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Medicina Felina, Anno 4, numero unico, Dicembre 2004
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Leucemia Felina Virale:
diagnosi di laboratorio e profilassi vaccinale
I. MERIDIANI DVM, B. DI MARTINO DVM, F. MARSILIO DVM
Dipartimento di Scienze Biomediche Comparate, Università degli Studi di Teramo
Riassunto
La leucemia felina virale, sostenuta dal retrovirus FeLV (Feline Leukemia Virus), è una delle principali cause di morte del gatto domestico. L’infezione è mantenuta in natura principalmente dai gatti con viremia persistente sebbene anche i soggetti con
infezioni atipiche e latenti rappresentino un’ulteriore possibile fonte di diffusione del virus. La molteplicità e la variabilità di quadri clinici ad essa associati rendono necessario il ricorso agli esami di laboratorio per la diagnosi di certezza. Accanto alla profilassi vaccinale effettuata mediante idonei prodotti immunizzanti, il corretto uso ed interpretazione dei test diagnostici per l’identificazione dei soggetti infetti rappresenta uno strumento insostituibile nel controllo di questa grave infezione.
Summary
Viral Feline Leukemia caused by FeLV (Feline Leukemia Virus) retrovirus is one of the most important causes of death in domestic cat. The disease is retained in nature by persistently viremic cats, although animals with atypical and latent infections
may represent a possible source of infection too. Due to the molteplicity of clinical signs, the laboratory assays are necessary
to achieve the definitive diagnosis of FeLV infections. In addition to a vaccination program with suitable immunostimulating products, the correct use and interpretation of diagnostic tests for the identification of infected cats is an essential tool in the control of the Viral Feline Leukemia.
INTRODUZIONE
La Leucemia Felina Virale, sostenuta da un virus appartenente alla famiglia Retroviridae genere Alpharetrovirus1 e denominato Feline Leukemia Virus (FeLV) (Fig. 1), è una delle
malattie infettive più importanti del
gatto. Evidenziato per la prima volta
da Jarrett et al. nel 19642, FeLV è
considerato una delle principali cause di morte nel gatto domestico, in
particolare laddove esistano condizioni di convivenza di più soggetti
data la sua scarsa sopravvivenza nell’ambiente esterno: approssimativamente il 33% delle morti causate da
forme tumorali è associato all’infezione da FeLV, ma un numero ancora
più consistente di gatti FeLV-infetti
muore a causa dell’immunodepressione indotta dal virus3.
La trasmissione del patogeno da un
animale all’altro avviene soprattutto
attraverso la saliva, poiché in essa la
concentrazione del virus è maggiore
rispetto a quella del plasma. Un alto
titolo di particelle virali è presente anche nelle secrezioni respiratorie, mentre le feci e le urine rappresentano vie
di eliminazione meno frequenti. Non
deve, inoltre, meravigliare la positività
di gatti sempre vissuti in appartamento e mai venuti a contatto con i loro simili, poiché la malattia può essere trasmessa anche in utero o attraverso il
latte materno4.
I quadri clinici riconducibili all’infezione da FeLV sono estremamente
variabili e di difficile riconoscimento.
Essi includono forme linfoidi maligne,
disordini mieloproliferativi, anemia
arigenerativa, sindromi simil-panleuocopeniche, forme timiche, glomerulonefriti, turbe della riproduzione, infezioni secondarie legate all’immunodepressione a carico dell’apparato respiratorio, urinario e gastroenterico3.
Inoltre, i diversi quadri clinici osservabili in seguito all’infezione da
FIGURA 1 - Rappresentazione schematica di
FeLV.
FeLV sono legati a fattori quali il ceppo virale, la dose e la durata dell’esposizione, lo status immunitario e
l’età del soggetto: è dimostrato, infatti, come la sensibilità all’infezione sia
inversamente proporzionale all’età
dell’animale5.
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Leucemia Felina Virale: diagnosi di laboratorio e profilassi vaccinale
La risposta immunitaria rappresenta un fattore cruciale nell’insorgenza
dell’infezione da FeLV, ma i meccanismi dell’acquisizione dell’immunità
naturale non sono ancora del tutto
chiari. Diversi studi hanno evidenziato
l’importanza degli anticorpi neutralizzanti il virus (VN) e degli anticorpi anti-FOCMA (Feline Oncornavirus-Associated Cell Membrane Antigen)6, 7.
L’adsorbimento del virus alle cellule avviene mediante il legame della glicoproteina maggiore dell’envelope, la
gp 70, con specifici recettori cellulari:
gli anticorpi VN, diretti contro questa
glicoproteina, sono in grado di prevenire il legame del virione e la sua penetrazione all’interno della cellula6, 8.
In gatti esposti al virus, naturalmente
e sperimentalmente, la viremia persistente risulta quasi sempre associata a
titoli molto bassi di anticorpi VN,
prossimi allo zero, mentre alti titoli si
rilevano spesso in soggetti che hanno
superato l’infezione o che hanno presentato una viremia transitoria9. Tuttavia, il ruolo che ricoprono gli anticorpi VN nei confronti dell’infezione è
controverso, poiché alti titoli anticorpali sono stati rilevati anche in gatti viremici10, 11, laddove alcuni soggetti risultano immuni prima ancora di poter
rilevare un titolo apprezzabile di anticorpi VN o di anticorpi diretti verso
altri antigeni di FeLV nel sangue, suggerendo l’intervento di altri meccanismi protettivi.
Sebbene la produzione di anticorpi
VN possa prevenire la diffusione dell’infezione, all’eliminazione delle cellule già infette è deputata l’immunità
cellulo-mediata (CMI)12. Linfociti T
citotossici si rilevano precocemente
nei soggetti entrati in contatto con il
virus, già a partire dalla prima settimana post-infezione, con titoli più
elevati negli animali che hanno superato l’infezione rispetto ai soggetti con
viremia persistente: la somministrazione ripetuta di linfociti T citotossici
specifici per FeLV esita in un consistente calo nelle quantità di virus circolante13.
La produzione di anticorpi antiFOCMA, un antigene espresso sulla
superficie di cellule FeLV-infette distinto dalle altre proteine strutturali14,
conferisce, invece, protezione contro
lo sviluppo delle patologie neoplastiche associate all’infezione da FeLV,
mediante lisi complemento-dipendente (anticorpo-mediata) delle cellu-
le trasformate7. I gatti che vanno incontro a linfoma o leucemia presentano titoli di anticorpi anti-FOCMA
prossimi allo zero, mentre alti titoli
inibiscono lo sviluppo di queste neoplasie9. Inoltre, la somministrazione
passiva di anticorpi anti-FOCMA determina la regressione di linfomi
FeLV-indotti9, 15. I gatti con alti livelli
di anticorpi anti-FOCMA possono in
ogni caso presentare viremia3.
Scopo della presente nota è quello di
riportare le più recenti acquisizioni in
tema di diagnosi e profilassi vaccinale
della leucemia felina virale, facendo seguito ad un precedente lavoro apparso
di recente su questa Rivista16 che ha
preso in considerazione gli aspetti eziopatogenetici indispensabili per la comprensione e la valutazione dei risultati
delle indagini di laboratorio e dei progressi nello sviluppo di idonei prodotti
immunizzanti.
LINEE GUIDA PER
L’ESECUZIONE DEI TEST
DIAGNOSTICI
L’infezione sostenuta da FeLV può
essere controllata con l’identificazione
e l’isolamento dei gatti persistentemente viremici, principale fonte di diffusione della malattia. Ne consegue l’importanza che assume il raggiungimento di
una corretta diagnosi eziologica nell’attuazione di un’adeguata profilassi nei
confronti di questa retrovirosi.
L’American Association of Feline
Practitioners (AAFP) e l’Accademy of
Feline Medicine (AFM), nel rapporto
pubblicato nel 200117, hanno suggerito delle linee guida per l’esecuzione
dei test diagnostici ed il controllo delle retrovirosi feline. Le circostanze
che devono indurre il medico veterinario ad eseguire i test per la diagnosi
dell’infezione sostenuta da FeLV sono
molteplici:
• ogni volta che ci si trovi di fronte ad
un soggetto malato, indipendentemente dall’età, dall’esito negativo
dei test eseguiti in precedenza e
dalle vaccinazioni effettuate. Si deve, infatti, ricordare che l’infezione
sostenuta da FeLV è associata ad
una vasta gamma di manifestazioni
cliniche;
• qualora un gatto di cui non si conosca lo status epidemiologico venga
introdotto in un ambiente domestico in cui non siano presenti altri fe-
lini, si impone comunque l’esecuzione dei test poiché il soggetto, anche se al momento sano, potrebbe
manifestare la malattia in tempi successivi. Inoltre, sebbene mantenuto
in casa, tale soggetto potenzialmente infetto potrebbe fuggire e rappresentare un rischio di esposizione
all’infezione per i suoi simili.
Il controllo periodico, inoltre, viene
consigliato per quei soggetti che siano
da ritenersi continuamente a rischio di
esposizione all’infezione, come i gatti
con libero accesso all’ambiente esterno o i soggetti randagi. Nel caso in cui
si sospetti un avvenuto contatto con il
virus, il mancato riscontro di positività mediante i test comunemente impiegati nella diagnosi delle infezioni
da FeLV deve comunque indurre il
medico veterinario a riesaminare l’animale a distanza di circa un mese dall’ultima potenziale esposizione all’infezione, poiché durante lo stadio previremico della malattia gli esami potrebbero dare esito negativo.
TECNICHE DIAGNOSTICHE
DI LABORATORIO
Nella diagnosi delle infezioni da
FeLV, le metodiche indirette, volte all’evidenziazione degli anticorpi, ricoprono scarso interesse: l’identificazione di anticorpi rivolti nei confronti
delle proteine strutturali dell’envelope
(p55 e p27)18 è stata tentata con inevitabile insuccesso a causa della dubbia
interpretazione dei risultati in caso di
vaccinazione. Pertanto, nella diagnosi
di questa retrovirosi risultano essenziali le metodiche di tipo diretto finalizzate al rilevamento del virus e degli
antigeni virali.
In passato, l’isolamento virale ha
rappresentato l’unica tecnica in grado
di evidenziare i gatti infetti19: sebbene
tale metodica non sia più effettuata
per la diagnosi di routine dell’infezione, può essere usata come test di conferma di risultati positivi o per casi sospetti, anche se il trasporto e l’errata
conservazione dei campioni possono
portare a dei risultati falsi negativi20.
Tre sono essenzialmente le tecniche
oggi riconosciute valide nella diagnosi
dell’infezione sostenuta da FeLV: l’immunofluorescenza indiretta (IFI), il
test immunoenzimatico ELISA (Enzyme-linked Immunosorbent Assay) e
l’immunocromatografia.
Medicina Felina, Anno 4, numero unico, Dicembre 2004
Dalla sua introduzione nei primi
anni ’7021 per l’evidenziazione della
p27 in campioni di sangue, il test IFI,
o Hardy test o Slide test (Figg. 2 e 3),
ha ricoperto un ruolo fondamentale
negli studi sulla patogenesi e la prevalenza di FeLV. Tale tecnica è stata
comparata con il test di immunodiffusione e con l’isolamento colturale ottenendo un’eccellente correlazione,
pari rispettivamente al 100% e al
96,2%22: la stretta correlazione tra isolamento virale e test IFI si può ben
comprendere poiché entrambi i test
vanno a rilevare l’antigene cellulo-associato20. Purtroppo, tale metodica,
necessitando di un microscopio a
fluorescenza, può essere eseguita solo
presso laboratori specializzati.
Sul finire degli anni ’70 è stato introdotto sul mercato il primo test
ELISA specifico per FeLV in grado di
rilevare anche scarse quantità di antigene libero circolante nel siero di gatti infetti. I kit ELISA unitamente ai
più recenti test rapidi immunocromatografici, finalizzati sempre alla ricerca dell’antigene solubile mediante
l’impiego di anticorpi monoclonali,
rappresentano l’unico strumento di
facile utilizzo nella comune pratica
ambulatoriale per la diagnosi di FeLV.
Alcuni studi hanno dimostrato come i
test che si basano su queste tecniche
abbiano caratteristiche sovrapponibili nei riguardi della sensibilità e della
specificità24.
Continue discrepanze sono tuttavia
emerse dagli studi condotti sulla specificità e sensibilità tra ELISA ed IFI.
Il motivo di tali incongruenze risiede
principalmente nel diverso target dei
due test, in grado di evidenziare la
presenza del virus nel sangue, rispettivamente libero nel siero e all’interno
di leucociti e piastrine: un risultato
ELISA-positivo indica, quindi, una viremia persistente o transitoria, laddove un risultato positivo ottenuto mediante la metodica IFI (in grado di
evidenziare l’antigene cellulo-associato) è sinonimo di viremia persistente
di origine ematica e midollare. In infezioni sperimentali, la positività al test
ELISA compare precocemente rispetto al test IFI, mentre nei gatti che superano l’infezione è, invece, il test IFI
a fornire per primo risultati negativi3.
Uno studio comparativo condotto
nell’arco di dieci anni ed in diverse aeree geografiche del mondo25 ha evidenziato come il test IFI sia la più ac-
FIGURA 2 - Hardy test negativo eseguito su
leucociti.
FIGURA 3 - Hardy test positivo eseguito su
leucociti.
curata tra le due metodiche diagnostiche: in caso di risultati discordanti
(ELISA-positivi/IFI-negativi ed ELISA-negativi/IFI positivi), il ricorso all’isolamento colturale ha confermato i
risultati ottenuti mediante il test IFI.
È da considerare, però, l’evenienza
che il soggetto si trovi nella prima fase
della viremia: in questo caso, sia l’IFI
sia l’isolamento virale non sono in grado di evidenziare le scarse quantità di
virus presente nel sangue. Tuttavia, se
l’infezione non viene contrastata in
modo efficace, si assisterà ad una positivizzazione di entrambi i test, che
molto probabilmente persisterà per
l’intera vita del soggetto (viremia persistente). Allo stesso modo, nelle infezioni latenti e nelle cosiddette “infezioni atipiche”, lo scarso livello di antigenemia, spesso intermittente, e l’eliminazione occasionale del virus sono
rilevate esclusivamente dal test ELISA. Molto spesso tale test fornisce risultati diversi per lo stesso soggetto:
non deve sorprendere una negativizzazione dei risultati a distanza di un
mese dall’esecuzione del primo test,
poiché vuol dire che l’animale è riuscito a far fronte alla diffusione del virus. Il test ELISA può essere applicato anche all’analisi di diversi tipi di
escreti, quali ad esempio la saliva e le
7
secrezioni oculari, ma, a causa dell’elevata percentuale di risultati non corretti, l’AAFP ne sconsiglia l’utilizzo.
È stato accertato che tra i risultati
positivi forniti dal test immunoenzimatico si possono nascondere dei falsi-positivi, dovuti alla presenza di anticorpi anti-immunoglobuline di topo
riscontrati in un numero molto esiguo
di sieri di gatti26, che interferiscono
con la corretta lettura del test legandosi in maniera aspecifica agli anticorpi monoclonali murini usati nei kit in
commercio. L’origine di tali anticorpi
anti-topo è ancora controversa, anche
se sembrerebbe legata ad una reazione
immunitaria verso dei componenti di
origine murina presenti nelle preparazioni vaccinali26. È importante sottolineare che il valore predittivo positivo
del test (probabilità che un risultato
positivo indichi un soggetto realmente
infetto) è inferiore rispetto al valore
predittivo negativo (probabilità che
un risultato negativo indichi un soggetto non infetto)23 e quindi per ogni
soggetto si impone un’attenta valutazione dei risultati ottenuti mediante i
test sierologici, tenendo conto delle
reali limitazioni che li caratterizzano
(Schema 1).
TECNICHE DIAGNOSTICHE
BIOMOLECOLARI
Come si è visto in precedenza, uno
dei limiti delle metodiche ELISA e
IFI è rappresentato dalla loro scarsa
sensibilità nel rilevare bassi livelli di
antigene circolante e di FeLV latente.
In questi casi, si può ricorrere alla
Polymerase Chain Reaction (PCR),
usata con successo nella diagnosi delle infezioni sostenute da altri retrovirus quali il virus dell’immunodeficienza umana (HIV) e il virus dell’immunodeficienza felina (FIV). Tale metodica si dimostra in grado di rilevare il
DNA provirale di FeLV a partire da
sangue e tessuti. Inizialmente la tecnica di PCR è stata applicata per l’amplificazione di sequenze appartenenti
ai geni strutturali env, gag e pol. Tuttavia, per ovviare al problema legato alla possibile interferenza di sequenze
endogene di DNA provirale strettamente correlato a FeLV (enFeLV),
presenti all’interno del genoma di
ogni gatto, le recenti metodiche di
PCR mirano all’amplificazione della
regione U3 delle sequenze LTR (Long
8
Leucemia Felina Virale: diagnosi di laboratorio e profilassi vaccinale
Schema 1
Management dei gatti discordanti (ELISA-positivi/IFI-negativi)
Risultati ELISA positivi
Conferma immediata mediante IFI
Test IFI negativo
Effettuare nuovamente entrambi i test dopo 1 mese
Risultati dei test dopo un mese
ELISA +
IFI +
ELISA IFI +
ELISA +
IFI -
ELISA IFI -
Stadio avanzato
dell’infezione
Entrambi i
test originali
“errati”
Nessun
cambiamento
Soggetto che
ha superatol’infezione
o falso Elisa -positivo
Soggetto da ritestare
nuovamente
dopo 2 mesi
mediante ELISA e IFI
Soggetto
non infetto
Soggetto FeLV-infetto
probabilmente a vita
FIGURA 4 - Applicazione della Nested-PCR
per l’amplificazione di un frammento di 601
bp appartenente alla regione U3 della sequenza LTR e al gene gag su un campione di PBL
di gatto FeLV-infetto.
Corsia 1: Marker GeneRulerTM 100 bp DNA
Ladder Plus, MBI Fermentas
Corsia 2: Frammento di 601 bp del DNA provirale di FeLV
Corsia 3: Controllo negativo
Terminal Repeat)27. Tali sequenze, codificanti per i geni enancher promotori delle capacità replicative e quindi
responsabili della patogenicità del virus, risultano nel complesso molto simili in FeLV endogeno ed esogeno,
ma differiscono in misura considerevole nella regione U328, fortemente
conservata nei diversi sottogruppi. Attraverso tecniche di Nested-PCR27
(Fig. 4) e Real Time-PCR29, il provirus
di FeLV è stato evidenziato in gatti infetti in condizioni naturali e sperimentali a partire dai leucociti in campioni
di sangue periferico (peripheral blood
leukocytes-PBL). Nello studio condotto da Miyazawa e Jarrett27 la positività
ottenuta mediante l’isolamento virale
e il test IFI è stata confermata dalla
tecnica di PCR, con risultati positivi
anche per i cosiddetti gatti “discordanti”, antigenici ma non viremici,
positivi alla ricerca della proteina p27
mediante ELISA, ma negativi alle prove di isolamento virale e IFI. Diverse
sono le possibili spiegazioni di tale discrepanza tra i due test: i gatti hanno
superato la viremia oppure si trovano
nella fase iniziale dell’infezione. Tali
ricerche non escludono tuttavia che i
risultati ELISA-positivi e IFI e PCRnegativi siano in realtà dei falsi ELI-
SA-positivi, dovuti ad errori della tecnica immunoenzimatica. È altresì ipotizzabile che la positività riscontrata
dal test ELISA sia legata al coinvolgimento di cellule produttrici di antigene non appartenenti alla linea mieloide, come ad esempio le cellule epiteliali o della ghiandola mammaria4, diverse quindi dai PBL testati mediante
IFI e PCR.
Lo studio effettuato da HofmannLehmann et al.29 mediante una RealTime PCR ha evidenziato maggiori
quantitativi di provirus di FeLV in
gatti naturalmente FeLV-infetti rispetto ai soggetti infettati sperimentalmente, forse a causa della via di
trasmissione (via intraperitoneale)
utilizzata nell’infezione sperimentale,
diversa dalla via di trasmissione tipica (via orofaringea) dell’infezione naturale, o, ancora, a causa della probabile maggior durata dell’infezione nei
soggetti naturalmente infetti. Gli Autori hanno inoltre evidenziato, mediante la metodica biomolecolare,
una correlazione tra i quantitativi di
provirus iniziali e lo sviluppo dell’infezione, in rapporto anche alla produzione di anticorpi FeLV-specifici:
elevate quantità di provirus sono risultate associate alla comparsa dell’infezione da FeLV, laddove i soggetti con una risposta anticorpale pronunciata e quindi minori quantitativi
di provirus sono stati in grado di superare la viremia.
La metodica di PCR è stata utilizzata con successo anche per evidenziare il genoma virale a partire da tessuti orali e oculari e dai tumori FeLVindotti30, 31. Tale tecnica risulta molto
importante per quella minoranza di
soggetti, solitamente in età adulta,
non viremici ma che sviluppano forme tumorali in seguito all’infezione
da FeLV con successiva eliminazione
del virus o sequestro in alcuni distretti dell’organismo.
PROFILASSI VACCINALE
Il piano di profilassi vaccinale deve
essere predisposto per il singolo paziente, sulla base del reale rischio di
esposizione all’infezione, che varia
con l’età, lo stato di salute, il grado di
esposizione ambientale e la prevalenza geografica della patologia. La vaccinazione per l’infezione da FeLV è
raccomandata solo per i soggetti real-
Medicina Felina, Anno 4, numero unico, Dicembre 2004
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Tabella 1
Vaccini per FeLV in commercio34, mod.
CASA
PRODUTTRICE
TIPO DI VACCINO
SOTTOGRUPPO
FELV INCLUSO
PRESENZA DI
ANTIGENE FOCMA
Leucat
Merial
Inattivato, non adiuvato, intero virus
A, B e C
Sì
Leucofeligen
Virbac
Purificato, adiuvato, ricombinante, forma non glicosilata della gp70
A
No
Leukocell 2
Pfizer
Inattivato, adiuvato, subunità di colture tissutali filtrate FeLV-infette
A, B e C
Sì
Fort Dodge
Inattivato, adiuvato, intero virus
AeB
No
Solvay-Dulphar/FortDodge
Inattivato, adiuvato, intero virus
AeB
No
Merial
Canaripoxvirus ricombinante, esprimente i geni env e gag
A
No
VACCINO
Fel-O-Vax
Fevaxyn
Eurifel FeLV
mente a rischio di esposizione all’agente virale: gatti che vivono all’aperto o comunque liberi di uscire all’aperto, gatti di strada, gatti selvatici,
gatti nelle colonie, gatti in famiglie
feline sieropositive (FeLV+) e gatti in
famiglie feline con sieronegatività/
positività sconosciute (FeLV-/+). I
gatti che vivono esclusivamente in
appartamento sono considerati a
scarso rischio di contrarre l’infezione, a meno che non vi siano esposti
per qualche motivo accidentale (fuga, smarrimento, contatti con animali infetti, etc.). È, inoltre, fondamentale eseguire un esame fisico del soggetto almeno con frequenza annuale
per valutarne lo stato di salute ed accertarsi di eventuali cambiamenti
nella situazione ambientale che rendano necessaria una correzione o un
adeguamento del piano vaccinale
adottato in precedenza.
L’impiego della vaccinazione come
unica arma nel controllo dell’infezione non è sufficiente a prevenire la diffusione di FeLV all’interno della popolazione felina, ma unitamente all’utilizzo dei test diagnostici risulta essenziale nei casi menzionati in precedenza. Il vaccino ideale dovrebbe proteggere l’animale nei confronti di una
viremia persistente e transitoria, prevenendo anche le infezioni latenti e le
patologie FeLV-correlate.
Diversi sono gli studi comparativi
condotti sui preparati immunizzanti
in commercio in Europa e in USA32,
33,34
, tuttavia, i risultati ottenuti differiscono in misura notevole poiché
parametri quali il metodo di infezione sperimentale, la dose e il ceppo
virale usati e l’età dei gatti utilizzati
nelle prove di infezione sperimentale
variano sensibilmente. Tra questi, lo
studio condotto da Sparkes34 ha preso in considerazione cinque diverse
formulazioni commerciali (Tab. 1),
rappresentate tutte da vaccini inattivati che però differiscono in alcuni
importanti aspetti: Leucat (Merial),
Leucogen (Virbac, in Italia distribuito come Leucofeligen), Leukocell 2
(Pfizer), Fel-O-Vax (Forte Dodge),
Fevaxyn (Solvay-Dulphar/Fort Dodge). Da quanto emerso da tale studio, nessun vaccino si è dimostrato
in grado di produrre un’immunità
mucosale sufficiente per la prevenzione della viremia transitoria conseguente all’esposizione al virus. Come
si può osservare in Tabella 1, alcuni
prodotti immunizzanti contengono
anche gli antigeni dei sottogruppi B
e C e l’antigene FOCMA: sebbene
non deleteria, l’inclusione nei vaccini
dei sottogruppi B e C non risulta apportare alcun beneficio; inoltre, data
l’elevata eterogenicità di questi sottogruppi, non esisterebbe cross-protezione nei confronti dei diversi ceppi9. Allo stesso modo, l’inclusione
dell’antigene FOCMA è di scarsa importanza nella protezione nei confronti dell’infezione32.
Il titolo degli anticorpi VN, in molti casi, non subisce un aumento tale da
poter giudicare l’efficacia del vaccino
in esame in base a questo parametro34.
VACCINI INGEGNERIZZATI
Tentativi di incrementare l’efficacia
delle formulazioni vaccinali sono stati
effettuati mediante l’impiego di adiuvanti innovativi, quali i complessi immunostimolanti35, o di vettori virali,
come il Baculovirus e l’Herpesvirus
felino36.
Sfortunatamente, pur conferendo
un’eccellente protezione, i vaccini
adiuvati con complessi immunostimolanti, a differenza dei vaccini ricombinanti, non sono ancora stati introdotti
sul mercato.
Sperimentati con risultati promettenti nella profilassi delle retrovirosi
umane e dell’immunodeficienza felina, i vaccini a DNA rappresentano
un’alternativa nella vaccinazione nei
confronti della leucemia virale. Hanlon et al.37 hanno rilevato che la contemporanea somministrazione di
adiuvanti quali plasmidi codificanti i
geni delle citochine stimola ulteriormente la risposta immunitaria indotta da tali vaccini: la coinoculazione
di plasmidi codificanti le interleuchine IL-12 e IL-18 ha potenziato l’efficacia del vaccino a DNA, prodotto
mediante plasmidi veicolanti i geni
gag, pol ed env, stimolando la produzione di γ-IFN e di linfociti T citotossici specifici. Tuttavia, la risposta
anticorpale è stata evidenziata solamente a seguito delle prove di challenge: l’incapacità del vaccino a
DNA di stimolare la produzione di
anticorpi FeLV-specifici potrebbe
essere dovuta all’interferenza provocata dalla produzione di anticorpi
anti-DNA o anti-citochine. Conferme dell’efficacia del vaccino a DNA
sono state fornite dallo studio condotto da Flynn et al.13: tale vaccino
risulta conferire un’immunità protettiva nei confronti dell’infezione da
FeLV in assenza di una risposta umorale virus-specifica, laddove alti livelli di linfociti T citotossici specifici si
rilevano nel sangue e nei tessuti
linfoidi dei soggetti vaccinati.
Il più recente ad essere introdotto
sul mercato, l’Eurifel FeLV (Merial)
10
Leucemia Felina Virale: diagnosi di laboratorio e profilassi vaccinale
è l’ultimo prodotto dell’ingegneria
genetica a sfruttare un vettore virale
per l’espressione dei geni gag ed env.
Il vettore in questione (ALVAC) è
rappresentato da un ceppo di Canaripoxvirus attenuato: tale virus è caratterizzato da uno spettro d’azione
limitato al solo canarino, privo di
qualsiasi patogenicità per uomo e
mammiferi in genere. Nello studio
eseguito da Poulet et al.38, il vaccino,
da quanto emerso dalle prove di isolamento colturale e dall’applicazione di una Nested-PCR a partire dal
midollo osseo, è risultato in grado di
prevenire anche lo sviluppo di infezioni latenti. Come la maggior parte
dei vaccini sul mercato, l’ALVACFeLV evoca una risposta anticorpale
evidenziabile solo dopo prove di infezione sperimentale, a dimostrazione dell’importante ruolo svolto dalla
CMI nella clearance dell’infezione.
CONCLUSIONI
La patogenesi dell’infezione da
FeLV viene studiata da circa trent’anni, sia per la sua rilevanza all’interno
della popolazione felina, sia perché
costituisce un prezioso modello di
studio per le retrovirosi umane. Le ricerche fino ad oggi condotte hanno
evidenziato i punti chiave dell’infezione sostenuta da FeLV: si tratta di
una malattia caratterizzata da elevata
contagiosità, associata ai più diversi
quadri sintomatologici, ma presente
anche in forma inapparente. La densità della popolazione felina e/o l’opportunità di contatti con gatti infetti
sono due fra i più critici fattori di ri-
• prima di introdurre un nuovo ospite in una colonia o in un ambiente
domestico;
• quando si sospetta la presenza di
FeLV in associazione ad altre patologie.
Laddove la totalità dei test diagnostici è in grado di rilevare un soggetto
con viremia persistente, il quadro si fa
più complesso qualora ci si trovi di
fronte ad animali con infezione latente
o portatori immuni (Tab. 2). Sebbene
la riattivazione dell’infezione non costituisca un evento frequente3, il riconoscimento di tali soggetti è importante al
fine di prevenire la diffusione del virus
all’interno della popolazione felina.
Purtoppo non esiste alcun trattamento specifico per i soggetti FeLV-positivi: sono stati sperimentati numerosi
protocolli terapeutici basati sull’impiego di farmaci antivirali ed immunostimolanti quali zidovudina (AZT) e interferone alfa (IFN-α), ma nessuno ha
fornito risultati del tutto soddisfacenti. Si raccomanda, quindi, la vaccinazione soprattutto per quei soggetti ad
alto rischio di infezione, poiché la prevenzione risulta al momento l’unica
pratica efficace nel controllo di questa
grave infezione.
schio all’esposizione all’infezione da
FeLV. Gatti adulti e cuccioli che vivono in ambienti ad alta densità felina (ad es. pensioni, allevamenti e ricoveri) presentano un “profilo di rischio” senza dubbio più elevato rispetto ai gatti adulti e cuccioli che vivono soli o in numero limitato. In aggiunta, l’introduzione di ogni nuovo
gatto adulto o cucciolo all’interno
dell’ambiente aumenta il “profilo di
rischio” potenziale per l’intera popolazione felina.
La maggior parte dei gatti con viremia persistente viene a contatto con
FeLV nelle prime settimane di vita,
ma il contagio in età adulta non è
un’evenienza rara. La permanenza del
virus nell’ambiente esterno è assicurata dalla presenza di gatti viremici che
lo eliminano in maniera costante, sebbene solo l’8% risulti positivo ai test3.
Un soggetto viremico può rimanere in
apparenza sano, sebbene maggiori siano le probabilità di sviluppo di patologie conclamate nell’arco di duequattro anni. Purtroppo, non essendo
l’immunità fornita dagli anticorpi VN
e dagli anticorpi anti-FOCMA conservata per l’intera vita del soggetto, si
può assistere alla comparsa della malattia anche in animali precedentemente immuni.
L’uso di test per l’identificazione
dei soggetti sieropositivi (FeLV+) è alla base della lotta all’infezione ed è
uno strumento complementare alla
vaccinazione. Si raccomanda di eseguire i test diagnostici:
• prima delle vaccinazioni primarie;
• qualora si pensi che l’animale sia
venuto in contatto con soggetti infetti;
Parole chiave
Leucemia felina virale, FeLV, diagnosi di laboratorio, vaccinazione.
Key words
Viral feline leukemia, FeLV, laboratory assays, vaccination.
Tabella 2
Status epidemiologico nei confronti dell’infezione da FeLV e risultati dei tests3, mod.
FeLV
STATUS
ELISA
sangue
IFI
PCR
sangue
midollo
osseo
sangue
tessuti
infetti
midollo
osseo
Isolamento
virale
midollo
osseo
Titolo
anticorpi
VN
Titolo
anticorpi
antiFOCMA
Soggetto sano mai esposto
-
-
-
-
-
-
-
-
-
Soggetto guarito
-
-
-
-
-
-
-
+
+
Soggetto infetto latente
-
-
-
+
+
+
+
+
+
Portatore immune
+
-
-
+
+
+
+
+
+
Soggetto viremico persistente
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+ risultato positivo; - risultato negativo; + risultato variabile
Medicina Felina, Anno 4, numero unico, Dicembre 2004
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