Fondamenti di Astrofisica Lezione 13 AA 2010/2011 Alessandro Marconi Dipartimento di Fisica e Astronomia Le curve di rotazione delle spirali Consideriamo una galassia a spirale (a disco) e misuriamo le velocità lungo la linea di vista in vari punti del disco, sfruttando l’effetto Doppler sulle righe di emissione del gas o di assorbimento delle stelle (per esempio, Hα da regioni HII oppure riga a 21 cm da nubi HI). Nell’approssimazione di disco sottile e in rotazione circolare è possibile correggere per gli effetti di proiezione geometrica (ovvero per il fatto che vediamo solo la componente della velocità lungo la linea di vista) e risalire alla velocità di rotazione media in funzione del raggio V=V(R); tale funzione è detta curva di rotazione. A. Marconi Curve di rotazione di galassie a spirale Ottico (HII) Radio (HI) Fondamenti di Astrofisica (2010/2011) 2 La curva di rotazione della Via Lattea Nel caso della nostra galassia è più molto più complesso ottenere la curva di rotazione proprio perché ci troviamo all’interno e la correzione per la proiezione geometrica è molto più difficile. A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011) 3 Le curve di rotazione delle spirali Un risultato notevole è che le curve di rotazione diventano piatte a grandi distanze dal centro ovvero V (R) ∼ cost. questo vale fino a dove si riesce a vedere emissione HI del gas, ben oltre la regione dove ci sono le stelle. Immagine ottica (stelle) A. Marconi Immagine radio (HI) Fondamenti di Astrofisica (2010/2011) 4 Le curve di rotazione delle spirali La curva di rotazione V(R) dipende dalla massa contenuta all’interno dell’orbita di raggio R ovvero, per rotazione circolare, GM (R) V (R) ∼ R 2 Si è usato il simbolo ~ per indicare che quella relazione è esatta solo nel caso in cui la distribuzione di massa sia sferica, e non a disco come nel caso delle spirali. Se la distribuzione di massa seguisse la distribuzione di luce delle stelle ci aspetteremmo, oltre il raggio massimo R0 a cui si osservano stelle, M (R > R0 ) = M0 ∼ cost. GM0 V (R) ∼ 1/2 R ovvero una caduta “Kepleriana” della curva di rotazione. Tuttavia la velocità costante implica M (R) ∼ R ovvero anche dove non ho più stelle (e la massa del gas che vedo in HI è trascurabile), la massa deve continuare a crescere. A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011) 5 La materia oscura Questa discrepanza tra La curva di rotazione piatta, V(R)~cost., e la curva di rotazione Kepleriana attesa, V(R)~GM0/R0.5, è la prova dell’esistenza di massa rivelabile solo attraverso l’attrazione gravitazionale. Questo effetto si ritrova in tutte la galassie a spirale e costituisce la prova dell’esistenza della materia oscura, rivelabile sono gravitazionalmente. Il nome materia oscura indica il contrasto con la materia luminosa, ovvero quella che costituisce le stelle. Nella nostra galassia, il disco ha una densità ρ(R) ∼ e−R/Rd con Rd ∼ 3.5 kpc per cui gran parte della massa si trova entro ~2 Rd = 7 kpc, ovvero entro il raggio dell’orbita solare. Oltre l’orbita solare la velocità dovrebbe decrescere in modo Kepleriano; in realtà la curva di rotazione è piatta fino oltre 30 kpc (~10 Rd); dopo non sappiamo perché non c’è più gas per tracciare la curva di rotazione. A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011) 6 La materia oscura Quanta materia oscura c’è nella nostra galassia? Abbiamo trovato che entro l’orbita solare (R⊙=8 kpc) M ( R⊙ ) ∼ 1011 M⊙ e che questa costituisce quasi tutta la massa in stelle della galassia. A ~30 kpc dal centro (~4 R⊙) la velocità di rotazione è la stessa di quella alla distanza del Sole ovvero 4 R⊙ V⊙2 R(30 kpc)V 2 M (30 kpc) ∼ ∼ ∼ 4 M ( R⊙ ) G G ~80% della nostra galassia è costituito da materia oscura. Questa materia oscura è distribuita con densità GM (R) V (R) ∼ R 2 nella parte piatta A. Marconi M (R) ∼ ρ(R)R3 M (R) ∼ R ovvero Fondamenti di Astrofisica (2010/2011) ρ(R) ∼ R−2 7 L’alone oscuro La distribuzione di massa dell’alone ha una densità che decresce con R2; è possibile dimostrare che questa legge di densità è quella che si otterrebbe per una sfera isoterma autogravitante. A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011) 8 La natura della materia oscura Gas atomico HI emette a 21 cm molecolare emette righe molecolari (CO) ionizzato emette nei raggi X emette nell’Infrarosso, fatta metalli solo 2% materia. Polvere Massive Compact Halo Objects (MACHOs) Stelle Seq. Principale visibili Stelle Giganti visibili Stelle Neutroni Buchi Neri da Supernovae: dove i metalli? Solo 10% massa iniziale, resto? Nane Bianche arricchimento ISM, aloni rossi per giganti (precursori) nelle galassie. Nane Marroni e Pianeti da M~10-3 M⊙ a ~0.07 M⊙ = 70 MJ (soglia accensione fusione H) La natura della materia oscura L’unica possibilità è che la materia barionica sia fatta da brown dwarfs (e pianeti tipo Giove). Allo scopo di rivelare queste possibili stelle mancate nell’alone è stato condotto un esperimento basato sull’effetto di “lente gravitazionale”. La teoria della relatività generale prevede che anche la luce risenta dell’interazione gravitazionale, pertanto la presenza di una massa è in grado di “curvare” le traiettorie dei raggi luminosi. Una verifica famosa di questo fatto avvenne nel 1919 (la relatività generale fu pubblicata nel 1915) quando si vide la deflessione dei raggi di una stella per il passaggio vicino al Sole (ovviamente durante una eclissi totale). posizione apparente traiettoria rettilinea posizione reale Sole A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011) traiettoria deviata per effetto lente grav. 10 Il lensing gravitazionale La deflessione dei raggi luminosi a seguito della presenza di un campo gravitazionale genera il cosiddetto effetto di Lensing Gravitazionale in base al quale l’intensità di una stella di fondo viene aumentata a seguito della presenza di una massa in posizione intermedia che agisce da lente. Se un oggetto oscuro transita davanti ad una stella di fondo mi aspetto di osservare un aumento dell’intensità della stella secondo una legge matematica ben precisa (che mi permette di distinguere i fenomeni legati __________________________ alla variabilità delle stelle). A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011) 11 La natura della materia oscura Negli anni ’90 è stato condotto un monitoraggio della grande nube di Magellano per rivelare questi eventi. Il numero di eventi attesi per l’esperimento da un punto di vista statistico nel caso in cui la materia oscura fosse costituita da MAssive Compact Halo Objects (MACHOs) era di ~100; ne sono stati rivelati 15, indicando come le nane marroni costituiscono, al più, il 15% della materia oscura. Oltre l’80% della materia oscura non può essere costituita da materia barionica (ovvero materia ordinaria fatta di protoni, neutroni ed elettroni). L’unica possibilità è che si tratti di materia non barionica. Si distingue tra: cold dark matter, costituita da particelle con v<<c (non relativistiche) hot dark matter, costituita da particelle relativistiche (es. i neutrini) Al momento la hot dark matter sembra potersi escludere perché non è in grado di spiegare la struttura osservata dell’universo. Esistono anche teorie alternative che spiegano la materia oscura come un effetto del cambiamento delle leggi della fisica (es. F=ma) in caso di basse accelerazioni; una di queste è la MOND (MOdified Newtonian Dynamics). A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011) 12 Natura della Materia Oscura Materia Oscura Barionica materia ordinaria fatta di protoni e neutroni Resti di stelle ?? (stelle neutroni, buchi neri) Non Barionica Cold Dark Matter (CDM) particelle con v≪c Hot Dark Matter (HDM) particelle con v≈c MACHOS (Massive Astrophysical Compact Halo Objects) WIMPS ?? (Weakly Interacting Massive Particles) Neutrini (ν) + ?? ~15% Ciò che resta < 3% A. Marconi Nane Brune Fondamenti di Astrofisica (2010/2011) 13 Le galassie ellittiche Le galassie ellittiche sono come i bulge delle spirali ma sono prive di disco: sono costituite in prevalenza da stelle vecchie (popolazione II) e sono quasi del tutto prive di gas e polvere (non c’è formazione stellare); i moti delle stelle sono caotici, nel senso che le orbite hanno un ampio spettro in termini di inclinazioni ed eccentricità. Il nome deriva dal fatto che le loro isofote (curve a brillanza superficiale costante) sono ben approssimate da delle ellissi. Poiché vediamo solo la loro proiezione sul piano del cielo la forma reale non è ben definita, ma si tratta quasi sicuramente di sferoidi (ovvero ellissoidi di rotazione) o ellissoidi triassiali come nel caso dei bulge delle spirali. Le galassie ellittiche possiedono aloni oscuri anche se la frazione di materia oscura è molto più bassa che nel caso delle spirali. A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011) 14 Le galassie ellittiche A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011) 15 Le galassie irregolari Oltre alle spirali ed alle ellittiche esistono galassie irregolari, il cui prototipo è la Large Magellanic Cloud (LMC) ovvero la Grande Nube di Magellano. Sono ricche di gas e polvere ed hanno una intensa formazione stellare in corso. La galassie irregolari non hanno ne’ dischi ne’ sferoidi definiti ed è quindi difficile stabilire se possiedono aloni oscuri. A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011) 16 Le galassie irregolari LMC SMC Alcune proprietà delle galassie A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011) 18 Il Gruppo Locale La Via Lattea è membro di una gruppo di > 30 galassie in interazione gravitazionale. Il Gruppo Locale è composto da: due spirali giganti la Via Lattea; M31 (Andromeda); una spirale più piccola M33 (la galassia a Triangolo); il resto sono ellittiche nane e irregolari. A. Marconi Andromeda e la Via Lattea sono circondate da nubi di galassie satelliti. Fondamenti di Astrofisica (2010/2011) 19 Le galassie interagenti Da un’analisi della densità di galassie in funzione della loro luminosità si ottiene che la luminosità tipica, che si può utilizzare per separare galassie luminose e non, è L∗ = 2 × 1010 L⊙ La Via Lattea e Andromeda hanno L~L★. La densità tipica di galassie L★ è n ~10-2 Mpc-3, ovvero esiste, in media, una galassia ~L★ per ogni 100 Mpc3. La distanza media tra le galassie luminose è pertanto d∼n −1/3 −2 = (10 Mpc −3 −1/3 ) � 5 Mpc Il tempo che intercorre tra le collisioni (con la sola σ geometrica) è 1 1 12 τ= ∼ −2 � 5 × 10 yr −3 nσv 10 Mpc × π(2 × 50 kpc)2 × 500 km s quindi durante l’età dell’universo almeno una galassia su 500 deve essere andata incontro a collisioni. A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011) 20 Le galassie interagenti In realtà la frazione è ben più alta se teniamo conto della interazione gravitazionale e non della sola sezione d’urto geometrica, e del fatto che le galassie non sono distribuite uniformemente nello spazio ma fanno parte di ammassi. In conclusione le galassie interagenti sono abbastanza comuni. Durante l’interazione le stelle non collidono fisicamente tra di loro, per lo stesso motivo per cui sono rare le collisioni tra stelle all’interno di una galassia; pertanto a seguito dell’interazione le galassie possono attraversarsi. Spesso una collisione termina con un “merger” ovvero una fusione tra le galassie. Infatti si ritiene che le galassie ellittiche siano il risultato della fusione di coppie di galassie a spirale. Le collisioni e le fusioni di galassie sono un mezzo molto potente per indurre grossi episodi di formazione stellare (il gas molecolare viene destabilizzato ed indotto al collasso). A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011) 21 Le galassie interagenti Le galassie interagenti Immagine ottica A. Marconi Immagine HI Fondamenti di Astrofisica (2010/2011) 23 Interazione e Fusione di galassie A. Marconi Fondamenti di Astrofisica (2010/2011) 24