
Chi è convinto d’aver senno lui solo,
d’avere lui solo la parola o l’anima,
appena lo scopri, vedi che dentro è vuoto.
Ma per un uomo, anche saggio, imparare,
deporre l’ostinazione, non è mai disonorevole.
—– S, Antigone, III episodio, vv. –
Im wirklichen Gespräch geschieht eben etwas. . .
(Nell’autentico dialogo qualcosa accade sul serio.)
—– Franz R, Il nuovo pensiero
Riprendendo l’antico termine διαλέγεσθαι (“dialogare”) come titolo di questa
collana di ricerche filosofiche, in continuità di ispirazione con la rivista di filosofia on
line (http://mondodomani.org/dialegesthai) vogliamo ripetere, da un lato, l’esigenza del rigore argomentativo del discorso vero proprio della filosofia, ma dall’altro,
anche, ascoltare la vita e quindi ritrovare la dialogica prima della dialettica, che
significa anche offrire una “testimonianza” della verità, non soltanto argomentativa,
bensì anche come “passione personale” di ricerca della verità. Vogliamo situarci
in questo spazio intermedio che oggi si presenta con un’urgenza nuova, in gran
parte ancora da pensare, senza arroganza e senza la pretesa antidialogica di essere
portatori di una verità semplicemente da comunicare. Vorremmo proporre una
sorta di apologia della verità (dialogo) contro la certezza (violenza).
Giacomo Bonagiuso
La soglia e l’esilio
Asimmetrie di tempo e spazio
nel Nuovo Pensiero di Franz Rosenzweig
Un ringraziamento profondo va a coloro che hanno permesso questa ricerca: al prof.
Mario Signore che ha voluto donarmi la sua fiducia, che – com’è noto – è sempre all’origine
un atto d’affetto; alla dott.ssa Elena Maria Fabrizio che ha riletto con me il dattiloscritto
facendomi da vero e severo ‘altro’; al dott. Giorgio Rizzo che mi ha concesso parte preziosa
del suo tempo per la revisione del testo; alla dott.ssa Francesca Presti che mi ha aiutato a
ridiscutere la mia radice greca; ai volti degli studiosi e dei colleghi che, nel corso di questo
dottorato, sono diventati per me patrimonio inesauribile di domanda e di risposta.
Ogni errore e approssimazione rimane, in tutta evidenza, da attribuire soltanto al sottoscritto.
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via Raffaele Garofalo, /A–B
 Roma
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: maggio 
Dedico questo studio alla memoria di mio
padre, la radice del mio senso. A lui debbo
l’amore per i libri e il singolare stupore per la
profondità del mito.
Oggi riesco persino a ricordarlo intento a raccontarmi miti come favole; io, seduto sulle
sue ginocchia, e lui sull’orrenda e pelosa poltrona blu del salotto. E così riesco anche a
ricordarmi di me, quand’ero così diverso da
quello che sono (proprio ora che comprendo
bene come io sia in questo mutare e, anzi,
proprio questo stesso mutare).
Così come riesco pure a capire che questa
ricerca, a lui dedicata, è assolutamente inconclusiva e rappresenta per me più un punto di
partenza che un approdo.
Indice

Avvertenza
Parte I

Capitolo I
Scenario
.. Soglie per l’ebraismo,  – .. Sistema, filosofia e rivelazione,  –
.. Tempo e linguaggio,  – .. Dio, mondo e uomo, .

Capitolo II
Nei margini della ricerca
.. Orizzonti bibliografici e storici,  – .. Il Nuovo Pensiero e l’«inattualità»
di fronte ad Auschwitz: Fackenheim su Rosenzweig,  – .. Retrospettiva greca e prospettiva ebraico–cristiana,  – .. L’Idealismo e
l’«an–archia» del singolo,  – .. Rosenzweig filosofo della religione?,  – .. «Nuova filosofia» e «nuova teologia»: la traduzione come
«margine» fra tradimento e conflitto,  – .. Linguaggio e nome proprio:
per un’ermeneutica filosofica delle fonti ebraiche,  – .. Figure della
scrittura: trascendenza e alterità,  – .. La soglia del linguaggio tra
vecchio e nuovo pensiero, .

Capitolo III
Il Nuovo Pensiero e la Stella
.. La Stella della redenzione come luogo dell’inversione,  – .. La morte
e il silenzio: i presupposti dell’essere e della parola,  – .. L’Eigenheit
del singolo,  – .. Volontà e indipendenza,  – .. Silenzio e tràgos:
tra Kierkegaard e Rosenzweig,  – .. Dal silenzio alla parola,  –
.. La nuova prospettiva: una filosofia come narrazione,  – .. La
rivelazione come incontro tra finito e infinito,  – .. Presupposto
e parola–matrice,  – .. Parole matrici e nomi propri,  – .. Il

Indice

dialogo tra amante e amato,  – .. La legge e il tempo: per una
fenomenologia erotica,  – .. Lo spazio–tempo etico del prossimo, 
– .. L’oltre e la visione: un paradosso ebraico,  – .. Domande
ulteriori,  – .. Il silenzio ulteriore, .
Parte II

Capitolo I
Oltre Rosenzweig: asimmetrie di tempo e spazio a partire dal
Nuovo Pensiero
.. Tempo e filosofia: una cronistoria minima,  – ... Dall’essere al
tempo,  – ... Tempo mitico e filosofia,  – ... Tempo ciclico, tempo
lineare e ricapitolazione,  – .. Parricidio e alterità: essere altrimenti e
altrimenti che essere,  – .. Asimmetrie di tempo e spazio: la soglia e il
confine, .

Capitolo II
Chiose
.. Per una fenomenologia dello sradicamento: lo «straniero» jabesiano,  – .. Verso un’etica del conflitto? Giacobbe e la filosofia, .

Bibliografia
Avvertenza
L’opera di Franz Rosenzweig (Kassel –) — mancante tuttavia
del saggio Hegel und der Staat (), del pamphlet Das Büchlein vom gesunden und kranken Menschenverstand (), mai pubblicato all’Autore,
e di talune altre lettere e scritti — è stata raccolta dall’editore Martinus
Nijhoff, prima a Den Haag, poi a Dortrecht, sotto il titolo Der Mensch
und sein Werk. Gesammelte Schriften, ed è suddivisa in quattro sezioni:
a) Briefe und Tagebücher,  voll., a cura di R. Rosenzweig e E.
Rosenzweig–Scheinmann in collaborazione con B. Casper
();
b) Der Stern der Erlösung, introduzione di R. Mayer ( );
c) Zweistromland. Kleinere Schriften zu Glauben und Denken, a cura
di R. e A. Mayer ();
d) Sprachdenken,  voll. . Jehuda Halevi. Fünfundneunzig Hymnen
und Gedichte. Deutsch und Hebräisch, a cura di R. Rosenzweig
(); . Arbeitspapiere zur Verdeutschung der Schrift, a cura di R.
Bat–Adam ().
Per riferirci all’edizione citata utilizzeremo nelle note l’abbreviazione GS, preceduta dal titolo dell’opera e seguita dall’indicazione del
volume di riferimento, dal numero della pagina e, quando disponibile,
tra parentesi quadre, anche dal numero di pagina dell’edizione italiana.
In caso di più traduzioni italiane disponibili indichiamo, appresso, in
apposito elenco, l’edizione cui ci riferiremo contrassegnandola con *.
Segnaliamo anche che, a parte, sono apparsi: Hegel und der Staat, 
voll., Oldenburg, München–Berlin , ristampato in volume unico
da Scientia Verlag, Aalen  e il cosiddetto Gritlianum, un carteggio
con Margrit Rosentock–Hussey, edito col titolo Die “Gritli”–Briefe.
Briefe an Margrit Rosenstock–Hussey, a cura di I. Rühle und R. Mayer,
con una introduzione di R. Rosenzweig, Bilam Verlag, Tübingen .
Un caso a parte è l’edizione in lingua originale del pamphlet del ,
Das Büchlein vom gesunden und kranken Menschenverstand, apparsa solo


Avvertenza
nel , per l’editore Melzer di Düsseldorf, e preceduta addirittura
dall’edizione americana: Understanding the Sick and the Health. A View
of Word, Man and God, a cura di N.N. Glatzer, Noonday Press, New
York .
Le traduzioni italiane delle opere di Rosenzweig da noi utilizzate
sono:
— Hegel e lo stato, tr. di A. L. Künkler Giavotto e R. Curino Cerrato,
con una introduzione di R. Bodei, il Mulino, Bologna ;
— Il Nuovo Pensiero, tr. di G. Bonola, Arsenale, Venezia ;
— La stella della redenzione, tr. di G. Bonola, Marietti, Casale
Monferrato  (II edizione, Vita e Pensiero, Milano );
— Teologia ateistica, tr. di L. Farulli, in «La Politica», – (), pp.
–;
— Spirito ed epoche della storia ebraica, tr. it. in «IL Mulino», 
(), pp. –.
— Dell’intelletto comune sano e malato, tr. di G. Bonola, con un
contributo di N. N. Glatzer, Reverdito, Gardolo di Trento ;
— Lettere a F. Meinecke, tr. di E. D’Antuono in «Annali di Storia
della Cultura»,  (), pp. –;
— La scrittura. Saggi dal  al , tr. di G. Benvenuti e G. Bonola, Città Nuova, Roma . Contiene gli scritti: A proposito
dello stile di pensiero di Lessing; Significato storico universale della
Bibbia; Il segreto della forma dei racconti biblici (a M. Buber in occasione dell’..); L’unità della Bibbia (Un confronto tra ortodossia
e liberalismo); L’Eterno (Mendelssohn e il nome di Dio); La Scrittura
e Lutero; Postfazione agli inni e poemi di Y. Halevy; Trasposizione
commentate da Y. Halevy; Nuovo ebraico? (In occasione della traduzione dell’Etica di Spinoza); Nota su Antropomorfismo; Spirito
ed epoche della storia ebraica; I costruttori (Sulla legge); Divino e
umano; Teologia atea; “Cellula Originaria” de “La stella della redenzione” (Lettera a R. Ehrenberg del ..); Il Nuovo Pensiero
(Alcune note supplementari a “La stella della redenzione”); Lettere del .., .., .., .., .., ..,
.., .., .., .., ... Per la traduzione
ci avvarremo di quest’ultima edizione*;
— (con E R) La radice che porta. Lettere su ebraismo
e cristianesimo (), tr. di G. Bonola, Marietti, Genova ;
Avvertenza

— Ebraismo, Bildung e filosofia della vita, a cura di G. Sola, tr. di S.
Franchini, La Giuntina, Firenze . Raccoglie i saggi: L’uomo
ebreo (GS I, pp. –); Credere e sapere (GS I, pp. –);
Bildung e nessuna fine (GS I, pp. –); È tempo. . . Pensieri sul problema ebraico del momento relativo alla Bildung (GS I,
pp. –); Una lacuna nella Bildung della comunità (GS I, pp.
–); Il Freies jüdisches Lehrhaus (GS I, pp. –); La scienza
e la vita (GS I, pp. –); Il nuovo studio (GS I, pp. –);
Volksschule e Reichsschule (GS I, pp. –);
— Il grido, con in appendice la traduzione di un florilegio delle
lettere tra Franz Rosenzweig e Margrit Rosenstock–Hussey
(Gritlianum) inerenti l’autointerpretazione del Grido, tr. e a cura
di F. P. Ciglia, Morcelliana, Brescia ;
— Il filosofo è tornato a casa. Scritti su Hermann Cohen, a cura di R.
Bertoldi, Diabasis, Reggio Emilia ;
— Rivelazione e legge nel carteggio tra Franz Rosenzweig e Martin
Buber (–), tr. di N. Bombaci in «Idee», , , pp.
–;
— Globus. Per una teoria storico–universale dello spazio, a cura di F.
P. Ciglia, tr. it. di S. Carretti, Marietti, Genova–Milano ;
— Amicizie nella parola – Carteggio, F. Rosenzweig e M. Buber,
Morcelliana, Brescia .
Intendiamo anche segnalare l’edizione del prezioso repertorio
bibliografico curato da L. Anckaert e B. Casper dal titolo An Exhaustive
Rosenzweig Bibliography. Primary and Secondary Writings, Bibliotheek
van de Faculteit Godgeleerdheit, Leuven  ; e oggi, per quanto a
nostra conoscenza, in fase di un ulteriore aggiornamento.
Per le opere di approfondimento dell’ebraismo, per i saggi e gli
studi critici e per le altre opere utilizzate rimandiamo alla bibliografia
essenziale riportata in appendice.
P I
Capitolo I
Scenario
C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra
in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la
bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso
rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe,
che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe
ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal
paradiso, che è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle.
Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre
il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo progresso è
questa tempesta.
— W. B, Tesi di filosofia della storia.
La verità non è venuta nuda in questo mondo, ma in simboli e immagini. Non si
può afferrarla in altro modo.
— V  F, ,.
Se anche avessi il dono della profezia, potessi svelare tutti i misteri e possedessi ogni
conoscenza [. . . ], ma non avessi l’amore, allora non sarei nulla.
— I L  C, , .
.. Soglie per l’ebraismo
Dipanare un discorso coerente che abbia come interlocutore privilegiato un filosofo sui generis come Franz Rosenzweig e come referente
primo un’opera senz’altro difficile come La stella della redenzione, potrà di primo acchito sembrare un’impresa dissestata, se è vero che
nessuno tra i filosofi che per primi si sono imbattuti negli itinerari
del pensiero rosenzweighiano ha mai messo in conto uno sviluppo
. La storia degli incontri filosofici con il Nuovo Pensiero di Rosenzweig è, per certi
versi, una storia di appuntamenti mancati. Rosenzweig, infatti, pur noto negli ambienti


La soglia e l’esilio
delle pressoché inesauribili risorse del suo sistema di filosofia, che seguisse tutte le direttive dettate dall’esigenza dell’avvento di un Nuovo
Pensiero. Infatti, i legami intessuti tra i cardini del pensiero ebraico da
un lato, e gli itinerari tematici della creazione, della rivelazione e della
redenzione (e, quindi, i rapporti tra Dio, mondo e uomo) dall’altro,
possono davvero essere considerati come delle soglie, come direttrici
di senso privilegiate, per entrare all’interno della Stella.
L’ottica occidentale, che la cultura filosofica tra Ottocento e Novecento ha contribuito a diffondere e, in certo qual modo, a normalizzare, rappresenta quindi — in tale contesto ermeneutico — uno
tra i tanti idola di sapore baconiano che è opportuno, se non proprio
dimettere, almeno attenuare nell’apprestarsi all’intellezione di categorie così diverse da quelle conosciute solito more: quelle concernenti il
pensiero ebraico, appunto.
culturali tedeschi ed europei in quanto autore del poderoso saggio sulla filosofia della storia
e della politica in Hegel, Hegel und der Staat, e per aver ritrovato un inedito a suo avviso
schellinghiano nei manoscritti hegeliani (di cui era ottimo conoscitore) che intitolò Ältestes
Systemprogramm des deutschen Idealismus (Il più antico programma dell’idealismo tedesco) e
pubblicò nelle Sitzungsberichten der Heidelberg Akademie der Wissenshaften ad Heidelberg nel
 (in GS III, pp. –), è rimasto ai grandi pensatori del Novecento pressoché ignoto come
filosofo. Vero è che il suo pensiero è stato incrociato da Gadamer e Habermas (per citare i
pensatori estranei, in qualche modo, alla scena ebraica oggetto del nostro studio), ma ciò
senza particolari sviluppi: il primo, infatti, ne ha intrecciato gli esiti speculativi alla filosofia
ebraica medievale (Filone, Maimonide e Mendelssohn), pur intuendone talune tangenze con
Heidegger (il movimento heideggeriano della «gettatezza» viene difatti affiancato a quello
rosenzweighaino della «creazione»). Cfr. H. G. G, Die Philosophie und die Religion des
Judentums, in I., Gesammelte Werke, IV, , Mohr, Tübingen , pp. –); anche il secondo,
pur avendone rintracciato le matrici nel pensiero esistenziale di Kierkegaard, si è soffermato
sulla anticipazione «ebraica» dei temi legati alla temporalità e al linguaggio, così come essi
sarebbero esplosi successivamente nell’analitica esistenziale di Heidegger (J. H, Der
deutsche Idealismus der jüdischen Philosophen, in I., Philosophisch–politische Profile, Suhrkamp,
Frankfurt a. M.  , pp. –). Su questo fecondo incrocio teoretico del Nuovo Pensiero
con le istanze di Sein und Zeit (ché, a quanto sembra, Heidegger non conosceva affatto il
pensiero della Stella, mentre Rosenzweig citò Heidegger solo una volta a proposito dei
colloqui di Davos, per prendere posizione a suo favore contro Cassirer) torneremo ancora.
Qui, vogliamo solo notare, in via preliminare, come siano stati sicuramente motivi consimili
a far sì che la Rosenzweig Renaissance — di cui oggi si respirano invece esiti prospettici
davvero interessanti, anche grazie ad un intreccio significativo delle matrici di ricerca ebraica,
americana, tedesca, francese e italiana — è esplosa solo dopo parecchi anni dalla scomparsa
del pensatore di Kassel. La ricostruzione più completa e documentata della storia degli
incontri tra il pensiero del Novecento e la Stella, almeno in ambito italiano, è quella dipananta
da F. P. C in Scrutando la «Stella». Storia e preistoria della ricezione di F. Rosenzweig, in
«Cultura e Scuola»,  (), pp. – e  (), pp. –. Il vasto saggio è poi confluito
in I., Scrutando la «Stella». Cinque studi su Rosenzweig, Cedam, Padova , pp. –.
. Scenario

La tentazione primaria insita nell’approccio ad un cosmo logico,
fisico, etico e religioso così differente dal nostro, è quella di combatterlo — Aristotele ed Hegel alla mano — scovandone tutte le presunte
lacune e aporie; ma il passo che intercorre tra la contestazione della
diversità culturale e la guerra santa, talvolta, è sin troppo breve. La
storia del secolo che si è appena concluso, e i poco edificanti segni
che il nuovo ha già prodotto, anche in questo caso, possono esserci
d’esempio.
L’ebreo, da sempre visto come una sorta di straniero storico (uno
straniero per di più inquietante, poiché non fonda sui valori del suolo,
della terra patria, la propria identità, e che, in virtù di questo, ha
sempre vissuto come esule in perenne diaspora), ha tentato a più
riprese di trovare una collocazione in seno all’Europa cristiana, senza
per questo abiurare alle proprie radici storiche e religiose. Scrive bene,
quindi, in ottica conciliativa, Franz Mussner quando, rileggendo alla
luce della categoria dello Judesein, la predicazione dell’«ebreo Gesù»,
afferma che anche degli ebrei potrebbe dirsi ciò che Dostoevskij mise
in bocca al Grande Inquisitore nei confronti di Cristo: «Perché sei
venuto a disturbarci? Tu sei venuto per il nostro disturbo!» .
E di fatto Israele, originariamente, lungi dall’essere una realtà socio–politica, è stata una categoria legata all’essere in esilio, all’erranza,
dunque, come cifra del proprio essere perennemente in discussione. Un’erranza che è contenuta nell’essenza del rituale, laddove il
tempo è come ricapitolato intorno allo Shabbat, e laddove le feste
costituiscono delle costellazioni per non smarrire la via all’interno
della storia. Un’erranza che conferisce senso alla discendenza, tramite
la promessa di una terra e di una grande nazione popolosa come le
stelle del firmamento. Un’erranza che si traduce anche nella peculiarità ed unicità della berith (l’alleanza) tra  e ogni ebreo, attraverso
il taglio del patto — così dice alla lettera la Scrittura — che è, insieme,
ferita di qualcosa di sé e incisione nella memoria.
Una categoria, insieme, dello spirito e della storia dunque, poiché
per ogni ebreo la storia è storia di salvezza, così come il tempo è il
preludio di un’eternità pro–messa, poiché sempre avverabile. Questo senso dell’attesa di ciò–che–ha–da–venire però — ed è questa la
. Cfr. F. M, Il popolo della promessa. Per il dialogo ebraico–cristiano, tr. it. di G.
Corti, Città Nuova, Roma , p. .

La soglia e l’esilio
straordinaria eredità filosofica dello Judesein — non si risolve mai in
un vuoto fatalismo o in un immobilismo etico che attende impassibile
l’avvento della fine. E, d’altra parte, nessuna febbre volontaristica ha
mai pervaso l’essenza più intima dell’ebraismo. A contraddistinguere
Israele è invece una fiducia (emunah) — cosa, secondo Buber, diversa
dalla fede del cristiano — che è in sé principalmente certezza di un
patto a due stipulato — tagliato, appunto — da Dio e dall’uomo .
La fiducia propria dell’ebreo è, infatti, una peculiare certezza riposta in qualcuno a lui vicino, qualcuno con cui ha condiviso l’esilio e
la riscossa, la tenda e il desco, il tempo del lavoro e quello del riposo.
Secondo una certa escatologia messianica, infatti,  tornerà nel
mondo ad incontrare ancora una volta — come nell’origine paradisiaca — quell’uomo che è riuscito a salvare se stesso redimendo il
proprio tempo. È in questo senso che Rosenzweig afferma, in termini
teologici, che sta all’uomo forzare la venuta del Regno e, in termini
decisamente etico–filosofici, che questa salvezza corrisponde ad una
«liberazione», una «redenzione» compiuta nel segno della «rivelazione». Si tratta, quindi, di una Erlösung ‘attesa’ in quanto ‘costruita’ dalla
creazione, ‘sperata’ in quanto ‘preparata’ della rivelazione.
. Cfr. M. B, Zwei Glaubensweisen in I. Werke, Bd. I, Kösel und Lambert Schneider,
Heidelberg – [Due tipi di fede, tr. it. e a cura di S. Sorrentino, con postfazione di
D. Flusser, San Paolo, Cinisello Balsamo ]. Proprio Buber riconduce la fiducia ebraica
alla emunah, come condizione di contatto tra i due partecipanti al rapporto, ovvero il Tu
eterno di Dio e la totalità dell’essere finito. La fede cristiana viene invece ricondotta alla pìstis, la
quale implica sempre un atto noetico attraverso cui ritenere per vero un qualcosa. La emunah
prevede quindi un rapporto reale, una condizione di contatto fiduciario tra colui che ritiene
per vero qualcosa e colui nel quale si ripone la fiducia, per cui, per Israele, credere in qualcosa
è sempre e comunque credere in qualcuno. A determinare ulteriormente la emunah ebraica
secondo Buber sono ancora, oltre l’esperienza del contatto e la fiducia, anche l’appartenenza
comunitaria e la permanenza. Tali caratteri dovrebbero a rigore far parte anche della pìstis
cristiana; anzi — come nota Sergio Sorrentino, nel suo saggio introduttivo all’opera di Buber
— «l’esperienza di Gesù è uno dei culmini dello stesso vissuto ebraico della emunah ed è la
decisiva separazione (eresia, nel senso di àiresis) che contribuisce a recuperarne l’originarietà,
nel momento stesso in cui la immette in un nuovo tempo storico (un nuovo eone)». Ma per
Buber l’essenza del Cristianesimo resta quella di un popolo raccolto intorno ad una salvezza
escatologica e caricato di una responsabilità messianica. In breve Buber insiste nel marcare la
differenza esistente tra ebraismo e cristianesimo, ponendo l’accento sulla determinazione
storica dell’emunah ebraica, che racchiude in sé ogni carattere del quotidiano e dell’universo
relazionale umano, nella sua antitesi irriducibile con la determinazione sovrastorica della
pìstis cristiana, che trasvaluta il senso della realtà quotidiana e dell’intero mondo storico
riconducendolo al senso inaudito della presenza di Dio che tramite Cristo ha dischiuso il
nuovo eone, il nuovo tempo di maturazione del Regno dei cieli.