Diapositiva 1 - IC Giuseppe Micali, Livorno

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LE ROCCE
di
CALAFURIA
LE ROCCE DI CALAFURIA --- CICCARESE--- CAPOZZI – SALVI ( una delle tre)
Noi alunni dell’ Istituto Comprensivo Micali di Montenero, abbiamo studiato la geologia e la
storia della scogliera di Calafuria che, come tutti quanti sapete, è un tratto di costa aspra a
sud di Livorno, ma è anche uno dei tratti geologicamente più interessanti del litorale toscano
in quanto è costituita da rocce arenarie.
Queste rocce nel corso degli anni hanno subito un lento processo
di erosione dovuto:
-all’acqua, che s’infiltra nelle fessure delle rocce e, se la
temperatura scende sotto lo zero, diventa ghiaccio, aumenta di
volume, allarga le fessure e, a lungo andare frantuma la roccia,
-al vento che solleva le particelle più fini del terreno e le scaglia
con forza contro la roccia, modifica la sua struttura e agli sbalzi di
temperatura la fa contrarre e dilatare, fino a frantumarla.
In parole povere, il mare in quella zona, ha trovato un osso duro
e, trattandosi di materiali di diversa consistenza, è accaduto che
l'erosione del vento ha avuto risultati non omogenei, minuscole
particelle di quarzo portate dal vento hanno investito queste
rocce per migliaia di anni: dove colpivano le venature eruttive
venivano appena scalfite, mentre l'arenaria cedeva sempre
qualcosa.
Aperto un varco, le particelle penetrano all'interno nella roccia e,
spinte dal vento, giravano in tondo, scavando sempre di più. Il
risultato sono mille alveoli, una specie di spugna rocciosa
conferendo alla costa un aspetto suggestivo e interessante da
osservare, un paesaggio che sembra disegnato, tanto da meritare
il nome popolare di "Sassoscritto".
Le cave di CALAFURIA -- CAPOZZI MARTINA
Nella zona di Calafuria, fin dall'antichità, sono state aperte numerose cave, le più antiche si
trovavano proprio a livello del mare ed in alcuni casi sono state sommerse poiché il livello
medio marino si è innalzato di poco più di un metro. Ancora oggi è possibile trovare le tracce
dei pontili utilizzati per il carico, costituite da buche per pali. Le cave di arenaria sono tutte a
cielo aperto e le più antiche presentano una coltivazione a gradoni assumendo in alcuni casi
l'aspetto di un anfiteatro, specialmente nelle cave situate sul mare, o di una fossa, più
all'interno.
Le cave più recenti invece presentano spesso una parete verticale che raggiunge le decine di
metri. Gli strati di arenaria migliori sono di colore grigio-azzurro, la pietra che se ne ricavava
viene chiamata pietra serena, era molto apprezzata per stipiti e architravi, pavimentazioni,
loggiati ecc. ed era impiegata frequentemente nella costruzione di palazzi a Livorno fin dal
'500.
Lo sfruttamento della pietra ha
avuto inizio dai giacimenti più
vicini al mare, così da facilitare le
operazioni di carico del materiale
su imbarcazioni.
le cave di Età contemporanea
erano ubicate più nell'interno ed il
trasporto della pietra fino ai
pontili avveniva tramite carrelli su
binario.
Fascia costiera interessata dalle cave di arenaria.
La tecnica di escavazione dell'arenaria dal periodo etrusco-romano in poi non ha
subito cambiamenti significativi fino all'avvento della rivoluzione industriale
(seconda metà dell'800), con l'utilizzo della polvere da sparo al posto di attrezzi in
ferro.
Negli anni Trenta la pietra veniva cavata con la dinamite, una comune giornata di
lavoro vedeva all'opera cavatori e scalpellini che provenivano in genere da
Montenero, dal Savolano e da Antignano. Il posto di lavoro veniva raggiunto a piedi,
con partenza alle sei del mattino per essere in cantiere alle sette e trenta.
A mezzogiorno la Via Aurelia veniva chiusa al traffico per l’esplosione delle cariche. Il
segnale di pericolo era dato con bandierine rosse, in quegli anni l’Aurelia non era
asfaltata ma inghiaiata, a bordo strada vi erano mucchi di pietre che lo spaccapietre
frantumava e spargeva sul manto stradale con un forcone.
Nel pomeriggio i cavatori rompevano con le mazze i blocchi di pietra esplosi al
mattino e nei piazzali di cava gli scalpellini lavoravano le pietre migliori
proteggendosi la mano sinistra (che teneva lo scalpello) con un mezzo guanto di
cuoio.
Alla fine degli anni Trenta, con l’aumento del traffico, il blocco stradale non fu più
consentito, le esplosioni cessarono e con esse le attività estrattive. L’unica cava che
rimase aperta fino alla metà del ‘900 fu quella di Calignaia, lontana dalla strada e
dotata di un frantumatore meccanico che aveva sostituto il lavoro degli spaccapietre.
LA TORRE DI CALAFURIA - VENTURI MARTA
In quel tratto di costa, lungo la via Aurelia, si trova anche la torre di Calafuria che risale al XVI
secolo, ed era un'antica postazione d'avvistamento che faceva parte di un complesso sistema
difensivo di torri che da Livorno si spingeva lungo la costa meridionale della provincia, da ogni
torre si doveva scorgere, per mezzo di fuochi, quella adiacente in modo tale da trasmettere
eventuali segnali di allerta fino alla città. In seguito, cessate le sue funzioni prettamente
difensive, la Torre di Calafuria fu utilizzata dalla guardia di finanza per il controllo della costa.
All'inizio del Novecento la torre fu restaurata, fino ai primi anni del Duemila, la torre ha
ospitato lo studio del pittore labronico Alberto Fremura.
La torre di Calafuria compare in diverse pellicole cinematografiche, da “Il pirata sono io!”
(1940), a “È arrivato mio fratello”(1985), ma soprattutto nei pressi della torre avviene il tragico
epilogo del film “Il sorpasso” (1962).
CONCLUSIONI --SALVI CHIARA
E’ stato interessante conoscere la storia e la geologia di questo tratto di costa del
nostro territorio che noi conoscevamo solo perché ci siamo stati al mare, ma dopo
questo lavoro di ricerca, visto che dopo la chiusura delle cave di Calignaia, non è stato
fatto nulla per il recupero ambientale, noi ragazzi vogliamo dire agli adulti di lasciare
il lavoro della natura alla natura e non fare mai più nessun intervento scellerato
affinché lo scenario suggestivo che caratterizza il tratto di costa di Calafuria, non venga
mai più alterato dalla mano dell’uomo. Gli unici agenti in grado di modificarlo siano il
vento, l’acqua, il sale….. che con la loro azione continueranno a “disegnare” nuove
forme che lo renderanno ancora più suggestivo per le prossime generazioni.
ALUNNI 3 B
Per noi alunni è stato inoltre divertente
osservare e scoprire le molte figure fantastiche
impresse nelle immagini di quelle rocce:
disegni di animali, segni, striature e forme
irregolari che hanno stimolato la nostra
fantasia e ci hanno portato a realizzare delle
composizioni astratte uniche e, secondo noi,
originali.
FORME ASTRATTE FRA LE ROCCE
Bibliografia e Sitografia
ROCCE DI CALAFURIA. La costiera di livorno
Salomone Belforte & C., 2002
A cura di Silvia Guastalla
Fotografie di Luigi Angelica
Testi di Carlo Cambi, David Bianco, Gianfranco Barsotti
Edizione italiano/inglese
http://www.tuscany-charming.it/it/localita/costalivornese.asp
CLASSE 3 A / 3 B ISTITUTO COMPRENSIVO
G. MICALI succursale di MONTENERO
Anno scolastico 2014-2015
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