13 marzo 2010
Pantakin da Venezia
Otello,
tragicommedia
dell’arte
da Othello di William Shakespeare
con Marta Dalla Via, Manuela Massimi,
Stefano Rota, Roberto Serpi e Stefano Tosoni
drammaturgia Roberto Cuppone
regia Michele Modesto Casarin
hi è il Moro? Un africano, un saraceno, un arabo? Shakespeare e le sue
fonti sono ambigui: lo descrivono
con tratti negroidi, ma la sua storia
e la sua provenienza potrebbero essere quelle di un principe arabo. O
semplicemente avere le sembianze
indoeuropee del nemico Turco. La
questione è senza soluzione: il carattere del Moro (la sua “razza”) non descrive ciò che il personaggio è, bensì, per esclusione, quello che non è: bianco,
cristiano, occidentale. Non rappresenta un’etnia sua, ma
un pregiudizio degli altri. Nulla può rappresentarlo meglio
Otello
della Maschera. Ecco perché questa “tragicommedia” propone un Otello in maschera - nella più autentica tradizione
della Commedia dell’Arte italiana che, proprio grazie alla
maschera, rappresentava commedia e tragedia come due
facce dell’ineluttabilità, di un destino insieme prevedibile e
irrevocabile: comico e tragico, appunto. Questi i motivi della
scelta della compagnia Pantakin da Venezia, una formazione che opera tra tradizione e rinnovamento del linguaggio
scenico. Nata da una costola del Tag Teatro, la compagnia
veneziana è infatti dedita da più di dieci anni alla ricerca sulla Commedia dell’Arte, intesa come terreno favorevole alla
sperimentazione interdisciplinare delle arti dell’interprete.
Qui, dunque, cinque attori, quattordici personaggi e sei
“lingue” a raccontare il più alto e più difficile momento
dell’equilibrio fra Cristianità e Islam, fra Occidente e Oriente nel Mediteranno. La trama, quella di sempre: un amore
impossibile, un amico che tradisce, una gelosia “antropologica”, un epilogo tragico. I modi: quelli dell’epica popolare,
fra riso e pianto, fra cronaca e commedia, come solo possono fare le maschere.