SETTEMBRE MUSICA

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ASSESSORATO
PER LA CULTURA
OTTA
i li TORINO
domenica 6 settembre 1987, ore 16
Santa Teresa
SETTEMBRE MUSICA
M a rio la C ie n ia w a , p ia n o fo r te
Nata nel 1963 a Gorlice, in Polonia, Mariola Cieniawa si è di­
plomata in pianoforte all’ Accademia Musicale di Cracovia. Nel
corso della sua attività ha preso parte a festival nazionali ed in­
ternazionali (suonando anche in Austria, Corea, Belgio e Fin­
landia) e si è più volte affermata in concorsi per pianisti, tra cui
il Concorso Szymanowski. Oltre che nelle vesti di solista, Ma­
riola Cieniawa si esibisce frequentemente assieme a complessi
sinfonici, collaborando regolarmente con orchestre filarmoni­
che polacche. Parallelamente all’ impegno concertistico ha con­
tinuato ad approfondire la propria preparazione musicale
frequentando corsi di perfezionamento.
Karol Szymanowski
(1882-1937)
Variazioni in si bemolle minore op. 3
Masques op. 34
Shéhérazade. Lento assai languido
Tantris le bouffon. Vivace assai
Serenade de Don Juan. Vivace
Mazurke op. 50
n. 1 Sostenuto-Molto rubato
n. 3 Moderato
n. 4 Allegramente, risoluto
n. 6 Vivace
n. 10 Allegramente- Vivace-Con brio
n. 13 Moderato
n. 14 Animato
n. 15 Allegretto dolce
Fryderyk Chopin
(1810-1849)
Otto Mazurke
in la minore op. 59 n. 1
in la bemolle maggiore op. 59 n. 2
in fa diesis minore op. 59 n. 3
in la minore op. 17 n. 4
in la minore op. 68 n. 2
in si bemolle maggiore op. 7 n. 1
in fa minore op. 63 n. 2
in do diesis minore op. 63 n. 3
Il pianoforte YAM AH A è gentilmente offer­
to dalla Ditta Taulino di Livorno Ferraris
Karol Szymanowski
Variazioni in si bemolle minore op. 3
Masques op. 34
Mazurke op. 50
Fra le personalità di un certo rilievo che animarono, anche se
isolatamente, la lenta vita musicale polacca nella prima metà del
secolo, spicca la figura di Karol Szymanowski.
Il suo indiscutibile fascino va ricercato con minuziosa attenzio­
ne nelle pieghe del discorso strumentale, nella ricchezza della con­
dotta armonica, nei particolari, insomma, che rivelano
un’indubbia originalità di stile e di linguaggio.
La sua stessa vita, a partire da un’ infanzia triste e solitaria, che
10 vide in seguito costretto all’immobilità e torturato da un’a­
troce tubercolosi ossea che lo condurrà alla morte dopo conti­
nue peregrinazioni da un sanatorio all’altro, è carica di
suggestioni tardoromantiche. La sofferenza fisica e spirituale,
vissuta come stimolo creativo, carica la sua personalità di va­
lenze notturne, di gusto decadente. Ed anche il sanatorio di Da­
vos, scenario della “ Montagna incantata” di Thomas Mann,
dove il compositore si spense cinquant’anni or sono, ne avvici­
na sensibilmente i lineamenti a quelli di un personaggio
manniano.
A soli tredici anni, l’ascolto di Wagner fu per lui un autentico
“ sisma” spirituale. Avvolto, quasi come Baudelaire, nelle spi­
re della musica wagneriana, ne fu nutrito per almeno dieci an­
ni. A questo primo periodo risalgono le Variazioni in si bemolle
minore op. 3, redatte nel 1903 e dedicate all’amico Arthur Ru­
binstein, conosciuto da poco a Varsavia. La capitale polacca,
retrograda e arida, non forniva certo aspetti stimolanti e, anzi,
favoriva l’influsso della musica tedesca. Al “ titano” wagneriano
va aggiunta anche l’influenza di Strauss e Scriabin. Nelle 12 Va­
riazioni emerge un pianismo robusto e massiccio che compene­
tra elementi di tecnica trascendentale (Var. IV e XII) a momenti
danzati dall’ andamento di Mazurka (Var. Ili) e di Valzer (Var.
IX). Ma anche l’elemento popolare viene assimilato in modo del
tutto personale senza alcuna velleità scientifica o innovativa. Le
armonie affiorano ardite, bizzarramente accostate ora in suc­
cessioni cromatiche, ora esasperatamente stridenti e dilatate.
11 filo di tutto il lavoro che dal tema iniziale Andantino sempli­
ce e tranquillo conduce, con rari momenti di distensione, all’ im­
peto travolgente dell’ultima variazione, rispecchia perfettamente
10 spirito giovanile, ancora in un certo modo ribelle e rapito dallo
slancio creativo.
11 1914 segnò in seguito una nuova fase dove la veemenza venne
mediata dal contatto con l’impressionismo francese. Le tre Ma-
sques op. 34, composte nel 1916, vivono in questo nuovo clima
dove gli amati referenti filosofici e letterari e i simbolismi se­
mantici vengono resi con nuove preziosità armoniche. Shéhérazade, per esempio, oscilla ancora tra un pianismo percussivo e
una cantabilità più fluida ma spesso mielosa, ricca di dorature
bizantine, già visibili in Métopes (1915) e confermate in ambito
operistico nel più tardo Kròl Roger (Re Roggero) del 1926.
Il secondo quadro, Tari tris le bouffon, appare ambientato in un
clima più occidentalizzante sfumato qua e là di pennellate raveliane. Gli iniziali sbalzi d’umore si coagulano, poi, in una più
organica struttura dove la plasticità delle forme e i contorni ven­
gono venati di dionisiaca passione. Il clima affermatosi nella par­
te finale contamina anche il terzo quadro, emblematico anche
nel titolo: Serenade de Don Juan. In questo episodio all’estre­
ma libertà ritmica dell’ incipit, dove non compare neppure la di­
visione in battute, si innestano episodi gravidi di ardore e di
suadenti armonie. La forma di Rondò favorisce l’alternarsi di
molteplici ispirazioni, non ultima quella legata alla terra polac­
ca, vissuta in un giroscopio di momenti passionali, pomposi e
seducenti.
Le Mazurke op. 50, composte tra il 1924 e il 1926, segnano la
svolta definitiva, l’affrancamento dai modelli giovanili verso un
linguaggio più personale. Sono pagine in cui le linee melodiche,
ridotte all’osso, si presentano giocate essenzialmente ora sulla
successione di minuscoli intervalli di sapore orientaleggiante, di
cromatismi, di disegni sui tasti neri (n. 1, n. 3 e n. 10), ora sulP aspetto marcatamente percussivo del pianoforte e sulle figure
di note ribattute (n. 4), ora lievemente più sentimentali (n. 15).
In ogni danza vibra, comunque, il palpito di una personalità sof­
ferta, decadente appunto, che nelle varie fasi creative cercò di
affermare la propria identità.
Personalità aristocraticamente isolata Szymanowski rimane sem­
pre, lanciando al mondo il proprio messaggio talora sotto le sem­
bianze di energetica, virile, dionisiaca passionalità, talaltra sotto
veli stratificati e preziosi di finezza orientaleggiante o ancora at­
traverso armonie lacerate, vibranti all’orecchio, che schiudono
a chi ascolta uno spettro baluginante di immagini e colori.
Fryderyk Chopin
Otto Mazurke
In nessun’ altra forma, come nella Mazurka, Chopin riuscì a ma­
nifestare se stesso con pari sincerità e freschezza.
Nella brevità di queste pagine vive lo spirito chopiniano più ve­
ro: quello romanticamente sensibile ai problemi della patria, quel­
lo visceralmente nutrito di spirito nazionale, quello che, lonta­
no dalla propria terra dopo il 1828, regalò al mondo il suo canto
di nostalgica sofferenza.
La Mazurka fu il fattore costante di tutta la parabola creativa
chopiniana, dalla giovinezza all’ultimo abbozzo, lasciato prima
della morte e in essa va ricercata la chiave per la comprensione
di tutta la sua evoluzione compositiva.
A differenza di talune Polacche o Valzer o Preludi, alimentati
di intenti nazionalistici, la Mazurka appare in un certo senso il­
lustrativa, evidenziando quella potenzialità che il Von Lenz de­
finì “ capacità di mettere in musica la Polonia”.
In questa direzione, dunque, la “ polonità ” chopiniana, l’amore
per la terra natale, anche se presto abbandonata, trascende l’in­
tento puramente folklórico e popolare per estrinsecare una nuova
oggettività, una più moderna mediazione di elementi musicali
della campagna polacca e una concezione compositiva di respi­
ro internazionale. La struttura formale riprende invece motivi
autenticamente nazionali: ora in forma di Mazur o mazurka ve­
ra e propria (tipica della Mazowia la regione di Varsavia), ora
di Kujawiak (originaria della vicina regione del Kujawi) o di
’Oberek.
Dallo scheletro di queste danze, utilizzate come punti di riferi­
mento, Chopin elabora una costruzione musicale ricchissima,
approfondendo i contenuti e dilatando oltremodo l’architettu­
ra di ogni pagina.
In nessun’ altra forma, infatti, si può riscontrare una tale varie­
tà di espressioni: dalla schietta danza popolare a quella forte­
mente stilizzata, venata di raffinatezze armoniche; da esempi di
squisita polifonia al poema lirico. Le otto Mazurke presentate
vennero alla luce in anni diversi e diversi naturalmente furono
le destinazioni e i contesti. Bisogna aggiungere, inoltre, che lo
stesso Chopin riunì le Mazurke in piccoli fascicoli di tre o quat­
tro danze, vincolate da stretti rapporti tonali o armonici o, più
spesso, da fila infinitesimali che corrono e si intrecciano sotter­
ranee da una pagina all’ altra.
Le Tre Mazurke op. 59, scritte ‘‘così senza riflettere tanto ” , co­
me disse lo stesso Chopin, furono abbozzate nella primavera del
1845 e rifinite l’estate successiva.
Sicuramente nella composizione di queste pagine ebbe un peso
decisivo la conoscenza di un giovane musicista di talento, Ju­
lius Stern, il cui padre, celebre editore berlinese, avrebbe potu­
to far pubblicare le Mazurke appena composte. E così fu.
La n. 1 in la minore, ha le movenze di una raffinata danza “ da
salotto ” , fortemente stilizzata e, come spesso si verificò per molte
Mazurke, dato il loro successo negli ambienti aristocratici pari­
gini, fu adattata al canto da Pauline Viardot.
La n. 2 in la bemolle maggiore, si presenta con la caratteristica
forma tripartita ABA’, all’interno della quale si muovono più
complessi meccanismi. L’andamento è largamente melodico e
ricco di raffinate armonie.
La n. 3 in fa diesis minore, è la più complessa per la varietà di
atteggiamenti richiesti all’esecutore. Il tema iniziale, dal carat­
tere tipicamente slavo, si modifica quasi totalmente nella ripre­
sa colorandosi di malinconici cromatismi, la netta differenza
timbrica richiesta nei vari episodi e, per finire, le otto misure
conclusive che rievocano il dolcissimo cullare di ninna-nanna,
sono tra gli esempi più evidenti di questa pluralità espressiva.
L’idea dell’ op. 17 n. 4 nacque probabilmente nel 1824, quando
Chopin, ancora ragazzino, assistette ad un matrimonio tra due
contadini ebrei. La forte impressione che trasse da questo avve­
nimento lo indusse a scrivere una mazurka che certo non è quel­
la a noi pervenuta. La perfezione di questo lavoro, dal tenero
sottotitolo “ Zydek” , (il piccolo ebreo), e la maturità di ogni
armonia fanno presupporre una serie di rielaborazioni successive.
L’ambiguità tonale e l’ininterrotta ondulazione modulante che
si inoltra per ben venti battute prima di affermare il la minore,
è di grande effetto così come l’incertezza, il tepore meditativo
e genuinamente contadino la rendono pagina di insuperabile
espressività.
L’op. 68 n. 2, scritta nel 1827, è un’ altra di quelle mazurke che,
avendo avuto un grosso riscontro nei salotti parigini, fu adatta­
ta al canto da Pauline Viardot.
Rielaborazione che certo dovette avere fortuna per la brevità e
l’immediatezza delle sfumature dinamiche.
Anche la successiva op. 7 n. 1 (1830) fu adattata al canto ed eb­
be una imponente diffusione e fortuna: il compositore e didatta
Kalkbrenner scrisse le “ Variazioni op. 20” sul suo tema. La bel­
lezza dell’ incipit dal sapore lidio dà subito un senso popolare­
sco di spirito, di fuoco e di indomabile energia.
Le ultime due, op. 63 n. 2 e n. 3 (1846) sono due autentiche per­
le: nella n. 2 in fa minore, piccola elegia di carattere intimo, la
struttura formale ricorda la Mazurka giovanile con le sue archi­
tetture ormai da tempo superate e ora richiamate quasi con no­
stalgia. Mentre l’ultima, la n. 3 in do diesis minore, prediletta
da Cortot e Penderecki, si articola in una complessa concatena­
zione di momenti espressivi diversi tra loro, presentati con una
freschezza e semplicità davvero mirabili. In sole 76 battute Cho­
pin riesce a realizzare un autentico poema lirico.
Laura De Benedetti
leggere di musica
Per leggere di Karo! Szymanowski è consigliabile partire da! breve ma
incisivo ritratto tracciato da Piero Rattalino nell’opera dedicata alla so­
nata romantica (1). Un’analisi sistematica delle opere, esemplare nel ri­
gore e nel metodo, la si trova nell’ottimo libro di Jim Samson (2). Ricco
di spunti di più ampio interesse è il volume miscellaneo contenente gli
attidel “colloquium ” svoltosi a Monaco sul tema “Szymanowski, l’arte
e la cultura del suo tempo ” (3). Libro a carattere divulgativo, agile e
preciso, è quello scritto da Stanislaw Golachowski e Jarostaw Iwaszkiewicz, letterato vissuto in stretti rapporti con lafamiglia del compositore
Mi-
Riguardo Chopin il lettore italiano non ha che l’imbarazzo della scelta:
tra le numerose biografie ricordiamo quella preziosa, vecchia ma non
invecchiata, di Zdzislaw Jachimecki (5), il ritratto schematico e molto
concreto di Piero Rattalino (6), la monumentale opera di accatastamento
di tutte le notizie esistenti circa il musicista curata da Gastone Belotti
(7), autore anche del recente contributo pubblicato dall’EDT (8). Un
profilo molto idealizzante è quello tracciato da Alfred Cortot in un vec­
chio libretto, capace ancora di utili spunti di riflessione (9). Una pro­
spettiva altrettanto idealizzante, ma molto più capziosamente, caratterizza
la “ Vita ’’pubblicata da Liszt nel 1851 sulla “France Musicale ” (10).
Uno splendido volumetto è quello recentemente edito da Passigli conte­
nente alcune pagine dal "Journal ” di André Gide dedicate a Chopin
(11). In ultimo, segnaliamo il saggio di Daniela Di Benedetto, una rico­
gnizione puntuale dell’armonia chopiniana (12).
Angelo Chiarie
(1) P. RATTALINO, La sonata romantica, Il Saggiatore, Mila­
no 1985, pp. 123-31 (803.F.74)
(2) J. SAMSON, The music of Szymanowski, Kahn & Averill,
London 1980 (802.G.42)
(3) AA. VV., Karol Szymanowski in seiner Zeit, hrsg. von M.
Bristiger, R. Scruton, P. Weber-Bockholdt, W. Fink Verl.,
München 1984 (804.E.3)
(4) S. GOLACHOWSKI-J. IWASZKIEWICZ, Begegnung mit
Karol Szymanowski, Reclam, Leipzig 1982 (799.C. 54)
(5) Z. JACHIMECKI, Chopin. La vita e le opere, Ricordi, Mi­
lano 1962 (790.C. 16)
(6) P. RATTALINO, Fryderyk Chopin, vita, arte, opere, Ricordi,
Milano 1969 (789.A.90)
(7) G. BELOTTI, F. Chopin l’ uomo, 3 voll., Sapere Edizioni,
Milano-Roma 1974 (802.F.10-12)
(8) G. BELOTTI, Chopin, EDT, Torino 1984 (803.E.83)
(9) A. CORTOT, Aspects de Chopin, Editions Albin Michel, Pa­
ris 1949 (790.H .l)
(10) F. LISZT, Vita di Chopin, prefazione di P. Rattalino, Passi­
gli Editori, Firenze 1983 (802.H.29)
(11) A. GIDE, Note su Chopin, prefazione di G. Gavazzeni, Pas­
sigli Editori, Firenze 1986 (803.H.52)
(12) D. DI BENEDETTO, La funzione timbrica dell’ armonia nelle
composizioni di Fryderyk Chopin, in “ Nuova Rivista Musi­
cale Italiana” , anno XVIII, n. 2, Edizioni ERI, Torino 1984,
pp. 217-52 (776.S.18)
V indicazione bibliografica è completata dal numero di collocazione del
volumi presso la Civica Biblioteca Musicale “ Andrea Della Corte ” , Villa
Tesoriera, corso Francia 192.
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