LE ROCCE di CALAFURIA LE ROCCE DI CALAFURIA --- CICCARESE--- CAPOZZI – SALVI ( una delle tre) Noi alunni dell’ Istituto Comprensivo Micali di Montenero, abbiamo studiato la geologia e la storia della scogliera di Calafuria che, come tutti quanti sapete, è un tratto di costa aspra a sud di Livorno, ma è anche uno dei tratti geologicamente più interessanti del litorale toscano in quanto è costituita da rocce arenarie. Queste rocce nel corso degli anni hanno subito un lento processo di erosione dovuto: -all’acqua, che s’infiltra nelle fessure delle rocce e, se la temperatura scende sotto lo zero, diventa ghiaccio, aumenta di volume, allarga le fessure e, a lungo andare frantuma la roccia, -al vento che solleva le particelle più fini del terreno e le scaglia con forza contro la roccia, modifica la sua struttura e agli sbalzi di temperatura la fa contrarre e dilatare, fino a frantumarla. In parole povere, il mare in quella zona, ha trovato un osso duro e, trattandosi di materiali di diversa consistenza, è accaduto che l'erosione del vento ha avuto risultati non omogenei, minuscole particelle di quarzo portate dal vento hanno investito queste rocce per migliaia di anni: dove colpivano le venature eruttive venivano appena scalfite, mentre l'arenaria cedeva sempre qualcosa. Aperto un varco, le particelle penetrano all'interno nella roccia e, spinte dal vento, giravano in tondo, scavando sempre di più. Il risultato sono mille alveoli, una specie di spugna rocciosa conferendo alla costa un aspetto suggestivo e interessante da osservare, un paesaggio che sembra disegnato, tanto da meritare il nome popolare di "Sassoscritto". Le cave di CALAFURIA -- CAPOZZI MARTINA Nella zona di Calafuria, fin dall'antichità, sono state aperte numerose cave, le più antiche si trovavano proprio a livello del mare ed in alcuni casi sono state sommerse poiché il livello medio marino si è innalzato di poco più di un metro. Ancora oggi è possibile trovare le tracce dei pontili utilizzati per il carico, costituite da buche per pali. Le cave di arenaria sono tutte a cielo aperto e le più antiche presentano una coltivazione a gradoni assumendo in alcuni casi l'aspetto di un anfiteatro, specialmente nelle cave situate sul mare, o di una fossa, più all'interno. Le cave più recenti invece presentano spesso una parete verticale che raggiunge le decine di metri. Gli strati di arenaria migliori sono di colore grigio-azzurro, la pietra che se ne ricavava viene chiamata pietra serena, era molto apprezzata per stipiti e architravi, pavimentazioni, loggiati ecc. ed era impiegata frequentemente nella costruzione di palazzi a Livorno fin dal '500. Lo sfruttamento della pietra ha avuto inizio dai giacimenti più vicini al mare, così da facilitare le operazioni di carico del materiale su imbarcazioni. le cave di Età contemporanea erano ubicate più nell'interno ed il trasporto della pietra fino ai pontili avveniva tramite carrelli su binario. Fascia costiera interessata dalle cave di arenaria. La tecnica di escavazione dell'arenaria dal periodo etrusco-romano in poi non ha subito cambiamenti significativi fino all'avvento della rivoluzione industriale (seconda metà dell'800), con l'utilizzo della polvere da sparo al posto di attrezzi in ferro. Negli anni Trenta la pietra veniva cavata con la dinamite, una comune giornata di lavoro vedeva all'opera cavatori e scalpellini che provenivano in genere da Montenero, dal Savolano e da Antignano. Il posto di lavoro veniva raggiunto a piedi, con partenza alle sei del mattino per essere in cantiere alle sette e trenta. A mezzogiorno la Via Aurelia veniva chiusa al traffico per l’esplosione delle cariche. Il segnale di pericolo era dato con bandierine rosse, in quegli anni l’Aurelia non era asfaltata ma inghiaiata, a bordo strada vi erano mucchi di pietre che lo spaccapietre frantumava e spargeva sul manto stradale con un forcone. Nel pomeriggio i cavatori rompevano con le mazze i blocchi di pietra esplosi al mattino e nei piazzali di cava gli scalpellini lavoravano le pietre migliori proteggendosi la mano sinistra (che teneva lo scalpello) con un mezzo guanto di cuoio. Alla fine degli anni Trenta, con l’aumento del traffico, il blocco stradale non fu più consentito, le esplosioni cessarono e con esse le attività estrattive. L’unica cava che rimase aperta fino alla metà del ‘900 fu quella di Calignaia, lontana dalla strada e dotata di un frantumatore meccanico che aveva sostituto il lavoro degli spaccapietre. LA TORRE DI CALAFURIA - VENTURI MARTA In quel tratto di costa, lungo la via Aurelia, si trova anche la torre di Calafuria che risale al XVI secolo, ed era un'antica postazione d'avvistamento che faceva parte di un complesso sistema difensivo di torri che da Livorno si spingeva lungo la costa meridionale della provincia, da ogni torre si doveva scorgere, per mezzo di fuochi, quella adiacente in modo tale da trasmettere eventuali segnali di allerta fino alla città. In seguito, cessate le sue funzioni prettamente difensive, la Torre di Calafuria fu utilizzata dalla guardia di finanza per il controllo della costa. All'inizio del Novecento la torre fu restaurata, fino ai primi anni del Duemila, la torre ha ospitato lo studio del pittore labronico Alberto Fremura. La torre di Calafuria compare in diverse pellicole cinematografiche, da “Il pirata sono io!” (1940), a “È arrivato mio fratello”(1985), ma soprattutto nei pressi della torre avviene il tragico epilogo del film “Il sorpasso” (1962). CONCLUSIONI --SALVI CHIARA E’ stato interessante conoscere la storia e la geologia di questo tratto di costa del nostro territorio che noi conoscevamo solo perché ci siamo stati al mare, ma dopo questo lavoro di ricerca, visto che dopo la chiusura delle cave di Calignaia, non è stato fatto nulla per il recupero ambientale, noi ragazzi vogliamo dire agli adulti di lasciare il lavoro della natura alla natura e non fare mai più nessun intervento scellerato affinché lo scenario suggestivo che caratterizza il tratto di costa di Calafuria, non venga mai più alterato dalla mano dell’uomo. Gli unici agenti in grado di modificarlo siano il vento, l’acqua, il sale….. che con la loro azione continueranno a “disegnare” nuove forme che lo renderanno ancora più suggestivo per le prossime generazioni. ALUNNI 3 B Per noi alunni è stato inoltre divertente osservare e scoprire le molte figure fantastiche impresse nelle immagini di quelle rocce: disegni di animali, segni, striature e forme irregolari che hanno stimolato la nostra fantasia e ci hanno portato a realizzare delle composizioni astratte uniche e, secondo noi, originali. FORME ASTRATTE FRA LE ROCCE Bibliografia e Sitografia ROCCE DI CALAFURIA. La costiera di livorno Salomone Belforte & C., 2002 A cura di Silvia Guastalla Fotografie di Luigi Angelica Testi di Carlo Cambi, David Bianco, Gianfranco Barsotti Edizione italiano/inglese http://www.tuscany-charming.it/it/localita/costalivornese.asp CLASSE 3 A / 3 B ISTITUTO COMPRENSIVO G. MICALI succursale di MONTENERO Anno scolastico 2014-2015