Il «Cavolo nero di Toscana»
G
ià al tempo dei romani si coltivava un tipo di cavolo nero che
probabilmente è il progenitore
del famoso «Cavolo nero di Toscana»,
da sempre ben conosciuto e apprezzato
in questa regione, ma anche altrove.
Il cavolo nero toscano è il più interessante e meritevole tra i cavoli da foglia,
ben diversi dai comuni cavoli dei nostri
orti in quanto nelle piante non si formano le teste; infatti di essi si utilizzano in
cucina le singole foglie.
Per la sua elevata rusticità e la notevole resistenza alle basse temperature il
cavolo nero non dovrebbe mai mancare
negli orti, poiché se ne possono raccogliere le foglie nei mesi autunnali e anche in pieno inverno.
Il cavolo nero è inconfondibile per le
caratteristiche foglie oblunghe piuttosto
strette, molto bollose, increspate e di colore verde molto scuro, quasi nerastro.
Le piante sono vigorose con fusto centrale eretto e le foglie, lunghe fino a 3040 cm, sono disposte in bell’ordine.
Questo cavolo è conosciuto anche
come «cavolo a penna», «cavolo riccio», «cavolo palmizio».
Il «Cavolo nero
di Toscana», dalle
caratteristiche
foglie oblunghe,
strette, bollose
e increspate,
di un colore
verde molto scuro,
quasi nerastro,
è rustico
e resistente
alle basse
temperature:
le foglie si possono
raccogliere
in autunno
e anche
in pieno inverno
le distanti 70-80 cm, disponendole a distanza di 60-70 cm lungo la fila.
Cure colturali. Si concima e si coltiva come gli altri cavoli senza problemi;
La coltivazione
Raccolta. La raccolta del «Cavolo
nero di Toscana» inizia a partire da ottobre e prosegue nei mesi successivi fino all’inizio della primavera; come ben
sanno i buongustai le foglie risultano più
saporite e gustose proprio nei mesi invernali dopo le prime gelate.
Ricordiamo che di questo cavolo
vanno raccolte le singole foglie a partire
dal basso ed è importante utilizzarle fresche in cucina.
Clima e terreno adatti. Come detto, questo cavolo nero di Toscana al pari
delle altre varietà citate è estremamente
rustico e soprattutto molto resistente alle basse temperature invernali; si adatta
bene ai terreni profondi e fertili.
È così rustico che, almeno nelle zone a clima abbastanza mite d’inverno,
come in Toscana ad esempio, le piante
possono restare in coltura anche per due
o tre anni; allora questi cavoli si alzano
fino a due metri e oltre, si ramificano e
assumono una forma ad alberetto, anche
per il fatto che a seguito della graduale raccolta delle foglie il fusto resta spoglio verso il basso.
Semina. Questo cavolo si semina da
maggio a luglio e le piantine si trasferiscono a dimora dopo 40-50 giorni in fi-
In cucina
Il «Cavolo nero di Toscana» è un interessante cavolo da foglia: le piante non
formano teste e in cucina si utilizzano le
singole foglie
Ciclo di coltivazione del «Cavolo nero di Toscana»
Operazione Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic.
Semina
Trapianto
Raccolta
Le epoche indicate hanno validità generale per il nord, il centro e il sud d’Italia con tendenza all’anticipo man mano che dal nord si scende al sud del Paese
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 4/2008
conviene rincalzare il terreno formando
un solco tra le file.
La coltivazione del «Cavolo nero di
Toscana» è stata trattata sul n. 7-8/2007.
Inoltre, nel fascicolo bimestrale «i Lavori», alla rubrica «Orto», vengono puntualmente illustrate le operazioni colturali necessarie per questo ortaggio,
compresi gli eventuali interventi fitosanitari.
Le foglie di questi cavoli si consumano lessate e condite a dovere, come gli
altri cavoli, e sono ingredienti indispensabili delle minestre, soprattutto della
famosa «ribollita» toscana.
Lasciando andare a fiore le piante,
prima che i fiori stessi si aprano, si possono raccogliere le infiorescenze ottenendo un prodotto di ottima qualità gustativa.
Ditte presso le quali è possibile
acquistare il seme
Semi di cavolo nero di Toscana sono reperibili presso: Bavicchi, Blumen,
F.lli Ingegnoli, Four, Gargini Sementi,
Hortus Sementi, L’ortolano (vedi indirizzi a pag. 26).
9
La cicoria «Barba di cappuccino»
T
utti conoscono la cicoria selvatica
(Cichorium intybus), diffusissima
allo stato spontaneo nelle nostre
regioni, dalla pianura alla montagna;
cresce nei terreni incolti, al margine dei
campi e lungo le siepi.
La sua presenza risulta ben evidente
nel momento della fioritura, nella tarda
primavera e nei mesi estivi per i fiori o
meglio i capolini (per i botanici sono infatti delle infiorescenze) di un bel colore azzurro chiaro.
Questa cicoria selvatica, conosciuta
anche come «radicchio di campo», viene raccolta nelle campagne soprattutto a
fine inverno, quando le foglie sono ancora tenere, e si mangia cruda o cotta,
come 1e altre cicorie.
Chi lo desidera può anche coltivare questa cicoria e infatti i suoi semi sono reperibili in commercio; coltivandola nell’orto su terreno fertile si potranno raccogliere delle foglie assai tenere e
poco amare per molti mesi dell’anno.
Molto simile alla cicoria selvatica è
la cicoria «Barba di cappuccino», una
varietà interessante che forma dei cespi
assai più vigorosi e che, come aspetto,
somiglia molto alla catalogna.
È comunque sempre una cicoria, che
di solito si coltiva abbastanza fitta per
poter raccogliere le foglie nel corso di
tutta la buona stagione recidendole al
piede, ma che si presta benissimo anche
all’imbianchimento e alla forzatura per
ottenere foglie bianche molto tenere, saporite, poco amare.
La coltivazione
Clima e terreno adatti. Questa cicoria è facilissima da coltivare e cresce
senza problemi in qualsiasi clima e nella maggior parte dei terreni.
Semina. Si semina all’inizio della
primavera, direttamente a dimora, in file
distanti 25-30 cm, lasciando crescere 1e
piantine piuttosto fitte.
I semi sono assai minuti: un grammo
ne contiene circa 600; 2-3 grammi di seme bastano per 10 metri quadrati di terreno.
La cicoria «Barba di cappuccino» forma cespi vigorosi e, come aspetto, somiglia
molto alla catalogna
Cure colturali. Necessita di sarchiature, anche al fine di estirpare le infestanti, e di periodiche innaffiature nei
periodi dell’anno più siccitosi.
La coltivazione delle cicorie è stata
trattata sui numeri 9 e 10/2002. Inoltre,
nel fascicolo bimestrale «i Lavori», alla rubrica «Orto», vengono puntualmente illustrate le operazioni colturali necessarie per questo ortaggio, compresi gli
eventuali interventi fitosanitari.
Raccolta. Nel corso dell’estate si
raccolgono le foglie recidendole al piede una volta al mese; si ottiene così una
cicoria molto simile a quella selvatica di
buon sapore, amarognola, da consumarsi cruda o cotta.
La vera «Barba di cappuccino» si ottiene però con la forzatura; la coltura
può essere sottoposta anche al semplice
imbianchimento dei cespi.
La forzatura per ottenere la vera
«Barba di cappuccino», si effettua con
una procedura molto simile a quella usata per imbianchire la cicoria belga: si
Ciclo di coltivazione della cicoria «Barba di cappuccino»
Operazione Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic.
Semina
Raccolta
Le epoche indicate hanno validità generale per il nord, il centro e il sud d’Italia con tendenza all’anticipo man mano che dal nord si scende al sud del Paese
10
estirpano i cespi in autunno, si recidono
le foglie e si collocano le radici in una
cassetta su un terriccio sciolto e sabbioso, in un locale a temperatura intorno ai
15° C, in modo che si sviluppino i ricacci con foglioline perfettamente bianche,
tenerissime, di squisito sapore.
Per l’imbianchimento dei cespi invece può bastare una semplice copertura
con sacchi di juta, paglia, foglie secche
oppure anche con dei vasi di plastica capovolti sopra le piante; questa copertura
si effettua nel tardo autunno quando i
cespi sono ben cresciuti e i risultati si
hanno in breve tempo; dopo circa 15-20
giorni la vegetazione imbianchisce e così si ottengono dei cespi con foglie quasi bianche, tenere e saporite.
In cucina
Con queste cicorie, selvatiche o migliorate, verdi o imbianchite, si può disporre di un ortaggio buono e salubre nei
diversi mesi dell’anno, che si può consumare crudo o cotto in vari modi, da solo
o misto ad altre insalate o verdure.
Ditte presso le quali è possibile
acquistare il seme
Semi di questa varietà sono reperibili presso: F.lli Ingegnoli, Four, Franchi
Sementi, Gargini Sementi, Hortus Sementi, L’ortolano (vedi indirizzi a pagina 26).
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 4/2008
La «Cicoria rossa italiana»
D
alla cicoria selvatica (Cichoriun
intybus) sono derivate numerose
varietà orticole ben conosciute e
apprezzate in tutto il mondo. In massima parte queste varietà sono state selezionate in Italia e infatti le nostre cicorie
bianche, rosse o variegate sono molto ricercate e apprezzate ovunque.
Le cicorie in genere, sia selvatiche
che coltivate, sono caratterizzate da una
notevole variabilità di caratteri e, anche nell’ambito della stessa varietà, si
riscontrano a volte notevoli differenze
tra pianta e pianta per quanto riguarda la
forma, il colore e altre caratteristiche.
Se osserviamo ad esempio alcune
piante di cicoria selvatica possiamo notare evidenti differenze: alcune piantine
possono avere le foglie del tutto verdi e
altre le foglie più o meno rossicce.
Per selezione, dalla cicoria selvatica
si è ottenuta anche questa «Cicoria rossa
italiana», non molto conosciuta ma interessante e inconfondibile. Somiglia alla
cicoria «Barba di cappuccino» (vedi alla pag. 10) ma differisce da essa per la
maggior vigoria vegetativa e per lo spiccato colore rosso delle foglie e soprattutto delle coste.
Forma dei cespi assai voluminosi, al
pari di quelli delle catalogne, anzi sembra proprio una catalogna, mentre invece per altre caratteristiche è da classificare tra le cicorie
La coltivazione
Clima e il terreno adatti. Come le
altre cicorie, anche questa varietà cresce
ovunque e in ogni clima; inoltre si adatta a crescere in qualsiasi terreno senza
problemi.
Semina. Si può iniziare la coltura interrando il seme direttamente a dimora; questa operazione si può effettuare
in vari periodi dell’anno, all’inizio della
primavera oppure da luglio a settembre.
Si può seminare in due modi: «alla
volata», cioè spargendo il seme uniformemente sul terreno, oppure a file di-
A sinistra. La «Cicoria rossa italiana» è stata ottenuta per selezione dalla cicoria
selvatica ed è interessante e inconfondibile per lo spiccato colore rosso delle foglie
e delle coste. A destra. È una cicoria vigorosa che forma dei cespi voluminosi, al
pari di quelli delle catalogne, e che possono essere sottoposti ad imbianchimento
stanti 30-35 cm, lasciando crescere le
piantine piuttosto fitte; in quest’ultimo
modo si coltiva come i cicorini da taglio. Ma c’è chi preferisce coltivare questa cicoria con le piantine ben distanziate di 35-40 cm tra le file e lungo la fila,
così da raccogliere dei cespi assai voluminosi.
Cure colturali. Si innaffia regolarmente quando non piove a sufficienza,
si sarchia il terreno e si estirpano le erbacce manualmente.
La coltivazione della cicoria catalogna è stata trattata sul n. 11/2006. Inoltre, nel fascicolo bimestrale «i Lavori»,
alla rubrica «Orto», vengono puntualmente illustrate le operazioni colturali
Ciclo di coltivazione della «Cicoria rossa italiana»
Operazione Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic.
Semina
Trapianto
Raccolta
Le epoche indicate hanno validità generale per il nord, il centro e il sud d’Italia con tendenza all’anticipo man mano che dal nord si scende al sud del Paese
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 4/2008
necessarie per questo ortaggio, compresi gli eventuali interventi fitosanitari.
Raccolta. Si possono recidere le foglie al piede ripetutamente nel corso dell’anno e poi in autunno si raccolgono i
cespi interi. Come per la cicoria «Barba
di cappuccino», di cui si è detto, si possono forzare i cespi in vari modi. Suggeriamo qui un sistema molto semplice valido per imbianchire i cespi di tutte le cicorie, delle indivie e delle scarole: basta
coprirli per 15-20 giorni con dei vasi di
plastica capovolti; i risultati sono sicuri
e sorprendenti.
In cucina
Anche questa cicoria così bella è saporita, un po’ amarognola, ma gradevole e appetitosa, sia cruda che cotta, lessata e saltata in padella.
Ditte presso le quali è possibile
acquistare il seme
Semi di circoria rossa sono reperibili presso: Blumen, Crivellaro Sementi,
Four, Gargini Sementi, Hortus Sementi
(vedi indirizzi a pagina 26).
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La cima di rapa «Grossissima di S. Martino»
L
e cime di rapa sono ortaggi tipici delle nostre regioni meridionali, ma si possono ottenere dei buoni risultati anche nelle zone del centronord, purché si effettuino le semine con
un certo anticipo in modo da poter raccogliere prima dei geli.
Le cime di rapa somigliano molto alle comuni rape di cui si mangiano le radici, ma differiscono da esse soprattutto per il fatto che di queste varietà si
mangiano solo le foglie, che si cucinano
assieme alle «cime», cioè alle infiorescenze raccolte quando sono ancora ben
chiuse prima che sboccino i fiori.
Le varietà di cime di rapa sono numerosissime e si differenziano per la
forma e lo sviluppo delle foglie e, soprattutto, delle infiorescenze.
Assai diversa è anche la durata del
ciclo colturale: si coltivano infatti varietà precocissime («quarantine»), precoci
(«sessantine»), medio-precoci («novantine») e tardive, diverse appunto per la
durata del ciclo colturale che varia tra i
40 e i 60, 90, 120 giorni rispettivamente. Più la varietà è tardiva, più grosse sono le cime, cioè le infiorescenze.
Qui viene illustrata e proposta una
varietà eccellente, cioè la cima di rapa
«Grossissima di S. Martino», molto
rustica e tardiva, che produce delle infiorescenze molto grosse, assai simili nell’insieme a quelle dei broccoletti verdi, tanto che la varietà è conosciuta anche come «broccoletto di rapa». È veramente pregevole in quanto rusticissima
e molto produttiva; stranamente è poco
conosciuta e coltivata.
La coltivazione
Clima e terreno adatti. Nelle zone a
clima autunno-invernale assai mite, soprattutto nel Lazio, in Campania, nelle
Puglie e in Calabria, le cime di rapa si
coltivano diffusamente e senza difficoltà
nei mesi autunnali e anche d’inverno.
Se il clima è favorevole e se la semina si effettua nel momento più opportuno questo ortaggio cresce bene e la raccolta è abbondante.
La «Grossissima di S. Martino» è una
varietà di cima di rapa rustica e tardiva, poco conosciuta e coltivata. Produce «cime», cioè infiorescenze, molto grosse (foto a destra), simili a quelle
dei broccoletti verdi, tanto che la varietà è conosciuta anche come «broccoletto di rapa»
La varietà qui proposta è molto rustica e resiste abbastanza bene anche a leggere gelate; riesce bene in molte zone: ad
esempio ha dato buoni risultati anche al
nord, ma solo se seminata ai primi di luglio, così da ottenere la raccolta entro il
mese di ottobre. Si tratta di un ortaggio di
facile coltivazione e adatto alla maggior
parte dei terreni da orto di buona fertilità.
Cure colturali. Necessita di sarchiature, concimazioni e di moderate e ripetute irrigazioni. La coltivazione della cima di rapa è stata trattata sul n. 7-8/2006.
Inoltre, nel fascicolo bimestrale «i Lavori», alla rubrica «Orto», vengono puntualmente illustrate le operazioni colturali necessarie per questo ortaggio, compresi gli eventuali interventi fitosanitari.
Semina. Le cime di rapa si seminano
in genere da luglio a novembre, almeno al
sud, distribuendo il seme preferibilmente
in file distanti 30-35 cm, così da rendere
possibile la sarchiatura del terreno; lungo la fila le piantine devono crescere abbastanza rade, una ogni 10-20 cm, a seconda delle varietà; la «Grossissima di S.
Martino» si semina a luglio al nord e più
tardi, nei mesi autunnali, al sud.
In un grammo sono contenuti circa
500 semi, che bastano per 20 metri quadrati di terreno.
Raccolta. Si effettua all’inizio dell’autunno, o anche in inverno nelle zone a clima mite. Si raccolgono in genere
nel momento in cui le «cime» sono ben
sviluppate e ingrossate ma ancora ben
chiuse e con i fiori in boccio.
Ciclo di coltivazione della cima di rapa
«Grossissima di S. Martino»
Operazione Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic.
Semina
Raccolta
Le epoche indicate hanno validità generale per il nord, il centro e il sud d’Italia con tendenza all’anticipo man mano che dal nord si scende al sud del Paese
12
In cucina
Le foglie si cucinano assieme alle cime, in vari modi, cotte e condite a dovere,
secondo le usanze e le abitudini della nostra cucina mediterranea. Famose sono ad
esempio le cime di rapa con le orecchiette, piatto tipico della cucina pugliese.
Ditte presso le quali è possibile
acquistare il seme
Sementi di cime di rapa di diverse varietà sono reperibili presso: Euroselect
distribuita da Fuscello Tesoro Sementi), Four, Hortus sementi, F.lli Ingegnoli
(vedi indirizzi a pag. 26).
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 4/2008
I fagioli «Stortini di Trento»
I
fagioli «mangiatutto», così chiamati
perché se ne mangiano i baccelli interi raccolti quando sono ben ingrossati
ma ancora teneri, sono molto conosciuti
e diffusamente coltivati in Trentino e in
Alto Adige fin da tempi assai remoti.
In quella regione gli «Stortini di
Trento» – un tempo conosciuti anche
come «cornetti» o «grisotti» – non mancano mai negli orti di famiglia e sono
diffusamente coltivati anche dagli orticoltori di mestiere perché danno un raccolto molto remunerativo e ricercato dai
buongustai che ne sono ghiotti.
Sono dei fagioli inconfondibili per la
loro forma arcuata verso l’estremità (a
«gancetto») e per il colore caratteristico,
verde di base e tipicamente marmorizzato per la presenza di abbondanti striature e maculature piuttosto scure.
Sono egualmente pregevoli e apprezzate le due varietà conosciute: lo stortino nano e lo stortino rampicante.
I baccelli hanno caratteristiche praticamente uguali anche se quelli della varietà nana sono un po’ più piccoli e sottili. I semi secchi di entrambe le varietà,
quelli che servono per la semina, hanno
delle striature rosso-marroni su fondo di
colore bianco crema.
Queste due varietà differiscono quasi
unicamente per il diverso sviluppo vegetativo e di conseguenza per le diverse esigenze colturali. Il fagiolo stortino nano
forma delle piante folte e compatte, alte
al massimo 40-50 centimetri, mentre lo
Fagioli «Stortini di Trento» nani
tivato in pianura e in montagna, preferibilmente su terreni profondi, piuttosto
freschi e di buona fertilità.
Semina. La semina va fatta da aprile ad agosto per la varietà nana e da fine aprile a metà giugno per quella rampicante.
È preferibile seminare a file distanti
70-80 cm per la varietà nana e 100-120
cm per quella rampicante, disponendo
3-4 semi in ogni buchetta, o postarella,
distanziate l’una dall’altra di 30-40 cm
lungo le file.
Gli «Stortini di Trento», conosciuti anche come «cornetti» o «grisotti» sono
diffusamente coltivati in Trentino e in
Alto Adige perché danno un raccolto ricercato e remunerativo
stortino rampicante ha una vegetazione
molto più sviluppata in altezza, rigogliosa e ramificata, alta fino a 3 metri. Quest’ultima varietà necessita di adeguati sostegni, che possono essere costituiti da
canne, da frasche o dalle speciali reti di
plastica reperibili in commercio (nei garden center o nei consorzi agrari).
La coltivazione
Clima e terreno adatti. Come tanti
altri fagioli, lo «Stortino di Trento» (sia
esso nano o rampicante) può essere col-
Fagioli «Stortini di Trento» rampicanti
Ciclo di coltivazione del fagiolo «Stortino di Trento»
Operazione Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic.
Semina
Raccolta
Le epoche indicate hanno validità generale per il nord, il centro e il sud d’Italia con tendenza all’anticipo man mano che dal nord si scende al sud del Paese
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 4/2008
Cure colturali. Necessita di moderate concimazioni, rincalzature del terreno
e limitate ma ripetute irrigazioni.
La coltivazione del fagiolo è stata
trattata sui numeri 5 e 6/2007 (fagiolo nano) e sui numeri 2 e 3/2008 (fagiolo rampicante). Inoltre, nel fascicolo bimestrale «i Lavori», alla rubrica «Orto», vengono puntualmente illustrate le
operazioni colturali necessarie per questo ortaggio, compresi gli eventuali interventi fitosanitari.
Raccolta. La raccolta si esegue da
giugno a settembre, scalarmente, quando
i baccelli sono ancora teneri ma abbastanza ingrossati (in questa fase sono più
saporiti) e si ripete ogni 15-20 giorni.
In cucina
Secondo i buongustai e gli intenditori i fagioli «Stortini di Trento» sono particolarmente squisiti e senz’altro migliori di quelli di altre varietà italiane tradizionali o di recente introduzione, in
quanto i baccelli sono molto più carnosi
e assolutamente senza filo.
Come gli altri fagioli mangiatutto si
consumano lessati, piuttosto al dente,
conditi con olio di oliva, sale, pepe e
aglio, se serviti caldi, oppure usando al
posto dell’aglio la cipolla cruda tagliata
molto sottile con aggiunta di aceto, se
serviti freddi.
Va notato che quando sono lessati risultano di un bel colore verde uniforme
e non sono più marmorizzati.
Ditte presso le quali è possibile
acquistare il seme
Semi di «Stortini di Trento» possono
essere reperiti presso: Blumen, Crivellaro Sementi, F.lli Ingegnoli, Four, Franchi Sementi, Hortus Sementi, L’ortolano, Produttori Sementi Verona (vedi indirizzi a pag. 26).
13
La lattuga «Rossa di Trento»
o «Ubriacona»
L
a lattuga «Rossa di Trento», nota anche come «Ubriacona» per le
foglie caratteristiche, bollose, verdi, largamente chiazzate di rosso, è per
i trentini la migliore «insalata» e da essi
viene giustamente preferita ad altre varietà per le sue foglie particolarmente tenere e saporite, oltre che belle e attraenti. Queste eccellenti caratteristiche sembrano dipendere in parte dal fatto che la
lattuga cresciuta in quel territorio a clima fresco e sano risulta migliore; tuttavia, la stessa lattuga coltivata in un altro
ambiente, come ad esempio la pianura padana, risulta egualmente pregevole purché cresciuta in primavera o in autunno, quando non fa troppo caldo.
La lattuga di Trento viene inclusa nel
gruppo delle varietà da cespo o da taglio,
cioè tra quelle che normalmente non formano un cappuccio a completo sviluppo;
questo perché di solito i cespi sono ben
formati ma non chiusi al centro, con le foglie aperte verso l’esterno. Ma non sempre è così e infatti, se coltivata in terreni
di ottima fertilità e nella stagione migliore, cioè nella tarda primavera o all’inizio
dell’autunno, quando le condizioni climatiche sono ottimali, i cespi si ingrossano notevolmente e 1e foglie più interne si serrano bene fino a formare un bel
cappuccio, che comunque non è mai molto compatto (come si verifica invece nelle
vere lattughe a cappuccio); e questo è un
pregio in quanto così le foglie restano di
un bel colore verde-rossiccio e risultano
sempre assai tenere e di buon sapore.
Le foglie di questa lattuga sono bollose e ondulate, appena dentellate ai margini, di un colore verde intenso, caratteristico, con estese maculature di colore rossobruno. Le coste delle foglie non risultano mai molto ingrossate, e anche questo
è un pregio, mentre i lembi fogliari risultano sempre molto teneri. Altra caratteristica tipica è che il seme è bianco.
Oltre alla varietà comune e tipica descritta, di recente è stata selezionata una
varietà ancora più pregevole per alcune
Normalmente questa lattuga non è
troppo adatta per la coltura estiva, almeno nelle zone soggette ad elevate temperature in luglio-agosto. La coltura estiva
è raccomandabile altrove, cioè nelle zone
di alta collina, nelle vallate fresche e nelle
località di montagna, dove le condizioni
climatiche sono particolarmente favorevoli; anzi questa lattuga, che riesce bene
in zone a clima fresco, si è dimostrata assai resistente alle basse temperature.
Disponendo di una serra o di un tunnel è possibile anticipare le semine che
si possono eseguire già a fine febbraio
in modo da effettuare la raccolta in aprile. Allo stesso modo si può ritardare la
coltura nel tardo autunno. Ovviamente,
se coltiviamo la «Rossa di Trento» nelle
regioni costiere del Mediterraneo o nelle regioni dell’Italia centro-meridionale
a clima mite, questa lattuga si può normalmente coltivare in pieno inverno.
La lattuga «Rossa di Trento» è nota
anche come «Ubriacona» per le
caratteristiche foglie chiazzate di rosso
caratteristiche: le foglie sono più bollose, hanno i margini più dentellati e il colore è di un rosso più intenso e lucente.
La coltivazione
Clima e terreno adatti. In Trentino
si coltiva ovunque con risultati soddisfacenti se si rispettano le indicazioni sotto
riportate; riesce bene dalla pianura alla
montagna, e si adatta a crescere in diverse stagioni dell’anno.
Semina. Nelle zone di pianura e nelle posizioni ben soleggiate della collina e
delle vallate si semina scalarmente a partire dall’inizio della primavera in contenitore alveolare, con successivo trapianto
a dimora dopo circa un mese, osservando una distanza di circa 35 cm tra pianta
e pianta nei due sensi. Si semina normalmente fino a maggio e poi di nuovo a fine
estate per la coltura autunnale.
Ciclo di coltivazione della lattuga «Rossa di Trento»
Operazione Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic.
Semina
Trapianto
Raccolta
Le epoche indicate hanno validità generale per il nord, il centro e il sud d’Italia con tendenza all’anticipo man mano che dal nord si scende al sud del Paese
14
Cure colturali. Necessita di sarchiature e innaffiature regolari se non piove
a sufficienza.
La coltivazione della lattuga da cespo è
stata trattata sui numeri 12/2007 e 1/2008.
Inoltre, nel fascicolo bimestrale «i Lavori», alla rubrica «Orto», vengono puntualmente illustrate le operazioni colturali necessarie per questo ortaggio, compresi gli
eventuali interventi fitosanitari.
Raccolta. La raccolta si effettua 2-3
mesi dopo la semina. Come detto, questa lattuga di solito si coltiva utilizzando
piantine da disporre ben distanziate, ma
è possibile anche la coltivazione con semina diretta sul posto a file distanti 2530 cm, lasciando crescere le lattughe abbastanza fitte, come i lattughini da taglio. In tal caso la raccolta si esegue tagliando le piantine raso terra, così da ottenere almeno due raccolti.
In cucina
Questa lattuga entra anche a far parte
delle «misticanze», cioè dei miscugli di
insalate (lattughini e cicorini), che ravviva con il colore rossiccio delle sue foglie.
Ditte presso le quali è possibile
acquistare il seme
Sementi di lattuga «Rossa di Trento»
sono reperibili presso: Bavicchi, Blumen, F.lli Ingegnoli, Four, Franchi Sementi, Gargini Sementi, Hortus Sementi,
L’ortolano (vedi indirizzi a pag. 26).
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 4/2008
La lattuga quattro stagioni
«Rossina di Pescia»
N
egli orti si coltivano numerose
varietà di lattughe, a cespo o a
cappuccio, a foglie lisce o bollose, bianche o rossicce; alcune sono più
adatte per la coltura primaverile, altre
per la coltura estiva e altre ancora per la
semina autunnale e il raccolto nei mesi
successivi e anche d’inverno. Alcune varietà sono dette «delle quattro stagioni»
perché adatte indifferentemente per le
semine nei diversi mesi dell’anno.
Tra le lattughe delle quattro stagioni,
una delle migliori è la «Rossina di Pescia» che merita di essere conosciuta,
perché estremamente rustica, assai resistente alle basse temperature, molto tenera e saporita. È una bella lattuga le cui
piante di solito si coltivano ben distanziate così da raccogliere dei cespi ben
formati e attraenti per quelle simpatiche
foglie bollose e rossicce.
La coltivazione
Clima e terreno adatti. Si può coltivare veramente in tutte le stagioni, ma
i migliori risultati si ottengono nei mesi
primaverili e in quelli autunnali; comunque se il terreno è di buona fertilità e non
manca l’irrigazione riesce benissimo anche d’estate, e nelle zone non soggette a
forti gelate si può raccogliere anche in
pieno inverno. Inoltre è senz’altro adatta anche per la coltura in serra.
Come le altre lattughe anche questa
varietà riesce bene nei terreni di buona
fertilità, sufficientemente freschi e piuttosto sciolti, ben dotati di sostanza organica già decomposta.
Semina. Si può seminare direttamente a dimora, ma normalmente si preferisce interrare i semi in contenitore alveolare per trapiantare a dimora le piantine
quando hanno 3-4 foglioline.
La distanza d’impianto è di 30-40
cm tra le file e di 25 cm lungo la fila,
oppure, in quadrato, di 25 cm tra pianta e pianta.
La «Rossina di Pescia» è una varietà di lattuga rustica e resistente alle basse temperature. Le piante, se coltivate ben distanziate, danno cespi ben formati e attraenti per le particolari foglie bollose e rossicce
Si può seminare in diversi periodi dell’anno e cioè:
– da febbraio a marzo per la coltura primaverile;
– da maggio a giugno per la coltura estiva;
– da agosto a settembre per il raccolto
autunno-invernale.
Nelle zone a clima molto mite, oppure in serra, si può seminare anche in pieno inverno.
La «Rossina di Pescia» è ottima e
consigliabile anche come lattughino da
taglio con semina assai fitta.
In un grammo sono contenuti circa
700 semi ed è quanto basta per 20-30
metri quadrati di terreno.
Cure colturali. Necessita di sarchiature e di innaffiature regolari nei periodi siccitosi.
La coltivazione della lattuga da ce-
Ciclo di coltivazione della lattuga «Rossina di Pescia»
Operazione Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic.
Semina
Trapianto
Raccolta
Le epoche indicate hanno validità generale per il nord, il centro e il sud d’Italia con tendenza all’anticipo man mano che dal nord si scende al sud del Paese
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 4/2008
spo è stata trattata sui numeri 12/2007 e
1/2008. Inoltre, nel fascicolo bimestrale «i Lavori», alla rubrica «Orto», vengono puntualmente illustrate le operazioni colturali necessarie per questo ortaggio, compresi gli eventuali interventi fitosanitari.
Raccolta. A seconda delle stagioni il
ciclo colturale, dalla semina alla raccolta, dura 60-90 giorni.
In cucina
Come lattughino da taglio si raccolgono le foglioline recidendole poco sopra il livello del terreno quando sono alte 12-15 cm; dopo il taglio le piantine ricacciano e si può ripetere la raccolta.
Con la coltura più rada si ottengono dei bei cespi che si recidono, interi, al piede.
Questa lattuga è eccellente, dolce e
saporita; viene molto apprezzata come
primizia nei mesi invernali ed è particolarmente tenera se raccolta in serra.
Ditte presso le quali è possibile
acquistare il seme
Sementi di questa lattuga sono reperibili presso: Franchi Sementi, Gargini
Sementi (vedi indirizzi a pag. 26).
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Il prezioso peperone
di Carmagnola «Tumaticot»
I
n tutte le nostre regioni si possono
coltivare i peperoni in tante varietà orticole, a frutti dolci o piccanti,
gialli o rossi a maturità, di forma tondeggiante, conica o quadrangolare; crescono bene e senza difficoltà in serra o
in piena aria, purché la posizione sia calda o ben soleggiata.
Nelle regioni a clima invernale mite
i peperoni si possono coltivare e raccogliere in diversi periodi dell’anno, mentre al Nord e in zone a clima invernale
più rigido la coltivazione può effettuarsi
solo nei mesi più caldi con semina a primavera inoltrata e raccolta a fine estateinizio autunno.
In Piemonte, soprattutto nelle province di Asti, di Cuneo e di Torino, si coltivano diffusamente alcune delle migliori varietà di peperoni; la zona di Carmagnola (Torino) ad esempio è vocata alla
coltura di questo ortaggio e viene considerata la capitale del peperone.
In queste zone si coltivano soprattutto quattro splendide varietà e cioè:
– il peperone «Quadrato di Carmagnola»;
– il peperone lungo o «Corno di bue»;
– il peperone a trottola;
– il peperone «Tumaticot».
Queste varietà sono eccellenti e apprezzate per il sapore dolce e aromatico dei frutti.
Qui vogliamo proporre soprattutto la
varietà «Tumaticot» che è straordinaria
giusto in cui metterlo a dimora. Il terreno deve essere molto sciolto, profondo e
insieme fresco, ma sicuramente permeabile, affinché non sussista il rischio di ristagni d’acqua; deve essere di buona fertilità e ricco di sostanza organica ben decomposta.
Il peperone «Tumaticot», interessante per
l’insolita forma arrotondata e schiacciata, è apprezzato dai consumatori per la
polpa soda e spessa
per la insolita forma arrotondata e insieme schiacciata, e apprezzata dai buongustai per la polpa molto soda e spessa,
di colore giallo o rosso.
La coltivazione
Clima e il terreno adatti. Già si è
detto che i peperoni in genere riescono
bene un po’ ovunque, e anche al Nord
danno eccellenti risultati.
Questo ortaggio è assai esigente in
fatto di terreno e infatti riesce bene solo
in quelli vocati, come ben sanno gli orticoltori di professione che, in base alle loro esperienze, sanno trovare il posto
Nella zona
di Carmagnola
(Torino),
vocata
alla coltura
del peperone,
la varietà
«Tumaticot»
è fra quelle
coltivate
e oggetto
di commercio
Ciclo di coltivazione del peperone «Tumaticot»
Operazione Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic.
Semina
Trapianto
Raccolta
Le epoche indicate hanno validità generale per il nord, il centro e il sud d’Italia con tendenza all’anticipo man mano che dal nord si scende al sud del Paese
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Semina. La semina si effettua all’inizio di aprile sotto tunnel, in contenitori
alveolari, per trasferire poi le piantine a
dimora a fine maggio. Conviene collocare le piantine distanti 80-90 cm tra le
file e 50-60 cm lungo la fila.
Cure colturali. Necessita di concimazioni e frequenti irrigazioni. Tenendo
presente che i peperoni hanno un apparato radicale soggetto ai marciumi, conviene irrigare moderatamente e solo facendo scorrere l’acqua nei solchi presenti tra le file, formati al momento della rincalzatura del terreno.
Di solito i peperoni non sono particolarmente soggetti ad attacchi di insetti
parassiti o di malattie fungine; ma nelle
prime fasi di crescita delle piantine, per
prevenire i marciumi, possono essere
necessari interventi anticrittogamici.
La coltivazione del peperone è stata
trattata sulla «Guida illustrata alla coltivazione ed utilizzazione del peperone», supplemento al n. 4/2007. Inoltre,
nel fascicolo bimestrale «i Lavori», alla
rubrica «Orto», vengono puntualmente
illustrate le operazioni colturali necessarie per questo ortaggio, compresi gli
eventuali interventi fitosanitari.
Raccolta. Di solito i peperoni si raccolgono quando sono ben maturi, cioè
completamente rossi o gialli.
In cucina
La raccolta si esegue in quantità adeguate al consumo, in modo che i frutti
raccolti freschi conservino tutta la loro
fragranza e il loro profumo così da poterli gustare anche crudi in vari modi.
Ditte presso le quali è possibile
acquistare il seme
I semi di questa varietà non sono facilmente reperibili.
Per informazioni rivolgersi al Consorzio del Peperone di Carmagnola - c/o
Municipio di Carmagnola - Piazza Manzoni, 10 - 10022 Carmagnola (Torino) Tel. 347 0125334.
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 4/2008
Due varietà di pomodori di pregio:
il «Datterino» e il «Nero di Crimea»
C
ome è noto il pomodoro è stato
importato dall’America e nei paesi di origine si coltivano numerosissime varietà orticole. Molte altre varietà sono state selezionate a seguito di
sapienti incroci in tempi recenti e attualmente vengono particolarmente coltivati
i pomodori ibridi, che risultano meritevoli per tante caratteristiche, quali l’elevata
produttività e la bontà dei frutti, ma anche per la resistenza alle malattie cui purtroppo sovente il pomodoro va soggetto.
In merito ai pomodori è importante distinguere le varietà a seconda dello sviluppo delle piante; la maggior parte delle
varietà risulta di notevole sviluppo vegetativo con tralci sarmentosi che si allungano fino a tre metri (queste varietà hanno
una crescita indeterminata); altre varietà
hanno una crescita più contenuta e le piante formano dei cespugli più compatti
(queste varietà hanno una crescita determinata). Di conseguenza le varietà più vigorose necessitano di adeguati sostegni
mentre le altre possono crescere anche
senza di essi, con la vegetazione libera.
Qui presentiamo due varietà meritevoli, particolarmente consigliate per
amatori e hobbisti.
Il pomodoro «Datterino», di recente
introduzione, ha riscontrato un successo
straordinario, per l’abbondanza della
si primaverili e poi in autunno. Questo
ortaggio si adatta a tutti i terreni purché
di buona fertilità e piuttosto profondi.
Semina. La semina in pieno campo è
possibile solo dopo la metà di aprile (1520 grammi per 100 metri quadrati).
Di solito si semina in contenitori alveolari, in ambiente protetto, a fine inverno-inizio primavera; si provvede poi
al trapianto in maggio-giugno collocando a dimora le piantine a file distanti
100-120 cm con una distanza tra le piante lungo la fila di 60-70 cm.
Il pomodoro «Datterino» è una varietà a
sviluppo determinato che produce un abbondante numero di pomodorini di 1015 grammi ciascuno e di ottimo sapore
produzione e la facilità di coltivazione
nonché per il sapore dei frutti, che hanno anche il pregio di risultare molto serbevoli. Questa varietà ha uno sviluppo
determinato.
Il pomodoro «Nero di Crimea», le
cui piante hanno uno sviluppo indeterminato, è insuperabile per il colore dei frutti che hanno un sapore molto aromatico.
I datterini sono dei pomodorini di 1015 grammi mentre i pomodori di Crimea
pesano 200-250 grammi.
La coltivazione
Clima e il terreno adatti. Come gli
altri pomodori, anche questi crescono in
posti caldi e ben soleggiati. Nelle zone a
clima invernale freddo si coltivano bene
solo seminandoli piuttosto tardi per la
coltura estiva. Nelle zone a clima più
mite riescono anche se coltivati nei meIl pomodoro «Nero di Crimea»,
a sviluppo indeterminato, produce frutti
dal caratteristico colore
e dal sapore molto aromatico
Ciclo di coltivazione del pomodoro
Operazione Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic.
Semina
Trapianto
Raccolta
Le epoche indicate hanno validità generale per il nord, il centro e il sud d’Italia con tendenza all’anticipo man mano che dal nord si scende al sud del Paese
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 4/2008
Cure colturali. Il pomodoro necessita di concimazioni e costanti irrigazioni.
Quando le piantine sono alte 20 cm si
rincalzano formando dei solchi utili a
distribuire l’acqua per scorrimento.
Nel caso delle varietà a svilppo indeterminato è opportuno scacchiare (eliminare) i germogli ascellari, cioè le femminelle, lasciando sviluppare solo uno o al
massimo due fusti principali. Per questi
pomodori è indispensabile predisporre
adeguati sostegni, ad esempio con canne
di bambù oppure con frasche o altro.
La coltivazione del pomodoro è stata
trattata nella «Guida illustrata alla coltivazione del pomodoro», supplemento al n.
4/1999. Inoltre, nel fascicolo bimestrale «i
Lavori», alla rubrica «Orto», vengono
puntualmente illustrate le operazioni colturali necessarie per questo ortaggio, compresi gli eventuali interventi fitosanitari.
Raccolta. Per poterli gustare meglio
conviene raccogliere i pomodori gradualmente quando sono ben maturi.
In cucina
I pomodori sono importanti in cucina
e si gustano in mille modi: crudi, da soli
o con altri ortaggi per preparare sfiziose
e fresche insalate; cotti per condire gustosi primi piatti, preparare antipasti,
pizze, ecc.; oppure possono essere trasformati in passati, conserve, concentrati da consumare tutto l’anno.
Ditte presso le quali è possibile
acquistare il seme
Semi di pomodoro «Datterino» sono
reperibili presso: F.lli Ingegnoli, Four,
Gargini Sementi, L’ortolano.
Semi di pomodoro «Nero di Crimea»
sono reperibili presso: F.lli Ingegnoli
(vedi indirizzi a pag. 26).
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